Anno XLVIII - n. 2 - Novembre 2012
PROTAGONISTI DELLA PROPRIA EDUCAZIONE
Primavera a settembre
EDITORIALE
Cercansi giovani col fuoco dentro. Astenersi tiepidi Il fuoco è l’immagine che Benedetto XVI ha usato durante l’ultimo Sinodo per esprimere la forza che deve guidare la “Nuova evangelizzazione”. Dice che ci vuole il fuoco dentro di noi per accendere gli altri. È il fuoco della verità che diventa carità e amore Non siamo certo noi che possiamo interpretare le parole del Papa durante l’ultimo Sinodo dei vescovi. Se uno vuole, su internet e sui quotidiani trova commenti certamente più autorevoli e qualificati dei nostri. C’è però un aspetto che ci preme sottolineare perché si avvicina alla realtà del nostro movimento, alla nostra esperienza diretta. Si tratta dell’uso che Benedetto XVI ha fatto dell’immagine del fuoco. Lo ha fatto in più occasioni, sia in apertura che in chiusura di questo Sinodo. Nel discorso di apertura dell’Assemblea dei Vescovi ha esordito con un’affermazione che a noi che siamo giovani, e ci facciamo prendere dall’entusiasmo, ha gasato parecchio. Un’affermazione netta, precisa: “Il cristiano non deve essere tiepido”, perché “questa tiepidezza discredita il cristianesimo”. Uno a zero e palla al centro. Non dovrebbe essere una novità, visto che nell’Apocalisse ai tiepidi sono riservate parole non proprio concilianti (“li vomiterà dalla sua bocca”), ma tant’è. In un momento storico in cui tutto è relativo e la verità non esiste, se non quella che ognuno si fa a suo personalissimo piacimento, sentire il Papa che ci ricorda che un cristiano deve invece avere il coraggio di proclamarla a voce alta, la Verità, è uno sprone non da poco. Benedetto XVI poi ha aggiunto che “la fede deve divenire in noi fiamma dell’amore, fiamma che realmente accende il mio essere, diventa grande passione del mio essere, e così accende il prossimo. Questo è il modo dell’evangelizzazione: «Accéndat ardor pro-
ximos», che la verità diventi in me carità e la carità accenda come fuoco anche l’altro. Solo in questo accendere l’altro attraverso la fiamma della nostra carità, cresce realmente l’evangelizzazione, la presenza del Vangelo, che non è più solo parola, ma realtà vissuta”. Realtà vissuta, appunto, esperienza concreta. E ancora: “lo Spirito Santo era fuoco che ha trasformato il mondo”, un “fuoco trasformante, fuoco di passione – certamente – che distrugge anche tanto in noi, che porta a Dio, ma fuoco soprattutto che trasforma, rinnova e crea una novità dell’uomo”. Ardore, passione, ma anche sacrificio. La “confessio” cristiana è “una realtà per cui vale la pena di soffrire, che è più forte anche della morte, e dimostra che è verità che tengo in mano, che sono più sicuro, perché trovo la vita in questa confessione”. Resta da capire come noi ci poniamo rispetto a queste parole. Nel messaggio conclusivo del Sinodo si legge che “la nuova evangelizzazione ha nel mondo dei giovani un campo impegnativo ma anche particolarmente promettente”. Ai giovani “va riconosciuto un ruolo attivo nell’opera di evangelizzazione soprattutto verso il loro mondo”. Ecco, allora, che è tutto chiaro: noi siamo giovani, anche se abbiamo alle spalle una lunga storia educativa. E abbiamo anche il fuoco. Allora questa è una chiamata bella e buona. Alle chiamate non ci siamo sottratti da 50 anni a questa parte, figurarsi se ci tiriamo indietro proprio adesso. Andrea Mariotto
Premio Cultura Cattolica al fisico Ugo Amaldi Venerdì 16 novembre - Museo Civico
La prima domenica di settembre nel Comune dei Giovani tutto si rimette in gioco con le elezioni dei nuovi “ministri”, i responsabili delle attività. Non c’è contesa elettorale, ma solo la risposta a una chiamata
Tra conferme e new entry: ecco il nuovo Consiglio direttivo
“Ad ogni primavera la natura si rinnova. Tutto comincia da capo. Il sole si fa più lucente, più caldo: sembra un altro. Poi vengono le gemme, le foglie, i fiori e tornano gli uccelli. Da noi la primavera è a settembre”, scriveva don Didimo nei primi anni ‘60. Come da Statuto, ogni anno, dopo un’estate di nuotate, camminate, scottature e relax, tutti i cittadini del Comune dei Giovani sono chiamati a votare per rinnovare il Consiglio direttivo. Il 2 settembre, quindi, nel giro di una mattinata, è “sbocciata” la nuova squadra di responsabili, i ministri. La particolare caratteristica di queste elezioni è che non c’è una campagna elettorale, non c’è nessuno che si propone ma si è tenuti a dare risposta ad una chiamata. Tutti i candi-
