INDICE
Qualcuno da odiare, di Flavio De Bernardinis..... 7 Capitolo 1 – 1975, Compagno di scuola........... 13 Capitolo 2 – 2005, Trent’anni dopo................... 16 Capitolo 3 – 1975, Collettivo............................ 21 Capitolo 4 – 1975, La decisione........................ 27 Capitolo 5 – 1975, Il processo........................... 30 Capitolo 6 – 2005, The dark side of the Moon... 34 Capitolo 7 – 1975, Il Giardino degli Aranci........ 40 Capitolo 8 – 2005, Il sonno della ragione.......... 44
Stefano Betti è direttore d’amministrazione attualmente in servizio presso il Consiglio di Stato, Roma. Ha pubblicato Il pubblico ufficiale rogante - Funzioni, compiti e adempimenti - Guida pratica; presentazione di francesco Garri; in appendice Il piccolo codice dell’ufficiale rogante; Master edizioni, Roma 2003. È in preparazione il libro Esoterismo secondo Kubrick.
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Qualcuno da odiare di flavio De Bernardinis
Il sogno, oggi, non è tanto quello della politica perduta, dell’impegno e della militanza messe in mora dalla civiltà che tutto consuma e nulla fa sedimentare, nelle cose come nelle immagini. Il sogno perduto, adesso, è il concetto stesso di generazione. Il mondo contemporaneo, il mondo globalizzato ha ucciso l’idea che il fulcro di una società e di una cultura sia lo spazio storicamente attribuito alla vita di una generazione. E questo, né piú né meno, è il crimine della società e della cultura che ci spettano. Il fenomeno diffuso della pedofilia è l’esempio massimo del disprezzo per il concetto stesso di generazione. Non è piú l’età, il limite di demarcazione. Sono il profumo del denaro, i gusti sessuali, il senso del business, il recinto del campanilismo e della consorteria. Il senso dell’appartenenza non spetta piú alla dimensione della gioventú (o anche la maturità, o la vecchiaia). Non si appartiene piú a un sentire. Si appartiene a un dovere, a un’opportunità, a un’occasione. L’occasione va colta al volo. Senza sentirla dentro. Valutandola e calcolandone gli utili. E cosí non si appartiene a nulla e a nessuno. Ma si è comunque in trappola. Ci si vende, piuttosto, ci si cede, come nelle trattative d’affari. Siamo venduti a un’opportunità che si presenta, non chiede documenti né generalità: chiede solo la cessione esclusiva della disponibilità fisica e morale a una omertà diffusa. Una omertà buona, cattiva, non interessa [...] 7
Capitolo primo – 1975, Compagno di scuola Roma a febbraio la mattina presto può fare molto freddo. Soprattutto quando il cielo è A grigio e minaccia neve. I cuori ardono ed a
piangere sono in molti, con l’anima carica di vendetta. Giorgio, in piedi su un banco nel cortile della scuola, ricorda Mario Fabi, morto qualche giorno prima precipitando dal Giardino degli Aranci. Non ha dubbi: «Sono stati i fasci a spingerlo di sotto. C’è chi parla di suicidio ma un compagno non si toglie la vita se non gliela tolgono vigliaccamente i fascisti o la polizia. niente resterà impunito. Sappiamo bene chi è stato. La mano assassina è qui tra noi!». Giorgio si ferma un istante. In fondo al cortile Lucio osservava con tre suoi camerati l’assemblea volante. Quella mattina ci sarebbe stato probabilmente da menar le mani ed era pronto allo scontro. I compagni gridano: «assassini, bastardi, pagherete caro, pagherete tutto!». Un gruppo con alla testa Enrico si lancia verso i fascisti. Scoppia un casino gigantesco. Vengono in aiuto di Lucio altri cinque che se ne stavano in disparte in un’aula a pianterreno, pronti ad entrare in azione. Emma Ranieri, professoressa di storia e filosofia, si getta nella mischia con altri professori ed i bidelli per dividere i contendenti. Ci vuole un
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bel pó prima che torni la calma. Tutti in classe, con qualche livido ma fortunatamente senza particolari conseguenze. E, soprattutto, niente denunce. Nel terzo liceo classico, dove Mario sedeva all’ultimo banco e Lucio al primo, la parola è ora ad Emma. Era stata avvisata della morte del suo allievo la sera stessa ed aveva pianto in silenzio. Voleva bene a quel ragazzo con gli occhi vivi, pensieroso, attento. Spigliato e sicuro nel parlare a trecento persone quanto introverso nell’esprimere i propri sentimenti. Lei, comunista italiana e cattolica, spesso s’era trovata a discutere da pari a pari di politica, di filosofia, di storia con lui che non le perdonava il Compromesso storico del suo partito ma la rispettava profondamente. Ora non c’era piú. Dopo l’ennesimo invito a bandire ogni forma di violenza, Emma iniziò a riflettere ad alta voce: «Dobbiamo restare calmi e non farci sopraffare dal dolore. non ci sono segni di colluttazione lí dove è caduto. inoltre non ci sono testimoni che hanno visto o sentito qualcosa. insomma non può essere scivolato giú cosí se non lo avesse voluto». Emma fu interrotta da Giorgio: «e Lei ci crede?. C’è tutto l’interesse ad insabbiare la cosa per evitare ritorsioni. Mario era stato seguito altre volte, ce lo aveva detto ma non voleva che lo accompagnassimo». Ed uno sguardo d’odio si scagliò contro la schiena di Lucio, che
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restava immobile rivolto verso Emma. La professoressa riprese il discorso: «no, no, i conti non tornano. Le aggressioni politiche lasciano sempre un segno visibile. Chi aggredisce fa in modo da lasciare una firma sul delitto. Quanti giovani sono morti in questi anni…». «e quanti altri c’hanno lasciato le penne per le idee politiche ma non ve ne siete accorti solo perché erano camerati». Lucio disse cosí la sua, sempre rivolto verso Emma. «no, io penso che ci sia qualcosa nel cuore di Mario che… . non so spiegarmelo». La discussione, che occupò per intero l’ora, andò avanti senza alcun progresso. Ognuno restava della propria opinione. Chi accusava i fascisti innescati da Lucio che negava ogni addebito. Chi pensava, come Emma, ad un possibile suicidio. All’ultimo banco Gaia aveva lo sguardo fisso nel vuoto. Carlo si girò per sincerarsi come stesse. Mario, Giorgio, Carlo, Gaia, tutta la direzione del Collettivo era in quella classe tranne Enrico, di un anno piú giovane. Bussano alla porta. Il bidello entra e sussurra alcune parole all’orecchio della professoressa. Lucio sta per essere arrestato con l’accusa d’aver assassinato Mario.
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