Prevenire è meglio che guarire! di Bianca Pane
Prima fase: riconoscere l’Alzheimer di Mariarosaria D'Esposito
Linguine al pesto alla Ligure di Imma Gargiulo
#136
LA MIA PENISOLA 100% FITNESS MAGAZINE ANNO XII
COPIA GRATUITA
Questo mese 06 #FARMACISTA Lo screening per il
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tumore del colon-retto in farmacia
#NUTRIZIONISTA
Cali di pressione. I cibi anticalura Francesca Maresca Laureata in Dietistica presso l’Università di Napoli Federico II. Disponibile telefonicamente Martedì e Giovedì dalle 15.00 alle16.30
Giuseppe De Simone Laureato in Farmacia e specializzato in Scienza e tecniche delle piante officinali presso l’Università Federico II di Napoli.
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24 08 #ODONTOIATRA Bite gnatologico o placca di svincolo o bite
Apparecchi acustici invisibili? Oggi si può
Vittorio Milanese
Tea Maione Laureata in Tecniche Audioprotesiche Disponibile telefonicamente Martedì dalle 9.00 alle 11.00
Laureato in Odontoiatria e protesi dentiaria presso l’Università di Napoli. Socio A.N.D.I.
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#PSICOPEDAGOGISTA
Prevenire è meglio che guarire! Bianca Pane Laureata in Filosofia e Psicopedagogia presso l’Università di Napoli Federico II, specializzata in Gestalt Counseling Bioenergetica e Terapie Olistiche
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#AUDIOPROTESISTA
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#FISIOTERAPISTA
Facciamo ordine! Brigida Pinto Laurea in Fisioterapia e laurea magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie, entrambe conseguite presso l’Università “Federico II” di Napoli. Lunedì al Venerdì 9.00 - 12.00 e 17.00 - 20.00
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#FISIOTERAPISTA
Trigger point Veronica Di Martino Laureata in Fisioterapia - Specializzata in Posturologia
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30 #LOGOPEDISTA Prima fase: riconoscere l’Alzheimer Mariarosaria D'Esposito
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#PEDIATRA
Lo spreco alimentare
Laureata in Logopedia presso l'Università Federico II di Napoli. Disponibile telefonicamente Giovedì e Sabato dalle 9.00 alle 13.00
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Carlo Alfaro
La Mia Penisola 100% Fitness Mag Anno XII
Numero 136
In copertina Margherita Iovine, 26 anni di Vico Equense fotografata da Pino Coluccino - S.Agnello
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#SESSUOLOGA
Omofobi? NO! “rigidi”!!!
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Disponibile tel. Lunedì e Giovedì dalle 15.30 alle 17.30
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5 consigli per regolarsi con le alte temperature in piena salute
L'amministratore risponde Teresa Pane
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#CONDOMINIO
Amministratrice - Responsabile Punto Casa Italia
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#FOODCROSSING
Ti pesto! Anna Maione Esperta in comunicazione multimediale dell’enogastronomia
e-mail an.maione83@gmail.com
40 #FITNESS Attività fisica come mezzo preventivo primario dell’osteoporosi
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Acquarelax Un’estate in famiglia
Alfonso Galano Dottore in Scienze Motorie Personal Trainer certificato I.S.S.A. specializzato in allenamento a corpo libero CALISTHENICS
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La cosa più importante che i genitori possono insegnare ai loro figli
Richiesta di risarcimento per esposizione lavorativa all’amianto Pierluigi D'Apuzzo cell. 327.1323324
Ernesto Lupacchio Personal Coach
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60 #POETA La donna e la fontana Salvatore Spinelli
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AVVOCATO
L’esame dell’imputato nel processo penale Valerio Massimo Aiello Avvocato penalista
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Contatti e-mail redazione@centopercentofitness.it Cell. 331.5063051 - 339.2926045
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#LIBRI
Libri come fari Giovanni Pepe Mondadori Bookstore Piano di Sorrento
Periodico di attualità a diffusione gratuita Dep. Aut. Tribunale di Torre Annunziata del 09.06.2010 Direttore responsabile Giuseppe Damiano Editore Giuseppe Manzi Redazione Via Camaldoli, 18 - Vico Equense (Na) Progetto Grafico Maurizio Manzi 42 Adv&Print
#FARMACISTA
Lo screening per il tumore del colon-retto in farmacia
Dottor
Giuseppe De Simone
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Questa neoplasia ha origini quasi sempre da neoformazioni benigne, i polipi adenomatosi, che sono dovuti al proliferare delle cellule della mucosa intestinale e che impiegano mediamente tra i 7 e i 15 anni per trasformarsi in forme maligne. È in questa finestra temporale che lo scrrening consente di fare una diagnosi precoce e rende possibile elimanare i polipi prima che abbiamo acquisito caratteristiche pericolose. L' esame utilizzato nei programmi di screening per la prevenzione e la diagnosi precoce del carcinoma del colon-retto è il test del sangue occulto nelle feci, che consiste nella ricerca mediante test immunologico di tracce di sangue non visibili ad occhio nudo. L' esame è estremamente semplice e non invasivo: la raccolta di un piccolo campione di feci viene effettuata a casa e non è necessario seguire una dieta particolare prima della sua esecuzione. Il test si propone alle persone di età compresa tra 51 e 74 anni, con cadenza biennale e viene fornito gratuitamente dalla Asl Napoli 3 Sud, anche in farmacia in quanto Livello Essenziale di Assistenza. La ripetizione dell'esame si rende
necessaria perchè non sempre la ricerca del sangue occulto è in grado di rilevare la presenza di un problema: può infatti capitare che un polipo o una lesione tumorali siano presenti ma non sanguinino nel momento in cui effettuiamo l'esame e la ripetizione del controllo alla periodicità consigliata aumenta l' efficacia del test. Il campione viene analizzato nel laboratorio di analisi cliniche della Asl Napoli 3, e se positivo, il paziente invitato a recarsi presso le unità di colonscopia della Asl Napoli 3 Sud, e in partcolare dell'Ospedale Maresca di Torre del Greco, successivamente ci sarà una eventuale presa in carico del paziente presso l'Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli da parte di un Gruppo oncologico multidisciplinare interaziandale, costituito da oncologi medici, chirurghi, radioterapisti. Tutto in prevenzione e gratuitamente. In farmacia puoi richiedere di aderire alla campagna di screening, rivolgendoti ai farmacisti al banco. Info 0818786605
#ODONTOIATRA
Bite gnatologico o placca di svincolo o bite Dottor
Vittorio Milanese
La placca di svincolo o bite gnatologico (realizzata in materiale termoplastico o in resina autopolimerizzante sull'impronta dei denti) si utilizza sostanzialmente in caso di malocclusione. È il sistema più semplice ed economico per risolvere almeno nell'immediato i problemi legati ad una cattiva chiusura dei denti. Ma quali sono questi problemi? Mal di testa. È il sintomo più frequente, si parla di cefalea miotensiva, legata cioè alla iperattività permanente di un gruppo di muscoli masticatori costretti a lavorare male per via di una cattiva occlusione dei denti (precontatti) che costringono la muscolatura masticatoria a lavorare asimmetricamente guidando la mandibola in modo da evitare traumi ogni volta che deglutiamo, parliamo, mangiamo, beviamo, in pratica sempre. Ma se di giorno in qualche modo controlliamo tutto ciò, di notte i denti cominciano un lavoro incessante di digrignamento fino al bruxismo. In questo modo i muscoli vanno in tilt per sovraffaticamento e si determina la cefalea, disturbando peraltro anche il sonno. Disturbo del sonno. Tutto questo lavoro notturno determina quindi anche una minor qualità del sonno (spesso ci si sveglia affaticati, anche più della notte precedente) e un notevole russamento (anche se di solito non è l'unica causa) Oltre al mal di testa altri sintomi sono vertigini, ronzii auricolari, rumori articolari e dolori al volto: infatti oltre all'iperattività muscolare c'è anche una compressione delle articolazioni che oltre ad essere danneggiate vanno a comprimere il meato acustico provocando il caratteristico e fa8
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stidioso ronzio (acufene), vertigini e spesso anche una sensazione dolorosa dalle tempie fino all'angolo mandibolare. Il rumore che si può avvertire è invece lo schiocco provocato dal menisco articolare che viene "trascinato" in sede dai legamenti dopo essersi dislocato; può essere mono o bi-laterale Come funziona il Bite? è molto semplice: interponendosi tra le arcate, e opportunamente ritoccato dal dentista (con metodiche diverse), la placca di svicolo ricrea una occlusione ideale eliminando tutti i precontatti, consentendo così alle arcate di chiudere in maniera corretta e riducendo di conseguenza l'iperattività muscolare di cui sopra. Si ottiene cioè quel rilassamento neuromuscolare che piano piano riporta tutto nella norma o quasi. Ovviamente il bite non è la panacea di tutti i mali, ma agendo su una delle principali cause di questi disturbi, almeno elimina la cosiddetta componente discendente, determinando per lo meno un miglioramento della qualità della vita, anche solo del 10%. Arriva al 100% quando la malocclusione è l'unica causa di tutti questi disturbi, ma non lo si può stabilire a priori. La durata della terapia con bite è variabile, ma normalmente si tratta di almeno 6 mesi di uso notturno (ma volendo si può portare anche di giorno tranne quando si mangia), fino alla sparizione dei sintomi sopra descritti, salvo poi ricominciare, per un periodo però più breve quando iniziano a riapparire. Unica eccezione bruxisti e forti digrignatori, costretti ad un utilizzo a vita di questo apparecchio altrimenti si danneggerebbero o si consumerebbero i denti. Il byte viene costruito partendo da un impronta dei denti, rifinito in bocca e necessita di almeno 3/4 visite di controllo per riadattarlo progressivamente. Per tali motivi è chiaro come sia impossibile realizzare un bite da soli!
#PSICOPEDAGOGISTA
Prevenire è meglio che guarire! Dottoressa
Bianca Pane
Da quanto detto nei precedenti articoli emerge la consapevolezza che siamo noi gli artefici della nostra vita. Ma la domanda ovvia e consequenziale è: “Perché allora, non siamo tutti sani, ricchi e felici?” Semplicemente perché la maggior parte delle persone non ama prendersi la responsabilità della propria esistenza, non cerca, non si fa domande. Si limita ad accettare l’infelicità come parte integrante della vita, delegando a un fantomatico destino la fortuna o la sfortuna degli eventi che le accadono. Sappiamo che non è così. Noi decidiamo ma, per farlo correttamente, dobbiamo crescere in consapevolezza, renderci conto dei passaggi che ci hanno portato fuori equilibrio e che dunque vanno cambiati. Quindi, la comunicazione energetica consapevole è una forma di relazione con noi stessi che ci permette di essere in contatto con la nostra verità, con quello che siamo realmente, e di agire di conseguenza, oltre che vedere anche negli altri gli stessi processi costituiti da energia-che-scorre/energia-bloccata, in modo da interpretare correttamente le informazioni che ci inviano. Se siamo in ascolto energetico, questo ci consente di ritornare ‘in asse’ prima di veder apparire la manifestazione del disequilibrio come estremo messaggio del corpo. Questa attenzione ci consente quindi di prevenire l’insorgenza di una patologia, invece che guarirla successivamente o di sciogliere un’incomprensione prima che diventi una rottura negli affetti o nel lavoro. Tuttavia, anche qualora fossimo già arrivati alla malattia, individuare la causa che l’ha generata, che può essere uno degli innumerevoli disagi che avvertiamo, come la pau10
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ra, il disamore, il senso di esclusione e così via, ci permetterà di modificare la decisione che l’ha creata e ritornare in equilibrio, a tutti i livelli, compreso il fisico. Inoltre, l’aver identificato l’ EMOZIONE che ha originato il sintomo fa sì che, qualora la riprovassimo successivamente, saremmo in grado di riconoscerla e di risolverla prima che arrivi di nuovo a esteriorizzarsi con la malattia. Quindi prevenire è meglio che guarire!