dati a svolgere il ruolo di ministro vengono presentati all’Assemblea generale di fine agosto. Questi ragazzi, chiamati dal sindaco e dal segretario uscente Andrea Menegon, devono essere iscritti al CdG da almeno un anno e “si contraddistinguono per attaccamento alla nostra realtà, capacità di valorizzare il proprio staff, spiccata attitudine allo spendersi per gli altri, attenzione ai fondamenti del CdG”, come spiega il primo cittadino Nicola Cerantola. “È sempre un investimento stupendo - prosegue - perché fa capire ai ragazzi quanto si crede in loro e quanta fiducia è riposta nelle loro capacità e talenti”. Oltre ai candidati viene presentata anche Chiara Fietta, il nuovo segretario, l’unica carica che non può essere eletta ma che viene
La nuova squadra è al lavoro A seguito alla positiva risposta elettorale nei loro confronti, i ragazzi eletti devono onorare la scelta fatta dai cittadini, impegnandosi al massimo nella loro attività. Mercoledì 5 set-
nominata da sindaco e segretario uscente. Dopo la sorpresa per questa chiamata, “ho provato una grande emozione e un grande orgoglio - afferma Chiara - perché capisco l’importanza che ha questo ruolo”. “Sono molto contenta - continua la nuova segretaria - perché con questo compito posso mettermi nuovamente in gioco e ho la possibilità di avere a che fare con tutti i nostri ragazzi, cosa che mi entusiasma molto. Il fatto poi di avere un sindaco con cui andare d’accordo e anche un Consiglio di grande valore sicuramente mi facilita l’inserimento e il lavoro”.
Giulia Fietta
SINDACO
tembre il Consiglio direttivo si riunisce per eleggere il Sindaco, e tutti i ministri votano riconfermando nella carica di primo cittadino per il secondo e ultimo anno Nicola Cerantola. Dopo l’annata dei festeggiamenti del 50°, che ha messo alla prova il consiglio in termini di tempo, sacrificio e motivazione, afferma Cerantola, “abbiamo preso maggiore coscienza della nostra storia e dei nostri fondamenti; siamo pronti a portare a termine l’annata di festeggiamenti per testimoniare con sempre maggior forza la bontà della nostra esperienza educativa”.
milione di studenti, sia il nonno Ugo. È stato chiamato al CERN di Ginevra nel 1973 e dal 1980 al 1993 ha fondato e diretto la Collaborazione DELPHI, un progetto di ricerca che ha coinvolto cinquecento fisici provenienti da quaranta laboratori di venti diversi Paesi. Dal 1992 è responsabile della Fondazione Tera, che si occupa della cura dei tumori attraverso le radiazioni adroniche, che risparmiano i tessuti sani colpendo invece quelli aggrediti dal cancro. La cerimonia di consegna del Premio si terrà venerdì 16 novembre alle ore 20.30 nella sala Chilesotti del Museo Civico di Bassano del Grappa. Per celebrare il trentesimo compleanno dell’iniziativa, inoltre, il prof. Amaldi terrà nella mattinata dello stesso giorno un incontro con gli studenti delle ultime classi delle scuole superiori cittadine.
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AM
GF
ministro della
cultura
anni Andrea ha visto succedersi tre diversi sindaci (Enrico Fietta, Paolo Mariotto, Nicola Cerantola). “Dopo questa esperienza vissuta tra carte, telefonate, eventi e conoscenze dice -, quello del segretario è un ruolo tra i più belli nel CdG, non lo nascondo. La fortuna di chi ricopre questa carica è quella di condividere appieno l’esperienza con tante persone, prima di tutto con i ministri, ma anche con gli altri cittadini e con gli adulti con i quali si collabora all’interno delle Opere di don Didimo”. “Nel confronto c’è sempre chi ti indica le cose belle - continua - e sono state tante le occasioni in cui ho apprezzato davvero la bellezza del CdG, le attività ben organizzate, i ragazzi che migliorano, e la presenza innegabile di Qualcuno nel fare e nello stare insieme”. Alle 14 i giochi sono chiusi, e già tutti sanno i nomi dei 17 nuovi membri del nuovo Consiglio direttivo (che vi indichiamo nell’infografica qui sotto).
