Quando le parole diventano salute di Brigida Pinto
Proteggersi dal freddo di Giuseppe De Simone
Psicologia del condominio di Teresa Pane
#149
LA MIA PENISOLA 100% FITNESS MAGAZINE ANNO XII
COPIA GRATUITA
Buone Feste
La squadra è il motore del lavoro, l’umiltà la sua forza
Via del Mare, 19 - Sorrento (Na) - Tel. 081.807.1764 - Cell. 338.2065411 - www.lgarredamenti.it
Questo mese #FISIOTERAPISTA 24 08 #LOGOPEDISTA Impariamo ad imparare... Quando le parole
giocando!
Mariarosaria D'Esposito
Laureata in Logopedia presso l'Università Federico II di Napoli. Disponibile telefonicamente Giovedì e Sabato dalle 9.00 alle 13.00
cell. 338.3191494
10 #PSICOPEDAGOGISTA La ricerca della felicità Bianca Pane
Laureata in Filosofia e Psicopedagogia presso l’Università di Napoli Federico II, specializzata in Gestalt Counseling Bioenergetica e Terapie Olistiche
cell. 393.9315564
14 #NUTRIZIONISTA 3 tisane per depurarsi dopo le feste
Francesca Maresca
Laureata in Dietistica presso l’Università di Napoli Federico II. Disponibile tel. Martedì e Giovedì dalle 15.00 alle16.30
cell. 334.2258132
diventano salute Brigida Pinto
Laurea in Fisioterapia e laurea magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie, entrambe conseguite presso l’Università “Federico II” di Napoli. Lunedì al Venerdì 9.00 - 12.00 e 17.00 - 20.00
cell. 331.2668437 e-mail pintobrigida@gmail.com
26 #FARMACISTA Influenza stagionale,
in che modo prevenirla?
Giuseppe De Simone
Laureato in Farmacia e specializzato in Scienza e tecniche delle piante officinali presso l’Università Federico II di Napoli.
cell. 335.5302988
28 #PEDIATRA Aspetti psicologici
nella cura dell’obesità Carlo Alfaro
#OSTEOPATA 16 Osteopatia 30 #ODONTOIATRA ed Infertilità Dentisti inglesi contro Angelo Puzzella
Osteopata D.O.M.R.O.I. Dottore in Scienze delle Attività Motorie e Sportive
cell. 333 85 45 882 e-mail angelopuzzella@gmail.com #CHIROPRATICA 20 Trigger Point Barbara Martino
Laureata in Chiropratica all'Anglo-European College of Chiropractic in Bournemouth (Inghilterra). Membro dell'A.I.C. Disponibile tel. tutti i giorni dalle 12.00 alle16.00
cell. 349.1381175
La Mia Penisola 100% Fitness Mag Anno XIII
Numero 149
“Xmas Truck” Vittorio Milanese
Laureato in Odontoiatria e protesi dentiaria presso l’Università di Napoli. Socio A.N.D.I.
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34 #SESSUOLOGA Come e perché
si sceglie un partner Olga Paola Zagaroli
Disponibile tel. Lunedì e Giovedì dalle 15.30 alle 17.30
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In copertina Claudio e Luigi Gargiulo, Orazio Mascolo, Luigi Caso, Antonio e Pasquale Staiano fotografati da Pino Coluccino - Sant'Agnello
#FOOTGOLF 38 La nuova stagione del
Sorrento Footgolf Antonietta Lamagna
52 #CONSULENTEFINANZIARIO La Finanza Comportamentale Francesca Lauro
EFPA European Financial Advisor – EFA
40 Postura, colonna #PERSONALTRAINER
vertebrale e plank... Alfonso Galano
Laureato in Scienze Motorie. Posturologo specializzato in allenamento a corpo libero. P.T. certificato ISSA EUROPE
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42 È#MENTALCOACH troppo difficile!!! Ernesto Lupacchio Mental Coach
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44 #CONDOMINIO Il team
dell’amministratore Teresa Pane
Amministratrice - Responsabile Punto Casa Italia
48 Mix & Match #ARREDAMENTO
cell. 3383381901 e-mail icesia.fl @gmail.com Seguimi su Linkedin
56 #FILOSOFO L'uomo Proteo o della volubilità Domenico Casa Consulente fi losofi co
e-mail domenico.casa2@tin.it
58 #POETA Lo Zampognaro Salvatore Spinelli
60 #FOODCROSSING Le polpette della nonna (napoletana!) Anna Maione
Esperta in comunicazione multimediale dell’enogastronomia
e-mail an.maione83@gmail.com
Guenda Esposito Design passionate
50 #CONSUMATORI Rimborsi per le
bollette a 28 giorni. Pierluigi D'Apuzzo cell. 327.1323324
Contatti e-mail redazione@centopercentofitness.it Cell. 331.5063051 - 339.2926045 Tel. 081.18224133
Periodico di attualità a diffusione gratuita Dep. Aut. Tribunale di Torre Annunziata del 09.06.2010 Direttore responsabile Giuseppe Damiano Editore Giuseppe Manzi Redazione Via Camaldoli, 18 - Vico Equense (Na) Progetto Grafico Maurizio Manzi - Bingwa Art Factory
#LOGOPEDISTA
Impariamo ad imparare… giocando! Dottoressa
Mariarosaria D'Esposito
Proprio come il sistema di controllo di un grande aeroporto gestisce arrivi e partenze su tutte le piste, il nostro cervello conserva le informazioni, le elabora, fissa l'attenzione, filtra il superfluo. A fare da controllore del traffico sono le funzioni esecutive, indispensabili per apprendimento, non solo per quello scolastico. Ma cosa sono le funzioni esecutive? Potrebbero essere definite come le capacità cognitive che si attivano ed entrano in gioco in situazioni non routinarie, quando, in assenza di uno schema cognitivo già noto, il soggetto dovrà attivare delle strategie nuove, dare delle risposte, pianificare degli step. L'integrità di taluni processi cognitivi ha un ruolo cardine nell'attivazione di queste funzioni e quindi, nel problem solving. Prima tra tutte la memoria di lavoro, intesa come capacità di tenere in mente le informazioni, lavorare su queste e utilizzarle nella maniera più appropriata; il controllo inibitorio, mediante il quale è possibile padroneggiare gli impulsi, aspettare e riflettere prima di passare all'azione. Infine, ma non di certo meno importante, la flessibilità cognitiva, abilità che ci consente di "cambiare marcia", adattarci alle mutevoli esigenze, priorità e prospettive. Il processo di sviluppo delle funzioni esecutive inizia nel bambino in epoca molto precoce, attraverso l’interazione con l’adulto e nel gioco. Il piccolo impara a focalizzare l'attenzione e sviluppa le competenze indispensabili al “comportamento intelligente”. Attraverso il gioco creativo e con la scolarizzazione, monitora e riflette sulle proprie esperienze, progettando i passi successivi e valutando l'efficacia delle decisioni prese. Gli adulti svolgono un ruolo fonda8
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mentale nel sostenere lo sviluppo di tali abilità, prima ponendosi come modello, poi come sostegno nello svolgimento di compiti più impegnativi e infine come spettatori, nell’avviare il bambino all'autonomia. Alleniamo con il gioco e spesso in maniera inconsapevole le funzioni esecutive. Chi avrebbe mai detto, ad esempio, che il vecchio "bubu settete", stimola nei più piccini la memoria, l'autocontrollo e le capacità di osservazione? Anche i semplici giochi d’imitazione, come il cucinare, spazzare o guidare la macchina, richiedono il tener traccia e il ricordo di gesti e parole, stimolando l’attenzione selettiva. La lettura di fiabe, o semplicemente conversare con il bambino, amplia in lui in maniera rapida ed esponenziale il vocabolario. Il linguaggio svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo delle funzioni esecutive, non solo aiutando a classificare e quindi pianificare pensieri e azioni, ma anche x l'interiorizzazione di regole sociali via via più complesse. Grande esercizio di memoria di lavoro è quello richiesto in taluni giochi da tavolo, come nel Memory ad esempio, laddove è necessario ricordare la posizione delle carte e abbinarle. A tutte le età, l’attività fisica rappresenta una palestra non solo per il corpo. Richiede, infatti, concentrazione e risposte rapide, quindi attenzione e controllo inibitorio. Il vecchio "1, 2, 3 stella" e i giochi con la palla stimolano la flessibilità cognitiva e il controllo motorio. Le funzioni esecutive possono essere fortemente stimolate anche dall'apprendimento della musica, che induce alla memorizzazione di accordi e movimenti precisi. E veniamo, infine, ai tanto banditi computer e tablet che, con la dovuta moderazione, possono essere preziosi supporti mediante rompicapo e giochi di logica, ma anche attraverso quelli che trasportano il player in mondi fantastici nei quali orientarsi. Sin dalla prima infanzia, all'adolescenza e per tutta la vita quindi... non smettiamo mai di giocare e di imparare!
#PSICOPEDAGOGISTA
La ricerca della felicità
Dottoressa
Bianca Pane
“Meneceo, mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell’animo nostro”. (Epicuro, Lettera sulla felicità.)
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A volte abbiamo l’impressione di essere troppo complicati. È come se portassimo addosso degli abiti eccessivamente pesanti, delle acconciature troppo elaborate o delle scarpe strette…Allora uno si ricorda di quando era bambino e non c’era il problema dell’apparire; ti ricordi di quando giocavi nudo su una spiaggia, con l’acqua del mare che ti lambiva le punte dei piedi e il sole che ti accarezzava la pelle. E non pensavi a niente. Quando siamo piccoli, infatti, non ci facciamo domande, non ‘sentiamo’ il passato o il futuro: il nostro unico impegno è il gioco di oggi, il nostro ‘lavoro’ è il fare, il galleggiare nell’esistenza senza farci domande. Poi cresciamo,
incontriamo genitori e maestri, siamo costretti a plasmarci su un modello che ci è del tutto estraneo. La mente si sviluppa, si arricchisce, i sensi iniziano a scivolare lentamente in secondo piano, il cervello diventa la nostra priorità, il nostro biglietto da visita. E così quel bambino libero che eravamo muore, muore per sempre… Ma come scrive Giovanni Pascoli tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, il Fanciullino è il bambino che è in noi e continua a rimanere tale anche quando ‘ingrossiamo e arruginiamo la voce’, anche quando, una volta adulti, ‘siamo occupati a litigare e a perorare la causa della nostra vita’. A differenza nostra, il fanciullino
#PSICOPEDAGOGISTA
è flessibile, veloce, intuitivo, anticonformista, riesce a scavalcare i meccanismi ovvi e scontati della logica ‘adulta’; il fanciullino focalizza un dettaglio e ci inventa attorno un mondo… E non gli importa nulla delle superstizioni, delle credenze, dei condizionamenti ambientali,familiari,culturali, religiosi. A noi che cosa è rimasto di tutta questa freschezza? Guardiamoci attorno: noi ‘grandi’ siamo sempre troppo coperti, troppo rigidi, troppo ‘seri’, troppo gravati da schemi, da impegni e incombenze di ogni sorta. Tendiamo a stare in compagnia di persone che si aggrappano emotivamente a noi, facciamo poco esercizio fisico, ci ostiniamo a fare continui confronti tra noi e gli altri, ci impelaghiamo in progetti a lunga scadenza, tendiamo ad ingigantire i problemi, ci colpevolizziamo, ci mettiamo in un angolo, siamo anche capaci di rimandare attività o incontri che ci darebbero piacere, perché ci hanno insegnato che prima vengono la fatica, il lavoro, il sacrificio. E alla fine, solo se saremo stati ‘buoni’, avremo diritto al godimento. Forse. Osserviamo invece i bambini: mentre giocano entrano in un mondo incantato, in un ‘non luogo’ in cui non valgono più gli schemi mentali degli ‘adulti’. Nel gioco, essi mettono in pratica quello che gli antichi greci chiamavano ‘eudemonismo’, cioè la ricerca della felicità. Ma lo fanno in maniera spontanea, li12
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bera, senza ‘pensare’ a quello che stanno facendo. Quando il gioco li prende, possono rimanere anche per ore senza mangiare o senza andare in bagno. Per noi grandi è un mistero, per loro è la normalità. Ma noi non possiamo capire.. O meglio, il nostro errore consiste proprio nello sforzo di ‘capire’, mentre ci dovremmo semplicemente limitare a ‘essere’, anche noi, dentro la nostra stanza dei giochi. Un bambino che gioca non si identifica con nulla, non ha bisogno di aggettivi né di definizioni, non è condizionato dal ricordo del passato o dal pensiero del futuro: un bambino semplicemente ‘è’. Non dimentichiamolo e proviamoci anche noi.
