EQUIPèCO 10

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EQUIPèCO Anno III n.10 Inverno 2006 - €..10,00

RIVISTA di

CARTE

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - 70% - DCB - Roma

trimestrale di ricerca e documentazione artistica e culturale_www.rivistadiequipeco.it Quello che è in Alto ArtisticaMente

Mauro Musica Jazz

Società Dante Alighieri

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T.Salomone

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I ragazzi di

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La Nuova Sede del Comune di Formigine

Masi Quarticelli Il demone Kilimanjaro dell’arte Alla ricerca veste delle ali Prada interiori Teatro

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Bassano Fratelli Marx

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A. Salomone Palazzo Barberini Arnaboldi Cambellotti

Pistoletto

Bria Tessarollo

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Courbet

Ferrari

LABORATORIO DI MESSAGGI_ARTI VISIVE_IDEE Incomprensioni

L’ARTE DENTRO-DENTRO L’ARTE LETTERATURA

PROGETTI

TEATRO CINEMA

FOTOGRAFIA IL SEME

&

ARTE

ARCHITETTURA

MUSICA

POESIA

ESOTERISMO


EDITORIALE

RUDYARD KIPLING Se puoi non perdere la testa quando tutti vicino a te l’hanno perduta e dicono «Ne hai colpa tu!». Se puoi ancora credere in te stesso, quando piú nessuno crede in te, e tuttavia ti chiedi se non abbiano ragione gli altri e torto tu. Se puoi attendere con calma ciò che ti aspetta o se, perseguitato, non pagare odio con odio, offesa con vendetta, senza per questo abbandonarti al gusto di stimarti santo tra i santi, e tra i giusti giusto. Se puoi sognare, e tuttavia non perderti nelle reti del sogno, e puoi pensare senza tutto concedere al pensiero. Se puoi fissare in volto trionfo e disonore, senza per questo spalancare il cuore a nessuno dei due. Se, senza battere ciglio, puoi il tuo vero veder fatto menzogna sulle labbra dell’insincero, e di colpo crollare quanto hai caro e per tosto ricomporlo con amaro coraggio. Se in un sol colpo puoi rischiare tutto quanto hai avuto dalla vita, e perderlo, e poi ricominciare senza pentirti della tua partita. Se potrai richiamare il tuo coraggio quando da un pezzo l’avrai dilapidato e stare saldo quando sai che tu altro non puoi piú fare, se non dirti «sú!». Se puoi toccare il fango senza insozzarti e dar la mano ai Re senza esaltarti. Se amico e nemico male potrà mai farti. Se tutti gli uomini avrai cari egualmente, ma piú degli altri nessuno. Se nel balzo saprai d’un solo istante superare l’istante che non perdona, tua allora è la Terra, e tutto ciò che dona! RUDYARD KIPLING, è il primo scrittore che ho letto: in casa mia non c’erano libri! Ho ricevuto «Mougli, il figlio della jungla» dalla Direzione Didattica Statale del 1° Circolo di Campobasso il 16 febbraio 1960 con questa lettera intestata al Sig. Ins. Fiduciario di Sant’Elena Sannita. OGGETTO: Premio all’alunno Muliere Carmine. Vi preghiamo di consegnare l’unito volume all’alunno Muliere Carmine della V classe di codesto comune, in premio per la collaborazione al Piccolo Molisano. (Illustrazione su Pinocchio). Grazie e distinti saluti. Il Direttore Didattico Direttore del Piccolo Molisano (Michele Petti)

Muliere, La Via, opera digitale, 2001.

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MUSICA

Una rubrica di Jazz oggi di Walter Mauro

La King Oliver’s Creole Jazz Band (1923).

