Ticino Business

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nr. 6 / Lug. / Ago. 2012

Commercio al dettaglio: urge check-up completo


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Sommario

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Luglio / agosto 2012 Strong opinion Editoriale Contromano Il Tema Ospite Ospite

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Tripartita o Bipartita? 17 dicembre 2010: la data della svolta Laghi e cantieri nautici, una risorsa tanto grande quanto poco valorizzata I commerci ticinesi rischiano il tracollo ma nessuno fa niente È un momento delicato per il commercio al dettaglio La voce da Ascona: utili le aperture straordinarie

Ospite

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Qui Lugano: mantenere l’equilibrio tra commerci storici e grandi marchi di prestigio

Ospite Ospite

14 Bellinzona: anche da questo fronte la situazione è critica 15 Commercio: la situazione del Locarnese Qui Mendrisiotto: anche le zone di confine risentono 16 del momento «nero» del commercio al dettaglio 17 La libertà del mercato è la molla del benessere e del progresso

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nr. 6 / Lug. / Ago. 2012

Revisione del Regolamento svizzero d’arbitrato internazionale: 18 uno strumento al servizio delle aziende 19 22 23 24 25 26 27 30 31 35 36 37 40 42 43 44 45 47 48

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Impressum

Redattrice responsabile: Lisa Pantini

nr. 6 / Lug./Ago. 2012

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Un settore da (ri)scoprire: i cantieri nautici (Tele)lavoro meglio, ti costo meno Siamo il Paese più industrializzato del mondo Galleria Vedeggio-Cassarate: porte aperte ed inaugurazione La fine di un’epoca La successione aziendale in Ticino: i risultati di un’indagine SUPSI Polonia: l’economia più dinamica d’Europa? Conferenza sulla successione d’impresa Commercio estero Difficoltà ricorrenti in ambito export (parte 2) I prossimi appuntamenti POLUS SA MaffeisNetwork SA Bertini & Togni SA Mafledil SA Eventopolis SA Federazione Svizzera degli Agenti Generali sezione Ticino (FSAGA) Lugicons SA Luisoni Consulenze SA

Editore: Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino, Lugano

Commercio al dettaglio: urge check-up completo

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Comitato redazionale: Franco Ambrosetti, Luca Albertoni, Rinaldo Gobbi, Lisa Pantini, Simona Morosini Marconi, Marco Passalia e Mercedes Galan Foto di copertina: © iStockphoto.com/kemalbas

Redazione: Cc-Ti, Corso Elvezia 16, 6900 Lugano Tel. +41 91 911 51 11 Fax +41 91 911 51 12 pantini@cc-ti.ch www.cc-ti.ch Pubblicità: Pubblicità Sacchi, C.P. 558 6928 Manno Tel. +41 91 600 20 70 info@pubblicitasacchi.ch www.pubblicitasacchi.ch

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Strong Opinion di Franco Ambrosetti, Presidente della Cc-Ti

Tripartita o Bipartita?

Ci siamo. Quel che sospettavo succedesse quando dimissionai dalla commissione Tripartita, sta avvenendo. Questa commissione ha il compito di sorvegliare il mercato del lavoro affinché con l’introduzione degli Accordi bilaterali con l’EU, non si incorra in abusi da parte dei lavoratori stranieri (il famoso idraulico polacco) o da parte padronale. Al sindacato piace molto la parola “dumping salariale”. Significa che qualcuno lavora sotto costo. Ma si tratta di italiani che hanno salari più bassi dei nostri. Quindi chi offre da noi lavoro a prezzi italiani in realtà non opera sotto costo rispetto al livello salariale del suo Paese. Semplicemente è più competitivo. Comunque crea, al di là della terminologia non corretta, seri problemi sul mercato del lavoro nostrano. I casi di dumping sono relativamente poco significativi anche grazie a un monitoraggio frequente da parte di appositi ispettori. La commissione è composta da rappresentanti dei sindacati, dei datori di lavoro e dello Stato. Ovviamente capita che tra le parte che difendono i loro legittimi interessi ci sia disaccordo e lo Stato dovrebbe esercitare un ruolo super partes. Come m’aspettavo purtroppo, col tempo, questo ruolo è andato scemando e ora lo Stato si è apertamente schierato con i sindacati per imporre contratti normali di lavoro con salari minimi di ca. 3’300.- al mese ad aziende senza contratto collettivo che impiegano manodopera con salari giudicati non dignitosi. Che il sindacato sia per sua missione dirigista lo posso capire. Ognuno tira la coperta dalla sua parte. Anche i datori di lavoro non sono tutti santi e a volte tirano la corda oltre il dovuto. Che lo Stato si schieri apertamente da una parte, invece non ci piace affatto. Francamente il gioco del due contro uno senza una motivazione veramente grave è una situazione inaccettabile. Forse è meglio andare a casa e lasciare la che la Tripartita divenga una Bipartita e semmai adire alle vie legali. Perché i salari minimi che lo Stato può imporre, non possono “pregiudicare gli interessi generali né gli interessi legittimi di altre cerchie della popolazione o altri rami. Devono tener conto debitamente degli interessi delle minoranze o delle professioni in questione dovuti a diversità regionali o aziendali” (art. 360a, cp. 2). C’è spazio per ricorrere contro questa prepotente decisione di uno Stato che ormai naviga guidato dal capriccio dei venti. La sinistra sta raccogliendo firme per introdurre salari minimi per tutti a livello svizzero. Speriamo che non chiedano la retroattività come nell’altra iniziativa sulla imposta di successione... Su queste due pensate socialromantiche ho già scritto e ricevuto il rimprovero di essere borghese, nato con la camicia e quant’altro. Il sottotesto è che in quanto tale, sono inattendibile. Comunque grazie mille per avermi lasciato parlare...

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L’introduzione di contratti di normali di lavoro con minimi salariali mi pare un tentativo di contrabbandare anzitempo ciò che l’iniziativa potrebbe, se fosse accettata, concretizzare. Vi risparmio le considerazioni sulle conseguenze economiche di questa misura (vedi articoli precedenti), ma faccio notare che lo Stato interviene d’imperio con un provvedimento coercitivo e sproporzionato alla gravità del caso. Nella farmaceutica per esempio il dumping riguarda quasi esclusivamente una ditta che si trova in procedura fallimentare. Quelli che il sindacato considera salari poco dignitosi sembrano essere decorosissimi per chi li riceve, ad esempio i frontalieri, perché più sostanziosi di quelli che percepirebbero in Italia, sempre che là un lavoro lo trovassero. Allora mi scappa di chiedere all’UNIA con quale diritto e in seguito a quale fulgida illuminazione, afferma pubblicamente che “se i Ticino ci sono ditte che non riescono a dare una paga dignitosa a un lavoratore, se ne possono anche andare”. Fantastico! Non ci avevo pensato, per aumentare la ricchezza del Paese bisogna eliminare posti di lavoro perché non è più il mercato del lavoro che stabilisce i salari ma l’applicazione di un principio etico, quello della dignità. Chi ha posti da offrire a 3’300.- al mese si faccia avanti, gli altri A CASA! Esclusi dal mercato, privati del lavoro sia imprenditori che lavoratori e poi cosa: la fustigazione e il Gulag? Qualcuno del sindacato si rende conto che una panzana così colossale non l’aveva pensata neanche Idi Amin Dada? Chiudere le aziende che pagano salari che ad alcuni signori sindacalisti non piacciono? Mah... A noi sta bene che il sindacato difenda la socialità. La difendiamo anche noi imprenditori. Sta bene pure che la ricchezza che produciamo, perché questo facciamo, vada nelle casse dello Stato che la redistribuisce come la politica deciderà. Non sta bene affatto invece che il sindacato applichi principi discriminatori nel giudicare il valore del lavoro con criteri aleatori come colpendo poveracci che altrimenti finirebbero in indigenza solo perché a qualcuno è venuto in mente di misurare i salari con il metro della dignità e del rispetto. Il rispetto c’è quando si accetta che a un lavoratore possano andar bene anche salari inferiori a quelli che vorrebbe il sindacato che non può imporre la sua visione del mondo a tutti finché esiste un mercato. Privare una persona di un reddito per quanto basso e perfino indegno possa sembrare è un atto di protervia che denota una cultura punitiva, confiscatoria, moralista, dogmatica e oltraggiosa della libertà individuale. Altro che rispetto! John Lennon diceva “il lavoro è vita, lo sai, senza quello esiste solo paura e insicurezza”. Forse è il lavoro che dà dignità all’uomo. Non il salario.


Editoriale di Luca Albertoni, Direttore della Cc-Ti

17 dicembre 2010: la data della svolta A molti forse la data del 17 dicembre 2010 dirà poco o nulla (a parte chi ovviamente festeggia un compleanno o un anniversario). Eppure si tratta di un momento-chiave della storia recente ticinese. È il giorno in cui il Consiglio federale, basandosi su un rapporto tendenzioso ed incompleto dell’Ufficio federale delle strade, presentò i vari scenari di risanamento della galleria autostradale del San Gottardo, con la folle idea di una chiusura di almeno 900 giorni. Un vero pugno nello stomaco che ci lasciò stupefatti e storditi per qualche giorno. Che fare? Come reagire? La parola d’ordine fu rimboccarsi le maniche e non lasciarsi andare ai soliti e comodi ma sterili piagnistei, troppo sovente utilizzati dal Ticino verso la Confederazione. Da subito fu chiaro che occorreva lavorare con analisi e dati seri, per costruire una credibilità decisiva al momento di confrontarsi con le autorità federali, dando finalmente anche il giusto appoggio ai vari atti parlamentari presentati nel corso degli anni in particolare da Filippo Lombardi, Fabio Abate e Dick Marty. Questa unità di intenti immediatamente condivisa da tutti gli ambienti economici e da una vasta cerchia di associazioni costituì la base per un lavoro comune con la Deputazione ticinese a Berna, con il Consiglio di Stato e con gran parte del Gran Consiglio. Ma non vanno dimenticati altri due momenti che si sono rivelati fondamentali: la scelta delle associazioni economiche di avvalersi di Michele Rossi quale Delegato per le relazioni esterne (quindi anche con Berna) e la susseguente decisione del Cantone di avere un proprio delegato nella persona di Jörg De Bernardi. Due mosse decisive, che hanno contribuito a creare una dinamica nuova nelle relazioni con la Confederazione e a rafforzare la rete fra gli attori dell’economia e della politica. Ma è soprattutto l’avvento di un nuovo atteggiamento ad aver portato a ribaltare la posizione del Consiglio federale nell’arco di poco più di un anno. Abbiamo presentato studi approfonditi, valutazioni oggettive da parte di esperti sull’impatto economico di una chiusura prolungata del Gottardo, stime delle aziende sulle difficoltà a cui andrebbero incontro e, dulcis in fundo, uno studio che ha chiaramente evidenziato l’insufficienza delle capacità della linea ferroviaria, anche dopo l’apertura di Alptransit. In sostanza, sono stati decisivi la capacità di fare rete e il lavoro serio, oneroso ed impegnativo. Nulla più. Nessuno può negare che si sia trattato di un atteggiamento nuovo per le nostre abitudini, che ha colto di sorpresa anche i contrari al secondo tubo, che hanno dovuto spesso ricorrere a toni molto duri e ad attacchi personali. Segno di chiaro nervosismo (sullo stile non mi pronuncio, ognuno può facilmente giudicare). Come pure nervosismo eccessivo hanno denotato i nostri amici della Svizzera francese. La preoccupazione della Romandia sul finanziamento del secondo tubo del Gottardo e l’eventuale mancanza di mezzi per i progetti romandi è comprensibile. Come è assolutamente normale la difesa degli interessi regionali. Difficilmente comprensibili sono invece le reazioni

virulente, scomposte e particolarmente aggressive da parte di vari esponenti del mondo politico ed economico della Svizzera francese. Invece di perorare in modo convinto la loro causa, essi intendono partire alla guerra contro la cattiva lobby ticinese. Un atteggiamento che tradisce una preoccupante miopia che va a scapito di una possibile alleanza latina, che potrebbe portare decisamente risultati migliori, nell’interesse di tutti. Ma soprattutto, come detto in precedenza, lascia trasparire un certo nervosismo perché pure alcuni romandi, alla stessa stregua delle cerchie legate all’Iniziativa delle Alpi, sono stati sorpresi da un modo nuovo e atipico di proporsi del Ticino, basato su fatti e dati inconfutabili. Peccato. Che la solidarietà latina non esista è chiaro e non mi scandalizza per nulla. Ma che il nemico dichiarato dei progetti romandi sia il Gottardo è francamente ridicolo ed auto-lesionistico. Soprattutto se l’attacco viene da chi promuove in parallelo strada e ferrovia, negando questo stesso diritto sull’asse Nord-Sud, che dovrebbe essere ridotto a vivere di sola ferrovia. Complimenti per la coerenza. Ciò dimostra che la strada verso una decisione definitiva per un secondo tubo autostradale è ancora lunga, impervia e piena di insidie. Ma mi sento di dire che siamo pronti a battagliare con forza e determinazione e soprattutto avvalendoci di un gioco di squadra che non ha nulla da invidiare a lobbisti che dispongono di ben altri mezzi. Per stilare un parallelo con il tema di questo numero di Ticino Business, sarebbe bello che un gioco di squadra simile vi fosse anche all’interno dei confini cantonali sul tema del commercio ed in particolare sulla legge che regola gli orari di apertura dei negozi, che sarà presto oggetto di dibattito in Gran Consiglio. Mentre il mondo evolve in varie direzioni, noi marciamo sul posto da tempo. Già ho più volte sottolineato come rimpianga il fatto che l’imprenditore non abbia una sufficiente libertà di decidere quando tenere aperto il proprio esercizio, basandosi su un semplice calcolo di redditività. Giusto mettere paletti se ad esempio, come per gli esercizi pubblici, determinate attività disturbano la quiete pubblica. Va pure da sé che i diritti di lavoratrici e lavoratori vanno assolutamente rispettati, secondo quanto previsto in particolare dalla Legge federale sul lavoro e dal Codice delle obbligazioni. Ma queste dovrebbero essere garanzie sufficienti. Eppure si persiste a dire che orari flessibili e lavoro domenicale sono normali per ospedali, polizia, trasporti pubblici, ristorazione, albergheria ecc., mentre sono tabù per il commercio. Si invocano il livello salariale, la mancanza di contratti collettivi di lavoro e altri elementi ma francamente si tratta di argomenti in parte pretestuosi. Intanto in Italia, Paese tutt’altro che di matrice liberale, i commerci possono rimanere aperti 24 ore su 24. Mentre noi passiamo anni a discutere di una mezz’ora in più di apertura il sabato (non la domenica, nota bene). La cosa si commenta da sola.

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Contromano di Alessio Del Grande

Laghi e cantieri nautici, una risorsa tanto grande quanto poco valorizzata Dà lavoro a centinaia di persone, conta decine di aziende ed ha una cifra d’affari di tutto rispetto. Potrebbe essere uno degli elementi trainanti per il rilancio turistico del Cantone, eppure della cantieristica nautica in Ticino non si parla mai. Un’attività che, oltre a soddisfare una domanda locale con esigenze assai diversificate, è soprattutto orientata sui servizi ad una fascia turistica medio-alta, che investe di più nel tempo libero e nelle vacanze sui laghi. Attracchi, boe, pontili e posti barca insufficienti nei porti sono ormai problemi stagionali ricorrenti. E, purtroppo, rappresentano anche uno dei principali limiti strutturali che pregiudicano lo sviluppo di un settore che potrebbe dare molto al turismo e che offre, inoltre, interessanti prospettive occupazionali, supportate da specifici corsi di formazione. Si tratta di professioni che negli ultimi anni si sono radicalmente rinnovate, perché sono cambiate le stesse imbarcazioni, dai vecchi scafi in legno o in plastica si è passati alle fibre speciali. Barche sempre più grandi ma più leggere, tecnologicamente avanzate ed equipaggiate con complicati dispositivi elettronici, la cui cura e manutenzione richiedono competenze specialistiche. Ottime prospettive di lavoro dunque ma che, tuttavia, risentono della scarsa visibilità e della poca considerazione che penalizzano questo settore. Anche per questo è arrivato il momento di far conoscere di più la nostra cantieristica nautica e le sue potenzialità dal profilo economico. Purtroppo nel Ticino del turismo che ha uno dei suoi punti forza trainanti nei laghi, si continua ad ignorare l’importanza sia delle infrastrutture lacuali che dei cantieri nautici, che con i loro servizi (dalla manutenzione alla riparazione, dal trasporto alla vendita di imbarcazioni) rappresentano un indiscusso valore economico. Nei porti dei Comuni che si affacciano sui laghi si allungano le liste di attesa per i posti barca, gli attracchi turistici per brevi permanenze si dimostrano di anno in anno del tutto insufficienti, pregiudicando così una promettente domanda turistica. La maggior parte delle richieste di posti barca arriva difatti da fuori Cantone, quindi da turisti e da proprietari di residenze secondarie. E il turista che possiede una barca è un “turista di lusso”, pronto

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a spendere di più e con un potere di acquisto molto più alto rispetto agli altri ospiti. Ma se non trova il posto fisso per la sua barca, questo turista in Ticino non viene o si sposta, magari, sulle rive italiane dei nostri laghi. Non meno importante è la possibilità di ormeggiare temporaneamente per permettere a chi va per i laghi di fermarsi sulla terraferma, di visitare qualche località d’interesse o per una semplice pausa pranzo, ma anche per attirare più facilmente sulle nostre rive le imbarcazioni che abitualmente stazionano nei porti italiani. Si tratta di un turismo che genera, peraltro, un ricco indotto e che potrebbe segnare la rinascita delle vacanze al lago, oggi sempre più insidiate dalla concorrenza di altre destinazioni. Purtroppo sinora gli enti pubblici hanno sottovalutato il problema di offrire adeguate infrastrutture, che potrebbero fare da volano ad un turismo di qualità. Così come si è sottovalutata l’importanza della cantieristica nautica, quale supporto indispensabile al servizio di una clientela turistica di fascia alta. Due aspetti questi di cui dovrebbe tener maggiormente conto la pianificazione territoriale, sia cantonale che comunale, per valorizzare potenzialità e risorse che indubbiamente ci sono e che sarebbe davvero peccato sprecare. Che, anzi, potrebbero originare nuove opportunità. Basti pensare, ad esempio, alla fortuna che ha avuto in altri Paesi l’house-boat, cioè quel turismo in barca che negli ultimi 40 anni ha conosciuto un grande successo e a tutt’oggi in continua crescita. In Ticino è un settore ancora quasi inesplorato, sul lago Maggiore ci sono per ora pochi casi di houseboat affittabili tramite privati, ma è una tendenza che potrebbe avere un forte sviluppo collegandola a quel nuovo concetto di ecoturismo, attraverso itinerari che inframmezzano la vacanza in barca con escursioni lungo la fitta rete ticinese di sentieri, di piste ciclabili e di percorsi naturalistici, culturali o enogastronomici. Da questo profilo il Cantone già offre molto, si tratterebbe, quindi, solo d’integrare alla navigazione e al diporto lacuale un’offerta a terra orientata su questo segmento turistico. Un’opportunità che sarebbe peccato perdere, soprattutto in tempi tanto grami per il nostro turismo.


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Il tema di Alessio del Grande

I commerci ticinesi rischiano il tracollo ma nessuno fa niente Per combattere il dumping salariale anche per il settore commerciale si vorrebbero introdurre i cosiddetti CNL, ossia i Contratti normali di lavoro che prevedono un salario minimo attorno ai 3’000 franchi. La proposta è sul tavolo della Commissione tripartita che dovrebbe poi girarla con un preavviso al Governo, cui spetta la decisione finale. Una proposta che muove dalla scontata certezza che nelle attività commerciali ci sia un numero tale di abusi salariali da giustificare l’adozione di un CNL. In realtà gli abusi, come dimostra la casistica, sono circoscritti per cui basterebbero controlli più efficaci per combatterli e prevenirli. Sorge, dunque, il sospetto che i sindacati vogliano usare i CNL (da applicare ai soli negozi con meno di dieci dipendenti) quale surrogato del contratti collettivi, per imporre di fatto dei salari minimi generalizzati, che saranno poi il salario d’entrata per tutti. Per le attività commerciali, grandi o piccole che siano, questo sarebbe il colpo finale. Purtroppo in Ticino non ci si è resi conto del grave stato di crisi in cui versa il settore commerciale, che sta registrando un’allarmante chiusura di negozi, già avvenuta o annunciata, mentre chi resiste lo fa al prezzo d’incredibili sacrifici. Una crisi che sta travolgendo soprattutto i piccoli commerci, che a differenza delle grandi superfici di vendita, non possono fare affidamento su economie di scala per contenere le perdite. Ma i tempi sono duri per tutti, per la piccola come per la grande distribuzione, e già alla fine di questo anno si vedrà, purtroppo, il risultato di questa situazione in termini di fallimenti, chiusure volontarie e perdita di posti di lavoro che, contrariamente a quanto si pensa, non sono occupati solo da frontalieri. Una situazione preoccupante di cui purtroppo né il Governo né la classe politica sembrano consapevoli, come testimonia la lunga melina parlamentare sulla nuova legge degli orari dei negozi. Recentemente la Scia, la Società commercianti, industriali e artigiani del Locarnese, ha chiesto al Dipartimento delle Finanze e dell’Economia l’autorizzazione di lasciare i negozi aperti tutti i giorni sino alle 22.30 durante la stagione turistica. Pur convinti dell’assoluta necessità di liberalizzare gli orari dei negozi (e andando molto al di là di quanto previsto dalla nuova legge), c’è però da dire che ormai si è arrivati ad un punto tale che non basta qualche ora in più per recuperare le perdite di questi ultimi due anni. Né tanto meno per risolvere i problemi congiunturali che stanno strangolando il settore commerciale. In questi anni di tempeste valutarie con il forte apprezzamento del franco sull’euro, si è molto discusso, e giustamente, dei pericoli per la nostra industria di esportazione, poco o niente però dei rischi e delle conseguenze per i commerci. Che a differenza delle imprese di export non possono riorientare la loro offerta su nuovi mercati, ma possono solo ed esclusivamente contare sui consumi interni e, dunque, sulla clientela locale o su quella turistica.