GF
ministro dei
momenti formativi
Nicola Cerantola
Beatrice Lorenzato
Andrea Menegon
SEGRETARIO
ministro degli
ministro della
esteri
musica
Chiara Fietta
Alberto Menegon
Riccardo Maso
ministro delle
ministro della
ministro della
attivita’ ricreative
festa
pallavolo
Brenno Bonamigo
Fabio Battaglia
Paolo Mariotto
ministro del
ministro delle
ministro della
campeggio
finanze
preghiera
Giulia Dal Monte
Michela Meneghetti
Marina Bizzotto
ministro del
ministro del
ministro delle
calcio
giornale
strutture
Marco Ferronato
Jacopo Bertoncello
Matteo Bozzetto
ministro della
ministro della
ministro del
comunicazione
In un anno di anniversari per le intere Opere di don Didimo Mantiero, anche la Scuola di Cultura Cattolica ha il suo. Quello che si celebrerà il prossimo 16 novembre, infatti, sarà il 30° Premio Internazionale Medaglia d’oro al Merito della Cultura Cattolica. A riceverlo sarà il fisico Ugo Amaldi. Scienziato di fama mondiale, si legge nella motivazione del riconoscimento, “Ugo Amaldi è anche uomo di profonda fede”. Inoltre, “Il suo amore per la scienza, per la verità e per l’uomo appaiono sempre saldamente ancorati alla persona di Gesù Cristo” e per questo motivo Amaldi si è sempre reso presente nei dibattiti sul rapporto tra scienza e fede di questi ultimi anni. Il suo impegno è la dimostrazione, conclude la motivazione, “di quanto la cultura cattolica sia oggi viva e vitale”. Ugo Amaldi è figlio d’arte: sono stati scienziati di caratura internazionale sia il padre Edoardo, con il quale ha scritto un manuale di fisica per i licei utilizzato da più di un
Dopo aver riposto ciabattine e asciugamani e aver preso in mano carta e penna, ecco il grande momento, il giorno delle elezioni. L’aria è frizzantina, con un misto di eccitazione e tensione per questo grande evento in cui tutti gli elettori sono consapevoli dell’importanza che può avere il loro voto sul futuro del Comune dei Giovani. Ore 9:00, apertura dei giochi. Gli elettori possono scegliere da una lista di 28 candidati, tutti tra i 17 e i 30 anni di età. Bici, motorini e macchine arrivano a qualsiasi ora, per un totale di circa 75 votanti su 103 cittadini. “Una buona percentuale di affluenza che sottolinea quanto i nostri ragazzi tengono a ciò che vivono, esercitando il loro diritto/dovere di recarsi alle urne”, spiega il sindaco Nicola Cerantola. I ragazzi fin da giovani vengono educati alla responsabilità, che lo stesso don Didimo definiva come “capacità di operare liberamente delle scelte e di concretizzarle maturando la consapevolezza di agire per il bene comune”. A gestire il tutto è Andrea, il segretario che cederà il suo posto a Chiara Fietta. In quattro
Michele Alberton
marcia e gite
Paolo Torresan
teatro
Elisabetta Baggio
sport
FORMAZIONE
Squadre in passerella
Mente sana in corpo sano
Sabato 29 settembre, nella palestra dell’Istituto Einaudi a Bassano sfilano tutte le squadre di calcio e pallavolo dell’A.S.D. Santa Croce. Ad assistere allo spettacolo tanti genitori accorsi per vedere e fotografare il figlio o la figlia con la “divisa d’ordinanza” assieme agli amici, agli allenatori e ai dirigenti della propria squadra. E pazienza per un po’ di inevitabile confusione. Visto lo spettacolo, ne valeva la pena.
Animatori, allenatori e dirigenti insieme per l’educazione integrale dei giovani È partito assieme ai Momenti formativi (gli incontri di formazione interni alle Opere di don Didimo), un nuovo progetto dedicato alle classi più giovani: “Mente sana in corpo sano”. Questa sfida prevede la partecipazione, per le classi dei ragazzi dai 9 ai 16 anni, delle rispettive squadre di calcio e di pallavolo all’ora serale del lunedì. Non sono certo le presenze a mancare in questa iniziativa. Il numero di partecipanti, infatti, ha da fare invidia alle stesse società sportive: 16 classi per 230 partecipanti accompagnati da circa una trentina di animatori. Dato non trascurabile, e messaggio forte per trasmettere i valori su cui il Comune dei Giovani poggia. Il coinvolgimento dei ragazzi avviene quindi
sia nelle attività sportive che nei momenti formativi, e per non dimenticarci di questo e per radicarlo nei giovani, ecco che sport e formazione si uniscono in un’unica grande realtà. La sfida più grande è riuscire a coinvolgere ed appassionare più di venti ragazzi per classe in soli 60 minuti, trasmettendo loro tutto il carisma che ogni ragazzo del Comune dei Giovani è pronto a donare. Mente sana in corpo sano: allenare non solo il corpo, ma anche e soprattutto la mente, per la formazione completa e consapevole del presente e futuro della nostra società.
