DOMENICA Settimanale di Informazione 18 NOVEMBRE 2018
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ANNO XVIII - N° 34 - DOMENICA 18 NOVEMBRE 2018
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L’EDITORIALE DI NANDO tROISE
FRANCESCO POLIZIO (12.02.1977 fino a 07.01.1992) – TOMMASO CASILLO (08.01.1992 fino a 20.06.2016) PASQUALE FUCCIO (dal 20.06.2016 ad oggi)
CASORIA K.O.
L’Italia cambia, Casoria pure. Caro don Tonino Palmese, arrabbiato sacerdote causa una vigliacca aggressione da parte di due giovani balordi su scooter e senza casco nella centralissima Chiazza intitolata al martire del 1799 il medico Domenico Cirillo, la propria Città è come la madre, VA AMATA SEMPRE, anche se “fosse” brutta. Agli occhi di chi è nato sotto la croce datata 1638 nel vicolo di Santo Lione, invece, Casoria è una splendida città della Campania, tra le poche che riuscisse a praticare una vicinanza alla Città di Napoli, pur essendo, sempre e comunque definita provincia e non “cintura napoletana” come la civiltà imporrebbe. Le altre sono Arzano, Casavatore, San Giorgio a Cremano e Pozzuoli. Quante volte ho ripetuto queste cose! I nomi dei padri della Patria nel ricordo indelebile dei conoscitori. Certo, quelle vecchie faine non avreb-
bero commesso gli errori che commette l’amministrazione di Pasquale Fuccio, mai misurato ma sempre insolitamente disinvolto! A tal punto da far apparire la Casoria di quelli che lo hanno preceduto Berna
o Bruxelles. Soprattutto in possesso di una verginità politica ed amministrativa che in realtà non hanno. Per uno strano caso il mazzo di carte si è andato mischiando facendo risultare tra i migliori del Consiglio Comunale, un casoriano verace, quel Capano Andrea, chiamato al Parlamento Europeo ad assisterlo nel lavoro politico ed amministrativo dal parlamentare europeo del Partito Democratico Nicola Caputo, proprio in prossimità delle prossime elezioni europee del 2019. Il Partito Democratico può vincere le elezioni europee, anche con gli elementi che ha a disposizione e il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca vuole vincere, specie nella sua Regione, le elezioni europee del 2019, quindi vuole riportare gli schemi che gli sono più congeniali e che sono quelli più apprezzati. continua a pag. 5
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Casoria cambia, dicevamo; farà bene a cambiare un tantino anche Pasquale Fuccio, spostandosi verso una ricerca meno sommaria degli elementi migliori in quel modesto ma interessante quadro politico che gli appartiene, gli sta vicino, lo sostiene, lo supporta e lo sopporta. I tecnici sono padronissimi di poter muovere le pedine come ritengono, i soggetti politici sono altrettanti padroni di imporre al tecnico la politica sociale che viene ritenuta più giovevole, agli interessi della Città. Giovedì ho assistito ad una splendida anche se tesa seduta del consiglio comunale di Casoria. Al proscenio il tandem Fuccio – Napolitano (con codicillo del neo assessore al bilancio Manzo). Talmente splendida la seduta da indurmi a giungere con qualche ritardo al corso dell’ordine dei giornalisti all’Hotel Mediterraneo a Napoli, “Chi controlla il controllore”. Sedie sempre numerose e… sparpagliate. Il moderatore Alessandro Sansoni si affretta a comunicare la presenza di tanti consiglieri regionali presenti alla serata, da Marciano a Severino Nappi. Siamo in tanti. Massimo Calenda si incontra con Pierangelo Maurizio. E parla, progetta. Il massiccio F. mi parla a lungo della frattura esistente nell’Ordine dei Giornalisti. Una fazione (quella di Claudio Silvestri, naturalmente, all’opposizione). L’altra (quella dei dirigenti ufficiali) si difende. Non SCAPPIAMO da Casoria, anzi, ricordando che anche nella nostra Città frattura c’è. La raccontano sia Il Mattino che Cronache di Napoli. Parlano di una frattura esistente a Casoria nel Partito Democratico. Una fazione (quella di Tommaso Girasole, naturalmente) alla opposizione. L’altra (quella dell’amministrazione) si difende. Gli altri movimenti tra le botte. La famiglia D’Anna meno. Pietro D’Anna, Stella Cassettino e Maria De Rosa sacrificati
sull’altare dei progetti politici ed amministrativi da realizzare (elezioni europee comprese ndc). Ma un posticino bisognerebbe sempre trovarlo! Francesco Passaro, intanto, potrebbe anche prendere il posto di Auricchio al comando della società a totale capitale pubblico Casoria Ambiente (la ex ripartizione della Nettezza Urbana ed Ecologia) nelle cui file dirigenziali ci sono tanti buon casoriani, confusi da tante brutte cosuccie. O questa società ha l’impennata che la riscatta, o nemmeno i pur bravi, fedeli e fervidi dirigenti “ambientali” riusciranno a metterci una pezza! Ci sono anche altri importanti incarichi vuoti all’interno della macchina comunale. Non ha il dirigente il Settore degli Affari Generali e del Personale; manca l’avvocato a guida dell’Ufficio Contratti e Contenzioso; manca il dirigente del Settore Servizi diretti alla Persona (Pubblica Istruzione, Cultura, Sport, Tempo libero, Sicurezza ed Assistenza Sociale); ancora ad interim il Settore Lavori Pubblici, Inquinamento e Manutenzioni e né tantomeno è stato accorpato in un unico settore con l’Assetto del Territorio. Non è ancora chiara sotto il profilo amministrativo la organizzazione del Settore Ambiente di cui fa parte il verde pubblico (Casoria ha 5 (CINQUE) VILLE COMUNALI) e sembra anche l’Ufficio Tributi (o Settore Entrate) ed il Patrimonio Comunale (quest’ultimo è un servizio pubblico, politico ed amministrativo che riporta in mente i locali abbandonati in via Po, quelli mai utilizzati in via Castagna e tanto altro). Gli impegni di Pasquale sono tanti. A tal punto di fargli
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dimenticare la base, sulla quale pur continua a reggersi. Confermata la mancata firma di Fuccio sulla scelta dell’amministratore unico di Casoria Ambiente. Perfide, contorte ammissioni da parte di Anna e di Gigino. La prima in crisi di pensiero, il secondo, convintosi, finalmente, che il dissidente non sono io ma gli altri. La dialettica di Casoria è misteriosa, dico misteriosa per non dire incomprensibile. Le manovre si avvolgono attorno a questa nostra Città come rampicanti complicati e difficili. Il presidente della Regione Campania durante l’inaugurazione dell’Asilo Nido “Topo Gigio” in via Primo Maggio ed in via Bellini (la strada priva di illuminazione pubblica da 7 mesi) ed affidato alla cooperativa Raggio di Sole, rivolto alla consigliera regionale del PD Antonella Ciaramella dice: “bisogna recuperare le pecorelle smarrite”. Cosa vuole dire? Auspica un accordo tra “il balcone sul futuro”, “Campania Libera” e Partito Democratico. Un accordo non sottobanco anche se alcuni dei sostenitori di Fuccio lo vedono dentro un maledetto imbroglio. L’accordo avrebbe compreso, specie dopo la pesante sconfitta del 4 marzo del candidato PD, Nicola Marrazzo, la caduta dal Palazzo di Città di Pasquale Fuccio. La caduta non si è verificata. Qualcosa torbida, striscia e graffia. Al Consiglio Comunale altri giochi, affatto proibiti. Al Comune un rampino sicuro. In politica un altro. E il resto. Un amo. Chi fa prima ci guadagna e vince. Tra due settimane Casoriadue raddoppia. Cosa? Calma e gesso. Grandissimi reportage dei miei commandos distribuiti ogni domenica a raccontare le vicende della Città. Consigli di un saggio per invitare Fuccio alla prudenza. Per finire un grazie a voi cari, vecchi, incredibili, inguaribili casoriani. La Casoria di Fuccio e il vostro errore di sempre. Ma questa amministrazione regge o no?