Da ricordare
Tutto è energia interconnessa che comunica sempre e comunque. Noi siamo naturalmente integri e sani: se non manifestiamo questo nostro stato naturale, possiamo comunque recuperarlo. Siamo gli artefici della nostra vita e la responsabilità del suo esito è solo nostra. Le relazioni che abbiamo, la famiglia in cui siamo nati, lo stato del nostro corpo, sono il risultato delle scelte che facciamo in modo consapevole o inconscio. L’ascolto energetico ci permette di individuare il disagio prima che diventi sintomo e poi malattia. Se manifestiamo una patologia, individuando il disagio che l’ha creata e trasformandolo, la malattia no ha più ragione di esistere.
Ci ammaliamo perchè non ci siamo ascoltati
Non abbiamo prestato attenzione all’avvisaglia emozionale che, attraverso percezioni sempre più precise, ci diceva che la decisione esistenziale che avevamo preso e le conseguenze della nostra vita non erano quelle che auspicavamo. Manifestiamo una patologia perché, a qualche livello, abbiamo ‘tradito’ noi stessi e non abbiamo rispettato la nostra essenza, non abbiamo accettato il messaggio profondo della nostra anima, quello che realmente siamo. Così abbiamo preso
#PSICOPEDAGOGISTA
decisioni che facevano piacere agli altri ma non a noi, abbiamo accettato un lavoro in nome della sicurezza e non della gratificazione, abbiamo scelto relazioni per la paura di rimanere soli piuttosto che in nome dell’amore. Sordi al disagio che incalzava diventando sempre più forte e ‘ingombrante’, abbiamo scelto di mettere la testa sotto la sabbia e di far finta di niente. Il risultato di questo processo di ‘disinformazione’ diventa evidente e inconfutabile: è la malattia. A volte siamo abili anche a negare questo livello di comunicazione, e allora il sintomo si aggrava, come la nostra situazione in quell’area della nostra vita. Sappiamo che dobbiamo cambiare, ma spesso non abbiamo la consapevolezza di ‘che cosa cambiare’ e non abbiamo la forza di farlo. Infatti, possiamo sapere da una vita che il nostro matrimonio è una farsa, che non ci sentiamo amati e compresi, ma se non agiamo, se non modifichiamo la situazione, il saperlo non ci esenterà, ad esempio, dal crearci un cancro al seno o un infarto. Dunque, oltre ad imparare a ‘sentire’ cosa dobbiamo fare per stare bene, bisogna riuscire anche concretamente a farlo. Usando un approccio energetico, tutti i tasselli del puzzle tornano al loro posto, dandoci il quadro d’insieme che costituisce la nostra serenità, il vivere pienamente ogni aspetto della nostra vita. Perché questo è quanto meritiamo. A seguire, proveremo ad esaminare le corrispondenze tra disagio EMOZIONALE, sintomo patologico e messaggio che ne deriva,, nella chiave della comunicazione energetica di cui abbiamo ampiamente parlato. Partiremo dal disagio e analizzeremo per prime, alcune patologie legate alla PAURA.
La paura: dal disagio al sintomo
La paura è un’emozione comunissima e primordiale. Agli albori della civiltà permetteva all’animale-uomo di individuare un pericolo concreto e di mettersi in salvo. Oggi è molto più diffusa di quanto non appaia, però i timori si sono spostati da cause di reale minaccia a un’infinita varietà di tensioni, più o meno evidenti, più o meno sommerse. Abbiamo paura di ciò che non conosciamo, ma anche della troppa intimità. Temiamo di ammalarci o di perdere il controllo, di essere manipolati e di essere 12
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respinti, paventiamo le troppe responsabilità o il fallimento. Soprattutto, ci preoccupiamo di non essere amati e riconosciuti per quello che siamo. Questo è il terrore più profondo, più agghiacciante. Lo proviamo tutti, indistintamente, almeno una volta nella vita, anche se alcuni lo mascherano meglio di altri. Perché non ammettiamo di avere paura con semplicità? Perché culturalmente ‘non è bello’ avere paura. Ci vengono subito applicate le etichette di codardi, di pavidi, di inetti. I modelli sociali che ci vengono sistematicamente propinati sono quelli dei vincenti, dei coraggiosi, addirittura degli eroi. Provare paura, nella nostra società, non è tollerato. Così neghiamo questa informazione preziosa, smentendola in una pantomima di apparente equilibrio. Per farlo spesso usiamo l’ipercontrollo, riducendo la voce della paura a un sempre più flebile sussurro. La paura, quella semplice e lineare comunicazione che a volte serve a salvarci la vita, si trasforma in un sentimento ambiguo, strisciante, in un’ansia generalizzata che ci prende e ci strangola in ogni momento della giornata. Diventa la forza subdola che si oppone a qualunque cambiamento, che congela ogni velleità, un vincolo che ci paralizza. Ma ci guardiamo bene dall’ammettere di averla! E’ ovvio che questa emozione ha infinite sfumature, alcune più facili da mascherare, che spaziano dal modesto timore, dalla lieve insicurezza fino a raggiungere il terrore puro, percepito come un vero e proprio attacco alla nostra sopravvivenza, ed è la stessa cosa se questo attacco sia motivato, come per esempio avere una pistola puntata, o solamente pensato. Anche se non lo vogliamo ammettere, resta il fatto che la paura, ben occultata, ci lavora ‘contro’, ci induce a non fare le cose, a rinunciare, o farlo in modo rigido e controllato invece che fluido e spontaneo. Avere paura implica pesare ogni decisione e, anche quando le prendiamo, temere in ogni momento di sbagliare. Tuttavia, sentire la paura è molto più proficuo che cercare di negarla. Ci permette di affrontarne la causa e di risolverla, così riusciamo a trasformare questa energia stagnante in energia che scorre e che non arreca danno al nostro povero corpo. La paura mostra disequilibrio nel Primo Chakra Quando manifestiamo il disagio della paura a livello
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legate per l’appunto alla paura e di conseguenza al Primo Chakra. Ne farò un elenco ma, per ragioni di brevità, ne vedremo in dettaglio solo alcune.
Le patologie della paura
emozionale, significa che il nostro Primo Chakra o Chakra delle Radici, è scompensato. I chakra sono centri sensori del nostro corpo che captano l’energia universale e servono per informarci sul mondo circostante. Se ‘chiudiamo un chakra’, di fatto non lasciamo entrare dal mondo circostante le informazioni che riguardano quell’area specifica della nostra vita. In questo caso, poiché il primo chakra è deputato a provvedere alla nostra sicurezza, ad appagare esigenze collegate alla sopravvivenza e ai bisogni materiali, come il nutrirsi, riposare, avere calore e rifugio, ‘chiudere’ questo centro significa avere tensioni in queste aree. Significa che non ci sentiamo al sicuro, neanche a livello materiale ed economico, non ci sentiamo nutriti dalla Madre Terra e nemmeno dall’amore della mamma primaria fonte di sicurezza. Quando il primo chakra è chiuso, oltre a vedere il mondo attraverso il filtro della paura, della carenza, della difficoltà, gran parte della nostra vitalità fisica è bloccata, ci sembra di essere ‘invisibili’ agli altri o, addirittura di non esserci per niente. Sperimenteremo un senso di povertà e, anche se guadagniamo molto, avremo sempre la sensazione che non sia sufficiente per le nostre esigenze. Ci sentiremo minacciati e precari, sempre e dovunque. Dunque, non ascoltare la paura e non modificare nulla nella nostra esistenza per migliorare questo stato psico-fisico e spirituale, genera una serie di patologie, 14
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Il primo Chakra, detto anche Chakra coccigeo è posizionato alla base della colonna vertebrale, a livello del perineo. Di conseguenza, tutte le patologie che riguardano lo sfintere anale, come le emorroidi, o le grandi labbra, come la bartolinite, sono patologie della paura. Il plesso sacrale innerva glutei e gambe e dunque interessa patologie come la sciatalgia e le paresi agli arti inferiori (a causa della paura non riusciamo a stare più sulle nostre gambe!) I sistemi e gli organi presieduti dal primo chakra sono il sistema scheletrico, che comprende tutte le ossa e le articolazioni; quindi sono patologie della paura l’osteoporosi, il rachitismo, le malattie che coinvolgono la colonna vertebrale in toto, come l’ernia al disco e la spondilosi, quelle infiammatorie articolari, come l’artrite e l’artrite reumatoide, o degenerative come la coxartrosi, i tumori a carico delle articolazioni e i tumori ossei. Anche le patologie del sistema urinario sono legate alla paura e dunque alla chiusura del primo chakra. Frequenti sono le infiammazioni e le infezioni, come la cistite, l’uretrite,la calcolosi renale, l’insufficienza renale, le cisti renali, i carcinomi dei vari organi quali reni, vescica, prostata, uretra. La ghiandola prostatica e le sue affezioni fanno parte di questo gruppo, con patologie infiammatorie come la prostatite e tumorali, benigne e non, come l’adenocarcinoma della prostata. anche i denti e le gengive con le loro patologie, sono ricollegabili al primo chakra e dunque all’emozione della paura.
La sciatalgia e l’ernia al disco e il loro messaggio energetico.
La sciatalgia è una patologia infiammatoria che interessa il nervo sciatico e si manifesta con un dolore irradiato che scende dalla natica alla gamba. Chiaramente si può generare una compressione a livello lombare, nella zona del primo chakra, e dunque si può affermare che la sciatalgia è una patologia della
paura. La persona che ne è affetta, di solito da un solo lato del corpo, sente dolore o un torpore che le fa muovere la gamba con difficoltà. Per prima cosa, quindi, potremmo dedurre che il soggetto attraversa un momento di insicurezza o di paura che lo immobilizza o che gli rende difficoltoso muoversi in una certa situazione. Se la gamba interessata è quella destra (yang), il soggetto si impedisce di stare in piedi sulle sue decisioni, se invece è quella sinistra (yin), il soggetto si impedisce di stare in piedi sui suoi sentimenti perché ha paura di un giudizio negativo da parte di chi, per lui, costituisce l’autorità. Egli non ascolta la paura, (che a livello fisico si manifesta con la compressione a livello lombare che genera la sciatalgia,) ma per farlo deve esercitare un ferreo controllo (che genera l’aspetto infiammatorio). Questo modo di essere ‘tesi’ che indica paura, può essere poco accentuato e manifestarsi in una lieve dolenzia che si risolve in pochi giorni; ma può anche
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determinare un vero e proprio blocco: la persona si paralizza per paura.
