La dieta per combattere il freddo di Francesca Maresca
La Sacroileite… Cos'è? di Veronica Di Martino
L’ordine di esecuzione per la carcerazione di Valerio Massimo Aiello
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LA MIA PENISOLA 100% FITNESS MAGAZINE ANNO XII
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Questo mese 08 #FARMACISTA Allattamento al seno e
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Laureato in Farmacia e specializzato in Scienza e tecniche delle piante officinali presso l’Università Federico II di Napoli.
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L’amore è... una favola Ernesto Lupacchio
Giuseppe De Simone cell. 335.5302988
#MENTALCOACH
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#FISIOTERAPISTA
La Sacroileite… Cos'è? Veronica Di Martino
La dieta per combattere il freddo
Laureata in Fisioterapia - Specializzata in Posturologia
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Francesca Maresca
Laureata in Dietistica presso l’Università di Napoli Federico II. Disponibile tel. Martedì e Giovedì dalle 15.00 alle16.30
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Tendinite rotulea e fibrolisi Brigida Pinto
Laurea in Fisioterapia e laurea magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie, entrambe conseguite presso l’Università “Federico II” di Napoli. Lunedì al Venerdì 9.00 - 12.00 e 17.00 - 20.00
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Le Meningiti: tutto quello che c’è da sapere SECONDA PARTE
Carlo Alfaro
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L’ordine di esecuzione per la carcerazione Valerio Massimo Aiello Avvocato penalista
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La Mia Penisola 100% Fitness Mag Anno XII
Numero 141
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Come funziona il rimborso dei buoni fruttiferi serie P delle Poste Italiane?
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Contatti e-mail redazione@centopercentofitness.it Cell. 331.5063051 - 339.2926045
Periodico di attualitĂ a diffusione gratuita Dep. Aut. Tribunale di Torre Annunziata del 09.06.2010 Direttore responsabile Giuseppe Damiano Editore Giuseppe Manzi Redazione Via Camaldoli, 18 - Vico Equense (Na) Progetto Grafico Maurizio Manzi - Bingwa Art Factory
#FARMACISTA
Allattamento al seno e tiralatti in farmacia
Dottor
Giuseppe De Simone
Il latte materno è di norma l' alimento migliore per il bambino e il contatto fisico si traduce in un rapporto di intimità tra la madre e il bambino. Il latte materno corrisponde esattamente ai bisogni del bambino e si adatta continuamente ai loro cambiamenti nel tempo: lo svuotamento frequente e completo del seno stimola la produzione di latte. Il latte materno è sempre disponibile, sempre alla giusta temperatura, perfettamente igienico e protegge il bambino da infezioni e malattie. Previene il diabete e riduce il rischio di allergie e di obesità. La vicinanza emotiva quindi e il legame che si crea tra mamma e neonato durante l'allattamento al seno sono molto speciali. Per questo non sorprende che le mamme siano riluttanti ad affidarsi a un tiralatte. Tuttavia, quando l'allattamento diretto al seno non è possibile o 8
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la mamma sta affrontando alcune difficoltà, può rivelarsi molto utile ricorrere a un tiralatte. Il tiralatte imita il ritmo naturale di suzione del bambino al seno per avviare la produzione di latte nei primi giorni dopo la nascita e per ottimizzare la produzione di latte quando la lattazione si è stabilizzata. Assiste le mamme durante l'intero percorso dell'allattamento: per avviare, stabilizzare e mantenere una produzione di latte adeguata alle esigenze del bambino, è ide-
ale per estrazioni frequenti e per periodi prolungati. Consente di continuare a impiegare il tiralatte ospedaliero che già è stato utilizzato nel reparto maternità ed estrarre il latte materno comodamente a casa utilizzando un tiralatte a noleggio o comprandolo in farmacia. Vieni in Farmacia Elifani a Meta e fatti consigliare dalle farmaciste al banco. Info www.farmaciaelifani.it oppure telefona 0818786605
#NUTRIZIONISTA
La dieta per combattere il freddo Dottoressa
Francesca Maresca
È possibile combattere il freddo con un’alimentazione equilibrata e adattando la propria dieta alle nuove necessità caloriche.
Scopri quali sono gli alimenti più adatti
Alcuni alimenti possono aiutare l’organismo a combattere il freddo. Una buona parte delle calorie immagazzinate dal nostro corpo sono utilizzate per mantenere la temperatura ideale del corpo a circa 37 gradi. Quando la temperatura esterna è particolarmente bassa possiamo aiutare il nostro organismo con l'alimentazione, aumentando leggermente la dose calorica giornaliera. La dieta invernale è infatti generalmente più elaborata e “pesante” di quanto non sia quella estiva proprio perché con il freddo, l’organismo necessita di calorie maggiori per mantenere costante il calore corporeo. È bene comunque seguire una dieta varia ed equilibrata mangiando ad esempio qualche porzione in più di carne rossa o di salumi, facendo però attenzione a non sovrapporli con altri alimenti fortemente proteici, come ad esempio i formaggi stagionati, all’interno dello stesso pasto. Zuppe di verdura di stagione e di legumi, minestroni e passati devono alternarsi a risotti, cereali, farina di mais e pasta senza dimenticare il pesce, ricco di omega 3 antiossidanti che aumentano la resistenza dell’organismo. Carboidrati e vitamine devono essere affiancati dalla giusta dose di grassi (senza esagerare con quelli di origine animale); piccole quantità di burro crudo possono essere consumati quotidianamente su una fetta di pane o per condire pasta o riso. 10
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Le vitamine sono fondamentali, in modo particolare la A e la C, ricordandosi che quest’ultima contribuisce a prevenire le malattie da raffreddamento. La natura ha comunque provveduto a fornirci frutta e verdura adatti alla stagione; basti pensare ad esempio alle arance e ai mandarini ricchi di vitamina A e C, di sali minerali e zuccheri e dalle proprietà dissetanti e digestive. Sul fronte della verdura il finocchio (poco calorico e molto saziante) è ricco di minerali e ha proprietà drenanti e digestive, mentre il cavolfiore fornisce potassio, calcio, sodio e magnesio e ha proprietà antianemiche. Se non ci sono controindicazioni di altro genere, l’inverno è anche la stagione nella quale ci si può un po’ lasciare andare sul fronte dei dolci; qualche fetta di torta e la classica cioccolata (con o senza panna montata) sono consentite purché non diventino un’abitudine quotidiana. Siccome inverno vuole spesso dire “mali di stagione” quali influenza, raffreddore eccetera, vale la pena seguire i consigli degli esperti che sostengono che per aiutare il sistema immunitario contro l’influenza vale la regola “frutta e verdura 5 volte al giorno”.