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Per i commerci dei Cantoni di confine, la concorrenza dei centri commerciali d’oltre frontiera ha avuto contraccolpi molto pesanti. L’anno scorso questa concorrenza ha fatto perdere oltre cinque miliardi di franchi al commercio al dettaglio svizzero; il bilancio del 2012 non sarà di certo migliore. L’effetto euro sta pericolosamente fragilizzando la struttura commerciale nazionale, di questo passo resterà in piedi solo la vendita di prodotti di lusso. Ancora più grave la situazione in Ticino dove ormai in tutto il Cantone sono evidenti quei devastanti “effetti cambio” che una volta interessavano soltanto i commerci a ridosso del confine. Con il crollo dell’euro si è innescato progressivamente il pendolarismo degli acquisti oltre frontiera. Ormai si va in Italia non solo per la spesa alimentare. Con carne, formaggi, verdure e bevande alcoliche, si acquistano anche capi e accessori d’abbigliamento, libri, riviste, mobili, prodotti per la casa e persino pacchetti tutto compreso per le vacanze. Nella frenesia dell’euroconvenienza si finisce per acquistare anche prodotti e articoli che costano di più che non in Ticino. Un pendolarismo dei consumi che sta logorando il tessuto commerciale ticinese. L’euro debole spinge i ticinesi oltre confine, ma tiene lontani dal Cantone quegli italiani che prima erano ottimi clienti dei nostri negozi. Il crollo del turismo non ha fatto che peggiorare le cose. Così qui si tira avanti a forza di ribassi continui, di pre saldi, saldi e post saldi. Con campagne continue di sconti e promozioni alla ricerca disperata di liquidità per stare dietro alle fatture da pagare e potersi comunque rifornire di nuova merce. Una strategia che a lungo andare potrebbe rilevarsi un boomerang, ma che per centinaia e centinaia di negozi è ormai l’unico modo per sopravvivere. Ma la domanda è sino a quando si sopravvivrà? Il futuro delle attività commerciali resterà inevitabilmente condizionato dall’andamento dell’euro. Questo però non può essere un alibi per i politici. Se misure quali una riduzione ragionata dell’IVA per determinate tipologie di prodotti o una lotta più incisiva ai cartelli che mantengono artificialmente alti molti prezzi sono di competenza federale, sul piano cantonale si potrebbe pure fare qualcosa. Si potrebbe pensare, ad esempio, ad una temporanea defiscalizzazione degli oneri sociali per i dipendenti di tutto il settore commerciale, a linee di credito speciali per i negozianti attraverso la Banca dello Stato, come anche a misure locali, quali agevolazioni su talune tasse d’uso e sconti per i parcheggi che ormai nei centri cittadini hanno raggiunto livelli esorbitanti. Ma serve soprattutto più attenzione e sensibilità da parte dei politici cantonali e degli amministratori locali verso le attività commerciali. In gioco ci sono migliaia di posti di lavoro e l’esistenza stessa di un settore importante non solo per l’economia cantonale, ma per la vitalità del tessuto sociale delle nostre città e dei nostri Paesi.


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È un momento delicato per il commercio al dettaglio Alberto Ménasche

Se i contraccolpi del cambio euro-franco sono stati pesanti per la grande distribuzione, certamente peggio sono state le conseguenze per i piccoli commerci. Come valuta la situazione per questi ultimi?

“È vero, la situazione non è rosea per il commercio al dettaglio. Secondo i prodotti venduti e il tipo di negozio, il piccolo commercio ha, in generale, subito l’anno scorso, e continua a subire, una diminuzione di cifra d’affari superiore a quella della media e grande distribuzione. Tanti piccoli negozi non hanno più il loro tornaconto, non resistendo più a questa diminuzione della cifra d’affari, poiché la crisi ha inciso pesantemente sul commercio, toccando in primis le tasche dei consumatori, che data la vicinanza con l’Italia, offerte sempre più legate ad una «guerra dei prezzi», spendono i loro soldi in maniera oculata dove gli conviene maggiormente. Questo ha però delle conseguenze serie per i piccoli commerci: se infatti nelle media e grande distribuzione, le perdite incidono sulla riduzione dei posti di lavoro, per i piccoli negozi, (che sono, ricordo, per la maggior parte a conduzione familiare) l’effetto è più drastico: si chiudono i battenti. I risultati sono facilmente intuibili: non si sono mai viste tante chiusure di piccoli negozi come nel 2011”.

Crede che la nuova legge sugli orari dei negozi potrà stimolare anche le piccole attività commerciali?

“No, non credo avrà questo effetto. La nuova legge sugli orari d’apertura dei negozi non intaccherà e non influirà in maniera incisiva l’andamento degli affari nel piccolo commercio. Infatti questa nuova legge si prospetta come una «legge di polizia» che va a inserire delle normative e delle regole soprattutto per gli orari di chiusura dei negozi. Credo che la mezz’ora d’apertura in più la sera potrebbe forse aiutare anche i piccoli negozi a rispondere alle esigenze dei consumatori che preferiscono fare gli acquisti durante la settimana riservando il fine settimana allo svago, considerando che le abitudini dei consumatori sono mutate parecchio in questi anni”.

Cantone e Comuni cosa possono fare per sostenere i negozianti?

“È imperativo che i negozianti possano beneficiare di

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una legge quadro che permetta loro di servire i clienti quando ci sono. Cantone e Comuni devono tenere conto delle specificità territoriali locali: zone turistiche, zone di confine o ancora zone in centro città e nelle periferie. Tutte hanno delle esigenze diverse sia per necessità sia per clientela. Occorre dunque trovare maggiori sinergie e più dialogo tra le parti coinvolte, affinché non ci si ostacoli a vicenda, ma si costruisca insieme, con lungimiranza, un futuro sostenibile per tutti”.

Ritiene adeguato per le attività commerciali l’attuale cambio fisso fissato dalla BNS?

“Senza l’intervento della Banca Nazionale Svizzera, il tasso di cambio sarebbe stato fluttuante, e la situazione sarebbe stata ben peggiore per il comparto ticinese del commercio al dettaglio. Per cui l’intervento della BNS è stato importante. Preferisco non pensare a quello che potrebbe capitare se il franco dovesse rafforzarsi di più”.

In questi mesi molto si è parlato delle difficoltà per le imprese dell’export, poco di quelle della distribuzione commerciale in Svizzera. Non crede che il Governo federale abbia sottovalutato i problemi per questo settore?

“No, al contrario, credo che il Governo federale sia sicuramente cosciente della situazione del commercio in Svizzera. La situazione del 2011 è nota, ma è bene ricordarla: nel 2011 la vendita al dettaglio in Svizzera è diminuita circa del 10% e cinque miliardi di franchi sono stati spesi oltre confine, fatto acutizzatosi nelle zone di frontiera. Per quanto concerne il nostro Ticino sono circa 300 i milioni che sono stati spesi nella vicina Italia. Ora tocca però ai commercianti reagire, differenziandosi dalla concorrenza d’oltre frontiera con un servizio di grande qualità, con prodotti innovativi, e con una qualità impeccabile della merce”.


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Ospite Intervista di Lisa Pantini con Marcel Rüegsegger, Presidente SI Ascona

La voce da Ascona: utili le aperture straordinarie

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Le aperture domenicali o in alcuni giorni festivi hanno aiutato le attività commerciali di Ascona?

“Nel contesto attuale con una flessione del consumo, le aperture straordinarie sono state, e sono tutt’ora molto utili. Hanno permesso di recuperare in parte le perdite subite, così da mantenere dei posti di lavoro”.

Cosa vi aspettate dalla nuova legge sugli orari dei negozi?

“Più flessibilità e più libertà per chi vuole lavorare. Non ci sembra legittimo tutelare gli imprenditori e gli impiegati con un divieto di lavoro, soprattutto durante la crisi che stiamo vivendo nei ultimi anni”.

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I turisti svizzero tedeschi e quelli germanici spendono di più o di meno rispetto agli anni passati?

“Dipende tantissimo dal settore, ma tendenzialmente si osserva un’importante riduzione della spesa media ovunque. A questo si aggiunge il fattore del minore afflusso di persone delle due aree menzionate, quindi il calcolo è subito fatto”.

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Ospite Intervista di Lisa Pantini con Paolo Poretti, Presidente Società dei commercianti di Lugano

Qui Lugano: mantenere l’equilibrio fra commerci storici e grandi marchi di prestigio Paolo Poretti

In che misura ha influito sugli affari del piccolo commercio al dettaglio la diminuita presenza della clientela italiana? “È sempre molto difficile quantificare questo tipo di fenomeno. Non tutti i commerci sono sensibili allo stesso modo a queste fluttuazioni. A dipendenza del tipo di prodotto e dell’ubicazione del negozio, l’impatto della mancanza di un certo tipo di clientela è più o meno marcato. Più ci si allontana dalla zona di confine e/o dai centri maggiormente frequentati dal questo tipo di clientela, meno grave ne sarà l’impatto. Questo fenomeno vale sia per i momenti positivi che per quelli negativi. Potremo pertanto avere contemporaneamente dei negozi che vedono la loro attività compromessa e altri che non si accorgono di nulla”. Considerata la permanente debolezza dell’euro, che fare per attirare la clientela italiana? “Il commercio di una regione di frontiera come il Ticino è sempre stato confrontato con il fenomeno della convenienza degli acquisti da una parte o dall’altra del confine. Nel tempo si sono alternati periodi di convenienza per gli acquisti sul suolo ticinese e periodi dove per certi tipi di prodotti gli acquisti effettuati in Italia sono risultati più economici. Se consideriamo che una buona parte dei prodotti venduti sono di provenienza europea, fintanto che il tasso di cambio rimane stabile i prezzi si stabilizzano a meno che non vi siano imposizioni di dazi al momento dell’importazione. Anche il commerciante beneficia infatti di un cambio di favore al momento dell’acquisto e pertanto può adeguare i sui prezzi a quelli della concorrenza estera. Più difficile invece l’adeguamento per i prodotti e servizi creati in loco. Per attirare la clientela, non solo italiana, il commerciante deve puntare sulla qualità del servizio, la professionalità, l’affidabilità, la competenza, la discrezione. Tutti elementi che possono creare un valore aggiunto e fare in modo che il prezzo non sia l’unico criterio di valutazione per la scelta di un determinato acquisto. È comunque chiaro che in momenti di difficoltà economica come

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quello attuale, per molti clienti il prezzo diventa il primo criterio di valutazione e purtroppo il piccolo commercio non potrà mai avere le medesime condizioni della grande distribuzione”.

A livello locale cosa si può fare per rivitalizzare il tessuto commerciale? “Se fosse facile dare una risposta a questa domanda molto probabilmente oggi non saremmo qui a discuterne. Avremmo già risolto la questione da tempo. Il problema è molto complesso e uno dei mali maggiori con i quali siamo confrontati oggi è l’eccesso di offerta in un mercato già saturo. Il Ticino è una regione piccola con un numero di abitanti limitato se paragonato alle grandi realtà ma con una densità di punti vendita nettamente sopra la media. Questa situazione comporta una riduzione delle quote di mercato per ogni singolo negozio fino a metterne in discussione la sopravvivenza. Trovare nuovi equilibri non è per nulla facile e indolore. Se poi consideriamo che il problema non è limitato unicamente al Ticino ma di è carattere europeo diventa estremamente difficile attirare una clientela estera che già non spende a casa sua. L’insediamento di nuove attività o lo sviluppo di attività già presenti sul mercato deve inoltre confrontarsi con il problema degli affitti in centro città. Siamo arrivati a livelli che sono fuori da ogni portata per le piccole attività locali. Sotto la spinta dei grandi marchi, gli affitti sono schizzati verso l’alto e sono ormai insostenibili per molte attività commerciali che hanno fatto la storia del commercio luganese. Se da un lato questo fenomeno porta il prestigio di marchi di fama mondiale, dall’altro crea un appiattimento ed una perdita di identità della Città”.


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Ospite Intervista di Lisa Pantini con Dante Pesciallo, Presidente Società dei Commercianti di Bellinzona

Bellinzona: anche da questo fronte la situazione è critica Dante Pesciallo

Qual è la situazione odierna per i piccoli commerci del Bellinzonese ? “La situazione a Bellinzona non è molto diversa dal resto del Canton Ticino. È evidente un calo delle vendite e sempre più forte il sentimento che questa crisi è lungi dal terminare a breve. Viviamo in un mondo di incertezze. Ogni giorno i media ci passano notizie negative relative a tutti i settori economici, dal sociale a quello finanziario, dal primario al terziario. Questa negatività influenza la gente in modo preponderante così che la massa istintivamente risparmia. Si acquistano unicamente beni di prima necessità oppure prodotti ritenuti primari. Una via di fuga si pensava fosse la promozione della qualità e delle peculiarità volte a fronteggiare l’invasione di offerte a basso prezzo: in taluni casi anche questo sistema ha iniziato a vacillare. La gente, i commercianti e pure i politici, malgrado da tempo facciano immensi sforzi di austerità, non riescono definire il futuro prossimo con positività”. Il Bellinzonese ha risentito di meno del Locarnese e del Mendrisiotto per la fuga di clienti verso i centri commerciali d’oltre confine ? “Bellinzona non è un’isola felice. Da qui, in venti minuti di auto si è in Italia quindi per noi la situazione è identica alle altre regioni ticinesi. Evidentemente il cambio attuale franco-euro non favorisce assolutamente il nostro commercio, senza contare la problematica delle aperture festive dei negozi. Nel corso degli scorsi mesi abbiamo avuto 4 festività infrasettimanali e casualmente in tutte e quattro le giornate delle forti precipitazioni atmosferiche. La somma di «giorno di festa» + «giorno di pioggia» = «andiamo in Italia a fare un giro nei super mercati!! ». Anche se vi è un sentimento di opposizione all’apertura prolungata degli orari dei negozi, dobbiamo renderci conto che non possiamo stare fuori dai giochi ancora per molto. Se attorno a noi l’offerta è grande, dobbiamo gioco forza adeguarci, anche solo parzialmente, ma lo dobbiamo fare”.

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Cosa dovrebbero fare Comune e Cantone per sostenere il piccolo commercio locale ? “A mio avviso vi è troppa disparità tra gli obblighi dei commercianti svizzeri rispetto a coloro che entrano in Svizzera con i loro commerci/artigianato. Esempio lampante è l’esiguo numero di ispettori della Commissione Tripartita dell’edilizia. Pochi ispettori devono quotidianamente verificare documenti e far applicare la legge sull’intero territorio del Canton Ticino. I controlli dovrebbero essere incrementati così come il relativo personale addetto. Se tramite gli uffici cantonali preposti si applicassero controlli severi in questo senso, si otterrebbe da un lato un maggior rispetto delle condizioni base per i lavoratori e contemporaneamente un aumento di posti di lavoro. Oltre alle lacune nei controlli i sindacati si oppongono alle aperture prolungate e al lavoro nei giorni festivi. A livello comunale le possibilità sono alquanto minime: si potrebbe parlare per esempio della problematica dei posteggi. La messa a disposizione dell’utenza di posteggi, solitamente è legata ai piani viari in allestimento; gli stessi sono di competenza regionale o addirittura cantonale. Infinite varianti dovute alla pianificazione delle strade esclude una soluzione a breve di problematiche di questo tipo. Comunque, occorre essere ottimisti e anche se con fatica, guardare verso il futuro nella speranza che prima o poi la globalizzazione porti quegli auspicati vantaggi che tanto ci hanno fatto credere potesse portare. Passatemi un’espressione in dialetto: … «stavum méi quandu stavum pegiù!!»”.


Ospite Intervista di Lisa Pantini con Ivo Wuthier, Avv., Presidente SCIA - Società Commercianti Industriali e Artigiani del Locarnese

Commercio: la situazione del Locarnese Ivo Wuthier

Come valuta la situazione odierna per i piccoli commercianti della regione?

“Da più fonti emerge una situazione non rosea, né per i piccoli, né per i grandi commercianti. Alcuni commerci costatano negli ultimi mesi una contrazione della cifra d’affari di oltre il 10% rispetto all’anno precedente. Tenuto conto che già i risultati del 2011 non erano particolarmente soddisfacenti, salvo sorprese, le nubi all’orizzonte sono scure. Rispetto a quelli grandi, la situazione dei piccoli commerci è per certi versi ancora più difficile, siccome in genere hanno riserve inferiori per resistere a lungo a condizioni avverse”.

Quali sono le difficoltà maggiori?

“La regione del Locarnese è la principale destinazione turistica ricreativa del Cantone e nel contempo il turismo rappresenta uno dei suoi principali settori economici. Vacanze e shopping, e quindi turismo e commercio, sono un binomio inscindibile, nel senso che, da un canto, le opportunità di shopping rappresentano un prodotto turistico e, dall’altro, i turisti rappresentano, soprattutto in regioni come la nostra, una fetta importante di clientela. Ciò vale in particolare per i beni voluttuari, che proprio per le caratteristiche non funzionali dell’acquisto, meglio si addicono ad un momento in cui si dispone di tempo libero, in particolare in vacanza. L’attuale cambio con l’euro comporta cali notevoli nella presenza di ospiti europei, in particolare germanici, che per evidenti motivi prediligono destinazioni simili alla nostra, però in zona euro. Anche se in maniera meno incisiva, pure i confederati stanno scegliendo mete concorrenti, situate in area euro. Nel Locarnese questa situazione si riflette direttamente sull’andamento degli affari dei commerci, a maggior ragione per quelli piccoli, che spesso non vendono beni di prima necessità. A ciò si aggiunge, anche se in maniera meno marcata rispetto ad altre regioni del Cantone, l’acquisto oltre frontiera da parte dei residenti, anch’essi attratti dal vantaggioso cambio franco euro, visto come nemmeno per i prodotti importati dalla zona euro i commercianti locali possano ribaltare interamente i vantaggi a favore dei clienti, dato che solo una parte dei loro costi si riducono. La difficoltà maggiore è pertanto un evidente calo della domanda dettato dai fattori sopra indicati, soprattutto per quei beni che non sono considerati di prima necessità. D’altro canto non si può sottacere che le attuali condizioni quadro non danno ai commercianti gli strumenti per contrastare queste difficoltà. Soprattutto nelle zone in cui il turismo assume l’importanza che riveste nel locarnese, i commercianti devono essere liberi di adeguare l’apertura dei loro negozi alla presenza di turisti ed alla loro predisposizione ad operare acquisti. Ciò dipende da parecchi fattori non pianificabili e non regolamentabili, quali ad esempio la meteo; un caldo e soleggiato pomeriggio estivo, il turista preferirà trascorrerlo in spiaggia o in riva ad un fiume, rinviando a dopo cena gli acquisti; in una giornata piovosa lo shopping rappresenta invece una delle poche attività che la nostra regione offre. E il tema assume una dimensione ancora maggiore, se si considera che le destinazioni turistiche italiane concorrenti operano in un regime di assoluta libertà, sette giorni alla settimana e ventiquattro ore al giorno, senza nemmeno i vincoli da noi imposti dalla Legge federale sul lavoro a salvaguardia dei legittimi interessi dei collaboratori”.

Cosa si potrebbe fare a livello comunale e cantonale per incentivare le attività commerciali locali?

tervenire sulla situazione macroeconomica, in particolare su quella valutaria. Sono per contro ipotizzabili azioni tese a migliorare le condizioni quadro in cui operano i commercianti, così da poter meglio contrastare il difficile momento generale. Innanzitutto il tema degli orari di apertura dei negozi che sono ancora regolamentati da una legge cantonale che risale al 1968, un’era diversa, completamente differente rispetto a quella attuale. A suo tempo era semmai l’offerta a essere carente, non la domanda, ed erano passati poco più di 20 anni dalla fine del razionamento e delle tessere annonarie; altro che globalizzazione, Internet e l’odierna civiltà dei consumi. Le evidenti difficoltà per operare nella direzione di una vera liberalizzazione degli orari d’apertura dimostrano che la classe politica non sembra aver compreso appieno i cambiamenti socio-economici intervenuti e pretende di conoscere le esigenze dei clienti meglio degli stessi commercianti. A ciò vanno aggiunti gli atteggiamenti di alcune organizzazioni sindacali, che continuano a voler confondere ad arte gli orari di apertura con gli orari di lavoro, come se in parecchi altri settori economici tale distinzione non fosse già praticata con successo da molto tempo. È ora che la politica cantonale si renda conto che nell’ambito degli orari di apertura il regime delle regole rigide con poche deroghe è desueto e che le esigenze variano da regione a regione, da commercio a commercio e da consumatore a consumatore; un simile ordinamento è rigido, dirigista e comporta solo un’inutile burocrazia, senza reali vantaggi per nessuno. E non è né con l’attuale, né con la prevista regolamentazione degli orari di apertura dei negozi che si salvaguardano i legittimi interessi dei lavoratori. Semmai s’impedisce ai commercianti di adeguarsi con la necessaria flessibilità alle mutate e mutevoli esigenze della clientela, pregiudicando quindi la loro capacità di fare fronte alle situazioni difficili come quella odierna. Anche a livello comunale è opportuno che si comprenda meglio che nella società odierna l’acquisto non rappresenta più solo un gesto funzionale, ossia di approvvigionamento di beni necessari. Sempre più, l’acquisto, soprattutto di beni non di prima necessità, è divenuto un momento di gratificazione, di appagamento, in cui gli aspetti emozionali ed esperienziali assumono un ruolo vieppiù importante. In questo ambito, soprattutto in contesti urbani, la percezione dell’acquirente non si limita allo spazio interno del negozio, bensì si estende anche ai luoghi pubblici esterni, alle vie, alle strade e alle piazze. La qualità e la cura di questi spazi sono quindi fondamentali, soprattutto se combinati con una pedonalizzazione, che cancella vantaggi di tipo logistico quali i posteggi in prossimità. In questo la Città di Locarno ha finora evidentemente deluso; nonostante sia passato oltre un lustro dalla chiusura al traffico di Piazza Grande, non si dispone neanche ancora di un semplice concetto di valorizzazione. Se poi si vuole evitare che centri commerciali periurbani prendano il sopravvento a discapito dei tradizionali centri urbani, è opportuno che i Comuni, in genere proprietari degli spazi pubblici di collegamento e contorno ai negozi, oltre che curarne l’aspetto collaborino meglio nella promozione e nel marketing territoriale. Qualora si dovesse ritenere comunque necessaria una regolamentazione degli orari di apertura con finalità di polizia, una soluzione potrebbe essere quella della delega di competenza ai Comuni, come già fatto in altri Cantoni. Oltre che tenere meglio conto delle differenti esigenze tra le diverse regioni del Cantone, potrebbe rappresentare anche uno strumento per incrementare il senso di responsabilità dei Comuni e favorirne un approccio proattivo negli ambiti sopra indicati”.

“A livello comunale e cantonale non è evidentemente possibile in-

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Ospite Intervista di Lisa Pantini con Giordano Arrigo, Presidente della Società Commercianti del Mendrisiotto

Qui Mendrisiotto: anche le zone di confine risentono del momento «nero» del commercio al dettaglio Giordano Arrigo

L’aumento del prezzo della benzina in Italia ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai nostri distributori della fascia di confine, ma per le altre attività commerciali qual è la situazione?

“Il commercio nelle zone di frontiera ha da sempre avuto periodi alterni fra alti e bassi, legati in generale a decisioni politiche adottate dall’uno o dall’altro degli Stati confinanti. La vendita di benzina e dei generi voluttuari, unitamente ad articoli tipici di confine sono stati per anni un importante tassello per il commercio della nostra regione e per l’economia dell’intera Svizzera. Fino all’inizio del nuovo millennio, il 15% della benzina venduta in Svizzera era erogata dalle pompe del Mendrisiotto, con conseguenti cospicue entrate anche per l’erario federale. L’aumento del costo di 22 centesimi al litro, introdotto, quale ulteriore balzello, dal nostro Governo in quel periodo, è stato il primo duro colpo per i venditori di carburante e di conseguenza per l’intero commercio a ridosso del confine. L’introduzione da parte della Regione Lombardia della tessera sconto sulla benzina per i residenti nella fascia di frontiera ha nuovamente inciso negativamente. Vi è stata chiusura di diverse stazioni di servizio e ciò ha dato avvio a una progressiva riconversione dell’intero commercio nella zona. Ultimamente la decisione del Governo italiano per un cospicuo aumento delle accise sul carburate ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai nostri distributori. Si è nuovamente invertita la tendenza e parte dei pendolari sono tornati, approfittando delle differenze sul costo del carburante fra i due Stati confinanti. È comunque andato perso il commercio dei generi voluttuari ed anche il resto del commercio risente della mancanza dei clienti italiani”.