Consiglio energetico
Essere affetti da sciatalgia mostra come, chi la manifesta, non si sente al sicuro di agire o non sia certo dei propri sentimenti, soprattutto di fronte all’autorità, che gli fa paura; nega questa informazione e cerca di mascherare la situazione. Non avendo ascoltato il disagio, la manifestazione a livello fisico è un dolore lancinante che brucia e può addirittura portare all’immobilità: la persona si blocca per paura di essere se stessa di fronte all’autorità. Quindi, è importante che il soggetto ritrovi le sue basi e la fiducia che gli permette di ‘stare in piedi sulle sue gambe’, anche di fronte all’autorità. In questi casi varrebbe la pena analizzare il rapporto con la madre, prima fonte di sicurezza che, nel caso specifico, potrebbe anche aver rappresentato la prima autorità per la persona.
#FISIOTERAPISTA
Trigger point
Dottoressa
Veronica Di Martino
Il termine Trigger Point miofasciale (letteralmente “punto grilletto”) fu utilizzato per la prima volta negli anni ‘50 dalla dottoressa Janet Travell per indicare un punto iper-irritabile all’interno di un muscolo; alla palpazione, infatti viene percepito come nodulo o banda tesa marcatamente dolente. I Trigger Points (TrPs) si sviluppano perlopiù a livello del ventre del muscolo e la loro compressione diretta o la contrazione muscolare provoca dolorabilità localizzata ma anche dolore riferito a distanza in una zona irradiata. I TrPs possono essere: • Attivi, provocano una sintomatologia dolorosa che proietta il dolore a riposo e durante il movimento; sono sempre dolenti alla palpazione • Latenti, non danno dolore spontaneo ma solo se palpati. I TrPs attivi possono essere la causa di svariate patologie, come il mal di testa, il mal di denti, la lombalgia, la periartrite scapolo-omerale, ed essere erroneamente scambiati per artriti, tendiniti o lesioni legamentose. 16
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Le cause alla base del loro meccanismo di insorgenza possono essere diverse: • Sovraccarico funzionale e micro traumi ripetuti • Cattive posture • Condizioni di stress cronico • Carenza di vitamine o acido folico. Un muscolo che contiene un trigger point attivo perde forza e contrattilità e aumenta la possibilità di sviluppare TrPs satelliti. Se non trattato tende ad allargare l’area dolorifica e può ridurre di molto la sua capacità funzionale. La ricerca di TrPs comincia in primo luogo con l’intervista al paziente; chi si rivolge ad uno specialista ha generalmente una condizione di sofferenza cronica che si manifesta con debolezza muscolare, perdita di articolarità e lo sviluppo di scompensi posturali. Il paziente, perciò, va interrogato sulle caratteristiche del suo dolore: come insorge, quando è maggiormente presente, quando si attenua; dopodiché si passa a chiedere informazioni relativamente alla storia clinica, il tipo di lavoro, l’attività fisica praticata, ecc, per iniziare a farsi un’idea di quale muscolo potrebbe essere interessato dalla presenza di un punto trigger.
Test funzionali
A questo punto, per l’individuazione della causa disfunzionale si ricorre alla valutazione muscolare
mediante test specifici attraverso cui si ricerca il determinato movimento che scatena il dolore, localizzato o proiettato a distanza. Una volta riconosciuto il muscolo responsabile del dolore si passa alla ricerca della banda tesa al suo interno mediante la palpazione. Caratteristico è il segno del “salto”: il tocco del terapista sul punto trigger evoca una reazione di scatto da parte del paziente.
Trattamento
Il trattamento dei TrPs può includere diverse modalità. Le più utilizzate sono la digitopressione e il massaggio. La prima consiste nell’indurre un’ischemia temporanea esercitando una pressione diretta sul punto dolente; è una delle tecniche più immediate ed efficaci ma al tempo stesso risulta faticosa per il terapista e abbastanza dolorosa per il paziente. Con il massaggio miofasciale, invece, si lavora in maniera meno selettiva manipolando una porzione più ampia di tessuto muscolare al fine di indurre un rilasciamento dei TrPs senza provocare troppo fastidio. Altre tecniche di disattivazione dei TrPs prevedono l’utilizzo di diatermia, ultrasuoni e laserterapia.
#PEDIATRA
Lo spreco alimentare
Dottor
Carlo Alfaro
Spreco alimentare: un’espressione che provoca intimo dispiacere al solo sentirla. Perché insulta il valore etico che ha il cibo: esigenza biologica primaria, fonte indispensabile di vita, ingiustamente carente per grandi fasce della popolazione mondiale, con i 79 milioni di persone che oggi vivono al di sotto della soglia di povertà, ma anche codice di identità etnica, sociale, culturale e affettiva di ogni individuo. Sprecarlo è come disprezzare l’umanità. È uno scandalo morale, “come rubare il cibo ai poveri”, ha detto Papa Francesco. La FAO (Food and Agricultural Organization), segnala che ogni anno nel mondo vengono sprecati 1,3 miliardi di tonnellate di 18
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cibo ancora perfettamente commestibile, un terzo della produzione totale destinata al consumo umano e potenzialmente capace di sfamare i 925 milioni di persone nel mondo a rischio di denutrizione. Nella sola Unione Europea i 28 Paesi che la compongono buttano al macero 88 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, il 20% di tutto il cibo prodotto (più di 800 kg/persona). Uno studio del 2011 di Waste Watcher ha quantificato lo spreco alimentare in Italia in 20 milioni di tonnellate all’anno. Lo spreco si verifica nei diversi passaggi della filiera alimentare: produzione, raccolta, trasformazione, distribuzione, vendita e consumo degli alimenti. A livello globale, circa la metà dei rifiuti alimentari viene prodotta prima della fornitura, mentre l’altra metà si verifica durante la fornitura e il consumo. Nelle fasi di produzione e prima trasformazione del prodotto alimentare, le cause possono essere riconducibili a errori nella produzione,
conservazione e trasporto delle derrate alimentari, situazioni climatiche negative, surplus produttivo, norme e standard troppo stringenti per la commercializzazione. A livello di distribuzione (ingrosso e dettaglio) possono incidere errori di previsione delle scorte e degli ordini, con rischi di sovrapproduzione e deterioramento del prodotto non utilizzato, o deterioramenti degli imballaggi. Infine, c’è lo spreco da parte del consumatore una volta acquistato il prodotto, perché ne prende quantità eccessive o non pianifica bene le scorte domestiche o calcola male le porzioni o non lo conserva bene o lo butta quando è ancora utilizzabile. Secondo le stime delle associazioni dei consumatori, in Italia viene buttato ogni giorno il 15% dei prodotti da forno, il 12% di frutta e verdura e il 18% della carne. Gli sprechi alimentari di una famiglia italiana, secondo Adoc (Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori) sono così ripartiti: acquisti in eccesso 39%; prodotti scaduti o andati a male 24%; offerte speciali acquistate in eccedenza 21%; prodotti acquistati come ‘novità’, ma non soddisfacenti 9%; prodotti non necessari 7%. Tre sono gli ordini di danni dello spreco di cibo, a parte quello etico, non quantificabile: economici per perdita di materiali ed energie; ambientali per l’impatto sugli ecosistemi; socio-sanitari per effetti negativi sulla salute e sulla qualità di vita. Il valore del danno economico stimato in Europa è di 120 miliardi di euro all’anno, in Italia 13 miliardi di euro. Secondo l’Adoc il 70% della spesa mensile di una famiglia italiana va nella spazzatura. Il danno ambientale consiste nel fatto che quando il cibo viene perso o sprecato, vengono consumate inutilmente anche le risorse naturali utilizzate per la catena di approvvigionamento (terreni, nutrienti, fertilizzanti sintetici, sistemi di difesa delle dai parassiti e dai patogeni, energia e acqua: per esempio, per produrre 1 kg di carne bovina si utilizzano dalle 5 alle 10 tonnellate di preziosa acqua), mentre si accumulano ugualmente emissioni di anidride carbonica dalla
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produzione (per produrre 1 kg di cibo se ne immettono nell’atmosfera 4,5 kg) e di metano (che è un inquinante almeno 25 volte più potente dell’anidride carbonica) e altri gas ad effetto serra (responsabili di riscaldamento globale) dalla decomposizione dei rifiuti, con forte impatto sulla sostenibilità ambientale e il clima. Secondo l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, non si può immaginare di affrontare i grandi temi globali come la fame, la giustizia sociale, i cambiamenti climatici e la perdita di integrità biologica del Pianeta, senza affrontare contemporaneamente la questione dello spreco degli alimenti, per cui prevede di dimezzare entro il 2030 gli sprechi alimentari pro- capite nel mondo. La Commissione Europea ha istituito pertanto una piattaforma comunitaria (EU Platform on Food Losses and Food Was) e ha inserito gli sprechi alimentari all’interno di diversi programmi comunitari, quali la “Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e solidale” e il “Pacchetto sull’economia circolare”. In Italia, è stata istituita, ogni 5 febbraio, la Giornata Nazionale contro lo spreco alimentare. Il Ministero dell’Ambiente si è fatto promotore di una Consulta di cui fanno parte i diversi attori della filiera agroalimentare, con l’obiettivo di elaborare proposte e buone pratiche per ridurre gli sprechi alimentari e la produzione di rifiuti. Inoltre è stata formulata una legge ad hoc, quella del 19 agosto 2016 n.166 (“Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”), che ha come obiettivo il controllo degli sprechi nelle fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti alimentari e farmaceutici, attraverso attività di ricerca, approvazione di progetti sul territorio, informazione e sensibilizzazione dei consumatori, con particolare riferimento alle giovani generazioni.
#PEDIATRA
La legge, detta “Legge Gadda” dal nome della sua relatrice, ha anche disciplinato e semplificato le donazioni degli alimenti attraverso iniziative come il Banco Alimentare e l’intervento degli enti caritatevoli che operano a favore degli indigenti. In linea con le disposizioni della legge, Ministero della Salute e Inail (col Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici) hanno attuato il progetto Spaic, “Cause dello spreco alimentare e interventi correttivi”, rivolto alle terze e quarte classi degli Istituti superiori e partito sperimentalmente nel Lazio. Obiettivo dell’iniziativa, formare ed educare i ragazzi a non sprecare il cibo e a non buttare nella spazzatura ciò che può essere riutilizzato per l’alimentazione quotidiana. Il progetto offre alle scuole un modello di studio che parte dalla conoscenza delle basi etiche, economiche, sociali e tecnologiche del consumo del cibo e del suo spreco, per poi individuare e correggere i comportamenti scorretti e promuovere stili più adeguati. Lo studente viene posto quale protagonista del percorso formativo fornendogli la conoscenza del tema, guidandolo verso l’acquisizione della consapevolezza, e stimolandolo a proporre soluzioni e a diventare messaggero di cultura di corretti stili di vita, per la salvaguardia della salute propria e del mondo che lo circonda. L’approccio 20
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metodologico adottato è stato quello del “nudging” (“spinta gentile”), cioè un approccio psico-comportamentale che spinga verso un comportamento corretto senza risultare come imposizione dall’alto ma come scelta dell’individuo stesso, stimolato a condividere intimamente l’obiettivo proposto. I principali consigli pratici forniti in funzione anti-spreco si possono così riassumere: Cercare di fare una spesa consapevole e razionale: comprare solo l’essenziale che occorre a breve termine, seguendo una lista precisa ed evitando le offerte promozionali ingannevoli. Acquistare i cibi freschi in moderata quantità, per evitare che si deteriori giacendo in casa. Preferire acquisti a km zero, le cosiddette “filiere corte” (vendita in azienda, mercati, negozi degli agricoltori, cooperative tra produttori e consumatori) dove lo spreco è mediamente 3 volte inferiore. Preferire prodotti della giusta stagionalità, meno deteriorabili. Prima dell’acquisto, controllare la data di scadenza di ciascun prodotto. Fare la spesa a stomaco pieno (è dimostrato che se si ha fame si acquista più cibo). Se si hanno avanzi nel frigo, riutilizzarli nella preparazione di altri piatti.
