Anno IX • Numero 04 • APRILE 2014
VERSIONE ON-LINE L'ironia... una cosa seria!!! di Mariarosaria D'Esposito
Cosa fa la paura nella nostra vita di Bianca Pane
Attività sportive per l'età evolutiva di Fabio Siniscalchi
Libera la gioia e l’entusiasmo che è in te di Ernesto Lupacchio
sommario Anno IX • Numero 04
APRILE 2014 In copertina Giuseppe Acampora 18 anni di Sorrento fotografato da Pino Coluccino Sant'Agnello Cell. 331.4511034 Prodotto edito da "La Mia Penisola" Dep. Aut. Tribunale di Torre Annunziata del 09.06.2010 Periodico di attualità a diffusione gratuita
Direttore responsabile Giuseppe Damiano Progetto grafico Maurizio Manzi Bingwa Art Factory Corso Italia, 371 Piano di Sorrento (Na) Tel. 081.534.11.17 info@bingwa.it Stampa Grafica Cirillo Scafati (Sa)
09 La deglutizione atipica di Vittorio Milanese - Odontoiatra
12 L'ironia... una cosa seria!!! di Mariarosaria D'Esposito - Logopedista
16 La Sound Therapy in supporto del paziente acufenico di Tea Maione - Audioprotesista
18 Quando il gioco diventa patologico di Luisa Buonocore - Psicologa
22 Servizio di noleggio di apparecchiature elettromedicali di Giuseppe De Simone - Farmacista
24 Quando le tonsille danneggiano il cuore di Vittorio Fabbrocini - Cardiologo
28 C'è da avere paura dei vaccini? di Carlo Alfaro - Pediatra
30 Migliora la qualità della vita con la Chinesiterapia di Ireneo Nefando - Chinesiologo
32 Cosa fa la paura nella nostra vita? di Bianca Pane - Psicopedagogista
36 Il Pap-Test di Tiziana Giglio - Ostetrica Scarica l'app sul tuo dispositivo mobile e fotografa il QR Code che trovi nelle pagine del magazine per accedere ai contenuti extra.
38 Dolore al bacino - Borsite di Barbara Martino - Chiropratica
44 Disturbo oppositivo provocatorio di Daniela Caiafa - Neuropsicomotricista
48 Il catetere venoso centrale totalmente impiantabile di Antonio Coppola - Anestesista
51 È tempo di... Pastiera di Francesca Maresca - Nutrizionista
54 Vegetariano contemporaneo 56 A Pasqua fai la scelta giusta di Francesca Maresca - Nutrizionista
63 Tacco alto e fitness di Nello Iaccarino
64 Attività sportive per l'età evolutiva di Fabio Siniscalchi
68 Le origini del calciobalilla di Giuseppe Di Gregorio
70 La rosa in vaso di Giovanni Castellano
72 Libera la gioia e l'entusiasmo che è in te di Ernesto Lupacchio
76 Ma cos'è questa natura? di Domenico Casa
78 Le Orme di Salvatore Spinelli
80 Circolare senza assicurazione? di Valerio Massimo Aiello
#salute&benessere STRESS
Più telefoni più si impenna Alla Wayne State University (USA) hanno appurato che 3 ore di esposizione alle onde emesse dal cellulare sono sufficienti per stimolare gli ormoni dello stress, che impediscono al tuo sonno di essere rigenerante. Per limitare i danni meglio usare auricolari e bluetooth quando telefoni.
L'obesità è contaggiosa Lo sostiene uno studio pubblicato su una rivista scientifica americana dopo uno studio su ben 12.000 soggetti. Il rischio di obesità di un individuo aumenta fino al 60% quando un amico vicino a lui diventa obeso. Secondo gli studiosi viene a mancare l’incentivo a mantenersi attivi e a seguire un programma di attività fisica che consenta di mantenersi in forma. Gli studiosi poi, si sono domandati se l’isolamento da certe amicizie o l’instaurazione di amicizie “sane”, anche attraverso l’uso della rete Internet e dei social network, non possa favorire un percorso inverso, intervenendo sui meccanismi di controllo del sovrappeso. In realtà pare che la rete abbia la sua parte di responsabilità nell’aumento percentuale del rischio obesità, specialmente tra i giovani, sempre meno interessati alle attività all’aria aperta, preferendo rimanere davanti al pc
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ASCOLTARE TROPPA MUSICA CON MP3 DANNEGGIA L'UDITO I lettori mp3 hanno rivoluzionato il modo di ascoltare la musica. Ma rischiano di provocare seri problemi a chi li usa, specie se si esagera e se ne sottovalutano i pericoli. È la conclusione di una ricerca condotta da scienziati australiani, secondo cui vi sarebbero tre fattori che rendono pericoloso l'uso degli mp3: ascoltare la musica a volume molto alto, ascoltare per piu di due ore al giorno, e per più di cinque giorni la settimana. “Una delle principali ragioni”, ha spiegato il professor Bob Cowan, che ha guidato la ricerca, “è che i giovani ascoltano la musica nei mezzi pubblici e vogliono coprire il rumore di fondo”. È emerso inoltre che il 93% del campione esaminato riconosce che gli mp3 ad alto volume possono danneggiare l'udito, ma in generale non se ne preoccupa, o comunque non è disposto a cambiare le proprie abitudini. “Il volume alto può danneggiare l´udito temporaneamente”, ha detto ancora Cowan, “ma il danno si ripara se vi è un adeguato riposo dal rumore”. Il problema è che le persone vogliono ascoltare la loro musica tutti i giorni, e quindi aumentano il rischio di danni permanenti. Vengono distrutte le cellule che individuano certe frequenze, quindi si comincia ad avere perdita di udito in particolari frequenze, specie quelle alte, che sono importanti per distinguere una parola dall´altra. Vi è anche il rischio di soffrire di ronzio nell´orecchio.
#ODONTOIATRA
La Deglutizione Atipica Dott. Vittorio Milanese Laureato in Odontoiatria e protesi dentiaria presso l’Università di Napoli. Socio dell’A.N.D.I. Martedì e Giovedì dalle 13.30 alle 15.00 338.4698121 http://bit.ly/1kh4FtU
La deglutizione è il meccanismo di passaggio del bolo alimentare dalla cavità orale allo stomaco. Distinguiamo due tipi di deglutizione: quella infantile e quella dell età adulta. La caratteristica fondamentale della prima è la contrazione della muscolatura mimica (labbra, guance) e l'interposizione della lingua tra le arcate dentarie. In quella dell'adulto la punta della lingua è invece a contatto con la papilla retroincisiva superiore, ossia poggia sulla gengiva tra i due incisivi centrali superiori. Normalmente il passaggio alla deglutizione di tipo adulto (lingua che spinge in alto sul palato) avviene intorno al 5° - 6° anno di vita. Quando ciò non avviene si parla di deglutizione atipica. Dalla cattiva postura linguale della deglutizione atipica possono derivare una serie infinita di problemi: • di tipo ortodontico: denti storti, malocclusioni, spazi fra i denti • di tipo linguistico: difetti di pronuncia (dislalie) • di tipo estetico: bocca sempre aperta (respirazione orale), viso lungo e poco espressivo • di tipo posturale: iperlordosi, scoliosi, piedi piatti
• di tipo diffuso: tensione muscolare eccessiva, cefalee, acufeni, disfunzione tubarica, divergenza oculare, dolori all' Articolazione TemporoMandibolare (ATM). Per tutti questi motivi è conveniente dopo i 7 - 8 anni di età intervenire con la Terapia Miofunzionale per facilitare l'acquisizione della deglutizione corretta. Spesso il problema della deglutizione atipica si associa ad un’anomalia di tipo ortodontico, per cui sarà necessario intervenire su due fronti: quello ortodontico appunto, attraverso una terapia di tipo meccanico, e quello funzionale, al fine di rieducare e ristabilire la corretta postura linguale. Tra i dispositivi ortodontici potremo utilizzare in funzione dei singoli casi o apparecchi di tipo fisso oppure di tipo rimovibile. Per quanto riguarda la terapia miofunzionale e quindi la rieducazione della lingua, deve essere condotta da persone qualificate (logopedista). Non è altro che una 'ginnastica per la bocca': prevede esercizi di allenamento per tutta la muscolatura buccofacciale (muscoli della lingua, delle labbra, della masticazione) oltre che quelli per l'impostazione della corretta postura linguale a riposo e in deglutizione. Lavorando su dei muscoli è fondamentale la costanza: gli esercizi svolti in seduta devono essere ripetuti a casa quotidianamente per almeno 15-20 minuti. Il programma in sè però non deve spaventare: gli esercizi sono di semplice realizzazione e sono ben tollerati anche dai bambini più piccoli. Normalmente si prevede un breve periodo di sedute settimanali (2-3 mesi), dopodiché le sedute di controllo saranno sempre più distanziate (ad es. 1 mese, 3 mesi, 6 mesi, ecc.) per valutare l’eventuale recidiva dell’abitudine scorretta e in tal caso si interviene nuovamente con un altro protocollo di esercizi.
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#LOGOPEDISTA
L'ironia...
una cosa seria!!! Dott.ssa Mariarosaria D’Esposito Laureata in Logopedia presso l’Università Federico II di Napoli Giovedì e Sabato dalle 9.00 alle 13.00 338.3191494 http://bit.ly/1c9PCsk
Se, vedendoci arrivare baldanzosi con 2 ore di ritardo al nostro appuntamento, chi ci aspetta, ammesso che ancora ci sia, si complimentasse per la nostra puntualità, non impiegheremmo molto tempo a capire che il nostro interlocutore sta usando un linguaggio a noi ben noto: l'ironia. Capire l'ironia non è affatto semplice e richiede un lavoro di decodifica molto complesso e articolato. Innanzitutto è necessaria una precisa comprensione letterale del messaggio verbale; in seguito solo un'analisi più profonda e sofisticata consentirà di dedurre quanto celato tra le righe. Usare e comprendere un linguaggio ironico prevede quindi un processo sofisticato che l'adulto utilizza in maniera frequente negli scambi comunicativi quotidiani. Insospettabilmente si sviluppa nel bambino in epoca molto precoce: la ricerca ha dimostrato come già tra i 2 e i 7 anni il bambino riconosca nel discorso le incongruenze e le assurdità del significato letterale delle parole e le interpreti in chiave in “proto-ironica” in taluni casi, “protoumoristica” in altri. Dagli 8 anni in poi il piccolo è in grado non solo di decodificare il messaggio, oltrepassandone la letteralità, ma risulta ormai capace di utilizzare scherzi ed ironia come mezzo comunicativo efficace. L'ironia è parte della cosiddetta pragmatica, indispensabile ai fini comunicativi non meno delle competenze lessicali, morfo-sintattiche
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e fonologiche e gioca un ruolo fondamentale nei processi di apprendimento e di crescita. Rappresenta la capacità da parte del soggetto di riconoscere ed interpretare uno schema, anche se non immediato e a volte paradossale, ed è essenziale per comprendere appieno la realtà circostante. Favorisce la creatività e la memoria; veicola e consente una modalità di apprendimento più “leggera” (in senso calviniano) e immediata. Una specifica area del cervello interpreta e traduce il messaggio ironico. Un team di ricercatori del “Rambam Medical Center” di Haifa in Israele ha indagato le aree cerebrali “bersaglio” delle frecciatine verbali ed ha dimostrato come la cooperazione tra più distretti sia assolutamente indispensabile. Dopo essere stato analizzato e decodificato dalle diverse aree cerebrali deputate al linguaggio, il messaggio viene inviato alle aree prefrontali per una rilettura del contenuto in chiave ironica, sarcastica e fortemente aderente al contesto. Nei pazienti affetti da sindrome prefronate si riscontra un'ampia sintomatologia, fortemente variabile da soggetto a soggetto; tuttavia, in maniera costante si rilevano alterazioni legate alla reattività emotiva (aggressività, pseudo-euforia, appiattimento affettivo) e alla comprensione dell'ironia. La difficoltà a captare quest'aspetto più sottile e meno evidente del linguaggio rappresenta una costante in diversi quadri: si riscontra, ad esempio, con regolarità nei pazienti con disturbi dello spettro autistico. In particolare i soggetti affetti da Sindrome di Asperger, benché sviluppino un vocabolario pressoché È quindi un sintomo presente in svariate patologie. Tuttavia la poca creatività, la mancanza di fantasia e l'eccesso di concretezze possono uccidere, in tutti e sempre, l'ironia e soprattutto l'autoironia. Non prendiamoci troppo sul serio!!!