Via gli attaccamenti
Molto spesso noi usiamo le forze e le energie psichiche in maniera distorta o troppo prevedibile. Cresciamo e viviamo con la convinzione che si debba rimanere sempre un passettino indietro, che si debba ‘risparmiare’ in slancio, impegno e soprattutto risparmiare energia.. E invece i saggi ci insegnano che, quando devi fare qualcosa, devi farla al massimo dell’energia. La vita contemporanea, dal canto suo, ci porta lontano dal rispetto di queste leggi universali, che sono quelle più profonde, quelle che reggono l’armonia del cosmo nel quale tutti siamo calati. Facciamoci caso: nel mondo, un terzo della popolazione muore di fame, un terzo è in sovrappe-
so e un terzo muore per obesità. Significa che qualcosa non funziona: che troppe persone identificano il benessere con l’eccesso di cibo, consumano gli alimenti in maniera distratta, sbagliata, e alla fine ne muoiono. E ancora: anche nei rapporti erotici spesso si vivono dei ruoli relazionali non fondati sull’autonomia di pensiero e di comportamento individuale, ma su schemi preformati, giochi di dare e avere già collaudati. Per cui si pensa: “Adesso sono in coppia, quindi mi devo comportare così, in modo ‘conforme’ allo schema di coppia socialmente accettato”. In fondo, spesso è come se all’interno della coppia si recitassero i ruoli dei partner, perdendo di vista la propria identità. Ma una coppia così, alla lunga, esplode. Basta che uno dei due si renda conto che all’esterno dell’unicum di coppia esista qualcosa o qualcuno che consente una maggiore libertà d’espressione individuale, e il rapporto va in crisi. E allora possiamo dire che gli attaccamenti (gelosia, rabbia, possesso, orgoglio, avidità..) limitano l’attività del cervello, impedendogli di liberare la sua energia creativa? Per esempio: perché ci sforziamo di adattarci? Perché facciamo finta che ci appaghi un lavoro di cui non ci importa più nulla e lo subiamo senza trovare la forza di alzare la testa e di essere felici della nostra professione? Perché viviamo l’amore come attaccamento o come abitudine e non come manifestazione di
creatività libera e spontanea? Perché ci abbarbichiamo all’altro in maniera sbagliata adattandoci a mille mascheramenti forzati che ci impone il timore della perdita?
La logica dell’adattamento è una gabbia
Certo: una gabbia che a uno sguardo superficiale può apparire anche confortevole, solida e protettiva, è pur sempre una prigione. Il rischio che corriamo, tenendo un comportamento ‘ingabbiato’, è altissimo e nella maggior parte dei casi porta a esiti negativi: chi ama, adattandosi in maniera succube e unilaterale ai desideri dell’altro, alla fine si rinchiude in una corazza, perde freschezza e spontaneità; chi lavora’ facendosi piacere’ perwww.centopercentofitness.it
sone e situazioni che lo comprimono, alla lunga si ingrigisce e, soprattutto, rinuncia al suo vero essere, ai suoi talenti. In questo modo, alla fine si spegne. Un tale atteggiamento molto spesso è dettato da un eccessivo attaccamento agli ‘ordini’ dettati dalla mente: essa, contaminata com’è da generazioni di ‘buoni maestri’ e da modelli esteriori che collezioniamo durante tutta la nostra esistenza, diventa un guscio che si sovrappone al nostro reale sentire, che per sua natura è morbido e cedevole: la mente è un involucro che ci limita e ci irrigidisce. Se invece potessimo far fluire liberamente le forze del cervello, senza indirizzarle a forza verso schemi a noi già noti, potremmo sperimentare l’autentica felicità. Una mente che si ‘attacca’ alle
cose e ai luoghi comuni (o falsi ideali), è una mente non creativa né libera, è una mente in ‘sovrappeso’, che vive di scorie, cioè di paure, ripensamenti, pensieri dominanti, progetti sbilanciati verso il futuro o ricordi agganciati a un tempo passato. Il grasso corporeo, così come le sovrastrutture mentali, è una forma di protezione con la quale ci corazziamo per non affrontare il mondo. Ingrasso e non mi metto in gioco, mentalmente mi convinco di non essere conforme allo schema estetico dominante e nel frattempo mi allontano, creo distanza fisica tra ciò che sono e ciò che sento. Così, una mente appesantita, proprio come un corpo obeso, non può essere né agile né felice. Non può conoscersi. Dunque, cerchiamo di non temere di essere NOI, prima di tutto NOI. Non imponiamoci correzioni o censure, guardiamoci serenamente allo specchio senza suggerirci che cosa dobbiamo diventare, guardiamoci come se fossimo completamente nudi, cioè liberi da abiti mentali. E sorridiamo. Sapete qual è il rischio che corre chi non è felice? Si ammala più facilmente. La felicità è un presupposto fondamentale della salute ,è un eccezionale anticorpo contro le malattie. La felicità ci salva la vita e la ricrea in ogni istante..
#NUTRIZIONISTA
3 tisane per depurarsi dopo le feste Nel periodo di natale accumuliamo peso e tossine. Prova tre tisane depurative per riattivare il metabolismo e smaltire gli eccessi delle feste Dottoressa
Francesca Maresca
A chi non piace passare insieme ai propri cari le feste natalizie? Il problema è che dal cenone del 24, fino all’epifania, si trascorrono intere giornate a mangiare, diminuendo il tempo dedicato al movimento e all’attività fisica. Quando poi ricomincia la routine lavorativa ci si accorge di aver preso qualche chiletto di troppo. Ma non solo: generalmente si avverte anche una sensazione di stanchezza tipica del superlavoro che l’organismo è costretto a fare per smaltire l’eccesso di tossine che si sono accumulate. Ma niente paura, ecco tre tisane che aiutano a depurare per ritrovare forma ed energia.
Zenzero, menta e carciofo per liberarsi delle tossine
Se si vuole dimagrire e recuperare l’energia, la prima cosa da fare è quella di ripulire l’organismo. Le foglioline di menta favoriscono il flusso biliare, migliorando al tempo stesso lo svuotamento dell’intestino. Le foglie di carciofo ripuliscono il fegato migliorando l’apporto di energia ai vari tessuti del corpo. Ma soprattutto lo zenzero è un vero e proprio spazzino del tratto digestivo che velocizza il metabolismo ed elimina le infiammazioni. Queste si manifestano con maggior frequenza in seguito a un consumo eccessivo di dolci… anche e soprattutto quelli natalizi. Metti sul fuoco 150 ml d'acqua. Quando l'acqua bolle toglila dal fuoco e aggiungi 5 foglie di menta, 5 carciofo e 3 fettine di zenzero. Lascia in infusione per 10 minuti, quindi filtra e bevi. 14
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Anice, chiodi di garofano e finocchio per eliminare il gonfiore addominale
Se il cibo e la sedentarietà hanno causato gonfiore addominale un rimedio c’è: prepara un decotto immergendo in 300 ml di acqua fredda tre-quattro chiodi di garofano, un cucchiaino di semi di anice e uno di semi di finocchio. Metti sul fuoco e attendi che l’acqua arrivi alla temperatura di ebollizione, quindi continua la cottura – con il pentolino chiuso da un coperchio – per altri 15-20 minuti. Spegni il fuoco e lascia riposare il decotto per 10 minuti. Filtralo, versalo in una tazza e aggiungi un paio di scorze di limone (naturale, senza cera).
Tè verde, Basilico Santo, Guaranà e cannella per attivare il metabolismo
Per perdere il peso accumulato prova con questa tisana riattivante. Accelera il metabolismo e riduce il colesterolo grazie alla presenza di Basilico Santo (Tulsi). Metti un pezzo di corteccia di cannella in 300 ml di acqua fredda insieme ai semi di Guaranà. Porta il tutto a ebollizione e lascia cuocere per altri quindici minuti. Spegni il fuoco e aggiungi le foglie di basilico santo. Se hai a disposizione un po’ di citronella puoi aggiungerla al preparato. Lascia riposare per una decina di minuti, quindi filtra e bevi.