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Le periferie come sguardo decentrato sul mondo: legalità, giustizia ed emarginazione
Intervista all’autore di I-dentity Gen, Paolo Di Petta
Giovedì 8 novembre 2018 si è tenuto presso la sala UIF del Nuovo Palazzo di Giustizia al Centro Direzionale di Napoli l’evento dal titolo «La periferia come sguardo decentrato sul mondo tra legalità, giustizia ed emarginazione», in cui sono intervenuti l’avvocato Domenico Ciruzzi, Presidente della Fondazione Premio Napoli, la dott.ssa Elena Di Bartolomeo, giudice del Tribunale Penale di Santa Maria Capua Vetere e Paolo Di Petta, autore del libro “I-dentity Gen”. Il romanzo “scomposto’, pubblicato lo scorso aprile, è stato presentato in Campania e in altre regioni ottenendo notevoli riscontri; tra le ultime presentazioni, ad ottobre al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, in occasione della V edizione di “Ricomincio dai Libri” e domenica 11 novembre presso il Real Sito di Carditello a San Tammaro per la rassegna ”Parole e Musica”, a cura di Luca Signorini e in collaborazione con il Conservatorio di Musica ‹Nicola
Sala’ di Benevento. Tale iniziativa nasce con l’intento di restituire dignità ai luoghi che per lungo tempo sono stati dimenticati dallo stato, come la Reggia di Carditello, residenza estiva dei Borboni, per molti anni abbandonata a se stessa nel cuore della terra dei fuochi, prima di essere rivalorizzata. I-dentity Gen offre nei suoi racconti un spaccato autentico di quei luoghi di confine, rappresentando il dissidio interiore dei giovani che vivono ai margini delle grandi città, divisi tra il desiderio di andare via per scoprire la propria identità
e la necessità di tornare nei luoghi delle proprie origini. Il tema della periferia si è ripresentato in questo mese per mescolarsi al problema ancora attuale dell’emarginazione sociale e all’urgenza di legalità e di giustizia. Per l’occasione, l’autore racconta il proprio percorso in un’intervista esclusiva al Casoriadue. Sei andato ben oltre quella periferia che hai descritto nelle pagine di I-dentity Gen. Immaginavi sarebbe successo? I-dentity Gen è un elastico esistenziale imperniato sulla Traversa ma che si estende coi suoi personaggi fino a Londra, Parigi e Bruxelles. È un po’ quello che sto facendo anche nel tour di presentazioni. Ho parlato della Traversa, finora, a Francavilla a Mare, a Chieti, a fine luglio in una location estiva, a fine ottobre a Bologna presso la Libreria Modo Infoshop, il prossimo 20 novembre presenterò da Piola Libri a Bruxelles ed a febbraio a Milano nel club Après-Coup.
DOMENICA 18 NOVEMBRE 2018 Insomma il viaggio che parte da queste periferie è una cifra del libro e della generazione descritta lì dentro, per cui sento il dovere morale di portarlo fuori dai suoi confini di ispirazione. Secondo te, per quale motivo la gente si riconosce nel tuo libro? I personaggi del libro forse riescono ad attrarre diverse tipologie di lettori: Greg è il giovane alternativo che macina amori ed esperienze di vita, Ghibli è un nichilista metropolitano, ricorda il protagonista di Fight Club, film di David Fincher del 1999, che ha un’identità lavorativa che gli pesa e poi, per esprimere la propria inquietudine ed il proprio ripudio verso la società consumista, veste da soldato, gira armato, sente il futuro come una minaccia incombente. Nick, altro personaggio di cui spesso mi parlano i lettori, è imprigionato nella Traversa come il Novecento di Baricco lo era sul suo piroscafo, vive dei propri fantasmi, ma il suo essere guardiano inconsapevole di quello spazio lo rende una figura affettiva, alla quale il lettore vuole bene. Partecipando, poi alle fiere e confrontandomi lì direttamente coi gusti dei lettori, ho notato che gli under 30 si sentono naturalmente attratti perché, dal titolo e dalla sinossi, lo percepiscono come un romanzo alternativo, tra i 30 e quasi i 60 ci si rivedono dentro, chi più chi meno, come generazione. Oltre quella fascia di età bisogna superare l’imbarazzo di fronte alla crudezza del linguaggio utilizzato in alcune scene. Non potevo esprimere il nichilismo e l’alienazione di una frontiera metropolitana e di quella generazione in modo edulcorato, il linguaggio segue la narrazione, è duro quando, per esempio, si descrivono le scene ambientate nella circonvallazione esterna, ma è anche lirico quando insegue il filo dei sogni e dei ricordi. Oltre a essere un luogo fisico la traversa è anche un punto dove conver-
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gono emozioni che nascono, partono e ritornano. Soffermiamoci sul luogo fisico. La traversa è quella in cui abitavi a Casoria. Cosa devi a quel luogo? Come lo hai vissuto? Io l’ho vissuta proprio come la tratteggio nel libro: tra alienazione e voglia di evasione, ma è stato anche un laboratorio di identità per me e le tante persone straordinarie, nascoste in quei palazzoni, coi quali ho condiviso vissuti. Pittori, filosofi, musicisti, scrittori, attori, riusciti o falliti, ma tutti lì dentro chiusi nelle proprie case di notte e di giorno a vivere altrove: il destino delle periferie è quello di essere stracariche di energia, senza però capitalizzarla. Devo a quella traversa la capacità di vedere cosa c’è oltre la fatiscenza e la marginalità, lì dentro ho imparato a sognare e desiderare. Spero di essere riuscito a rendere la I traversa A. Diaz un luogo letterario o dell’immaginario, ‘la Traversa’, come una città invisibile di Calvino, come il vicolo Cannery di Steinbeck. Parliamo dell’evento dell’8 novembre al Centro direzionale. Il tuo libro si sposa con gli argomenti che sono stati trattati; spiegaci com’è nata la collaborazione con i relatori. I-dentity Gen ha varie sfaccettature,