#AUDIOPROTESISTA
La Sound Therapy in supporto del paziente acufenico Dott.ssa Tea Maione Laureata in Tecniche Audioprotesiche Martedì dalle 9.00 alle 11.00 338.9648341 http://bit.ly/1gXjdO7
L'arricchimento sonoro, abbinato alla consulenza, è una tecnica ormai acquisita per la gestione dell'acufene. Il principio alla base dell'arricchimento sonoro è quello di fornire una stimolazione sonora che possa aiutare a distogliere l'attenzione del paziente dall'acufene ed evitare reazioni negative. Numerose filosofie di gestione dell'acufene ampiamente utilizzate comportano una qualche forma di arricchimento sonoro con amplificazione come primo passo per i pazienti che soffrono sia di acufene che di ipoacusia. La gamma di apparecchi acustici dotata di Tinnitus Balance comprende prodotti specifici per tre tecniche di gestione dell'acufene di uso frequente: la terapia di riabilitazione dell'acufene (TRT, Tinnitus Retraining Therapy), il mascheramento dell'acufene (Tinnitus Masking) e la gestione progressiva dell'acufene (PTM, Progressive Tinnitus Management). Il prodotto attorno al quale si sviluppa la gamma consente di creare soluzioni su misura per i clienti che soffrono di acufene e di ipoacusia, utilizzando le tre strategie per la gestione dell'acufene più diffuse al mondo. Il generatore di rumore Tinnitus Balance disponibile negli apparecchi acustici, fornisce un mezzo di arricchimento sonoro che può essere usato all'interno di un programma di gestione per dare un temporaneo sollievo dall'acufene. Il generatore di rumore deve essere applicato da un professionista qualificato del settore acustico (audioprotesista, audiologo, otorinolaringoiatra) esperto in diagnosi e gestione dell'acufene. La terapia di riabilitazione dell'acufene, è una modalità di terapia basata sull'assuefazione, studiata per aiutare le persone che soffrono di acufene. Nella TRT la consulenza viene
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abbinata a una tecnica di arricchimento sonoro come quella fornita da un generatore di rumore, per porre fine alle reazioni negative dei pazienti all'acufene. La Tinnitus Masking (mascheramento dell'acufene) impiega il suono a banda larga per dare una sensazione di sollievo dalla tensione o dallo stress provocati dall'acufene. II generatore di rumore e le sue caratteristiche possono essere regolate in modo da soddisfare le esigenze terapeutiche e di comfort di ogni singolo paziente. Le caratteristiche spettrali iniziali possono essere calcolate in base all'audiogramma del paziente oppure configurate come rumore bianco o rumore rosa. Il generatore di rumore può essere messo a disposizione in tutti i programmi automatici degli apparecchi acustici o anche nei programmi aggiuntivi; è destinato a pazienti adulti che soffrono di acufene e che necessitano anche di amplificazione. È da chiarire che in tali applicazioni è fondamentale controllare i livelli di esposizione al rumore, secondo le direttive internazionali in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, la massima potenza in uscita del generatore di rumore Tinnitus Balance può essere configurata a un livello che potrebbe portare ad ipoacusia permanente. Per configurazioni che superano gli 80 dB(A) SPL, pertanto il software di fitting utilizzato dallo specialista, indica il numero massimo consigliato di ore al giorno in cui il generatore di rumore deve essere indossato per rientrare nei limiti stabiliti dalle direttive sulla sicurezza. Il limite massimo è di 85 dB(A) SPL, che corrisponde a un tempo di esposizione giornaliero di 8 ore nei programmi in cui è configurato il funzionamento del generatore di rumore. Nel caso in cui il paziente possa aumentare il volume del generatore di rumore, l'apparecchio acustico garantisce che questo limite massimo non venga mai superato. Il generatore di rumore non deve mai essere usato a livelli eccessivi. Prima di cominciare a usare il generatore di rumore, è necessario che il paziente venga visitato da un medico specialista
otorinolaringoiatra qualificato nel settore, il quale dovrà verificare, se esistono, le seguenti condizioni: deformità congenita o traumatica visibile dell'orecchio; anamnesi di versamento di liquido dall’orecchio nei 90 giorni precedenti; ipoacusia improvvisa nei 90 giorni precedenti; vertigini acute o croniche; ipoacusia unilaterale di insorgenza improvvisa o recente nei 90 giorni precedenti; dolore o infiammazione all'orecchio. Sono condizioni che possono essere trattate sia dal punto di vista medico che farmacologicamente e che notoriamente possono essere causa di acufene; perciò devono essere esaminate prima di cominciare qualsiasi tipo di gestione dell'acufene. La Progressive Tinnitus Management, non altro che la semplice gestione progressiva dell’acufene, è una tecnica di gestione dell'acufene incentrata sul paziente, che si ispira alla filosofia di gestione dei pazienti affetti da acufene utilizzata presso la US Veterans Administration (Agenzia governativa statunitense che coordina gli aiuti ai veterani di guerra). Analogamente ad altre tecniche di arricchimento sonoro, anche questa impiega sia la terapia del suono che la consulenza, ma è flessibile riguardo ai tipi di suoni che possono essere utilizzati. I pazienti sviluppano un proprio programma di suoni che consiste in tre tipi, scelti per l'effetto emotivo specifico che hanno su di loro: Suoni calmanti producono una sensazione di
sollievo immediato dallo stress dell’acufene. I suoni in sottofondo contribuiscono a diminuire il contrasto fra l’acufene e l’ambiente acustico di fondo. I suoni particolari concentrano attivamente l'attenzione distogliendola dall’acufene. Al paziente, dunque, viene fornito un mezzo per gestire il proprio programma di suoni anche con applicazioni da smartphone, egli sceglie i suoni che hanno un effetto emotivo specifico su di lui, cosa che a sua volta contribuisce a gestire l’acufene. I suoni possono essere selezionati dalla biblioteca musicale personale dello smartphone del paziente o da un elenco di suoni predefiniti in dotazione con la app. Il paziente può dare una valutazione del livello di efficacia con cui ogni suono riesce ad avere l 'effetto emotivo desiderato; successivamente l'insieme delle valutazioni può essere analizzato insieme all'audioprotesista per ottimizzare il programma dei suoni. In questi specifici apparecchi acustici è disponibile un'opzione con timer da usare quando ci si addormenta. Per i suoni calmanti e particolari è utile un accessorio di streaming, da utilizzare con gli apparecchi acustici. Io quale audioprotesista esperto in diagnosi e gestione dell’acufene, trovo ormai da anni che l'uso della app mi sia molto d’aiuto ed estremamente utile nel programma di gestione dell’acufene che fornisco al paziente. Le piattaforme smartphone supportate sono la IOS 6 e l’Android.
#PSICOLOGA
Quando il gioco diventa patologico Dott.ssa Luisa Buonocore Laureata in Psicologia Clinica presso l’Università “La Sapienza di Roma”. Collabora con il Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale di Roma. Lunedì e Venerdì dalle 10.00 alle 13.00 333.4471904 http://bit.ly/1bFShtd
Si definiscono “giochi d’azzardo” quei giochi il cui risultato finale è determinato dal caso. Rientrano in questa categoria i giochi dei casinò, le scommesse sulle corse dei cavalli e dei cani, le lotterie, il lotto, i gratta e vinci, le scommesse sportive, il bingo e le slot-machine. Nella maggior parte dei casi, per le persone il gioco d’azzardo rappresenta un passatempo innocuo che non mette a repentaglio i loro bilanci economici, la loro vita sociale, lavorativa e familiare. Per una minoranza, invece, il gioco d’azzardo può sfociare in una vera e propria dipendenza comportamentale chiamata Gioco d’Azzardo Patologico (GAP). Questa condizione è ormai riconosciuta come un vero e proprio disturbo ed è caratterizzata da una incontrollabilità del comportamento di gioco e contemporaneamente dalla possibilità di generare gravi problemi familiari, lavorativi,
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sociali e finanziari. Molto spesso il (GAP) è associato all’uso di sostanze stupefacenti, all’abuso di alcol e alla presenza di patologie psichiatriche. Vediamo adesso gli elementi specifici che contraddistinguono il comportamento di gioco d’azzardo patologico: ♦ Il soggetto presenta forti preoccupazioni relative al gioco; ♦ Ha bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per ottenere l’eccitazione desiderata; ♦ Fa ripetuti sforzi per controllare o limitare le attività di gioco o per smettere di giocare; ♦ Gioca per sfuggire ai problemi, o per alleviare uno stato d’animo (ansia, depressione, sensazioni di impotenza, senso di colpa); ♦ Dopo aver perso denaro, spesso torna a giocare per “rifarsi”; ♦ Mente ai membri della propria famiglia per nascondere l’entità del coinvolgimento nel gioco d’azzardo; ♦ Commette reati, come falso, frode, furto o appropriazione indebita per finanziare il gioco d’azzardo; ♦ Compromette o perde una relazione importante, il lavoro, o delle opportunità di studio o di carriera, a causa del gioco; ♦ Conta su altre persone perché gli procurino il denaro necessario a sanare una situazione finanziaria che è diventata disperata a causa del gioco d’azzardo.
#PSICOLOGA
Il gioco d’azzardo può essere progressivo e può essere caratterizzato da 3 principali stadi (Serpelloni, 2013): Gioco d’azzardo informale e creativo: è un gioco saltuario, le principali motivazioni sono la socializzazione e la competizione e i costi per il soggetto sono contenuti. Gioco d’azzardo problematico: è da considerare un “comportamento volontario a rischio per la salute” dell’individuo (mentale, fisica e sociale), con necessità di diagnosi precoce ed intervento. Si ha un aumento della frequenza di gioco che inizia ad essere periodico, aumenta sia il tempo trascorso giocando che le spese dedicate al gioco. Gioco d’azzardo patologico: è una dipendenza patologica e, in quanto tale, necessita di diagnosi, cura e riabilitazione. Il gioco diventa quotidiano o intensivo, il desiderio di giocare è incontrollabile e ci sono spese elevate fino ad arrivare all’indebitamento.
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Non tutte le persone che giocano d’azzardo sviluppano una forma patologica di dipendenza. Alcuni individui sono più vulnerabili rispetto ad altri a sviluppare dipendenza. Innanzitutto,
Il Gioco d’Azzardo Patologico è una patologia prevenibile, curabile e guaribile che necessita di diagnosi precoce, cure specialistiche e supporti psicologici e sociali.
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il GAP è più comune negli uomini rispetto alle donne. Sono più a rischio i giovani o gli anziani. Significativa è anche la presenza di eventi luttuosi o di perdita, anche separazioni e divorzi. Altri fattori di rischio sono: esposizione al gioco d’azzardo in famiglia o nel gruppo dei pari, consumo di sostanze stupefacenti, abuso d’alcol, alta accessibilità al gioco d’azzardo nel territorio in cui si vive. Il percorso da gioco d’azzardo informale e creativo a gioco d’azzardo patologico può presentare alcuni sintomi che è utile riconoscere: ♦ Intensificazione degli accessi al gioco; ♦ Aumento delle spese; ♦ Bugie; ♦ Impoverimento del conto corrente; ♦ Modificazioni nelle abitudini alimentari e nella puntualità; ♦ Piccoli furti domestici; ♦ Cambiamenti dell’umore (irritabilità, ansia, depressione); ♦ Cambiamento amicizie o luoghi di frequentazione; ♦ Aumento dell’aggressività; ♦ Aumento del tempo dedicato al gioco; ♦ Fare debiti, Il GAP è una patologia prevenibile, curabile e guaribile che necessita di diagnosi precoce, cure specialistiche e supporti psicologici e sociali. Le terapie per il Gioco d’Azzardo patologico esistono. Tuttavia sono pochi i giocatori in difficoltà che richiedono un intervento specifico. Spesso il giocatore arriva a chiedere aiuto non perché è cosciente di essere ammalato e vuole smettere di giocare ma per risolvere i problemi che scaturiscono a seguito delle perdite economiche (problematiche familiari o legate all’indebitamento). Gli approcci di derivazione cognitivocomportamentale hanno dimostrato di essere efficaci nel gestire il desiderio di giocare e nel prevenire le ricadute. È molto importante, inoltre, tenere presente che coloro che soffrono per il gioco spesso presentano anche disturbi d’ansia, sentimenti depressivi e abuso di sostanze. La terapia, quindi, deve considerare anche questi aspetti come obiettivi del trattamento. Bibliografia: Serpelloni G. (2013). Gambling. Gioco d’azzardo problematico e patologico: inquadramento generale, meccanismi fisio-patologici, vulnerabilità, evidenze scientifiche per la prevenzione, cura e riabilitazione. Manuale per i Dipartimenti delle Dipendenze.