Vitamine negli alimenti
Vitamina A. Gli alimenti ricchi di vitamina A sono il fegato e il latte intero con i suoi derivati; frutta e ortaggi di colore verde o giallo sono ricchi di carotene precursore della vitamina A. Non teme il calore della cottura. La quantità giornaliera consigliata per l'adulto è di circa 1 mg. VITAMINA C. Gli alimenti ricchi di vitamina C sono gli agrumi, le fragole, il melone, il mango, i broccoli e le patate. Si perde con il calore e la conservazione. Il fabbisogno giornaliero è: 50 mg fino a 15 anni, 60 mg dai 15 anni in su, 80 mg durante la gravidanza, 100 mg durante l'allattamento
#FISIOTERAPISTA
Tendinite rotulea e fibrolisi Dottoressa
Brigida Pinto
Il tendine rotuleo è una struttura spessa e robusta, continuazione del tendine quadricipitale, che si inserisce sulla tuberosità della tibia ed è in continuità con le fibre della capsula articolare. Essa è facilmente ispezionabile, essendo molto superficiale, ed ha una funzione di leva che fa estendere il ginocchio quando il quadricipite si contrae. Soprattutto nei soggetti sportivi, sia professionisti che amatori, o in chi compie lavori usuranti, questo tendine può incorrere in una infiammazione che, se non prontamente diagnosticata e curata, si trasforma in cronica. Tale infiammazione è un chiaro indice di un eccessivo carico sul tendine. La pressione sul tendine aumenta in modo tale da causare un’irritazione nel suo punto di inserzione, e da qui si innesca l’infiammazione. È solitamente legata ad una debolezza o comunque ad uno squilibrio della muscolatura del14
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la coscia, a microtraumi ripetuti o a problematiche di natura posturale. Il dolore si localizza nella parte anteriore del ginocchio, in corrispondenza dell’apice o della base della rotula o della tuberosità tibiale (la parte superiore della tibia dove il tendine di inserisce) e si acuisce alla pressione o quando il ginocchio viene portato in semiflessione. In questi casi è indicato, oltre al percorso preventivo e di esercizio specifico (di cui non parleremo in questa sede), il riposo funzionale, la fisioterapia, il ghiaccio, lo stretching della catena posteriore e l’uso di un pressore sottorotuleo, una sorta di cinturino da indossare durante l’attività sportiva o lavorativa, che serve per ridurre la pressione sul tendine. Una terapia poco conosciuta, ma molto efficace in tal caso, è la fibrolisi. In caso di eventi patologici, traumatici, lesioni, il corpo umano tenta di riparare il danno con apposizione di tessuto fibroso e quindi formazione di “cicatrici” che non sempre sono adeguatamente elastiche e possono presentarsi sotto forma di noduli e/o aderenza fibrose. Le cicatrici creano aderenze e attriti nei piani di scivolamento, causando dolore. La fibrolisi cerca di avviare o accelerare il processo di riassorbimento, riportando il tessuto in
condizioni di normalità attraverso uno scollamento a livello miofasciale grazie a due forze contrapposte, una data dalla presa del fibrolisore (gli “uncini” visibili in foto) e l’altra esercitata dalle mani del Fisioterapista. Lo scopo è l’eliminazione delle aderenze tipiche delle cicatrici tissutali, che rende possibile un aumento della mobilità delle fibre trattate, siano esse muscolari, legamentose, tendinee o capsulari, un miglioramento della mobilità e la scomparsa della sintomatologia dolorosa. La fibrolisi può apparire una metodica di facile esecuzione, ma in realtà richiede un’ottima
#FISIOTERAPISTA
manualità e una notevole sensibilità. Una seduta di fibrolisi diacutanea consta sostanzialmente di due fasi; la prima è quella
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diagnostica, mentre la seconda consiste nell’intervento manuale vero e proprio. Il terapista agisce in modo diverso a seconda della profondità della formazione fibrosa; se quest’ultima è localizzata abbastanza superficialmente e si può comprimerla agevolmente sul piano osseo, il terapista effettua la fibrolisi con dei movimenti di va e vieni muovendo la cute su piani più profondi. Se il problema è localizzato in un settore muscolare abbastanza profondo, le manovre saranno più complesse e articolate. La fibrolisi non è una metodica indolore e il dolore in certi casi può essere particolarmente intenso, in particolar modo nei punti in cui sono
presenti le maggiori aderenze. Terminata la seduta non è escluso un temporaneo riacutizzarsi della sintomatologia dolorosa; questo problema però tende a risolversi nel giro di poco tempo. La fibrolisi diacutanea è controindicata nel caso di soggetti affetti da notevole fragilità capillare o da disturbi della coagulazione. La metodica è altresì sconsigliata nei soggetti molto anziani e in tutti coloro particolarmente sensibili alle stimolazioni dolorose, ma i benefici superano di gran lunga tale “svantaggio”: è uno dei pochissimi casi in cui “sopportare” può portare risultati notevoli!
#PEDIATRA
Le Meningiti
tutto quello che c’è da sapere SECONDA PARTE
Dottor
Carlo Alfaro
La procedura di gestione di un caso di meningite prevede che i sanitari che pongono diagnosi (anche solo sospetta) o le direzioni sanitarie degli ospedali inviino la segnalazione, entro 12 ore, tramite una specifica scheda, alla ASL di competenza. La segnalazione, oltre alla finalità epidemiologica, serve a porre in atto, se del caso, interventi di sanità pubblica, effettuando un’inchiesta per l’individuazione dei contatti, da sottoporre a sorveglianza sanitaria ed eventualmente a chemioprofilassi, coinvolgendo Medici di medicina generale, Pediatri di libera scelta, servizio di Guardia medica. La chemioprofilassi, nelle persone ad alto rischio, va iniziata il più presto possibile, entro 24 ore e comunque non oltre le 48 ore dalla diagnosi del caso. La chemioprofilassi deve essere limitata alle persone che sono state a contatto stretto del malato nei 10 giorni precedenti l'insorgenza della malattia (contatti ad alto rischio). I 10 giorni rappresentano anche il tempo massimo previsto per la sorveglianza sanitaria dei soggetti a rischio (comparsa di febbre). Contatti ad alto rischio, per i quali la chemioprofilassi è raccomandata, sono considerati i conviventi del caso indice, i soggetti che frequentano la stessa scuola (asili nido o scuole materne) o la stessa classe (scuola elementari, medie e superiori), i compagni che condividono quotidianamente spazi comuni (sala da pranzo, attività ricreative, centri diurni, oratori, laboratori, palestre e centri sportivi), i colleghi di uno stesso ambiente confinato (stanza, 18
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ufficio, reparto), i compagni di viaggio della stessa auto, o su mezzi di trasporto in ambiente confinato es. voli aerei per almeno 8 ore, coloro che sono stati esposti direttamente alle secrezioni del paziente affetto attraverso baci, condivisione di spazzolino da denti, posate, bicchieri, giocattoli, sanitari esposti a contatti non protetti durante intubazione endotracheale o respirazione bocca-bocca. Sono invece considerati contatti a basso rischio, per cui la chemioprofilassi non è raccomandata, quelli occasionali, o regolari ma non ravvicinati e prolungati con il caso indice, esempio frequenza della medesima scuola (elementari, medie, superiori) ma non classe, o del medesimo luogo di lavoro, ma non permanenza in stanza, o i contatti indiretti, cioè con un contatto ad alto rischio, ma non con il paziente indice, o il personale di assistenza che non è stato direttamente esposto alle secrezioni del paziente. L’attuale Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale 2017-2019, approvato e incluso nei LEA (Livelli Essenziali d’Assistenza), prevede l’offerta
attiva dei vaccini contro le meningiti batteriche. Per ciascuna delle tre principali forme di meningite causate da batteri è disponibile la vaccinazione. Contro emofilo e pneumococco i vaccini si praticano ormai da anni con tre dosi nel primo anno di vita. Per il meningococco, attualmente sono disponibili un vaccino tetravalente contro i sierogruppi A, C, W135 e Y, uno monovalente contro il C e un vaccino contro il sierogruppo B. Il nuovo Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale prevede le vaccinazioni anti-sierotipo B nel primo anno e tetravalente ACYW135 dopo l’anno per tutti i nuovi nati. Nell’adolescenza va effettuata una dose di vaccino anti meningococco quadrivalente sia a chi non abbia mai effettuato nell’infanzia la vaccinazione C o quadrivalente, sia a chi abbia già ricevuto una dose. Per i vaccini anti meningococco C (sia monovalente sia tetravalente) è stato stimato che la quota
dei non responder si attesta intorno al 5% circa, quindi l’immunizzazione collettiva serve anche a proteggere questi soggetti attraverso l’effetto gregge. La vaccinazione è inoltre fortemente raccomandata e offerta gratuitamente a soggetti con particolari condizioni di salute: persone con deficit del sistema immunitario, persone senza milza o con la milza non funzionante (ad es. per talassemia o drepanocitosi), persone con infezione da HIV. La vaccinazione di massa (intera popolazione) è indicata allorchè il numero di casi di malattia meningococcica superi la soglie stabilite dall’OMS: “soglia di allerta”: più di 5 casi su 100.000 abitanti nell’arco di 3 mesi, e “soglia epidemica”: più di 10 casi su 100.000 abitanti nell’arco di 3 mesi. Per fortuna in Italia siamo lontani da tali soglie, anzi il nostro Paese è tra quelli a minor incidenza in Europa.