come un poliedro, ma due su tutte: provoca discussioni su generazioni prima e dopo la rivoluzione digitale e sulle periferie. Su quest’ultimo tema ho avuto il piacere di essere presentato l’8 novembre, al Nuovo Palazzo di Giustizia, dal Presidente del Premio Napoli Domenico Ciruzzi e dal Giudice del dibattimento del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Elena Di Bartolomeo, in un evento formativo, accreditato dall’Ordine degli Avvocati, dal titolo ‘La periferia come sguardo decentrato sul mondo: legalità, giustizia ed emarginazione’.Ho esposto la mia visione anti-Gomorra che ritrae la periferia non solo come luogo di violenza e criminalità ma anche come laboratorio di spinta verso se stessi. Oggi si parla di ‘modello Scampia’ come quello che esporta le logiche criminali in tutta Italia. Proviamo a ribaltarlo ed a credere che il modello Scampia sia quello del ‘Gridas’, associazione culturale che stimola creatività e potenzialità dei ragazzi del quartiere, che ha prodotto negli anni circa duecento murales con le scuole, manifesti stampati in linoleografia, fumetti, striscioni dipinti ed organizza ogni anno un Carnevale ricco di maschere in gommapiuma, fatte a mano con materiali di risulta ed attrae migliaia di presenze da tutta Italia. ‘I- dentity Gen’, narrando un’umanità alla forte ricerca della propria identità, è , a suo modo, testimonianza e veicolo di questa nuova visione. L’intervista si conclude con una speranza, quella della rivalutazione delle periferie, attraverso esempi positivi che irradiano le zone circostanti con la loro forza vitale. Lì, dove crescono personalità straordinarie che lottano per i propri diritti e per restituire dignità ai luoghi in cui sono nati, senza scappare, senza arrendersi mai.
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ILARIA RICCARDI
FONDI E PROGETTI PER LE POLITICHE SOCIALI E LA PUBBLICA ISTRUZIONE
Tutti, a seconda che li vivano o meno, sono a conoscenza dei disagi presenti nella società, e per cui si spera di ricevere un sostegno adeguato dal proprio comune, dai propri concittadini e dal proprio paese. Tutto ciò, in realtà, è garantito dall’art. 22 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo : “Ogni persona, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale; ha la facoltà di ottenere soddisfazioni dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità e al libero sviluppo della sua personalità, grazie allo sforzo nazionale ed alla cooperazione internazionale, tenuto conto dell’organizzazione e delle risorse dei singoli paesi”. Tuttavia, spesso ciò non accade, poiché nonostante i fondi europei ci siano (peccato non siano mai abbastanza), l’Italia non riesce neanche a sfruttarli tutti, e questo, inutile dirlo, è un vero spreco. Le cause sono molte, come ad esempio l’inadeguatezza di chi ha il compito di richiedere tali fondi. Ma prima di tutto, come funzionano questi fondi?! A spiegare, in modo molto semplificato, questa complessa attività è Tommasina D’Onofrio, assessore delle politiche sociali e dell’istruzione pubblica del comune di Casoria, laureata in scienze politiche e con esperienza nella programmazione dei fondi europei. “Il meccanismo di spesa dei fondi europei non è semplice; non è automatico rispondere ai bandi che escono e la somma richiesta non viene automaticamente retribuita. Spesso ci sono delle precondizioni, ad esempio il certificato di anti sismicità
degli edifici, senza cui non puoi far richiesta. Noi infatti stiamo per ottenerli per altre 7/8 strutture, così potremo cominciare anche a partecipare ad altri bandi”. A questo punto la domanda sorge spontanea: perché questo non è già stato fatto in precedenza? La dott.ssa risponde: “Molti bandi non c’erano; in altri casi forse qualcuno non è stato molto attento”. Nonostante questi errori dettati forse dalla poca professionalità, vi sono tuttavia settori per cui i fondi sono particolarmente insufficienti. “Sull’assistenza sociale siamo veramente messi male; le famiglie che stanno sotto la soglia di povertà sono tante, anche se i bambini vengono abbastanza tutelati[…] Inoltre anche con le strutture non stiamo bene; la maggior parte delle strut-
ture pubbliche ha bisogno di una manutenzione costante”. Infatti, proprio a causa di queste mancanze, Tommasina D’Onofrio ammette la sua preoccupazione riguardo futuri finanziamenti per l’asilo nido comunale ad Arpino, recentemente inaugurato e per il quale ci si sta nuovamente mobilitando in cerca di soluzioni alternative, come ad esempio altri tipi di sussidio. Allo scopo di aiutare chi ne ha più bisogno (e si spera vivamente che ciò riesca a dare un significativo aiuto a chi ne sarà beneficiario) l’assessore parla di alcuni progetti riguardanti l’assistenza degli anziani, dei disabili e della possibilità, per le famiglie in difficoltà economiche, di usufruire della CARTA REI ( forma di sussidio offerta dal governo attraverso i comuni). Quest’ultima dà, inoltre, particolare rilievo ad un nuovo programma, a proposito del quale racconta: “Abbiamo preso in comodato d’uso la ferrovia dello Stato, attaccata alla stazione e ho pubblicato una manifestazione d’interesse aperta ad associazioni senza scopo di lucro[…] ognuno può far beneficenza e dare un contributo a tenere aperto quel bene[…] Si tratta di una struttura di circa 300 m^2 , che ha come unica finalità quella di accogliere i senza tetto. […] Loro potranno dormirci a turni; immaginiamo inoltre di mettere una cucina, o almeno qualcosa utile a riscaldare i pasti. Spero inoltre vengano installati punti di raccolta abiti, in cui le persone possono portare qualcosa o prendere senza vergogna, vista la posizione strategica”. Insomma, i fondi ci sono, ma la difficoltà sta nel riuscire ad ottenerli (e per chi non ne è in grado, anche nel saperli trovare) .