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’è ancora una fetta di consumatori di musica e di esperti -per fortuna di tutti sempre piú esigua- che considera il Jazz qualcosa di ibrido e di selvaggio, in questo senso partecipi forse inconsci o inconsapevoli di una concezione della musica che ritiene tale espressione il frutto di suoni, a loro dire, scomposti se non barbari e selvaggi: e tutto questo provoca disappunto, se non dolore, anche se si pensa che uno dei piú lucidi filosofi del 900, Adorno, a sua volta notevole esperto di musica, su questa espressione della creatività, ne ha dette e scritte delle belle, voglio sperare preso da una furia critica distruttiva e sicuramente non documentata. Detto questo, e a guisa di correzione su tanti verdetti avventati, c’è da plaudire all’iniziativa di questa rivista, nel recuperare, attraverso la sua cassa di risonanza, una musica irripetibile, che si presenta oggi con il deprecabile biglietto da visita Louis Armstrong. della precarietà, scomparsi ormai i giganti di questa musica: Louis Armstrong, Duke Ellington, Earl Hines, Count Basie, Stan Getz, e chi piú ne ha, non si tiri indietro. Se veniamo al perché, domina l’intenzione di fondo di restituire all’immaginario, al creativo, insomma all’invenzione, tutto quanto la realtà quotidiana che ci opprime le ha tolto, progressivamente, come un idra che fagocita tutto quanto di bello e di alto appartiene all’universo dell’inventiva. Di volta in volta, dunque, ci occuperemo di quanto accade nel mondo del Jazz, che non è affatto morto, si dica ad alta voce, e non si è neanche trasformato in quell’indecente accozzaglia di rumori che troppo di frequente siamo condannati a udire. Certamente, non c’è stato ricambio, oppure si è sviluppato in minima parte e alla periferia di quell’improvvisazione che da sempre è stato uno dei punti di forza di questa musica, e non potrà mai tradire questa sua precisa identità. E allora, continuiamo ad ascoltare i grandi dell’improvvisazione jazzistica, come pure le grandi orchestre che hanno fornito di un grande supporto strumentistico l’ineguagliabile linguaggio di questa musica, ma senza chiudersi nel recinto labirintico dell’amarcord, bensí seguendo e osservando le

forze nuove che continuano a dare linfa, ad un universo di suoni ormai nella classicità, senza ombra di dubbio. Louis Armstrong, (New Orleans, 4 luglio 1900-New York, 1971), soprannominato Satchmo, è stato uno dei piú grandi trombettisti. Ragazzo ribelle, fu rinchiuso in riformatorio dove imparò a suonare la tromba. Nel 1922 (Chicago) suonava la cornetta nella King Oliver’s Creole Jazz Band. Tre anni dopo fondò il suo complesso che ottenne subito successo. È stato un innovatore e raggiunse un virtuosismo straordinario: riuscí ad eseguire con la tromba il do acuto ribattendolo per 280 volte. È stato definito l’Einstein del jazz.

La Cornetta deriva dal corno di posta, fu introdotta nella banda militare nel 1820. Nella metà del XIX secolo fu usata in orchestra da Rossini e Berlioz. È simile alla tromba ed è stata costruita in forme diverse.

La Tromba in si bemolle usata in orchestra, nelle bande jazz e militari. È uno strumento eccezionale per l’esecuzione di passi solistici, altresì è un efficace sostegno della tessitura orchestrale.

WALTER MAURO. Nato a Roma, è tra i piú noti esponenti della critica militante ed è soprintendente della società Dante Alighieri. Ha pubblicato numerosi saggi sia di carattere monografico (ricordiamo gli Inviti alla lettura di Alvaro, di Fenoglio, di Soldati, di Gramsci, di Sartre e di Dante Alighieri, pubblicati da Mursia) che di sintesi storiografica (Cultura e società nella narrativa meridionale, Realtà mito e favola nella narrativa italiana del ‘900, La progettazione letteraria tra formalismo e realismo). È inoltre critico musicale. Collabora ai programmi di musica jazz della Rai. Ha pubblicato numerosi testi saggistici sul jazz fra i quali Jazz e universo negro, Il blues e l’America nera, una biografia, Louis Armstrong il re del jazz, e per la Newton Compton, Gershwin, la vita e l’opera, e due antologie, Il Blues e Gli Spirituals, in collaborazione con Elena Clementelli. È fresco di stampa il volume Il doppio segno - Saggi sulle visioni di artisti che hanno interpretato la Divina Commedia, (RIVISTA di EQUIPèCO - Carmine Mario Muliere Editore, 2006). È inoltre autore della voce Jazz dell’Enciclopedia Treccani e ospite fisso del programma RAI L’Appuntamento di Gigi Marzullo.