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L’amore è... una favola Amare significa saper riconoscere una lacrima prima che scenda ed un sorriso prima che nasca.
Ernesto Lupacchio
C’era una volta... LUI
L’amico di sempre e da sempre. Un lavoratore che ha trascorso la sua vita in quel negozio, nel suo negozio, la sua salumeria. Ha visto lentamente sistemare tutti i suoi amici, prima da fidanzati, poi da sposati, poi da genitori. Quante cose abbiamo condiviso: vacanze insieme al mare, il giovedì a sciare, le serate in piazza a Sorrento con tutta la comitiva. Da ragazzi quando ormai quasi tutti eravamo fidanzati, LUI aspettava che accompagnassimo le nostre ragazze a casa per stare un po’ insieme. Tranne qualche storia adolescenziale, non ha avuto mai fidanzate. LUI sempre a lavoro, LUI sempre nella sua salumeria. Quanti momenti passati insieme, belli e brutti. La bellezza e spensieratezza della gioventù come la triste perdita dei nostri amici Giacomo e Tonino. Ricordo il ter20
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remoto del ‘80 che distrusse il palazzo della salumeria del nonno e col papà Lui dovette spostarsi nell’attuale locale e noi amici lì ad aiutarlo a traslocare smontando gli arredi e montandoli nel nuovo locale. Ricordo gli scherzi del pesce d’aprile facendo consegnare spese faraoniche con telefonate fasulle a casa di sue clienti, che ignare, ovviamente mandavano tutto indietro. Ricordo i consueti “gavettoni” del sabato sera a cui LUI non era immune. Ricordo le sue telefonate quando, sempre e solo in salumeria, aveva conosciuto qualche ragazza e contento mi raccontava la sua esperienza. “Mamma Carlotta e Zio Pa-
squale”, i suoi genitori, e anche suo fratello Peppe, per anni, ogni volta che entravo in salumeria, mi dicevano: “Ma lo volete far sistemare?”. Ogni giorno, ogni
mese, ogni anno, sempre la stessa domanda…ed io, cercando di minimizzare la cosa, rispondevo: “ma nunn fa nient, sta meglio accussì, ormai ha 55 anni, e po’ mo chi so pigli chiù”.
C’era una volta... LEI
Una ragazza americana di San Diego, molto bella, mai vista prima. Lavora come “Speechwriter” (non chiedetemi cosa sia) per il Rettore della University of California – San Diego. Un ottimo lavoro e molto ben retribuito, vive da sola in una casa di sua proprietà, proprio nella meravigliosa San Diego e viene per la seconda volta in vacanza a Sorrento. Si ricorda che nel precedente viaggio in Penisola Sorrentina, era passata in una salumeria a Sant’Agnello dove aveva fatto una foto con LUI e così ci ripassa e gliela mostra. Escono qualche sera insieme, lei non parla italiano, lui non parla inglese, si comunica solo www.centopercentofitness.it
a gesti; ma da quel momento, c’è un incantesimo magico, c’è una emozione inspiegabile che unisce queste due anime. LUI, prima compra un nuovo telefonino, perché fino ad allora non conosceva nemmeno l’esistenza di app come whatsapp e poi, iniziano a chattare, e chattare ancora e chattare ancora tutti i giorni per interminabili ore (grazie di esistere Translate Google), LEI ritorna in vacanza in Italia, a Sant’Agnello da LUI, ancora tre volte, e poi... poi... SI SPOSANO. LEI ha lasciato il lavoro e venduto casa e si è trasferita qui da LUI. Non è una “favola”?
Vedete voi…commentate voi.
L’amore ha superato tutto e tutti. LUI 55 anni, una vita dedicata al lavoro e ai genitori, si ritrova con la “Principessa dei sogni” venuta dall’America. LUI, mi confida: “Non ho mai provato una cosa simile…mi sono innamorato per davvero”. Inaspettato? Incredibile? Sorprendente? Scioccante? Irreale?
L’amore è... una favola.
Una delle emozioni più belle è stata nel giorno del matrimonio, quando mamma Carla e zio Pasquale, entrambi piangendo, mi hanno detto: “Non ci credevamo più, per noi è un sogno che si realizza, ce l’abbiamo fatta, non riuscivamo a sopportare l’idea che alla nostra mancanza potesse restare solo”. Ci siamo abbracciati senza dire nient’altro. Tanti auguri Ambrogio e Brook. Ci avete resi felici.
#FISIOTERAPISTA
La Sacroileite… Cos'è? Dottoressa
Veronica Di Martino
È una scena abbastanza tipica: sei seduto da un po’ di tempo, ti alzi e... AHI! Una bella fitta nella parte bassa e laterale della schiena: tipicamente, dopo qualche passo la situazione migliora. Il dolore da infiammazione dell’articolazione sacro-iliaca (sacroileite) è estremamente comune nell’ambito del “problema mal di schiena”: alcuni studi stimano che fino al 30% dei dolori della zona lombare sia dovuto a questa articolazione. Si tratta di un dolore abbastanza ben localizzabile e facilmente riconoscibile, tuttavia a volte viene confuso con altre problematiche come l’ernia al disco, oppure la più “semplice” discopatia lombare. In questo articolo cercheremo di capire meglio perchè la sacro-iliaca possa andare in sofferenza, e vedremo una strategia semplice ed efficace per migliorare i sintomi da subito. Il danneggiamento dell’articolazione sacroiliaca (tra osso sacro e ossa del bacino) può provocare l’instabilità, cioè l’eccessiva mobilità, di questa articolazione con conseguente dolore. D’altro canto, alcune patologie degenerative dell’articolazione possono provocarne l’irrigidimento e la perdita di mobilità. In entrambi i casi si parla di disfunzione della sacroiliaca.
L’articolazione sacroiliaca
La funzione principale dell’articolazione sacroiliaca (abbreviata con la sigla SI) è trasferire il peso dalla parte superiore del corpo agli arti inferiori. Nella porzione superiore dell’articolazione l’osso sacro e l’osso iliaco non sono a contatto, ma sono collegati mediante robusti legamenti dietro, davanti e in mezzo alle due ossa. Nella metà inferiore e sul lato anteriore 22
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l’articolazione è dotata di un rivestimento di cartilagine sulle facce articolari. L’articolazione sacroiliaca è stabilizzata da una rete di legamenti e muscoli che ne limita anche la mobilità su tutti i piani. In condizioni normali essa ha infatti una mobilità ridotta, pari a circa 2-4 mm in tutte le direzioni. Nelle donne i legamenti dell’articolazione sacroiliaca sono meno rigidi che nell’uomo e assicurano quindi la mobilità necessaria durante il parto.
Disfunzione della sacroiliaca
Come premesso, si parla di disfunzione dell’articolazione sacroiliaca in tutti quei casi in cui essa presenti eccessiva mobilità rispetto alla norma, oppure all’opposto eccessiva rigidità. È chiaro che le cause alla base di questi due problemi sono diverse, ma in tanti casi il risultato in termini di sofferenza del paziente è molto simile. Vediamo allora le due casistiche separatamente.