Secondo lei quali comparti commerciali stanno risentendo di più della crisi e per gli effetti del cambio franco-euro?

“In generale tutto il commercio della nostra zona ne risente. La misura presa dalla BNS con l’introduzione del cambio fisso, il calo dei prezzi all’importazione e il sostegno dei consumatori all’economia locale aiutano ad attutire il colpo, ma la maggior parte dei nostri consumatori insegue il prodotto al minor costo e continua a ricercarlo oltre frontiera. La liberazione dell’orario d’apertura dei negozi introdotto in Italia quale misura anticrisi, favorisce ulteriormente il turismo degli acquisti, mentre i nostri negozianti rimangono vincolati ed intrappolati dalle nostre eccessive restrizioni legislative.

Come vede il futuro per i negozianti della regione?

“Attualmente viviamo in un difficile contesto economico internazionale ed europeo. Decisioni politiche nazionali ed

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internazionali portano a repentini cambiamenti di situazioni. Per contro, la volontà e la capacità di reazione dei nostri piccoli commerci è ed è sempre stata sorprendente! Nei periodi difficili si stringono i denti e si trovano nuove idee, nuove risorse e nuove soluzioni atte a continuare e a riproporsi. Ci si reinventa continuamente. Certo è che ai nostri commercianti sono chiesti grande tenacia ed enormi sacrifici per trovare nuove strade per superare questi momenti non facili. Auspichiamo un concreto aiuto dalle nostre autorità affinché possano essere trovate nuove regole più liberali a favore del commercio e a favore di chi vuole lavorare e affinché vi sia una maggiore considerazione per i piccoli commerci e per le piccole aziende, che sono un pilastro molto importante per la nostra intera economia. In merito alla sorprendente capacità di rinnovarsi dei nostri commercianti, vogliamo segnalare l’organizzazione nel mese di giugno/inizio luglio di quest’anno dell’interessante mostra fotografica di «Guido Santinelli – Fotoreporter e collezionista in una città di confine», proposta dal Centro Culturale di Chiasso. Si è trattato di uno spaccato di storia sui grandi cambiamenti e sull’evoluzione avvenuti negli ultimi 50 anni, che ha presentato in modo molto significativo come Chiasso e la regione abbiano sempre saputo evolversi, trasformasi e adattarsi alle differenti situazioni economiche. La mostra è stata allestita presso la Sala Diego Chiesa, in via Soave a Chiasso. Dalla stessa è anche stato creato un catalogo a cura di Dalmazio Ambrosioni e Nicoletta Ossannna Cavadini, edito da Progetto Stampa Chiasso, in vendita a CHF 26.00 (ISBN 9788890709418)”. equipe pub_Layout 1 07.05.12 10.40 Pagina 1

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Biblioteca liberale di Alessio del Grande

La libertà del mercato è la molla del benessere e del progresso Merita un plauso l’editore Rubbettino che ha ripubblicato, con una stimolante prefazione di Lorenzo Infantino, “Impariamo l’economia” un saggio del 1988 di Sergio Ricossa, uno dei grandi maestri del pensiero liberale. Va detto innanzitutto che il libro di Ricossa non è un manuale di economia, nè di questi testi ripercorre lo schema. È invece una lucida e serrata critica alle vecchie e nuove tesi contro il mercato e ad un certo Colbertismo che, in tempi di furori anticapitalistici e di tentazioni protezionistiche come quelli odierni, sono ritornati in auge, celebrando gli elogi infelici della “decrescita felice”. Elogi a cui si potrebbe persino rispondere con la fulminante battuta di Oscar Wilde: “Datemi il superfluo, rinuncerò al necessario”, poiché è nella natura umana il voler vivere sempre meglio. Ma il fatto è che l’austerità celebrata dai neopauperisti del terzo Millennio - da non confondere beninteso con la virtù borghese della sobrietà e del risparmio - non libera dalla condizione economica, come nota Infantino nella prefazione: “Consegue solo il risultato di costringere gli uomini ad un livello inferiore di benessere. Il che genera un più elevato livello di conflittualità sociale, che rende ovviamente necessario il ricorso ad una diffusa coercizione”. Certo Ricossa parte dall’abc dell’economia, dal problema della scarsità e dalla demolizione del concetto marxiano di plusvalore, ma arriva ai nodi di oggi, all’invasività dello Stato in una società iperamministrata e alle pericolose illusioni sull’egualitarismo distributivo, ripercorrendo il pensiero delle diverse scuole economiche. L’insigne studioso di politica economica muove dall’essenza stessa del capitalismo nel quale “l’invenzione tecnologica e merceologica è al servizio di una nuova domanda: solo così il sistema prospera. Un avversario del capitalismo può dire che esso ci tenta, non ci appaga, o almeno non ci appaga definitivamente. Ma non è forse vero che l’uomo si distingue dagli altri animali viventi proprio perché non è mai appagato dall’esistente e aspira alla novità. E non è forse il caso di chiedersi se il mercato di concorrenza non risponda ad un tipico sentimento umano di superarsi, di gareggiare per andare oltre”. Ecco quel bisogno, quella tensione di andare sempre “più in là”, di “esplorare l’ignoto” e d’inventarsi ciò che ancora non esiste che ha fatto progredire l’umanità. Rivoluzionando la produzione e la società, i bisogni e i consumi. Sta tutta qui la molla di quella crescita che ci fa vivere sempre di più e sempre meglio. Senza questa tensione ad intraprendere saremmo ancora ai telai meccanici, alle carrozze con i cavalli e ai lumi delle candele. L’economia capitalistica, avverte Ricossa, non cresce come l’organi-

smo umano, che nell’uomo adulto riproduce grosso modo il bambino, anche se su una scala più grande. “No, l’economia cambia del tutto forma e contenuto, mentre cambia la sua dimensione; cambiano la struttura produttiva e quella dei consumi. Un secolo fa non viaggiavamo in aeroplano, non guardavamo la televisione e non ascoltavamo la musica rock. Non parlo di progresso, parlo di novità, che personalmente possono piacere o no, ma che coinvolgono le folle e le fanno vivere in modo diverso. Dunque, dei seguenti tre motivi di crescita, è l’ultimo quello che più conta nel mercato e impedisce al capitalismo di farsi troppo maturo: aumento della popolazione, aumento del reddito individuale, aumento delle cose fra cui scegliere”. Una possibilità di scelta che rimanda a sua volta ad uno dei principi cardine del liberalismo: la libertà di poter scegliere. Una libertà non riconosciuta nei sistemi economici pianificati da un’autorità politica centrale, che decide cosa, quanto e come produrre, ma che nella storia del Novecento ha tragicamente cozzato contro l’aspirazione dei popoli a progredire e vivere meglio. L’economia si perpetua perché si rinnova, ricorda Ricossa, perciò fermare l’economia è fermare il rinnovamento: “Il quale però non è mai interamente pacifico, perché ferisce gli interessi preesistenti e distrugge il valore della vecchia ricchezza. Una improbabile umanità, che rinunciasse a innovare o fosse obbligata a rinunciarvi in favore della stabilità e della pace sociale, sarebbe nondimeno una umanità che rischierebbe di pagare molto per ottenere poco”. Non è che stabilità e pace sociale siano per Ricossa valori di poco conto, tutt’altro. Il fatto è che questo insopprimibile bisogno di rinnovare non è che “il continuo tentativo dell’umanità o di una parte di essa di adattarsi ad un mondo esterno già cambiato esso stesso e che lancia nuove sfide, non accettando le quali si perirebbe”.

Titolo: Impariamo l’economia

Autore: Sergio Ricossa

Editore: Rubbettino

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Dirit to di Simona Morosini Marconi, Responsabile Servizio giuridico Cc-Ti

Revisione del Regolamento svizzero d’arbitrato internazionale: uno strumento al servizio delle aziende Il primo giugno 2012 è entrata in vigore la revisione del Regolamento svizzero d’arbitrato internazionale (“Swiss Rules”) delle Camere di commercio di Lugano, Zurigo, Ginevra, Losanna, Basilea, Berna e Neuchâtel. Era il 2004 quando le Swiss Rules entrarono in vigore con l’ambizione di raggiungere un vasto pubblico di utilizzatori fra le aziende ed i professionisti chiamati ad applicarle. Le Camere coinvolte si proposero di offrire l’arbitrato, in forma istituzionale, adottando il meglio dei vari regolamenti presenti sul mercato dell’arbitrato ed evitando il rigore ed i crismi contenuti in altri regolamenti istituzionali. Le Swiss Rules nascono per essere uno strumento rapido, efficiente e, soprattutto, libero da eccessive ingerenze da parte dell’istituzione arbitrale. Un successo, quello delle Swiss Rules, confermato dall’interesse crescente da parte degli utilizzatori, sia in Svizzera che all’estero e consolidatosi anche grazie alle conoscenze e capacità dei professionisti che ne fanno uso, a tutto vantaggio delle aziende. Grazie a questo strumento, le aziende orientate all’export (ma non solo) possono sperare di risolvere contenziosi di portata nazionale ed internazionale appoggiandosi alle competenze specifiche degli arbitri chiamati a dirimerle, approfittando di una maggiore celerità rispetto ai tribunali statali e, soprattutto, della certezza di ottenere una sentenza (o “lodo”) in tempi assolutamente inimmaginabili per talune realtà. Per una panoramica statistica si veda: www.swissarbitration.org. Il mercato dell’arbitrato è ampio e la concorrenza agguerrita, pertanto occorreva dotarsi di strumenti assolutamente concorrenziali, senza sdegnare qualche innovazione. Sicuramente le Swiss Rules hanno dalla loro alcune particolarità molto interessanti, fra cui la possibilità di utilizzare una procedura accelerata che, in sostanza, significa emissione della sentenza (“lodo”) entro 6 mesi. Per poter garantire un tale risultato, l’arbitro chiamato a dirimere la controversia (in genere trattasi di avvocati specializzati nell’arbitrato) deve sapersi muovere agilmente. Impresa ardua, ma ormai consolidata in ben 1/3 dei casi sottoposti all’arbitrato secondo le Swiss Rules. Di questi aspetti e delle novità introdotte dalle nuove Swiss Rules, entrate in vigore il 1° giugno, si è discusso durante una seguitissima conferenza organizzata dalla Cc-Ti lo scorso 30 maggio, in collaborazione con il GASI (Gruppo arbitrato della Svizzera italiana) in presenza di affermati professionisti dell’arbitrato. Relatori, gli Avv. Cesare Jermini (dello studio legale Bär & Karrer), Stefano Codoni (Poledna Boss Kurer), Goran Mazzucchelli (Cattaneo & Postizzi). Dopo il saluto introduttivo dell’Avv. Fabio Soldati, Presidente del Comitato d’arbitrato della Cc-Ti e membro della Corte Arbitrale, la Presidente della Corte, Avv. Anne-Véronique Schläpfer ha commentato le principali novità, soffermandosi in particolare sull’organizzazione, che vede ora protagonista la “Corte” quale istituzione preposta alla vigilanza sui procedimenti arbitrali. Per questioni di riconoscibilità a livello internazionale, era infatti indispensabile dotarsi di un involucro istituzionale chiaro ed inequivocabile. Gli Avv. Codoni, Jermini e Mazzucchelli hanno invece passato

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I relatori: gli avv. Stefano Codoni, Anne Véronique Schläpfer, Fabio Soldati, Cesare Jermini, Goran Mazzucchelli

in rassegna le novità procedurali, fornendo apprezzamenti e valutazioni sulle esistenti disposizioni e richiamando l’attenzione su quelle che, nella pratica arbitrale, si sono rivelate di fondamentale importanza. Fra le principali novità, va annotato l’istituto dell’“arbitro dell’urgenza”, che consente l’emissione di misure cautelari prima ancora della costituzione del tribunale arbitrale. Per quanto riguarda la procedura accelerata, essa non ha subito cambiamenti, se non l’introduzione di un anticipo provvisionale a favore dell’arbitro, onde garantire la copertura iniziale dei costi del suo lavoro. Per una panoramica delle principali novità si veda la Newsletter presente sul sito www. swissarbitration.ch. Doveroso segnalare che le nuove Swiss Rules sono applicabili senza riserve anche agli arbitrati interni, ovvero nei casi in cui le parti abbiano entrambe domicilio in Svizzera. Infine, un commiato: il Regolamento d’arbitrato e di conciliazione di Lugano, in vigore dal 1997, è stato abrogato, onde permettere una maggiore coordinazione ed uniformità di prassi fra le Camere coinvolte nella gestione degli arbitrati. Ai procedimenti arbitrali avviati a partire dal 1 giugno 2012, che dovessero riferirsi a questo Regolamento, si applicheranno le Swiss Rules.


At tualita` di Lisa Pantini

Un settore da (ri)scoprire: i cantieri nautici Finché la barca va, lasciala andare, finché la barca va, tu non remare… Cantava così Orietta Berti oramai qualche anno fa, correva il 1970. Eh sì, perché il settore della cantieristica nautica in Ticino è vivo e vegeto, e andrebbe riscoperto, rivalorizzato, messo in evidenza. Così lo ha analizzato uno studio commissionato dall’Associazione Cantieri Nautici all’Istituto di Management Turistico (IMAT) di Bellinzona, presentato lo scorso 22 marzo. Un indotto milionario in tutta la Svizzera, oltre 300 collaboratori nel solo Ticino. Lo studio ha messo in luce il potenziale del settore della cantieristica nautica attraverso le sue caratteristiche: un settore che contribuisce in odo importante alla creazione del valore per il turismo e che, soprattutto nel Locarnese, è sostenuto da turisti e proprietari di residenze secondarie nella regione. Infatti

lo studio dimostra che i clienti hanno provenienza, in prevalenza, germanica e svizzero tedesca. Un potenziale enorme che però non è considerato in maniera adeguata dall’opinione pubblica, o almeno, questa è la percezione. I cantieri nautici offrono posti di lavoro qualificati, e esiste oggi la possibilità di seguire la formazione professionale quale manutentore nautico (AFC) e costruttore nautico (AFC) anche in Ticino, cosa che in passato non era possibile ed i giovani che si interessavano a questa professione dovevano seguire la formazione in tedesco a Lucerna. Vi proponiamo di seguito alcune interviste: con la Presidente dell’Associazione Cantieri Nautici, Annette Züllig, e con due imprenditori che operano nel settore, uno nel Sopraceneri e uino nel Sottoceneri. Buona lettura!

Per nuovi sbocchi al nostro settore Intervista di Lisa Pantini con Annette Züllig, Presidente Associazione Cantieri Nautici e Titolare Züllig Boats Ascona – Magadino

Cosa rappresenta oggi la cantieristica nautica in termini di occupazione e cifra d’affari?

“La cifra d’affari, basata su 9 cantieri nel locarnese, raggiunge più di 20 milioni di franchi. Se si considera tutto il Cantone Ticino, cioè circa 30 cantieri, arriviamo a superare i 50 milioni I 9 cantieri del locarnese occupano una quarantina di dipendenti. Questi dati sono basati su uno studio fatto recentemente dall’Istituto di Management Turistico (IMAT)”.

Quali sono i possibili ulteriori sviluppi del settore?

“La creazione di ulteriori posti d’attracco sia per i turisti di passaggio che fissi. Dare la concessione ai ristoranti adiacenti al lago per creare dei posti di ormeggio”.

Quali sono i limiti o le difficoltà che possono oggi pregiudicare la crescita della cantieristica nautica in Ticino?

“I limiti e le difficoltà della cantieristica nautica in Ticino sono ad esempio: la carenza di attracchi sia turistici che fissi, le difficoltà logistiche come ad esempio la mancanza di rampe d’accesso al lago (che in questi ultimi 20

anni sono diminuiti sostanzialmente, da 100 a sole 24 rampe per tutto il bacino svizzero del Lago Maggiore)”.

Si potrebbe fare di più per valorizzare questo settore anche nel quadro di un rilancio turistico del Cantone?

“Fortunatamente qualcosa si sta muovendo a livello di rilancio turistico. Infatti è stato di recente costituito il «Centro di competenza lago» (Responsabile Renzo Botta) all’interno dell’Ente Regionale di sviluppo, che fa da «portavoce» al Cantone per i diversi problemi che concernono il nostro lago (ad esempio la convenzione italo/svizzera per la concessione della navigazione sul Verbano, che scade a fine 2015) ed il nostro settore”.

In questo comparto esistono prospettive occupazionali per i giovani? Quali?

“Prima del 2010 le formazioni professionali di manutentore nautico e costruttore nautico erano possibile unicamente seguendo i corsi presso la scuola professionale di Lucerna (in lingua tedesca). Dall’anno scolastico 2010/2011 la formazione professionale esiste anche in Ticino”.

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At tualita`

Più sinergie e possibilità per un settore importante Intervista di Lisa Pantini con Markus Niederberger, Titolare della ditta Nautica’s Sagl di Bioggio

Quali sono i maggiori clienti dei cantieri nautici: turisti o clientela locale?

“La maggior parte dei clienti provengono da oltre Gottardo o da oltre frontiera. Tante volte questi clienti sono in Ticino da parecchi anni, presenti con una casa o un appartamento di vacanza, addirittura anche della seconda generazione, dando così un importanza economica non solo al settore nautico”.

Oggi per quasi tutti i porti dei laghi ticinesi ci sono liste d’attesa per un posto barca. Non è questo un limite per la cantieristica nautica?

“La mancanza dei posti barca crea spesso problemi al cantiere come pure al turista che vuole fare le vacanze nel nostro Cantone. Nel cantiere si bloccano delle vendite serie, e con le mani legate, si deve rinunciare ad importanti guadagni e ad ore di lavoro non fatturate. Anche la camera di un qualsiasi hotel non sarà occupata se il turista non riesce piazzare la sua imbarcazione”.

Non è sempre facile conciliare l’attività

cantieristica con la pianificazione delle rive, come vede questo problema?

“Ormai sappiamo che la pianificazione delle rive è un tema delicato, ma tante volte mi sembra che le istanze incaricate scambino la parola «pianificazione» in «ostruzione», bloccando lo sviluppo locale e cantonale”.

Per la cantieristica nautica esistono dei corsi di formazione specifici?

“Da quasi due anni, e dopo anni di lotta in merito, abbiamo una scuola nautica anche in Ticino, a Bellinzona presso la Scuola Arti e Mestieri. Questo è stato un passo importante per tutto il comparto nautico, alfine di mantenere ed aumentare la qualità del settore”.

Quali sono le prospettive occupazionali nel vostro settore?

“Le prospettive occupazionali nel settore sono state sempre stabili. Si assiste anche ad un leggero aumento. In genere vi sono buone prospettive future, riuscendo a potenziare le strutture portuali”.

Pianificazione del territorio e sinergie: ecco due atout per la cantieristica nautica Intervista di Lisa Pantini con Giuliano Di Domenico, Titolare Centro Nautico L. & G. Di Domenico SAGL, Locarno

La cantieristica nautica è un settore di cui si parla poco, come giudica questo silenzio?

“Effettivamente il settore della nautica è cresciuto grazie alle infrastrutture create nei nostri laghi negli ultimi 15 anni. Chi ha dato vita al settore in continua crescita, è stato Renzo Botta che si è occupato della nautica sul Lago Maggiore e che è Presidente della società Porto Regionale SA. Ha insistito molto affinché venisse introdotta una fiera nautica, a Locarno, per poi ribadire che questa venisse gestita direttamente dai cantieri della Regione. Ha poi organizzato lo studio di impatto turistico delle attività cantieristiche con la collaborazione di tutti i cantieri del sopra e sotto Ceneri, presentato a Muralto

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alcuni mesi fa. Il silenzio su un settore in pieno sviluppo da alcuni anni è dovuto alla mancanza di un’associazione a livello cantonale (associazione mantello), di unione di tipo professionale che può vedere gli interessi comuni della formazione, del rapporto politico, e qui ci riferiamo in particolare alla pianificazione del territorio e del lago, con le differenze delle interpretazioni tra amministratori comunali e quelli cantonali”.

Nelle regione del Lago Maggiore come è la situazione per voi?

“La situazione da noi si può considerare ancora più complessa, se si tiene conto della convenzione e della con-


cessione per la navigazione del trasporto pubblico, che è restrittiva per la realizzazione delle opere a lago e della possibilità di realizzare delle attività di trasporto, quali taxi, ecc.”.

Quali le difficoltà maggiori?

“Le difficoltà maggiori sono quelle di pianificare le attività direttamente al lago (vitale per un cantiere nautico) e quelle logistiche per il trasporto delle imbarcazioni dal lago al cantiere, a terra oppure al suo deposito (limiti di larghezza, limiti di altezza, e la pianificazione e l’arredo delle strade per le quali non si è mai tenuto conto dell’ attività dei cantieri)”.

In che misura la crisi del turismo ha interessato il vostro settore?

“Allo stato attuale, la crisi del turismo di cui si sente parlare, non ha, a nostro avviso, creato delle difficoltà nel nostro settore. Si può rilevare un minore interesse nel noleggio delle imbarcazioni e un minor consumo di carburante; questi fattori possono essere stati influenzati soprattutto dalle condizioni atmosferiche specialmente nel fine settimana. La domanda per l’acquisto di nuove

imbarcazione è purtroppo solamente legata alla possibilità di ottenere un posto di attracco nei posti esistenti. Il Sig. Botta ha confermato che vi sono lunghe liste di attesa, diventa così difficile esaudire la richiesta per la vendita di un’imbarcazione se non vi è il posto dove ormeggiarla”.

Cantone e Comune fanno abbastanza o potrebbero fare di più per sostenere la cantieristica nautica?

“A nostro avviso Cantone e Comuni potrebbero meglio coordinare le necessità del settore della nautica per le quali, ripetiamo, non si devono intendere unicamente quelle sul lago, ma nella regione antistante lo stesso; e questo, tenendo conto delle rampe di accesso, degli spostamenti dal lago, delle necessità di brevi riparazioni o di grandi barche che non si riescono più a trasportare su strada, per gli spostamenti dal lago ai cantieri discosti, ecc.. Tutto questo è ben evidenziato nello studio affidato all’Istituto Imat. Le amministrazioni pubbliche dovrebbero tenere conto della cifra d’affari, che stimata per soli 9 cantieri del bacino del lago Maggiore, supera i 20 milioni di franchi, con un numero crescente d’imprese e di dipendenti”.