Beatrice Lorenzato
Al centro del Il breviario scomparso desiderio La stanza di Sherlock Holmes
Hanno tutti bisogno di un maestro e di una compagnia umana per riscoprire che «l’alba non è una cosa ovvia». Serve però una domanda desta e uno sguardo attento. Allora la realtà ci sorprenderà, perché Cristo è lì che aspetta che gli apriamo un varco
BOOKSHOP
Senza Mistero tutto è piccolo e assurdo, uomo compreso La persona è il tema centrale per tentare di risolvere la crisi della società moderna. Se ne sono accorti in molti dell’Emergenza Uomo, prossimo tema del Meeting di Rimini 2013. Uno di questi è Giovanni Fighera che prova a spiegare il problema nel suo ultimo libro “Che cos’è mai l’uomo, perché di lui ti ricordi?”. Bisogna ritornare alle origini, a capire che l’uomo non è l’essere perfetto e conformato che ci propinano giornali e tv o riviste scientifiche più o meno qualificate. È quel qualcuno che anela, che ricerca, che chiede e ha bisogno di infinito. Già dall’invito alla lettura di Gianfranco Lauretano si delinea la questione fondamentale cioè che “senza il Mistero, il mondo è più piccolo e assurdo, soprattutto la parte più interessante del mondo, cioè l’io, la persona”. Fighera si serve soprattutto di testi di poeti e scrittori, anche per sottolineare come il dilemma su chi sia l’uomo ha accompagnato da sempre la filosofia e la letteratura. Alla fine a trionfare saranno l’amore e la speranza, quella dell’abbandonarci alle mani sicure di Dio, unico e vero risolutore.
Giovanni Fighera Che cos'è mai l'uomo, perché di lui ti ricordi? L'Io, la crisi, la speranza
Marina Bizzotto
Ed. Ares 2012, pagg. 240 - € 15,00
Che cosa cercano i giovani al sabato sera, quando passano da un locale all’altro, quando si «sballano» tra l’alcool, la droga e una musica assordante? Forse loro non saprebbero rispondere in maniera precisa, forse non saprebbero rispondere a questa domanda neanche quegli adulti che li giudicano senza chiedersi che cosa stia al fondo di quel comportamento. «Quid animo satis?», cioè «che cosa può bastare all’animo umano?». Il cuore dell’uomo è nato per la felicità, piena ed infinita, non ridotta. Ecco perché, non appena qualcuno ha il coraggio di rimetterla a tema, il nostro io sobbalza, forse cercando la formula o la regola d’oro. Dobbiamo avere il coraggio di guardare in fondo al nostro animo e provare a chiederci: «Che cosa può bastare al nostro animo?». Chiediamocelo ogni giorno e guardiamo all’altro come una persona che chiede e domanda felicità, anche quando non ne è pienamente cosciente. Si può sostenere la speranza di felicità propria ed altrui solo quando nella vita si è incontrato qualcosa che è in grado di ridestare la domanda perché si è palesato come risposta. Per questo è un segno allarmante dei nostri tempi il fatto che gli adulti abbiano spesso paura delle domande di pienezza e dei sogni dei giovani. Per questo è, però, motivo di grande speranza l’incontro con uomini che siano lieti. Abbiamo bisogno di uomini assetati di felicità. Abbiamo bisogno di incontrare uomini felici. Il desiderio. Questa è la chiave perché si possa affrontare il lavoro, la scuola, lo studio, le amicizie, gli affetti più cari animati da quello stesso entusiasmo e da quella trepidazione che provavamo il primo giorno. Altrimenti, come non farsi prendere dal sentimento comune che tanto non cambierà mai nulla, in un panorama in cui l’abitudine principale è quella di lamentarsi, di vivere il lavoro e la scuola come carceri? Come si può costruire qualcosa di grande e di bello questa giornata, questo mese, quest’anno scolastico o lavorativo? Antoine de Saint Exupery scrive nella Cittadella: «Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere
i compiti e impartire ordini. Ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito». E Chesterton ci ricorda: «La vita è la più grande delle avventure, ma solo l’avventuriero lo scopre». La più grande delle avventure non è il viaggio nella solitudine dell’Alaska come nel film «Into the wild», ma la vita che ora, in questo preciso istante, è data a me e a te da vivere. Come può accadere ciò? Perché la vita sia un’avventura, bisogna recuperare la dimensione della scoperta. Sì, scoperta di sé e scoperta dell’altro, scoperta di un cuore che accomuna me e il mio collega, anche quello che non mi sta poi così simpatico, il ragazzo che si presenta per il primo giorno di scuola delle superiori come l’insegnante che sta per andare in pensione. In questa scoperta del cuore che accomuna me all’altro che incontro, quel cuore che ci rende creati «a immagine e somiglianza» di Dio, sta la possibilità di uno sguardo misericordioso che valorizza il punto luminoso dell’altro (anche in mezzo a tanti limiti), perché spia del Mistero che l’altro ha dentro. Un’adolescente mi ha confidato qualche mese fa, dopo aver tentato il suicidio, che l’amore vero non esiste, che siamo solo materia e che non vivremo per l’eternità. La cultura massmediatica contemporanea veicola in tutti i modi il messaggio che non esiste una verità, non c’è un amore vero o un ideale per cui valga la pena vivere. Sembra oggi essersi avverata la profezia di Teilhard de Chardin: «Il pericolo maggiore che possa temere l’umanità non è una catastrofe che venga dal di fuori, non è né la fame né la peste, è invece quella malattia spirituale, la più terribile perché il più direttamente umano dei flagelli, che è la perdita del gusto di vivere». La crisi attuale è forse la più grave che abbia vissuto il mondo occidentale, perché l’uomo assiste, dopo aver già visto la perdita di fede nell’aldilà, alla perdita di fede nell’al di qua. In mezzo alla scomparsa dei grandi ideali, trionfa una gaia disperazione. Sentiamo come Pasolini descrive il centralismo odierno del potere che mira a soffocare l’umano e ogni forma di desiderio autentico: «Nessun centralismo
fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. […] Oggi […] l’adesione ai modelli imposti dal Centro è totale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. […] Il Centro […] ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza». Come fare allora? Da dove ripartire? Ho passato parte del pomeriggio con quella ragazza, raccontandole la mia esperienza e richiamando lei a cosa desiderasse. Le ho chiesto: «Ma tu desideri un’amicizia vera, un amore vero, un’esperienza bella?». Mi ha risposto con sicurezza: «Certo». Allora l’ho invitata a studiare con altre compagne e a partecipare alla festa che la sera avremmo fatto a scuola. Questo è il punto da cui ripartire. Il nostro desiderio che si deve tradurre in domanda di incontrare luoghi di umanità diversa, più affascinante e più viva, luoghi in cui il nostro io si riscopre e rinasce. Se la nostra domanda è desta, se il nostro cuore è sgombro da incrostazioni, se il nostro sguardo è attento, allora ecco che la realtà ci sorprenderà, perché Lui (Gesù Cristo) c’è e attende solo un varco per entrare ed essere accolto nel nostro cuore. Bambino, ragazzo, adulto stanno tutti sulla stessa barca. E hanno tutti bisogno di un maestro e di una compagnia umana per riscoprire che «l’alba non è una cosa ovvia». L’affettività può sanare la frattura tra una volontà fragile e malata e una ragione che, se utilizzata senza incrostazioni, sa discernere il bene dal male. Per questo una compagnia umana e un’amicizia sono strumenti imprescindibili per mantenere desta la domanda, per ricercare e per operare. Non fidiamoci del fatto che la cultura e la società di oggi ci dicano che essere adulti significhi essere autonomi e fare da soli. Non fidatevi, ragazzi, dell’istinto che avete ora di fare da soli perché vi sentite grandi. Cammina davvero e apprezza il cammino compiuto solo chi ha un maestro e una compagnia, ragazzo o adulto che sia.
Giovanni Fighera
MEETING
Un evento storico in un anno storico Grande soddisfazione per il successo della mostra “Voglio fare di me un Uno” alla kermesse di Comunione e Liberazione a Rimini. Una partecipazione di pubblico inaspettata e un nuovo sguardo sull’esperienza educativa di don Didimo Mantiero. L’ex Ambasciatore Mary Ann Glendon: “Un’idea geniale” Circa 3000 visitatori in una settimana, 35 guide e 46 volontari “arruolati” per poter realizzare quello che si è confermato essere un evento storico in un anno storico. La grande mostra “Voglio fare di me un Uno” sulla figura di don Didimo Mantiero e sulle sue Opere, allestita al Meeting di CL in occasione dei 50 anni del Comune dei Giovani e del centenario dalla nascita del sacerdote, ha riscosso un successo per molti versi inaspettato. Innanzitutto per quanto riguarda la partecipazione del pubblico. La possibilità di proporsi e di presentare la propria realtà a così tante persone in così poco tempo capita di rado, e il contesto del Meeting è stato senz’altro favorevole. Nessuno dei responsabili si sarebbe aspettato, probabilmente, che il numero di visitatori avrebbe toccato quota 3000. Invece“fin dai primi giorni l’affluenza è stata significativa”, dice Luca Torresan, uno dei curatori della mostra. È stato lui ad accompagnare tra un pannello e l’altro una ospite speciale, Mary Ann Glendon, docente ad Harvard ed ex Ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede. È stato un incontro non nuovo, visto che Glendon ha già avuto modo negli anni passati di conoscere don Didimo e la sua esperienza educativa (nel 2008 ha ricevuto a Bassano il Premio assegnato dalla Scuola di Cultura Cattolica, una delle “creature” di don Mantiero). E l’ex Ambasciatore non ha perso l’occasione per ribadire la sua ammirazione per l’esperienza del Comune dei Giovani. “Un’idea geniale”, ha detto al termine della sua visita alla mostra. Un altro risultato che in molti non si sarebbero attesi riguarda invece un rinnovato e più profondo senso di appartenenza per tutti coloro che, a diverso titolo, hanno partecipato all’organizzazione di questa mostra. A notarlo è Sergio Martinelli, presidente del Consiglio delle Opere di don Didimo Mantiero: “Si vede che c’è stato un cambio di atteggiamento, c’è un entusiasmo diverso nel fare le cose e nello stare assieme”, ha detto in occasione di un recente incontro che ha riunito tutte le guide e i volontari, che tra qualche settimana dovranno prepararsi per la prova sul campo di casa. Da sabato 1 dicembre, infatti, la mostra sarà allestita presso palazzo Agostinelli a Bassano del Grappa, e vi resterà fino al 23 dicembre.