Instabilità della sacroiliaca
La deformazione meccanica e le lesioni dell’articolazione sacroiliaca sono il risultato della combinazione di forze di compressione verticale e di una rapida rotazione (ad esempio quando si compie una rotazione mentre si trasporta un oggetto pesante), oppure di una caduta sulle natiche. Le lesioni di questo tipo possono causare lassità dei legamenti e movimenti anomali e dolorosi dell’articolazione. L’instabilità può derivare anche da un intervento chirurgico alla colonna lombare in cui un’ampia porzione del legamento ileolombare venga danneggiata. Altre cause di eccessiva mobilità dell’articolazione sacroiliaca possono essere: • Differente lunghezza delle gambe • Anomalie dell’andatura • Esercizio fisico intenso e prolungato • Trauma da incidente stradale • Parto traumatico • Trattamento della scoliosi per mezzo di estese artrodesi vertebrali
Ipomobilità della sacroiliaca
All’estremo opposto si colloca l’ipomobilità della sacroiliaca, ovvero la perdita di quel minimo ma fisiologico movimento di cui questa articolazione è capace in condizioni normali. L’irrigidimento con perdita totale di mobilità si può verificare semplicemente con l’età, come conseguenza di una naturale usura dell’articolazione, o come effetto di una patologia degenerativa cronica delle articolazioni. Un’artrite (infiammazione articolare) dolorosa dell’articolazione sacroiliaca può svilupparsi anche in seguito a disturbi autoimmuni, quali la spondilite anchilosante, l’artrite reumatoide giovanile, la sindrome di Reiter, l’artrite psoriasica e malattie infettive come la gonorrea, la tubercolosi e quelle provocate dallo stafilococco.
Sintomi della disfunzione sacroiliaca
Le persone che soffrono di disfunzione della sacroiliaca accusano di norma i seguenti sintomi: Dolore nella regione lombare, Sensazioni anomale alle gambe: dolore, intorpidimento, formicolio, debolezza; Dolore al bacino e/o ai glutei; Dolore alle anche e/o all’inguine; Gambe instabili (torsioni, sensazione di cedimento); Sonno disturbato; Difficoltà a stare seduti a lungo, con sollievo sbilanciandosi su un lato; Dolore quando ci si alza.
Diagnosi
Le informazioni più importanti da fornire al medico sono l’esatta localizzazione del dolore e il livello di funzionalità dell’articolazione. Si deve cercare di fare caso ai momenti in cui si presenta il dolore e alla sua intensità in diversi punti, quali la regione lombare, le natiche e le gambe.
Test di provocazione
È possibile che il medico esegua una serie di test di provocazione per stressare le articolazioni o riscontrare eventuale dolore in corrispondenza dell’articolazione sacroiliaca. Si tratta di una serie di cinque manovre eseguite muovendo il corpo del paziente per replicare movimenti che, in caso di patologia della sacroiliaca, dovrebbero risultare dolorosi. www.centopercentofitness.it
Diagnostica per immagini
Anche la radiografia, la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica (RM) possono contribuire alla diagnosi. Il medico avrà quindi bisogno di verificare la presenza di altri fattori che possano causare i sintomi. .
Curare la disfunzione della sacroiliaca
In prima battuta il medico curante procederà suggerendo una terapia di tipo conservativo, che non richiede cioè intervento chirurgico. A seconda dei sintomi riscontrati, dell’esito dei test di provocazione e di quanto evidenziato dagli eventuali esami diagnostici la terapia prescritta potrà essere anche inizialmente un protocollo fisioterapico
Trattamento Fisioterapico
Per risolvere in modo efficiente questo tipo di problema è necessario risolvere la causa che lo ha scatenato e riportare alla fisiologia la biomeccanica dell’articolazione. Una riabilitazione fisioterapica è assolutamente indicata in questo tipo di circostanze, abbinata alla terapia antalgica e antinfiammatoria qualora servisse. La Rieducazione Posturale Globale secondo il metodo mezieres è particolarmente efficace in questo caso perché oltre a lavorare in modo globale sulla meccanica della zona , prevede manovre specifiche per la correzione sacro-iliaca e interviene anche sugli atteggiamenti ed adattamenti posturali che hanno provocato l’alterazione iniziale, cosi da non avere ricadute in futuro.
Prevenire la disfunzione della sacroiliaca
Per la disfunzione dell’articolazione sacroiliaca non è possibile indicare un protocollo di prevenzione univoco. In generale, le raccomandazioni valide sono quelle normalmente indicate per mantenere tutta la schiena in buona salute: Mantenere una postura corretta; Praticare moderata ma regolare attività fisica nel corso della vita; Evitare gli sforzi intensi e ripetitivi dati da alcuni lavori o sport; Evitare per quanto possibile la sedentarietà (passare lunghe ore continuative seduti); Mantenere un peso forma.
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Maledetta Palestra
Nello Iaccarino
La Palestra (e soprattutto la sala attrezzi) è un luogo dove tanti utenti ripongono molte aspettative; queste ultime molto spesso vengono deluse per svariati. Ovviamente questo articolo si rivolge a coloro i quali vanno in Palestra per conseguire obiettivi specifici, quindi sono esclusi: 1. I cerini (cioè persone senza obiettivi specifici ma che si fanno fregare per far luce ad altri); 2. I chattoni (sui vari social); 3. i gigions; 4. i selfisti. Vi è da sottolineare che,per raggiungere un obiettivo specifico,occorrono costanza, pazienza, realismo,ecc. Tra le cause che inficiano il raggiungimento degli obiettivi desiderati si elencano: 1. Mancanza o errata o raffazzonata programmazione; 2. Mancanza di costanza nell'allenamento; 3. Eccessivo volume o basso volume d'allenamento; 4. Eccessiva o bassa intensità d'allenamento; 26
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5. carico interno ed esterno o loro rapporto mal gestiti; 6. errata sequenzialità degli esercizi in relazioneagli obiettivi da un punto di vista tecnico e/o fisiologico; 7. alimentazione e/o integrazione non contestualizzata agli obiettivi prefissati; 8. mancata creazione attraverso l'allenamento dei necessari adattamenti epigenetici; 9. personale della palestra non qualificato; 10. ecc. A mio avviso, i primi 2 punti elencati sono fra i maggiori responsabili dell'insuccesso sportivo. La mancanza o errata o raffazzonata programmazione è causa d'insuccesso; anche il grosso dell'utenza nostrana non è campione di costanza nell'allenamento. Statisticamente il grosso dell'utenza frequenta mediamente 8 mesi l'anno. Infatti essi frequentano (nella migliore delle ipotesi) nei seguenti mesi: 1. Settembre; 2. Ottobre; 3. Novembre; 4. 15 gg. Dicembre (preparazione al Natale); 5. 15 gg. gennaio (causa svendita panettoni e pandoro); 6. Febbraio; 7. Marzo; 8. Aprile (dipende dall'impegno nelle processioni); 9. Maggio.
La Palestra nei mesi estivi è considerata off-limits (o per fissati o maniaci o disturbati mentali), perchè c'è chi soffe di pressione bassa, chi suda tanto, chi pensa di allenare le gambe con partite di calcetto, di allenarsi correndo lungo i viali della speranza della Penisola o di fare 4 bracciate al mare, chi non riesce a trovare in 24 ore qualche ora per allenarsi, ecc. Anche se in estate cadesse la neve non cambierebe nulla e non sovvertirebbe gli schemi cristallizzati di questa utenza. Ovviamente molti di questi utenti solipsisti pensano che, coloro che hanno risultati, li hanno avuti imbrogliando. Buon allenamento. P.S. (il solipsista è colui che adatta la realtà alle sue fantasie, inutile dimostrargli il contrario magari schiaffeggiandolo, egli penserà che noi e lo schiaffo siamo solo frutto delle sue fantasie, non c'è nessun modo per dimostrargli il contrario).
#CONDOMINIO
L'amministratore risponde
Teresa Pane
Cambio di destinazione d’uso e quadratura dell’immobile: incide sulle spese di gestione?