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RITA GIAQUINTO, inviata speciale
60a Maratona di New York 2018, presenti ! “It’s not Heaven. It’s Brooklyn”: è così che titola la prima pagina del The New York Times sul numero pubblicato all’indomani della 60^ edizione della TCS NYC Marathon di New York che si è svolta, come da consuetudine della gara newyorkese, nella prima domenica di novembre. “Non è il paradiso. E’ Brooklyn” : il cielo azzurro e terso della domenica della gara che ha fatto sentire a casa tutti noi del Sud, le condizioni climatiche miti e ideali per correre, e l’atmosfera di incredibile entusiasmo da cui ogni runner si è sentito generosamente accolto ed abbracciato, hanno fatto sembrare questa gara, soprattutto all’altezza di Brooklyn, un vero e proprio paradiso. Partiti, come per ogni edizione, dal distretto di Staten Island, all’altezza del Ponte Giovanni da Verrazzano, la maratona di New York ha previsto, anche quest’anno, il percorso che comprende tutti e cinque i distretti della città, passando per Brooklyn, Queens, Bronx e Manhattan, dove, all’interno di Central Park, è stato fissato il traguardo. L’inno americano, che sprona ad avere sempre il coraggio di andare avanti e la fede in sé stessi ed in Dio, sono stati l’incitamento ufficiale, di rigore ma perfetto per dare la giusta carica a tutti i runners i quali sono stati poi spinti ,subito dopo la partenza ,a macinare i primi chilometri sulle note della celeberrima New York, New York di Liza Minnelli nella quale, non a caso, si parla di scarpe vagabonde che hanno una gran voglia di perdersi tra le strade di New York e farne completamente parte. E di scarpe vagabonde, ce ne sono state tantissime. Al termine delle 26 miglia, sul podio è arrivato il ventottenne etiope Lelisa Desisa che, avvolto nella bandiera del suo Paese africano, ha tagliato il traguardo in 2h 6’ e 26’’. Eccezionale la donna Kenyana che ha conquistato il primato nella sua categoria, Mary Keitany con il tempo di 2h 22’ e 49”. Ma sono stati tantissimi i runners iscritti. Circa in 52.704 sono riusciti ad arrivare al traguardo, tra cui i 3.100 partecipanti provenienti dall’Italia che, quest’anno, è stato, dopo gli Stati Uniti, il Paese più rappresentato alla maratona. Tra i 3.100 italiani, è volata a New York anche l’associazione podistica no profit di Afragola, la Run For Love project Anna Cerbone che, per la prima volta, ha presenziato e ha corso la maratona di New York con l’inconfondibile maglia giallo-fluo, con ben cinque atleti: il Presidente Gaetano Brilla,giunto alla sua quattordicesima maratona e che per la seconda volta (la prima nel 2013) ha tentato, e concluso, l’assalto alla Grande Mela; Agostina Ferrara, unica presenza femminile che, con orgoglio e soddisfazione di tutti, si è guadagnata la medaglia onorando tutte le donne che fanno parte e che sostengono l’associazione; Raffaele Germano, alla sua seconda gara sulla distanza dei 42 chilometri dopo l’italianissima Firenze dello scorso anno; Antonio Del Prete, al suo esordio nella lunga distanza con le
26 miglia americane e Carmine Del Prete che, con New York, ha concluso la sua settima maratona. Un percorso difficile per tutti: dalle difficoltà delle pendenze del Queensboro Bridge, un vero e proprio muro a poco più della metà della maratona, al saliscendi della 1st Avenue, dalle ripide salite di Central Park all’isola delle colline da cui Manhattan, nome indiano, prende il nome, insomma, un percorso di gara tutt’altro che pianeggiante che ha messo a dura prova le gambe ed i polmoni dei nostri atleti. Ma, come sempre accade, nell’unione si trova la forza. La forza di arrivare a tagliare un traguardo che per quanto difficile, è stato incorniciato dalle geometrie quasi perfette di una città unica al mondo. Le Street, le Avenue che scorrono, una dopo l’altra, in lungo e in largo, al ritmo delle arterie di chi le percorre, e gli incredibili grattacieli, tappeti magici ad un passo dalle stelle, hanno lasciato tutti senza fiato. E per i nostri atleti, la loro vetta è diventata il loro traguardo, e se passo dopo passo, tratto dopo tratto, se ne contavano i piani, sembravano condurli direttamente in paradiso. Dal calore e dall’affettuoso ed emozionante tifo e sostegno della gente che ha popolato tutti e cinque i distretti, alla musica, radicata nell’anima nera, blues e rock ‘n roll di questo straordinario popolo e che ha scandito ogni chilometro percorso, ai giganti di questa incredibile città, ai ponti che uniscono le diversità del pianeta, ai toni dell’autunno che sembra esistere, nei suoi colori primordiali, soltanto a Central Park, almeno per chi guarda, il passo è stato breve. Più che un passo, un salto. Un salto in un sogno che, nella passione per la corsa e nei valori dell’amicizia che caratterizzano la Run for Love p-AC, è riuscito a diventare realtà. Impossibile riportare a parole, anche per chi, come la sottoscritta, ha assistito alla gara , le immense emozioni degli atleti giunti al traguardo di quella che è considerata la maratona per eccellenza e senza dubbio l’evento podistico più importante al mondo. Felicità e commozione, braccia ed occhi rivolti, con gratitudine immensa, al cielo improvvisamente sceso sulla terra, sorrisi increduli e urla di gioia tali da far destare l’ultimo piano dell’Empire, hanno caratterizzato il passaggio finale dei runners per la conquista della medaglia. Un dischetto di bronzo, pesante come la fatica, bella come un indelebile ricordo, su cui, con lo stesso orgoglio degli atleti, troneggia, in tutta la sua magnificenza, l’immagine di quella statua che, dall’alto della sua storica regalità, ricorda quotidianamente alla città di New York, ed al mondo intero, di alimentare, sempre, con il coraggio e la determinazione tipica del popolo americano e di chi decide di correre una maratona, il fuoco eterno delle proprie passioni e della propria libertà. “If I can make it there,I can make it anywhere”: se posso farcela qui, posso farcela ovunque (New York New York , Liza Minnelli)…Che il sogno americano continui, per chi lo ha realizzato e per quanti lo realizzeranno! Yours, faithfully Rita Giaquinto.