#FARMACISTA
Il servizio di noleggio di apparecchiature elettromedicali Dott. Giuseppe De Simone Laureato in Farmacia e Specializzato in Scienza e tecniche delle piante officinali presso l’Università Federico II di Napoli. 335.5302988 http://bit.ly/1ghBPqX
Numerose sono le apparrecciature elettromedicali che sono oggi disponibili in farmacia per il noleggio domiciliare, in collaborazione naturalmente con aziende specializzate nelle riabilitazioni. L'elettromedicale Kinitec consente la mobilizzazione passiva del ginocchio e dell'anca. Dotato di supporto mobile, permette di regolare la lunghezza di estensione, la flessione e la velocità di trazione. Dispositivo motorizzato studiato per il noleggio domiciliare in grado di far compiere alle articolazioni i normali movimenti, senza però che il paziente debba usare i propri muscoli. L'elettromedicale Kinetec per il ginocchio, trova impiego nella pratica clinica nell'immediato periodo post – operatorio e nella metodica riabilitativa noleggio domiciliare, che il paziente può svolgere nelle prime settimane direttamente a casa, anche in abbinamento con la chinesiterapia tradizionale. L'elettromedicale Pressoterapia è un efficace trattamento fisioterapico ed estetico per ripristinare la compressione venosa e linfatica aiutandone la circolazione locale riducendo gonfiore, la tensione muscolare, lo stress e il dolore. Gli speciali applicatori della pressoterapia dotati di varie sezioni sovrapposte forniscono un delicato massaggio che favorisce la naturale circolazione della linfa nel corpo, simile al drenaggio linfatico manuale effettuato dal fisioterapista. La Pressoterapia è utilizzabile da tutte le persone che presentano insufficienza venosa e linfatica, cellulite e che necessitano di effettuare la terapia direttamente a casa propria. L'elettromedicale Elettroterapia raggruppa una serie di procedure terapeutiche per produrre
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beneficio o per veicolare i medicamenti nella zona da trattare. Essa si suddivide in due gruppi: a) continue rappresentate da jonoforesi per veicolare il farmaco nella zona da trattare; b) pulsate ed alternate rappresentate da Tens (correnti antalgiche) Kotz e ecc. (correnti di stimolazione muscolare). L'elettroterapia viene usata per contrastare l'insorgenza del dolore e dell'atrofia muscolare, come coadiuvante della riabilitazione/rieducazione muscolare. Il noleggio privato garantisce la somministrazione della terapia per tempi prolungati nell'arco della stessa giornata con conseguente riduzione dei tempi di recupero. L'elettromedicale Magnetoterapia è una forma di fisioterapia strumentale che utilizza l'energia elettromagnetica. Indicata nei casi in cui è necessario stimolare la rigenerazione di tutti tessuti dopo eventi lesivi di varia natura. Promuove quindi un' accelerazione di tutti i fenomeni riparatori con azione biorigenerante, antinfiammatoria, antiedematosa, antalgica senza effetti collaterali. Può rivolgersi allo sportivo che ha bisogno di un recupero veloce dal trauma, come ad esempio l'anziano che deve curare patologie croniche come l'artrosi o l'osteoporosi. Il noleggio domiciliare garantisce la somministrazione della terapia per tempi prolungati nell'arco della stessa giornata con conseguente riduzione dei tempi di recupero e con maggiore probabilità di guarigione. L'elettromedicale Ultrasuonoterapia è utilizzata a scopo terapeutico per l'effetto biologico prodotto dagli ultrasuoni, onde sonore con frequenza superiore alla soglia uditiva. La penetrazione delle onde sonore attraverso i tessuti svolge un'azione meccanica (micromassaggio), termica e chimica con elevati effetti terapeutici in quanto accelera il processo di guarigione negli eventi traumatici e nelle problematiche croniche. Consente il raggiungimento di effetti quali: analgesico ed antinfiammatorio, decontratturante, fibronolitico e trofico (riassorbimento di ematomi). Info in farmacia.
#CARDIOLOGO
Quando le tonsille danneggiano il cuore Professor Dottor
Vittorio Fabbrocini Cardiologo e Internista, è stato Libero Docente presso l’Università di Napoli, Primario ospedaliero e poi Cardiologo ambulatoriale a Napoli. Giornalista pubblicista, già Redattore scientifico de "IL MATTINO" di Napoli 338.4086506 v.fabbrocini@alice.it http://bit.ly/1gCxr2Z
La tonsillite viene sempre con febbre e dolori alla gola
Nei nostri abituali articoli di interesse cardiologico cerchiamo di puntare su un identico obiettivo: quello di portare a conoscenza dei nostri lettori oltre che i notevoli progressi che la Medicina e per essa la Cardiologia ha fatto in tutto questo tempo, anche quelli che sono i problemi della vita quotidiana familiare per piccoli fastidi o episodi di malattie ricorrenti, che se non curati bene possono portare a conseguenze gravi, come complicanze a carico del cuore. Vogliamo descrivere questa volta quanto può accadere per dei banali e ricorrenti episodi di infiammazioni delle tonsille e delle complicanze che possono verificarsi se non curate in tempo. Naturalmente
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Si tratta di infezioni della gola subdole che possono causare una forma acuta di poliartrite reumatica e localizzazioni a carico del cuore oltre che malattie gravi in altri organi
lungi dal creare preoccupazioni alle persone, ma solo aprire gli occhi a tanti per una sana e necessaria prevenzione medica.
Le infezioni tonsillari Le tonsille sono dei piccoli organi ovoidali di tessuto linfatico localizzati ai lati della gola ed hanno un'azione prevalentemente difensiva, come tutti gli organi linfatici, per le infezioni che possono pervenire attraverso le prime vie respiratorie. La tonsillite è una infiammazione delle tonsille, causata da virus e batteri, soprattutto nei bambini, e può essere acuta, subacuta (con episodi infettivi acuti che si ripetono frequentemente) e cronica (le tonsille sono continuamente
#CARDIOLOGO
malate). L'agente responsabile batterico è prevalentemente lo Streptococco beta-emolitico del gruppo A. L'infezione acuta si manifesta con dolori alla gola, ingrossamento e arrossamento delle tonsille con la presenza talvolta di placche biancastre, febbre alta, ingrossamento delle ghiandole (linfonodi) del collo e difficoltà della degludizione. La forma subacuta presenta delle riacutizzazioni del processo infiammatorio nel tempo. La tonsillite cronica ha invece un quadro clinico molto attenuato con le tonsille talvolta ridotte di volume, ma con la presenza nelle loro cripte (che sono delle rientranze del tessuto tonsillare) di una sostanza grigiastra (caseum). Talvolta può dare delle blande riacutizzazione del processo con una febbricola e modesto dolore alla gola. Va anche ricordato che oltre alle infezioni batteriche si possono verificare anche delle infezioni da virus a carico delle tonsille.
Le complicanze La tonsillite cronica il più delle volte viene sottovalutata sia dalla persona che ne soffre, specie se bambino, che dai familiari, proprio per la scarsità delle sintomatologia. Invece è proprio questa forma che, proprio perchè è un focolaio permanente di infezione, può dare delle ripercussioni e complicanze morbose a carico di diversi organi: febbre reumatica, cuore (cardiopatie), reni (nefropatie), ascessi peritonsillari e febbricole persistenti. L'interessamento del cuore avviene a tappe, preceduto da manifestazioni dolorose reumatiche, impegnando successivamente varie articolazioni (poliartrite reumatica acuta). La Cardite, detta anche reumatica, è la terza tappa
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dell'intero processo a partenza tonsillare ed è caratterizzato da un interessamento delle tre tuniche di cui è fatto il cuore: endocardio, tunica muscolare e pericardio. Pertanto la sofferenza si manifesta sia con segni di interessamento di una o più valvole cardiache (valvulopatia) che di insufficienza miocardica del muscolo cardiaco (scompenso cardiaco). Su tutto il percorso clinico: tonsillite cronica, poliartrite reumatica ed infine l'interessamento del cuore molto si è studiato e scritto negli anni passati per interpretarne l'intero percorso. Una delle teorie più accreditate nel tempo è quella della risposta autoimmune dell'organismo, cioè della formazione di particolari Autoanticorpi, che sono Anticorpi che lo stesso individuo produrrebbe a seguito del focolaio infettivo localizzato nelle tonsille, non per difendersi da "aggressioni" infettive esterne, ma che andrebbero a danneggiare le proprie valvole ed il tessuto cardiaco.
Prevenzione e cura Da quanto è stato scritto in precedenza si può perciò dedurre che un processo infiammatorioinfettivo non può essere sottovalutato, ma per le gravi conseguenze che può determinare negli anni seguenti va affrontato bene e sin dall'inizio. Innanzitutto con una buona ed adeguata prevenzione. E la storia
nel campo della Medicina in tutti questi anni ci ha fatto registrare, grazie alle adeguate prevenzioni e cure, un notevole passo avanti nella riduzione in tutto il mondo dei casi di cardiopatie e valvulopatie reumatiche. I casi di malattie delle tonsille, sia acute che croniche, vanno affrontati adeguatamente con trattamenti antibiotici durante tutta la fase febbrile, ma anche in seguito controllando per anni periodicamente per le forme croniche le condizioni delle tonsille. E quando lo stato del focolaio infettivo tonsillare persiste nel tempo si dovrà anche decidere per l'asportazione delle stesse tonsille. Quando invece vi sono già dei segni di malattia reumatica in atto con localizzazione cardiache (soffio al cuore, ingrandimento della volumetria cardiaca ed alterazione elettrocardiografiche) dovrà essere il Cardiologo a decidere sul trattamento terapeutico da attuare. Oggi per fortuna il vecchio farmaco a base di Acido acetilsalicilico ed i nuovi cortisonici insieme agli antibiotici (Penicillina e nuove molecole) riescono a fermare il progredire di queste subdole complicanze.
#PEDIATRA
C’è da avere paura dei vaccini?