Sono proprietario, da circa due anni, di un appartamento, all’interno del quale risiedo. Ho da poco scoperto per puro caso, che questo appartamento, in passato, era adibito a ufficio e che era di quadratura maggiore in quanto un vano fu all’epoca venduto al proprietario dell’appartamento confinante. Tuttavia, nonostante il cambio di destinazione d’uso (oggi appartamento e non più ufficio) e nonostante la diminuzione della quadratura (con ovvio ampliamento dell’appartamento confinante), vengono ancora utilizzate le tabelle millesimali redatte dal costruttore. Ciò significa che attualmente pago le spese condominiali per un appartamento più grande e destinato ad uso ufficio e, dunque, certamente in eccesso rispetto a quanto dovrei effettivamente pagare. Come posso regolarizzare questa anomalia? Grazie. (Vittorio A.) 28
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Gentile Vittorio, ha ragione, è un’anomalia rilevante sia in ordine alla destinazione d’uso (appunto mutata da uso ufficio ad uso di civile abitazione), sia in ordine alla quadratura dell’immobile (un vano in meno). In tal caso, già all’epoca in cui furono eseguite tali modifiche, si sarebbe dovuto procedere ad una modifica delle tabelle millesimali. Tuttavia oggi può percorrere due strade: concordare con il condomino con lei confinante che ha acquistato il vano e che, dunque, ha beneficiato di un ampliamento del suo immobile, una maggiorazione dei millesimi lui attribuiti. Se dovesse raggiungere un pacifico accordo, andrebbe comunque redatto per iscritto ed inserito a verbale; nominare un tecnico che provveda alla revisione delle tabelle millesimali: in tal caso la spesa di tale tecnico dovrebbe essere sopportata solo da lei e dal proprietario dell’immobile confinante in quanto le variazioni che hanno resa necessaria la modifica dei millesimali concerne solo i vostri appartamenti e non l’intero condominio.
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#CONDOMINIO
Separazione e divorzio: anche in condominio!
Buonasera, sono Amministratore interno e condomino di un parco costituito da 2 scale. Fino ad oggi il Condominio è stato amministrato come se fosse stato un unico stabile, seppur diviso in due scale. A seguito molteplici diverbi tra condomini in relazione ai lavori da eseguire ed alla spese gestionali, si è ipotizzato di separare le due scale in due Condomini distinti ed autonomi. È possibile questo “divorzio condominiale”? Mi consenta l’ironia, ma la situazione è davvero esasperante. Grazie per la risposta che sono certo che mi fornirà. (Luca E.)
Acquisto di proprietà condominiali
Gentile Amm.re, vorrei sapere se è possibile per un condomino acquistare un bene condominiale. Abito al piano ammezzato ed al fine di poter allargare il terrazzo di mia proprietà, sarei interessato ad acquistare dal Condominio, parte del ballatoio esterno di accesso al portone condominiale. È possibile? Qual è l’iter da seguire in questi casi? Quali maggioranze sono necessarie? Grazie (Giampiero A.) Salve Giampiero, l’acquisto di una proprietà condominiale è certamente possibile. Innanzitutto bisogna verificare con certezza che l’area che lei vuole acquistare sia effettivamente di proprietà condominiale. Eseguito ciò e verificato che l’eventuale cessione della porzione di ballatoio che lei intende acquistare non renda più difficoltoso l’uso della cosa comune agli altri condomini (es. renda poco agevole l’accesso al portone), lei dovrà effettuare una richiesta di acquisto al Condominio, in quanto proprietario dell’area in questione e qualora il Condominio all’unanimità decida di accogliere la sua offerta economica, si dovrà procedere al frazionamento ed alla modifica della destinazione d’uso e si procederà alla sottoscrizione del passaggio di proprietà davanti ad un notaio. Tale atto dovrà essere sottoscritto da tutti gli attuali proprietari e dovrà essere annotato sul Regolamento di Condominio, se registrato, e/o su tutti gli atti di acquisto dei condomini cedenti. 30
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Gentile Luca, il concetto di “divorzio condominiale” è ben più frequente di quanto possa immaginare. Dalla sua domanda, purtroppo, non riesco a comprendere se le due scale che costituiscono l’attuale Condominio sono fisicamente separate (costituendo due corpi di fabbrica con servizi autonomi) oppure trattasi di un unico stabile diviso in due scale (in tal caso avremo muri, lastrici, pilastri, impianti, ecc. in comune). Si tratta di una circostanza fondamentale per poter rispondere alla sua domanda. Nel caso le due scale non abbiano parti in comune, anche in presenza di un Regolamento di Condominio è possibile separare i due Condomini. Nel caso invece che esistano parti in comune (es. un viale, un giardino, ecc.) si può comunque procedere alla separazione delle due scale, ma sarà necessario costituire un terzo Condominio: uno ciascuno per le due scale e per i servizi di ogni singola palazzina ed uno per le parti comuni ad entrambe. In questa ultima ipotesi ciascun Condominio deve avere un suo codice fiscale e un responsabile regolarmente nominato a verbale anche se interno tra i condomini, un proprio conto corrente e codice fiscale, ecc. Orbene, questo comporterà certamente dei maggiori costi gestionali ma è certamente possibile da un punto di vista legale.
#AVVOCATO
L’ordine di esecuzione per la carcerazione e il decreto di sospensione dell’esecuzione Valerio Massimo Aiello
È uno tra gli atti giudiziari che desta maggior allarme quando viene notificato. Ma che cos’è l’ordine di esecuzione per la carcerazione ed il contestuale decreto di sospensione dell’esecuzione e cosa bisogna fare non appena lo stesso ci viene notificato? Cominciamo col dire che successivamente alla scadenza dei termini per proporre impugnazione o quando siano stati esauriti i 3 gradi di giudizio la sentenza diviene esecutiva; vi è cioè il passaggio in giudicato del provvedimento che segna l’inizio della fase esecutiva volta a dare appunto esecuzione alla sentenza di condanna divenuta irrevocabile. Il compito di dare attuazione alle statuizioni contenute nel provvedimento divenuto definitivo è devoluto al Pubblico Ministero che, concluse le operazioni di computo della pena, ha l’obbligo di emettere l’ordine di esecuzione per la singola sentenza di condanna ovvero, ricorrendone i presupposti, per l’esecuzione di pene concorrenti, nel caso in cui nei confronti dell’interessato siano state emesse più sentenze di condanna, disponendo la carcerazione dell’imputato sempre che questi non sia già detenuto. L’ordine di esecuzione contiene le generalità del condannato, l’imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie per l’esecuzione. Copia del provvedimento viene consegnata all’interessato e notificata al suo avvocato difensore. In difetto del difensore di fiducia, il P.M. procederà alla nomina di un difensore d’ufficio. Tecnicamente nel momento in cui viene notificato all’interessato un ordine di esecuzione, lo stesso dovrebbe essere tradotto dalle Forze dell’Ordine presso un istituto penitenziario. La carcerazione, però, non è sempre automatica ed immediatamente conseguente alla consegna del re32
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lativo ordine avendo il Legislatore previsto delle pene alternative alla detenzione in presenza di determinati requisiti, primo fra tutti l’entità della pena da eseguirsi. In tali casi è infatti previsto che il Pm, secondo quanto disposto dall’ art. 656 comma 5 CPP, quando emette un ordine di esecuzione relativo ad una pena, anche se costituente residuo di maggior pena, non superiore ad anni tre (quattro nei casi previsti dall’art. 47 ter ordinamento penitenziario o sei nei casi di cui agli artt. 90 e 94 del DPR 309/90, riguardanti i benefici previsti per l’accesso a programmi di recupero dei tossicodipendenti ed alcol-dipendenti – salvo quanto previsto dai commi 7 e 9) deve contestualmente emettere un decreto di sospensione dell’esecuzione che unitamente all’ordine di carcerazione deve essere notificato al condannato e al suo difensore. Quest’ultimo ha trenta giorni di tempo per poter avanzare istanza volta ad ottenere la concessione di una misura alternativa alla detenzione (affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare e semiliberà delle quali si disquisirà nel prossimo numero). Alla scadenza del predetto termine se non viene presentata alcuna istanza il decreto sarà revocato e l’esecuzione della pena avrà corso immediato. In ordine alla procedura brevemente si spiega che, presentata l’istanza, tassativamente entro trenta giorni dalla notifica dell’ordine di esecuzione e del decreto di sospensione, per l’ammissione alle pene alternative alla detenzione (in questa sede, è necessario ribadirlo, solo accennate nella tipologia), il PM la trasmette al Tribunale di Sorveglianza competente che, valutata l’ ammissibilità della richiesta, emetterà, a seguito di un’udienza in camera di consiglio, un provvedimento conclusivo nella forma di ordinanza circa la concessione della misura alternativa chiesta, che sarà ricorribile in Cassazione entro quindici giorni dalla notifica del provvedimento.