Momenti di puro genio Puro genio. Non si può che definire così l’idea di un volontario del Meeting che, per essere più convincente nella vendita dei biglietti della lotteria, ha avuto un’idea forse un po’ old style per gli strumenti utilizzati (pennarello e un pezzo di cartone), ma senz’altro efficace. Esibendo i biglietti in vendita, se ne andava in giro per i padiglioni con un cartello con su scritto “Ne ho venduti 28 ad Agnelli, ma lui continua a dire che sono 30”. Evidentemente il ragazzo non era juventino.
(seconda parte) Luigi Fabris era un personaggio stranissimo. Girava con la sorella zitella indossando una giacca di tre misure più grandi della sua taglia e con appuntate al petto diverse medaglie decorative. Lui proveniva e abitava nella cosidetta “piccola Russia” di via Capitelvecchio. L’aggregato di baracche in legno ospitava una umanità alquanto diversa, dai senza tetto agli sfollati e diseredati. La baraccopoli era stata realizzata nei primi anni quaranta ed era impenetrabile ad ogni tentativo di messaggio cristiano. La chiamavano piccola Russia per il nucleo forte di comunisti all’ultimo sangue, violenti, alcolizzati e raffinati bestemmiatori. Il clero della zona passava alla larga considerando irrecuperabile quella umanità che sopravviveva di espedienti poco chiari. Le baracche erano costituite da un’unica stanza con pavimento in terra battuta. I servizi igienici erano alquanto mobili, con i cosìddetti “cagaori” spostabili secondo necessità e costituiti da lamiere o pareti in paglia. Quando don Didimo giunse a Santa Croce nel 1953 non si era ancora spento l’eco delle violente battaglie politiche del 1948 tra democristiani e comunisti. Dio non esisteva nella piccola Russia, esistevano solo Stalin e Togliatti. Don Didimo, abituato alle lotte operaie in quel di Valdagno, fu subito attratto da quella baraccopoli. Andò a benedire le baracche a Pasqua, come di consueto. Fu subito accolto con pericolosa diffidenza, quasi come un essere immondo. Ma il prete pose le sue basi strategiche, forte delle sue conoscenze psicologiche. Entrò nella casa della Settin, una santa donna, povera vecchia malata e bastonata dal marito alcolizzato. Le domandò carità di preghiere per i suoi giovani. Incontrò anche “requiem aeternam” una donna irrequieta, che vantava nel suo curriculum l’essere stata alla reception di una casa di tolleranza. La donna non oppose resistenza alla benedizione della casa. Don Didimo le chiese un’Ave Maria. La donna si stupì. “Come? Lei chiede un’Ave Maria a me? Lei pensa che Dio mi ascolti?”. E quelle due donne divennero le quinte colonne della baraccopoli. Ma nessuno degli abitanti della piccola Russia osava farsi vedere in chiesa a Santa Croce. Il parroco era simpatico, ma in chiesa no! Disperati e comunisti si vergognavano di farsi vedere tra le persone normali. Don Didimo fece un referendum. Niente Messa a Santa Croce, ma a Messa nella piccola Russia. Fu allestita una cappella in una baracca liberatasi per la morte dell’inquilino. E fu inaugurata la “Cattedrale” della piccola Russia, dove ogni domenica alle ore 8.30 si celebrava la Messa per i residenti. Don Didimo si guadagnò l’appellativo di “pope” per stare in tema di piccola Russia. E quel glorioso appellativo dato al prete poco ortodosso che celebrava la Messa per i comunisti della piccola Russia fu il nome di battaglia di don Didimo anche nella sua canonica, quando iniziò l’avventura del
Il messaggio di Benedetto XVI In occasione della mostra a Rimini, gli organizzatori hanno voluto omaggiare anche Papa Ratzinger con una copia del catalogo. Con un messaggio della Segreteria di Stato, Benedetto XVI ha espresso la sua gratitudine per il dono ricevuto auspicando che “l’interessante pubblicazione, segno di una intera esistenza offerta al servizio del Vangelo e delle giovani generazioni, contribuisca a far maggiormente conoscere la figura di don Didimo per una più coerente vita cristiana”.