#OSTEOPATA
Osteopatia ed Infertilità
Dottor
Angelo Puzzella
Prima di iniziare a parlare di come l'Osteopatia possa essere d'aiuto in casi di infertilità, è doveroso chiarire alcuni concetti. È definita infertile o subfertile la coppia che non ottiene un concepimento dopo 12 mesi di rapporti liberi e non protetti. È quindi evidente che una coppia debba concedersi un certo "periodo di 16
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prova" prima di definirsi tale. Secondo le linee guida dell'American Society for Reproductive Medicine è giustificato iniziare accertamenti per determinare la presenza di uno o più ostacoli al concepimento solo dopo almeno 12 mesi di rapporti liberi e non protetti. Sono numerose le cause che hanno portato ad un aumento dell’infertilità: l’invecchiamento della popolazione non correlato ad uno spostamento in avanti dell’età fertile in primis, soprattutto tenendo conto che si tende a concepire figli sempre più in là negli anni, a sposarsi in età sempre più avanzata e programmare la nascita di bambini dopo la realizzazione lavorativa e la sta-
bilità socio-economica. La maggior parte delle volte, le donne, si rivolgono all'Osteopatia in preda alla disperazione dovuta magari al fallimento di terapia mediche quali stimolazione ovarica, inseminazione artificiale etc etc È dovere dell'Osteopata cercare di accompagnare i pazienti in questo “viaggio” senza innescare aspettative, ma spiegando il proprio compito, ossia quello di aiutare il corpo a ristabilire l'equilibrio dell'organismo in modo che sia la natura a fare il resto. Il Trattamento Manipolativo Osteopatico aiuta a migliorare il funzionamento dell'apparato ginecologico attraverso un'ottimizzazione della mobilità degli
#OSTEOPATA
organi genitali, del sistema muscolo scheletrico, delle ossa del bacino, del sistema circolatorio e, di conseguenza, di fondamentale importanza, del relativo sistema ormonale. L’unico strumento dell'Osteopata sono le sue mani, e la percezione palpatoria lo guida nella ricerca della disfunzione e successivamente esegue la sua liberazione. Gli organi interni possiedono una loro mobilità attorno ad assi propri, la quale mobilità però puo essere compromessa per diversi motivi: a seguito di interventi chirurgici, esiti cicatriziali, intossicazioni alimentari, traumi svariati od addirittura vizi posturali protratti nel tempo. La funzionalità dell'apparato ginecologico può essere aiutata dall'Osteopata attraverso trattamenti che mirano a • ristabilire la mobilità dell'utero, liberandolo per esempio da eventuali disfunzioni; • rimettere in equilibrio i legamenti, ed uno in particolare, 18
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il sospensore dell'ovaio, che molto spesso è il principale sottoposto ad enormi tensioni; • ridurre la compressione viscerale sugli organi genitali; • liberare l'apparato ginecologico da eventuali restrizioni dovuto a coliti croniche, magari in seguito ad errata alimentazione. Importante è il Trattamento Manipolativo Osteopatico (OMT) rivolto all'apparato circolatorio nel suo complesso ed in relazione all'apparato ginecologico. Come diceva il padre fondatore dell’Osteopatia Andrew Taylor Still: "l'arteria è suprema”, pertanto ogni restrizione della mobilità degli organi determina la diminuzione del flusso liquidiano, oltre a quello ematico, anche della linfa, causando quindi degli squilibri all'interno del piccolo bacino. Essenziale è mantenere una buona circolazione arteriosa, venosa e linfatica. L'obiettivo finale è riattivare le
enormi risorse che ognuno di noi ha, particolarmente una donna che vuole diventare mamma. L’Osteopata, tramite delle tecniche manipolative, può mobilizzare gli organi ed eventualmente le aderenze presenti, oppure può lavorare a livello strutturale detendendo le tensioni muscolari, liberando il movimento della colonna vertebrale e del bacino. Va precisato che in caso di infertilità è opportuno innanzitutto, come sempre, rivolgersi prima allo specialista: come abbiamo visto le cause che possono portare ad infertilità sono numerose, pertanto è opportuna una diagnostica approfondita che è di stretta competenza medica, e poi, successivamente, si può poi ricercare una soluzione tramite terapia manipolativa, laddove fosse indicata.
#CHIROPRATICA
Trigger Point
Dottoressa
Barbara Martino
Il “Trigger Point” è definito come: “Un’area localizzata molto irritabile e dolorosa, formata da un nodulo, in un fascio teso di tessuto muscolare” (Travell, 1952). I trigger points presentano tre peculiari caratteristiche: • Dolore profondo e circoscritto • Contrazione muscolare localizzata evocata dalla compressione della porzione di muscolo contenuta nella zona trigger • Comparsa del dolore riferito dal paziente come risposta alla digitopressione del trigger point anche nelle zone lontane dal punto trigger (chiamata zona di proiezione). Sono quindi delle aree d’ipersensibilità localizzate in uno o più muscoli e a volte estese anche al tessuto connettivo circostante simile a un nodulo, indurito e dolente alla palpazione. La digitopressione del trigger point genera un dolore che il soggetto riconosce come familiare e già provato. Inoltre, in molti casi il dolore in questione che emerge a una certa distanza dal trigger point, nella cosiddet20
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ta zona di proiezione, corrisponde alla regione cutanea innervata dallo stesso nervo spinale del muscolo coinvolto (dermatomero). I trigger points sono classificabili in due sottogruppi: • Trigger Point Attivo: responsabile del dolore del paziente. • Trigger Point Latente: non provoca dolore ma può causare limitazioni della mobilità. Possono perdurare per anni dopo un’apparente guarigione.
L’origine del dolore miofasciale
Le cellule muscolari sono longitudinali e le contrazioni di tali cellule avvengono grazie ad unità chiamate sarcomeri. Questi ultimi si contraggono e si allunga-
no agendo come microscopiche pompe, facendo così circolare il sangue ossigenato e il nutrimento nel tessuto muscolare. A causa di un’eccessiva e prolungata contrazione, questo effetto pompa s’interrompe creando negli stessi una mancanza di ossigeno e un accumulo di residui metabolici. Il sarcomero diviene, quindi, incapace di rilasciare la contrazione e assume uno stato di rigidità meccanica permanente. La somma di più sarcomeri in tale stato origina il nodulo del trigger point.
Sintomatologia e diagnosi
La diagnosi della sindrome miofasciale è prevalentemente clinica e si basa sulla sintomatologia riferita e l’esame obiettivo. Solitamente il dolore è proiettato dal
#CHIROPRATICA
punto trigger in specifiche parti del corpo, spesso è sordo e profondo e si può manifestare, sia a riposo, sia durante il movimento. È riconosciuto dal paziente con la pressione sul trigger point. All’esame clinico si rivelano i seguenti sintomi: • L’allungamento attivo o passivo del muscolo aumenta il dolore se sono presenti dei trigger points attivi. • L’allungamento passivo è limitato. • Il dolore aumenta con una forte contrazione isometrica. • Possibile deficit di forza del muscolo colpito. • Alla palpazione il muscolo sede del trigger point attivo è contratto. • La pressione moderata e prolungata su un trigger point causa o intensifica il dolore nella zona di proiezione. La fase acuta può durare dalle due settimane ai due mesi e se non è correttamente trattato, può evolvere verso la cronicizzazione. Nel caso di cronicizzazione i punti trigger diventano ipersensibili.
La terapia
La terapia consiste nella “disattivazione” dei trigger points attraverso l’eliminazione dei fattori che lo rendono attivo (contrazione e postura), insieme allo sblocco delle articolazioni su cui si attaccano i muscoli interessati. Inizialmente si localizza il punto trigger ricercando parti del muscolo contratto con la consistenza di un nodulo e dalle dimen22
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sioni variabili da una nocciolina a una testa di spillo. Per il trattamento la tecnica principale è la compressione ischemica. Si applica perpendicolarmente una pressione gradualmente crescente sul punto trigger finché non cede, poi si applica una pressione costante fine alla successiva resistenza; dopo un certo periodo, il punto trigger cederà di nuovo e il ciclo va ripetuto. Si procede, quindi, per cicli successivi di pressione, fermandosi quando il punto non oppone più resistenza. All’opposizione di resistenza del trigger point la pressione va mantenuta costante per evitare dolore superfluo al paziente. In seguito attraverso le manipolazioni si sbloccato le articolazioni su cui si attaccano i muscoli interessati così da prevenire un successivo ritorno della tensione muscolare e del trigger point stesso. Ad esempio, il dolore è localizzato sulle spalle. 1. Individuare il muscolo coin-
volto, in questo caso elevatore della scapola. 2. Sbloccare e dare più mobilità alle articolazioni cervicali e toraciche su cui il muscolo ha origine e inserzione attraverso l’aggiustamento chiropratico. 3. Applicare il trattamento di digitopressione sul trigger point in questione. 4. Insegnare una corretta postura da adottare giornalmente per non sovraccaricare più il muscolo interessato dal trigger point. 5. C o n s i g l i a r e e s e r c i z i d i stretching e rinforzo successivo del muscolo interessato. Naturalmente qualsiasi muscolo può generare trigger points anche la più famosa sciatalgia, quando non ci sono sintomi neurologici, può essere generata da un punto trigger nel piriforme o nel gluteo. Quindi, quando ci sono dolori muscolari recatevi dal vostro chiropratico di fiducia che saprà consigliarvi il trattamento specifico per il vostro dolore.