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Attualita` di Angelo Geninazzi, Responsabile di economiesuisse per la Svizzera italiana, Federazione delle imprese svizzere

(Tele)lavoro meglio, ti costo meno

Telelavoro questo sconosciuto

L’utilizzo di nuove tecnologie, si sa, comporta dei guadagni d’efficienza. Al di là di questo guadagno sotto gli occhi di tutti – basti pensare all’e-mail invece della lettera, alla contabilità elettronica, alla gestione elettronica delle banche dati -, esistono però settori d’applicazione, ai quali si pensa meno. Uno di questi è la possibilità di telelavoro o Homeoffice. Si tratta in sostanza dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione per poter lavorare da casa propria. Ciò che era impensabile pochi anni fa è ora possibile grazie al collegamento di quasi tutte le economie domestiche a Internet. Il modello tradizionale del lavoro d’ufficio non sfrutta il potenziale concesso dai nuovi mezzi informatici; il telelavoro alle nostre latitudini è poco diffuso nonostante garantisca numerosi vantaggi per il dipendente e il datore di lavoro. Vista la difficile situazione economica delle imprese, le risorse pubbliche limitate, l’aumento costante dei flussi di pendolari e dei costi delle infrastrutture di trasporto, le malattie causate dallo stress, il livello elevato dei prezzi delle abitazioni, della benzina e dell’energia, sarebbe opportuno ricorrere più intensamente a forme di lavoro moderne che permettono di migliorare l’efficienza.

Il potenziale

Si stima che circa il 50% degli impiegati in Svizzera sono «knowledge worker», non retribuiti per il loro lavoro fisico, ma per l’utilizzo delle loro conoscenze. Essi hanno bisogno di concentrazione per svolgere la loro attività e possono teoricamente lavorare ovunque. Dei circa 2,35 milioni di knowledge worker in Svizzera, quasi il 20%, ossia 450’000 persone, hanno effettivamente il potenziale per lavorare secondo un altro modello. Questo significa che queste persone potrebbero lavorare da casa (almeno) un giorno alla settimana. Il potenziale è particolarmente concentrato nell’amministrazione pubblica.

Più flessibilità…

Un fattore importante per l’introduzione sistematica di un giorno di telelavoro è l’accettazione: un sondaggio dimostra che quasi due terzi dei lavoratori desidererebbero poter gestire l’orario di lavoro in maniera più flessibile. Proporre un giorno di telelavoro può essere dunque opportuno anche nell’ottica della strategia d’immagine del datore di lavoro (“employer branding”) e potrebbe essere un atout in fase di reclutamento.

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…e meno costi

L’introduzione di un giorno di telelavoro ha conseguenze positive, non solo per il dipendente. Uno studio evidenzia che la suddivisione dei costi del lavoro («desk sharing») permetterebbe di ridurre fino al 30% i costi per ogni posto di lavoro. Se ci si basasse su una cifra di 450’000 posti di lavoro e un costo medio di circa 20’000 franchi per posto, il potenziale di risparmio sarebbe considerevole. Un giorno di telelavoro settimanale permetterebbe di “risparmiare un giorno” per posto ogni settimana, ciò che corrisponde al 20% - o a 4’000 franchi. Nel contesto del franco forte e di una situazione economica difficile, l’introduzione del telelavoro costituisce una misura semplice che può essere messa in atto senza grandi investimenti – un’opportunità facile per le imprese e i dipendenti. In una sua analisi, Oliver Gassmann, professore all’Università di San Gallo, parte dal principio che il tempo «perso» quotidianamente nei tragitti in treno o in automobile – 40 minuti in media spesso improduttivi – potrebbe essere utilizzato in maniera più efficiente grazie all’introduzione di un giorno di telelavoro. Delle 450’000 persone interessate, un guadagno di 40 minuti per persona dà un potenziale teorico di 300’000 ore per settimana. Attualmente, la produttività della Svizzera aumenta di circa l’1,3% in media all’anno. L’introduzione sistematica di un giorno di telelavoro permetterebbe di aumentare nettamente questo tasso, fino a raggiungere un potenziale annuo tra il 2% e il 5%. Questo presuppone tuttavia un cambiamento radicale a livello della direzione delle imprese e della gestione del personale.

Le imprese dovrebbero accettare il telelavoro se possibile sistematicamente

Gli Stati Uniti realizzano considerevoli risparmi di costi grazie al telelavoro. All’Ufficio dei brevetti americano, il 40% delle ore lavorative viene svolto nella modalità di telelavoro, ciò che ha permesso di ridurre del 30% la superficie degli spazi d’ufficio – aumentando l’efficienza dell’amministrazione pubblica, la produttività e la qualità di vita dei dipendenti. Le regolamentazioni legali sono inutili. Spetta ai lavoratori e alle imprese utilizzare sistematicamente le possibilità offerte dalle nuove tecnologie allo scopo di lavorare in modo tale che tutti ci guadagnano.


At tualita`

Siamo il Paese più industrializzato del mondo Un poster di Avenir Suisse mostra la forza della piazza produttiva svizzera

Sulla Svizzera, a causa del franco forte, pesa la minaccia della deindustrializzazione, sostengono alcuni politici e imprenditori. È vero che la piazza produttiva è confrontata con grossi problemi, perché a causa del repentino e importante sovrapprezzo della valuta vi è stato un rincaro dei costi per il personale. Ma se si guarda a una prospettiva di lungo corso non vi sono motivi di preoccuparsi – al contrario, l’industria elvetica è fiorente: dopo quarant’anni di paura del crollo della piazza, la Svizzera è sempre ancora il Paese più industrializzato al mondo.

Gli svizzeri in testa davanti ai giapponesi

Analizzando più da vicino le cifre che il World Economic Forum raccoglie nel suo Global Competitiveness Report si arriva ad una sorprendente scoperta. A livello quantitativo, con esattamente 100 miliardi di dollari di produzione industriale nel 2010, la Svizzera si classifica al 19esimo posto, subito dietro a Taiwan e ai Paesi Bassi. La Cina è la principale “officina” del mondo: addirittura il 46% del suo PIL viene creato nel settore secondario (industria, energia, commercio e costruzione), 34% nella sola industria dove la produzione raggiunge quasi i 2’000 miliardi di dollari. Subito dietro troviamo gli Stati Uniti: la nazione leader nell’industria del 20esimo secolo, raggiunge con 14’658 miliardi totali sempre ancora un PIL tre volte superiore alla Cina, anche se solo il 13% deriva dall’industria. Chi calcola la produzione industriale pro capite, ne disegna però un quadro differente. La Cina con i suoi 1,3 miliardi di abitanti, crea nell’industria una ricchezza pari a 1’500 dollari a persona. Altre Nazioni fortemente industrializzate come per esempio la Germania ne crea quasi cinque volte tanto e gli Stati Uniti il quadruplo. Addirittura la Gran Bretagna, che dopo essere stata la culla della rivoluzione industriale ha perso un po’ di colpi, ha raggiunto i 4’000 dollari che rappresentano ancora quasi il triplo del bottino cinese. Al terzo posto troviamo Singapore capofila delle tigri asiatiche e al secondo posto con 8’600 dollari il Giappone, che negli anni Settanta e Ottanta ha rivoluzionato la produzione industriale. Medaglia d’oro, in testa con grosso vantaggio troviamo la Svizzera: con 12’400 dollari pro-capite racimolati nel settore, crea otto volte più ricchezza per persona rispetto ai cinesi e il doppio degli americani.

Il miracolo economico continua

Come siamo arrivati a questo risultato? Il “miracolo economico elvetico” è iniziato nel 19esimo secolo. La Svizzera è stata uno dei primi Paesi ad industrializzarsi fortemente, grazie a ditte pioniere come la Escher-Wyss, Georg Fischer e Rieter che hanno copiato i modelli inglesi e poi grazie a dei tecnici e meccanici capaci, hanno portato un’importante innovazione nell’ingegneria meccanica. Sulzer, Saurer, Bühler o poi più tardi il gruppo industriale BBC Electric fanno parte a partire dalla seconda metà del 19esimo secolo delle industrie leader a livello mondiale e dopo la seconda guerra mondiale hanno potuto rafforzare ulteriormente la propria posizio-

ne. Nel 1970 la Svizzera ha raggiunto quindi, con una quota di produzione industriale rispetto al PIL del 40% (cioè un valore più alto rispetto alla Cina odierna), la quota più alta al mondo. Dopo il crollo del sistema monetario di Bretton Woods nel 1971 e la crisi petrolifera del 1973, l’industria elvetica ha subìto la debolezza dell’economia mondiale e il forte apprezzamento del franco. Inoltre vi era il fatto che fino a quel momento era cresciuta più grazie al numero di lavoratori stranieri piuttosto che focalizzarsi sulla crescita della produttività grazie all’informatica e alla razionalizzazione, come hanno fatto i giapponesi. La quota dell’industria rispetto al valore aggiunto è andata dimezzandosi fino al 1990 al 20% dimostrando una certa tenuta a differenza di tutti gli altri Paesi occidentali dell’OCSE. Il poster di Avenir Suisse spiega e illustra come da una parte l’industria svizzera ha continuato ad aumentare le proprie esportazioni puntando su prodotti ad alto valore aggiunto e si è focalizzata poi da prodotti di massa su produzioni completamente automatizzate. D’altro canto, la Svizzera dispone sempre più, grazie al sistema duale della formazione professionale e alla libera circolazione delle persone, di personale altamente qualificato che ha alimentato una crescente terziarizzazione. Maggiori informazioni sul tema le trovate nell’opuscolo informativo “Avenir aktuell” e il poster sul tema “La Svizzera quale potenza industriale” è disponibile in francese e tedesco e potete scaricarlo qui: www.avenir-suisse.ch/avenir-aktuell o ordinarlo gratuitamente via mail a office@avenir-suisse.ch.

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At tualita`

Galleria Vedeggio-Cassarate: porte aperte ed inaugurazione Il prossimo 21 luglio una giornata di porte aperte svelerà in anteprima la Galleria Vedeggio-Cassarate, che sarà ufficialmente inaugurata il 26 luglio. Il programma è ricco: visite guidate per scoprire il “dietro le quinte” dell’opera, dimostrazioni dei corretti comportamenti per la propria sicurezza fornite dagli enti di pronto intervento, ampie informazioni sulla costruzione e sul funzionamento del tunnel, animazioni – anche per i bambini – e possibilità di pranzare sul posto per conferire all’evento la caratteristica di festa popolare La Vedeggio-Cassarate è elemento primario del Piano dei Trasporti di Luganese (PTL): la sua apertura costituisce in effetti un atto di passaggio non solo per i 25mila veicoli al giorno previsti lungo i suoi 2.6 km, ma per tutta la mobilità a Lugano, nella Regione e nel Cantone con effetti positivi anche sull’urbanizzazione, la qualità dell’aria e l’economia. Il tunnel è la principale infrastruttura del sistema a tre anelli su cui è basato il PTL: esso, con tutte le misure che integra – in particolare quelle del Piano della Viabilità del Polo luganese (PVP) – ha l’obiettivo di gestire la mobilità verso, da e nell’Agglomerato, nel rispetto delle condizioni urbanistiche e ambientali.

Il primo anello, quello più esterno, è costituito dalle aree di scambio intermodale a livello regionale, dove gli utenti diretti all’Agglomerato trasbordano su mezzi di trasporto collettivi quali la ferrovia. Il secondo anello è la circonvallazione a Omega con la Galleria: grazie ai P&R disposti lungo il percorso e collegati al servizio di trasporto pubblico si favorisce il parcheggio alle porte della città dei veicoli privati a motore, specie quelli dei pendolari, evitando che si riversino in centro. Queste infrastrutture intermodali sono o già in funzione (Fornaci) o pronte per l’apertura (Cornaredo, nodo realizzato in forma provvisoria) o in fase di pianificazione per il nodo intermodale di Vezia e per il nodo di Molinazzo, quest’ultimo nell’ambito della Rete tram. La Galleria non crea dunque una nuova via di accesso alla città, ma incide, con la ristrutturazione dello svincolo autostradale di Lugano Nord, sulla distribuzione dei flussi veicolari, ridefinendoli soprattutto per il traffico destinato verso o in transito nell’area urbana di Cornaredo: saranno così alleggeriti la zona di Besso e il centro città. Diminuirà inoltre anche il carico veicolare sulle entrate a Lugano da Sud. Infine il terzo anello, ubicato dentro la città, è dato da misure di circolazione atte a ricuperare, all’interno dei quartieri, la funzione di struttura urbanistica della rete stradale e a contenere le emissioni. Con la Galleria si taglia un significativo traguardo ma un’ulteriore meta è già in vista: nel 2016 è infatti previsto l’inizio dei lavori della prima tappa della Rete tram del Luganese. Il 21 luglio sarà dunque una giornata di Porte aperte non solo sul presente della Galleria, ma anche sul futuro di una Città più a misura d’uomo grazie a una mobilità realmente sostenibile.

Galleria Vedeggio-Cassarate Giornata delle porte aperte Sabato 21 luglio 2012 Dalle ore 10.00 alle ore 16.00 Per maggiori informazioni: www.ti.ch/ptl


At tualita` di Gianluca Olivieri, Managing Partner di Financial Technologies

La fine di un’epoca

Gianluca Olivieri

Spesso veniamo interpellati da intermediari finanziari per valutare in quali termini possano essere realizzabili progetti di Replacement o di Expansion legati al mondo delle imprese, e più specificamente delle PMI. Il primo termine si riferisce a quelle operazioni volte a sostituire il capitale di rischio di un’impresa, il secondo a quelle situazioni caratterizzate dal reperimento di nuovo capitale a sostegno della crescita. Chi si avvale della nostra consulenza si interroga su come possa essere finanziato un progetto di crescita, su come possa essere “aperto” il capitale d’impresa a nuovi soci, oppure ancora su come possa essere strutturata un’operazione di cessione di quote d’impresa. La crisi del debito sovrano affligge l’Europa, con le economie nazionali seriamente minate dai deficit pubblici; in un periodo di forte rallentamento economico caratterizzato dalla presenza di un mercato dei capitali in condizioni asfittiche, ci si interroga su dove andare a reperire capitale fresco per progetti di crescita e rilancio. Al di là dei Paesi emergenti esistono ancora le nostre buone vecchie nazioni, che posseggono una forza chiamata “economia reale”, i cui prodotti, non a caso, sono disseminati per tutto il pianeta, e che continuano ad attrarre il turismo del consumo, ivi inclusi i turisti rappresentati dai produttori della finanza complessa proveniente dal nuovo mondo. Un’economia alimentata da milioni di persone che ogni mattina non stanno a guardare le oscillazioni del Nasdaq o i giudizi “a orologeria” delle agenzie di rating, ma pensano invece a produrre, affinché altrettanti milioni di persone possano beneficiare delle loro straordinarie produzioni, che nessuna Standard & Poor’s potrà mai permettersi di declassare. Il capitale che è possibile reperire per sostenere questi “progetti veri” non è quello messo a disposizione dai “bulimici del profitto”, che vogliono far credere che niente più vale se non è in grado di avere una quotazione in borsa. Si tratta di un altro tipo di portafoglio, che sta nella tasca di un soggetto diverso. E come cambiano gli attori, cambiano anche le modalità di fare affari e di finanziare le imprese. Il

funding non viene più fatto sotto forma di capitale azionario, né tanto meno sotto forma di semplice finanziamento. Così come si affacciano sul mercato nuove figure di investitori, allo stesso modo mutano le modalità di finanziamento delle attività d’impresa. Esistono formule nuove ed alternative per coniugare attività d’impresa e capitali, che consentono di costruire operazioni di carattere straordinario con caratteristiche “ritagliate” al caso specifico, allo stile di conduzione dell’imprenditore e al profilo di rischio del finanziatore. Il mondo bancario dovrebbe avere il compito di “traghettare” i soggetti Imprenditori meritevoli con i quali interagisce verso soluzioni nuove e spesso sconosciute, che consentono di soddisfare i bisogni dell’Imprenditore senza sacrificare l’impresa o darla in pasto ad investitori senza scrupoli, che vedono l’impresa solo come un mezzo da cui trarre profitto, e come tale la considerano perfettamente sostituibile. Il mondo bancario ha inoltre l’occasione di partecipare in maniera attiva e virtuosa all’esecuzione dell’operazione straordinaria, mettendo a disposizione della “transazione” il proprio perimetro operativo, anziché limitarsi ad assistere in qualità di spettatore passivo (benché magari in credito di riconoscenza). Un ruolo nuovo, con una duplice prerogativa: da un lato, quella della fidelizzazione, data dalla concessione al proprio interlocutore Imprenditore di una garanzia ulteriore, quella di un monitoraggio attivo dei flussi finanziari coinvolti nell’operazione; dall’altro, quella della crescita del proprio giro d’affari, data dall’occasione di estendere la base dei propri contatti e delle proprie relazioni alle controparti negoziali dei propri interlocutori Imprenditori. Si parla costantemente della necessità di trovare nuove vie di rilancio, senza mai identificarne concretamente. Eccone una concreta, già testata e perfettamente percorribile.

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At tualita` di Siegfried Alberton, Prof. SUPSI, Responsabile Centro competenze inno3, e Ornella Piana, Docente ricercatrice Centro competenze inno3

La successione aziendale in Ticino: i risultati di un’indagine SUPSI Le PMI costituiscono la struttura portante dell’economia svizzera e del Cantone Ticino e la loro continuità nel tempo è un elemento essenziale per il benessere del territorio. Tra i diversi eventi cruciali che contraddistinguono la vita di un’impresa, il passaggio generazionale è forse uno dei momenti più difficili che può segnarne profondamente la continuità e lo sviluppo. La dimensione della problematica e le sue ricadute sul territorio sono tali da aver attratto l’attenzione dei ricercatori, della classe politica e delle istituzioni, sia in Svizzera che in Europa. In questo contesto si inserisce l’indagine svolta dal centro di competenze inno3 della SUPSI-DSAS, che si è posto l’obiettivo di dimensionare il fenomeno della successione aziendale in Ticino e di delineare il profilo, le caratteristiche e i bisogni informativi delle PMI che sono confrontate con tale evento L’indagine è stata svolta mediante questionario elettronico, somministrato a 1’715 PMI ticinesi nel periodo ottobre - novembre 2011. L’ampio interesse suscitato dalla tematica è confermato da un tasso di partecipazione del 22%, nettamente superiore a quello rilevato in altre inchieste svolte a livello nazionale o regionale. L’analisi delle risposte ricevute indica che nel prossimo decennio il 48,7% dei rispondenti dovrà affrontare la trasmissione aziendale. Si tratta di circa metà dei partecipanti all’inchiesta e, se tale risultato fosse confermato per la popolazione delle 20’000 imprese ticinesi, significherebbe che almeno 8’000 imprese dovranno affrontare, entro i prossimi dieci anni, il processo sotteso a tale evento. I risultati pongono in evidenza un’alta numerosità anche nel medio periodo poiché il 17% delle imprese dovrà essere trasmessa entro i prossimi 2 anni e un ulteriore 13% tra 3-5 anni; la proiezione di tali risultati a livello cantonale suggerisce che almeno 5’000 PMI ticinesi saranno trasmesse nel prossimo quinquennio. L’85% delle imprese da trasmettere è diretta dall’imprenditore, talvolta con l’ausilio di alcuni familiari. In particolare il 50% di queste imprese occupa meno di 10 collaboratori e nel 68% dei casi realizza un fatturato superiore a 1’000’000 di franchi. È interessante osservare che 7 delle 8 imprese da trasmettere sono in fase di maturità o declino e che i settori maggiormente interessati sono le costruzioni e il commercio. I motivi che portano l’imprenditore a ritirarsi dalla vita lavorativa sono il raggiungimento dell’età del pensionamento, la possibilità di trasmettere l’impresa ad un proprio discendente o di venderla. L’obiettivo principale è di garantire la continuità dell’impresa e dei posti di lavoro e, se possibile, di mantenere l’azienda in famiglia. La fotografia che emerge dall’indagine evidenzia che un terzo delle imprese da trasmettere si trova in una situazione di rischio. Infatti, il 33% di esse dovrà affrontare la trasmissione entro i prossimi due anni e si trova tuttora in una situazione d’incertezza poiché non ha ancora definito come realizzerà questo passaggio intergenerazionale, non intravede una

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prospettiva di trasmissione interna e non dispone di una struttura organizzativa in grado di sostenere il trasferimento delle conoscenze e delle relazioni dal predecessore al suo subentrante. Considerati i numeri in gioco e le pratiche attuali, trascurare o sottovalutare la problematica potrebbe causare effetti macroeconomici e territoriali molto importanti. È quindi essenziale studiare e introdurre misure atte a supportare i processi di trasmissione sia attraverso azioni di sensibilizzazione e di sostegno che mediante provvedimenti di carattere legislativo. In questo contesto sorge spontaneo chiedersi cosa ci si può attendere dai policy maker, dalle istituzioni e dalle associazioni professionali a sostegno della buona riuscita del processo di trasmissione d’impresa. Alto è l’interesse suscitato dai risultati dell’indagine, nella consapevolezza che la trasmissione d’impresa non è un evento circoscritto all’interno dell’azienda e della famiglia, ma provoca importanti ricadute esterne sul tessuto economico e sociale della regione. In questo contesto il Dipartimento delle Finanze e dell’Economia del Cantone Ticino sta delineando e valutando alcuni provvedimenti a sostegno dell’imprenditorialità che andranno inseriti nel quadro della revisione totale della Legge cantonale sull’innovazione economica. Nel contempo il centro di competenze inno3 propone un modello originale di gestione del processo di trasmissione d’impresa, specificamente studiato per le PMI, che prevede un approccio imprenditoriale al passaggio generazionale e l’accompagnamento dell’intero processo da parte di un mentore. Essenziale è anche il ruolo delle associazioni economiche e professionali che possono contribuire sia attraverso azioni di sensibilizzazione sull’approccio alla successione, sulle sue modalità, sui tempi e sugli effetti, siaattraverso azioni di carattere culturale volte a promuovere e sostenere l’adozione di un approccio imprenditoriale alla trasmissione d’azienda. Un impegno su più fronti, che coinvolge molteplici attori, ma indispensabile per il mantenimento di molti posti di lavoro.


Eventi

Polonia: l’economia più dinamica d’Europa? Membro dell’Unione europea dal 2004, pur non avendo aderito alla moneta unica, la Polonia confina con sei Paesi, fra cui la Germania e la Bielorussia. Con una superficie di oltre 300’000 km2 e una popolazione di quasi 39 milioni di abitanti, negli ultimi anni ha mostrato una crescita costante del prodotto interno lordo (PIL), che attualmente ammonta a circa 317 miliardi di Euro, mentre il PIL pro-capite è di 9’340 Euro. La Polonia è stata uno dei pochissimi Paesi ad uscire rapidamente dal comunismo e ad aprirsi al libero mercato. L’importante sviluppo economico avvenuto soprattutto a partire dal 2004, anno in cui la sua ricchezza è aumentata del 6%, le ha fatto guadagnare il titolo di Nazione più performante d’Europa. Come di consueto vi proponiamo alcune riflessioni ed interviste ai relatori dell’evento sulla Polonia organizzato lo scorso 4 giugno presso l’Hotel Parco Paradiso a Lugano, in collaborazione con Osec, Credit Suisse e Cippà Trasporti. Buona lettura!