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#CONSUMATORI
Come funziona il rimborso dei buoni fruttiferi serie P delle Poste Italiane?
Pierluigi D'Apuzzo
I buoni fruttiferi postali della serie P sono titoli trentennali, nel senso che producono interessi fino al trentesimo anno dalla sottoscrizione. Gli interessi applicati sono direttamente previsti sul retro del titolo, ove potrai leggere una tabella che prevede i seguenti scaglioni: • dal primo al terzo anno dalla sottoscrizione: 9% di interessi; • dal quarto all’ottavo anno: 11%; • dal nono al quindicesimo anno: 13%; • dal sedicesimo al ventesimo anno: 15%; • dal ventunesimo anno fino alla scadenza: un incremento pari a 516,300 £ (266,64 euro) per ogni bimestre successivo maturato fino al 31 dicembre del 30esimo anno solare successivo a quello di emissione. Dal primo gennaio del 31esimo anno solare successivo a quello 34
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di emissione, il buono postale si intende scaduto e, pertanto, non è più fruttifero, cioè non produce più interessi. A partire da questo momento, inoltre, decorre il termine di prescrizione quinquiennale. Il rendimento assicurato dai Buoni era quindi molto alto, tanto che, depositando una piccola somma, se ne poteva ricavare una pari a dieci volte tanto. Un esempio: un buono ordinario postale del valore di un milione di lire sottoscritto trent’anni fa vale, ora, oltre dieci milioni (più di cinquemila euro, in poche parole). L’incentivo offerto da Poste Italiane, per indurre alla riscossione trentennale, in quel periodo ha indotto numerose famiglie a preferire tale forma di investimento che consentiva di garantire una discreta rendita anche ai propri eredi. Molte famiglie quindi affidavano i loro risparmi all’ uf-
ficio postale con la speranza di lasciare ai loro cari, in un futuro prossimo, un bel gruzzolo sul quale contare per la realizzazione di sogni, aspettative desideri di vita. Il buono diventava così il regalo per la nascita, la comunione, il matrimonio, per ogni evento importante. Oggi, però, i possessori dei Buoni Fruttiferi Postali serie P che si sono recati presso l’Ufficio Postale emittente per richiedere il rimborso dei buoni con gli interessi dovuti hanno avuto l’amara sorpresa di non vederseli riconosciuti a causa di un decreto -pubblicato in G.U. n. 148 del 28/06/1986- con il quale venivano modificati unilateralmente gli interessi pattuiti in sede di sottoscrizione, con la seguente dicitura “sul montante degli interessi dei buoni postali fruttiferi di tutte le serie precedenti a quella contraddistinta con la lettera “Q”
maturati alla data del 1 gennaio 1987, si applicano, a partire dalla stessa data, i saggi di interesse fissati con presente decreto, per i buoni della serie Q”. Pertanto i nuovi tassi di interesse si sarebbero dovuti applicare non soltanto ai buoni emessi successivamente alla sua entrata in vigore, ma anche a quelli già in circolazione, cioè già sottoscritti. In pratica, anche chi aveva aderito alle vecchie condizioni (più favorevoli), avrebbe dovuto subire una contrazione del tasso d’interesse.
E allora come opporsi a tutto ciò?
Sul punto è intervenuta la Corte
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di Cassazione con una recente Sentenza n. 4761/2018 la quale ha stabilito che al risparmiatore si applicano i tassi di interesse e, più in generale, le condizioni stabilite sul retro del buono al momento della sottoscrizione, non essendo possibile una modifica peggiorativa in corso di rapporto. Eccezione a questa regola si ha solamente nel caso in cui le Poste Italiane, al momento della sottoscrizione del buono, abbiano apposto sul retro il timbro con cui la tabella degli interessi viene aggiornata al decreto del 1986. In definitiva, a prevalere sono le tabelle apposte sul retro di ogni buono, a meno che Poste
italiane non li abbia aggiornati apponendo il famoso timbro di cui sopra. Alla luce di quanto detto, il consiglio è quello di pretendere all’atto della richiesta di rimborso dei buoni fruttiferi Serie P - il riconoscimento delle condizioni contrattualmente convenute e descritte sui titoli stessi. Per qualsiasi delucidazione ed approfondimento sulla problematica descritta è possibile rivolgersi presso le Sedi Territoriali Adiconsum di Piano di Sorrento, Castellammare di Stabia e Torre Annunziata.
#LIBRI
Libri come fari Giovanni Pepe
Più fiori che opere di bene Le indagini di Clotilde Grossi, fioraia e apprendista detective Autore: Annalisa Strada Editore: HarperCollins Italia Dal 10 gennaio in libreria una nuova investigatrice: Clotilde Grossi, detta Clo. Clo, «Una trentasettenne senza orpelli nel pensare e neanche nel vestire», ha un negozio di fiori a Bergamo, è ironica, spigliata, ama i libri gialli, ama il titolare di una ditta di pompe funebri e si interessa di fatti delittuosi. Una investigatrice-ficcanaso che s’intrufola nelle case cercando di spremere notizie. Arriva sempre con un mazzo di fiori ed istiga alla confessione le donne che amano il pettegolezzo. Il 2 novembre viene ritrovata la testa di un uomo in città, su una una fontana e dopo viene rinvenuto un altro cadavere di uomo noto per la bella vita e il numero delle amanti, in Clo (in cui coabitano Miss Marple, la Signora in Giallo e Maigret) scatta la necessità di indagare a 360 gradi, intralciando anche il commissario Leonardi che sta investigando sul duplice omicidio.
Intervista ad Annalisa Strada
Che cosa ha motivato e favorito questo suo passaggio dai libri per ragazzi al romanzo giallo? Sono, resto e resterò una scrittrice di libri per ragazzi. 36
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Ho scritto questo giallo perché m’era venuta l’idea e avevo in mente il personaggio: è una parentesi, anche se spero sia la prima di tante altre che riguarderanno Clotilde. Confermo comunque con orgoglio - insieme a mio marito - l’identità di scrittrice per ragazzi, perché mi piace molto scrivere per loro. Cos’è per lei il crimine? Stigmatizzo il delinquere, soprattutto quando va a ledere l’autonomia di una persona, a limitarne la vita, a violarne la sicurezza. Ho una posizione molto chiara su questo fronte. E mi piacciono i gialli perché hanno una soluzione: danno l’impressione che se trovi gliindizi giusti ingabbi sempre il colpevole. In questo senso il libro giallo è rassicurante. Nel tempo di poco più di una settimana, quella in cui Clo e Leonardi indagano, è magistrale il continuo cambio di argomentazioni per la scoperta del colpevole... L’idea era di arrivare fino all’ultimo con balzi e rimbalzi fra i comprimari, rendendo sospetto più di un personaggio fino alla rivelazione del vero colpevole. Conta di fare della sua fioraia un personaggio seriale? Mi piacerebbe moltissimo ed io e il mio consorte abbiamo già le penne cariche per una seconda storia, pensata ma non ancora scritta. Per il momento stiamo a vedere come muove i primi passi Clotilde, perché molto dipenderà da quello che ne penseranno i lettori. Qual è il rapporto letterario con suo marito, litigate, qualche volta, mentre vi scambiate le idee? Il nostro rapporto è combattivo. Mio marito è una persona che ascolta le idee - quando non è direttamente coinvolto, tuttavia, non vuole nemmeno leggere e devo leggere io a voce alta -; è uno spirito grintoso, un bastian contrario per eccellenza, ma è un buon partner di scrittura. Non è uno che asseconda: non litighiamo, ma discutiamo, magari animatamente. Qualche volta le idee sono molto affini, ma a volte divergono totalmente e questo è divertente. Ma a parte questo, abbiamo trent’anni di vita in comune, per cui ormai lo considero come una mia costola.