#FISIOTERAPISTA
Quando le parole diventano salute
Quanto è importante la comunicazione nella relazione di salute? Dottoressa
Brigida Pinto
Quante volte raccogliamo storie di persone traumatizzate dai modi bruschi con cui un professionista sanitario ha comunicato loro una brutta diagnosi? O, al contrario, quante amiche conosciamo completamente dipendenti dalle parole dello specialista di fiducia? Potremmo mai dire, sulla base di questo che l'uno sia più preparato dell'altro? Assolutamente no. Semplicemente c'è chi riesce ad avere una comunicazione strategica e chi meno. L’idea che la comunicazione, opportunamente utilizzata, potesse avere effetti dirompenti in molti settori della vita umana, prese forma a Palo Alto, negli Stati Uniti, dall’osservazione degli scambi comunicativi e delle strutture interattive in famiglie di pazienti schizofrenici. Va detto, comunque, che il Novecento ha solo ufficializzato ciò che i nostri antenati utilizzavano con profitto secoli e secoli prima. La sapienza “strategica” ha origini nelle ancestrali culle della cultura umana e ad esercitarla attraverso la propria abilità interpersonale, furono proprio professionisti della salute, come Antifonte di Ramunte, vissuto a Corinto intorno al V secolo a.C. che aprì nel centro della città una sorta di ambulatorio professionale della salute dove curava i propri pazienti attraverso la parola e portandolo a immaginare una realtà della malattia diversa; o come Galeno che, nel secondo secolo, affermava "la cura ha più successo in chi ha fiducia". Nella relazione tra un operatore della salute e un paziente lo scambio comunicativo è importantissimo e finalizzato al raggiungimento di un obiettivo che è comune e deve essere condiviso per essere realizza24
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to. Purtroppo sempre più spesso si ci trova a dover fare i conti con pregiudizi e preconcetti che alterano il circuito comunicativo, deformandone i contenuti. Chiedere un consiglio ad un professionista esordendo con "ho letto su internet... " inevitabilmente inficia lo scambio di informazioni rendendolo "rigido", (in quel preciso istante, Ve lo assicuro, la persona con cui state parlando rabbrividisce). D'altro canto anche dire al nostro interlocutore, paziente, magari di livello socioculturale anche superiore al nostro, un "non ti spiego il motivo per cui faccio questo, perché non sei del mestiere, non capiresti" riduce drasticamente l'efficacia terapeutica. In realtà il significato di un messaggio è veicolato dell’interazione di tre livelli di comunicazione: il livello verbale, cioè le parole che compongono il messaggio; il livello para-verbale (il tono, il timbro, il ritmo ed il volume della voce che emette il messaggio); il livello non verbale (la gestualità, l’espressione facciale, la postura di chi formula il messaggio). L'efficacia del messaggio dipende solo per il 7% dal livello verbale, per il 38% dal paraverbale e per il restante, maggioritario, 55% dal non verbale. Perché una comunicazione sia efficace occorre che questi tre livelli siano sinergici. Ogni discontinuità o discrepanza può essere percepita dall’interlocutore, in modo consapevole o inconsapevole, come segnale di inadeguatezza, allontanandolo inevitabilmente. Quando parliamo dobbiamo essere consapevoli che le parole e i nostri gesti, la posizione del corpo e il tono della voce devono andare nella stessa direzione, e nel nostro caso, verso la ricerca della salute, intesa come stato di benessere. Così le parole diventeranno imprescindibilmente salute. "Le parole suscitano affetti e sono il mezzo generale con cui gli uomini si influenzano reciprocamente." (Sigmund Freud)
#FARMACISTA
Influenza stagionale, in che modo prevenirla? Dottor
Giuseppe De Simone
Secondo i dati forniti dal Sistema nazionale di sorveglianza InfluNet dell’Istituto superiore di sanità (Iss), la scorsa stagione influenzale si è conclusa con 282 casi gravi di influenza confermati, tra cui 52 decessi. I virus influenzali hanno colpito indiscriminatamente tutte le Regioni italiane, in modo particolare quelle del Centro e Sud, portando a 4.780.000 casi di sindrome influenzale in tutta la penisola. Come è noto, la trasmissione del virus influenzale si verifica per via aerea attraverso le gocce di saliva di chi tossisce o starnutisce, oppure attraverso il contatto con mani contaminate dalle secrezioni respiratorie. Una tra le prime misure per prevenire il contaggio è di interrompere il passaggio dei virus lavando bene le mani ed avendo una buona igiene delle secrezioni respiratorie. Le mani vanno lavate regolarmente con acqua e sapone ed asciugate correttamente. Ciò per circa 60 secondi, specialmente dopo aver tossito o 26
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starnutito. In mancanza di acqua è possibile utilizzare i disinfettanti per le mani a base alcolica, comunemente venduti anche in farmacia. In aggiunta al lavaggio frequente delle mani, è necessaria una buona igiene respiratoria. Nello specifico, è indispensabile coprire bocca e naso quando si starnutisce in modo da limitare la diffusione delle goccioline di saliva che presumibilmente contengono tracce del virus influenzale. Le persone con malattie respiratorie febbrili è meglio che evitino il contatto con altre persone sane. In questo senso, è bene proteggere le persone ammalate, evitando lo stretto contatto e mantenendo una distanza di almeno un metro da chi presenta i sintomi dell’influenza. Un ulteriore suggerimento è quello di evitare i luoghi affollati. Inoltre, è necessario evitare di toccarsi con le mani occhi, naso e bocca. Ciò perché si da modo ai virus di diffondersi con maggiore facilità. Infine, un cenno all’assunzione
dei farmaci in caso di influenza. Le persone deboli o le categorie appartenenti alle fasce protette devono somministrare il vaccino antinfluenzale, di comune accordo con il medico curante. È bene sottolineare inoltre che è necessario somministrare farmaci solo nel momento del bisogno. Ciò con particolare attenzione ai medicinali antibiotici. In gran parte dei casi di infezione da virus influenzale, infatti, non è necessario utilizzare tali farmaci, anche per non contribuire al fenomeno dell’antibiotico-resistenza. Per questo motivo, gli antibiotici vanno somministrati solo in particolari condizioni che ne richiedano necessariamente l’uso, esclusivamente con il supporto del medico curante e non sulla base di una decisione volontaria. Quanto ai farmaci di automedicazione, questi possono aiutare ad alleviare i sintomi febbrili, ma è bene anche in questo caso ascoltare il parere del proprio farmacista di fiducia.
#PEDIATRA
Aspetti psicologici nella cura dell’obesità Terza parte
Dottor
Carlo Alfaro
Le azioni del Colloqui Motivazionale
Quattro sono le azioni che sostanziano la prassi del CM per intervenire nel cambiamento dei comportamenti: domandare, ascoltare, informare e consigliare. DOMANDARE: nella fase di apertura della consultazione, si applica la tecnica di fare domande aperte per capire il punto di vista del paziente e trovare in se stesso le motivazioni per cambiare. ASCOLTARE: l’ascolto riflessivo serve a dimostrare che il professionista ha ascoltato e compreso quanto detto dal paziente e sta provando ad aiutarlo, partendo dai suoi pensieri e sentimenti, nel processo di auto-esplorazione; all’ascolto si associano le affermazioni di apprezzamento che, al fine di ridurre la resistenza, riconoscono le difficoltà e la frustrazione e danno incoraggiamento attraverso il sostegno agli sforzi del paziente. Utilizzando le domande aperte e l’ascolto riflessivo, il curante acquisisce informazioni e fa emergere direttamente dal paziente i vantaggi e gli svantaggi circa il comportamento che si vorrebbe cambiare; infine riformula, impiegando altre parole, come una sorta di specchio virtuale, cosa è stato detto dal paziente. Domande aperte e ascolto riflessivo garantiscono che il colloquio sia centrato sul paziente. Il clinico verifica le ipotesi autonomamente espresse dal paziente riformulandole, ma evitando qualunque sfumatura giudicante. Per esempio: “mi sembra di intendere che lei pensa che …”, “se ho ben capito, questo è ciò che mi sta dicendo…”, “cosa sta cercando di dire con ciò …”. Le riflessioni servono innanzitutto a evidenziare che il clinico ha realmente compreso 28
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quanto la persona ha espresso, non solo a livello cognitivo, ma anche emotivo, cioè quello che sta dietro alle parole dette. Il tono della discussione deve “suggerire” azioni o soluzioni con espressioni formulate con il condizionale, quali: “potrebbe funzionare fare...” o “potrebbe considerare”, piuttosto che con l’imperativo: “lei deve”…”faccia così”. Una strategia per far meglio emergere la motivazione al cambiamento è anche quella di aiutare il paziente a esprimere le discrepanze tra gli obiettivi espressi e i suoi abituali comportamenti. INFORMARE: dopo aver acquisito la storia del paziente, si può iniziare la discussione e la pianificazione del cambiamento. Il terapeuta, con lo stile del “guidare” senza imporre, porta delicatamente il paziente verso un’autonoma decisione, evocando in lui affermazioni in direzione del cambiamento per far emergere il suo desiderio di guarigione e confermare di aver fiducia nella sua possibilità di riuscita, spingendolo a prendere un impegno a favore del comportamento da modificare. Secondo il CM, il cambiamento di un comportamento è più influenzato dalla motivazione del paziente che dall’informazione, per cui l’informazione interviene solo dopo che solo è strutturata la motivazione. In questa fase sono spesso utilizzate strategie specifiche, come il test “Pronti a Partire”, al fine di valutare e aumentare la motivazione, far emergere gli ostacoli nella realizzazione del cambiamento stesso e le possibili soluzioni. CONSIGLIARE: solo dopo che il paziente ha preso la decisione di affrontare il cambiamento (Fase della ruota del cambiamento della Determinazione/Azione) la consultazione si sposta dal chiedere/ascoltare/informare al consigliare, aiutare a risolvere i problemi (problem-solving) e a definire gli obiettivi (goal-setting) al fine di delineare un piano d’azione, fatto di piccoli passi successivi.
Lo stile professionale
Lo stile del professionista nel CM è quello del “seguire-guidare-orientare”, basato sull’ascolto e sull’auto-determinazione, piuttosto che lo stile tradizionale autoritario/paternalistico/direttivo, in cui il sanitario, rivestendo il ruolo di “esperto”, mutuato dagli studi accademici tradizionali, cerca di convincere il paziente, spesso ponendo domande chiuse e dispensando informazioni mirate a istruirlo su cosa dovrebbe e non dovrebbe fare. Questo atteggiamento rischia di creare nel paziente passività e resistenze, mentre la modalità del seguire e guidare permette ai pazienti di porsi attivamente nell’esplorare le proprie motivazioni e ambivalenze, costruendo autonomi piani di cambiamento. I professionisti del CM non operano tentativi diretti a convincere e persuadere i pazienti, ma li aiutano a pensare ed esprimere le proprie ragioni a favore o contro il cambiamento, così come a esprimere il modo in cui il loro stato di salute o i loro comportamenti attuali impediscono la realizzazione dei loro obiettivi. Uno degli elementi più importanti dello stile professionale nel CM è contenere l’impulso a porre domande chiuse e a impartire al paziente consigli standard: le domande chiuse sono spesso elaborate in base a ciò che il medico vuole dire, piuttosto che a ciò che il paziente ha bisogno di esplorare, mentre i soliti consigli standard bloccano la comunicazione. Nello stile direttivo, i professionisti, al fine di persuadere il paziente, spesso forniscono informazioni sul rischio legato a un comportamento oppure sui benefici del cambiamento. Per il genitore di un bambino soprappeso, un’affermazione tipica di un clinico tradizionale può essere: “è molto importante che lei prenda il controllo del peso del suo bambino, prima che diventi un problema più grave.” In questo stile di comunicazione, il professionista punta ad aumentare la percezione del rischio, mettendo il genitore in una condizione di paura. Al contrario, nel CM, fornendo informazioni in modo neutrale, si aiuta il paziente a esprimere autonomamente i propri bisogni; una domanda tipica di questa tecnica può essere: “che significato dà all’eccesso di peso del tuo bambino?” www.centopercentofitness.it
I professionisti del CM evitano la persuasione con messaggi salutistici preconfezionati, permettendo ai pazienti di elaborare l’informazione ed esprimere ciò che per loro è importante, in uno scambio bidirezionale di informazioni. Mettersi contro i pazienti può produrre diffidenza, fino alla rottura del rapporto.
Il Costrutto di Counselling Comportamentale breve delle 5 A
Uno strumento pratico che può aiutare i professionisti a favorire il cambiamento dei comportamenti è il “costrutto breve delle 5 A”. Le 5A per la cura dell’eccesso ponderale sono: Assess: Diagnosi. È il punto di partenza: identificare che c’è un problema. Misurare peso e altezza, calcolare il BMI, valutare la gravità dell’obesità, esplorare l’anamnesi, cercare i segni delle forme secondarie, stabilire se ci sono complicanze. Advice: Comunicazione. Consiste nell’informare sui rischi per la salute dell’eccesso di peso e i benefici di un calo anche modesto, sottolineando la necessità di una strategia a lungo termine e le opzioni di trattamento. Agree: Concordare. Rappresenta l’alleanza terapeutica tra sanitario e paziente circa aspettative, obiettivi e cambiamenti comportamentali realistici. Consiste nella elaborazione di un piano di azione, il più adeguato possibile alle esigenze, opinioni e possibilità reali del paziente. Assist: Sostegno. Consiste nell’individuare risorse e situazioni favorevoli e affrontare gli ostacoli al percorso di guarigione. Arrange. Organizzazione. Serve ad organizzare il percorso di cura e il successivo follow-up, concordandolo con il paziente: questo rappresenta un momento essenziale della gestione di tutte le malattie croniche. Recentemente si è proposto di aggiungere una A di apertura: “Ask”, quale prima tappa del percorso: “chiedere il permesso di parlare e occuparci del suo peso”. Ciò comunica al paziente rispetto, a garanzia di un atteggiamento professionale non deridente, non giudicante e non invadente.