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VITTORIA CASO
VIA CHIATAMONE di Franco Buononato
Luoghi della memoria, attimi che restano scolpiti nel cuore, indimenticabili: ecco “Via Chiatamone”, in cui Franco Buononato narra vicende, gioie, ansie, condivise con tanti compagni di viaggio per trent’anni nella grande famiglia di “via Chiatamone, 62”, sede storica de “Il Mattino” per 56 anni. I ricordi sono nitidi, indelebili, fluiscono a raffica, seguono la logica del cuore, sia che si riferiscano alle personali esperienze, sia a momenti vissuti con i colleghi: dalla gavetta al primo emozionante ingresso nella redazione; dai primi incarichi fino ai servizi più impegnativi di cronaca, politica, cultura, economia; dalla prima alla centesima intervista; dai momenti di euforia alle difficoltà e alle criticità, dalle responsabilità come vicedirettore a Caserta a quelle di direttore a Benevento. La redazione, al terzo piano di via Chiatamone, così com’è narrata in questo“Amarcord del Mattino” è viva, vera, quasi un essere dotato di anima; del resto, la redazione è il cuore pulsante di ogni giornale e certamente Il Mattino ha accompagnato la vita di Napoli fino ad assurgere a simbolo della città stessa. Scarfoglio e la Serao quando fondarono Il Mattino fecero sicuramente un dono alla città partenopea, del cui valore forse neppure avevano consapevolezza. Il 16 marzo1892 uscì il primo numero che vendette 13mila copie, cominciando un’avventura che da allora è saldamente intrecciata alle vicende del Mezzogiorno. Altri direttori, ben 15, stimati e noti, si sono avvicendati al vertice di questa azienda, da Giovanni Ansaldo (1950-1965) fino a Federico Monga, direttore da giugno, tra cui Nonno, Zavoli, Graldi, Gambescia, Orfeo, Barbano, Cosenza. Franco Buononato dipinge “via Chiatamone” come la “casa” di tutti i napoletani; uomini di potere, politici, capi di stato, scrittori, artisti, campioni sporti-
vi, allenatori, assieme a semplici cittadini ne erano frequentatori abituali, accolti sempre con un sorriso. Un colpo al cuore, dunque, la decisione di Caltagirone di spostare la sede del giornale dalla storica e emblematica via Chiatamone al centro direzionale; a nulla sono serviti gli scioperi dei giornalisti. Certamente non si possono cancellare con un colpo di spugna i volti, le storie, le passioni e le emozioni di un luogo, dove è stata scritta una lunghissima pagina di giornalismo. E’ la nostalgia che ha il sopravvento, detta le parole all’autore e ne illumina la memoria: il rumore delle rotative, l’odore d’“o’ chiummo”, le mani sporche d’inchiostro; la corsa alla notizia dell’ultim’ora, l’articolo troppo lungo e quello troppo breve, la carta millimetrata, il punto, la virgola, il profumo della prima copia; le lunghe attese, il bar con i colleghi all’una di notte, le corse trafelate nel traffico, le chiamate del direttore, ecc… Queste immagini care accompagnano il lettore e lo inducono anche a riflettere su quanto articolata, complessa, ricca sia la vita di un giornale, in cui non solo i giornalisti han-
no un ruolo chiave ma anche i tipografi e i fotografi. La tipografia era al piano terra, i pezzi erano composti sul bancone fino agli anni ’80 quando macchine di nuova generazione sostituirono il piombo. I fotografi avevano il loro quartiere generale all’ammezzato, come racconta l’autore, le loro foto prendevano vita nella camera oscura emergendo pian piano quasi magicamente, testimonianza di eventi-chiave, di situazioni drammatiche, delle luci che spesso illuminavano Napoli e delle ombre che altrettanto spesso la velavano. Oggi un archivio raccoglie i preziosi documenti di più di un secolo che scandiscono la vita della città partenopea. Nelle pagine scritte da Buononato, troviamo, dunque, la sua amata attività di giornalista in trincea, che fa tesoro di ogni esperienza, stimolo per altre avventure straordinarie: le 100 interviste, ad esempio, tra cui quella indimenticabile a Don Riboldi; gli incontri arricchenti dal punto di vista umano e professionale nelle redazioni di Frattamaggiore, Nola, Caserta, Benevento. Un’avventura, dunque, ricca che non solo disegna la vita non idilliaca del giornalista, professione mitizzata e ambita, ma fa anche comprendere la vita intensa e frenetica dei quotidiani. In particolare, Il Mattino ha documentato eventi cruciali della storia di Napoli: il terremoto del 1980, il rapimento da parte delle BR dell’assessore regionale DC Ciro Cirillo, i trionfi calcistici del Napoli di Maradona, il G7 del 1994, l’infinita emergenza rifiuti e la pagina scritta con il sangue, datata 23 settembre 1985 quando i killer della camorra uccisero il più giovane dei cronisti del Mattino, Giancarlo Siani, sempre vivo nel cuore dei napoletani. Si chiude una pagina, è vero, ma la fiaba, narrata da Franco Buononato continua e Il Mattino, dall’alto del grattacielo, continuerà a raccontare al mondo Napoli e le sue storie.
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12 ANTONIO BOTTA
All’artista casoriano Enzo Marino assegnato, in India, il Premio alla carriera
LE SUE OPERE NEI MUSEI E COLLEZIONI PUBBLICHE E PRIVATE DI TUTTO IL MONDO
Lusinghieri riconoscimenti per il nostro concittadino Enzo Marino, artista di fama internazionale che, al momento in cui scrivo, si trova a Bikaner Rajastan, India, in qualità di Direttore della manifestazione “Bikaner Art Festival 2018”. Per l’occasione, a sorpresa, gli è stato assegnato il premio alla carriera per i suoi 60 anni di encomiabile attività, consegnatogli dal ministro della cultura del Raystan. E’ considerato un ospite d’onore eccezionale, di cui tutta la stampa indiana e i media si stanno occupando, esaltandone le elevate doti artistiche. Infatti, sta rilasciando decine di interviste a TV e giornali e migliaia sono le foto che gli scattano, molte delle quali in compagnia di personalità istituzionali illustri e di artisti giunti da varie parti dell’India per salutarlo e congratularsi con lui. Moltissimi anche i selfie scattati con la gente comune. Intanto, la principessa di Bikaner ha acquisito un quadro dell’Artista casoriano per collocarlo nel suo Museo. “Sono molto stanco, ma felice, perché continuano i riconoscimenti importanti dal resto del mondo” mi ha scritto in un messaggio watsapp Marino. Qualche domanda non può che sorgere spontanea:” Ai Casoriani, è noto e riconosciuto il valore artistico e culturale del Nostro? E’ apprezzato e valorizzato dalle istituzioni locali? “Nemo profeta in Patria”: è questa, purtroppo, l’amara constatazione che calza a pennello anche per l’artista Marino. E allora, in questo periodo fausto che sta vivendo lontano da Casoria, è doveroso rendergli giustizia rendendo noto il suo poliedrico impegno a favore
dell’Arte. Pittore, scultore, incisore, performer, grafico, il nostro Concittadino partecipa da anni alla vita artistica italiana e internazionale. Presente in moltissime pubblicazioni d’arte di vari Paesi, ha fatto parte di diversi Comitati scientifici nazionali e internazionali. Per oltre 15 anni è stato membro , tra l’altro, anche della redazione della rivista “Arti visive” di Roma. Numerosi e di elevato valore i riconoscimenti attribuitigli a livello nazionale e internazionale, fra cui il “Leone d’Oro” Venezia, il “Give Peace a Chance! Berlin” il “Maestro del Pennello Nardò (LE). Con “Italian Olympic Spirit” è stato tra i 50 artisti a rappresentare l’arte italiana alle Olimpiadi di Pechino. Le sue Opere figurano in musei e collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. E’ anche scrittore, storiografo e drammaturgo. Ha scritto tre commedie per Casoria: “Belle pazzie e bugiarde aurore” -la Casa d’Oro di G. Pisa”, “Fremito di vita” – epilogo di
G. B. Pergolesi, “Il fantasma in fiamme” – Iacopo Torello da Fano. A Casoria ha costituito uno dei progetti della sua associazione Free International Artists (fondato a Torino nel 2002 e registrato a Casoria nel 2010) ,”Il salotto letterario di Enzo Marino”, che si propone di fare, divulgare, sensibilizzare e discutere di cultura. Negli ultimi anni di attività, nel Salotto si é discusso di letteratura, teatro, storia, arte; sono state presentate performance di vario genere e approfondimenti tematici , ma essenzialmente la tendenza è stata quella di valorizzare alcune eccellenze della città. Tutto questo viene da lontano, dai suoi “Salotti culturali” sul Terrazzo Grieco – 2008, nell’Arciconfraternita Santa Maria della Pietà - 2009, nella Galleria Marconi, nel Tribunale fino ad oggi. Attualmente, il “Caffè Artistico Letterario di Enzo Marino” è, mensilmente, ospite del partner Caffetteria Sgambati.