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Cibo troppo maturo o ammaccato può essere usato per fare dolci, frullati, centrifugati, succhi di frutta o zuppe. Congelare o surgelare il cibo avanzato. Tenere una lista- inventario del cibo disponibile in casa con tanto di date di scadenza, per consumarlo in tempo e non acquistare ciò che già c’è. Donare l’eccedenza di cibo alle associazioni di assistenza per i bisognosi. Controllare il corretto funzionamento del frigo (temperatura ottimale fra 0 e +4°C, tenuta delle guarnizioni, pulizia del condensatore, sbrinamento del ghiaccio addossato alle pareti). Riporre le verdure nella parte bassa del frigo per evitare che ammuffiscano. Conservare il pesce fresco in una posizione intermedia nel frigo, opportunamente avvolto in pellicola trasparente o in contenitori chiusi. Tenere avanti nel frigo o nella credenza gli alimenti più vecchi. Conservare farina, pasta, legumi, cereali in contenitori rigidi di vetro o plastica anziché nelle loro confezioni originarie dove possono essere contaminate dalle “farfalline” (tignole) della farina che forano l’imballaggio. Servire nei piatti porzioni moderate, chi vuole potrà servirsi una seconda volta.
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#NUTRIZIONISTA
Cali di pressione. I cibi anticalura
Dottoressa
Francesca Maresca
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Quando fa caldo è facile perdere l’appetito, o, peggio, mangiare e bere quello che capita. E’ un errore non solo perché in questo modo si rischia di campromettere la linea, ma soprattutto per la salute, perché scegliere i cibi giusti aiuta in modo determinante a difendersi meglio dal caldo. Ricordiamo che caldo e sole asciugano l’organismo, penalizzando il suo buon funzionamento e i processi di difesa. Per allontanare il rischio disidratazione basta bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno e privilegiare cibi ricchi d’acqua che dissetano, apportando anche sali minerali, come l’anguria che contiene la maggior percentuale
idrica (fino a 95,3%) e il cetriolo (circa 95%).
Origini e segni
Quando l’ipotensione è costituzionale può essere relativamente asintomatica o provocare dei disturbi di lieve entità (affaticabilità, giramenti di testa); quando invece si verifica un calo di pressione brusco e repentino si può osservare la comparsa di una sintomatologia indotta dalla diminuzione dell’afflusso di sangue ai tessuti: cute fredda, pallida e sudaticcia, tachicardia, alterazione dell’equilibrio metabolico ecc. Ci si sente deboli, mancano le forze e si puo arrivare a svenire. I cali di pressione da calura si
Consigli utili a tavola:
SI
La dieta deve essere ricca di frutta e verdura fresche, per una scorta di sali minerali necessari per compensare le perdite che conseguono all’eccesso di sudore; olive e capperi in salamoia, albicocche o liquirizia da mangiare aIl’occorrenza. Alimenti ricchi di grassi e/o zuccheri; cibi raffinati e/o precotti; bevande e bibite dolci e/o troppo calde o troppo fredde; bevande gasate; alcolici; pasti abbondanti (potrebbero avere conseguenze anche gravi).
NO
Cibi e dessert che ti difendono dal caldo
presentano perché, quando la temperatura dell’ambiente è elevata, l’organismo attiva dei meccanismi di difesa fisiologici che favoriscono la dispersione del calore per mantenere costante la temperatura corporea: - la vasodilatazione, perché il sangue possa scorrere più facilmente all’interno dei vasi; ciò causa la diminuzione della pressione sanguigna; - la sudorazione, con l’aumento di perdita di acqua e di sali minerali; se tale perdita è eccessiva, l’organismo può andare incontro a disidratazione che causa diminuzione della pressione sanguigna. In caso di cali di pressione di una certa entità, rivolgersi al medico per concordare la terapia più adatta e l’eventuale assunzione di integratori.
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Cosa mettere in tavola quando il termometro supera i 30 gradi? Ecco un vademecum di consigli dietetici da non dimenticare per stare bene d’estate. Cercate di non saltare mai i pasti: tre pasti (anche frugali) al giorno sono il minimo. La spiegazione è semplice: l’organismo, a corto di energia e di minerali, fa sentire più spossati e intolleranti al clima torrido. A complicare la situazione si aggiunge l’abbondante sudorazione che priva l’organismo di grandi quantità di sali minerali, da reintegrare costantemente per evitare cali di pressione e malesseri tipici da caldo. Meglio piccoli spuntini: in estate la digestione è più lenta ed è facile sentirsi appesantiti. Per agevolare il lavoro dello stomaco e dell’intestino è meglio framezzare il più possibile la giornata con piccoli spuntini a base di frutta, verdura, yogurt, formaggi freschi e leggeri, carne magra e pesce cotto alla griglia. Usate le spezie: peperoncino e spezie corroboranti sono perfette da portare sulla tavola estiva perchè stimolano la vasodilatazione che, a sua volta, induce maggior sudorazione e, quindi, l’eliminazione del calore corporeo in eccesso. Da evitare: pastasciutta o risotti conditi in modo elaborato, formaggi stagionati e salumi grassi come salame o mortadella, piatti appena tolti dal frigorifero (si rischiano congestioni e nausea).
#AUDIOPROTESISTA
Apparecchi acustici invisibili? Oggi si può
Dottoressa
Tea Maione
Lyric è una soluzione uditiva completamente invisibile che può essere indossata per un periodo prolungato. Una volta inserito, può essere indossato per 24 ore al giorno, sette giorni a settimana, per diversi mesi consecutivi. Si tratta di un nuovo apparecchio acustico lanciato da una delle
aziende leader audioprotesiche, la Phonak. Si presenta come una soluzione acustica completamente invisibile quando indossata e senza manutenzione quotidiana con utilizzo giorno e notte, durante ogni attività. La dimensione così ridotta gli permette di posizionarsi in profondità nel canale uditivo mantenendo la capacità di udire i suoni in modo chiaro grazie alla precisione dell'ingegneria svizzera. È stata progettata utilizzando alta micro-ingegneria che si basa sulla forma organica dell'orecchio per catturare il suono e amplificarlo con un'elaborazione minima avente come obiettivo un’esperienza di ascolto chiara e naturale. Lyric è progettato per i pazienti con ipoacusia lieve e moderata,
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viene posizionato da un Audioprotesista che abbia conseguito il titolo che lo abilita all’inserimento dell’apparecchio, in profondità nel canale uditivo e, per questo motivo, risulta completamente invisibile alla vista. L’audioprotesista specializzato valuterà con attenzione il livello di ipoacusia, dimensioni dell'orecchio, condizioni mediche e stile di vita, per stabilire se Lyric è la scelta giusta per le esigenze uditive del paziente. Si acquista un pacchetto annuale con circa 12 apparecchi Lyric. Ciascun dispositivo Lyric può essere indossato per alcuni mesi di se-
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guito, e fino a un massimo di 120 giorni o fino a quando la batteria si esaurisce. Tuttavia, le esigenze di sostituzione variano da persona a persona poiché la durata della batteria e la produzione di cerume è soggetta alle caratteristiche di ciascun orecchio.
Una volta esaurito un prodotto il paziente dovrà recarsi dal suo audioprotesista che provvederà ad inserire il nuovo apparecchio.
#FISIOTERAPISTA
Facciamo ordine!
Dottoressa
Brigida Pinto
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Gli ordini sono enti pubblici non economici, sottoposti alla vigilanza del Ministero della salute, dotati di autonomia patrimoniale, finanziaria e sostenuti esclusivamente dai contributi degli iscritti, senza oneri per la finanza pubblica. Gli Ordini e le relative Federazioni agiscono quali organi sussidiari dello Stato al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall’ordinamento, connessi all’esercizio professionale. Ciascun Ordine è costituito da uno o più Albi professionali. A ciascun Albo possono iscriversi: • cittadini italiani o comunitari (purchè con titolo riconosciuto
dal Ministero della salute); • in pieno godimento dei diritti civili; • con nessun carico pendente; • in possesso della laurea abilitante o titolo equipollente o equivalente (art. 4 legge 42/99); • con residenza o domicilio professionale nella circoscrizione dell’Ordine o per i cittadini extra comunitari con permesso di soggiorno valido. Fino a pochi giorni fa, noi fisioterapisti NON avevamo un Ordine. Sembra assurdo, ma è proprio così! Finalmente è stato firmato dal Ministro della salute Beatrice
#FISIOTERAPISTA
fattispecie di reato commesse nell’esercizio abusivo di una professione o di un’arte sanitaria, vengono aumentate le sanzioni attualmente previste e più in particolare viene comminata per l’abusivo la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da 10.000 a 50.000 euro.
Lorenzin il primo decreto attuativo della legge n. 3 del 2018, meglio conosciuta come la legge che ha riformato il sistema ordinistico delle professioni sanitarie in Italia (c.d. legge Lorenzin). Si tratta del decreto che istituisce gli albi delle 17 professioni sanitarie, fino ad oggi regolamentate e non ordinate, che entreranno a far parte dell’Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. Tali albi si aggiungono a quelli già preesistenti dei Tecnici sanitari di radiologia medica e degli Assistenti sanitari. Si completa in tal modo il quadro normativo per tutte le 22 professioni sanitarie, ognuna delle quali avrà un Ordine di riferimento. 28
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Un traguardo, atteso da dodici anni, che rappresenta un altro tassello di riforma per tutto il sistema sanitario nell’ottica di una sempre maggiore valorizzazione del ruolo delle professioni sanitarie e, contestualmente, di una migliore tutela del diritto alla salute dei cittadini. Cittadini che negli ultimi anni si sono trovati in una sorta di “giungla”, in cui la carenza di una norma sembrava render lecito ogni tipo di azione. Basti considerare che secondo le ultime stime, i fisioterapisti laureati sono 65.000, contro circa 100.000 abusivi. L’articolo 12 di questa tanto attesa Legge modifica la disciplina del reato di esercizio abusivo di una professione, nonché sulle circostanze aggravanti di altre
I motivi per cui vi è stato un proliferare di abusivismo nel nostro ambito possono essere riassunti in tre grandi punti: Il primo era proprio la mancanza di un Ordine che tutelasse cittadini e professionisti, vigilando sul loro operato. Il secondo è l’esistenza di tanti corsi NON abilitanti alla professione che sono nati negli anni per ovviare all’ostacolo del corso di laurea a numero chiuso, l’unica strada per diventare fisioterapista, e il terzo, a mio parere il più difficile da distruggere, ossia quel retaggio culturale per cui il fisioterapista è un massaggiatore e non un professionista della riabilitazione con competenze valutative e operative specifiche, con mani sapienti al servizio di una mente pensante!