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#ODONTOIATRA
Dentisti inglesi contro “Xmas Truck” BSPD: ‘’si dovrebbe vietare il consumo delle bevande zuccherate ai bambini con meno di 12 anni’’
Dottor
Vittorio Milanese
Nel corso degli anni il “Xmas Truck” è diventato il familiare veicolo che in Gran Bretagna, simboleggia l’avvio della stagione natalizia, grazie ad un giro promozionale avente inizio di venerdì ed articolato in tutto il Paese. Contro l’iniziativa, giunta alla nona edizione, stavolta però è insorta la BSPD (British Society for Paediatric Dentistry) tacciandola di essere “harmful”, ossia dannosa. Parlando a nome della Società, Claire Stevens, consulente in Pediatria Infantile del SSN britannico, afferma infatti che “all’origine c’è solo l’intento di promuovere il consumo di queste bibite. “Dannose lo sono persino la versione “Zero zuccheri” dal momento che sono tutte causa di erosione, fenomeno al quale i bambini sono particolarmente esposti”. “Noi –sottolinea la Stevens– condivi30
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diamo il monito del PHE (Public Health England) secondo cui le bevande gassate non dovrebbero avere diritto di ingresso nella dieta infantile”. Una lattina da 35 ml contiene 35 grammi di zucchero, dose che sarebbe ammessa solamente per i bambini dagli 11 anni in su. Le bevande gassate costituiscono quindi una delle principali fornitrici di zucchero alla dieta dei bimbi, più dei gelati e del classico pudding messi insieme. Da aggiungere il fatto che un eccessivo consumo di zucchero porta ad aumenti di peso, obesità e carie. Il Governo fa una viva raccomandazione ai genitori: alla
prima comparsa dei denti da latte portino sempre il loro bambino in studio. È il modo con cui potrà familiarizzarsi con l’ambiente e per fargli conoscere la figura del dentista, il quale informerà i genitori sul modo di prevenire la carie, scoprendo, in tempo, eventuali avvisaglie di problemi della bocca.
#SESSUOLOGA
Come e perché si sceglie un partner Dottoressa
Olga Paola Zagaroli
Una delle idee centrali della teoria sulle disfunzioni sessuali è che il paziente disfunzionale non sia il singolo portatore del sintomo sessuale bensì sia la coppia, perlomeno nella misura in cui è nella coppia che il sintomo si manifesta. Focalizzare l’intervento clinico sulla coppia, dunque, offre certamente il vantaggio di ascoltare il sintomo reinterpretato da parte di entrambi i Partners e per quanto riguarda la terapia consente di suddividere su quattro spalle, anziché su due il peso della cura. Infine, la terapia di coppia permette un’accettazione superiore di trattamenti solo apparentemente destinati al singolo, come ad esempio l’uso degli inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5. Le terapie di questo genere hanno permesso di evidenziare che la circolarità somatopsichica abbia un’efficacia sulla funzione corporea che può avere riflessi benefici sia sul vissuto intrapsichico, sia sugli aspetti relazionali e di coppia. 34
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Gli studi sistematici su questo tema mettono in evidenza quanto una disfunzione sessuale influisca negativamente sulla soddisfazione di coppia. Tuttavia i sintomi sessuali possono anche comparire proprio a causa della scarsa qualità relazionale e non come un problema legato a uno solo dei due partners, per cui la terapia, dovrebbe considerare la diade come un soggetto specifico e non riducibile alla mera somma di due individui, né a un sottosistema familiare. Nella pratica clinica, inoltre, si
incontrano sia coppie sia single, ma anche in quest’ultimo caso il lavoro svolto dal terapeuta sottintende un progetto relazionale finalmente soddisfacente. Molti autori hanno tentato di produrre delle ipotesi coerenti con i propri modelli teorici di riferimento sulla formazione di una coppia. Alcuni hanno privilegiato gli aspetti biologici, altri le caratteristiche di personalità, la famiglia di origine o la cultura di riferimento di entrambi i partner. In realtà, tutti questi elementi entrano in gioco, anche se con peso
#SESSUOLOGA
diverso, a seconda della coppia presa in esame. Schematizzando, le teorie si riferiscono al modello evoluzionista, a quello sistemico, alle ricerche sull’attaccamento e alle concettualizzazioni sui fenomeni intersoggettivi e intrapsichici. In ambito evoluzionista l’ipotesi è che la scelta di un partner sia funzionale al compito riproduttivo e si basi sull’attrazione fisica, nelle sue sfaccettature non solo biologiche ma anche culturali e/o psicologiche. A questo proposito, alcuni autori sostengono che sia lo sguardo il mezzo più efficace di corteggiamento umano, poiché è in grado più di cuore, genitali e cervello di stimolare il sorriso e una serie di atteggiamenti verbali e corporei enormemente attrattivi. Le nostre scelte vengono condizionate, inoltre, da diversi fattori di tipo individuale, familiare, sociale e culturale. Queste variabili psicologiche hanno a che fare soprattutto con l’espressione di alcuni bisogni fondamentali come l’attaccamento e la cura, l’appartenenza e l’individuazione, la costruzione di un Sé coeso e stabile. Riguardo a questa osservazione risultano interessanti le ipotesi sulla formazione del rapporto di coppia che hanno preso spunto dalle teorie relative ai diversi stili di attaccamento. Per esempio, si può interpretare il rapporto di coppia, considerando il legame di attaccamento, integrato con la sessualità, una 36
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componente fondamentale del rapporto amoroso e un buon indice predittivo della durata della relazione. All’interno di una relazione stabile, i partner si scelgono in modo tale da poter confermare la percezione di sé e degli altri, giustificando così la ripetizione dei propri modelli relazionali. In ambito sistemico, il rapporto con le figure primarie di accudimento rappresenta un importante organizzatore della mente in grado di influire significativamente sulle aspettative, le percezioni e la lettura della realtà intersoggettiva. Ne è un esempio il mandato familiare, cioè quel compito che più o meno esplicitamente viene assegnato a ciascun membro della famiglia sui ruoli da ricoprire e le scelte da fare. Secondo questo modello due persone si scelgono e si uniscono avendo emotivamente la stessa età, un’aggressività equivalente e uno stesso modo d’amare; inoltre, mentre occorre essere differenziati per potersi unire in maniera sana, è anche necessario sentire l’appartenenza per potersi individuare. Tra i possibili modelli di coppia si osserva che queste due variabili, se eccessive e rigide, esitano in sofferenze psicologiche specifiche. Va ancora aggiunto che all’interno della coppia si interpretano frequentemente giochi collusivi e, benché si tratti di soggetti adulti, l’oggetto amato può essere scelto, nella reciprocità, come una sorta di “terapeuta naturale” a cui chiedere di riparare le parti infantili
danneggiate, condividendone i processi trasformativi. In tal senso, il rapporto di coppia potrebbe essere interpretato come il tentativo di risolvere, in senso propulsivo oppure regressivo, le problematiche interne non risolte. Parallelamente può essere letta una sorta di compiacenza e disponibilità del partner nel cocreare una relazione distorta e collusiva che in qualche misura risponda alle attese di entrambi. Quando la coppia non funziona è necessario aiutarla nel passaggio dallo spazio dell’illusione a quello dell’elaborazione della disillusione, che i partner avviano per negoziare il contratto collusivo iniziale. La cristallizzazione delle premesse, infatti, rappresenta il tentativo reciproco di indurre l’altro a incarnare il partner ideale, a scapito di quello reale.
#FOOTGOLF
La nuova stagione del Sorrento Footgolf Antonietta Lamagna
Il Footgolf Sorrento presenta il Calendario 2020 dei suoi appuntamenti sportivi e si prepara ad ospitare la sfida di apertura del Campionato Interregionale Centro-sud, il prossimo 23 febbraio, al Golf Club Quadrifoglio Village di Pontecagnano, campo da gioco ufficiale della squadra. Gli uomini di Giuseppe Parlato chiudono la stagione 2019 con buoni risultati complessivi ed una serie di podi d’eccellenza che premiano l’attività, ormai quinquennale, del team sorrentino cui va riconosciuto un primato, nella storia del Footgolf nazionale, come prima ASD istituita in Italia nel 2014. A regalare una stagione speciale al Sorrento Footgolf, le performance da medaglia di Salvatore Costantino, vice Campione d’Italia a Coppie, qualificato agli europei UKFootGolf 2019, di Italo di Lorenzo, Campione Interregionale centro-sud over 55, di Simone Costantino, vice Campione Italiano HCP. Bella annata anche quella di Carlo Terminiello, “rivelazione” del Sorrento Footgolf e ottimo secondo posto assoluto per Gennaro Esposito all’Interregionale de L’Aquila. Così, tra “promesse” e consolidate realtà, il Sorrento Footgolf guarda al futuro prossimo del Campionato 2020 con entusiasmo e tanta voglia di mettersi in gioco. “I risultati raggiunti in questi anni dal Sorrento Footgolf - racconta il capitano Giuseppe Parlato - ci spronano ad inseguire nuovi traguardi che renderanno la sfida sul “green” più difficile ma anche più interessante, dal punto di visto del gioco e dello spettacolo. Per la stagione 2020, in particolare, ci siamo posti come obiettivi la qualificazione tra le prime dieci squadre, a livello nazionale, che ci aprirà le porte 38
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del Team Challenge ed il podio nell’Interregionale.“ “L’altro proposito del 2020, per il Sorrento Footgolf – dichiara il Presidente Ivano Schisano - sarà l’ammodernamento del campo al Golf Club Quadrifoglio Village di Pontecagnano. Si tratta di modifiche che miglioreranno le qualità tecniche del campo – spiega Schisano - regalando un gioco più stimolante e competitivo.” A fare da sfondo a questa stagione agonistica, l’appuntamento con il Mondiale di Footgolf. 35 paesi, membri della FIFG, provenienti da 5 continenti, si incontreranno in Giappone per la quarta World Cup di Footgolf, dopo Ungheria 2014, Argentina 2016 e Marocco 2018. Una sfida affatto impossibile, portare i colori rossoneri nella terra del Sol Levante, per il Sorrento Footgolf, che già nel 2016 conquistò due posti in squadra a Buenos Aires.