In un’intervista concessa a Casoriadue qualche anno fa, sollecitato da una mia precisa domanda espresse il suo giudizio sulla cultura e lo stato della Cultura e dell’arte religiosa nella nostra Città con questa riflessione: “Casoria non ha mai avuto una politica culturale, ma semmai sono state distribuite le risorse ad effimeri eventi o a giochi di piccoli gruppi, trascurando così i veri bisogni culturali della città. I giovani artisti, e sono diversi, sono stati sempre ignorati e languono in un vuoto assoluto. C’è ancora speranza per loro? Cosa dire dello stato dell’arte religiosa a Casoria? Una volta la Chiesa era promotrice del bello, anche se essenzialmente religioso. Oggi no! Del resto anche le chiese non hanno una politica artistica. C’è assenza promozionale e del gusto. Intanto fa male vedere dilettanteschi dipinti posti in luoghi d’onore ma che non daranno mai lustro alla chiesa. L’arte serviva ad esaltare le storie e la gloria dei santi e si commissionavano opere di bravi maestri che tutt’ora danno lustro alla nostra città. Il problema è proprio questo che si vive di rendita artistica senza neanche badare al loro processo di deperimento, come se fossero eterne. Sono anni che sollecito interventi immediati e mi langue il cuore vedere dei pezzi d’arte cittadina deteriorarsi. Anche le chiese di Casoria dovrebbero darsi una mossa perché hanno un potenziale di credibilità che potrebbero smuovere montagne. Intanto spero che i preziosi dipinti della chiesa del Carmine da me fotografati e trasferiti per sicurezza altrove, siano mantenuti in buono stato”.
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Raffaella Ragone
L’unità dei saperi e la poesia del Mezzogiorno Sono una docente di lettere negli Istituti di scuola superiore secondaria. La mia prima formazione culturale nasce da assistente universitaria alla Federico II presso la cattedra di Storia del Rinascimento e Storia Moderna del prof. Romeo De Maio; accanto a questa mi sono formata attraverso una trentennale collaborazione con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, lavorando a stretto gomito con il presidente e suo fondatore Gerardo Marotta. Nelle nostre assidue serate, incontri culturali a cui partecipavano studiosi come Masullo, Gadamer, Pugliese, Carratelli, Bodei e tanti altri, si poneva spesso la questione dei programmi scolastici come elemento fondante per la formazione di una coscienza civica per i giovani. E su questo vorrei soffermarmi: sulla necessaria completezza che i programmi scolastici devono possedere per essere al passo coi tempi, ponendosi come strumenti flessibili, in grado di indirizzare verso raggiungimenti culturali che guardino oltre le tradizionali partizioni. Mi riferisco anzitutto all’abusata divisione tra cultura umanistica e scientifica. Una divisione che non ha più ragion d’essere, come ha sottolineato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo ad Ariano Irpino il 5 settembre di quest’anno nell’ambito del meeting “Le due culture”, organizzato da Biogem. Il presidente ha rimarcato come la ricerca sia un fondamentale motore della conoscenza, importantissimo per la crescita culturale e civile del nostro paese, in particolare del Mezzogiorno, una ricerca però senza steccati, unendo proprio le due culture, quella umanistica e quella scientifica. Due campi opposti, due modelli di conoscenza considerati tra loro incompatibili. Ma non è stato sempre così. Non per gli autori dell’antichità, come Democrito, Empedocle, Aristotele, i cui sistemi di pensiero contemplavano l’osservazione e la dedu-
zione, la ricerca sul campo e poi la collocazione in un orizzonte più ampio. Non lo era nel Rinascimento, laddove l’interesse per la natura conviveva con lo studio dei classici, e le nuove scoperte si sviluppavano partendo dalle recuperate conoscenze. Nella modernità, in effetti, il solco tra i due saperi si è accentuato, ciascuna disciplina ha imboccato la propria strada e la specializzazione, spesso l’iperspecializzazione, si è affermata in entrambi i campi. Ora, tuttavia, le cose stanno in parte cambiando. La contemporaneità ha provocato un’accelerazione e una contaminazione dei saperi che è impossibile ignorare. Abitiamo un villaggio globale, siamo utenti di una rete mediatica che ci rende perennemente connessi; ed anche la conoscenza, per forza di cose, va oltre, ha sfrondato e sfondato i vecchi steccati. I saperi, ora, si nutrono proprio delle rispettive differenze e sono posti continuamente a confronto. Su questa linea si è sempre mosso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, che non ha mai creato argini tra i due campi, illuminando di eguale luce quelli che ad alcuni sembrano versanti opposti del sapere, nella modernità come nell’antichità. Basterebbe citare le parole del filosofo francese Jacques Derridà: “In nessun altro
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posto, in nessuna istituzione ho trovato maggiore apertura e maggiore tolleranza, una così vigile attenzione nel tener presente contemporaneamente la tradizione culturale e le occasioni dell’avvenire”. Voglio riallacciarmi ora, sempre seguendo il filo delle riflessioni di Mattarella, al nostro Mezzogiorno. E qui non posso non riferirmi agli attuali programmi ministeriali, rimarcando una lacuna evidente, ovvero l’assenza pressoché totale dei poeti meridionali dalle antologie. La mia non è una voce isolata. Tra le altre, cito qui l’articolo di Corrado Zunino del 29 maggio di quest’anno su “la Repubblica”, in cui si denuncia come gli autori presi in considerazione si fermino geograficamente all’Emilia Romagna, come ricordava anche il Centro di documentazione della poesia del Sud, che ha promosso una raccolta di firme cui hanno aderito numerosi intellettuali, tra cui Dacia Maraini e Alberto Angela. La cosa è tanto incomprensibile quanto ingiusta. Che fine hanno fatto Gatto, Scotellaro, Bodini, Scalise? Andando oltre il cerchio dei poeti, autori come Sciascia, Alvaro, Silone, Vittorini? E come è possibile minimizzare l’importanza di un uomo di teatro dello spessore di Eduardo De Filippo, una delle voci più significative della scena novecentesca non solo italiana? Erede, oltretutto, di una ininterrotta tradizione che risale almeno all’Ottocento. Nessuno meglio dei nostri poeti, dei nostri autori ha saputo costruire un bagaglio di immagini e di pensieri capaci di innervare e tramandare una memoria spesso ignorata dai testi ma tuttora ben presente, radicata nelle persone e nei luoghi. Consegnare questo patrimonio, che rischia di scomparire, alle nuove generazioni mi sembra un compito bello e importante, soprattutto per noi educatori. Era la scommessa di Gerardo Marotta: coniugare l’unità dei saperi e tener viva la nostra memoria storica. Perché non provarci?