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ARTE

Interno Sensibile Gianfranco Baruchello @ Fondazione SoutHeritage / Matera nostro servizio testo critico di Carla Subrizi

Baruchello, Agricola Cornelia, coltivazione del grano.

L’appuntamento che la Fondazione SoutHeritage dedica ai maestri del contemporaneo, presenta il progetto sull’opera di Gianfranco Baruchello ideato in partnership con Fondazione Baruchello. Sperimentatore di linguaggi e media diversi l’artista, dalla fine degli anni Sessanta fonda provocatoriamente società fittizie che lo porteranno, nel 1973 all’operazione Agricola Cornelia S.p.A., vera e propria activity durata otto anni. In questo periodo è il rapporto tra arte e natura, tra cultura e agricoltura, tra arte e territorio, tra spazio interno (mentale) e spazio fisico della terra che Baruchello indaga, mettendo a punto una pratica linguistica di confine, all’interno della quale la pittura, il disegno, il video, la scrittura, l’azione, hanno tutti avuto una funzione importante. Soprattutto per questi aspetti presenti dunque da anni nel suo lavoro, con Interno sensibile, su particolare invito della Fondazione SoutHeritage, Baruchello torna dunque su questi temi in due fasi distinte. Nella prima, il 25 novembre 2006, Gianfranco Baruchello presenta al pubblico una serie di opere (dipinti, video, oggetti, libri) a documentazione del lavoro storico. Nella seconda fase, prevista invece per il 2007, un’installazione appositamente studiata per Matera, metterà il pubblico in una condizione percettiva complessa, tra natura e specificità territoriali, (storiche, simboliche e sociali), all’interno della quale saranno impiegati immagine, audio e oggetti. Il sogno e il racconto, la memoria personale e collettiva, la dimensione interna, psichica o immaginaria, sempre in stretta relazione con lo spazio esterno, fisico della terra, il recupero di antichi saperi agresti, la storia e l’archeologia di un luogo (l’Etruria, le antiche strade che percorrevano il Lazio piú antico), tornano in questo progetto che si colloca, dunque, su una lunga linea di ricerca, avviata nei primi anni Sessanta. Le opere su tela nascono da un’indagine dello spazio para-

dossale interno al sogno e al paesaggio di questo con immagini di cavità, grotte, sottosuoli mentali ai confini tra realtà e percezione. In questi quadri, caratterizzati da vaste superfici bianche in cui piccole immagini o linee sottili di confine disegnano e collegano spazi mentali, emerge il linguaggio piú caratteristico di Baruchello che dal 1963 riduce gli elementi della pittura nell’essenzialità di uno spazio quasi monocromo individuato come “incerto”. Nei video sono presenti invece temi cari a Baruchello come lo spazio impercettibile del mutamento delle cose (il video Retard), l’attenzione per il banale, la vita di ogni giorno osservata dall’interno di un’automobile (Cento donne viste dall’interno di un’automobile), la ripetitività del gesto per attraversare spazi ordinari (Non c’è), l’accostamento paradossale tra natura e storia, tra giardino, terra e perdita di sé (Ballade). Protagonista della ricerca artistica della seconda metà del XX secolo, dal 1959, Baruchello ha considerato l’arte come sperimentazione radicale. Attraverso l’uso di media e tecniche diverse, ha praticato la pittura, l’oggetto/assemblage, la scrittura, la poesia, l’azione. Ha anche fondato società fittizie, praticato l’agricoltura e la zootecnia nei modi della activity artistica; ha realizzato film sperimentali primi tra i quali Il grado zero del paesaggio del 1963 e Verifica incerta del 1964, ha fatto uso dell’immagine in movimento già dall’inizio degli anni Settanta. Dal 1973, partendo dall’indagine sul rapporto valore d’uso-valore di scambio nell’arte avvia l’operazione Agricola Cornelia S.p.A., che si proponeva lo scopo di “coltivare la terra”, conclusa nel 1981. Altri progetti si sono incentrati sulla ricerca di significato dello spazio interno degli edifici (L’altra casa, 1978-79), sulla realizzazione di interventi in esterni (il “giardino” e il “bosco”, dalla metà degli anni ‘80) pensati come spazi mentali e dell’immaginario. Il rapporto con la natura è stato per Baruchello il