CALENDARIO 2020
23 Febbraio Pontecagnano (SA) - Interregionale 29 Febbraio / 01 Marzo Canavese (TO) - Coppia / Individuale Nazionale 15 Marzo Terre dei Consoli (VT) - Interregionale 28 / 29 Marzo Castellarquato (PC) - Coppia / Individuale Nazionale 05 Aprile L'Aquila - Interregionale 18 /19 Aprile Caorle (VE) - Match Play fase a gironi / Individuale Nazionale 09 Maggio Fiuggi (FR) - Interregionale 23 / 24 Maggio Fiuggi (FR) - Match Play fase finale / Individuale Nazionalea 06 / 07 Giugno Alimini (LE) - Interregionale 20 / 21 Giugno Albissola (SV) - Coppia / Individuale Naz. 3 / 4 / 5 Luglio Facagna (UD) - Italian OPEN 11 Luglio Pontecagnano (SA) - Interregionale 25 / 26 Luglio Terre dei Consoli (VT) Coppia / Individuale Nazionale 5 / 6 Settembre Gavorrano (GR) - Individuale Naz. 27 Settembre Terre dei Consoli (VT) - Interregionale 17 / 18 Ottobre Jesolo (VE) - Team Challanger
#FITNESS
Postura, colonna vertebrale e plank…
Alfonso Galano
La postura può essere descritta come la posizione che il corpo assume nello spazio per combattere la forza di gravità, sia in situazione di riposo che in situazioni di movimento. La nostra colonna vertebrale presenta 4 curve: una lordosi cervicale, una cifosi dorsale, una lordosi lombare ed una cifosi sacrale. Queste curve non sono messe a caso, ma con uno scopo ben preciso, esse permettono la corretta distribuzione dei carichi garantendo una maggiore resistenza alle compressioni assiali. Nel caso in cui andassimo a perdere anche solo una di queste curve, in un gesto come può essere quello di sollevare un oggetto da terra, andremo ad aumentare la percentuale di carico presente sulla nostra schiena. Dunque possiamo ben capire quanto sia importante il mantenimento di queste curve fisiologiche durante I gesti di vita quotidiani, e capiamo anche il motivo per il quale la posizione da seduti è quella che presenta 40
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maggior carico a danno della colonna rispetto a quella in stazione eretta(in piedi) e supini(distesi a pancia su), data la perdita della lordosi lombare. Il Plank è un’esercizio fantastico e molto famoso in ambito fitness ma anche molto fra-inteso, ne esistono molte varianti anche valide per andare a rafforzare il core addominale, il cui compito è quello di stabilizzare I movimenti. Il vero scopo del Plank però sarebbe, oltre a quello di andare a rafforzare I muscoli della core stability, ovvero quelli che vanno dal diaframma toracico al pavimento pelvico (bacino), anche quello di far assumere al soggetto la capacità e la coordinazione motoria di avere testa, spalle e bacino sulla stessa linea, in modo tale che I carichi di compressione siano distribuiti omogeneamente. Quest’esercizio può essere usato anche come test per andare a valutare se il soggetto è capace di mantenere l’IAP (intra-abdominal-pressure) o pressione
intra-addominale ovvero la capacità di andare a mantenere una pressione costante a livello addominale che ci consente di andare ad eseguire I movimenti con la massima stabilità e coordinazione. Importante dunque risulta andare a fare un lavoro di propriocezione in maniera tale da riuscire a capire come gestire il proprio corpo nello spazio, come riuscire a gestire ad esempio il bacino, che è in stretta relazione con la colonna, e riuscire a padroneggiare I muscoli che vanno a indurre un’antiversione (rotazione in avanti) e una retroversione (rotazione all’indietro), quando e come reclutarli. Quanto più siamo capaci di conoscere e saper gestire il nostro corpo nello spazio tanto più staremo alla larga di spiacevoli fastidi e dolori.
#MENTALCOACH
È troppo difficile!!! Esiste un'isola di opportunità all'interno di ogni difficoltà
Ernesto Lupacchio
Quando ti trovi davanti un ostacolo, una situazione nuova, un problema improvviso o un evento inaspettato che richiede una decisione importante da prendere, cosa fai? Cosa ti dici? “È troppo difficile!” “Non ce la posso fare” “Andrà male anche questa volta, me lo sento!” 42
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Le riconosci? Sono le frasi che, come delle etichette adesive particolarmente resistenti, la tua mente assegna alle situazioni che ti si presentano. In particolare questo avviene con tutti quei progetti o quelle sfide che non vivi normalmente e che ti portano al di fuori di quel raggio d’azione fatto dalle tue abitudini quotidiane, la cosiddetta “zona di comfort” di cui si parla tanto. La tua reazione certo non è dovuta alla tua volontà di renderti le cose più difficili o al fatto che sei una persona poco incline alla crescita, no. Ciò che determina l’elaborazione di queste etichette è un meccanismo automatico inconscio del tuo
cervello condizionato, che continua a catalogare tutto quello che ti accade con l’unico obiettivo di proteggerti. Questo meccanismo, che ai tempi delle caverne era utilissimo per la sopravvivenza, ai giorni nostri è invece un freno a mano costante inserito nella tua vita e 9 volte su 10 ti si ritorce contro. Cosa accade quindi nel tuo cervello quando utilizzi la parola ‘difficile’ per una situazione che ti trovi davanti? In alcuni casi ti fa talmente arretrare da rinunciare alla sfida, in altri casi invece decidi di farti forza e di provare lo stesso, ma il solo fatto di partire con l’idea che sia difficile mette in circolo nel tuo
sistema tutta la biochimica legata alle emozioni depotenzianti (stress, paura e via dicendo). Il risultato? Resti bloccato al solito livello, non vai avanti. E cosa ancora più grave si crea un circolo vizioso nel quale prima o poi ti ritroverai ancora davanti a quella situazione e la tua mente (che non sbaglia un colpo secondo la logica di proteggerti sempre) la etichetterà un’altra volta con un bel: “È troppo difficile” nuovo fiammante! E così sarai nuovamente bloccato, in un ciclo senza fine. L’immagine che vedi sotto, proviene da un saggio intitolato Manuale di Neuropsicologia, a cura di Francis Eustache e Sylvane Faure, due ricercatori francesi nel campo delle neuroscienze.
I due scienziati nel loro Manuale, raccontano di aver condotto uno studio legato proprio a questa immagine, in cui hanno preso un gruppo di persone e hanno mostrato loro l’immagine che stai vedendo anche tu, chiedendogli di leggere le parole scritte al contrario e cronometrando i tempi in cui riuscivano a leggere le parole a voce alta. www.centopercentofitness.it
Hanno poi ripetuto a distanza di qualche ora lo stesso esperimento con parole diverse ma sempre scritte al contrario. E così via, ad intervalli di determinate ore, una nuova serie di parole al contrario. Ed ogni volta il tempo necessario che le persone impiegavano per leggere le parole al contrario diminuiva. (Prova a farlo anche tu se ne hai voglia!) I due scienziati hanno potuto avere così la prova di quella che si chiama “neuroplasticità del cervello”. E quindi cosa conferma questo esperimento? Il nostro cervello ha la possibilità di imparare molto velocemente “nuovi codici” di ragionamento. Se solo gli concedi la possibilità di farlo... Sei abituato a pensare, che difficile è ciò che ancora non hai imparato a fare, e facile è ciò che hai già imparato a fare. Ogni volta che fai un pensiero è come se proiettassi sullo schermo della tua realtà un evento futuro. E questo è il tuo grande potere, che puoi imparare a conoscere e controllare, per essere tu a decidere finalmente qual è la realtà che vuoi creare per te. Ed ora chiediti: qual è la situazione più importante che sto affrontando in questo momento? E come la sto etichettando dentro di me, facile? difficile? Nessuna delle due. “È possibile...”
Tutte le cose sono difficili prima di diventare facili John Norley (rif. art. I.Pentimalli)
#CONDOMINIO
Il team dell’amministratore Teresa Pane
Stamattina appena sveglia, sul gruppo whatsapp che condivido con i collaboratori del mio studio ho trovato un messaggio di Angela: “Ho pensato una cosa, domani non posso lasciarvi da sole. Vengo a lavoro… se vi fa piacere.” Sarebbe stato un suo giorno di ferie concordate e meritate. Ma lei domani ci sarà. Ho deciso di scrivere l’articolo di questo mese di dicembre non per darvi il mio contributo su qualche argomento tecnico ma per farvi entrare un po’ dietro il sipario della vita degli amministratori di condominio con uno sguardo particolare al concetto di TEAM, e cioè fermando l’attenzione sulla squadra che a volte accompagna questo professionista considerato troppo spesso “figlio di un Dio minore” tra gli altri professionisti. Questa è una PROFESSIONE che richiede competenze specifiche e multidisciplinari sempre più complesse e qualificate e che dunque, dalla mia esperienza, se si amministrano più di dieci condomini, ha due prerogative imprescindibili: 1) non può essere fatta in seconda attività; 2) non può essere fatta da soli. Il rischio è facilmente intuibile: approssimazione, ritardi, omissioni, errori. Mi è capitato spesso di leggere sui preventivi professionali o nelle presentazioni professionali dei miei colleghi frasi del tipo: "Contatto diretto con l’Amministratore no segreteria” oppure “Nessun diaframma o collaboratori risponde l’amministratore – Disponibilità h24 365 giorni all’anno”. Riflettiamo un attimo: cosa pensereste di un medico o di un avvocato se scrivessero, per presentarsi e 44
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presentare il proprio studio, frasi del tipo di quelle appena riportate? Principalmente due cose: che ha pochi clienti oppure, peggio, che non si può permettere di pagarsi dipendenti. E forse avreste pure ragione. Ma allora perché pensare che per gli amministratori di condominio si possa ragionare all’incontrario? Non c’è differenza tra liberi professionisti. Anche per gli amministratori è così. Anzi. Gestire immobili è faticoso e complesso, richiede pazienza nelle relazioni, capacità di mediazione, agilità per presenziare su più siti al giorno in sopralluoghi, pratiche agli uffici comunali, tributari, postali, bancari previdenziali e tribunali; richiede competenze tecniche di ogni tipo per interfacciarsi sulle problematiche edilizie, urbanistiche, fiscali e legali con i professionisti specifici; richiede inoltre competenze contabili per redigere bilanci chiari e trasparenti, contabilità ordinarie e straordinarie, riscuotere quote, contabilizzare pagamenti in entrata ed in uscita. E veramente si pensa che UNA SOLA PERSONA possa efficacemente e validamente adempiere a questo da sola se il numero dei condomini non è contenuto entro il limite di una decade al massimo? Davvero ci si vuole illudere che non avere un team a supporto sia meglio che averlo? La verità è che il problema è di natura psicologica e molto vasto e meriterebbe un lungo approfondimento che qui non è possibile affrontare: si può solo affermare che l’amministratore di condominio è concepito quasi come un dipendente “a buon mercato” (l’onorario medio al mese a carico di ciascun condòmino ammonta a circa 10,00€ (DICO DIECI
#CONDOMINIO
EURO!) e i condòmini si interfacciano a costui con pretese a volte legittime ma a volte infondate e non attinenti al mandato professionale e taluni anche in modo arrogante ed offensivo. Si pretende di parlare direttamente con l’amministratore (i domestici non hanno segretari, infatti), quando si decide di volerlo fare (e quando mai per parlare con un professionista si attende educatamente il proprio turno e la disponibilità di costui), e se non sta subito agli ordini (sempre per dieci euro al mese) è pure irraggiungibile, inarrivabile e deludente. Ironia a parte, pensateci, e vedete se non è così. Il problema è culturale. E i colleghi che si piegano a queste modalità per pura captatio benevolentiae promettendo servizio 24h (come i pompieri) per ottenere qualche condominio in più non sono più furbi di chi si ha un’ organizzazione strutturata per gestire immobili in maniera professionale ma remano contro l’intera categoria e contro se stessi perché non potranno mantenere le promesse fatte se vogliono essere professionisti seri. Tutto il settore merita una rivoluzione gestionale: chi vuole essere amministratore di immobili 2.0 deve prendere atto che da solo è impossibile e non può bastare a se stesso, e i condòmini dovrebbero essere capaci di capire che avere un team a disposizione è una FORTUNA non uno sbarramento tra loro e l’amministratore. Costui, dal canto suo, se vuole veramente crescere da professionista deve poter contare su un team a supporto della propria attività, persone in gamba e preparate che hanno la stessa passione per il lavoro che svolgono, lo stesso spirito di sacrificio unito alla voglia di crescere e fare la differenza, la stessa dignità che impone di andare controcorrente, di mettere con cortesia e gentilezza al proprio posto quei condòmini che si arrogano il diritto di offendere, attaccare ingiustamente, di pretendere disponibilità immediata ed h24 alle proprie richieste. Per soddisfare questi ultimi ci sono quelli che fanno proclami irrealizzabili. Per lavorare con professionalità e competenza ci sono i team come quello che ho la fortuna di avere io: grazie Angela per aver rinunciato al tuo giorno di ferie per aiutare il gruppo in questo momento di intenso lavoro, ma grazie anche 46
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a Rita che è venuta anche sabato a darmi una mano quando lo studio era chiuso e grazie a Clementina che è entrata da poco nel team e si sta dando un gran da fare: a voi, per i 10 anni di Punto Casa Italia, con l’augurio di un felice Natale e col ringraziamento a tutti i codomini che ci onorano della loro fiducia, voglio dedicare queste parole pronunciate da Al Pacino nelle vesti di Tony D’Amato nel film “Ogni maledetta Domenica”: “In questa squadra si combatte per un centimetro in questa squadra massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi per un centimetro ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro perché sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta la differenza fra vivere e morire. E voglio dirvi una cosa: in ogni scontro è colui il quale è disposto a morire che guadagnerà un centimetro e io so che se potrò avere una esistenza appagante sarà perchè sono disposto ancora a battermi e a morire per quel centimetro. La nostra vita è tutta lì, in questo consiste: è in quei dieci centimetri davanti alla faccia. Ma io non posso obbligarvi a lottare: dovete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi. Io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra consapevole del fatto che quando sarà il momento voi farete lo stesso per lui. Questo è essere una squadra signori miei, perciò o noi risorgiamo adesso come collettivo o saremo annientati individualmente.” . Buone Feste a tutti.