Dottor
Carlo Alfaro http://bit.ly/1dzh7MF
Ha destato turbamento e paura nei genitori italiani la notizia che la procura di Trani ha avviato un'indagine contro ignoti per 'lesioni colpose gravissime', al fine di accertare se vi sia un nesso di causalità tra la somministrazione del vaccino trivalente contro morbillo, parotite e rosolia e l'insorgenza di autismo e diabete mellito. Il fascicolo è stato avviato dopo la denuncia dei genitori di due bambini di Trani a cui è stata diagnosticata una 'sindrome autistica ad insorgenza post-vaccinale'. Su questa questione l’Istituto Superiore di Sanità è intervenuto con una nota che non lascia spazio ai dubbi: “La presenza di una possibile associazione causale tra vaccinazioni e autismo è stata estensivamente studiata e non è stata evidenziata mai alcuna correlazione”. Anche l’ultima ricerca pubblicata dai Centers for disease control di Atlanta (Usa) nel marzo 2013 sul Journal of Pediatrics conferma tale conclusione, in linea con tutte le numerose evidenze scientifiche disponibili in materia. L'Organizzazione mondiale della sanità ha per l’appunto recentemente precisato, attraverso un vademecum pubblicato sul suo sito internet, che
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non esiste alcun legame tra vaccini e disordini dello spettro autistico. L’ipotesi che la vaccinazione antimorbilloparotite e rosolia potesse essere associata ad autismo fu sollevata da uno studio inglese pubblicato nel 1998 su The Lancet. La tesi è stata successivamente valutata da numerosi studi condotti sia in Europa che negli Usa, ma nessuno di questi ha trovato alcuna relazione causale. Gli stessi autori dello studio inglese hanno successivamente rivisto le loro conclusioni e nel 2010 la rivista The Lancet ha formalmente ritirato tale articolo. Oltretutto è stato riportato che, oltre ai difetti epidemiologici di questo studio, numerosi fatti circa la storia anamnestica dei pazienti furono falsificati dall’autore Andrew Wakefield (radiato infatti dall’Ordine dei medici per il suo comportamento scorretto: operò 'una frode deliberata'). Sul caso della decisione di indagine della procura di Trani è intervenuto il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: "Se le società pediatriche e altri organi scientifici continuano a dire che smettere di vaccinare i bambini può causare pericoli, dobbiamo preservare la sicurezza dei bambini. Purtroppo alcune procure fanno delle sentenze che vanno contro l'evidenza scientifica, mentre sui temi della salute dobbiamo attenerci solo alle deliberazioni degli esperti”. Le società pediatriche ricordano che la vaccinazione antimorbillo ha consentito di "evitare nel mondo negli ultimi 12 anni oltre 13 milioni di morti, in netta maggioranza bambini, grazie a circa 1 miliardo di dosi praticate, con una riduzione dei decessi del 78%". Eventi come questo dell’indagine della procura di Trani rinfocolano il fronte dei nemici dei vaccini, che sono fuori dal mondo delle conoscenze scientifiche, come il Movimento 5 stelle, che ha proposto di far scegliere ai genitori se somministrare o meno i vaccini, dato che “ormai non ci sarebbe più necessità di tutelarsi dalle malattie infettive per le quali si eseguono i vaccini, che sono o scomparse o tenute sotto controllo”.
Quanta presunzione e ignoranza! Inoltre i grillini, a sostegno delle loro tesi, cavalcano l’onda della paura atavica degli effetti collaterali dei farmaci, sostenendo che i vaccini sarebbero pericolosi per la presenza di sostanze tossiche come mercurio e alluminio (mentre invece le formulazioni attuali sono molto purificate). Per la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale, sarebbe un rischio potenzialmente grave per la salute dei nostri bambini e adolescenti sospendere l’obbligatorietà dei vaccini, perchè provocherebbe una riduzione delle coperture vaccinali, col venir meno della cosiddetta “immunità di gregge”, che protegge dalla malattia anche chi non è vaccinato, riducendo la circolazione degli agenti infettivi nella popolazione. Chi contrasta l’opportunità delle vaccinazioni nell’infanzia dimentica o ignora che le vaccinazioni ci hanno liberato da malattie molto gravi come la poliomielite, la difterite o il vaiolo, e hanno drasticamente ridotto la mortalità per altre malattie infettive, realmente cambiando l’incidenza e le conseguenze delle epidemie, e quindi la storia dell'umanità stessa. I vaccini sono una delle maggiori conquiste della medicina, rappresentando la maggiore scoperta di salute pubblica dopo l'acqua potabile.
I vaccini salvano attualmente secondo le stime 3 milioni di vite l’anno, e se venissero utilizzate tutte le vaccinazioni oggi disponibili, se ne potrebbe salvare un altro milione e mezzo. Ancora oggi, secondo le stime, muoiono 330 bambini ogni giorno, cioè 14 ogni ora e una persona ogni 20 secondi, per causa prevenibile da vaccino. L’Unicef ammonisce che un bambino su cinque nel mondo non riceve i vaccini salvavita, soprattutto nei Paesi poveri. I vaccini, che sono tra gli interventi sanitari più sicuri ed utili, ma, come tutti gli atti medici, non completamente esenti dal rischio di eventi avversi. Tuttavia, scegliendo di non fare i vaccini ai bambini, li esporemmo a rischi molto maggiori del rischio correlato agli effetti collaterali delle vaccinazioni. Quando confrontiamo i rischi della vaccinazione con i pericoli delle malattie, i vaccini sono la scelta di gran lunga più sicura. I vaccini proteggono da un pericolo reale e grave che sono le malattie infettive. Vaccinare significa somministrare all’individuo il fattore che provoca la malattia in una forma tale da indurre la risposta immune che lo proteggerà dall’infezione naturale, ma senza sviluppare i sintomi e le complicazioni. Sarebbe stupido rinunciare a questa opportunità.
#CHINESIOLOGO
Migliora la qualità della vita con la Chinesiterapia Dott. Ireneo Nefando Chinesiologo - Specilizzato in Ginnastica Posturale - Taping Elastico STUDIO IR.VE. 338.1108883 nefandoireneo@hotmail.it
La chinesiterapia ossia la terapia attraverso il movimento s’inserisce in un quadro terapeutico globale e svolge un’attività complementare e sinergica. Risulta necessario individuare e personalizzare una corretta rieducazione motoria e posturale che parta dall’analisi degli effetti (es. mal di schiena) per ricercarne le cause attraverso l’applicazione di precisi principi e metodi d’intervento. Il corpo registra ogni evento, trauma, incidente o anche problema emotivo, memorizzandolo nei muscoli, quindi nelle catene cinetiche o di movimento e nei neuroni. Ognuno di tali eventi causerà inevitabilmente problemi, dolori o alterazioni posturali o funzionali anche ben lontane nel tempo e dalla causa scatenante.
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Quindi non può esserci buona postura in presenza di patologie o disarmonie a carico dell’apparato osteomuscolare, una postura alterata genera inevitabilmente funzioni alterate e compromesse, che al loro volta provocheranno alterazioni posturali. Da ciò ne consegue che una postura corretta e bilanciata è l’espressione di un buon equilibrio muscolare e articolare. Migliorare la funzionalità vertebrale e la postura attraverso un lavoro educativo basato sul movimento rappresentano, quindi, gli obiettivi da perseguire. È riconosciuto dalla letteratura internazionale che l’esercizio fisico, svolto sistematicamente, favorisce un sano e armonico sviluppo dell’uomo, dalla nascita alla senescenza. Sebbene questa sia una consapevolezza diffusa, sono tuttavia riscontrabili nella popolazione numerose patologie sia a carattere metabolico che muscolo-scheletrico. La ginnastica correttiva e posturale mira a ristabilire, attraverso un programma rieducativo personalizzato, i corretti assetti corporei, equilibrando forme e relative funzioni. In quest’ottica la ginnastica, intesa come movimento mirato, non dovrebbe solo essere considerata quando sono già in atto patologie, forti tensioni o dolori, ma anche come prevenzione primaria ovvero quando non sono intervenute alterazioni strutturali o algie. Si consiglia a tale scopo di effettuare periodicamente un’analisi posturale e delle sedute di ginnastica soprattutto in età adolescenziale ma anche nelle decadi successive. Risulta evidente come un’oculata educazione e rieducazione motoria incide favorevolmente oltre che sul complesso muscolare e articolare, anche sull’apparato respiratorio, cardiovascolare, sul sistema nervoso e sul comportamento, sulla propria autostima e sui rapporti interpersonali.
#PSICOPEDAGOGISTA
Cosa fa la paura nella nostra vita Dott.ssa Bianca Pane Laureata in Filosofia e Psicopedagogia presso l’Università di Napoli Federico II, specializzata in Gestalt Counseling Bioenergetica e Terapie Olistiche 393.9315564 http://bit.ly/1bb6qS4
Gli effetti della paura possono coinvolgere tutti gli aspetti della nostra vita, ostacolandoli fino a paralizzarli e atrofizzarli. Ricordiamoci però che circoscrivere il problema lo rende evidente, l’evidenza lo rende risolvibile. Ovviamente dobbiamo cambiare. In questo articolo non tratterò delle ben note ‘fobie’, che ci vedono terrorizzati per i motivi più diversi, dalla paura degli spazi aperti a quella degli spazi chiusi, dall’aracnofobia alla paura dei rettili e così via, in una creatività notevole e perversa. La prima cosa da fare è riconoscere la forza che si oppone a qualunque cambiamento, che congela ogni volontà. Poi dobbiamo liberarci da questo vincolo che ci paralizza. Ma prima dobbiamo conoscerlo. E ci accorgeremo che sentire la paura è molto più proficuo che negarla, ci permette infatti di affrontare la vera causa, e di risolverla.
La paura di essere se stessi Temere il giudizio degli altri Finchè siamo bambini, semplicemente ‘siamo’. Abbiamo fame e chiediamo cibo; siamo addolorati e piangiamo; abbiamo paura e ci nascondiamo tra le braccia di chi ci protegge. Poi, a un certo punto della nostra evoluzione, tutta questa spontaneità diventa ingombrante, non va più bene: la mente, con le regole che ha imparato, prende il sopravvento, e l’avere ‘tutto sotto controllo’ diventa una necessità. Cediamo al miraggio di nascondere le nostre emozioni, canalizzando la vita in rigidi binari per renderla prevedibile e statica, a nostro uso e consumo. Si tratta, appunto, solo di un’illusione. La cultura dominante non aiuta, quante
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volte infatti abbiamo ceduto a ricatti d’amore del tipo:’ Se fai questo allora sì che ti amerò’, oppure:’ Se vai con quella persona non sei più nel cuore della tua mamma’, ricatti che ci fanno rinunciare a noi stessi per non perdere l’amore. E’ molto difficile, quando siamo molto giovani, comprendere veramente chi siamo e, soprattutto, vivere fuori dal branco, essere diversi. La maggior parte degli adolescenti ha come unico scopo quello di ‘confondersi’ con gli altri e, in questo modo, sentirsi al sicuro; ed è un atteggiamento diffuso anche tra gli adulti. Siamo pronti a sacrificare la nostra verità per omologarci al sentire comune; diamo retta soltanto alla nostra mente, che ci propone quello che ha imparato, e ci troviamo a confondere quello che ‘sappiamo’ con quello che realmente ‘siamo’. Così, un giorno, ci accorgiamo di esserci persi quello che ci distingueva, per diventare un pallido simulacro che vagamente ci ricorda. Abbiamo rinunciato a manifestare la nostra stupenda libertà di essere unici, che è diventata qualcosa di scomodo, da evitare accuratamente. Il risultato è che ci siamo equiparati e livellati a tutti gli altri, e quindi non siamo nessuno. Perché rinunciamo a ciò che ci rende originali e irripetibili? Semplicemente perché la paura di essere noi stessi ci ha indotti a credere che la nostra modalità di essere non fosse ‘adeguata’, che ‘non andassimo bene’ così come eravamo. Invece di ascoltare i nostri talenti, abbiamo accettato i giudizi e la critica che ci venivano dall’esterno, modificandoci. Per essere come qualcun’altro ci voleva, abbiamo abdicato alla nostra essenza, ci siamo allineati ai modelli sociali e culturali, abbiamo permesso che i desideri di chi ci circonda ci plasmassero. Se fossimo come siamo non saremmo amati e riconosciuti, questa è la paura più forte.
Il terrore di non farcela o di non essere abbastanza Questa paura nasce da un giudizio. Quando siamo in equilibrio, a livello della personalità, non abbiamo paura di essere noi stessi né, tantomeno, temiamo di perdere l’amore degli
#PSICOPEDAGOGISTA altri essendo ciò che siamo. Agiamo rispettando la nostra essenza e, in ogni scelta che facciamo, ci confermiamo liberi di seguire la nostra strada, senza pregiudizi o censure. Questo ci conferisce un potere personale: il potere di essere noi stessi. Che non vuol dire avere dominio o controllo sugli altri. Accettiamo i nostri punti di forza e potenziamo quelli di debolezza, e questo ci fa crescere. Perché dunque dovremmo essere diversi? Cosa ci spinge a porci dei traguardi che non ci competono? La risposta è sempre la stessa: il timore che, non facendolo, gli altri smetterebbero di amarci. Se diamo uno sguardo alla nostra vita, ci accorgiamo che abbiamo sempre cercato l’approvazione di chi ci stava a cuore, dai genitori al partner, e non solo: vogliamo il riconoscimento dei superiori, perfino dei nemici.. Ecco come nasce la paura di non farcela, di non essere conformi agli standard fissati dagli altri e idonei alle sfide che ci sentiamo di dover affrontare tutti i giorni. A volte lo sgomento ci fa galoppare in direzioni sbagliate per noi; così, oltre all’ansia di non raggiungere ciò che ci siamo prefissi, emettiamo verso di noi il verdetto di ‘colpevole’ di incapacità. La paura non ci fa essere ciò che siamo: ci sentiamo ‘inferiori’ ad uno standard ideale, che per sua natura è irragiungibile, e arranchiamo tutta la vita. Ci troviamo ad aver paura di decidere, di fare, anche solo di sperare. Quando sposiamo questo modo di essere, ci snaturiamo e ‘fingiamo’ sempre, per dare ad intendere di essere qualcosa che non siamo, come il fatto di non provare sentimenti o emozioni o di non soffrire in certe situazioni. Tutto questo si realizza solo grazie all’uso smodato dell’ipercontrollo, il guardiano inflessibile e spietato di ogni moto dell’anima. Perdiamo tutti gli aspetti creativi e vitali della nostra irripetibile personalità e la libertà di essere ciò che siamo diventa qualcosa da evitare accuratamente come una devianza pericolosa. Per interrompere il ciclo della paura di essere noi stessi e dell’autosvalutazione che la genera, occorre accettare la nostra essenza peculiare e la magnifica unicità che ci contraddistingue. Se noi, per primi, non siamo in grado di amare quello che siamo, come possiamo pensare che lo facciano gli altri? E’ come immaginare di tenere acceso un fuoco senza alimentarlo con la legna, prima o poi si spegne. Se non siamo liberi di essere ciò che siamo, prima o poi ci smorziamo.