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SISTEMI CREATIVI INTERDISCIPLINARI

PYCTA, il mondo stereoplastico di ALTROEQUIPE

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LTROEQUIPE è un organismo multimediale formato dagli artisti del Gruppo ALTRO, dall’architetto Orazio Carpenzano, docente presso il DAAC - Università degli Studi di Roma LA SAPIENZA, da Marco Donati e Mounir Zok, ricercatori del DiSMUS/Dipartimento di Scienza del Movimento Umano e dello Sport/IUSM, da Flaviano Pizzardi, creative director di POOL FACTORY, da Andrea Carfagna, regia video di MUSIC HOUSE. PYCTA è la piú recente proposta in forma spettacolare di ALTROEQUIPE, che è stata presentata nella sua ultima fase produttiva in settembre al Teatro Vascello di Roma e in dicembre 2006, al Monaco Dance Forum di Monaco, Montecarlo.

Foto: ALTROEQUIPE PYCTA Teatro Vascello 2006, Riccardo De Antonis.

I codici e la rete della vita nell’architettura e nella danza (lettera alle danzatrici di altroteatro) di Orazio Carpenzano

I corpi architettonici possono accumulare energia e liberarla assieme ad altri corpi viventi solo accettando la necessità (e qui sottolineo il termine necessità) di una dimensione provvisoria della forma in rapporto proprio alla relatività delle condizioni di esistenza e dei modi, diversissimi, della sua percezione.

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uesto semplice assunto, ci porta a dire che, se ripensiamo l’architettura come “sistema vivente” inscritto in sistemi interattivi, ogni volta che comporremo, penseremo ad uno spazio che abbia almeno due caratteristiche: sia, cioè, relazionale e co-evolutivo… qualcosa che si genera, si trasforma e si dissolve. Lo spazio che ci porta a misurare altri impulsi vitali dobbiamo scoprirlo incessantemente. Se esiste ciò che si muove e non il movimento in sé, allora tutto ciò che è occupa spazio cambiando continuamente i suoi rapporti di posizione e “impressionando” con sempre “altre combinazioni” i nostri sensi, gli stati diversi e successivi della nostra coscienza. Implicare i sensi nell’esperienza dello spazio contemporaneo vuol dire contattare con gli organi della percezione le interrelazioni tra le arti, le quali oggi non si dovrebbero strutturare piú in maniera da corrispondere biunivocamente ai sensi umani e non tendere piú a venire coltivate o esercitate a seconda che la vista, l’udito, il tatto, l’olfatto e il gusto siano alternamente sollecitati. Oggi si può indagare uno spazio che si riconosce in un corpo vivente, dove oltre le forme consuete del movimento, si possono registrare attriti e resistenze che non annullano il moto ma lo trasfigurano in forme e configurazioni complesse non piú percettibili all’occhio soltanto.

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Uno spazio che ambisce ad essere “azione configurativa della vita” che sa dislocare ciò che alloca, che sa scrutare e comunicare i segreti del mondo visibile e materiale e suggerire quelli del mondo invisibile e immateriale. Uno spazio che è in grado di vivere, trasformare e cambiare per transizioni sensibili tutti i suoi componenti e che sa mutare per conseguenza la sua struttura formale. In questa oscillazione vitalistica, dai distretti della geometria si libera un universo creativo in cui si possono quasi autoformare altri organismi tridimensionali. È qui che il processo di formalizzazione rompe continuamente gli argini tra gli opposti, tra fiori e cristalli, pietre e animali, geometria e biologia. Queste nuove possibilità sfilano il tema del pensiero della forma dalla “guerra” tra animato e inanimato, tra l’essere del cristallo e il divenire dell’organico, che oggi si scoprono riversati l’uno nell’altro. Del resto il ruolo delle riflessioni di Merlau-Ponty, circa il rapporto tra sensorialità e sapere astratto è decisivo in questo senso cosí come la ridefinizione della fenomenologia del vivente inteso come organismo (da parte della biologia contemporanea) secondo cui i sistemi viventi sono definiti nei termini della loro configurazione di processi. Si tratta poi, a ben vedere, di un orientamento (sostenuto essenzialmente dalle ricerche di Maturana e Varela) che ha condotto ad una descrizione sistematica degli organismi