#DESIGN
Mix & Match
Guenda Esposito
Scegli, confronta, mixa, crea e il gioco è fatto! No, non mi riferisco alla mise della giornata, ma all’arredamento della vostra casa. Sì, perché il mix di stili, materiali, trend e colori può dare davvero valore aggiunto e un tocco di originalità ai vostri spazi. Si tratta di arredamento eclettico, che mescola cromie, differenti effetti materici e stili che- se ben in armonia tra loro- garantiscono creatività agli interni. Col mix&match l’authentic living, ad esempio, potrà ben combinarsi allo shabby-chic, introducendo colori pastello e tessuti dal sapore provenzale. E ancora, Lo stile scandinavo potrà essere inserito in contesti rurali in cui le pareti effetto brick, il mattoncino a vista, fanno da sfondo creando atmosfere cittadine e cosmopolite. La trasversalità degli elementi è quindi la chiave di volta su cui puntare per dare vita a luoghi e stanze piene di fascino. Ed è così che possono coesistere, 48
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magari in uno stesso ambiente, lo stile moderno e quello vintage. In effetti, il recupero del retrò applicato a location dal gusto decisamente contemporaneo permette di giocare con infinite possibilità progettuali e stilistiche. Nel mix&match gli opposti si attraggono, i contrasti si enfatizzano, stili e materiali diversi coesistono, non vi è il monocolore. Come fare per tenere tutto in equilibrio? Passate da noi e vi daremo i consigli giusti. Potremo guardare e commentare insieme il risultato di un divano moderno accostato ad un tavolino da salotto stile nordico. Il mix&match puro si esplicita poi nell'arte vera e propria del mescolare elementi di più contesti differenti, i cui accostamenti
potrebbero risultare estremi, facendoli confluire nello stesso calderone stilistico. E qui sta il bello, o il rischio. Ebbene sì, perchè mixare poltrone minimali con lampadari rococò potrebbe essere rischioso, ma il risultato sorprendente. Scegliamo dunque insieme il tavolo minimal che meglio si abbina al vostro living classico o magari le sedie stile industriale che abbiano fit perfetto in un contesto shabby. L’importante è trovare il giusto compromesso che tenga in equilibrio i differenti pezzi d’arredo. Noi siamo pronti a supportarvi. Voi, siete pronti dunque a rischiare? Vi aspettiamo.
#CONSUMATORI
Bollette a 28 giorni L’Associazione a Tutela dei Consumatori Adiconsum aiuta i cittadini a chiedere i rimborsi.
Pierluigi D'Apuzzo
È arrivata l’ora dei rimborsi di quanto pagato in più dai consumatori con le bollette telefoniche a 28 giorni. Dopo ben 2 anni dalla Delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni delibera e i ricorsi presentati dalle aziende di telefonia, la Sentenza del Consiglio di Stato ha definitivamente stabilito la liceità dei rimborsi per i consumatori e l’automatismo di tali rimborsi. Quindi, se sei un cliente di Tim, Wind/Tre, Vodafone e Fastweb, che ha ricevuto bollette a 28 giorni per il telefono fisso o comprensivo di una linea mobile in un unico contratto nel periodo compreso tra il 23 giugno 2017 fino al ripristino della fatturazione mensile dovresti ricevere in automatico il rimborso degli importi non dovuti. Ma, purtroppo, abbiamo constatato che fino ad ora, le aziende di telefonia si sono preoccupate di proporre ai propri clienti soluzioni alternative ai rimborsi, quali offerte di prodotti 50
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e servizi gratuiti, alle quali è veramente facile aderire, riservando, per contro, iter più complessi per recuperare quanto ingiustamente pagato. Per venire incontro ai consumatori, Adiconsum ha predisposto sul proprio sito un MODULO da compilare, dando mandato all’Associazione ad operare per suo conto. Adiconsum provvederà a raccogliere le domande e ad inviarle ogni 15 giorni (il 15 ed il 30 di ogni mese) alle aziende telefoniche corrispondenti, affinché procedano con i rimborsi. In caso di non ottemperanza delle aziende nei termini previsti dalle rispettive Carte dei Servizi, i consumatori potranno attivare una conciliazione paritetica.
Per venire incontro a tutti i consumatori, compresi quelli meno avvezzi all’uso delle tecnologie, il servizio di Adiconsum è disponibile sia online che presso gli sportelli territoriali di Adiconsum. In particolare in Penisola Sorrentina lo sportello territoriale Adiconsum si trova a Piano di Sorrento in Via Bagnulo 18.
#CONSULENTEFINANZIARIO
La Finanza Comportamentale { [QI & EQ] = (^Cervello * Emozioni^) } discutiamone in ...punta di fioretto... Francesca Lauro
Va allo Psicologo Israeliano Daniel Kahneman e all’Economista Statunitense Vernon Smith, il premio Nobel per l’Economia nel 2002 «per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d'incertezza»; è l’incontro scientifico tra la Psicologia che studia l’animo umano [ dal greco ψυχή (anima) e λογος (discorso) ] e la ”Scienza della Gestione della Casa”, vale a dire l’Economia [sempre dal gre-
co: οἴκος (casa) e νόμος (legge)]. L’obiettivo del connubio è rivoluzionario: arrivare a spiegare le cosiddette “anomalie” che si verificano nel Mercato dei Capitali analizzando i comportamenti degli attori economici e le variabili emotive che li sottendono. Kahneman è considerato uno dei fondatori della cosiddetta “Finanza Comportamentale” (in inglese Behavioral Finance) ed il Paper “Prospect Theory: An Analysis of Decision Under Risk” (di Kahneman e Tversky) è divenuto pietra miliare della
Vernon Smith
Daniel Kahneman
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materia Psicologica applicata appunto alla Scienza Economica. Che cosa scopre di nuovo la Finanza Comportamentale e qual è la sua utilità? La Teoria parte dall’osservazione dei comportamenti degli Investitori in “situazioni d’incertezza”, tutte quelle cioè in cui le conseguenze delle decisioni da prendere non sono certe, e tenta di comprendere i meccanismi di tipo psicologico che inducono quei soggetti a compiere delle scelte non sempre perfettamente razionali o ottimali. Al contrario dei Paradigmi Classici, la più recente Finanza Comportamentale offre quindi un’interpretazione alternativa, più realistica e “umana” del funzionamento dei Mercati Finanziari: essa si basa sull'idea che i comportamenti degli investitori devino dal modello di razionalità pura e che piuttosto esistano "Bias Cognitivi" (chiamiamoli semplicemente “errori mentali”..) che influenzano sistematicamente le scelte di chi investe. Si tratterebbe cioè di una specie di
Innovazione Tradizione Competenza Passione Qualità Piazza Domenico Cota, Piano di Sorrento (Na) Tel: 081 878 62 83 www.grancaffemarianiello.it
#CONSULENTEFINANZIARIO
trappole comportamentali e tra le più ricorrenti ci sono: l’illusione del controllo, l’avversione alla perdita, l’overconfidence (l’essere troppo sicuri di sé), l’ancoraggio etc... La Ricerca in materia e le evidenze empiriche ne hanno messi a fuoco diverse, tra cui le questioni d’inquadramento: è emerso che chi investe valuti con una sensibilità diversa i risultati economici derivanti dalle scelte fatte, perché percepisce in modo “asimmetrico” le perdite e i guadagni. Più in dettaglio, si teorizza che l'investitore provi più dispiacere per una perdita subita di quanto piacere avverta per un guadagno ottenuto, seppur a parità di entità. Facciamo un esempio per chiarire: un – 5% di perdita provocherebbe un dispiacere maggiore del piacere di un + 5 %, e questo accadrebbe perché gli individui hanno una percezione due volte e mezzo più acuta della perdita rispetto al guadagno (effetto framing, appunto). Sempre dalla stessa analisi emerge altresì con chiarezza quanto, in scenari positivi, gli individui propendano per quel tipo di decisioni che porti ad eventi (economici) certi, nonostante i risultati meno premianti sul piano finanziario. Lo spiego meglio: quando a un campione di Investitori fu chiesto di scegliere tra due diverse ipotesi di vincite alla lotteria la maggioranza degli intervistati espresse la preferenza per un guadagno di 3.000 dollari perché stimato conseguibile al 100% (cioè certo), seppur di entità economica inferiore rispetto alla scelta che avrebbe previsto un guadagno più alto (pari a 4.000 dollari nel caso di studio) ritenuto solo probabile al’80 %, preferendo l’evento certo ad uno probabile 54
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[effetto Certezza]. È significativo notare cosa accade al contrario: tale propensione a NON rischiare il -Certo per l’Incerto- si ritroverebbe capovolta se in ballo ci fosse la sola ipotesi negativa (cioè scenari di perdita) perché gli individui sopravvalutano i risultati considerati certi e sottovalutano i risultati considerati probabili [effetto Riflesso]. Interessante. Sarà allora sufficiente far appello al nostro Intelletto per massimizzare i risultati e minimizzare gli errori (?). Albert Einstein dice che "la Mente è come un paracadute e che funziona solo se si apre".. È, infatti, indiscussa l’importanza da sempre riconosciuta “all'intelligenza umana” intesa in senso classico: quella cioè misurata attraverso test standardizzati che attribuiscono un punteggio di Q.I. (Quoziente Intellettivo) ad ogni individuo. E' altrettanto vero però che oggi si guardi con sempre più interesse anche al Quoziente Emotivo (Q.E.) di una persona, cioè alla sua capacità di percepire, valutare ed esprimere le Emozioni. Pertanto, “essere dotati di cervello” continua a essere considerata un’importante chance per l’affermazione personale, soprattutto a riguardo di conquiste di tipo accademico (come i risultati scolastici, per esempio); tuttavia gli esperti sono oggi persuasi che non sia l’unico elemento per ottenere successo nella vita. Basti pensare a quante aziende oggi propendano per un percorso formativo che utilizzi “Test sull’Intelligenza Emotiva” dei candidati, all'interno del processo di assunzione. Quali diventano allora, in ambito finanziario, le Istruzioni per l’Uso per sfruttare al meglio le 2 Magnifiche Intelligenze? In primis direi: imparare a disinnescare (in Finanza, ma anche nella Vita in generale..). È nell'allenarsi a mettere a Fuoco gli Obiettivi da raggiungere e nel mantenere sempre Ottimo il Focus e ben Centrata l'Inquadratura che si può ottenere di aggirare più facilmente ogni tipo di distorsione o di inciampo. Capire come si arriva a prendere una decisione e ciò che condiziona nel prenderla, oltreché essere un passo avanti da gigante evita anche la guida “contro mano”. E come in ogni competizione sportiva che si rispetti, la scelta del Coach diventa tutt'altro che una questione di dettaglio...