#LOGOPEDISTA
Prima fase: riconoscere l’Alzheimer Dottoressa
Mariarosaria D'Esposito
L'Alzheimer colpisce le cellule cerebrali, depreda la persona dei suoi ricordi, della capacità di ragionare e delle sua autonomia. È la forma più diffusa di demenza: si stima che coinvolga in Italia (in maniera diretta ed indiretta) quasi 3 milioni di persone e che circa 600mila siano i malati conclamati. Il decorso della malattia è piuttosto noto: dall’iniziale difficoltà a mantenere in memoria nuove informazioni, alla perdita progressiva delle abilità linguistiche, cognitive e di orientamento. L'incerta eziologia rende ancora oggi difficile la prevenzione. Pare siano determinanti l'attività fisica e mentale e l'alimentazione: l'uso di particolari diete arricchite di antiossidanti, sembrerebbe prevenire o quantomeno rallentarne l'insorgenza in pazienti predisposti. La diagnosi precoce rimane ad oggi l'unico vero strumento capace di ritardare la comparsa della malattia e il conseguente declino cognitivo, a tutto vantaggio della qualità di vita del paziente. Il riconoscimento da parte dei familiari dei primi segnali diventa quindi cruciale. I sintomi più precoci ed evidenti sono in genere legati al ricordo. Piccole dimenticanze sporadiche, soprattutto in situazioni di particolare stress, possono essere comuni a tutti ed in tutte le fasce d'età. Quando queste amnesie devono mettere in allarme ed indurre ad un approfondimento specialistico? Quando la perdita di memoria potrebbe essere sintomo di Alzheimer? - Il soggetto ha dimenticanze frequenti, soprattutto 30
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in relazione ad eventi recenti. - Nella conversazione ripete più volte le stesse affermazioni o pone le stesse domande - Smarrisce sovente oggetti, chiavi, occhiali o soldi, che poi ritrova in posti inconsueti. L'unico tipo di memoria in genere meno intaccata dalla malattia, almeno nella fase del suo esordio, è quella procedurale. Movimenti ormai divenuti automatici, come andare in bici o pettinarsi i capelli, sembrano essere eseguiti dal soggetto senza particolari difficoltà. Sin dalla fase iniziale della malattia, il paziente presenta inoltre, deficit di linguaggio. - Numerose sono le anomie (dimentica sovente il nome di oggetti di uso quotidiano o di familiari) - Ricorre spesso a parafasie semantiche (sostituisce un vocabolo con un altro appartenente alla stessa categoria) o fonetiche (usa termini che hanno un suono simile a quello dimenticato) - Ha difficoltà a seguire e comprendere conversazioni lunghe - interrompe frequentemente i discorsi, dimenticando "cosa avrebbe voluto dire" e mostra evidenti difficoltà a continuare.
Modifiche della personalità e apatia vengono annoverate tra i primi segnali. - Il paziente si mostra indifferente ai suoi interessi ed ai suoi hobby. - Spesso scontrontroso ed indolente - Triste e malinconico, non frequenta o comunica volentieri con parenti e amici - Uscire di casa può rappresentare fonte di ansia, data la sensazione di insicurezza generata dagli ambienti esterni. Tra i campanelli d'allarme, infine, il disorientamento nello spazio e nel tempo. - Il paziente può non ricordare dove si trova e perché e può mostrare difficoltà nel ritrovare la strada di casa - Si altera inoltre il suo "orologio interno", quello che ci ricorda quando mangiare o riposare. Sovente il paziente si sveglia di notte (il cosiddetto vagabondaggio notturno) o trascorre dormendo le ore diurne. Assemblare ed interpretare gli indizi e segnali, nelle
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prime fasi, può rivelarsi un compito arduo e i primi sintomi possono essere difficili da analizzare. Alla diagnosi di Alzheimer, affidata ad un dettagliato screening neuropsicologico, segue una terapia farmacologica e riabilitativa. L'iter logopedico ha la finalità di rallentare il decadimento cognitivo, sostenendo le funzioni ancora conservate e fornirnendo ausili e strategie per bypassare quelle irrimediabilmente perse. Attraverso la creazione di un "ponte" tra passato e presente, si favorisce il mantenimento in memoria del "qui ed ora", riducendo così la frustrazione. Non meno importante il coinvolgimento dei familiari e le modifiche struttuali dell'ambiente. Nessun tipo di trattamento può, tuttavia, sconfiggere questa bestia nera di nome l'Alzheimer, facendola regredire: solo la diagnosi precoce può rallentare la sua terribile corsa. continua sul prossimo numero
#SESSUOLOGA
Omofobi? NO! “rigidi”!!!
Dottoressa
Olga Paola Zagaroli
Qualche settimane fa si teneva il Gay Pride a Roma, uno dei tanti che, d’estate, sfilano lungo tutto lo stivale per rivendicare il diritto a essere se stessi e il rispetto che si deve a tutte le sfumature dell’amore. Come ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità, omosessualità, eterosessualità e tutto quello che si trova tra le due sono varianti naturali della sessualità e dell’affettività umana. Ad oggi non ci sono studi scientifici a dimostrare che l’orientamento sessuale si pos34
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sa scegliere; al contrario, le ricerche confermano che il benessere e lo sviluppo dei bambini non è influenzato dal genere o dall’orientamento sessuale dei genitori. Nonostante le maggiori organizzazioni al mondo relative alla sanità parlino chiaro, esiste ancora l’omofobia o omonegatività. Persino nelle società in cui è presente un’alta tolleranza continua a esistere una discriminazione strisciante: le persone non eterosessuali soffrono di una serie di disuguaglianze, dal punto di vista
delle possibilità lavorative, sociali e di salute mentale. Secondo Lingiardi (2007), tutte quelle fonti di disagio che le persone LGBT devono affrontare quotidianamente fanno parte del cosiddetto minority stress. Identificare i fattori non solo sociali ma anche individuali che contribuiscono al perpetuarsi dell’atteggiamento negativo verso la popolazione, le coppie e le famiglie LGBT è molto importante per poter dare a tutti le stesse possibilità di benessere fisico e mentale.
#SESSUOLOGA
Ci sono pochi studi che hanno cercato di spiegare la relazione tra omonegatività e abilità cognitive, ovvero quelle risorse psicologiche che usiamo per elaborare e mantenere la conoscenza, risolvere i problemi e affrontare compiti nuovi. Negli studi effettuati sull’argomento, vi è una correlazione tra basse abilità cognitive ed etnocentrismo, autoritarismo, dogmatismo, conservatorismo, pregiudizi verso altri gruppi e altri atteggiamenti di non uguaglianza. La spiegazione di questa relazione è che le persone con questo tipo di impostazione mentale hanno più rigidità cognitiva, preferiscono situazioni semplici, conosciute e familiari in quanto hanno un limitato bagaglio di risorse per affrontare ambiguità e imprevedibilità, viste come rischiose e minacciose. Sono dunque meno aperte a nuove idee ed esperienze e, di conseguenza, hanno meno probabilità di esporsi ad altri gruppi e punti di vista, condizione importante per superare pregiudizi e promuovere accettazione, rispetto e tolleranza. La ricerca di Francisco Perales (2018) ha i meriti di esplorare e confermare l’associazione tra basse abilità cognitive e minore supporto alle coppie formate da partner dello stesso sesso anche in un campione non nordamericano, in questo caso australiano. I risultati riportano che è meno probabile che le persone con basse abilità cognitive supportino i diritti di questa tipologia di 36
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coppie. Inoltre, lo studio evidenzia che un atteggiamento positivo verso queste coppie è fortemente connesso all’abilità verbale, fattore molto importante nel legame intelligenza-ideologia e nell’intelligenza in generale. L’educazione universitaria avvantaggia nell’esposizione a uguaglianza, femminismo, diritti civili e promuove abilità, come flessibilità cognitiva e perspective taking (vedere le cose dal punto di vista di un altro), che aiutano a contrastare i pregiudizi. Lo studio di Perales evidenzia che il 18% dell’effetto dell’abilità cognitiva sugli atteggiamenti verso le coppie dello stesso sesso è condiviso con il più alto livello di istruzione; mentre dal 36% al 46% dell’effetto dell’educazione su questi atteggiamenti è condiviso con l’abilità cognitiva. Non è chiaro se l’istruzione possa influenzare la relazione tra abilità cognitive e atteggiamenti socio-politici e anche questo stu-
dio non mostra che l’istruzione sia moderatore tra i due fattori. Il ricercatore ricorda come, nell’acceso dibattito che si è tenuto lo scorso anno in Australia sul matrimonio egualitario, molti degli argomenti a sfavore erano guidati dall’emotività e non erano basati su prove e fatti. È dunque fondamentale continuare a investigare cosa influenzi le prese di posizione sui diritti delle persone LGBT per poter programmare interventi e politiche efficaci a combattere il pregiudizio e la diseguaglianza. Articolo scritto in collaborazione con l’Istituto A.T. Beck e il dott. Benino Argentieri. Per eventuali informazioni e approfondimenti potete contattarmi dal lunedì al venerdì al 3358709595 o scrivermi all’indirizzo: ilsessoelamente@gmail. com. Buona lettura.
#SALUTE
Caldo e inquinamento nemici per una buona respirazione
5 consigli per regolarsi con le alte temperature in piena salute Ozono e caldo possono essere un'accoppiata molto pericolosa: ecco cinque consigli validi per tutti, soprattutto per bambini, anziani, donne in gravidanza e soggetti a rischio
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Caldo e inquinamento sono due aspetti diversi del problema salute, ma possono avere effetti sinergici. Basti pensare che l'alta temperatura, di per sé, abbatte le performance di un individuo normale mediamente del 20%. Ma tale percentuale aumenta, sino anche a triplicarsi, nei casi di soggetti più fragili: pazienti respiratori, cardiopatici o con patologie invalidanti. Questi, durante i periodi più caldi, si
trovano in serie difficoltà nello svolgere qualsiasi tipo di attività, anche quelle relative alla vita di tutti i giorni. "In questi periodi, i soggetti più a rischio - spiega il Prof. Roberto Dal Negro, pneumologo e responsabile CESFAR, Centro Nazionale Studi di Farmacoeconomia e Farmacoepidemiologia Respiratoria con sede a Verona - sono gli asmatici, i broncopneumopatici cronici, i pazienti
essere un'accoppiata molto pericolosa. Bere molto, almeno un paio di litri al giorno. Si consideri, però, anche il livello di sudorazione e lo sforzo quotidiano. Mangiare cose leggere, sia a pranzo che a cena. Ogni volta che uno si appesantisce, infatti, aumenta la richiesta energetic e quindi la fatica. Attenzione, quindi, sia alla quantità che alla tipologia di ciò che mandiamo: meglio frutta e verdura. Da evitare anche le bevande ricche di zuccheri e alcoolici Massima attenzione nell'aderenza alla terapia di base, qualora si tratti di soggetti a rischio. Attenzione alle vacanze nelle località marine, montane, lacustri, ecc. più rinomate, perché di solito queste risultano le più inquinate da traffico veicolare e inquinanti ambientali. In generale, nessuna di queste scelte vacanziere è dotata di un potere terapeutico intrinseco. I pazienti respiratori o cardio-respiratori possono villeggiare ovunque. Debbono fare esercizio fisico, ma proporzionato alla loro condizione patologica. Muoversi è importante, ma è altrettanto importante proporzionare lo sforzo alla propria realtà. Quindi, evitare escursioni di cui non si conosce la difficoltà e, comunque, rallentare o fermarsi quando insorge una dispnea evidente. Quindi, libertà di scelta, ma la scelta deve essere razionale e consapevole.