La paura di essere invasi C’è un’altra paura molto radicata, ed è l’idea che una relazione vera e profonda possa, in
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qualche modo, farci perdere la nostra libertà. Questa paura scatta con grande frequenza nelle relazioni fra partner, ma è un meccanismo difensivo che può innescarsi anche in altri rapporti affettivi importanti. Quando il legame è profondo, ci chiede di mostrarci per quello che siamo e questa situazione, che presuppone fiducia e apertura, può essere vissuta con angoscia, in quanto ci lascia il fianco scoperto, rendendoci potenzialmente deboli e vulnerabili. Io la definisco la ‘paura di essere invasi’. Se abbiamo questa paura, quando qualcuno ci si avvicina, noi decidiamo che il suo avvicinarsi è una vera e propria usurpazione del nostro spazio personale, un attacco a ciò che abbiamo di più sacro. Da dove trae origine la decisione che essere intimi in qualche modo ci faccia perdere noi stessi? Uno scenario potrebbe essere questo. Immaginiamo che un ragazzo sia cresciuto con una madre asfissiante, iperprotettiva e magari con una forte energia manipolatoria. Dal rapporto potrebbe aver dedotto che l’amore ‘fa male’e, se lo lasci avvicinare troppo, brucia. Le sue relazioni successive saranno caratterizzate dalla tendenza a tenere gli altri a distanza… La persona a cui si accompagnerà dovrà mantenere una distanza di sicurezza, mentre lui condurrà incredibili equilibrismi tra il bisogno di essere amato e la paura di perdersi. Quando poi qualcuno, in nome dell’amore, supererà la linea che lui ha imposto, la paura lo farà reagire con una rabbia profonda e distruttiva, che rivolgerà verso chi ha osato tanto, ma anche verso se stesso, che non è stato sufficientemente accorto e ha abbassato la guardia. In effetti una relazione affettiva si può definire come il progressivo avvicinamento e superamento della paura di invadere lo spazio personale altrui e, di contro, il timore di essere invasi. Molto spesso, però, nelle relazioni, le reciproche sensibilità non vengono espresse né rispettate, né lo sono i tempi di ciascuno. E quando ci invadono, reagiamo con stress, irritazione o aggressività, oppure mettiamo in atto la risposta della fuga. Non tutti mantengono le stesse ‘distanze di sicurezza’, non tutti hanno la medesima ‘soglia limite’ oltre la quale fermare gli altri. Chi ha paura di essere invaso, ha paura dell’amore, ma è una percezione errata. Nessuno può toglierci la nostra libertà, a meno che non siamo noi stessi a consegnarci a un altro. Se non abbiamo paura di essere chi siamo, se occupiamo il nostro spazio nel mondo con la consapevolezza e l’amore per noi stessi, non c’è nulla che ci possa ledere. Vivere una relazione d’amore non significa quindi perdere il senso di quello che siamo, ma condividere e crescere.
#OSTETRICA
Prevenzione per il Carcinoma del collo dell’utero:
PAP-TEST Dott.ssa Tiziana Giglio Ostetrica Lunedì e Giovedì dalle 18.00 alle 20.00 347.4526208 http://bit.ly/1ilk6vZ
Il test di Papanicolaou o Pap test è un esame citologico che indaga le alterazioni delle cellule del collo e della cervice dell'utero. Il suo nome deriva dal medico greco-americano Georgios Papanicolaou (1883-1962), il padre della citopatologia, che sviluppò questo test per la diagnosi rapida dei tumori del collo dell'utero. Da allora il Pap test è rimasto pressoché invariato, e solo in anni recenti è stato aggiornato con lo sviluppo della citologia in fase liquida. Fu avviato per la prima volta in Italia da un medico napoletano, il Prof. Mario Tortora, suo allievo sin dal 1953. Il Pap test è un test di screening, la cui funzione principale è quella di individuare nella popolazione femminile donne a rischio di sviluppare un cancro del collo uterino. Inoltre il Pap test può dare utili indicazioni sull'equilibrio ormonale della donna e permettere il riconoscimento di infezioni batteriche, virali o micotiche. Per l'esecuzione del Pap test viene prelevata una piccola quantità di cellule del collo dell'utero con la spatola di Ayre e un tampone cervicale. La spatola ha una forma complementare all'anatomia della cervice e una volta inserita è in grado di prelevare cellule dall'esocervice grazie a una rotazione di 360°;
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il tampone invece, del tutto simile a quelli usati per la faringe, preleva esattamente le cellule dall'endocervice penetrando nell'orifizio uterino esterno. Nel pap test convenzionale le cellule vengono quindi strisciate su un vetrino per l'esame di laboratorio. Nel pap test in fase liquida una macchina provvede ad allestire un preparato a "strato sottile". Indipendentemente dal tipo di allestimento, le cellule vengono quindi colorate secondo il metodo di Papanicolau ed esaminate al microscopio da un citologo o patologo che provvederà a stilare un referto. Le diverse risposte riflettono diverse probabilità di sviluppare o già presentare un tumore del collo dell'utero. In generale, in caso di test "non negativo" è indicato un approfondimento diagnostico (colposcopia ed eventualmente biopsia) o una ripetizione a breve scadenza del test, eventualmente associata a tecniche biomolecolari come la tipizzazione HPV. In altri casi una ripetizione dell'esame è dovuta semplicemente ad una insufficiente quantità delle cellule prelevate o ad un'infiammazione che può impedire la corretta interpretazione dell'esame. Il prelievo dev'essere effettuato lontano da rapporti sessuali, dalle mestruazioni, dall'impiego di irrigatori vaginali, ovuli o candelette. L'esame può essere effettuato anche durante la gravidanza. In base alle linee guida europee e della Commissione Oncologica Nazionale, nella fascia di età compresa tra 25 e 65 anni sarebbe opportuno effettuare il test almeno ogni tre anni.
Pap test e prospettive future Nel prossimo futuro, il ruolo del pap test nella prevenzione dei tumori del collo uterino è sicuramente destinato a cambiare. La scoperta che la maggior parte dei tumori del collo uterino sono dovuti al virus del papilloma umano (HPV) ha portato allo sviluppo di tecniche diagnostiche biomolecolari caratterizzate da una sensibilità elevata (superiore al 95%) che ne ha fatto prospettare l'utilizzazione come metodica di screening. L'infezione da HPV è largamente diffusa, ed è evidenziabile anche in molte donne in cui tuttavia lo HPV è solo transitorio e non è destinato a causare lo sviluppo di un tumore. Particolarmente promettente appare la prospettiva del vaccino transgenico per l'HPV, già presente sul mercato, e che in Italia viene distribuito gratuitamente alle ragazze nel 12º anno di età (a partire dal gennaio 2008). Negli studi fino ad adesso condotti, il vaccino HPV ha già dimostrato di essere efficace nel prevenire lo sviluppo di tumori del collo uterino. Allo stato attuale i vaccini HPV sono tuttavia rivolti solo ai tipi di virus oncogenico più frequentemente causa di tumore (HPV 16 e 18) che da soli sono responsabili di circa 70% dei cancri del collo dell'utero. Non sono ancora
inclusi altri tipi di HPV a potenziale oncogenico alto o intermedio, responsabili del 30% restante dei tumori, il cui comportamento biologico a seguito dell'introduzione del vaccino non può ancora essere previsto. È inoltre ancora da chiarire la durata dell'immunizzazione garantita dagli attuali vaccini che comunque, è stata dimostrata essere di almeno 4 anni e mezzo (ottobre 2006). Infine, anche considerando le possibili strategie di vaccinazione su larga scala (ad es. vaccinazione di tutte le adolescenti ed eventualmente di tutte le donne in età fertile senza infezione HPV in atto), le esperienze già fatte con vaccinazioni di massa lasciano pensare che una effettiva riduzione dell'incidenza dei tumori del collo uterino non sia prevedibile prima di molti anni. Fino a quando l'efficacia e la durata nel tempo del vaccino non sarà dimostrata anche al di fuori degli studi e non sarà stato introdotto su larga scala un vaccino per tutti i tipi oncogenici di HPV, è comunque necessario che anche le donne vaccinate continuino a sottoporsi allo screening con il Pap-test. Si effettua con tre somministrazioni intramuscolo a 0,2,6 mesi. Dal 2008 gratuito nelle strutture pubbliche a bambine sotto i 12 anni.
#CHIROPRATICA
Dolore al Bacino
Borsite Dott.ssa Barbara Martino
Laureata in chiropratica all’AngloEuropean College of Chiropractic in Bournemouth (Inghilterra), membro dell’A.I.C. Tutti i giorni dalle 12.00 alle 16.00 349.1381175 http://bit.ly/1ddlb6M
In molte aree del corpo, muscoli e tendini devono scorrere uno contro l'altro durante il movimento. In ognuno di questi luoghi, una piccola sacca di fluido lubrificante aiuta i muscoli e i tendini a muoversi correttamente. Di solito queste sacche di liquido, dette borse, hanno il compito di ridurre l'attrito, ma se infiammate (borsite) causano dolore.
attorno ad un numero indefinito di assi con un centro comune. In questo modo l'osso è libero di muoversi in quasi tutte le direzioni. Nella parte esterna dell’estremità superiore del femore è presente una prominenza chiamata il grande trocantere. Questo è il punto in cui buona parte dei muscoli che muovono l’anca si connette al femore. Durante il movimento dell’articolazione, l’attrito dei tendini di questi muscoli con il femore è attenuato da una borsa chiamata borsa trocanterica. Quando questo cuscinetto anatomico s’infiamma, crea la cosiddetta borsite trocanterica.
Tipi di borsite che si possono presentare nel bacino In realtà, ci sono 18 borse intorno all'articolazione dell'anca. Di queste, tre sono quelle più comunemente colpite da borsite: ♦ Borsite Trocanterica ♦ Borsite Iliopsoas/illieopettinea ♦ Borsite Ischiatica Dato la complessità e l’anatomia diversa delle aeree del bacino colpite da queste tipologie di borsite, quest’argomento sarà diviso in tre articoli. In questo mese parleremo della borsite trocanterica.