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ARTE

Il genio di Basquiat alla Triennale di Milano di Paola Rampoldi

Nella primavera del 1978 il giovane Jean Michel Basquait, nato da padre haitiano e madre portoricana, inizia a coprire di graffiti i muri di Manhattan, firmandosi SAMO (Same Old Shit, una frase tipica usata negli ambienti studenteschi),

nelle sue interviste ricorda che disegnava fin da bambino, ma che a scuola le sue immagini poco rassicuranti non erano apprezzate». Guardando superficialmente le sue opere, potrebbe venire il

Jean- Michel Basquiat 1984, foto di Bobby Grossman.

catturando immediatamente l’attenzione e colpendo l’immaginazione della gente. Inizia in questo modo l’esplosione artistica di un bohémien geniale che è riuscito nel brevissimo arco della sua vita a imporsi sulla scena artistica e proiettarsi dalla strada al mondo dell’arte in pochissimo tempo e con un grande successo. Indiscutibilmente Basquiat era un artista e la mostra The Jean-Michel Basquiat Show in corso fino al 28 gennaio alla Triennale di Milano e che conclude la trilogia newyorkese degli anni ’80, ne da ampia conferma. «Il colore, il gesto, il segno sono una necessità insopprimibile per il giovane Baquiat – commenta Gianni Mercurio, curatore della mostra - che si convince che essere un artista è l’unica cosa che sente di voler fare. Jean-Michel non ha una formazione artistica accademica o comunque tradizionale,

dubbio di essere di fronte ad un naïf con manie di protagonismo. In realtà Basquait è molto colto e un gran divoratore di libri e di tutto quello che può aumentare la sua cultura, e lo dimostra il fatto che, alla sua morte, si troveranno migliaia di libri stipati in casa: di ogni argomento, dall’archeologia, all’arte, alla scienza. Nelle suoi lavori, attraverso l’uso di inserire parole o elementi simbolici, sono innumerevoli i rimandi ai testi studiati. A volte questi riferimenti sono però di difficile decifrazione, oppure a volte alcune parole sono cancellate per catturare l’attenzione e conferire maggiore enfasi al testo. La parola dunque costituisce parte integrante dell’opera di Basquiat, che a volte riporta sui supporti più vari, interi elenchi – animali, frutta, telefonici… - o numeri – per la maggior parte numeri di telefono di amici. Ed è proprio a sottolinea-

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SISTEMI CREATIVI INTERDISCIPLINARI

X-MEN DAI FUMETTI AL CINEMA, DAL CINEMA ALL’UNIVERSITÀ

In alto: Arcangelo (Ben Foster) Jean Grey (Famke Janssen) Wolverine (Hugh Jackman); in basso: Tempesta (Halle Berry) Bestia (Kelsey Grammer) Rogue (Anna Paquin).

di Severino Briccarello A mio figlio Federico, per la preziosa consulenza storica.

Un pó di storia Nel 1963, la Marvel Comics (casa editrice americana di fumetti) aveva già lanciato sul mercato, e con successo, personaggi diventati rapidamente famosi anche fuori dai confini degli Stati Uniti. Basta ricordare I Fantastici Quattro, L’Incredibile Hulk e L’Uomo Ragno, le cui avventure hanno nel tempo trovato posto in biblioteche, su schermi televisivi e cinematografici. I supereroi, come ben presto vennero chiamati quei personaggi dai poteri strani ed eccezionali, si inserivano in un filone, possiamo dire letterario, che già aveva portato il pubblico a contatto con soggetti capaci di compiere, per virtú proprie o in conseguenza di particolari eventi, imprese fuori dalla portata, e dalla comprensione, dei comuni mortali (Flash Gordon, Superman, Batman,…).