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ANTONIO VALENTI
Nino Simeone, analisi dei trasporti difficili di Napoli
C’è il maestro di strada, il prete di strada e, perché no?, il politico di strada. Tu ti senti questo, Nino Simeone? Sei arrabbiato? “Io mi sento uno che vive tra la gente, per vivere e comprendere i problemi reali della gente e cercare di aiutare a risolverli concretamente. Arrabbiato dici? La mia è una rabbia di pancia proprio da cittadino prima ancora che da politico”. L’ultima ‘arrabbiatura’ è per una voce su una possibile incarico esterno professionale da parte dell’ANM, l’Azienda Trasporti di Napoli, per un addetto all’immagine e alla comunicazione, per cui hai scritto al sindaco De Magistris. Cosa c’è che non ti convince? “Preliminarmente specifico che si tratta solo di voci al momento e non si sa né il numero di giornalisti interessati né gli eventuali importi che dovrebbero percepire né se la cosa sia vera o meno, ora tutto tace”. Tu, da Presidente della Commissione Trasporti, cosa ci troveresti di anomalo? “In primis l’Azienda si trova al momento in uno stato di concordato preventivo e si prevede una riduzione di personale, già parzialmente attuata, per cui appare inconcepibile che si diano incarichi esterni per funzioni per le quali in Azienda già ci sono persone qualificate, giornalisti, a svolgerle”. Qualcosa bolle in pentola? “E’ quello che ho chiesto, per iscritto, all’Amministratore Unico che ancora non ha risposto, ho segnalato la cosa al Sindaco chiarendo che avrei portato la questione all’attenzione del prossimo Consiglio”. Anche i lavoratori tacciono nella circostanza? “Assolutamente no, tutti i Sindacati hanno dichiarato lo stato di agitazione, al momento aspettiamo” La riduzione del personale, nel frattempo, è già partita. “Sì, ma riguarda persone che hanno accettato l’uscita usufruendo dell’incentivo elargito grazie alla Regione Campania ed altri che hanno lasciato avendo i requisiti di quiescenza. Sugli esuberi non riesco a capire perchè non si persegua la strada della riqualificazione per funzioni, tipo i controllori, per cui non è che ci vogliano dei requisiti particolari, magari sulla metropolitana per incrementare le entrate”. Invece pare che si persegua principalmente la strada dei tagli. Cosa ti ha fatto ‘arrabbiare’ di più? “Come fai a restare tranquillo quando si taglia il percorso della linea 150 che non arriva più al ‘Monaldi’e non ci sono alternative per arrivarci per persone che ci vanno per motivi di salute. Ci vanno a piedi?” L’Azienda, in verità, ha dato la sua spiegazione… “E proprio quello che ti fa arrabbiare di più, sentire che si taglia il percorso perché c’è traffico a Cappella Cangiani? Che ragionamenti sono, ma stiamo scherzando? E una cosa che non deve passare come pure lo stesso per la linea 140 che va a Posillipo” Là, magari, visti i ragionamenti, diranno, che ve purtammo a fa ‘ncoppo Pusilleco. “E certo, qui bisogna capire che ci sono tre servizi di cui la gente non può fare a meno, l’acqua e la luce per i quali non ci sono problemi particolari e i trasporti in cui ci sono difficoltà, occorre che i ragazzi possano andare tranquillamente a scuola,
o gli ammalati arrivare a un Ospedale fino a destinazione, come pure i lavoratori. E’ una cosa per la quale mi batterò sempre senza fare sconti a nessuno” Oggi chi è che si abbraccia la Croce? “I cittadini con i disagi non indifferenti e i lavoratori del’ANM che lavorano con mille difficoltà e guidando dei pullman spesso obsoleti per cui rischiano in prima persona non per colpa loro”. In periferia i cittadini soffrono, se possibile, ancora di più. “Là la carenza è ancora maggiore, spesso mancano proprio e il problema è grosso, spostarsi a Napoli Nord, ma anche a Napoli Est non è che vada meglio, è decisamente problematico”. Cosa c’è dietro l’angolo, per dirla alla Costanzo? “In questi giorni sono entrati in circolazione 10 nuovi autobus cui presto se ne aggiungeranno circa altri cinquanta, non sono tanti ma è qualcosa specie se consideriamo che, a differenza di Caserta o Salerno e lo dico senza polemiche, il Comune di Napoli li ha acquistati e non ricevuti dalla Regione”. Altro giro, altra corsa, senza ironia, la Metropolitana. “Non è che le cose vadano meglio ma, ci tengo a chiarire, il problema Trasporti a Napoli viene da lontano non è che dipenda da questa Amministrazione. Per quello che riguarda la Metropolitana il peccato originale è stato quello di avere speso tantissimo per le Stazioni, le infrastrutture, senza preoccuparsi adeguatamente dei treni e questo ha portato alla situazione attuale anche considerando che il percorso incompleto richiede un maggior numero di vetture che, inoltre, debbono essere di una potenza maggiore considerando che noi abbiamo costruito una Metropolitana Collinare e non è solo un fatto di terminologia, significa che rispetto a Milano, per esempio, abbiamo un percorso ascendente e non pianeggiante e anche questo incide sull’approvvigionamento delle carrozze”. Prossima scadenza? Noi in un precedente servizio scrivemmo che è il 2020 l’anno cruciale? “Penso proprio di sì perche nel 2020 dovrebbero arrivare dei nuovi treni; rispetto a Roma o Milano saremo ancora una realtà lontanissima ma certo si potranno almeno aumentare il numero delle corse e degli utenti trasportati ad ogni viaggio e per noi già è qualcosa”. Pare che, almeno, finanziariamente, le cose siano più tranquille? “Ecco giusto, pare. Al momento è in corso un concordato preventivo per cui il debito è solo congelato e non puoi avere l’assalto
DOMENICA 18 NOVEMBRE 2018 dei creditori ma chiaramente è una situazione solo temporanea e quando il Giudice Fallimentare decide poi bisogna trovare i soldi, tantissimi, per pagare i debiti che in realtà ci sono”. Malacqua anche su questo fronte allora. “Proprio malacqua non direi, certamente io mi batterò sempre per assicurare i diritti dei cittadini a un servizio di trasporti degno della nostra Città e, per questo chiaramente mi batterò per il ripristino delle linee tagliate e contro il piano di ‘ristrutturazione’, loro così chiamano i tagli, che ha determinato una riduzione drastica del chilometraggio e di intere linee, non è che puoi fare i giochi di prestigio e di tre linee, tirando in ballo i percorsi uguali, ne fai una: è chiaro che il servizio ne risente; lo stesso vale per i diritti dei lavoratori, non avallerò mai l’utilizzo del lavoro interinale, mancano in organico un centinaio di autisti. L’Azienda, ripeto, ha tantissimi bus inadeguati e il servizio viene assicurato grazie ad autisti responsabili, certo non mi prenderanno per i fondelli, difenderò i diritti di cittadini e lavoratori”. L’avvicendamento di Ciro Maglione con Nicola De Pascale fu spiegato con la maggiore esperienza tecnica di quest’ultimo per un successivo step nel risanamento, non solo amministrativo, aziendale. “A me in verità Ciro Maglione andava benissimo e di cambiamenti poi non è che ne abbia visto” Regione, amica o nemica. “Non mi sentirei di definirla nemica in considerazione del fatto che nonostante il taglio previsto del 30% dei fondi comunque ci ha assicurato l’importo intero”. La “grigliata” a Piazza Plebiscito non è una sagra a Napoli ma la disputa sulla collocazione, già iniziata e sospesa, delle griglie di ventilazione della linea 6 della Metropolitana, utilizzando, di fatto gli scavi già effettuati, e poi inutilizzati, decisione 1994, in occasione di Italia 90.