Borsite trocanterica Anatomia. L'articolazione dell'anca è denominata “ball-and-socket or spheroidal joint”, poiché la superficie a forma di sfera della testa del femore (ball) s’inserisce nell’acetabolo che rappresenta la depressione a forma di tazza del bacino (socket). L'osso del femore è capace di movimento
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Cause della borsite trocanterica Le cause della borsite possono essere varie. Tra queste ricordiamo: Usura. La borsite è spesso causata dalla ripetizione degli stessi movimenti per lungo tempo. Ecco perché attività come la corsa, andare in bicicletta, camminare a piedi in salita, saltare e danzare sono spesso associate con la borsite. Pressione. Altra causa di borsite può essere generata dalla pressione costante sui fianchi,
#CHIROPRATICA
come stare troppo tempo e per lunghi periodi seduti, in piedi o sdraiati lateralmente su superfici dure. Trauma. Un colpo diretto nel fianco, come una caduta su una superficie dura o un incidente d'auto, può originare una borsite. Interventi chirurgici. La borsa può anche essere irritata durante interventi chirurgici dell'anca (ad esempio sostituzione dell'anca o artroplastica) anche a distanza di tempo. Strutture anatomiche. Le condizioni delle strutture anatomiche elencate di seguito possono, inoltre, contribuire allo sviluppo della borsite: • Instabilità muscolare e dei legamenti del bacino • Rigidità muscolare o indebolimento dei muscoli posteriori della coscia e glutei • Problemi di biomeccanica causate da un’andatura scorretta o problemi ai Piedi, alle caviglie e alle ginocchia. • Differenza nella lunghezza delle gambe Patologie sistemiche • Artrite Reumatoide • Osteoartrite a causa della diminuzione degli spazi articolari tra il femore e l’acetabolo con possibile formazione di osteofiti.
Sintomi La borsite trocanterica è più comune nelle donne e nei pazienti anziani. Può anche insorgere in giovani molto attivi o che praticano sport quali il trekking, la corsa o il ciclismo. Il dolore è concentrato sulla parte laterale dell'articolazione dell'anca e si estende lungo l'esterno della gamba verso il ginocchio. Questo può essere intenso e può alterare l'andatura. Una pressione locale sul trocantere aumenta il dolore e spesso la zona laterale del bacino può presentarsi rossa e gonfia. Inoltre, intorno alla zona interessata è possibile avvertire intorpidimento o formicolio a causa della compressione dei nervi adiacenti per mezzo della borsa infiammata. Rigidità può svilupparsi intorno all'articolazione dell'anca e i movimenti che più comunemente creano sofferenza sono: sdraiarsi sul lato dolorante sopratutto durante la notte, alzarsi da una sedia o salire le scale.
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Diagnosi La borsite trocanterica è di solito identificata sulla base dei sintomi e da un esame fisico effettuato dal medico. L’analisi diagnostica comprende la palpazione della zona dolorosa dell’anca e delle gambe e l’effettuazione di test ortopedici specifici. L’analisi strumentale avviene attraverso l’ecografia poiché la borsite trocanterica è un'infiammazione dei tessuti molli (borsa e tendini). Questa, infatti, permette di riconoscere il versamento liquido all'interno della borsa trocanterica, l'edema circostante e le possibili micro calcificazioni all'inserzione dei tendini (entesite calcifica). Inoltre, una radiografia può essere utile a escludere la presenza di artrosi e speroni ossei che possono causare l’infiammazione.
Trattamento La borsite trocanterica è curata con successo attraverso l’utilizzo di aggiustamenti chiropratici che contribuiscono a ripristinare la normale biomeccanica del bacino alleviando la pressione, spesso, eccessiva esercitata sulla borsa e sui tendini. Gli aggiustamenti chiropratici possono: • alleviare il dolore • diminuire l’infiammazione • prevenire l’aggravarsi della condizione patologica esistente • promuovere una veloce guarigione naturale • lavorare sulla causa principale della condizione che ha portato la borsite • riallineare l’equilibrio strutturale complessivo del corpo • migliorare la biomeccanica della colonna vertebrale, delle articolazioni, delle ossa, dei muscoli e degli altri tessuti connettivi e molli • ripristinare la funzione del sistema nervoso centrale • ridurre il rischio di lesioni future o del riverificarsi di borsite e di tendinite. Oltre agli aggiustamenti chiropratici per gestire efficacemente questo tipo di patologia possono essere usate altre modalità terapeutiche come: Crioterapia; Trigger point therapy; Stripping massage; Kinesio taping; Stretching ed esercizi muscolari per contribuire a ripristinare la gamma completa di movimento dell'anca, alleviare tensioni muscolari e rinforzare i muscoli del bacino e delle gambe.
#NEUROPSICOMOTRICISTA
Disturbo oppositivo provocatorio Dott.ssa Daniela Caiafa Laureata in Neuropsicomotricità dell’età evolutiva, presso l’Università di Napoli - Federico II Lunedì e Sabato dalle 9.00 alle 13.00 347.5477785 http://bit.ly/1bjyYJp
A. ogni volta che gli si pone una domanda risponde in modo aggressivo, si rifiuta di svolgere le consegne, fa capricci, ha sempre un atteggiamento di sfida…. Quando si discute con i genitori dei comportamenti problematici del bambino, questi lo giustificano e ridono quasi soddisfatti di come il figlio tenga testa all’adulto….
Il Disturbo Oppositivo-Provocatorio (DOP) è un disturbo del comportamento, riguarda il modo in cui il bambino agisce, il suo modo di relazionarsi con gli altri. ll bambino con il DOP ha difficoltà ad interagire con gli altri, in particolar modo con gli adulti, ma anche con i coetanei. La sua tendenza è quella di sfidare i genitori o gli altri adulti che se ne occupano, spesso istigando e cercando il modo di generare irritazione. Non ama seguire le regole e rispettare le richieste che gli vengono fatte opponendosi verbalmente e con le azioni. Si innervosisce facilmente, è permaloso e si arrabbia di
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frequente anche per futili motivi, per arrivare spesso a litigare. Di fronte al rifiuto e al non accoglimento delle sue richieste, si mostra irritato e capriccioso, sbatte i piedi e piange, si rifiuta di accettare la decisione dell'adulto. Il bambino con DOP è spesso rancoroso e cerca di vendicarsi dei torti che crede di aver subito poiché ha spesso un atteggiamento vittimistico e pessimistico e la tendenza ad incolpare gli altri per i suoi errori e comportamenti sbagliati. Per fare una diagnosi di disturbo oppositivo-provocatorio è necessario che il modo di comportarsi che abbiamo descritto sia presente negli ultimi sei mesi con una frequenza superiore a quanto ci si aspetti da un bambino della stessa età e grado di sviluppo e che tali comportamenti creino disagi e difficoltà in ambito familiare, scolastico o sociale. Il disturbo oppositivo-provocatorio è riscontrabile in circa il 5-10% dei bambini in età compresa tra i 6 e i 12 anni e con maggior frequenza nei maschi che nelle femmine. È il risultato di una combinazione tra fattori individuali (temperamento, fattori biologici, distorsioni ed errori cognitivi) e fattori contestuali (stile educativo, caratteristiche familiari).
Fattori individuali A livello temperamentale è possibile che si verifichi un' inadeguata interazione tra il temperamento del bambino e il temperamento del genitore. Per esempio, l'eccessiva rigidità del genitore rispetto alle regole e alla disciplina, al "modo in cui si fanno le cose”, potrebbe cozzare con l'eventuale curiosità e la voglia del bambino di sperimentare e di esplorare, con la sua necessità di trovare sempre nuovi stimoli.
#NEUROPSICOMOTRICISTA
A livello biologico, sembrerebbe che i bambini con disturbo oppositivo-provocatorio abbiano un deficit nel sistema che controlla l'inibizione dei comportamenti aggressivi a causa anche di un basso livello di serotonina (un neurotrasmettitore implicato nella regolazione dell'umore) e di cortisolo (definito come l'ormone dello stress). Da un punto di vista cognitivo giocano un ruolo anche le cosiddette distorsioni cognitive, cioè i pensieri che facciamo rispetto a ciò che ci accade e quindi il modo in cui interpretiamo le situazioni. In particolare sia i bambini con disturbo oppositivo-provocatorio che i loro genitori tendono ad avere un locus of control esterno, attribuiscono cioè i comportamenti problematici a cause e motivi non dipendenti da sè stessi. I genitori considerano questi comportamenti come tratti intenzionali, stabili e volutamente non controllati; i bambini hanno difficoltà nel valutare in maniera corretta le situazioni, nello scegliere una soluzione adeguata per risolvere i conflitti, e quindi valutare l'efficacia della propria strategia.
Fattori contestuali Il sistema educativo si alterna spesso tra disciplina inconsistente e incoerente ed eccessiva rigidità e coercizione. Il punto centrale è che, dando attenzione ai comportamenti problematici, si stimola e si aumenta la probabilità che vengano ripetuti mentre i comportamenti positivi, essendo trascurati, tendono a verificarsi con minor frequenza. Questo circolo vizioso negativo rimanda al bambino un'immagine negativa di sé e delle proprie scarse capacità, spingendolo a non cercare di migliorare. Anche nella scuola i bambini con DOP accumulano esperienze negative. I continui rimproveri degli insegnanti e le reazioni dei compagni, i quali tenderanno ad isolarli, contribuiscono ad acuire problemi nell'apprendimento e nelle relazioni. Il bambino che sperimenta l'altro come ostile e giudicante, si creerà la convinzione che gli altri sono pericolosi e che quindi bisogna difendersi. Dal canto loro i genitori avranno una percezione distorta delle proprie capacità genitoriali, innalzeranno il loro livello di stress e di frustrazione che li porterà ad abbassare sempre di più il limite di tolleranza. Nel contesto familiare anche la gestione delle dinamiche in maniera aggressiva (per esempio i litigi tra i genitori, le botte, alzare la voce) spesso modella i comportamenti dei bambini che
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riflettono e ripropongono gli stessi atteggiamenti dei genitori (Modeling). I bambini che vivono in contesti socio-culturali svantaggiati hanno infatti una maggiore probabilità di sviluppare un disturbo del comportamento. La terapia può variare: l’approccio cognitivo-comportamentale si focalizza su come il bambino con DOP si relaziona alle situazioni che percepisce come frustranti e pericolose, quindi sui pensieri e sulle emozioni, in particolare la rabbia, che ne derivano e punta ad insegnargli delle tecniche per imparare a gestirle. Il lavoro terapeutico con il bambino si svolge attraverso varie fasi: Fase psico-educativa: il bambino imparerà a riconoscere i meccanismi che gli scatenano la rabbia e la relazione che c'è tra situazioni/ emozioni/comportamenti. Acquisizione delle abilità: il bambino imparerà delle strategie, sia cognitive che comportamentali, che userà per gestire le situazioni che gli generano rabbia. Imparerà a parlare a se stesso (Auto-dialogo) in maniera positiva; ad esprimere in maniera corretta le proprie emozioni e le proprie richieste (training per l'assertività); a trovare delle soluzioni più funzionali per risolvere le situazioni problematiche (problem-solving). In pratica avrà la consapevolezza che può gestire i suoi comportamenti perchè dipendono da lui. Compiti a casa: le abilità apprese in seduta, saranno poi messe in pratica anche a casa perchè diventino, col tempo e con l'esercizio, delle consuetudini. Anche per i genitori è prevista una fase psicoeducativa, in cui potranno capire bene il disturbo e il meccanismo sul quale esso si mantiene. Con l'aiuto del terapeuta, impareranno a: - focalizzare la loro attenzione sui comportamenti positivi dei bambini, in modo da incentivare la frequenza con cui si presentano e limitare il verificarsi di comportamenti indesiderati (ad esempio attraverso il rinforzo positivo, la token economy, il costo della risposta); - a riconoscere ed interrompere i circoli viziosi che portano alla cronicizzazione del problema; - ad avere una visione più realistica e dei pensieri più funzionali rispetto a se stessi e alle proprie capacità genitoriali. - Il terapeuta fornirà infine degli tecniche comportamentali che aiuteranno i genitori a creare un ambiente familiare affettivamente stabile e coerente.
#ANESTESISTA
Il catetere venoso centrale totalmente impiantabile Dott. Antonio Coppola Medico, pediatra, rianimatore, anestesista specializzato nella terapia del dolore 338.1705569
I sistemi infusionali totalmente impiantabili svolgono un ruolo sempre più importante nell ambito del trattamento farmacologico, in particolare nel campo oncologico, dove i pazienti subiscono frequenti punture nelle vene.