AM
FINE
Sherlock
HOOLIGANS
Sempre in Marcia
Ogni seconda domenica mattina di settembre, un marciatore marosticense si sveglia. Sa che dovrà correre più veloce del podista bassanese per mangiare al ristoro delle salsicce e della polenta della Marcia Biancoverde. Ogni seconda domenica mattina di settembre, un podista bassanese si sveglia. Sa che dovrà correre più veloce del marciatore marosticense per mangiare al ristoro dei formaggi. Ogni seconda domenica mattina di settembre, non importa se tu sei il marciatore marosticense o il podista bassanese, sarà meglio che cominci a correre. Erano in 2535 pronti a correre domenica 9 Settembre in occasione della 38a edizione della Marcia Biancoverde organizzata dal Comune dei Giovani. Ognuno con le proprie motivazioni: chi per gustare il paesaggio della campagna bassanese con la famiglia, chi per assaggiare i prodotti gastronomici locali in compagnia, chi con il cronometro al polso e le cuffie negli orecchi. A questo punto una domanda sorge spontanea: bastano queste motivazioni per mettere in moto migliaia di persone in un giorno festivo o c’è dell’altro? Alla base di tutto c’è un’idea vincente nata nel lontano 1974 dall’intuizione di due amici, Giuseppe Vettorazzi ed Eugenio Zonta, cioè quella di permettere alla persone di mettersi in relazione tra di loro all’interno di una manifestazione podistica distanti dallo stress quotidiano valorizzando il territorio circostante. Come diceva don Didimo Mantiero,
Mary ann glendon visita la mostra su don didimo mantiero
Comune dei Giovani. Il “pope” era uno solo e i giovani erano fieri di stare al suo fianco nelle battaglie contro il laicismo cittadino. Di quella cattedrale don Didimo nominò sacrestano proprio Luigi Fabris. Questi era conosciuto perché, un po’ ritardato mentale, ai giovani si esibiva con il suo canto del gallo. Se si voleva renderlo felice, bisognava farlo esibire con il canto del gallo. E in canonica il Fabris aveva cominciato ad essere di casa. Girava di domenica, quando i giovani giocavano a carte, per chiedere alla perpetua senza parlare qualche cosa buona da mangiare. E la buona Edvige lo accontentava mentre lui volentieri le faceva il suo chicchirichì. Il Fabris aveva imparato a servir Messa e diligentemente preparava tutto l’occorrente per le cerimonie della domenica. Lui, analfabeta, era affascinato dai libri liturgici. Ai giovani che lo apostrofavano chiedendogli a che punto avesse imparato la Messa, dimostrava quel che aveva imparato, rispondendo anche in latino. “Dominus vobiscum”. Con quanto orgoglio suonava la campanella della “cattedrale” e con quanta competenza e serietà raccoglieva le elemosine tra i baraccati, tra i Fittole, i Donadello, i Zanon, i Marchi, tutta gente abituata a ben altri linguaggi e poco abituata al profumo dell’incenso. Dopo il prete, Fabris era la persona più in vista della piccola Russia. Lo rispettavano perché era considerato uno strano e allegro minorato. Venne anche per Luigi Fabris il tempo della vecchiaia. Era tra i miserabili. Non aveva nessuno. Trovò solo la buonanima di Nico che lo seguiva per le faccende domestiche e le carte della pensione. Venne il tempo dell’abbattimento delle baracche per far posto a più decenti abitazioni. Fabris fu trasferito dalla baraccopoli della piccola Russia alle case operaie di via Bonaguro assieme alla sorella. In quella circostanza bisognava traslocare anche gli stracci dei poveretti. Mobili non ne avevano e tantomeno denari. Il buon Nico raccolse le poche cose da portare in discarica. Nel frugare tra qualche libro di preghiere sul comodino della miserabile stanza da letto scappò fuori un “Breviarium Romanum”, con dentro la fotografia di mons. Mantiero, Vescovo di Treviso. Sulla prima pagina bianca del frontespizio del breviario era scritto con calligrafia da analfabeta: Fabris Luigi. Nico chiese cosa se ne dovesse fare di quel breviarium, se avviarlo alla discarica. Fu salvato dalla distruzione. Sembrava proprio il “Breviarium Romanum” di don Didimo. Sembrava, perché ormai non era più possibile chiederlo all’interessato.