Il tavolo dei relatori in un momento delle presentazioni sulla Polonia

La Polonia si distingue per consumi resilienti Intervista di Lisa Pantini con Nora Wasserman, Global Economic Research, Credit Suisse

Nora Wassermann

Se dovesse tracciare una visione d’insieme sull’andamento economico della Polonia, come sarebbe? “La Polonia è stata «best performer» in termini di crescita reale del PIL dal 2007, se confrontata non solo con gli altri Paesi dell’Europa orientale quali Ungheria e Repubblica Ceca, ma anche con altri membri dell’OCSE. La caratteristica più impressionante è stata senza dubbio la capacità di resistenza durante la debolezza economica mondiale degli anni passati. La crescita annuale è stata positiva fin dal 1992. Il fattori chiave dietro questa relativa stabilità sono stati la capacità di ripresa dei consumi delle famiglie, come pure un basso debito pubblico, che hanno permesso al Governo di agire ed operare in modo anticiclico (ad esempio aumentando la spesa e gli investimenti nel 2000/01 e nel 2008/09). Inoltre la Polonia ha beneficiato dell’adesione all’Unione Europea nel 2004, ricevendo un sostegno finanziario da fondi comunitari, in particolare per i settori dell’agricoltura

e delle infrastrutture. Oltre a ciò una profonda integrazione con l’UE attraverso il commercio e il canale finanziario ne ha rafforzato la crescita, ma ha anche contribuito ad incrementare la vulnerabilità dell’economia alla crisi dell’Eurozona. Pertanto, ci aspettiamo quest’anno una crescita annua rallentante ad un valore stimato del 2,6%, da un 4,3% nel 2011 per poi risalire al 3% nel 2013. Ciò in base al presupposto che la crescita nell’Eurozona si riprenda, benché i rischi vadano comunque al ribasso”. Quali rischi si presentano nei canali commerciale e finanziario? “La crisi nell’Eurozona presenta rischi nel canale commerciale e finanziario. Nello specifico: - Rischi nel commercio: in termini di scambi commerciali, la Polonia è meno esposta rispetto alle altre Nazioni della regione orientale come l’Ungheria, la Repubblica Ceca o la Slovacchia,

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Eventi

ma non è ancora comunque immune dall’indebolimento della crescita nella regione. Le esportazioni dalla Polonia si attestano a circa il 40% del PIL, rendendo il Paese meno «aperto» rispetto all’Ungheria (90%), ma più esposto della Russia (30%). La maggior parte delle esportazioni (80%) sono indirizzate a membri dell’UE. Una nota positiva è che non ci aspettiamo per quest’anno un calo assoluto dell’attività economica nella maggior parte dei suoi principali partner commerciali (ad esempio i Paesi scandinavi, Regno Unito, Germania e Francia). Ciò nondimeno, anche i rischi per la domanda esterna si prospettano al ribasso. - Rischi nel settore finanziario: per quanto concerne il settore finanziario, le banche polacche devono affrontare un certo rischio di liquidità. La Polonia è un importatore di capitali - riflesso da un disavanzo delle partite correnti - il che significa che gli investimenti sono in parte guidati da investitori stranieri. Dal momento che in genere le banche forniscono finanze per investimenti a lungo termine e si assumono prestiti a breve termine, la volatilità dei mercati finanziari può portare a problemi di liquidità. Dal 2009 il mix dei termini di scadenza è diventato meno favorevole: a breve termine gli afflussi di capitale di natura più speculativa rappresentano ora l’80% del totale netto (marzo 2012). In un evento di elevata volatilità dei mercati finanziari, gli investitori potrebbero ritirare rapidamente i capitali, alla ricerca di «porti sicuri» per gli investimenti, creando un problema di liquidità per le banche polacche. Tuttavia, anche in uno scenario di crescita molto bassa, un collasso del sistema bancario appare piuttosto improbabile, poiché a breve termine il debito estero è ancora basso (25% del PIL) e le riserve di valuta estera rappresentano un solido 20% del PIL. Oltre a ciò la Polonia possiede una linea di credito flessibile con l’FMI di 30 miliardi di dollari (USD), pari al 6% del PIL. Un altro rischio è la grande presenza di filiali di banche della zona euro, e il potenziale contagio di un debole sistema bancario europeo. Alla fine del 2011, circa il 70% delle attività bancarie in Polonia erano di proprietà straniera. La capacità di assorbimento delle perdite sembra piuttosto forte con le banche che posseggo-

no in media un coefficiente di capitale del 13%, ma la necessità di ricapitalizzazione di alcune banche dell’Eurozona indica che l’offerta di credito potrebbe essere più limitata. La politica fiscale potrebbe diventare meno favorevole. In aggiunta, la necessità di una rigorosa politica fiscale in Polonia potrebbe indebolire la crescita della domanda interna nel futuro. Gli investimenti pubblici sono cresciuti fortemente negli ultimi tre anni, specialmente nel settore edile. Soprattutto se paragonato a molti dei Paesi della zona euro fortemente indebitati, il debito pubblico lordo, pari al 55% del PIL, non è elevato. L’adozione di un «tetto del debito» al 55% del PIL (60% come definito dalla Costituzione) potrebbe innescare tagli alla spesa e limitare il sostegno fiscale in caso di un futuro rallentamento più forte del previsto. Il Governo ha già ridotto il suo disavanzo da quasi il 7,8% del PIL nel 2010 (contro l’1,9% nel 2007) a circa il 5,6% nel 2011, aumentando il valore aggiunto fiscale e riformando il sistema pensionistico. Tuttavia, nel 2012 e il 2013 gli obiettivi di disavanzo di bilancio sono inferiori al 2,9% e 2,5% del PIL”. Può fare una previsione di un prossimo futuro contesto economico? “Le prospettive economiche sono migliori rispetto ad altre parti d’Europa. Considerando i rischi esposti, la storia del successo polacco non è finita. Se l’economia si indebolisse in modo significativo nei prossimi mesi, la leva della politica monetaria sarebbe ancora possibile, mentre i limiti della politica fiscale sono maggiori. Mentre l’inflazione elevata attualmente limita la flessibilità della banca centrale, un rallentamento della crescita e delle materie prime con più prezzi più bassi (la Polonia è un importatore di petrolio e la quota dei prezzi del petrolio e degli alimentari nel paniere dei prezzi al consumo è al 40%, ossia un rapporto relativamente alto, anche per i mercati emergenti) dovrebbe aprire uno spazio per tagli ai tassi della politica. Con tassi di interesse nominali alti e un basso debito pubblico, la Polonia è ancora di più una «potenza di fuoco» rispetto ad altri Paesi della regione. Nel complesso anche se la crescita del PIL rimane al di sotto dei trend, deve ancora arrivare a circa il 2-3% annuo e sarebbe quindi più forte che in molti altri Paesi europei”.

La ricetta del successo polacco e le opportunità d’affari in Polonia Intervista di Monica Zurfluh a Miguel Fonollosa, Responsabile Swiss Business Hub Poland Miguel Fonollosa

Signor Fonollosa, l’Unione Europea lotta contro l’indebitamento di vari Stati membri. Cosa ci può dire della Polonia? Come si sta comportando? “Dalla sua entrata in funzione nell’ottobre 2007, il Governo Tusk mette l’accento sulla politica economica. Nonostante le prospettive economiche per la Polonia siano buone, occorre affrontarne i problemi strutturali. A fine aprile 2011, il Governo ha confermato la volontà di ridurre il deficit budgetario fino a un massimo del 3% entro il 2012. Il suo livello si attestava al 7,3% prima del 2009 ed è aumentato al 7,9% nel 2010. Si tratta del sesto disavanzo più alto all’interno dell’UE. Il piano stilato dalla Commissione europea è sì stato accettato, ma comporta rischi maggiori per quanto riguarda le entrate macroeconomiche e la riduzione al livello previsto entro il 2013 sembra sia irraggiungi-

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bile. Secondo le ultime stime del Ministero polacco delle finanze, il disavanzo nel primo trimestre 2012 dovrebbe ammontare al 65,6% dell’indebitamento atteso per l’anno corrente. La Polonia, come altri Paesi europei, deve evitare di indebitarsi ulteriormente. Una delle numerose misure volte a ridurre il deficit è la riforma delle rendite, che il Governo è riuscito a far accettare a fine aprile 2011. Malgrado la forte opposizione dell’industria farmaceutica, il parlamento ha approvato in procedura accelerata una nuova regolamentazione del settore riguardante il rimborso dei farmaci soggetti a prescrizione medica. Le misure fiscali comprendono il recente aumento dell’aliquota IVA dal 22% al 23%. Inoltre, le privatizzazioni delle imprese statali hanno fatto confluire ulteriori fondi nelle casse dello Stato (circa 6 miliardi di franchi nel 2010). Lei ha azzeccato la domanda: l’ulteriore sviluppo econo-


mico della Polonia è determinato in larga misura dal controllo che il Governo riuscirà a esercitare sul bilancio”. Durante l’incontro informativo del 4 giugno scorso ha menzionato alcune aziende svizzere presenti nel Paese - ABB, Lindt, Nestlé, Roche, Swatch Group… solo per citarne alcune. Trattasi tuttavia soprattutto di grandi aziende. Che ne è delle più piccole? Come può una PMI svizzera entrare sul mercato polacco? “Le grandi imprese sono state le prime ad approdare in Polonia, sono arrivate 15 anni fa, appena dopo la svolta storica, poiché hanno un’impostazione globale e i mezzi finanziari necessari per entrare su nuovi mercati con le proprie aziende. Oggi sono piuttosto le piccole e medie imprese a compiere il passo dell’internazionalizzazione, rivolgendosi all’Osec e allo Swiss Business Hub. Vi sono sempre più PMI svizzere attive in svariati rami anche in Polonia. In collaborazione con la Camera di commercio locale, abbiamo cercato di registrare tutte le aziende rossocrociate presenti in Polonia. Per rispondere alla sua importante domanda sui passi che deve compiere una PMI per entrare su un mercato nuovo, insisto sempre sul fatto che il prodotto o il servizio offerto debba assolutamente essere competitivo: occorre azzeccarne la qualità, il prezzo e la disponibilità. Una volta rispettata questa premessa, si tratta di realizzare gli ulteriori passi di rito nell’esportazione. Bisogna essere preparati e poter contare su una decisione convinta della direzione per l’entrata sul mercato locale, informarsi sulle condizioni vigenti, elaborare una strategia d’esportazione e mettere a disposizione le risorse interne necessarie, tanto per citare gli aspetti più importanti. Vorrei rilevare altresì che a causa della barriera linguistica (il polacco è davvero difficile!), la scelta del partner locale giusto è di fondamentale importanza”.

La concorrenza estera, soprattutto giapponese e tedesca, è molto agguerrita in Polonia, quali settori offrono ancora del potenziale per le aziende svizzere? “La concorrenza in Polonia è già molto presente: il suo potenziale è ormai riconosciuto a Ovest, non si tratta più di un nuovo territorio. Le imprese, i consumatori e i clienti si comportano secondo parametri occidentali: sono esigenti, nonostante il potere d’acquisto sia ancora a livelli inferiori rispetto al nostro. La Germania rappresenta un partner commerciale essenziale. Le aziende svizzere non devono comunque temere la concorrenza poiché la Svizzera e la Polonia hanno caratteristiche simili. Una PMI che ha successo in Svizzera ha buone possibilità di affermarsi anche in Polonia, a patto che il prodotto/servizio sia idoneo all’esportazione nel Paese mirato e siano compiuti i passi giusti per entrare sul mercato locale. Le PMI rossocrociate sono abituate a proporre i loro prodotti innovativi in mercati esteri di nicchia. La Polonia offre opportunità d’affari molto interessanti ai subfornitori, soprattutto a quelli attivi nei rami dell’elettronica e dei macchinari (MEM). Tuttavia, sarebbe peccato limitarsi a determinati settori. I giapponesi, per esempio, non esportano molto in Giappone, ma si attivano diversamente: costruiscono siti produttivi in Polonia e da questi servono il mercato europeo”. Infine, perché secondo lei una PMI dovrebbe rivolgere uno sguardo attento alla Polonia? “Soprattutto per due motivi: primo, la Polonia è un mercato in crescita con numerosi abitanti e un forte potenziale; secondo, per una PMI svizzera è molto più semplice entrare sul mercato polacco piuttosto che attivarsi in Paesi lontani”.

Le spedizioni di merci in Polonia Intervista di Lisa Pantini con Angelo Betto, Direttore operativo Cippà Trasporti SA

Angelo Betto

Quali sono le procedure chiave per la spedizione di merci in Polonia? Quali documenti sono necessari? “Oggi spedire in Polonia a livello documentale non comporta nessuna difficoltà particolare, essendo membro della Comunità Europea ed essendosi quindi adeguata ai suoi standard. Indispensabile fornire al proprio spedizioniere la fattura di vendita dove siano indicati numero colli – peso lordo – peso netto – incoterms – valore – origine della merce. È importante considerare che per gli Accordi bilaterali tra CE e Svizzera, la merce di origine Svizzera all’importazione in Polonia non paga dazio. A tal fine è indispensabile che sia emesso il certificato d’origine E.U.R.1. abitualmente compilato dall’esportatore e convalidato (tramite lo spedizioniere doganale) dalla Dogana Svizzera. Lo stesso, presentato a destino, consentirà automaticamente l’esenzione dal dazio. Esiste anche la possibilità che il documento E.U.R.1. venga compilato dallo spedizioniere, tramite delega emessa dall’esportatore”. Esistono difficoltà dal punto di vista doganale? Quali? “Non esistono particolari difficoltà. Tuttavia è fondamentale giocare d’anticipo. È abitudine consolidata che in Polonia le operazioni doganali siano a cura e carico dell’importatore, pertanto fornire tutti gli estremi, dello spedizioniere a destino, al proprio

agente doganale, sarà azione opportuna; lo stesso provvederà ad inviare i documenti doganali una volta emessi e farà in modo che all’arrivo fisico della merce in dogana, tutta la documentazione sia già predisposta e l’importatore abbia avuto modo di far avere al proprio spedizioniere gli oneri da versare nelle casse della dogana Polacca. I tempi di sdoganamento non sono ancora così veloci come in altri Stati membri ma nemmeno eccessivamente più lunghi. Questa premessa è necessaria, considerando che la maggior parte degli invii in Polonia sono DAP (ossia la resa INCOTERM «Delivery At Place» la quale prevede che il mittente si faccia cura e carico di tutti i costi di spedizione fino a domicilio cliente in Polonia , eccezion fatta per le operazioni doganali import polacche). Questa resa è anche la più consigliata, perché permette a chi spedisce di avere il controllo della propria spedizione fino all’arrivo a destino”. Come trova la burocrazia polacca? “Grossi sforzi sono stati fatti dalla caduta del muro ad oggi, per rendere la Polonia uno Stato aperto all’economia di mercato «occidentale». L’apparato burocratico non è ancora ai livelli di altri stati membri della CE, tuttavia in futuro prevedo un rapido adeguamento a tempi e metodi standard all’interno della comunità”.

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Eventi

Conferenza sulla successione d’impresa Il 26 giugno si è tenuta a Lugano, presso l’Hotel Delfino, una conferenza sul tema della successione d’impresa, la terza organizzata dall’associazione “Futuro PMI” in collaborazione con la Cc-Ti. Futuro PMI è un’associazione senza scopo di lucro presente a livello svizzero, che persegue il mantenimento ed il consolidamento del tessuto imprenditoriale regionale. Dopo il saluto iniziale del Consigliere Nazionale avv. Fabio Regazzi, hanno preso la parola Federico Haas (Direttore Hotel Delfino) e Arthur Bolliger (Bolliger & Tanzi), moderati da Lino Terlizzi (Vicedirettore Corriere del Ticino) raccontando, con ironia e sguardo critico, la loro personale esperienza nel trapasso intergenerazionale dell’azienda.

Da sin. Arthur Bolliger, Bolliger & Tanzi SA; Federico Haas, Direttore Albergo Delfino; Lino Terlizzi, Vicedirettore Corriere del Ticino e On. Fabio Regazzi, Consigliere Nazionale

Save the date: 25.10.2012 - GIORNATA DELL’ECONOMIA e DELL’INNOVAZIONE 2012 La Fondazione AGIRE, in collaborazione con AITI, Camera di commercio, Associazione bancaria ticinese, Società impresari costruttori sezione Ticino e CATEF, è lieta di annunciare l’organizzazione della GIORNATA DELL’ECONOMIA e DELL’INNOVAZIONE 2012 per il pomeriggio di giovedì 25 ottobre presso il Palazzo dei Congressi di Lugano, e invita gli interessati a riservare già sin d’ora la data per poter partecipare.

Scuola Capi Azienda e Scuola Economisti aziendali: ancora qualche posto disponibile per i corsi che ripartono a settembre Vi informiamo che il prossimo settembre inizieranno nuovi cicli formativi dei Corso per la Scuola Capo Azienda (SCA) e del Corso Preparatorio all’esame professionale superiore per il diploma federale di Economista aziendale nelle arti e mestieri (SEA). Queste proposte formative sono erogate dalla Cc-Ti in collaborazione con l’Istituto svizzero per la formazione di capiazienda nelle arti e mestieri (IFCAM). Vi sono ancora posti disponibili. Per maggiori informazioni, vi invitiamo a consultare il nostro sito web, www.cc-ti.ch, o mandare un’e-mail a corsi@cc-ti.ch.

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Commercio estero Pagine a cura di Osec Ticino

prossime GIORNATE DI CONSULENZA PAESE LUGANO, SETTEMBRE E OTTOBRE 2012 • BRASILE: martedì 18 settembre 2012 • CINA: venerdì 21 settembre 2012 • REGNO UNITO: lunedì 8 ottobre 2012 • TURCHIA: mercoledì 10 ottobre 2012 Nel corso delle giornate di consulenza proposte alle aziende, avrete l’occasione di fissare un incontro individuale gratuito con i consulenti dell’Osec e con i collaboratori degli Swiss Business Hub all’estero. Le aziende intenzionate ad espandere le loro attività nei mercati sopra citati o che hanno esigenze concrete non esitino a mettersi in contatto con l’Osec e a fissare un appuntamento con i suoi esperti! CONTATTATECI AL NO. TEL. +41 91 911 51 37 OPPURE TRAMITE E-MAIL ALL’INDIRIZZO INFO.LUGANO@OSEC.CH, SAREMO LIETI DI FISSARVI UN APPUNTAMENTO.

L’Osec apre un ufficio commerciale in Messico

Il 29 maggio 2012 è stato inaugurato un ufficio commerciale presso l’Ambasciata svizzera a Città del Messico. La nuova antenna opera in stretta collaborazione con l’Osec per assistere le PMI svizzere e del Liechtenstein intenzionate a entrare sul mercato messicano. Il nuovo “commercial office” è gestito dal cittadino messicano Rubén Araiza Díaz, i cui compiti consistono nel fornire informazioni utili, allacciare contatti preziosi e consigliare le aziende esportatrici rossocrociate. La collaborazione in Messico è un’ulteriore iniziativa strategica realizzata dall’Osec a favore del commercio estero svizzero. La nuova antenna si aggiunge alla rete di 18 Swiss Business Hub (SBH) dell’Osec, di cui 17 sono gestiti insieme al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Nel corso dell’anno corrente, altri uffici commerciali saranno aperti in mercati che offrono interessanti opportunità d’affari per l’export svizzero. Dopo il Brasile, il Messico è il secondo mercato d’esportazione per la Svizzera in America Latina: infatti, le relazioni economiche e commerciali si sono intensificate soprattutto in seguito all’entrata in vigore nel 2001 dell’accordo di libero scambio AELS-Messico. Il Paese latinoamericano conta 110 milioni di abitanti e vanta da alcuni anni una crescita allettante del PIL. Nel 2011 le esportazioni svizzere ammontavano a 1,3 miliardi di franchi. Nel 1° trimestre 2012 hanno registrato una crescita del 22%. I principali beni rossocrociati venduti in Messico sono i prodotti farmaceutici e chimici, le macchine, gli apparecchi, l’elettronica, gli strumenti di precisione e gli orologi. Anche la Svizzera acquista sempre più beni messicani: dall’entrata in vigore dell’accordo di libero scambio, le importazioni sono addirittura triplicate. Inoltre, la Svizzera è tra i principali investitori esteri in Messico, destinandovi complessivamente 7,5 miliardi di dollari dal 1999.

Comunicato stampa dell’Osec: Un nuovo “Commercial Office” dell’Osec in Messico www.osec.ch/sites/default/files/mm_Mexiko_30052012_i. pdf Paesi con Swiss Business Hub www.osec.ch/paesi

Nuovo ordinamento per le prove dell’origine di merci riesportate

È ora possibile effettuare dichiarazioni su fattura per i prodotti arrivati in Svizzera con una prova dell’origine e riesportati senza trasformazioni né imposizione in un altro Stato della stessa zona di libero scambio o di cumulo. In questi casi decade quindi l’obbligo di rilasciare certificati di circolazione delle merci (CCM). Amministrazione federale delle dogane: Prove dell’origine nel quadro degli accordi di libero scambio (ALS) per merci riesportate senza essere imposte (p. es. da deposito franco doganale) www.ezv.admin.ch/pdf_linker.php?doc=unverzollte_wiederausgefuehrte_waren&lang=it

Rilascio di prove dell’origine: diritti e doveri degli esportatori autorizzati

Dal 1° luglio 2012, non solo gli uffici doganali possono rilasciare le prove dell’origine con procedura semplificata, ma anche i cosiddetti esportatori autorizzati, di cui statuto, diritti e doveri sono definiti in modo dettagliato nell’ordinanza riveduta sul rilascio di prove dell’origine. Per beneficiare di questo statuto, è necessaria un’autorizzazione dell’Amministrazione federale delle dogane. Secondo quanto comunicato dal Consiglio federale, l’esportatore

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Commercio estero Pagine a cura di Osec Ticino

autorizzato deve essere affidabile e disporre di solide conoscenze in materia di origine. Solo chi possiede queste caratteristiche sarà autorizzato a rilasciare le prove dell’origine in procedura semplificata e senza dovervi apporre la sua firma autografa. Dipartimento federale delle finanze: Il Consiglio federale disciplina le semplificazioni nel rilascio di prove dell’origine www.news.admin.ch/message/index.html?lang=it&msgid=44656

Procedura di transito comune: la Croazia aderisce, la Turchia rimanda

Il 1° luglio 2012 la Croazia ha aderito alla Convenzione sulla procedura di transito comune, mentre la Turchia ha rimandato a causa di problemi tecnici. Secondo quanto comunicato dall’Amministrazione federale delle dogane, la Turchia aderirà alla convenzione verosimilmente il 1° novembre 2012. Le proposte già approvate per l’estensione del campo d’applicazione della garanzia globale alla Turchia rimangono valide, ma la procedura di transito comune (PTC) sarà applicabile solo dopo l’adesione. La PTC, valida in tutti gli Stati dell’UE e dell’AELS, permette di trasportare merci attraverso varie nazioni in modo semplice ed economico. Nel paese in cui si apre la procedura di transito occorre prestare una garanzia, che è liberata dopo il corretto disbrigo della procedura. Amministrazione federale delle dogane: Procedura di transito comune (PTC) www.ezv.admin.ch/zollinfo_firmen/verzollung/03567/03571/ index.html?lang=it#

Il Regno Unito torna a costruire con il legno

Il governo britannico ritiene che il legno permetta di costruire in modo ecosostenibile e lancia quindi la politica “Wood First Policy” (“Wood for Good”) volta a favorire il ritorno al legname quale materiale da costruzione. Hackney, un comune periferico di Londra, da il buon esempio. Wood for Good www.woodforgood.com Construction Manager: Hackney clarifies - wood first equal www.construction-manager.co.uk/news/hackney-clarifieswood-first-equal Wirtschaftskammer Österreich: Londoner Stadtteil Hackney fördert Einsatz von Holzbaustoffen http://portal.wko.at/wk/format_detail.wk?angid=1&stid=67 8652&dstid=0&titel=Gemeinde%2cHackney%2cbeschlie %C3%9Ft%2cHolzbaustoffe%2czu%2cf%C3%B6rdern

Investimenti à gogo nell’industria croata del turismo

La prima priorità del nuovo governo croato consiste nel migliorare la competitività del Paese. In questo contesto, l’ampliamento dell’infrastruttura turistica rappresenta un punto focale. Il Ministero del turismo ha pubblicato informazioni dettagliate sui principali progetti. Il “Catalogue of Investment Projects” presenta 18 progetti d’investimento turistici per un valore complessivo di 268 milioni di euro. Si tratta di privatizzare complessi alberghieri ancora di proprietà dello Stato, di ampliarli e ristrutturarli nonché di effettuare lavori specifici di risanamento e modernizzazione.