Per accesso vascolare s’intende qualsiasi forma di cateterismo di vasi (sia venosi che arteriosi) eseguito al fine di introdurre sostanze nel circolo ematico o per effettuare prelievi o indagini strumentali. Gli accessi venosi possono essere sia periferici che centrali; si definiscono “periferici” quelli attraverso le vene delle braccia o delle mani e, occasionalmente, anche delle gambe e dei piedi, e “centrali” quelli in cui si utilizzano vene di calibro maggiore (succlavia, giugulare, femorale). L’indicazione ad utilizzare l’uno o l’altro accesso dipende da vari fattori: conformazione anatomica del paziente (adiposità, fragilità vasale), situazione d’urgenza, tipo di terapia da somministrare (sostentamento post-operatorio, chemioterapia, nutrizione parenterale totale in pazienti defedati). I port sono dei sistemi definiti “Totalmente Impiantabili” poiché vengono inseriti completamente in una tasca sottocutanea. Sono costituiti da due componenti: un Catetere Venoso Centrale ed un piccolo dispositivo con membrana di silicone. Per comprenderne il funzionamento lo si potrebbe paragonare ad
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un “portaspilli”. Con questo sistema, utilizzando aghi adeguati (aghi di Huber, Gripper), si può accedere attraverso la cute al catetere senza maneggiarlo, come invece accade per i cateteri Venosi Centrali (CVC), e, di conseguenza, viene a diminuire il rischio di infezione. “Tecnicamente” il port ha una forma circolare o ovale, con all’interno una camera chiusa in alto da un tappo di silicone, circondata da un rivestimento di materiale biocompatibile (plastica, titanio), aperta in basso e lateralmente nel punto dove il sistema si collega al catetere. L’impianto del port richiede un piccolo intervento chirurgico in anestesia locale, effettuato in sala operatoria. Nella maggior parte dei casi, tale intervento chirurgico si effettua in regime di Day Hospital. Solitamente il port è posto sulla parte alta del torace, al di sotto della clavicola, più frequentemente a destra per ragioni anatomiche. É possibile che, nelle prime 2448 ore dopo l’intervento compaiano rossore e/o gonfiore sulla cute attorno all’incisione, eventulmente associati a dolore, comunque di modesta entità. Si tratta di fenomeni che tendono a regredire rapidamente. Se, al contrario, tali disturbi dovessero persistere, peggiorare o comparire a distanza di tempo dall’intervento, è necessario che si rivolga al Suo medico oncologo o al personale infermieristico. É possibile che, nelle prime 24-48 ore dopo l’intervento, compaiano rossore e/o gonfiore sulla cute attorno all’incisione, eventulmente associati a dolore, comunque di modesta entità. Si tratta di fenomeni che tendono a regredire rapidamente. É importante evitare qualunque sforzo nel corso della prima settimana dopo il posizionamento per evitare uno spostamento del port sotto la cute. É altrettanto importante seguire le indicazioni sulla medicazione della piccola incisione cutanea, che vengono fornite dal medico in modo da evitare infezioni locali. Dopo circa 10-12 giorni saranno tolti i punti di sutura e, quando la ferita sarà completamente cicatrizzata, non sarà richiesta alcuna assistenza particolare. Si potrà così fare il bagno, nuotare, praticare sport, purché non si stia utilizzando il port in quel periodo.
#alimentazione Troppi chewing gum danneggiano lo stomaco
NIENTE SPUNTINO DI MEZZANOTTE Il segreto per perdere peso è dire basta agli spuntini dopo cena. Lo dice uno studio del British Journal of Nutritions condotto da James LeCheminant. Non serve fare cambiamenti drastici alla propria dieta: basta non mangiare più nulla da quando si è finito la cena fino alla mattina successiva per perdere fino a mezzo chilo in due settimane e veder ridurre l’apporto calorico giornaliero di 250 calorie. Provare per credere!
Meglio la colazione a spizzichi Se suddividi il primo pasto della giornata in razioni da consumare nell’arco di alcune ore finirai per mangiare meno a pranzo. È questa la scoperta di alcuni ricercatori francesi. I partecipanti allo studio sono stati divisi in due gruppi: uno ha consumato la propria colazione in una volta sola, seduto al tavolo, l’altro ogni dieci minuti nel corso di quattro ore. Il secondo gruppo è arrivato all’ora di pranzo meno affamato e ha mangiato cibi meno calorici. La teoria è che una colazione sostanziosa può alzare il livello di zucchero e insulina nel sangue che quando cala si trasforma in una forte sensazione di fame.
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Secondo una ricerca pubblicata sul British Medical Journal, l'abitudine di masticare il chewing gum senza zucchero tutto il giorno può provocare conseguenze anche gravi sul sistema gastro-intestinale. La responsabilità è del "sorbitolo", un dolcificante che viene aggiunto al posto dello zucchero nei chewing gum sugar-free in dosi di circa 1,25 g a gomma. Anche se l'Organizzazione Mondiale della Sanità e la Fao certificano che si tratta di un additivo "sicuro", la ricerca ha dimostrato che se assunto oltre i 10-20 g al giorno può provocare crampi, gonfiori e dissenteria. Non a caso nelle confezioni di chewing gum e caramelle senza zucchero c'è scritto che "un consumo eccessivo può avere effetti lassativi".
COL CAFFÈ ALLONTANI L'ALZHEIMER Caffè dipendente? Niente di male: qualche espresso, se non esageri, oltre a darti una botta di energia per risvegliare il tuo cervello, ti aiuta a combattere problemi di cuore e l'Alzheimer. La caffeina agisce come un antiossidante: aiuta a prevenire gli effetti dei radicali liberi.
#FOODCROSSING
Primavera, è tempo di… Pastiera! © Anna Maione
Anna Maione Esperta in comunicazione multimediale dell'enogastronomia http://bit.ly/QWy93W
La Pastiera è uno dei dolci simbolo della tradizione napoletana che difficilmente manca sulle tavole durante le festività Pasquali. Diverse sono le storie e le leggende sulle sue origini. Sicuramente questo dolce accompagnava le antiche feste pagane per celebrare il ritorno della Primavera: la ricotta addolcita è la trasfigurazione delle offerte votive di latte e miele tipiche anche delle prime cerimonie cristiane, a cui si aggiungono il grano, augurio di ricchezza e fecondità, le uova, simbolo di vita nascente e l’acqua di fiori d’arancio, annuncio della Primavera. Leggendaria e mitologica è la storia della sirena Partenope: si narra che questa, incantata dalla bellezza del Golfo di Napoli, avesse fissato lì la sua dimora. Ogni primavera la bella sirena emergeva dalle acque per salutare e allietare con canti d’amore gli abitanti del Golfo. Questi per ringraziarla di così grande diletto, decisero di offrirle sette doni: farina, ricotta, uova, grano tenero
bollito nel latte, acqua di fiori d’arancio, spezie e zucchero. La sirena, felice per i tanti doni, si inabissò per fare ritorno alla sua dimora cristallina e depose le offerte preziose ai piedi degli dei. Questi, inebriati anche essi dal soavissimo canto, riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera che superava in dolcezza il canto della stessa sirena. Diversa la leggenda secondo cui la Pastiera nasce quando una volta, nella notte, le mogli dei pescatori lasciarono sulla spiaggia delle ceste con ricotta, frutta candita, grano e uova
e fiori d’arancio come offerte per il “Mare”, affinché questo lasciasse tornare i loro mariti sani e salvi a terra. Al mattino ritornate in spiaggia per accogliere i loro consorti le donne notarono che durante la notte i flutti avevano mischiato gli ingredienti ed, insieme agli uomini di ritorno, nelle loro ceste c’era una torta: la Pastiera. Un’altra storia molto nota racconta di Maria Teresa D’Austria, moglie del re Ferdinando II° di Borbone, soprannominata dai soldati "la Regina che non sorride mai", che un giorno, cedendo alle insistenze del marito buontempone, famoso per la sua ghiottoneria, accondiscese ad assaggiare una fetta di Pastiera e non poté far a meno di sorridere, compiaciuta alla
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#FOODCROSSING
bonaria canzonatura del Re che sottolineava la sua evidente soddisfazione nel gustare la specialità napoletana. Pare che a questo punto il Re esclamasse: "Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo". Comunque sia andata, ancor oggi sulla tavola pasquale dei napoletani questo dolce non può mancare. La pastiera va confezionata con un certo anticipo, non oltre il Giovedì o il Venerdì Santo, per dare agio a tutti gli aromi di cui è intrisa di amaIgamarsi bene in un unico e inconfondibile sapore. Tra i suoi “estimatori” esistono due scuole: la più antica insegna a mescolare alla ricotta semplici uova sbattute; la seconda, decisamente innovatrice, raccomanda di mescolarvi una densa crema pasticciera che la rende più leggera e morbida Abbinamento: Marsala o un Passito di Pantelleria. Va molto bene anche lo sherry.
Per la rubrica FoodCrossing di Aprile non poteva mancare la ricetta dell’amatissima Pastiera Napoletana! Ecco la ricetta classica.
Ingredienti Per la pasta frolla: • 3 uova intere • 500 g di farina • 200 g di zucchero • 200 g di strutto Per il ripieno: • 700 g di ricotta di capragr. 600 di zucchero • 400 g di grano cotto • 80 g di cedro candito • 80 g di arancia candita • 50 g di zucca candita (si chiama cucuzzata) oppure altri canditi misti • un pizzico di cannella • 100 g di latte • 30 g di burro o strutto • 7 uova intere • 1 bustina di vaniglia • 1 cucchiaio d’acqua di mille fiori • 1 limone
Procedimento Prima di tutto procuratevi del grano a chicchi, preferibilmente tenero, va bene anche quello duro. Lasciatelo in una terrina per 3 giorni e ricordatevi di cambiare l’acqua al mattino e alla sera. Poi scolatelo e sciacquatelo con acqua corrente e, quando è ben pulito, mettetelo a cuocere. per 500 gr. di grano è sufficiente una pentola con 5 litri d’acqua, a fiamma alta fino alla bollitura.
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Abbassate quindi la fiamma e continuate la cottura per circa un’ora e mezza senza mai girarlo. A cottura ultimata salarlo a piacere e scolarlo. Per preparare i dolci di grano, ovviamente, il sale non va aggiunto. Questa cottura è valida per la preparazione di tutte le ricette a base di grano. Il grano cotto può essere conservato in frigorifero per una settimana circa. Al momento di utilizzarlo, per preparare la ricetta desiderata, portate l’acqua in ebollizione, immergetevi il grano e fatelo bollire per circa 5 minuti. Preparate la pasta frolla mescolando tutti gli ingredienti, formate una palletta e lasciatela riposare. Versate in una casseruola il grano cotto, il latte, il burro e la scorza grattugiata di 1 limone; lasciate cuocere per 10 minuti mescolando spesso finché diventi crema. Frullate a parte la ricotta, lo zucchero, 5 uova intere più 2 tuorli, una bustina di vaniglia, un cucchiaio di acqua di fiori d’arancio e un pizzico di cannella. Lavorate il tutto fino a rendere l’impasto molto sottile. Aggiungete una grattata di buccia di un limone e i canditi tagliati a dadi. Amalgamate il tutto con il grano. Prendete la pasta frolla e distendete l’impasto allo spessore di circa 1/2 cm con il mattarello e rivestite la teglia (c.a. 30 cm. di diametro) precedentemente imburrata, ritagliate la parte eccedente, ristendetela e ricavatene delle strisce. Versate il composto di ricotta nella teglia, livellatelo, e decorate con strisce formando una grata che pennellerete con un tuorlo sbattuto. Infornate a 180 gradi per un’ora e mezzo finché la pastiera non avrà preso un colore ambrato. Buona Pasqua!