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Nel 1963 appunto, Stan Lee e Jack Kirby, su richiesta della Marvel Comics, si impegnarono nella ideazione di una nuova serie di personaggi che si distinguessero però dai precedenti per la natura e l’origine dei loro particolari poteri. Gli appassionati del genere ricordano che, ad esempio, i poteri dei Fantastici Quattro derivavano dall’esposizione ai raggi cosmici, quelli di Hulk dal fatto di essere stato vittima di una esplosione di raggi gamma, quelli dell’Uomo Ragno dal morso di un ragno radioattivo. Lee e Kirby compresero di non poter piú continuare su quella strada e, forse senza rendersi conto almeno all’inizio della valenza etica della loro invenzione, scelsero di far discendere i superpoteri della nuova serie di fantastici eroi da… una mutazione genetica.

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CINEMA

La rivoluzione comica dei Fratelli Marx di Nicola Bassano

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’arco di tempo intercorso tra il discreta notorietà che gli permise di 1910 e il 1927, anno in cui il sonoentrare nel giro dei grandi teatri. I ro fece la sua comparsa, fu caratterizbuoni risultati ottenuti e il passaggio a zato da una straordinaria fioritura del un circuito teatrale di categoria supecinema comico americano. riore, convinsero lo zio Al Shean a colParallelamente al filone dei drammi laborare con la compagnia dei Marx e storici e di appendice che trovò subito cosí nel 1914 scrisse uno sketch (Mr. interessanti sviluppi anche dall’altro Green’s Reception) che riprendeva la lato dell’Atlantico, particolarmente in formula usata per Fun Hi Skule. Con Francia e in Italia, il film comico divenquesto nuovo spettacolo il gruppo si ne uno dei fenomeni piú promettenti e assestò definitivamente; l’ingresso di innovativi del panorama cinematograChico, che si occupava della parte fico americano. Il cinema non aveva musicale, permise infatti ad Harpo di ancora affermato il suo status di indusviluppare il personaggio del clown stria ma era in un periodo di piena muto. La collaborazione con Al Shean evoluzione e la crescente richiesta di proseguí in un altro sketch chiamato pellicole da parte del pubblico ne Home Again con cui i Marx calcarono aveva consolidato il primato come il palcoscenico del tempio del vaudemezzo di comunicazione piú potente e ville: il Palace di New York. A questo popolare della storia. In un mercato periodo risale la versione definitiva dei come questo, dalle potenzialità di cresoprannomi con cui i fratelli si fecero scita illimitate, il film comico diventò in conoscere e divennero celebri. Gli breve tempo l’articolo piú richiesto. In aneddoti e le ipotesi sulla vera origine questo panorama in continua evolusono molti, ma la piú credibile sembra zione i primi che seppero proporre un quella che individua in Art Fisher, nuovo modo di concepire la comicità monologhista di vaudeville, il vero furono i Fratelli Marx. Leonard ideatore dei nomi. Sulla scia del suc(Chico), Arthur (Harpo), Julius Henry cesso di un popolare fumetto dell’epo(Groucho), Milton (Gummo) e Herbert ca, Knocko and Monk, Fisher decise di (Zeppo) sono nati a New York da Sam chiamare i Marx con nomignoli che Marx e Minnie Shoenberg, ebrei tedefinissero in “o”. schi immigrati in America. I nonni Quindi Julius prese il nome di materni erano ex artisti (un prestigiatoGroucho storpiatura di grouch (bronre ventriloquo e una suonatrice d’artolone) per via del suo carattere decipa) che giunti nel nuovo paese dovetso, Leonard divenne Chico, dallo tero adattarsi a riparare ombrelli. slang Chick (pollastra, ragazza), per la Cresciuti nell’Upper East Side, quartiesua fama di conquistatore, Arthur re di New York popolato in maggioassunse il soprannome di Harpo dalla ranza da immigrati tedeschi e irlandesua passione per lo strumento musicasi, i cinque fratelli della famiglia Marx le che aveva iniziato a usare anche in fecero le prime esperienze di vita in un scena, Milton si fece chiamare ambiente sottoproletario dove ebbero Gummo perché calzava sempre scarmodo di frequentare e osservare pe dalla suola di gomma e infine attentamente un campionario di umaHerbert trasformò il suo nome in nità tanto tragica quanto comica. Zeppo o in onore di un certo Mr. Questi furono anni fondamentali per Zippo, domatore di scimmie, o per la formazione artistica dei Marx, anni ricordare l’avventura del dirigibile difficili in cui le continue crisi economiZeppelin. Fu proprio da queste prime I cinque Fratelli Marx. che della famiglia costringevano i fraesperienze nel vaudeville che i Marx telli a cercare continuamente qualche lavoretto per difendersi dalla cominciarono a sviluppare le peculiarità dei personaggi che poi miseria. Nel 1910 i Fratelli Marx, che potevano contare ancora sul- porteranno sul grande schermo. Nel 1920 il successo ottenuto al l’apporto di Milton (Gummo), idearono la loro parodia scolastica Palace venne replicato con un altro show On the Mezzanine Floor. Fun in Hi Skule. Questo tipo di spettacolo comico era allora molto Dal 1915 erano entrati nel circuito teatrale di E. F. Albee, uno dei in voga, soprattutto grazie a Gus Edwards, protagonista del vaude- piú noti magnati del vaudeville, che nonostante avesse un rapporto ville di quegli anni e al suo famosissimo School Days. Groucho, che difficile con i Marx decise di organizzargli una tournée in Inghilterra. per la prima volta indossava i suoi abiti caratteristici -i baffi finti (non Il 1922 vide i fratelli Marx impegnati al Coliseum di Londra con On ancora disegnati) e il sigaro- interpretava la parte dell’insegnante; the Balcony, versione corretta di On the Mezzanine Floor. Le cose Harpo, con la parrucca bionda, la parte dell’idiota e Gummo quel- non andarono bene, l’accoglienza del pubblico inglese fu piuttosto la dello scolaro ebreo. Nonostante una sceneggiatura ancora piut- fredda e per evitare di tornare a casa con un fiasco, si decise di tosto rozza i Marx, grazie a questo spettacolo, raggiunsero una ripiegare su Home Again. La rottura con Albee divenne ormai ineRIVISTA di EQUIPèCO_Inverno 2006