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Republic of Croatia – Ministry of Tourism: The Catalogue of Investment Projects www.mint.hr/UserDocsImages/120427-catalogue-investweb.pdf

Aumentano le imposte nell’UE

La crisi dei debiti in Europa si ripercuote negativamente sullo sviluppo delle imposte nell’Unione europea. Dopo anni, in cui la pressione sulle persone giuridiche e fisiche era diminuita lentamente ma in modo costante, l’onere fiscale torna a crescere in alcuni Stati membri dell’UE. L’imposta più toccata è quella sul reddito, la cui aliquota massima è passata dal 37,5% al 38,1% già nel corso del primo trimestre del 2012. Nella zona euro, l’aumento è stato di un intero punto percentuale, dal 42,2% a 43,2%. Su questo dato hanno pesato soprattutto gli incrementi delle aliquote in Spagna (dal 45,0% al 52,0%) e Cipro (dal 30,0% al 38,5%). Aumenti più moderati si sono registrati in Italia (dal 45,6 al 47,3%), Svezia (dal 56,4% al 56,6%) e Francia (dal 46,7% al 46,8%). Le aliquote più alte si riscontrano attualmente in Svezia (56,6%), Danimarca (55,4%) e Belgio (53,7%), mentre le più basse si applicano in Bulgaria (10,0%), Lituania e Repubblica Ceca (15,0%). Nell’anno corrente, l’imposta media sulle società nell’UE è aumentata dello 0,1% e si attesta al 23,5%. Nella zona euro, è invece progredita di 0,2 punti percentuali e ammonta al 26,1%. Gli incrementi più marcati si registrano in Francia (dal 34,4% al 36,1%) e Portogallo (dal 29,0% al 31,5%). Le aliquote più alte si applicano in Francia (36,1%), Malta (35,0%) e Belgio (34,0%), mentre le più basse risultano in Bulgaria e Cipro (10,0%) nonché in Lituania e Lettonia (15,0%). Nei primi quattro mesi del 2012, l’aliquota media dell’IVA è passata dal 20,7% al 21,0%, mentre nella zona euro è aumentata dal 19,7% al 20%. È cresciuta in Irlanda (dal 21% al 23%), Ungheria (dal 25% al 27%), Cipro (dal 15% al 17%) e Italia (dal 20% al 21%). Altri paesi seguiranno questo trend, per esempio i Paesi Bassi, che hanno annunciato un aumento del tasso IVA dal 19% al 21% a partire dal 1° ottobre 2012. Le aliquote più alte sono applicate in Ungheria (27%), seguita da Svezia e Danimarca (25%) nonché Romania (24%), mentre le più basse risultano in Lussemburgo (15%), Malta e Spagna (18%) nonché Germania (19%). European Commission: Taxation trends in the European Union http://ec.europa.eu/taxation_customs/taxation/gen_info/ economic_analysis/tax_structures/index_en.htm Eurostat: Taxation trends in the European Union Further increase in VAT rates in 2012 Corporate and top personal income tax rates inch up after long decline http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=S TAT/12/77&format=HTML&aged=0&language=EN&guiLan guage=en

La Svizzera apre un’ambasciata in Myanmar

Secondo quanto comunicato dal Dipartimento federale degli affari esteri, quest’estate la Svizzera aprirà un’ambasciata in Myanmar. Vista la transizione in corso verso la democrazia in Myanmar, il Consiglio federale ritiene che vi siano le premesse per rafforzare la cooperazione allo sviluppo. Inoltre, l’alto potenziale sia economico che turistico del Paese lascia presagire


un aumento degli scambi commerciali e della presenza di cittadini svizzeri in Myanmar, un ulteriore motivo a favore dell’apertura della rappresentanza diplomatica. Consiglio federale/Dipartimento federale degli affari esteri: La Svizzera apre un’ambasciata in Myanmar www.news.admin.ch/message/index.html?lang=it&msgid=44784

Biz China Weekly: China to boost strategic emerging industries amid economic slowdown ht tp: //n ew s . xinhuan e t.c o m /en glish /china / 2 01205/30/c_131620896.htm

2,5 miliardi di dollari per ampliare il porto di Giacarta

15’000 chilometri separano la Svizzera e l’Australia. Eppure dal punto di vista sia culturale che economico, la mentalità australiana è più simile a quella svizzera di molti paesi geograficamente più vicini. L’Australian Financial Review ha dedicato un inserto speciale di otto pagine alla “Partnership on the Rise”. Le crescenti relazioni economiche sono di buon auspicio per l’industria esportatrice svizzera, soprattutto in vista del potenziamento dell’infrastruttura australiana deciso recentemente e in cui confluiranno ben 700 miliardi di dollari. The Australian Financial Review: Swiss Business - Partnership on the Rise www.osec.ch/de/filefield-private/files/43084/field_blog_ public_files/10090

L’operatore portuale Indonesia Port Corporation II ha avviato i lavori volti a costruire il Kalibaru Port (New Priok), un’estensione del porto principale di Tanjung Priok a nord di Giacarta. Per la realizzazione dell’ambizioso progetto sono stati stanziati 2,5 miliardi di dollari. La fetta del leone dei mezzi, ossia 1,4 miliardi di dollari, è destinata all’infrastruttura e alle attrezzature del nuovo terminale per container. Le capacità di trasbordo della zona portuale a nord di Giacarta saranno triplicate grazie al progressivo ampliamento a 18 milioni di TEU (Twenty-foot Equivalent Unit, ossia unità equivalente a venti piedi: unità standard basata su un contenitore ISO di venti piedi o 6,10 metri, utilizzata come misura statistica dei flussi o delle capacità di traffico). I lavori saranno avviati a luglio 2012. La prima fase di costruzione sarà completata nel 2014 e aumenterà le capacità di 4,5 milioni di TEU. Il progetto prevede inoltre: • la costruzione di un terminal per il petrolio e il gas naturale (730 milioni di dollari); • l’edificazione di strade a pedaggio, di una centrale per la fornitura di elettricità e di una zona industriale (305 milioni). Quando diventerà completamente operativo nel 2023, il New Priok sarà uno dei dieci più grandi porti del mondo. Indonesia Port Corporation: IPC receives Presidential decree to kick start development of New Priok www.indonesiaport.co.id/news/ipc-receives-presidentialdecree-to-kick-start-development-of-new-priok-21.html

La Cina lancia incentivi per sette industrie del futuro

La Cina reagisce al rallentamento della propria crescita economica all’8,2% lanciando delle misure volte a stimolare l’economia o perlomeno a frenarne l’erosione. Le attività varate comprendono un rilancio delle industrie del futuro, cui sarà attribuito un ruolo chiave. I settori industriali d’importanza strategica identificati dal governo cinese sono: • sviluppo e produzione di prodotti e applicazioni a basso consumo energetico/tecnologie ambientali; • tecnologie dell’informazione e della comunicazione; • biotecnologie; • impianti industriali ad alto valore aggiunto ed efficienza produttiva; • energie alternative; • sviluppo e produzione di nuovi materiali; • sviluppo e produzione di veicoli a propulsione alternativa. Secondo quanto comunicato dalle autorità, sono previsti 20 progetti volti a incentivare la crescita duratura di questi sette settori industriali. Reuters: China gives nod to strategic industries to aid growth www.reuters.com/article/2012/05/30/us-china-economyindustries-idUSBRE84T0DK20120530

Relazioni economiche sempre più strette tra Svizzera e Australia

La zona Asia-Pacifico rimane il motore trainante dell’economia mondiale

I mercati emergenti dell’Estremo oriente e del Sud-est asiatico si sono rivelati i motori trainanti dell’economia globale e continueranno a rivestire questo ruolo in futuro, anche se a un ritmo meno sostenuto, come evidenziano gli attuali indicatori economici del Fondo monetario internazionale (FMI). Per il 2012, gli analisti del FMI prevedono una crescita economica media del 5,6% nella zona Asia-Pacifico, ossia un aumento del PIL in calo di 0,3% punti percentuali rispetto all’anno precedente. Le zone che riscontrano il maggiore rallentamento sono Hong Kong e la Cina. La crescita stimata nell’anno corrente per l’Impero di Mezzo è dell’8,2%: la percentuale registrata nel 2011 era del 9,2%. Hong Kong rischia di vedere dimezzata la propria crescita, che dovrebbe attestarsi al 2,6% nel 2012. Gli indicatori del FMI designano la Thailandia quale Nazione con il maggior sviluppo economico nell’anno corrente: 5,5% (nel 2011: 0,1%). Nel 2013, l’intera regione dovrebbe tornare a crescere: la percentuale prevista dagli analisti del FMI è del 6,3%. La Thailandia rimarrebbe in prima linea con un aumento del 7,5%, superata solo dalla Cina con l’8,8%. Al terzo posto si troverebbe l’India (7,3%). In quarta posizione dovrebbe classificarsi il Laos (7,1%), in calo rispetto alle percentuali di oltre 8% registrate negli ultimi anni grazie al trasferimento di stabilimenti in provenienza dalla Cina. IMF Regional Economic Outlook: Asia and Pacific www.imf.org/external/pubs/ft/reo/2012/APD/eng/areo0412. htm

I paesi più competitivi nel confronto internazionale

Per la prima volta, la Svizzera spodesta Singapore dal terzo posto della classifica IMD dei paesi più competitivi al mondo. Ai primi due posti rimangono Hong Kong e gli USA. La Svizzera deve il suo salto dal quinto al terzo posto ai risultati economici buoni nel confronto sia europeo che internazionale nonché all’alta solidità finanziaria, una situazione che tuttavia non può considerarsi durevole vista la sua

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Commercio estero Pagine a cura di Osec Ticino

forte dipendenza economica dall’estero e l’attuale sviluppo congiunturale incerto nei principali mercati d’esportazione. Sono avanzati anche la Norvegia (dal 13° all’8° posto) e i Paesi Bassi (dal 14° all’11°), due nazioni con una struttura demografica ed economica simile a quella Svizzera. Tuttavia, sono gli Emirati Arabi Uniti a vantare la maggiore progressione (dalla 28° alla 16° posizione). Dopo Hong Kong, USA e Svizzera, la top ten dell’attuale IMD Competitiveness Ranking è completata da Singapore (slittata dal 3° al 4° posto), Svezia (in 5° posizione poiché sorpassata, come Singapore, dalla Svizzera), Canada e Taiwan (che si sono scambiati i posti), Norvegia, Germania (guadagna una posizione) e Qatar (ne perde due). IMD World Competitiveness Yearbook Results 2012 www.imd.org/research/publications/wcy/World-Competitiveness-Yearbook-Results/#/wcy-2012-rankings

I costi d’insediamento nel confronto internazionale

La scelta del luogo d’insediamento è dettata in ampia misura dagli oneri che un’impresa deve sostenere per essere attiva in un determinato paese. Lo studio “Competitive Alternatives 2012” pubblicato dalla KPMG confronta i costi d’insediamento nelle nove principali nazioni industrializzate e nei cinque maggiori mercati in crescita (Stati BRIC e Messico). Il verdetto è chiaro: il Giappone è il sito più costoso, superando del 9,4% gli USA, che fungono da parametro di riferimento. Più care degli Stati Uniti sono anche Australia (del 3,7%) e Germania (dello 0,1%), mentre i costi risultano inferiori nelle altre nazioni industrializzate considerate nello studio, ossia Italia (del 2,1%), Francia (del 3,9%), Canada (del 5,0%), Paesi Bassi (del 5,3%) e Gran Bretagna (del 5,5%). Non sorprende constatare che i costi nei paesi emergenti sono di gran lunga inferiori rispetto alle nazioni industrializzate. L’unica eccezione è il Brasile: risulta del 7,0% più basso nel confronto con gli USA, ossia di poco più economico di, per esempio, Gran Bretagna, Paesi Bassi o Canada. A incidere in Brasile sono soprattutto i costi del lavoro e il forte onere finanziario dovuto a imposte e altre tasse prelevate dallo Stato. Gli altri Paesi BRIC e il Messico risultano, invece, molto meno cari degli USA: Russia (del 19,7%) Messico (del 21,0%), India (del 25,3%) e Cina (del 25,8%). KPMG: Competitive Alternatives 2012 www.competitivealternatives.com

Rallenta il ritmo dei flussi commerciali globali

I flussi commerciali globali rallentano. Dopo anni in cui si sono attestati al 6%, nel 2011 le importazioni e le esportazioni mondiali sono calate di un punto percentuale, ammontando quindi al 5%. Gli esperti di Dun & Bradstreet (D&B) non si attendono mutamenti di rilievo nel 2012. A ripercuotersi sugli scambi sono soprattutto la crisi dei debiti e delle finanze in Europa nonché la timida crescita economica nelle nazioni industrializzate, che non potrà essere compensata come in passato da mercati emergenti quali Cina o Brasile, anche loro in fase di rallentamento economico. Dun & Bradstreet: Trading Globally - Opportunities and Risks www.dnbgermany.de/wp-content/uploads/2012/05/Trading-Globally_Opportunities-and-Risk.pdf Dun&Bradstreet/NA Presseportal: Globale Handelsströme - Ausblick für 2012 (Exporte und Importe)

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www.presseportal.de/pm/54848/2262927/globale-handelsstroeme-ausblick-fuer-2012-exporte-und-importe

Le imposte principali nel confronto internazionale

Anche se la Svizzera è una delle nazioni in cui la pressione fiscale è più lieve, la sua piazza economica non esce vincente in ogni ambito d’imposizione. Come si evince dalle statistiche pubblicate nell’opuscolo “Die wichtigsten Steuern im internationalen Vergleich 2011” edito dal Ministero tedesco delle finanze, alcuni Stati membri dell’UE, soprattutto quelli dell’Europa orientale, hanno saputo aumentare la propria attrattività fiscale. La Svizzera capeggia la classifica per quanto riguarda le imposte sulle società. Seguono Bulgaria, Cipro, Irlanda e Germania. Tuttavia, se si considerano tutte le imposte e le tasse sui redditi da capitale prelevate a livello statale e regionale (cantonale e comunale), la Svizzera risulta meno vantaggiosa: con il 20,65% (base: la pressione fiscale nel cantone Zurigo), slitta al 12° rango tra le 33 nazioni industrializzate valutate nel capitolo “imposizione delle imprese”. Tale ambito è capeggiato ex-aequo da Bulgaria e Cipro (10%). Seguono Irlanda (12,5%), Lettonia e Lituania (15%), Romania (16%) nonché Polonia, Repubblica Slovacca e Repubblica Ceca (19%). Le imprese pagano più imposte negli USA (39,65%), in Giappone (39,62%), Malta (35%), Francia (34,43%), Belgio (33,99%), Italia (31,4%), Spagna (30%) e Germania (29,83%). Per quanto riguarda la somma di aliquota, imposte e oneri sociali rispetto al prodotto interno lordo, le percentuali più basse risultano negli USA (24,8%) e in Giappone (26,9%: dati del 2009). Seguono Irlanda (28,0%), Repubblica Slovacca (28,4%) e Svizzera (29,8%). Le tasse più alte si registrano in Danimarca (48,2%) e Svezia (45,8%). Bundesministerium der Finanzen: Die wichtigsten Steuern im internationalen Vergleich w w w.bundesfinanzministerium.de /nn _ 538 4 8 /DE / BMF__Startseite/Service/Broschueren__Bestellservice/ Steuern/2012-05-02-die-wichtigsten-steuern-im-internationalen-vergleich,property=publicationFile.pdf

Sondaggio dell’Amministrazione federale delle dogane

Negli ultimi anni, l’Amministrazione federale delle dogane (AFD) ha ampliato il proprio ventaglio di servizi e realizzato numerosi progetti volti a informatizzare le procedure doganali. Al fine di valutare se la gamma di prodotti soddisfa le esigenze della clientela oppure se sono ravvisabili margini di miglioramento, ha lanciato un sondaggio, la cui partecipazione richiede circa 10-15 minuti. AFD: Questionario dell’amministrazione federale delle dogane (AFD) www.surveymonkey.com/s/Questionario-AFD

Osec

Corso Elvezia 16 Casella postale 5399 – CH-6901 Lugano Tel. +41 91 911 51 35/37 Fax +41 91 911 51 39 info.lugano@osec.ch www.osec.ch


Commercio estero di Monica Zurfluh, Responsabile Osec Ticino e Marco Passalia, Responsabile Servizio Export Cc-Ti

Difficoltà ricorrenti in ambito export (parte 2) Questo articolo vuole dare un seguito a quanto pubblicato sull’edizione di giugno di Ticino Business e quindi illustrare alcune delle tematiche che creano difficoltà alle aziende esportatrici e che la Cc-Ti e l’Osec si impegnano a chiarire. Tra i temi che non abbiamo avuto modo di affrontare la volta scorsa, troviamo l’IVA comunitaria. Le operazioni transfrontaliere sollevano spesso domande inerenti alla fatturazione, alla necessità di ottenere una partita IVA europea oppure alla definizione di “cessione comunitaria”. Se da un lato per determinare l’imponibilità di un’operazione bisogna definire il luogo in cui avviene la consegna della merce o in cui è effettuata la prestazione di servizio, è anche vero che la consegna è imponibile nel paese in cui avviene la prestazione, ma il luogo della prestazione dipende dal tipo di consegna (es. fornitura con o senza trasporto). Per quanto riguarda invece le prestazioni di servizi transfrontalieri, il principio applicato vuole che questi servizi siano normalmente tassati nel luogo di domicilio del destinatario della prestazione (committente), ma in realtà vi sono numerose eccezioni. Per quanto riguarda la partita IVA europea, questa è necessaria per le aziende svizzere dal momento in cui operano nell’UE in qualità di importatore e in caso di operazioni a catena o per spedizioni all’interno di un paese. Infine, con il termine di “cessione comunitaria” si intende il movimento di merci da uno Stato membro all’altro. Riassumendo le problematiche dell’IVA intracomunitaria in poche righe, qualche non addetto ai lavori potrebbe pensare che il tema sia facile, quando in realtà la complessità e le difficoltà sono all’ordine del giorno. Ecco quindi che i seminari e gli incontri in azienda proposti dalla Cc-Ti mirano a fornire un quadro più chiaro della situazione. Le modalità di pagamento che caratterizzano una relazione commerciale di compravendita influenzano direttamente l’attività di un’azienda e la relativa gestione finanziaria e dei rischi. La scelta di una determinata modalità di pagamento nel commercio internazionale è influenzata da diverse variabili: le necessità contrattuali, le consuetudini commerciali, il rapporto di fiducia o di continuità con il cliente, i rischi d’insolvenza del cliente dovuti a fattori esterni, ecc.. La domanda quindi sorge spontanea: quale tipo di pagamento è più adatto alle necessità della propria impresa, alla strategia aziendale o all’esposizione finanziaria? Per semplicità è opportuno distinguere le principali modalità di regolamento in base al momento in cui avviene il pagamento della fornitura, ovvero prima, dopo o al momento della consegna della merce. Il pagamento anticipato è una classica modalità di regolamento che pone il venditore in una posizione di forza visto che la merce viene consegnata al cliente solo dopo l’avvenuto pagamento. In questo modo, i rischi per l’esportatore sono decisamente limitati, mentre per l’acquirente sono più diretti pensando ad esempio al rischio commerciale che la merce non venga spedita. In maniera speculare il pagamento posticipato pone l’importatore in una posizione di forza dato che può disporre della merce prima di effettuare il pagamento. Questi due casi opposti riflettono chiaramente, nella forma anticipata, una relazione commerciale fresca o poco consolidata, mentre la forma posticipata, può venir associata ad un rapporto commerciale più duraturo e di fiducia oppure anche ad una esplicita volontà di penetrare nuovi mercati. Queste due forme di regolamento portano con sé dei rischi commerciali e finanziari per le parti e quindi è molto diffuso anche il pagamento alla consegna della merce in contanti oppure un pagamento dietro documenti. In questo modo, i rischi sono distribuiti più o meno equamente tra le parti. Questa modalità di pagamento dietro documenti, anche definita contestuale, si basa sulla presenza imprescindibile delle banche nonché sull’utilizzo di strumenti di pagamento che sono appunto basati su documen-

ti comprovanti l’operazione commerciale (ad esempio la fattura, il certificato d’origine, i documenti di trasporto, ecc.). In questo caso, nell’attività quotidiana si pensa immediatamente all’incasso documentario (documentary collection) o al credito documentario (letter of credit). Naturalmente, anche in questo caso il livello di complessità è tale da rendere necessaria una formazione continua del personale in azienda che si occupa di queste tematiche in modo da minimizzare costi e ritardi imprevisti. Ed anche in questo, Cc-Ti ed Osec offrono regolarmente incontri informativi mirati e con un taglio molto pratico. La ricerca di nuovi mercati rappresenta una sfida importante per le aziende di piccole e medie dimensioni (PMI) che non dispongono di grandi risorse; ciò sia in termini di personale che di denaro. Se da un lato l’Europa rappresenta il naturale mercato di sbocco delle esportazioni elvetiche, il tasso di cambio sfavorevole con l’euro spinge le PMI a muoversi verso nuovi lidi, in primis le economie emergenti in rapida espansione. Nell’apertura verso nuovi mercati, soprattutto lontani, vanno tenute in considerazione le diversità nella lingua, nella cultura, nel modo di fare affari, ma anche nel raccogliere informazioni nonché nel “fiutare” gli umori e i meccanismi che regolano il mondo del business nel Paese prescelto. Operare per tentativi può risultare dispendioso ma anche pericoloso. L’analisi del mercato di destinazione è un passo molto importante per capire il volume degli affari, individuare come si posiziona la concorrenza, comprendere quali sono canali di distribuzione più adatti e la strategia di comunicazione più adeguata, nonché reperire le fiere settoriali più importanti. Anche ottenere elenchi di nominativi di agenti, distributori o potenziali clienti (facilmente reperibili e di qualità più o meno valida in Europa) non è sufficiente: da un lato, è difficile comprovare i dati e verificare il grado di affidabilità di queste aziende, dall’altro, risulta problematico identificare la persona di riferimento (decision maker), avviare il contatto o addirittura sondare la disponibilità alla collaborazione da migliaia di chilometri di distanza. È indispensabile quindi avvalersi di strutture in grado di indagare, reperire, valutare, selezionare i partner commerciali più idonei e che lavorano con gli stessi standard e a cui si è abituati in Svizzera e in Europa. In questo senso Osec, con i suoi Swiss Business Hub presso le ambasciate e i consolati svizzeri all’estero costituisce un appoggio ideale. Osec organizza regolarmente delle giornate di “consulenza Paese” durante le quali è data la possibilità di fissare un incontro individuale per discutere del proprio progetto in un mercato specifico e definire assieme la migliore via da seguire per realizzarlo. Sia Cc-Ti che Osec organizzano anche delle missioni economiche per imprenditori, volte a tastare di prima mano il polso del mercato ed a incontrare potenziali partner in loco. Da non dimenticare che anche le fiere costituiscono un importante strumento per conoscere il mercato, sondare la concorrenza, curare i clienti esistenti e allacciare nuovi contatti: è possibile parteciparvi con uno stand proprio oppure su uno “Swiss Pavilion”, il padiglione ufficiale svizzero. A quanti desiderano più semplicemente avere una panoramica generale dei vari mercati, dei settori in espansione, delle difficoltà generalmente riscontrate e delle barriere culturali più diffuse, consigliamo infine di partecipare agli eventi paese organizzati regolarmente dalla CcTi in collaborazione con Credit Suisse, Cippà Trasporti SA e Osec. A questo proposito raccomandiamo di segnarsi in agenda la data del 10 ottobre per un evento dedicato alla Turchia e quella del 6 novembre, giorno in cui si terrà un evento sulla Serbia. Per concludere questo giro delle difficoltà riscontrate più di frequente in ambito export non possiamo che consigliarvi una via per chiarirle e risolverle: quella di contattarci. Siamo volentieri a vostra disposizione.