#FILOSOFO
L'uomo Proteo o della volubilità
Domenico Casa
Nel IV libro dell'Odissea, Omero racconta di un dio marino, Proteo, una divinità minore, al servizio di Poseidone, dio del mare, fratello di Zeus. Ora, se è vero che, nel mondo greco antico, le divinità si caratterizzavano per la continua trasformazione delle loro sembianze, soprattutto quando si recavano presso gli uomini, Proteo è un dio particolarmente volubile. Difficile afferrarlo, proprio come gli inafferrabili inquilini delle acque marine e fluviali. Essendo un mutaforme incapace di assumere qualsiasi aspetto stabile e definitivo, Menelao, di ritorno da Troia, dovette catturarlo nel sonno per conoscere il destino dei suoi compagni. Il dio, infatti, aveva anche capacità divinatorie. Tuttavia, pur avendolo afferrato nell'unico momento possibile, lo vide trasformarsi "in leone, in serpente, in leopardo, in maiale, persino in acqua per poi diventare albero, prima di prendere forma umana". 56
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La volubilità di Proteo è riflesso di quella dell'uomo, di Odisseo, l'eroe occidentale più rappresentativo della condizione di instabilità esistenziale. Proteo ne è la prefigurazione. Non è Ulisse-Odisseo un pellegrino, un navigante la cui condizione, talora naufragante, è, volutamente o meno, una costante trasformazione? Quante vicende e cambiamenti ha vissuto e dovuto subire, l'eroe, sballottato e scalzato, a causa dell'ira incontenibile di Poseidone, per luoghi oscuri, nemici e misteriosi! È passato dall'affetto dei compagni alla solitudine, dal cedimento alla passione alla violenza, sia pure per necessità, dal tradimento alla condizione di mendicante, dalla vergogna all'accoglienza da parte di estranei. La metamorfosi, l'inevitabile cambiamento è stato descritto da Eraclito di Efeso con il suo "panta rei". Tutto cambia e scorre simile all'acqua di un fiume inarrestabile , come è possibile osservare nella nostra vita quotidiana, dove si alternano, si sovrappongono e confliggono condizioni, sentimenti e stati d'animo. Eppure Proteo, pur nella sua mutevolezza, conosce un momento in cui tutto, e lui stesso, si ferma, un momento, il sonno, di cui non può fare a meno. Allora è possibile bloccarlo e porre fine al suo frenetico mutamento. Ma anche Odisseo ha la
sua meta, un punto fisso da cui nessuna disavventura, neppure l'arcigno Poseidone, con l'arma del mare tempestoso, potrà distoglierlo. Si tratta della sua Itaca, di Penelope, del vecchio padre, del figlio Telemaco, del cane Argo. Ovvero della sua casa. Pertanto, se è vera, come vuole Eraclito, la nostra instabilità permanente, è anche vero che l'esistenza reclama, se non si vuole finire nell'inautenticità e nell'insignificanza, un punto fermo e immobile (Aristotele), verso cui tendiamo, come Odisseo verso Itaca. Si tratta del mondo dell'Essere cui si riferiva Parmenide di Elea e che la filosofia colloca per lo più oltre il mondo percepibile con i sensi. "L'Essere è e non può non essere", sosteneva il filosofo cilentano, mentre il mondo in cui viviamo, fatto di apparenze e illusioni, "non è e non può essere", cioè non può costituire la nostra condizione definitiva. Molti secoli dopo Parmenide, Agostino, secondo cui noi avvertiamo un bisogno profondo di Verità (Essere), invitava a cercarla oltre i sensi. "Si mutabilem fieris, trascende te ipsum". Consigliava di non fermarsi ai sensi, pur nella loro funzione indispensabile, ma di andare oltre, perché "in interiore habitat veritas". l'Itaca che cerchiamo.
#POESIA
Lo Zampognaro Salvatore Spinelli
Sono un po’ di anni, caro zampognaro, che vedere te è diventato raro, sicuramente con coscienza piena hai deciso di uscire di scena. Avvolto in un ampio mantello suonavi per il santo Bambinello, cioce ai piedi e caviglie fasciate, così scorrevano le tue giornate. Per portare la gioia nella case con freddo e neve partivi dal Molise e col tuo compagno con la ciaramella preannunciavate la lieta novella. Così con le pive e le ciaramelle s’intonava <Tu scendi dalle stelle>, e chi di casa aveva ascoltato, era soddisfatto ed appagato.
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Dalle stelle il Bimbo ancora scende e la cosa, certo, non ci sorprende, ma ci sorprende molto, invece, che tu non ci sei più e ci dispiace.
In questo assurdo miscuglio di razze stiamo assistendo a cosa pazze, ognuno porta la sua religione e la impone senza sentir ragione.
Questo perché anche tu hai capito che il tuo tempo ormai è finito, inutile fare un lungo viaggio senza trarne il minimo vantaggio.
Il Crocefisso viene contestato, il presepe, anch’esso attaccato, immagina te con la tua zampogna, uno scandalo, una vergogna.
In questa epoca tecnicistica la tua figura e anacronistica, un giovane d’oggi, dirlo mi duole, direbbe: <Ma chi è quello, che vuole!>.
Sono uno che prima di morire ti vorrebbe ancora sentire, ma di te mi resta solo il ricordo di un’epoca che giammai mi scordo.
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#FOODCROSSING
Le polpette della nonna (napoletana!)
Anna Maione
Le polpette napoletane sono il piatto culto della cucina della nonna! Morbide all’interno, leggermente croccanti fuori e con quel sugo di pomodoro che le avvolge in un abbraccio unico, restano una delle pietanze simbolo del menu domenicale. Il pranzo può essere ricco e abbondante e può far scoppiare i pantaloni, ma se arrivano le polpette napoletane a tavola, nessuno dice di no. Le origini di questo succulento piatto sono incerte. Due scuole di pensiero si sono avvicendate negli anni: piatto povero o piatto nobile? La prima strada è quella tipica di centinaia di piatti della tradizione italiana: riciclare gli avanzi delle pietanze importanti per non buttare via niente. E per le polpette pare essere andata proprio così: gli scarti della carne di vitello, per non essere sprecati, venivano impastati con uova e pane e cotti in varie maniere. La seconda strada è quella 60
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invece che vuole le polpette napoletane avere origini nobili. Si dice infatti che la ricetta apparve nel “Libro de Arte Coquinaria” di Maestro Martino, cuoco di Camerlengo Patriarca di Aquileia. Il cuoco non tratta affatto le polpette come un piatto povero, ma da loro una dignità “conciandolo” in maniera nobile. Anche l’origine del nome è incerta. Qualcuno dice che derivi dal francese paupière (cioè palpebra).
Il movimento che le mani fanno nell’impastare le polpette sarebbe simile a quello delle palpebre che proteggono gli occhi. Più verosimilmente il termine deriva dal tipo di carne utilizzato per la ricetta: la polpa appunto.
SCUOLA DI CUCINA NEL CENTRO STORICO DI SORRENTO
"Impara a cucinare, prova nuove rice e, impara dai tuoi errori, non avere paura ma, sopra u o, divertiti" (Julia Child)
Anna: +39 331 414 80 09 Via San Nicola, 42 - Sorrento (Na) www.nonnaflora.it - info@nonnaflora.it @nonnaflorasorrento
#FOODCROSSING
La Ricetta di "Nonna Flora" - Scuola di Cucina Per l’impasto: • 600 gr di manzo macinato • 300 gr pane • 100 gr pecorino grattugiato • 1 uovo • 50 gr uva passa • 50 gr pinoli • 1 ciuffo di prezzemolo • 1 spicchio d’aglio • sale e pepe q.b. Per l’impasto: • 500 gr di pomodoro pelato • 1 cipolla piccola • Olio evo e sale q.b. Procedimento Iniziate preparando l’impasto delle polpette. In un contenitore ampio ed alto versate la mollica del pane precedentemente ammollata in acqua (o latte) e ben strizzata, la carne macinata, il prezzemolo tagliato fine, l’aglio tagliato in piccoli pezzi, il pecorino grattugiato, l’uovo, il sale e il pepe. Lavorate bene per amalgamare tutti gli ingredienti. Adesso potete iniziare ad assemblare le polpette. Prendete un po’ di impasto e inserite all’interno uva passa e pinoli a piacere. Ora dategli una forma rotonda e leggermente schiacciata e disponete su un vassoio. Passate ora alla cottura. Friggete le polpette in olio d’oliva girandole di tanto in tanto per renderle belle dorate e croccanti. Preparate a parte un sugo con olio, cipolla e pomodori pelati passati. Adagiatevi le polpette dentro e portate a cottura a fuoco molto basso finché il sugo non sarà ristretto e le polpette risulteranno belle morbide. Potete preparare una versione “light” saltando la fase di frittura e cuocendo le polpette direttamente nel sugo di pomodoro. 62
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Io le ho provate nella Caccavella de La Fabbrica della Pasta di Gragnano (precedentemente bollita in abbondante acqua salata) terminando la cottura nel forno. Consigliato! Buon appetito a tutti!