15 Decisine sofferta con il Comune e il Soprintendente che propendono per il Sì e Ministero, con la revoca, e Intellettuali che sono contrari e chiedono un cambio di location per le griglie della discordia. Tu da politico e da cittadino sei per il sì o per il no? “Io sinceramente non ho capito in partenza i motivi della scelta di un luogo emblematico come Piazza Plebiscito per un lavoro del genere”. Il Comune ha spiegato: motivi di tempo e di economia, inoltre l’impatto ambientale sarebbe minimo. “Per questo dico semplicemente che non sono a favore del sì o del no ma sono a favore della Città e sono un poco diffidente, non vorrei che le Universiadi si svolgessero con il Cantiere ancora aperto a Piazza Plebiscito, sarebbe un danno di immagine enorme. La Città è piena di cantieri e su quello di via Marina è meglio stendere un velo di pietoso silenzio”. Tu sostanzialmente uomo di Periferia, diciamo Napoli Nord, come vedi la situazione di questi territori e i Rapporti con La Città? “Direi che siamo all’anno zero”
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DOMENICA 18 NOVEMBRE 2018 COMUNICATO STAMPA
Un aperitivo di SALUTE insieme! Il giorno 20 novembre 2018 presso l’aula convegni del Distretto 43 ASL Napoli 2 Nord in via A. De Gasperi - Casoria , alle ore 12,30 si terrà la campagna di promozione della diagnosi precoce “Noi per primi!” L’iniziativa nasce dall’esigenza di imprimere una forte spinta al tema della diagnosi precoce attraverso un intervento che, in continuità con la campagna di comunicazione realizzata dall’Azienda, possa catalizzare l’attenzione della cittadinanza sull’importanza di aderire agli screening oncologici - cervice, mammella e colon retto - contando sull’effetto persuasivo dell’adesione agli screening da parte degli operatoti sanitari. Gli operatori aziendali saranno invitati a partecipare ad un aperiscreening: “Un aperitivo di SALUTE insieme!” organizzato direttamente nei loro luoghi di lavoro, durante il quale si discorrerà sull’importanza della diagnosi precoce per esortarli a tutelare la propria salute e a dare il buon esempio alla cittadinanza a cui sarà divulgata l’iniziativa “Noi per primi!”. Gli operatori sanitari divengono fruitori e sensibilizzatori degli screening, testimonial insostituibili e coinvolgenti di un’azione di avvicinamento della cittadinanza alle strutture sanitarie. Questo incontro di “Un aperitivo di SALUTE insieme!” vedrà presenti: Direttore del DS 43 Dott. Natale Pratticò; Ref. DS 43 Educazione alla Salute Dott. Rosario Ferro; Resp. UOS Educazione alla Salute ASL Napoli2Nord Dott. Pasquale Fallace; Ref. URP DS 43 Dott.ssa Angela Silvestre; Psicologa Programma B. – “Benessere nella Comunità” Dott.ssa Rosaria Pandolfi. Tale iniziativa verrà ripetuta il giorno 28 novembre 2018 alle ore 12,30 presso il subpresidio distrettuale di Arpino e verrà estesa il giorno 20 dicembre 2018 al personale docente ed amministrativo dell’I. S. “A. Torrente” e il giorno…. al personale del Comune di Casoria.
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SALUTE, FLEBOLOGI: 1 DONNA CAMPANA SU 2 SOFFRE DI PATOLOGIE VENOSE
“La metà delle donne campane presenta i segni dell’insufficienza venosa. I maschi non sono da meno anche se rappresentano una percentuale molto più limitata”. Ad affermarlo è Lanfranco Scaramuzzino, chirurgo vascolare dell’Ospedale Internazionale di Napoli durante i lavori della 32esima edizione di “Flebologia Oggi”, svoltasi a Napoli. “Le donne si rivolgono allo specialista per motivi estetici per poi scoprire di soffrire di patologie venose che vengono curate con trattamenti mininvasivi, con laser di ultima generazione sempre meno aggressivi e che danno risultati sempre più sicuri”, aggiunge. “Bellezza delle gambe è sinonimo in genere di sana e corretta alimentazione - ha aggiunto la biologa-nutrizionista Adriana Carotenuto - Ci sono tantissimi consigli da dare, i più pratici: bere molta acqua, integrare con antiossidanti perché il danno dell’insufficienza venosa è un danno da radicale libero,
cioè da infiammazione. In caso di sovrappeso e/o obesità, mangiare frutta aumenterebbe di molto le calorie, per cui in quel caso consiglio degli integratori flebotonici. Attenzione anche alle fibre, è importante mangiarne la giusta quantità. Con adiposità localizzata, possiamo intervenire con protocolli intermittenti”. Per Luca Scaramuzzino, responsabile scientifico dei lavori, “La cellulite è un problema che affligge moltissime donne. Tutte cercano soluzioni, iniziano con rimedi casalinghi e poi si rivolgono al medico. Tra i trattamenti più innovativi ed efficaci c’è la carbossiterapia, tecnica sicura ed efficace per la cellulite e il ringiovanimento cutaneo, che può essere applicata a viso e gambe. Con microaghi si effettuano delle infiltrazioni di CO2 il cui effetto è quello di determinare una vasodilatazione che porta ad una migliore ossigenazione dei tessuti, ad un miglior drenaggio e ad una migliore consistenza del tessuto cellulitico”.
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