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Fiere internazionali

Arabplast Dubai, 7 - 10 gennaio 2013

Tenutasi per la prima volta nel 1992, Arabplast rappresenta la principale fiera nella regione del Golfo per la plastica e il cacciù. I paesi del Gulf Cooperation Council sono destinati a diventare la prima fonte mondiale di petrolchimica e di prodotti plastici. Con una crescita annua del 20%, l’industria petrolchimica attira forti investimenti esteri grazie soprattutto alla produzione di polietilene e di polipropilene. Infatti, la regione del Golfo e l’Iran hanno fabbricato 15 tonnellate di etilene nel 2007 e la produzione prevista nel 2011 dovrebbe ammontare a 30 milioni. Si stima che le capacità produttive di polietilene possano crescere dalle 10,7 tonnellate del 2009 a 21,5 tonnellate entro il 2015. La fabbricazione di polipropilene dovrebbe quasi raddoppiare nello stesso periodo, passando dalle 4,8 tonnellate registrate nel 2009 alle 9,5 tonnellate previste entro il 2015. Arabplast presenterà i seguenti prodotti: materiali, sostanze chimiche ed eccipienti; macchine, attrezzature, servizi e tecnologie d’imballaggio; attrezzature per il riciclaggio; macchinari per la finitura, la decorazione, la stampa e la marcatura; semilavorati, parti tecniche, componenti e plastiche rinforzate. Contestualmente ad Arabplast si svolgerà per la prima volta la conferenza ed esposizione internazionale Composite Arabia, dedicata ai materiali compositi e alle relative tecnologie. L’edizione 2011 della fiera biennale Arabplast ha contato 703 espositori e 18’860 visitatori provenienti da 107 paesi, di cui il 39% da nazioni oltre la zona GCC (+25% rispetto alla precedente edizione). Lo SWISS Pavilion, con ubicazione ideale accanto all’entrata della hall 4, vi è allestito dall’Osec in collaborazione con Swissmem, l’Associazione Svizzera delle materie plastiche e lo Swiss Business Hub GCC. Informazioni generali sulla fiera: www.arabplast.info Informazioni sullo SWISS Pavilion: www.osec.ch/it/node/43150

ISM Colonia, 27 - 30 gennaio 2013

Da oltre 40 anni, l’ISM rappresenta la maggior fiera annuale a livello internazionale per i confettieri esportatori di cacao, cioccolata e prodotti affini, pasticceria, panetteria fine, dolciumi, gelati e materie prime. È quindi la piattaforma ideale per scoprire e svelare le ultime tendenze, i nuovi prodotti e la loro evoluzione futura. La diversità del mercato mondiale si riflette nell’ampia offerta proposta all’ISM: è qui che s’incontrano i principali gruppi target dell’industria della confetteria. Le PMI e i leader sul mercato vi allacciano contatti essenziali a livello internazionale, onde poter rispondere a ogni minimo desiderio dei consumatori di domani con le loro idee, creazioni e concetti innovativi. Nel 2012, il salone ha accolto 1’412 espositori da 65 paesi, di cui l’83% proveniente dall’estero, su una superficie lorda di 105’000 mq. I professionisti giunti a Colonia da 130 paesi erano 35’000. I gruppi target del salone comprendono grandi distributori e le loro succursali regionali, cooperative, cash and carry, supermercati, discount, self-service, rifornitori di stazioni di benzina, grossisti di prodotti dietetici, drogherie,

SWISS Pavilion e le aziende innovative rossocrociate spiccano!

pasticcerie e panettieri. Come ogni anno, l’Osec collabora con Chocosuisse e Biscosuisse per allestire lo SWISS Pavilion a questa importante fiera. Esso sarà nuovamente ubicato nella posizione privilegiata della hall 4.2, tra i padiglioni nazionali di Belgio e Gran Bretagna. Informazioni generali sulla fiera: www.ism-cologne.de Informazioni sullo SWISS Pavilion: www.osec.ch/it/node/43148?lforce=1

K 2013 Düsseldorf, 16 - 23 ottobre 2013

La K di Düsseldorf è la principale fiera internazionale nel settore della plastica e del caucciù. Ogni tre anni vi si presenta ciò che conta oggi e ciò che determinerà i mercati domani e anche dopo-domani. Infatti, l’industria plastica è uno dei rami più innovativi dell’economia mondiale. L’efficienza energetica e la gestione delle risorse rivestono una crescente importanza in questo settore che sviluppa materiali e bioplastiche rinnovabili. K 2013 presenterà i seguenti prodotti: materiali, sostanze chimiche ed eccipienti; macchine, attrezzature, servizi e tecnologie d’imballaggio; attrezzature per il riciclaggio; macchinari per la finitura, la decorazione, la stampa e la marcatura; semilavorati, parti tecniche, componenti e plastiche rinforzate. All’edizione 2010 hanno preso parte 3’094 espositori provenienti da 56 paesi. La fiera ha contato ben 222’486 visitatori giunti da 100 nazioni. Il salone occupa la 17 hall del parco espositivo di Düsseldorf, la cui superficie netta ammonta a 162’093 mq. Unitevi allo SWISS Pavilion che sarà allestito dall’Osec in collaborazione con Swissmem, l’Associazione Svizzera delle materie plastiche, lo Swiss Business Hub Germany e il media partner Kunststoffextra (rivista settoriale specializzata). Informazioni generali sulla fiera: www.k-online.de Informazioni sullo SWISS Pavilion: www.osec.ch/it/node/41619?lforce=1

Informazioni sugli “Swiss Pavilion”: www.osec.ch/SWISSPAVILION

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Vita dei Soci

TEMPO PRESENTE DEL VERBO INCONTRARSI Una settantina di invitati si sono incontrati la sera del 29 maggio scorso per brindare ai 100 anni della POLUS SA di Balerna ed alla sua storia che continua

Un evento annunciato Di questa importante ricorrenza della POLUS abbiamo già avuto modo di scrivere su queste colonne negli scorsi mesi. Come annunciato, il 29 maggio si è tenuta la manifestazione ufficiale privata, alla quale hanno partecipato rappresentanti dell’ente pubblico, delle associazioni di categoria, del mondo economico, del turismo, della cultura, dell’arte, dei media e amici vicini alla società. La scelta della data non è stata casuale: il Consiglio d’Amministrazione della società ha voluto che la festa si tenesse proprio il 29 maggio, data in cui la Polus 100 anni fa fu iscritta al Registro di commercio. Dopo il benvenuto di Giovanna Staub, Responsabile amministrativa e Vice Presidente del CdA, il Signor Mauro Ratti, Presidente del Consiglio Comunale di Balerna, a nome del Comune, si è congratulato e complimentato con i dirigenti della POLUS per l’importante traguardo e la dimostrata capacità di ripensarsi ed essere riusciti ad attrarre, in questo centro polifunzionale dal pregio architettonico, oltre 30 realtà aziendali di vari settori. Egli ha augurato loro che la storia possa proseguire ancora per lunghi anni.

È stata poi la volta del signor Roberto Klaus, Innovation Coach and Industry Liaison, della fondazione Agire, la piattaforma per il trasferimento delle conoscenze e delle tecnologie e per la promozione dell’imprenditorialità del Cantone Ticino, che pure ha elogiato la riuscita riconversione della Polus e auspicato uno scambio di esperienze. Il successivo intervento del Presidente del CdA, Signor Cesare Valsangiacomo è stato particolarmente apprezzato dei partecipanti. Egli ha ripercorso i suoi ricordi del mondo del tabacco: dalla sua infanzia, fino alla sua entrata nel CdA della Polus, per seguirne l’attività fino all’abbandono del settore nel 1992 e viverne la riconversione,

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Vita dei Soci

dal 1999 quale Presidente del CdA. Affiancato in questi 13 anni dai due “giovani” colleghi, Giovanna Staub e Stefano Camponovo, egli si è complimentato con loro, così come con la signora Barbara Eberhöfer-Staub che insieme alla sorella Giovanna Staub hanno rappresentato e rappresentano tuttora il cuore pulsante dagli ultimi 20 anni della società, in quanto operative in prima linea. Felice di poter esser presente a questa ricorrenza, egli ha pure manifestato il suo apprezzamento del risultato dell’organizzazione delle attività legate a questo importante appuntamento e in particolare per l’applicativo sviluppato per gestire le visite guidate. Un passato importante e una capacità di ricrearsi Nella sua introduzione Giovanna Staub, ha voluto sottolineare come la sala Carlo Basilico decorata con le tempere murali dell’artista chiassese, già da sola ricordi il Mendrisiotto dell’inizio del 1900. Gli organizzatori hanno inoltre voluto allestire un angolo dedicato alle tante sigaraie che negli anni hanno lavorato alla Polus e in tutto il Mendrisiotto. Ciò è stato possibile grazie alla collaborazione con il centro di dialettologia e etnografia (il Direttore Franco Lurà era presente alla serata) e del Museo della Civiltà contadina di Stabio. Si è pure evidenziato che la ricorrenza del centenario non avrebbe reso merito a chi negli anni ha gestito la Polus se ci si fosse per così dire “limitati” a raccontare dell’importante ruolo giocato dalla Società nel settore del tabacco. Da ben 20 anni ormai quell’attività è cessata ed essa ora opera nell’ambito immobiliare.

Nel concepire i festeggiamenti, con il supporto di un consulente in strategie della comunicazione, il CdA ha proprio voluto mettere il focus sulla dimostrata capacità degli amministratori della POLUS di “ricrearsi”: da qui il titolo “lo spazio ricreato”. Per questo ha voluto pensare ad un evento memorabile Per strumenti: • a cominciare dal suo segno grafico: un segno, quello dell’infinito, che disegna una capacità di evolversi e rinnovarsi... • al videoclip ed alle immagini (visibili anche nel sito Internet) in esso contenute che legano al prezioso passato, abbinando il sigaro ad altri “oggetti”, in primis la matita – simbolo di progettualità... • fino all’interattivo che è stato sviluppato a supporto delle visite guidate alle nostra struttura. Per linguaggio: ogni parola dei supporti comunicativi è stata pensata e soppesata. Per creatività: che ha potuto esprimersi tramite ognuno dei supporti comunicativi. Anche il gadget offerto ai partecipanti era un concentrato di emozioni e stimoli.

Una nuova iniziativa per il territorio: le visite guidate Elemento centrale dei festeggiamenti è stato il lancio delle visite guidate alla Polus tramite la presentazione dell’applicativo interattivo sviluppato appositamente.

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Il primo percorso conduce, tramite le planimetrie, lungo il processo della lavorazione del tabacco. Le belle immagini del passato accompagnate da testi snelli, facilitano le spiegazioni della guida e la comprensione ai visitatori. Il secondo, l’“Oggi”, mostra come sono occupati ora gli spazi, e affronta diversi argomenti: dalle tappe della riconversione alla comunicazione e la relazione con il territorio, dai servizi offerti agli inquilini ai pregi architettonici. Entrambi i percorsi sono arricchiti con spunti per aneddoti e curiosità a disposizione dell’abilità dell’oratore per infarcire il racconto ed affascinare i visitatori. La visita si conclude con la schermata che ha sullo sfondo la fotografia del cancello d’uscita dalla proprietà dal quale ieri, nei giorni delle spedizioni uscivano balle di tabacco pari al carico di 4 vagoni ferroviari. L”Oggi” invita a un futuro con idee per possibili nuovi progetti. Un touch screen di una dimensione contenuta che permetta la gestione e il coinvolgimento di gruppi di al massimo 25 persone e un applicativo arricchito da fotografie, filmati, disegni, scritte e cifre: questi gli ingredienti per presentare in modo dinamico i contenuti di 100 anni di storia. Dalla prima schermata che riporta le planimetrie dei 6 piani dello stabile, chi gestisce la visita accompagna il suo ospite lungo due percorsi lo “Ieri” e l’“Oggi”.

Perché la storia continua Condizioni per le visite guidate: Il mercoledì ed il sabato, previa prenotazione. Orario da convenire Per prenotazioni: Tel. +41 91 683 35 05, info@polus.ch, entro il giovedì della settimana precedente. Numero minimo di partecipanti: 8 www.polus.ch/polus100

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Vita dei Soci

La pace si può fare... Dal Ticino per il Mondo! Non violenza, salute, acqua e ambiente: questi i temi che affronteremo dal 5 al 7 ottobre 2012 al Palazzo dei Congressi di Lugano durante il secondo Forum Internazionale: “Generazioni nel cuore della pace – dal Ticino per il Mondo”

Soddisfatti della prima edizione, che ha riscosso un ottimo successo di pubblico e critica, siamo certi che anche quest’anno non deluderemo le aspettative. La manifestazione vuole essere una ricorrenza annuale ed internazionale in famiglia, dove si possa creare un ponte interculturale tra i relatori, gli espositori presenti e i visitatori, in modo che ogni singolo possa prendere consapevolezza dei temi trattati per poi viverli e diffonderli nella quotidianità e fuori dai confini. Quattro temi di grande attualità per le tavole rotonde: tra cui “Le tavole della pace. L’alimentazione nel mondo”, dove possiamo annoverare tra i relatori il Professor Giorgio Calabrese, Vice presidente scientifico dell’Istituto Nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione e la Dottoressa Paola Vinciguerra, Psicoterapeuta e specializzata in bioenergetica. A seguire: ”La chiave per la salute e la pace. L’equilibrio e il benessere della persona”, con la presenza del Dottor Giovanni Pedrazzini, Vice primario del Cardiocentro Ticino. Continuando con: “La non violenza nel mondo reale e virtuale, la sfida vincente per costruire la pace“ e per concludere: “La salvaguardia dell’acqua, dell’ambiente e dell’economia a sostegno della pace dell’essere umano”. Fra i momenti clou della manifestazione ricordiamo il pomeriggio didattico sulla non violenza dedicato alle scuole medie e superiori, varie degustazioni di prodotti locali ed etnici con show cooking e la premiazione dei disegni dei bambini che hanno partecipato al concorso “L’acqua un bene prezioso dell’Umanità”. Da non perdere due importanti eventi di solidarietà, organizzati con lo scopo di raccogliere fondi per finanziare un progetto a sostegno di ragazzi con difficoltà finanziarie, per permettere loro di

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continuare gli studi e/o entrare nel mondo del lavoro. La “Cena dell’amicizia” di venerdì 5 ottobre vedrà la presenza di ospiti internazionali, autorità politiche, testimonial di pace dal mondo della cultura, dello sport e dello spettacolo. Sarà quindi un appuntamento imperdibile per scambiare opinioni e soprattutto un’ottima occasione di networking


Nel mese di luglio inizieremo la prevendita dei biglietti per il concerto-spettacolo sul sito www.tio.ch.

internazionale per le aziende ticinesi che vorranno prendere parte o invitare i propri clienti ad una cena di spessore. Sabato 6 ottobre potrete assistere a “Suoni dal mondo”, un concerto-spettacolo serale in cui avremo la partecipazione del Coro Calicantus, coro di voci bianche, Jirias Boullata, virtuoso pianista dell’Istituto Magnificat di Gerusalemme, la clown Gardi Hutter che si esibirà in un simpatico e divertente spettacolo, Daniele Finzi Pasca con la sua Compagnia e altri artisti.

Per maggiori informazioni vi invitiamo a visitare il sito internet www.generazioninelcuoredellapace.ch, oppure contattare: MaffeisNetwork SA Marketing and Communication Via Cortivallo 3a 6900 Lugano Tel +41 91 922 95 18 info@maffeisnetwork.ch www.maffeisnetwork.ch

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Vita dei Soci di Lisa Pantini

Bertini & Togni SA: la sicurezza di lavori a regola d’arte La ditta di Lugano ha festeggiato il trentacinquesimo anno di attività ed il trentesimo di fondazione quale società anonima: si presenta sul mercato con rinnovato spirito intraprendente e dinamismo

Un’azienda come una grande famiglia cresce, matura, e si consolida nel tempo. Impegno, continuità, lavoro e passione. Questi gli ingredienti che fanno della Bertini & Togni SA di Lugano un’impresa di successo, che negli anni ha saputo sempre far fronte alle sfide con cui era confrontata, reagire alle problematiche che incontrava sul suo cammino, gioire delle buone riuscite, sempre con determinazione e costanza, ha raggiunto un traguardo meritevole: il trentacinquesimo anno di attività ed il trentesimo di fondazione quale società anonima. Un’azienda che ha cominciato la sua attività nel 1977 come ditta individuale, e che nel 1981, dopo soli 4 anni di esistenza, cambia ragione sociale divenendo SA. La Bertini e Togni SA fu fondata dai Signori Aloscia Bertini e Giancarlo Togni, soci che hanno lavorato sodo facendo prosperare l’impresa. Una realtà di stampo famigliare, dove i rapporti personali sono cordiali e calorosi, dove non manca la voglia di lavorare, ma anche quella di conoscere chi si ha di fronte e chi lavora per l’impresa come dipendente; dove il dialogo sincero la fa da padrone. Presso la Bertini & Togni lavora anche la Signora Paola, moglie di uno dei titolari, il Signor Aloscia; è lei che si occupa della parte amministrativa e della gestione finanziaria e contabile; fatto a dimostrare l’impronta famigliare dell’impresa. È il 2005 quando il Signor Togni lascia la società per raggiunti limiti di età, andando in pensione. Ed è in quel momento che il Signor Bertini decide di proseguire l’attività «in solitaria», dirigendo con competenza e passione un team affiatato di circa 15 persone, formando apprendisti e, negli ultimi anni, prevedendo a medio termine l’entrata nella ditta del figlio Michele. Aloscia Bertini inizia la sua attività quale elettricista alla fine degli anni ‘50 con l’apprendistato, al quale seguono poi la maestria e diversi corsi di aggiornamento. Lavora per alcune delle più importanti ditte di elettricisti del panorama luganese e ticinese degli anni ‘60 e ’70, realizzando grandi lavori in palazzi storici del centro di Lugano, dove si suole passeggiare ammirando le bellezze delle facciate. Da sempre sostenitore convinto dell’intraprendenza e dell’importan-

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za di dare opportunità ai giovani, fonda la sua impresa nel 1977 e da allora non vi è stato anno nel quale non formasse apprendisti nel ramo elettrico. Si stima che in un trentennio siano stati oltre 100 i giovani formatisi presso la Bertini e Togni SA. Un dato molto rilevante per un’azienda che ancor oggi marca presenza sul territorio cantonale. La centralità della sede di Via Moncucco 3 a Lugano è un atout per la reperibilità e l’immediatezza nell’offrire i servizi ai clienti, che fedeli, seguono e usufruiscono delle prestazioni dell’azienda da molto tempo. Il costante aggiornamento sulle nuove tecnologie combinato con la dinamicità nell’interpretare i bisogni della clientela, garantiscono standard qualitativi elevati ed un’offerta efficiente per tutti. Centrale è anche il ruolo dei due tecnici che operano con professionalità e competenza per la ditta luganese da alcuni anni, i Signori Stefano Bassi e Marco Mancassola.