#FOODCROSSING
Miss Marmelade
Anna Maione
Sull’origine della marmellata esistono diverse storie. Secondo una delle più note Caterina d’Aragona, una volta sposato il re d’Inghilterra Enrico VIII, diede vita alla marmellata di arance per superare la terribile nostalgia verso i frutti della sua terra. Un’altra curiosa leggenda vede protagonista invece la regina Maria de Medici. Dopo il matrimonio con Enrico IV, Maria si trasferì in Francia seguita a ruota dal corteo privato di cuochi, pasticceri e gelatieri toscani. Fu in occasione di una forte carenza di vitamine (in particolare la C), diagnosticata dal medico alla regina, che alcuni uomini della corte furono mandati in Italia a recuperare gli agrumi più pregiati dell’epoca, ovvero quelli di Sicilia. La strada di ritorno per Parigi però, specialmente a cavallo, era troppo lunga. Per conservare al meglio la frutta, furono, quindi, preparate delle apposite casse contenenti marmellata, che recavano la scritta “per Maria Ammalata”. Di lì alcuni andarono a leggere sulla 38
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cassa “poir Maire ammalate”, “por marimalade – marmelade”. In realtà, al di là delle leggende più o meno colorite che ci sono state tramandate, sappiamo con certezza che l’origine della marmellata è molto più antica. Stando al ricettario romano attribuito ad Apicio e risalente al IV-V secolo dopo Cristo, già i Greci usavano bollire le mele cotogne insieme al miele, per addensare gli zuccheri contenuti e ricavarne una conserva. Ai tempi di Roma antica, con analoga finalità, la frutta veniva invece immersa in una mistura di vino passito, vino cotto, mosto o miele. Come dolcificanti semplici del resto all’epoca dei Greci e Romani erano conosciuti solo il miele e il vino, mentre bisogna aspettare le crociate per assistere alla comparsa dello zucchero in Europa. Secondo molteplici documenti è solo nel Medioevo quindi possibile rinvenire una
marmellata prodotta con metodo molto simile a quello attuale. Con la sostanziale differenza che all’epoca, in mancanza di sistemi di refrigerazione, la conservazione di lunga durata consentita dallo zucchero era una necessità di importanza vitale. Grazie alle considerevoli importazioni di zucchero di canna delle colonie la marmellata si diffuse, poi, gradualmente nei vari paesi dell’Europa settentrionale e, con essa, il termine ‘confiture” – derivante dal verbo “confettare” – usato anticamente per indicare le preparazioni alimentari destinate alla conservazione. Con il passare del tempo l’elemento dolce di queste preparazioni finì per coincidere con il solo zucchero, che soppiantò progressivamente sia il miele sia il mosto, e il termine confettare assunse il significato di ricoprire un alimento di zucchero.
© FOTO DI ANNA MAIONE
Marmelade
La vera marmellata inglese
Imma Gargiulo
INGREDIENTI • 1Kg arance • 2 litri acqua • 2,5 kg zucchero PREPARAZIONE Per prima cosa lavare le arance rigorosamente biologiche strofinando la buccia con una spazzolina per alimenti. Con un pelapatate prelevare la buccia delle arance evitando la parte bianca. Tagliare le bucce a striscioline. Per ridurre il tempo procurarsi un pelapatate che consenta di ricavare direttamente le strisce o un classico rigalimoni. Tenere da parte le bucce tagliate. Pelare a vivo le arance. Questa tecnica consiste nel tagliare la parte superiore ed inferiore dei frutti arrivando alla polpa. Sistemare l’arancia su un tagliere e con un coltello affilato togliere le bucce facendo uscire la polpa “a vivo” appunto. Tagliare quindi la polpa a pezzettoni eliminando tutti i semi, da tenere assolutamente da parte (non buttateli, sono preziosi perché ricchi di pectina, una sostanza che ci aiuterà a far addensare la marwww.centopercentofitness.it
mellata senza aggiungere additivi) A questo punto pesare la polpa ottenuta con l’aggiunta anche delle bucce ed aggiungere l’acqua fresca in proporzione. Sistemare i semini in una garza e richiuderla bene, prima di aggiungere questo pacchetto magico al resto. Potete mettere la frutta e l’acqua direttamente nella pentola che userete per la cottura. Lasciate la frutta a riposo per 24 ore. Il giorno successivo mettere la casseruola sul fuoco e portare a bollore, a questo punto lasciare cuocere tutto a fuoco basso per un paio di ore semi coperti. Trascorso questo tempo, nel quale la casa e tutto il circondario profumeranno di arance, aggiungere lo zucchero e mescolare per bene. Lasciare cuocere a fiamma un po’ più alta per circa 30/45 minuti o fino a quando la consistenza non è quella giusta. La prova piattino può aiutarci: riporre un piattino in freezer per 10 minuti, lasciarci gocciolare un po’ di marmellata ed aspettare qualche minuto. Se la marmellata si è addensata è pronta. Rasserenatevi, la marmellata totale risulterà liquida ma si addenserà pian piano nei barattoli. A proposito dei barattoli, è fondamentale sterilizzarli per bene. La linea più veloce in assoluto è quella di lavarli per bene e poi “cuocerli” al microonde per due minuti e mezzo a testa in su. Mentre i coperchi vanno bolliti e fatti asciugare.
A questo punto riempire i barattoli di marmellata a poco meno del bordo, chiudere per bene il coperchio e riporli a testa in giù per una mezz’ora. Poi rimetterli in piedi. Conservare la marmellata in un luogo buio. Potrete conservarla fino ad un anno.
CURIOSITÀ Marmellata e confettura oggi sono tutt’altro che sinonimi. Con marmellata ci si riferisce a un prodotto a base di agrumi (limone, arancia, mandarino ma anche, seppur più raro, a cedro, bergamotto e pompelmo), il termine confettura è corretta invece in presenza di qualsiasi altro tipo di frutta o di ortaggi. La differenza non sta solo però nel tipo di frutta scelta ma anche nella percentuale impiegata: nel caso della marmellata deve essere almeno del 20%, per la confettura del 35%, per la confettura extra del 45%.
#WEB
Come aumentare il coinvolgimento su Facebook? Antonella Raffone
Decidere di puntare sull'engagement è uno degli aspetti più importanti per chi lavora online. Ma cosa significa? E come si migliora questo passaggio? L’engagement è un fattore indispensabile per ottenere risultati sui social network. Mark Zuckerberg, in uno degli ultimi aggiornamenti di algoritmo, ha sottolineato che bisogna lavorare sul coinvolgimento, sulla community e le relazioni tra le persone che ci seguono per aumentare il successo dei contenuti che proponiamo.
Cos’è l’engagement: definizione e spiegazione
Con il termine in questione s’intende il coinvolgimento del pubblico rispetto a un determinato contenuto inserito su una piattaforma social media. Nell’universo social media marketing questo termine viene riportato come coinvolgimento, ma la trasposizione dovrebbe essere spostata verso il concetto di promessa, impegno, obbligo. Non a caso si parla di engagement nei paesi anglosassoni come fidanzamento ufficiale, una vera promessa di matrimonio.
Perché investire nell’engagement marketing?