“ci vogliono pane e idee”, e da subito si è passati dalle parole ai fatti con la formazione del comitato che ha dato vita alla prima Marcia Biancoverde nel novembre del 1975, con partenza dall’oratorio di Santa Croce e benedizione del cappellano, don Gianni Urbani. Ciò che contraddistingue questa marcia dalla altre è sicuramente la presenza di centinaia di giovani lungo le strade e nei punti ristoro, ma quello che tutti i partecipanti riconoscono è la grande capacità organizzativa del comitato coordinato quest’anno dal “ministro” Andrea Cerantola: un gruppo storico di amici che mettono a disposizione il loro tempo per l’organizzazione dell’evento. Suddivisione dei ruoli e fiducia reciproca: è questo il segreto. Nessuno interferisce nella formazione dei percorsi studiata da Andrea Battaglia, nell’attività di segreteria e nella vendita dei biglietti fatta da Sergio Mariotto, nella preparazione dei premi gestita da Gabriele Rossi, nella disposizione della segnaletica lungo i percorsi organizzata da Mauro Torresan, Simone Zimerle e Tarcisio Bellò, nella gestione dei ristori programmata da Michele Cerantola e Marino Fantinato. Un lavoro che dura da tanti anni, senza magari ricevere tanti complimenti. È semplice: c’è la Marcia da fare, e si fa. Con responsabilità, sacrificio, ma soprattutto gioia e amicizia.
Matteo Bozzetto
SPAZZOLINO E DENTIFRICIO - riflessioni allo specchio prima di andare a dormire Direttore responsabile: Andrea Mariotto Ministro del giornale: Jacopo Bertoncello Redazione: Antonio Artuso, Claudio Battaglia, Giovanni Battaglia, Martina Battaglia, Nicolò Bertoncello, Marina Bizzotto, Matteo Bozzetto, Enrico Fietta, Giulia Fietta, Beatrice Lorenzato, Paolo Mariotto, Michela Meneghetti, Andrea Menegon, Laura Peruzzo, Alberto Scalco, Luca Torresan, Francesco Zugno Impaginazione: ministero della comunicazione - Comune dei Giovani Direzione e amministrazione: Bassano del Grappa (VI), casella postale n. 220, Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana. Autorizzazione: Tribunale di Bassano del Grappa, 7 Agosto 1964, n. 2. Pubblicità inferiore al 45% Scriveteci all’indirizzo: c.p. 220, 36061 Bassano del Grappa (VI), oppure a info@comunedeigiovani.it www.comunedeigiovani.it facebook.com/comunedeigiovani twitter.com/cdgbassano
Ma fatti una famiglia! Se ci riesci... Sono tutti bravi a dire che la famiglia è importante. Poi, quando si tratta di tutelarla davvero, campa cavallo. E si stupiscono se Monti viene contestato dalle famiglie numerose È tardi ed è ora di andare a dormire, ma prima di infilarsi sotto le coperte, come si insegna ai bambini, bisogna lavarsi i denti. Così, mentre spazzolo incisivi e molari mi guardo allo specchio. Ed è allora che la mia mente va... Questa sera ero a cena a casa di amici, amici di quelli che, penso, se ne vedono pochi in giro. Non perché solidali, onesti, sinceri. Sì,
certo, anche per questo, ma soprattutto perché sono sposati ed hanno quattro figli. Insomma, è una di quelle famiglie che i media definiscono “numerose”. Non mi fermo nemmeno a sottolineare la vivacità e il sorriso a 23-24 denti con cui mi accolgono ogni volta che passo di là, ma penso invece a come mai il Governo italiano ed europeo non abbiano compreso come solo queste famiglie aperte alla vita possano garantire un futuro al paese.
Gli elementi da considerare sono tanti e, senza considerare le ragioni profonde che spingono una coppia a mettere al mondo un figlio, qualcuno anche banale mi viene in mente: crescere con fratelli al fianco forma mente e carattere; famiglie con più figli consumano di più, quindi aumenta la domanda e riparte l’economia; se ci fossero più figli ci sarebbe bisogno di più insegnanti e sarebbe attenuata anche la questione del precariato scolastico, con più figli per coppia ci sarebbe una mag-
giore sostenibilità del sistema pensionistico (al momento siamo nella condizione che un figlio che lavora deve pagare i contributi per mantenere la pensione di due genitori senza sapere se riceverà la sua di pensione. Tralasciando la confusione domestica, anche a sforzarmici proprio non ne trovo di controindicazioni alla famiglia numerosa. E allora mi chiedo: ma che cosa stanno aspettando giù a Roma? Quanti anni dovremo ancora aspettare per vedere (se mai la vedremo) una
politica familiare veramente a sostegno della famiglia? Ai nostri figli l’ardua sentenza. Apro il rubinetto, sciacquo, chiudo il rubinetto, poso lo spazzolino, ringrazio per la cena e vado a letto. Notte.
L’incisivo