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3 cardiaci, i diabetici, gli insufficienti renali, i neoplastici, perché già fortemente limitati dalle loro patologie di base".
L'aggravante Inquinamento
- Se consideriamo anche i fattori inquinanti, il problema aumenta esponenzialmente. Questo perché le temperature ambientali elevate svolgono effetti sinergici con i biossidi di azoto e l’ozono, provocando infiammazione e ostruzione delle vie aeree già nei soggetti normali, ma ancor più in quelli con patologie croniche delle vie aeree. Ad esempio, le vie aeree di un bambino sano che svolge attività sportiva, magari intensa, durante le ore più calde della giornata, sono sottoposte ad un insulto importante dovute alla presenza di ozono, fattore, come prima accennato, ad elevata attività infiammatoria. Più l’attività motoria è intensa, più aumenta la ventilazione polmonare (per far fronte alla richiesta energetica), e quindi più aumenta la quantità di ozono respirata. Se si tratta di
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u n bimbo o un ragazzo asmatico, l’effetto può farsi veramente pesante, fino allo scatenante di crisi d’asma. "Nel nostro Paese aggiunge il Prof. Dal Negro - non mancano i limiti ai comuni inquinanti (PM10; PM2.5; NO2; ozono, ecc.) imposti dalla legislazione: il vero problema è il loro effettivo controllo e la messa in atto di misure strutturali (e non estemporanee), per il loro contenimento".
Cinque Consigli
Cinque consigli, secondo il Prof. Dal Negro, per combattere il caldo senza compromettere la nostra salute. Evitare le attività ad elevato dispendio energetico nelle ore più calde della giornata. Preferire la mattina presto o il tardo pomeriggio, evitando accuratamente la fascia oraria 12-15. Un discorso che deve essere valido per tutti, ma soprattutto per i soggetti più fragili, come bambini, donne in gravidanza,anziano e portatori di patologie respiratorie, cardiache o debilitanti in genere. Ozono e caldo, infatti, possono
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#FITNESS
Attività fisica come mezzo preventivo primario dell’osteoporosi
Alfonso Galano
La prevenzione dell’osteoporosi può essere definita come il raggiungimento e il mantenimento di una quantità sufficiente di massa ossea, la cui resistenza sia adeguata agli sforzi a cui può normalmente essere sottoposto l’organo ad ogni età. Non dimentichiamo che la massa ossea in età avanzata è il risultato del picco raggiunto alla maturità scheletrica e solo dopo dalla successiva velocità di perdita ossea. Siamo abituati a sentir parlare dei benefici dell’attività fisica sulla salute cardiovascolare, sul diabete e sul peso corporeo, ma in realtà il movimento può dare un grande supporto anche alla salute delle ossa. Lo sport, e in genere il movimento, agisce sulla struttura delle ossa con degli stimoli di natura vibratoria che inducono il rimo40
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dellamento osseo, ovvero la sostituzione di matrice ossea scadente con matrice ossea nuova e più compatta. Ciò è di grande importanza specialmente nella popolazione giovane, che ha la possibilità di consolidare ed elevare il famoso picco utilizzando al meglio la dinamica degli esercizi ed elevando quindi quel valore di soglia che si raggiunge intorno ai 35-40 anni di età. Dunque si può combattere l’osteopenia e l’osteoporosi specie da giovani, facendo si che le nostre ossa abbiano una densità calcica eccellente garantendo quindi una vita da senior più serena e meno traumatica. In particolare si è visto che dopo 12 mesi di esercizio fisico aumentano le concentrazioni ematiche di IGF-1, una molecola che favorisce la crescita ossea, mentre diminuiscono quelle della
sclerosina che quando è presente a concentrazioni elevate ha un impatto negativo sulla stessa crescita ossea. Importante precisore che il nuoto ed il ciclismo essendo sport antigravitari fanno bene alla salute in generale, ma non a quella dello scheletro in particolare, mentre per ottenere risultati concreti contro l’osteoporosi sia in termini di prevenzione sia nell’aumento della massa ossea bisogna eseguire esercizi contro resistenza siano essi con i pesi che a corpo libero oppure serie particolari di salti. Fare attività fisica significa dunque fare un investimento su se stessi per permetterci di vivere la vita a pieno ed a lungo, non dobbiamo praticarla solo per raggiungere scopi estetici, quella è un’inevitabile piacevole conseguenza.
#MENTALCOACH
La cosa più importante che i genitori possono insegnare ai loro figli, è come andare avanti senza di loro. Ernesto Lupacchio
Dopo diverse richieste di alcuni lettori/amici, continuerò a trattare nei miei articoli del complesso ma bellissimo rapporto GENITORI/FIGLI, prendendo spunto, come ho fatto in passato, dalla mia esperienza di padre e dai corsi di formazione che ho seguito in questi anni “da Genitore a Coach”. Mi piace cominciare dall’importanza e della significatività della coerenza e dell’esempio da assumere nei nostri comportamenti nei confronti dei figli e delle “regole” indispensabili nel rapporto educativo e di crescita dei nostri figli. Sappiamo bene che non esiste il “manuale del genitore perfetto” e che nessuno di noi è nato genitore. La condizione di genitore si concretizza per una coppia nel momento del parto e da lì in poi, ognuno di noi andrà avanti cercando quella che crede essere la strada più corretta, prendendo spunti dalle persone che ritiene più autorevoli, utilizzando l'educazione che ha ricevuto come base di partenza (si spera corretta) e, soprattutto, facendo errori. Di volta in volta perciò bisognerà fermarsi, contestualizzare e comprendere il modo migliore per andare avanti, senza aver paura di mettersi in discussione e consapevoli della grandissima responsabilità di crescere un figlio. Il genitore non deve temere di dire “No” al proprio figlio, perché ci sono delle regole che vanno dettate in maniera autorevole e non autoritaria, necessarie per permettergli di apprendere i limiti e gli spazi per muoversi in sicurezza e tranquillità. L’autorevolezza altro non è che la coerenza tra ciò che il 42
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“Un genitore saggio lascia che i figli commettano errori. È bene che una volta ogni tanto si scottino le dita.” M. Gandhi genitore richiede al proprio figlio e il proprio modo di agire e di comportarsi. A chi non è mai capitato, prima di avere figli, di osservare alcuni comportamenti e pensare: “Io con i miei figli non farò mai cosi!” Poi si diventa genitore e ripensando a quelle situazioni e a quei momenti ci si riconosce proprio in quegli atteggiamenti e comportamenti. Tuo figlio fa una cosa che non ti piace, lo riprendi, lo rimproveri e dopo due ore ti sei già dimenticato di quell’episodio perché ti guarda con quegli occhi grandi e belli come per dire: “Ma tu mi ami o no? Non sono il tuo piccolo tesoro???” E…boom! Arriva questo sentimento dentro di te di amore incondizionato e dimentichi tutti i tuoi buoni propositi fatti per il rispetto delle regole.
#MENTALCOACH
Giusto? Capita anche a te? Le idee principali che avevi, le regole che avevi in testa sembrano come svanite nel dimenticatoio. Senza esagerare credo che questa sia una delle trappole più pericolose in cui si rischia di cadere come genitore. Come mai? Ogni figlio ha bisogno di autorevolezza, regole e coerenza! Ogni figlio ha bisogno della complicità dei genitori e di una uniformità educativa, non di sì da una parte e di no dall’altra. Il gioco dei ruoli buono e cattivo non serve, il bambino non deve vivere un genitore buono e permissivo e l’altro cattivo e punitivo: l’autorevolezza deve essere coltivata da entrambi per evitare la messa in discussione dei modelli e la ribellione durante l’adolescenza. Naturalmente farà delle cose più con uno e più con l’altro, si confronterà più su certi aspetti con uno piuttosto che con l’altro e avrà delle differenti complicità, senza aver paura di uno a cui nascondere le cose, cercando di corrompere la figura più permissiva e più fragile. Porsi delle domande, chiedersi se i metodi che stiamo utilizzando con i nostri figli sono adatti ed efficaci è segno di buonsenso e attenzione. Perciò prova a rispondere alle seguenti domande: • Sei coerente con quello che dici e con quello che fai? • Come gestisci le regole dentro casa? • Quando tuo figlio non fa quello che avevate pattuito cosa fai? • Sei un punto di forza e riferimento per il tuo adolescente? 44
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A questo punto… ”Vuoi continuare ad usare punizioni creando conflitti o preferisci proporre conseguenze e avere collaborazione in casa?” Quando tuo figlio… • Ti parla male • Non ha rispetto di te e della tua figura di genitore • Si comporta in “certi modi” e ti fa innervosire, arrabbiare e disperare • Non fa i compiti • Non si alza la mattina presto • Ritorna a casa tardi o in orari non stabiliti • Non sa cosa vuole fare nella vita • Passa intere giornate a chattare al cellulare o con i video giochi Cosa succede dentro di te? Come puoi trovare le giuste conseguenze senza che lui si arrabbi con te? Come puoi accompagnarlo nella sua responsabilità per diventare più indipendente? Ebbene, ecco…cosa devi fare: Prima di partire con il tuo rimpro-
vero rilassati e resta concentrato sul fine. Il fine è che tuo figlio non commetta più lo stesso errore. Per avere una possibilità di riuscita, prima di tutto devi farti ascoltare. Metti tutta la serenità e la fermezza possibile nel tuo rimprovero e otterrai buoni risultati. Lascia perdere le urla e l'atteggiamento di oppressione, causeranno solo una maggiore sofferenza e rigidità da parte di tuo figlio e la non risoluzione del problema. • Stabilisci e condividi con lui solo poche e chiare regole, e su queste sii intransigente. • Dai il buon esempio. • Sii coerente. • Ametti i tuoi sbagli. • Ascolta tuo figlio. • Dagli fiducia e rendilo più indipendente.