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TEATRO

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l teatro de LiNUTILE è un teatro semplice diretto e lineare. Il gruppo nato dall’unione artistica di elementi diversi tra loro per formazione, ha l’obiettivo di creare eventi che guardino con occhio nuovo il pubblico, senza catalogare la propria attività nel cliché dell’intrattenimento, della ricerca o del classico. Riscoprendo il teatro come forma diretta di comunicazione, LiNUTILE si propone di interagire e costruire insieme al suo pubblico; e se dalla sua si presenta con mezzi elementari e di facile fruizione, pretende dall’uditore la partecipazione al gioco a cui è invitato. Ci troviamo all’interno di un teatro di crescita, un momento assolutamente unico di reale scambio, dove il ruolo di chi offre e LIBERAMENTE ISPIRATO ALL’AFRICA DI ERNEST HEMINGWAY chi riceve muta continuamente CON MARTA BETTUOLO E STEFANO EROS MACCHI con l’evolversi del racconDRAMMATURGIA E REGIA GIULIO COSTA to. Niente di nuovo, LiNUTILE PRODUZIONE ma solo di dimenticato.

KILIMANJARO

Marta Bettuolo, (Padova, 1975), diploma di attrice al Teatro Stabile di Genova. Nel 2003 ha vinto il Premio Hystrio alla vocazione. Stefano Eros Macchi, (Roma 1973), ha studiato alla Scuola Actors Studio diretta da Beatrice Bracco. Nel 2004 ha frequentato la Scuola di perfezionamento per registi e attori diretta da Luca Ronconi. Giulio Costa, (1974), architetto, specializzato con il Master in Architettura per lo Spettacolo (Univ. di Genova), workshops di teatro (Damiani, Svoboda, Living Theatre, Binasco, Teatro de los Andes, Barba), la Scuola di perfezionamento per registi e attori diretta da Luca Ronconi e con il corso di regia Proyecto BAT, (Bilbao). servizio di Carmine Mario Muliere

Un viaggio, un safari all’interno di un territorio sconosciuto.

Un luogo, l’Africa, bellezza e pericolo ovunque.

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