Bertini e Togni SA è sinonimo di sicurezza e di un lavoro eseguito a regola d’arte. Possiamo affermare con certezza che si tratta di un’azienda leader in Ticino, rappresentando ormai da diversi anni un punto di riferimento per le forniture elettriche, nonché l’assistenza e la manutenzione di impianti sia per privati che per altre imprese ed enti pubblici. Bertini & Togni SA Via Moncucco 3, 6900 Lugano Tel. +41 91 950 90 90 Fax + 41 91 950 90 94 info@bertinietogni.ch www.bertinietogni.ch


Vita dei Soci

Mafledil SA: opere pubbliche di qualità, un grande lavoro di squadra

Floriano Ghisolfi e Mario Colangelo

Con una decennale esperienza nel settore delle opere pubbliche, Floriano Ghisolfi e Mario Colangelo, hanno unito le forze fondando Mafledil SA. L’idea di mettere insieme le loro professionalità complementari, una più portata per la direzione tecnica, l’altra per l’amministrazione, porta oggi Mafledil ad essere una delle migliori aziende edili attive in Ticino

Nel 2003, dopo aver rilevato un’impresa edile nel Locarnese dando continuità alla manodopera esistente, prende dunque il via Mafledil, azienda che in meno di dieci anni ha raggiunto il “top” della qualità nel settore delle costruzioni, specializzandosi nell’ambito delle commesse pubbliche, che copre il 90% dell’attività svolta. In pochi anni Mafledil ha scalato posizioni espandendo rapidamente la propria attività. Oggi è una delle prime 5 imprese del Canton Ticino nel settore e dà lavoro a ben 110 operai, riuscendo a gestire fino ad una ventina di lavori contemporaneamente. Una vera squadra. “I nostri collaboratori ci mettono l’anima”, precisa Floriano Ghisolfi, “c’è un rapporto familiare e grande senso di responsabilità da parte di tutti. Cerchiamo di motivarli per fare al meglio il nostro lavoro, anche perché lavorare nel settore pubblico presuppone maggiori responsabilità: siamo sempre sotto osservazione”. In questi nove anni il turnover è stato notevole, con un for-

te ricorso al frontalierato e alla ricerca della qualità anche attraverso la crescita del personale, che viene sottoposto a formazione continua. Strade, ponti, palazzi, scuole, questo è il core business di Mafledil: opere caratterizzate dalla continua ricerca della più alta qualità al minimo prezzo possibile, per reggere il passo di una concorrenza che si fa sempre più agguerrita in un settore, quello delle opere pubbliche, in cui l’offerta non è più di tanto espandibile “a meno che” ammette Ghisolfi “lo Stato e il Cantone non si mettano ad appaltare più opere”. L’idea di allargare l’attività al Nord Italia è difficilmente percorribile, anche se sono state avviate le prime collaborazioni con aziende d’oltreconfine: “C’è un problema di reciprocità, per i tempi di pagamento e per i contratti collettivi” fa notare Mario Colangelo “se si armonizzassero le condizioni a livello di Regio Insubrica potremmo pensarci su”. I problemi del settore (scarsi margini, contratti d’appalto risalenti agli anni ‘60, alto costo del lavoro, criteri di aggiudicazione paradossali) penalizzano le aziende, che non possono investire: “La politica non capisce che se sta bene l’impresa, fa girare l’economia” ricorda Ghisolfi, “se i margini sono all’osso dobbiamo razionalizzare ma ad esempio non possiamo investire in nuovi macchinari. Poi basta uno scandalo per mettere tutta la categoria in cattiva luce”. Invece la concorrenza impone una ricerca maniacale della qualità, dalla certificazione ISO9001 alla formazione per gli apprendisti. Ma la consapevolezza di aver raggiunto in pochi

anni la vetta della classifica è la miglior gratificazione,e uno stimolo a consolidarsi al “top”. Tra le opere più importanti che fanno parte del “portfolio” di Mafledil ci sono la scuola media di Bellinzona, la scuola di Riva San Vitale, la palestra delle scuole di Chiasso, edificio molto caratteristico per il fatto che poggia l’intera struttura su quattro forcelle in acciaio e cemento, e ancora il magazzino ortofrutticolo della Foft di Cadenazzo. Sul fronte delle costruzioni private spicca invece il palazzo della Cà di Ferro a Locarno, sul lago. Tra le opere in corso di realizzazione, l’autosilo di Manno, un palazzo a Bellinzona, il piano viario di Grancia ma anche appalti più complessi come la manutenzione delle strade cantonali della valle Morobbia fino al passo del Lucomagno e la manutenzione delle opere del genio civile della Municipalità di Bellinzona. “Per gestire questi appalti dobbiamo essere pronti a tutto”, sottolinea Ghisolfi “quando si verificano interventi di emergenza dobbiamo concentrare su quell’opera il lavoro di tutta la ditta”.

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Vita dei Soci di Clarissa Iseppi e Diego Caccavale, Titolari di Eventopolis SA

Eventopolis SI presenta

Clarissa Iseppi e Diego Caccavale

Carta d’identità

Eventopolis si occupa di organizzazione di eventi aziendali e istituzionali e da quando è nata, nel 2005, ha un intento preciso: colmare il vuoto, nel mercato ticinese, di un’agenzia che affronti l’evento aziendale con professionalità e artigianalità allo stesso tempo. In Eventopolis hanno scelto da subito la cura del cliente come filo conduttore del lavoro. Ogni evento è diverso, perché ogni cliente è diverso. Ogni evento nasce da un insieme di creatività e di marketing. Non esistono modelli generalizzabili ma solo tecniche e professionalità personalizzabili sulle esigenze specifiche del cliente.

La carta dei servizi

È un’offerta a servizio completo nel senso che Eventopolis si pone come interlocutore unico del cliente. Oltre alla progettazione dell’evento, i professionisti di Eventopolis selezionano i fornitori e ne curano la gestione, dalla location alla società di catering, programmano gli aspetti tecnici, audio e luci, curano gli allestimenti, la ricerca delle soluzioni di intrattenimento, attuando come contractor degli artisti selezionati, fino alla regia completa dell’evento. Questo approccio semplifica la vita del cliente e gli garantisce anche una efficienza organizzativa ed economica che sarebbe difficile ottenere in altro modo. Ovviamente lavorano anche assumendo il coordinamento

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Gestione eventi presso Tenuta Castello di Morcote

di fornitori già selezionati dal cliente, curandone l’armonizzazione nel piano generale dell’evento e assicurando quindi quella coerenza che porta al successo. EVENTOPOLIS SA :: Agenzia di organizzazione di eventi Via Peri 17, 6900 Lugano Tel. +41 91 971 46 57 info@eventopolis.ch www.eventopolis.ch


Vita dei Soci

La Federazione Svizzera degli Agenti Generali sezione Ticino (FSAGA)

Chi rappresenta la FSAGA?

“La FSAGA è l’organo ufficiale che custodisce i fondamenti dell’etica e delle norme deontologiche della professione di consulente alla clientela in ambito assicurativo e ne tutela il rispetto. Concretamente la FSAGA raggruppa un numero importante di agenti generali attivi sul territorio, che rappresentano buona parte delle società di assicurazione”.

Quali sono le attività principali della FSAGA?

“L’ultimo decennio è stato contraddistinto da numerosi cambiamenti strutturali e concentrazioni che hanno obbligato i responsabili regionali a trovare sempre nuove soluzioni e strade per garantire continuità alle loro strutture e svolgere al meglio il loro compito nell’ambito della distribuzione e della vendita di prodotti assicurativi”.

…quindi…

“Possiamo dire che il settore assicurativo alle nostre latitudini è un importante attore economico in Ticino, Mesolcina e Calanca e contribuisce in modo considerevole al valore aggiunto cantonale e all’introito fiscale, con un numero considerevole di posti di lavoro”.

Quali sono i compiti all’interno di un’agenzia generale di assicurazione?

“Va innanzitutto detto che le agenzie generali di assicurazione gestiscono oltre due terzi del portafoglio clienti delle varie compagnie. Attraverso la formazione continua dei propri collaboratori garantiscono una consulenza di qualità ai loro clienti, sia privati che aziendali nei vari rami rappresentati quali la vita collettiva e individuale, rami generali e rami patrimoniali, nonché tutti i rischi speciali”.

Che tipo di assistenza fornite?

“Grazie alla presenza capillare di consulenti e di specialisti sul territorio assistiamo il cliente dal punto di vista amministrativo senza dimenticare

il supporto in caso di sinistro tenuto conto delle realtà imprenditoriali della nostra clientela. E per concludere alle agenzie generali spetta un importante ruolo di rappresentanza della rispettive compagnie e fungono da collegamento tra il cliente con le sue esigenze e le rispettive direzioni”.

Da chi è composto il Comitato in carica?

“Giorgio Dozio, Presidente; Massimo Llamas, Segretario; Domenico Sartore, Responsabile finanze; Simone Quadri, Responsabile comunicazione; e Mauro Canevascini, Marketing”.

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SINCE 1999

Ticino by Night: una storia di successo e una sfida per il futuro Guida al tempo libero & benessere - Insubria

www.tinotte.ch Via S.Gottardo 26, CH-6900 Lugano Tel./Fax +41 91 605 73 00/04

SINCE 1999

Peraltro è l’innovazione che sta alla base di qualsiasi successo e non vi è crescita se non si propongono novità, spiragli di miglioramento, nuove vie verso il progresso: Ticino by Night si è adeguato ai cambiamenti socio – economici del momento, traendone nuovi stimoli. Una nuova sfida verso il futuro, dunque, in cui lo scopo non è solo quello di mantenere e migliorare la competitività, bensì Guida al tempo libero promuovere il territorio attraverso varie sfaccettature in ogni & benessere - Insubria sua manifestazione, cercando di essere sempre presente o comunque ben informati, per poter tempestivamente proporre e realizzare intriganti idee.

www.tinotte.ch Via S.Gottardo 26, CH-6900 Lugano Tel./Fax +41 91 605 73 00/04

Il bimestrale Ticino by Night, edito da A.R.T. Promotion SAGL è nato nel 1999 con lo scopo di informare sugli avvenimenti culturali e sportivi dell’Insubria, e sul tempo libero in generale. Attualmente viene edito in ben 64 pagine, con una tiratura media di circa 15’000 copie, distribuite gratuitamente su tutto il territorio, conferendo al nostro giornale – ma soprattutto a coloro che ci scelgono per la loro pubblicità – ampia visibilità.

È un business, il nostro, a più livelli che mira ad adeguare le proprie risorse al momento sociale ed economico, alle esigenze della clientela, ai desideri dei lettori, ridefinendo di volta in volta, a seconda dell’occasione, la propria funzione. Ticino by Night adotta misure che tengono conto dei legittimi desideri del momento, ed il suo occhio critico fa il resto. Per una nuova sfida verso il futuro, per continuare a scrivere una storia di successo.

La storia del magazine inizia tredici anni fa – prima vera esperienza di free press locale - e da allora registra una continua evoluzione: contenuti, grafica, temi trattati, sempre badando alla fondatezza delle informazioni. L’ampio spazio dedicato ai personaggi di rilievo del mondo dello spettacolo, cosi come dello sport (e non solo), appartenenti alla realtà locale, riveste un ruolo decisamente importante, rispettoso delle esigenze dei nostri esigenti lettori. Non da ultimo, i concorsi da noi organizzati, che ci regalano, ogni anno di più, grandi soddisfazioni: basti pensare al concorso Mangiar Bene, che premia i cuochi migliori dei nostri locali, oltre che al noto Camerieri Frizzanti, che intende conferire risalto ad una professione degna di grande rispetto; per finire poi con i concorsi delle nostre miss: Miss Ticino by Night e Miss Tap Model. La storia di successo di un valido e apprezzato strumento di comunicazione per chi è alla ricerca di interessanti proposte per il tempo libero, e nel contempo, per coloro che cercano un valido mezzo di promozione pubblicitaria, alternativo ai media classici.

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ART Promotion Sagl Via San Gottardo 26 6900 Lugano Tel. +41 91 605 73 00


Vita dei Soci

DELOCALIZZAZIONE D’IMPRESA QUALE USCITA STRATEGICA DALLA CRISI

Una crisi senza precedenti. Soprattutto per quelle che sembrano essere le sue caratteristiche endogene: non più crisi localizzata o localizzabile ma crisi allargata, cosiddetta sistemica, tale cioè da riuscire a mettere in discussione tutti quei paradigmi di politica economica fino ad ora studiati ed applicati oltre alle capacità di quei governanti che la si trovino a fronteggiare. Certamente gli Stati Uniti d’America, mercato capitalistico mondiale per eccellenza, hanno acceso la luce - come spesso si è verificato anche nella recente storia - su quello che sarebbe poi stato al contempo il grande problema, la grande scommessa delle moderne economie nazionali ovvero la propria abilità di gestione di quel rischio di default da intendersi come quella capacità di riuscire a perdurare in equilibrio finanziario rispetto a parametri comunemente condivisi ed accettati. Comunemente? Questo sembrerebbe essere il vero nocciolo della questione: il significato di “comunemente”… A prescindere dalle debolezze e dalle criticità strutturali di un determinato sistema economico nazionale, (ad esempio la crisi dei mutui subprime negli USA piuttosto che l’incontrollato livello di spesa pubblica italiana, la debolezza industriale greca o la rischiosità ovvero lo scarso rendimento del capitale investito del tal Paese...) il vero problema risiederebbe dunque nelle regole di politica economica alle quali quel Paese deciderebbe di aderire e pertanto di vincolarsi. Certamente un sistema economico completamente deregolamentato non sarebbe in grado di mantenere e preservare quegli standard di riferimento ai quali ci si possa riferire per poter valutare la forza o la debolezza della sua economia. Crisi dunque figlia della comunanza dei mercati ovvero della globalizzazione? certamente sì. L’entrata alle piazze internazionali alle quali le singole economie nazionali sono state “loro malgrado” chiamate, ha determinato un invitabile confronto tra le stesse. L’apertura del mercato dei capitali nei confronti delle emergenti economie, fino a qualche tempo fa solo marginalmente confinate, ha fatto si che si creassero nuove piazze finanziarie non necessariamente più preparate e capaci di quelle fino a quel momento di riferimento ma tuttavia più reattive, scaltre ed opportuniste nel riuscire a far il proprio lavoro ovvero attrarre ricchezza. Ed allo stesso modo, l’apertura dei sistemi industriali e produttivi occidentali nazionali al confronto con i nuovi mercati e le nuove economie ha di fatto (laddove mal gestita) indebolito il sistema economico di provenienza a tutto vantaggio di quello di destinazione: il business non prevede quasi mai né democraticità né riconoscenza. Quale soluzione dunque adottare per l’impresa dei prossimi anni? Evidentemente se le singole economie nazionali non saranno in grado di autoproteggere il proprio patrimonio di know-how e savoir faire, si verificherà una sempre più mas-

siccia attività di delocalizzazione d’impresa piuttosto che di alcune parti di essa: l’attività giusta al posto giusto ovvero localizzata in quell’area del mondo nel quale la stessa possa essere al meglio valorizzata all’interno di un processo “produttivo” che possa quindi definirsi ormai globale. Assisteremo così nel corso dei prossimi anni ad un massiccio ridefinirsi dei confini industriali mondiali, allo svilupparsi di nuove aree produttive di beni piuttosto che di servizi oltre che a massicce migrazioni di uomini e professionalità. L’opportunismo economico insieme a neonate e crescenti esigenze determineranno la ridefinizione dei confini fiscali e giuridici dei singoli sistemi economici nazionali almeno per come oggi li conosciamo. Delocalizzazione da intendersi come soluzione allo scenario macroeconomico così definito? Anche in questo caso la risposta non potrebbe che essere, inevitabilmente, affermativa. Non una “fuga” da un sistema economico in crisi o comunque più debole, meno strutturato bensì come “ricerca” di nuove opportunità per far fronte ad una domanda di beni e servizi sempre più globale ed ampia nonché esigente. “Delocalizzare per competere” dovrebbe essere il nuovo leit motiv. Ricercare e selezionare attraverso strutture competenti e professionalmente adeguate, introdotte e preparate, nuove opportunità in quelle aree geografiche ritenibili aprioristicamente idonee dall’imprenditore. La scelta di trasferire linee di produzione, logistiche, attività, know-how entro i confini di nuovi Paesi necessiterà dunque non solo di un’attenta valutazione del rapporto costi/opportunità ma soprattutto di quello rischio/minacce sostenibili. Un consiglio? Quello di evitare di farsi attrarre da quella logica ormai demodè del “quanto mi costa e quanto posso guadagnare o pretendere di avere” piuttosto che invece valutare, insieme ad un professionista introdotto e preparato, la rischiosità di portare il proprio business in aree non conosciute e pertanto magari non così garantiste più di quanto ci si aspettava. Il mondo non è Paese, si potrebbe affermare senza timore di smentita: in questo mutato contesto se qualcuno ha meno fame, qualcun altro potrebbe essere disposto a tutto pur di saziarsela: anche promettendo cose ed opportunità alla fine non effettivamente perseguibili.

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Vita dei Soci di Alessandra Bieri, Senior Consultant Luisoni Consulenze SA

Dualismo tra italianità ed elvetismo

Alessandra Bieri

Di recente, in occasione di una breve intervista sulle opportunità offerte dal bilinguismo italiano – tedesco, mi è stato chiesto di soffermarmi su questa caratteristica che implicitamente rappresenta un trait d’union con un mercato ed un mondo del lavoro a noi vicino. Ne è scaturita una riflessione su affinità, peculiarità e preconcetti. Assodata la forte, e ritengo indispensabile, interdipendenza sia commerciale che sociale tra la Svizzera interna ed il Ticino, la percezione di una realtà nei confronti dell’altra che sovente emerge da colloqui con candidati, clienti e colleghi, è tutt’oggi segnata da visioni non sempre condivise.

Preconcetti

Diffuso il pensiero che Oltralpe il mercato del lavoro sia più sicuro, più redditizio e meno toccato da alcune problematiche che vengono vissute come appannaggio esclusivo del Ticino, quali il pendolarismo d’oltre frontiera, la competitività transfrontaliera ed il progressivo inasprimento delle condizioni di lavoro. Interfacciandomi sempre più spesso con i colleghi confederati nell’ambito di progetti comuni sul mercato nazionale, la realtà descritta appare sì diversa, ma le problematiche talvolta sono simili. Consolidato il processo di apertura al progressivo insediarsi in Svizzera interna di profili accademici e non, provenienti in particolare dalla Germania e dall’Austria. Fortemente acuita la competitività richiesta alle aziende per competere non più solo a livello europeo, bensì mondiale e la conseguente razionalizzazione dei costi. Quest’ultima, anche al nord delle Alpi ha generato una forte pressione ed insoddisfazione sul posto di lavoro di tanti candidati che si rivolgono ai nostri colleghi, nonché una maggiore aggressività e minore etica professionale del mercato. Sintomatica la volontà di rientro di alcuni ticinesi. Persiste lo stereotipo del ticinese, ma a fronte delle recenti importanti acquisizioni di affermate aziende locali da parte di grandi realtà internazionali, dell’interesse nel non trascurare le opportunità di business offerte dal mercato ticinese e dei lungimiranti progetti made in Ticino, leggo in ciò più un modo convenzionale di descrivere una modalità di essere diversi, che non un reale pregiudizio.

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Peculiarità

Restano peculiari le caratteristiche innate di entrambi i mercati: più ampio, numericamente rilevante ed eterogeneo l’uno e più piccolo ed interconnesso l’altro. Comprensibile e giustificata l’esigenza di un approccio più strutturato da un lato, mentre dall’altro risulta comunque vitale una maggiore flessibilità e personalizzazione. Il mercato del lavoro riflette tali peculiarità. Tipicamente le realtà che operano a livello nazionale o addirittura internazionale, richiedono profili che possano integrarsi con un gruppo dinamico e moderno, i cui esponenti localmente siano tuttavia in grado di tessere relazioni proficue, poiché attente alle dinamiche peculiari della regione di riferimento.

Affinità

Le frontiere con le quali le aziende ed i lavoratori si trovano confrontati sono politiche. Il mercato in cui entrambi operano, volenti o nolenti, ormai non si ferma più davanti a tali frontiere e questo processo è inarrestabile e sempre più rapido. Adeguarsi a tali dinamiche o meglio trovare risposte attuali, sostenibili ed efficaci che possano contrastare tali impulsi, per un mercato interno che subisce pesantemente l’influsso di quanto accade al di fuori delle barriere politiche è un’esigenza comune che impone soluzioni non più regionali, bensì integrate e lungimiranti. Naturalmente predisposte a convivere in un contesto diversificato, molte nostre aziende hanno saputo applicare rapidamente questo know-how, traslandolo ad un contesto più ampio, imponendo l’eccellenza e la personalizzazione quale fattore distintivo e remunerativo. Per il lavoratore la sfida univoca è divenuta la capacità di confrontarsi con un modello generato da un mercato globale. Questo processo si traduce in una maggiore mobilità, nella capacità di accettare un maggiore” turn over” personale e del contesto, come pure nell’applicare modelli che chiedono risultati sempre e comunque misurabili sia qualitativamente che quantitativamente.


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Già una PMI su tre è cliente di Raiffeisen

Albrecht HansMartin

Nel settore delle piccole e medie imprese nessun altro gruppo bancario in Svizzera vanta un’esperienza così ampia come quella di Raiffeisen. Il radicamento a livello locale e la propria esperienza come PMI la rendono un partner di pari livello

Non è sempre facile per il titolare di una PMI trovare la banca giusta. Gli aspetti decisivi sono la fiducia, la competenza e una consulenza personalizzata in grado di soddisfare le esigenze della sua impresa. Per questo preferisce rivolgersi a una banca che risponde nei dettagli alle necessità specifiche dell’impresa e che conosce perfettamente le sfide del cliente e il contesto locale grazie a un’esperienza pluriennale.

Consulenza bancaria da PMI a PMI

Ormai sono più di 129’000 le imprese che hanno scelto Raiffeisen; una PMI svizzera su tre. Solo lo scorso anno, il terzo gruppo bancario svizzero ha registrato un aumento di oltre il due percento nel settore della clientela aziendale. Alcuni, però, si affidano a Raiffeisen già da generazioni: «Con molte di queste piccole e medie imprese abbiamo dei rapporti pluriennali», spiega Hans Albrecht, Responsabile del settore Clientela aziendale presso Raiffeisen Svizzera. Nel corso degli ultimi anni, Raiffeisen ha continuato ad ampliare e ad approfondire questi contatti. Una delle chiavi del suo successo è la struttura cooperativa: le oltre 300 Banche Raiffeisen indipendenti sotto il profilo imprenditoriale sono a loro volta delle tipiche PMI e ne conoscono quindi bene le esigenze e gli interessi.

Le piccole imprese in primo piano

Raiffeisen è specializzata nelle piccole e medie imprese. Oltre il 90 percento della clientela aziendale rientra nelle microimprese (con meno di 10 collaboratori) e un altro 7 percento circa è costituito da piccole imprese (da 10 a 49 collaboratori). La Banca assiste quindi i suoi clienti da pari a pari ed è in grado di offrire loro soluzioni su misura e prodotti comprensibili.

La vicinanza è importante

La vicinanza emozionale e geografica svolge un ruolo cruciale in un’attività nella quale la fiducia è fondamentale. Le consulenze e le decisioni che riguardano il settore clientela aziendale vengono quindi fornite innanzitutto in loco e non in una sede centrale remota che ha poco o nessun contatto con la singola PMI e con il contesto locale. «La solida presenza di Raiffeisen in tutte le regioni del paese rappresenta un grande vantaggio

nel settore della clientela aziendale» prosegue Hans Albrecht, Responsabile del settore Clientela aziendale presso Raiffeisen Svizzera. «Le persone ci conoscono e noi conosciamo i nostri clienti».

Gli specialisti garantiscono una consulenza competente

Conoscere la situazione locale, però, non basta: è necessario comprendere anche le esigenze delle imprese. «I consulenti hanno ricevuto una formazione specifica, molte Banche hanno scelto espressamente di rafforzare il personale nel settore Clientela aziendale e gli esperti dei nostri centri regionali dispongono di un vasto know-how», sottolinea Albrecht. All’occorrenza, le Banche Raiffeisen possono ricorrere alle conoscenze specialistiche degli otto centri regionali per la clientela aziendale distribuiti in tutta la Svizzera. Inoltre, i consulenti hanno accesso a una rete di revisori contabili, esperti fiscali, avvocati e altri specialisti indipendenti, attivi per lo più a livello locale, in grado di aiutarli a offrire alle imprese delle soluzioni su misura, per esempio per una consulenza in materia di successione.

Affrontare le esigenze specifiche del settore

Nell’ambito della clientela aziendale ci si concentra, oltre che sulle operazioni giornaliere, anche sulle prospettive a medio e lungo termine dell’impresa. A seconda del settore di attività dell’impresa, Raiffeisen individua le priorità. «Tenendo conto del settore nel quale opera il nostro cliente, gli offriamo delle proposte specifiche adeguate alle sue esigenze», afferma Albrecht. Che il titolare di una PMI abbia bisogno di maggiore liquidità, che stia per affrontare dei grossi investimenti, che cerchi una nuova forma giuridica o voglia sistemare questioni come la previdenza personale o la successione, da Raiffeisen troverà sempre un’assistenza competente.

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