#AVVOCATO
L’esame dell’imputato nel processo penale
Valerio Massimo Aiello
Partiamo dall’assunto che la deposizione dell’imputato nel corso del dibattimento è uno dei momenti cruciali dell’intero procedimento considerato che quest’ultimo è volto a stabilire se egli è colpevole, innocente o se ha compiuto il fatto in modo più o meno giustificabile e che il Giudice possa trarre dalle sue parole un convincimento piuttosto che un altro. La procedura penale italiana non obbliga affatto l’imputato a deporre; l’esame dell’imputato, nel corso del dibattimento, è ammesso infatti esclusivamente a seguito di una sua richiesta ovvero di consenso alla richiesta di un’altra parte processuale. Va subito precisato quindi che la mancata richiesta dell’esame o il mancato consenso da parte dell‘imputato non potrà essere valutato dal Giudice in senso negativo né tantomeno utilizzato come una tacita confessione di colpevolezza. 46
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Trattasi quindi di una pura e semplice scelta di strategia difensiva connessa al diritto di difesa disposto dall’art. 24 della Costituzione, che espleta la propria funzione sia sotto l’aspetto attivo nel caso in cui l’imputato decida di interloquire nel processo per discolparsi sia sotto quello passivo quando lo stesso scelga di difendersi tacendo, ed in rispetto del principio del nemo tenetur se detegere, in base al quale
nessuno può essere obbligato ad affermare la propria responsabilità penale. Nel corso del processo l’imputato può scegliere di rilasciare dichiarazioni spontanee in qualunque momento senza che le altre parti processuali possano rivolgergli delle domande ovvero può optare di sottoporsi all’esame secondo le regole della cross-examination, accettando così il rischio che le altri parti (PM, parte civile)
possano dimostrare in vario modo la sua colpevolezza. Qualora l’imputato decida di sottoporsi all’esame ovvero presti il suo consenso lo stesso, non rivestendo la posizione di testimone, si vedrà garantito non solo dal diritto di non rispondere alle domande ma altresì non sarà vincolato all’obbligo di rispondere secondo verità restando così indenne dal rischio di incorrere in sanzioni penali. Ovviamente se in sede di esame risulterà una palese affermazione del falso ciò potrà essere causa di conseguenze dal punto di vista processuale; l’imputato
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infatti potrà essere ritenuto non credibile e le sue affermazioni difficilmente saranno in grado di convincere il Giudice. Ugualmente, nel caso in cui l’imputato si avvalga della facoltà di non rispondere ad alcuna delle domande poste, del suo silenzio verrà fatta menzione nel verbale di udienza e ciò potrà essere valutato dal Giudice come argomento di prova utile a minare la credibilità dello stesso imputato. Concludendo si può, quindi, affermare che la scelta dell’imputato di sottoporsi all’esame dovrà essere ben ponderata sia dallo stesso che dal suo difensore, ciò
per evitare di avere un risultato indesiderato ovvero un aggravamento della propria posizione processuale; motivo per il quale gli avvocati consigliano talvolta di astenersi dal deporre piuttosto che mentire.
#CONDOMINIO
L'amministratore risponde Teresa Pane
Dott.ssa Pane, la scorsa settimana sono stato vittima di un abuso ad opera dell’amministratore dello stabile dove vivo. Abito in un fabbricato di 8 appartamenti, ma il mio appartamento ha accesso non dal portone principale e dall’androne, ma l’accesso è da una porta collocata all’esterno sulla facciata principale (come se fosse un “basso”). Da sempre ho avuto le chiavi del portone principale anche se per accedere al mio appartamento non devo accedere all’androne, ma semplicemente perché all’interno dell’androne c’è il mio contatore dell’energia elettrica ed, inoltre, sul lastrico di copertura dello stabile c’è anche la mia antenna. A seguito proprio del cattivo funzionamento dell’antenna, volendomi recare sul lastrico per verificarne il funzionamento, mi sono accorto che sono state cambiate le chiavi del portone e nessuna comunicazione mi è stata fornita, ne tantomeno mi sono state consegnate le chiavi nuove. L’amministratore sostiene che non ne ho diritto in quanto il mio immobile non ha accesso dal portone, tanto è vero che non ho millesimi in tabella androne. È davvero così? E come farei ad accedere al mio contatore ed alla mia antenna? Grazie (Luigi D.E.)
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Cara Anna, le spiego come è possibile intervenire. L’impianto di ascensore presente nel suo stabile, lei mi precisa, è presente da sempre. L’ascensore installato originariamente pacificamente rientra tra le c.d. “parti comuni dell’edificio” ai sensi dell’art. 1117 c.c. per una presunzione di condominialità. Detto ciò, ai sensi dell’art. 1123 c.c., è possibile derogare ai criteri di ripartizione legale delle spese condominiali (nel caso dell’impianto ascensore vedi art. 1124 c.c.), convenzionalmente. L’unanimità dei condomini, infatti, potrà convenzionalmente stabilire che uno o più condomini siano esentati totalmente o parzialmente dell’obbligo di partecipazione alle spese. L’unanimità è richiesta poiché si va a stabilire un riparto delle spese differente dall’assetto originario. Il discorso ha una connotazione diversa laddove, invece, si trattasse di un impianto ascensore installato successivamente: in tal caso il condomino è libero di decidere di non partecipare alle spese di costruzione e, dunque, di uso dell’ascensore.
#CONDOMINIO
Caro Amministratore Pane, innanzitutto le faccio i miei complimenti per la sua rubrica e le sarei grata se rispondesse al mio quesito. Da circa due anni ho acquistato un appartamento in un edificio dove è presente (da sempre) l’ascensore. Io non ho intenzione di usarlo e non ho intenzione di partecipare alle spese di manutenzione e consumo. È possibile rinunciare all’uso? Grazie (Anna D.) Cara Anna, le spiego come è possibile intervenire. L’impianto di ascensore presente nel suo stabile, lei mi precisa, è presente da sempre. L’ascensore installato originariamente pacificamente rientra tra le c.d. “parti comuni dell’edificio” ai sensi dell’art. 1117 c.c. per una presunzione di condominialità. Detto ciò, ai sensi dell’art. 1123 c.c., è possibile derogare ai criteri di ripartizione legale delle spese condominiali (nel caso dell’impianto ascensore vedi art. 1124 c.c.), convenzionalmente. L’unanimità dei condomini, infatti, potrà convenzionalmente stabilire che uno o più condomini siano esentati totalmente o parzialmente dell’obbligo di partecipazione alle spese. L’unanimità è richiesta poiché si va a stabilire un riparto delle spese differente dall’assetto originario. Il discorso ha una connotazione diversa laddove, invece, si trattasse di un impianto ascensore installato successivamente: in tal caso il condomino è libero di decidere di non partecipare alle spese di costruzione e, dunque, di uso dell’ascensore. 50
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Gentile Amm.re, il Condominio dove risiedo è stato citato in giudizio da una persona che, passeggiando sul marciapiede, è inciampata a causa della mancanza di una piastrella di vetrocemento a copertura del lucernaio condominiale. Inizialmente il danneggiato aveva citato il Comune, in quale, ritenendosi non responsabile, ha chiamato il causa il Condominio. Ma se il marciapiede è di proprietà del Comune, perché è stato chiamato in causa il Condominio? (Luca E.). Gentile Luca, la questione è spinosa ed anche se dalla sua domanda non ho tutti gli elementi per valutare al meglio la questione, posso dirle che la chiamata in causa del Condominio ha una sua ragione. Se è vero che il marciapiede dove è inciampata la persona è di proprietà del Comune, è pur vero che la caduta è dovuta all’assenza della piastrella di vetrocemento a copertura del lucernario che è di proprietà condominiale in quanto copertura di una zona condominiale. A tal proposito, proprio recentemente la Cassazione si è pronunciata in tal senso: quando un bene (in questo caso il lucernaio) svolge la funzione di piano di calpestio e la funzione di copertura di una proprietà condominiale (la proprietà sottostante il lucernaio), il ruolo di custode spetta a chi si giova della copertura, ovvero al Condominio (Suprema Corte di Cassazione, ordinanza del 19.04.2018 n. 9625).
#FOODCROSSING
Ti pesto!
Anna Maione
Basilico, pinoli, aglio, parmigiano, sale e olio extra vergine di oliva. Ingredienti semplici e genuini che, grazie ad una preparazione semplice, ma rigorosa, che racchiude in sé una sapienza antica, danno vita alla salsa verde più famosa e amata al mondo: il pesto alla genovese. Cremoso e dal sapore intenso e 52
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caratteristico, è senza dubbio uno dei prodotti che ha contributo alla diffusione e alla conoscenza delle tipicità liguri nel mondo. Più che in Liguria, il pesto alla genovese trova le sue radici con tutta probabilità nell'antica Roma in quel composto chiamato “moretum” di cui parla anche Virgilio nei suoi testi, preparato con erbe, aglio, olio, aceto e formaggio fresco, e pestato in un mortaio, a cui si aggiungevano, in alcuni casi, anche le noci. Più avanti, nel Medio Evo è l'agliata, la salsa a base di battuto di noci ed aglio, che può considerarsi tra le antenate del pesto. Ma per arrivare alla versione che conosciamo noi bisognerà aspettare il XIX secolo,
in particolare il 1865, quando la ricetta ufficiale comparve, per la prima volta, nel libro dei fratelli Ratto “Cuciniera genovese” con la definizione di “battuto di aglio e basilico”. Da allora la formula tradizionale non ha subito evidenti cambiamenti, sebbene si possano trovare alcune varianti, come l'aggiunta di patate lesse e fagiolini. La preparazione di un autentico “Pesto alla genovese” prevede tuttora l'immancabile mortaio in marmo e il pestello in legno, strumenti indispensabili per una salsa perfetta. Per quel che riguarda il basilico è necessario utilizzare quello genovese D.O.P. caratterizzato da un aroma intenso, da un
© FOTO DI ANNA MAIONE
Linguine al pesto alla Ligure
Imma Gargiulo
colore tenue e da foglie ovali e di dimensioni medio-piccole. I veri puristi, poi, utilizzeranno il basilico del Pra' che viene coltivato sin dall'antichità nella zona omonima del capoluogo ligure. Curiosità A conferma della popolarità di questo condimento così saporito e goloso, la città di Genova ospita ogni due anni, dal 2007, il Campionato Mondiale di Pesto Genovese al Mortaio, una competizione che richiama partecipanti da tutto il mondo e che accoglie una giuria, composta da esperti gastronomi, altrettanto internazionale.