I social network nascono per mettere in contatto le persone, per creare reti e legami ed i contenuti "engaging" vengono premiati dal pubblico e dagli algoritmi. Il problema è pensare di poter usare i social media solo per vendere, per spingere un prodotto o 40
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un servizio. Si può fare se si investe (tanto e bene) in pubblicità. Ma se si vuol creare un pubblico, una community fedele, va forgiato un legame. Facebook, infatti, deve determinare quanto sia interessante un post per un utente, per capire se vale la pena o meno mostrare il contenuto nel newsfeed. Questo è l’engagement. Quell’insieme di like, condivisioni e commenti che riguardano il coinvolgimento impegnato e coerente tra pubblico e brand, marchio, azienda, impresa o libero professionista. Ma come si ottiene tutto ciò?
Ecco 2 semplici consigli per iniziare:
Video di qualità: Forse non è una novità, ma per aumentare l’engagement conviene virare verso un content marketing legato ai video. I post con video ottengono almeno il 59% in più di coinvolgimento rispetto ad altri tipi di contenuti. Le foto sono una delle soluzioni migliori, ma il video ha superato di gran lunga queste pubblicazioni. Poco testo ma giusto: Vuoi scrivere post su Facebook ma hai paura di essere troppo largo con il numero di battute? Hai ragione, i contenuti che funzionano su questo social sono quelli brevi ed essenziali. Se vuoi migliorare le possibilità di coinvolgimento devi pubblicare post di Facebook che rimangano nei 50 caratteri. Le persone sfogliano distrattamente il newsfeed, l’attenzione è minima e devi essere in grado di attirare l’interesse in un attimo. In conclusione, lavorare sul concetto di coinvolgimento per i social network aziendali e personali rappresenta un obiettivo di web marketing importante. Spesso sottovalutato, ma centrale se si vuole ragionare in modo da sfruttare al massimo le connessioni con il pubblico.
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#GEOLOGO
Tutela professionale e lotta all'evasione
Erminio Esposito
Da quest’anno ottenere un’autorizzazione o un permesso a costruire sarà possibile solo dopo aver regolarmente pagato i professionisti che hanno prestato la loro opera al progetto quali ad esempio ingegneri, architetti, geologi e geometri. È stata pubblicata infatti la Legge Regionale n°59 del 29 dicembre 2018 riguardante le “Norme in materia di tutela della prestazione professionale per attività espletate per conto dei committenti privati e di contrasto all’evasione fiscale”. L’art.2 prevede che per la presentazione dell’istanza autorizzativa e/o di intervento deve essere allegata, oltre a tutta la documentazione tecnica prevista, anche la lettera di affidamento dell’incarico o un apposito contratto di prestazione professionale, regolarmente sottoscritti sia dal committente che dal professionista. L’art.3 riporta poi che l’Amministrazione che deve rilasciare il 42
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titolo abilitativo possa farlo solo se ha acquisito una dichiarazione sostitutiva, resa in atto di notorietà da parte del professionista o dei professionisti che hanno sottoscritto gli elaborati progettuali. In detta dichiarazione deve essere fatto riferimento all’incarico ricevuto e sottoscritto, alla tipologia di opera effettuata e sopratutto all’avvenuto pagamento del corrispettivo spettante così come riportato nell’incarico stesso. La mancata presentazione di questa dichiarazione può costituire un valido motivo per non procedere al rilascio del titolo abilitativo. Con la presente legge, già pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania, si punta al contrasto dell’evasione fiscale, cercando di ostacolare la modalità di pagamento “a nero” di prestazioni professionali senza l’emissione di regolare fattura, sulla quale poi il professionista dovrà pagare le previste tasse. Contemporaneamente si mira anche alla tutela ed alla salva-
guardia delle categorie professionali impedendo quegli eventuali tentativi di mancato pagamento delle spettanze. Le categorie professionali delle figure tecniche coinvolte oltre alle varie forme associative e federative, quale ad esempio la Federazione Italiana Liberi Professionisti, di cui sono Consigliere Nazionale Delegato alla Regione Campania, hanno approvato quanto introdotto da questa semplice ma efficace legge, che a nostro parere potrà condurre ad una regolarizzazione dei pagamenti dei giusti corrispettivi, in relazione alla tipologia di prestazione resa dai professionisti.
#POESIA
Il cuore, il tempo e la memoria
“Per un serio problema d’amore sto proprio male –disse il cuore-, e se nell’uomo sto male io può succedere un’ira di Dio”. Salvatore Spinelli
Il tempo che aveva ascoltato disse senza essere interpellato: “La testa non ti devi arrovellare, la soluzione è dimenticare”. La memoria sapendo il fatto suo, s’intromise nel discorso di quel duo, disse: “Si, si può anche dimenticare ma non si potrà mai cancellare”. “Essa se ne sta buona in disparte, guarda, registra e mette da parte, poi un non nulla e all’occorrenza fa tornare tutto in evidenza”. “Insomma puoi fare quello che vuoi ma del passato liberarti non puoi, esso non pratica nessuno sconto, ti raggiunge e ti presenta il conto”.
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#FILOSOFO
L'impermanenza in Teresa d'Avila ed Eraclito Domenico Casa
All'inizio dell'Odissea, quando Telemaco si reca da Menelao per conoscere il destino del padre, l'Atride lo invita ad andare alla ricerca del dio marino, Proteo, il quale potrebbe illuminarlo. Gli raccomanda, però, una volta trovatolo, di afferrarlo e di tenerlo ben stretto, perché il dio è sfuggente e cambia aspetto di continuo, al punto di apparire inaffidabile. Proteo è l'immagine del tempo che non si può trattenere, del perenne mutare di tutte le cose che, il più delle volte, ci lascia sorpresi e ci getta nello sconcerto, proprio nel momento in cui vorremmo fermarle per goderne, nelle situazioni di benessere, oppure bloccarle, quando si presentano nei loro aspetti negativi, dolorosi e distruttivi. A distanza di duemila anni l'una dall'altro, Teresa d'Avila (28-3-1515/ 4-10-1581), ed Eraclito di Efeso (550 - 480 a. C.) si trovano d'accordo sulla realtà dell'impermanenza del tutto. Impermanenza che è anche un tratto fondamentale di molte scuole buddiste. La mistica spagnola, alla quale si devono scritti numerosi di notevole spessore psicologico, oltre che religioso, nel suo libro delle orazioni teneva costantemente un foglietto con su scritto di suo pugno pochissime massime, sette in verità, che teneva costantemente sott'occhio. "Nulla ti turbi - nulla ti spaventi - tutto passa", recitano le prime tre. È quel "tutto passa" che la fa "incontrare" con l'antico saggio dell'Asia Minore. Infatti in uno dei più famosi frammenti attribuiti a lui, Eraclito scrive: "Tutto scorre e niente permane, ed io non posso bagnarmi due volte nella stessa acqua del fiume, perché l'acqua è cambiata. Ed io stesso sono e non sono." 46
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Purtroppo, non c'è nulla, proprio nulla di stabile e di immutabile nell'universo in cui si svolge anche la vicenda umana. La stabilità e l'immobilità dell'Essere di cui parlava Parmenide di Elea, contemporaneo di Eraclito, è una speranza, un tendere, non una realtà. Eppure Teresa era entrata nel monastero di San Giuseppe per cercare la "quiete", la massima aspirazione dei mistici. Forse qualche parvenza di essa la troverà nelle ore di profonda intimità con se stessa in cui dice di trovarsi a contatto con il divino. Ma la realtà la spingerà sovente al di fuori e oltre la mura claustrali. Girerà la Castiglia in lungo e in largo per fondare monasteri del Carmelo. Finché potè. Anche Eraclito, a un certo punto della sua vita, disgustato dai politici della città, si rifiutò di scrivere per essa una nuova costituzione, preferendo la solitudine e la riflessione. Anche lui, come Teresa, nel "panta rei" magmatico della realtà, cercò un pò di quiete. Si dice, pertanto, che si sia rifugiato nel tempio di Artemide Efesia dove abbia potuto custodire il suo scritto, di cui ci sono rimasti alcuni fondamentali frammenti, per sottrarlo alla incomprensione dei "più". Ma né Teresa né Eraclito potranno mai sfuggire al "tutto passa" e al "tutto cambia".