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INGREDIENTI Per il pesto • 40gr pinoli • 1 spicchio d’aglio grande • 100gr basilico genovese o a foglie piccole • 60gr parmigiano reggiano • 150ml olio extravergine d’oliva delicato Frantoio Gargiulo Per il completamento • 320gr linguine • 1 patata grande • 150gr fagiolini • Pesto • Olio extravergine delicato Frantoio Gargiulo • Foglie di basilico PROCEDIMENTO Preparare per primo il pesto. Lavare per bene le foglie di basilico ed asciugarle senza maltrattarle (strizzarlo o schiacciarle accelera il processo di ossidazione per cui il pesto risulterà di colore verde scuro o marroncino) In un cutter inserire i pinoli e l’aglio con il basilico. Frullare ad alta
velocità per qualche secondo. Aggiungere l’olio a filo, frullare nuovamente. A questo punto aggiungere il formaggio. Una volata avuto un composto omogeneo assaggiarlo ed aggiustare di sale. Il quantitativo di sale dipenderà molto dalla sapidità del basilico e dal parmigiano. A questo punto tagliare a piccoli cubetti la patata sbucciata ed a tocchetti i fagiolini. Le dimensioni di questi dovranno essere simili. Portare a bollore dell’acqua salata in una pentola capiente e tuffare fagiolini e patate. Una volta che questi saranno quasi cotti aggiungere la pasta e portarla a cottura. Una volta che la pasta sarà cotta scolare il tutto, conservando mezza tazza di acqua e mantecare il tutto con il pesto preparato in precedenza. Aggiungere acqua di cottura e qualche cucchiaio d’olio extravergine d’oliva man mano che si procede con la mantecatura per ottenere la giusta cremosità. Servire guarnendo con una bella foglia di basilico ed un filo d’olio. CONSERVE DI CASA Per chi volesse conservare il pesto lo potrà fare tenendolo in frigo in un barattolo chiuso per una decina di giorni. Importante tenere coperto il pesto con un velo di olio. Se si volesse conservare il pesto per l’inverno consiglio di riporlo in freezer in monoporzioni cosi da scongelare al momento solo il quantitativo che occorrerà.
#WELLNESS
Acquarelax
Un’estate in famiglia
Da molto tempo avevo intenzione di riqualificare un angolo del mio giardino per renderlo più fruibile e meglio utilizzabile per condividerlo nei momenti di relax, pensando di inserire anche una piscina. Avevo consultato diverse riviste del settore e girato per i vari negozi e centri commerciali per acquistare una piscina poggiata sul terreno, per semplificare le procedure d’istallazione e mi sono resa conto della difficoltà di trovare persone preparate per consigliarmi a riguardo, che potessero valutare con cognizione le varie opzioni disponibili e quindi ad indirizzarmi verso un prodotto diverso dalle solite piscine prefabbricate. È stato così che ho chiamato un mio amico architetto per chiedergli consiglio e valutare la questione nella maniera più appropriata, il quale mi ha prospettato una delle ultime affermazioni sul tema: l’Acquarelax. Vedutami spiazzata mi ha spiegato che in effetti è una vasca poggiata sul terreno, quindi senza bisogno di scavi come serviva a me, fatta di un materiale leggero ed autoportante chiamato Styreps e che consentiva di essere rivestito e formato rispetto al luogo. Incuriosita ho prima cercato su internet notizie sulla questione, poi, consultando mio marito, siamo andati all’azienda che le produce rimanendo sbalordita dalla competenza in materia e dalle utili 54
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informazioni sulla gestione e l’uso, ma anche delle problematiche, di un invaso d’acqua di tipo privato. Nozioni di cui fino a quel momento non avevo idea ma che mi sono state utilissime per programmare al meglio l’investimento. Da qui in collaborazione con l’architetto abbiamo sviluppato l’idea e in poco tempo è stata realizzata. Ho fatto la giusta scelta, sono state ponderate tutte le ipotesi tecniche e funzionali che in poco spazio hanno condensato tutte le mie aspettative ed inoltre è facilissimo gestirla: venti minuti una volta a settimana. Adesso che la stagione è cominciata e il caldo si fa sentire, invece delle spiagge affollate passiamo i pomeriggi a rinfrescarci nella nostra Acquarelax: momenti condivisi da tutta la famiglia a cui qualche volta si aggiungono anche amici entusiasti. La sera, il ruscellamento dell’acqua e le luci riflesse rendono magica l’atmosfera e l’angolo di giardino che prima era buio e dormiente ha ripreso una nuova vita! Certo fossi stata più avventata mi sarei fatta abbindolare e avrei comprato qualcosa che, anche spendendo di meno, non sarebbe stata complementare alla nostra casa e che certamente avrebbe sconvolto l’ambiente esistente. Rivolgersi ad aziende esperte consente veramente di risparmiare.
#CONSUMATORI
Richiesta di risarcimento per esposizione lavorativa all’amianto
Pierluigi D'Apuzzo
Da anni, ormai, si parla di amianto e di come l’esposizione a questo tipo di materiale danneggi la salute. Questa strage silenziosa riguarda migliaia di lavoratori sparsi in tutta Italia che hanno subito in passato e tuttora subiscono le conseguenze dell’esposizione: l’amianto è una sostanza cancerogena. Questo materiale è costituito da fibre che si distaccano facilmente e possono essere inalate, così da giungere fino in profondità negli alveoli polmonari proprio perché molto sottili. L’amianto, quindi, è pericoloso quando le fibre vengono inalate, anche per un breve periodo. Il problema 58
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è che le patologie da amianto sono lungolatenti, potendo manifestarsi anche a distanza di decenni dall’esposizione subita, pertanto risulta di particolare importanza chiarire quali sono i termini prescrizionali dell’azione di risarcimento. Nella richiesta danni per esposizione lavorativa all’amianto il termine di prescrizione è quello dell’illecito contrattuale e quindi di 10 anni, (mentre per la richiesta danni per esposizione all’amianto extra lavorativa – ipotesi che può venire in rilievo per i parenti del lavoratore che abbiano comunque subito dei danni – normalmente il termine
di prescrizione è di 5 anni dal verificarsi dell’evento lesivo). Poiché gli effetti negativi dell’esposizione all’amianto possono manifestarsi in un momento molto successivo alla esposizione stessa, ecco che il termine iniziale da prendere in considerazione per la prescrizione del diritto al risarcimento deve farsi decorrere dal momento in cui il danneggiato abbia preso coscienza del nesso esistente tra danno presente e causa remota (l’esposizione all’amianto per l’appunto): occorre quindi valutare se il danneggiato, abbia avuto consapevolezza del danno nella sua interezza, se egli ne
abbia avuto conoscenza completa, se abbia percepito il nesso tra illecito e danno, se ne abbia identificato il responsabile. Ad oggi si identifica quale momento rilevante per il decorrere del periodo di prescrizione quello in cui il danneggiato -in caso di esposizione all’amianto- ha avuto conoscenza dell’insorgere di una patologia a questo collegata e dell’averla posta in correlazione all’esposizione subita che normalmente viene fatto coincidere con il momento della presentazione della domanda di riconoscimento di malattia professionale all’INAIL. È importante sapere che anche gli
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eredi di chi è deceduto a causa di malattia legata all’esposizione all’amianto, hanno diritto al risarcimento del danno biologico e morale sofferto in vita dal de cuius. In molte Sentenze infatti è stata ribadita la responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 c.c., intesa come omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l'integrità psicofisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto del concreto tipo da lavorazione e del connesso rischio. D’altronde è ormai assodato che fin dagli inizi del 1900 vi era già la consapevolezza della
dannosità per la salute umana dell'amianto e quindi per la sua correlazione con le patologie tumorali non può ritenersi immune da responsabilità il datore di lavoro che non appronti tutte le cautele in chiave preventiva conosciute che avrebbero potuto ALMENO ridurre il rischio di contrarre una patologia. Per qualsiasi informazione e delucidazione è possibile rivolgersi allo sportello Adiconsum PenisolaSorrentina il lunedì negli orari 10-12 e 17-19.
#POESIA
La donna e la fontana Una donna non tanto anziana un giorno si recò a una fontana, per bere e anche per cucinare dell’acqua andò a prelevare. Salvatore Spinelli
Nell’immergere l’anfora del tutto s’accorse che sul fondo c’era un frutto, era d’un colore tendente al rosso, rotondo, bello, piuttosto grosso. “Prendimi pure, -sembrava dire-, provaci e ci potrai riuscire”; la donna ci provò ma quello scomparve ma quando l’acqua torno calma, riapparve. Allora con una decisione strana pensò bene di svuotar la fontana, mentre agiva, il frutto era presente, ma al termine non trovò più niente. Attribuendo il fatto a una magia, delusa, stava per andare via quando una voce: “Perché cerchi laggiù quello che agevolmente trovi quassù”. La donna alzò gli occhi e capì, il frutto era stato sempre lì, appeso a un ramo era lo stesso che nell’acqua era il riflesso. Accade spesso che nella nostra vita, in una lotta continua, infinita, cerchiamo la felicità altrove invece che in Dio che tutto muove.
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#LIBRI
Libri come fari Giovanni Pepe
La leggenda del ragazzo che credeva nel mare di Salvatore Basile
Al mattino stringi forte i desideri di Natascha Lusenti La vita di Emilia è a un punto di svolta: quel punto in cui si cerca di cambiare tutto per cercare di ritrovare se stessi. Quello che non sa è che troverà anche di più. Emilia è una giovane donna che si trova alle prese con la perdita del lavoro. Questa situazione la getta nello sconforto: sente di aver bisogno di cambiare aria e si trasferisce così in un’altra casa, un condominio dove non conosce nessuno. Spera così di fare nuove conoscenze e di trovare nuove opportunità. Per rompere il ghiaccio e stringere rapporti di vicinato che vadano oltre i convenevoli, comincia a scrivere biglietti anonimi sulla bacheca del condominio, poche righe in cui esprime le sue emozioni e i suoi pensieri. È un modo per attirare l’attenzione di qualcuno e avviare una piacevole corrispondenza. Purtroppo questo non accade, fino al giorno in cui trova una figurina da bambini attaccata a un suo post. Questo è il primo passo per cominciare a calcare la strada della fiducia negli altri e nel futuro, il primo passo da muovere con decisione per abbracciare i desideri più cari e tenerli stretti a tal punto da costringerli ad avverarsi. 62
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Quando si tuffa Marco si sente libero. Solo allora riesce a dimenticare gli anni trascorsi tra una famiglia affidataria e l’altra. Solo allora riesce a non pensare ai suoi genitori di cui non sa nulla, non fosse che per quella voglia a forma di stella marina che forse ha ereditato da loro. Ma ora Marco ha paura del mare. Dopo un tuffo da una scogliera si è ferito a una spalla e vede il suo sogno svanire. Perché ora non riesce più a fidarsi di quella distesa azzurra. Perché anche il mare lo ha tradito, come hanno sempre fatto tutti nella sua vita. Eppure c’è qualcuno pronto a dimostrargli che la rabbia e la rassegnazione non sono sentimenti giusti per un ragazzo. È Lara, la sua fisioterapista, che si affeziona a lui come nessuno ha mai fatto. Lara è la prima che lo ascolta senza giudicarlo. Per questo Marco accetta di andare con lei nel paesino dove è nata per guarire grazie al calore della sabbia e alla luce del sole. Un piccolo paesino sdraiato sulla costa dove si vive ancora seguendo il ritmo dettato dalla pesca per le vie che profumano di salsedine. Quello che Marco non sa è il vero motivo per cui Lara lo ha portato proprio lì. Perché ci sono segreti che non possono più essere nascosti. Perché per non temere più il mare deve scoprire chi è veramente. Solo allora potrà sporgersi da uno scoglio senza tremare, perché forse a tremare sarà solo il suo cuore, pronto davvero a volare.