#VEGANI
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #17
Vegetariano contemporaneo Migliaia di persone arrivano da tutta l’Asia per trascorrere nove giorni a Phuket. Numeri simili a New York e Toronto, e gli esempi potrebbe continuare a lungo. Parliamo non di concerti né eventi sportivi, bensì di festival meat free. Perché ora essere vegetariani - e magari pure vegani - è diventano cool. Se non ci credete, chiedetelo a Beyoncé. Da quando il cibo è diventato lifestyle, anche i vegetariani non sono più quelli di una volta. Fino a qualche anno fa, trovare nel gruppo di amici a cena un vegetariano era cosa talmente rara ed esotica che veniva spontaneo chiedere spiegazioni sulla sua scelta di vita al soggetto in questione che immancabilmente si dilungava con interessanti provocazioni, simpatici tentativi di proselitismo, scatenando un frizzante dibattito. Oggi, in un gruppo è quasi scontato che vi sia almeno un vegetariano. Secondo i dati Eurispes, infatti, i vegetariani in Italia nel 2013 erano il 4,9% della popolazione, mentre la percentuale dei vegani si attestava intorno all’1,1. Sei italiani su 100, quindi, non mangiano carne, quasi il doppio rispetto al 2012, quando la somma di vegetariani e vegani arrivava al 3,1% della popolazione. Si tratta perlopiù di donne (70%), da sempre più sensibili ai temi etici e ambientali, e sostanzialmente giovani, tra i 24 e i 35 anni. E se qualche anno fa te li immaginavi tutti
fricchettoni e alternativi (persone fuori dal tempo, insomma), oggi essere vegetariani è cool. Anzi, è hipster. Non che sia una moda, perlomeno non solo, ma sicuramente è un’espressione del contemporaneo, non certo dell’essere fuori dal mondo. Basta farsi un giro in libreria per vedere quanti volumi di cucina vegetariana e vegana vengono pubblicati ogni anno. Vegetariano e ancor di più vegano sono un modo di essere, non solo di mangiare. Per questo motivo sono così frequentati gli eventi gastronomici off limit ai carnivori, come il New York City Vegetarian Food Fest (al Metropolitan Pavilion a inizio marzo), il Vegetarian Food Festival di Toronto (che a settembre festeggerà il suo 30esimo compleanno) o il Vegetarian Festival di Phucket (nove giorni durante il nono mese lunare del calendario cinese, ovvero ottobre). Ma quel che fa davvero pensare che i vegetali siano il cibo del momento, la moda del periodo, è una notizia tremendamente saliente per il nostro tema: Beyoncé e il fidanzato Jay Z hanno seguito una dieta vegana per 22 giorni, postando ogni pietanza mangiata su Instagram e coinvolgendo milioni di follower nella loro scelta alimentare. Qualcuno oltreoceano ha detto: “Veggie is the New Gangsta”. Ed è così che il vegetariano, da fricchettone alternativo, è diventato pop. Chi l’avrebbe mai detto...
DOMENICA 27 APRILE - ORE 11.00 RESIDENCE VILLA STARACE Incontro con
Al termine dell'incontro pranzo vegano gratis con prenotazione obbligatoria al numero: 081.534.2073
- I segreti di un atleta vegano -
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LUIGI MICCOLIS alias VEGANBOY 54
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#NUTRIZIONISTA
Dott.ssa Francesca Maresca Laureata in Dietistica presso l’Università di Napoli Federico II. Martedì e Giovedì dalle 15.00 alle 16.30 334.2258132 http://bit.ly/19ubheb
A Pasqua fai la scelta giusta per grandi e piccini Uova e colombe: due dolci molto amati da piccoli e grandi
Dolci pasquali a confronto. Ecco i migliori!
L’uovo, simbolo di vita e di rigenerazione, è uno dei principali simboli della Pasqua. E quello di cioccolato è una gioia per i nostri bambini. Ma quanto incide sul pasto dei giorni di festa? Sul piano dell’apporto calorico, il cioccolato rappresenta un vero concentrato d’energia. Ecco perché, se il bambino tende al sovrappeso, occorre fare molta attenzione affinché non ecceda nel consumo. A fianco dell’uovo, troviamo la colomba, simbolo di pace e dolce conosciuto in tutto il mondo. Anche in questo caso le calorie sono un problema e, in alcuni casi, anche il lievito e la farina di grano, ai quali spesso i bambini sono intolleranti. Quindi, per entrambi, possiamo dire: sì, diamoli al bambini ma con moderazione, al momento giusto e occasionalmente.
Buoni ma ipercalorici, possono comunque essere dati ai bambini, seppur con moderazione. Ecco come individuare quelli più adatti al loro benessere.
Il cioccolato contiene ferro E non solo! Sono presenti anche magnesio e antiossidanti, tutti necessari per la sua crescita. E se il cioccolato è al latte, apporta anche calcio, necessario per la crescita.
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Gli ingredienti più sani Da un punto di vista puramente nutrizionale, la colomba è simile al panettone: la ricetta tradizionale la vuole fatta con farina, tuorlo d’uova, zucchero, burro, scorze di agrumi canditi, lievito naturale, aromi naturali, bacche di vaniglia e miele. È un dolce calorico con un alto contenuto lipidico e glucidico e, a causa della presenza di uova e burro, è da limitarsi nei soggetti che soffrono di ipercolesterolemia (oggi presente anche nei bambini). Meglio darla ai bimbi lontano dai pasti principali, per esempio a colazione, con una tazza di latte e caffè d’orzo (i liquidi aumentano notevolmente il senso di sazietà). Ideale anche a merenda, con un succo di frutta naturale senza zucchero aggiunto. Ecco ora qualche consiglio per scegliere bene l’uovo di cioccolato da far mangiare ai nostri figli.
#NUTRIZIONISTA
La prima cautela e quella di evitare i tipi venduti sfusi che potrebbero essere stati adulterati con aggiunta di destrine, farine, fecole, gusci di cacao ecc. Ricordiamoci, infatti, quando leggiamo le etichette, che gli ingredienti base del cioccolato sono due: il cacao puro e il burro di cacao cui possono essere aggiunti zucchero, latte, frutta secca o altri aromi. Per legge, il contenuto di zuccheri non deve superare il 65% e quello delle sostanze grasse non deve essere inferiore al 15%. Finora il burro di cacao era l’unica materia grassa vegetale che poteva essere mescolata al cioccolato. Da qualche anno, però, l’Unione Europea ha previsto la possibilità di aggiungere fino al 5% di grassi vegetali meno nobili e provenienti soprattutto da piante asiatiche come l’olio di palma, il karité e il burro di mango o di kokum. Un’aggiunta che va comunque specificata in etichetta. L’indicazione da cercare per sapere se sono stati aggiunti grassi vegetali è la scritta “contiene msg”, che sta per materie grasse di sostituzione.
E le farciture? Meglio evitarle, sono ricche di grassi e calorie Negli ultimi anni le aziende produttrici di dolci stanno affiancando alla colomba tradizionale prodotti più elaborati, farciti con creme di vario genere e glassate con varie coperture. Questi prodotti sono in genere più scadenti rispetto alla colomba tradizionale, perché le creme e le glasse fanno uso di oli o grassi vegetali (di seconda scelta rispetto al burro) o addirittura dei grassi idrogenati nocivi anche e soprattuto per la salute dei bambini.
Sicuramente è meglio puntare sulla colomba tradizionale, in ogni caso è sempre bene leggere gli ingredienti e scegliere prodotti più sani. Altri ingredienti da valutare negativamente sono: conservanti (soprattutto sorbati, per i canditi) e coloranti.
Via la glassa. Così risparmi fino a 50 kcal a porzione! Fatta con zucchero e chiare d’uovo, apporta finoa 35O kcal per 100g.
E se avanzano? Usali per preparare un dolce Con il mixer trita 50 g di uovo di cioccolato e 200 g di colomba, unisci 200 g di yogurt e 2 tuorli e amalgama bene. Versa in uno stampo e fai cuocere in forno a 180 °C per 25 minuti.
Bambini in sovrappeso e dolci. I consigli del nutrizionista Vietare i dolci non serve a nulla: basta non esagerare. L’Istituto di ricerca per l’alimentazione dei bambini di Dortmund raccomanda, a seconda dell’età e dello sviluppo del bambino, una piccola porzione di dolci al giorno (meno di 50 g), come una fettina di torta casalinga, un piccolo gelato o al max 2 zollette di zucchero. Merenda e spuntini “dolci”: i cosiddetti “prodotti per bambini” sono proposti come alimenti particolarmente adatti ai più piccoli. Purtroppo però spesso contengono troppi zuccheri e troppi grassi. Ecco perchè per la merenda gli esperti in materia consigliano piuttosto frutta, verdura, latte, yogurt e pane con marmellata dolcificata con miele.
Per essere ancor più consapevoli di quello che diamo ai nostri figli: COLOMBA (100 g) Kcal 404
Proteine 8g
Lipidi 15 g
Glucidi 56 g
UOVA DI CIOCCOLATO (100 g) Kcal 568
Proteine 5,8 g
Kcal 336
Proteine 6,36 g
Lipidi 34 g
Glucidi 54 g
PASTIERA (100 g)
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Lipidi 13,18 g
Glucidi 27,8 g
#fitness Scopri il tuo punto debole Alcuni studiosi brasiliani hanno scoperto che gli uomini con uno scarso equilbrio hanno il 48% di probabilità in più di slogarsi una caviglia. Esiste un semplice test che può rivelare se il tuo senso dell’equilibrio è a un buon livello: stai in piedi su una sola gamba e chiudi gli occhi. Se riesci a stare fermo mantenendo l’equilibrio per almeno 30 secondi prima su una gamba e poi sull’altra allora sei messo bene. In caso contrario hai poco controllo sul tuo corpo. In questo caso, prima di cimentarti in qualche sport dinamico o che richiede velocità fai molta pratica e molto esercizio per aiutare il tuo fisico ad adeguarsi ai movimenti.
NESSUNA TREGUA AL GRASSO L’allenamento intensivo non è solo una moda passeggera. Le sessioni in stile Crossfit possono demolire la ciccia: lo conferma uno studio pubblicato sul Journal of Strength and Conditioning Research. Nello studio gli uomini che si sono allenati intensamente per dieci settimane hanno ridotto del 4 percento in media il loro grasso corporeo. Gli esercizi veloci che coinvolgono più muscoli – come gli anelli e lo squat – aumentano gli ormoni che bruciano i grassi”.
DAI DI PIÙ CON IL FOAM ROLLER Fare qualche esercizio con il foam roller durante il riscaldamento migliora le prestazioni, lo dice una ricerca dell'americano Journal of Strenght and Conditioning Research. Chi ha preparato i muscoli di gambe, parte superiore del corpo e parte inferiore della schiena con il foam roller per 10 minuti, sente meno la stanchezza, potendo esercitarsi più a lungo e più intensamente.
Atleta si nasce o si diventa?
Allenatori, atleti o scienziati si chiedono da tempo se il successo nelle performance derivi da un'annata abilità o da un allenamento particolare. Secondo gli autori di questo articolo prestazioni atletiche eccezionali sono frutto di una complessa interazione fra genetica e ambiente. In pratica, non esiste una magia genetica, e neppure è possibile che l'allenamento da solo porti a risultati eccezionali. Sebbene vi siano alcuni fattori interessanti in entrambi i settori (ad esempio, sono di più gli atleti professionisti che vengono da città con meno di 500.000 abitanti) e molte caratteristiche fisiche siano ereditarie, si può insomma concludere che atleti non si nasce nè si diventa. Fonte: sportsmedicine.com
Aiuta gli addominali
Il segreto per un six pack favoloso? È la vitamina D. All’università del Minnesota hanno analizzato i livelli di grasso e di vitamina D negli atleti, scoprendo che più vitamina D c’è nell’organismo, minore è la percentuale di grasso corporeo. “Non è chiaro se sia il grasso in eccesso ad abbassare il livello di vitamina D o viceversa”. Nel dubbio, assumi ogni giorno 25/50 mg di vitamina D3. Male non fa…
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Tacco alto e Fitness Professor
Nello Iaccarino LSM (Laureato Scienze Motorie) PT (Personal Trainer) Consulenza Fitness dalle 15.00 alle 16.00 329.6220310 http://bit.ly/1eF4cwZ
Le scarpe alte sono generalmente usate dal sesso femminile di tutte le età; esse danno slancio alla loro figura e la rendono più attraente all’altro sesso. I tacchi alti portano anche, come piacevole effetto, un’iperlordosi lombare. Ovviamente per tacco alto si intende quello superiore agli 8 cm utilizzato in maniera prolungata. Per contro, studi univoci che affermano, invece, che una scarpa a tacco basso (2-3 cm) sia salutare, non ce ne sono. La variazione dell’altezza del soggetto, in seguito all’uso prolungato dei tacchi alti provoca varie alterazione. Si può assistere a: • accorciamento catena cinetica muscolare posteriore; • ispessimento e / o accorciamento tendine achilleo; • ipertono gastrocnemi (polpacci); • alterato carico dal tallone al metatarso; • predisposizione all’alluce valgo e problemi ai sesamoidi;
• postura alterata (baricentro corporeo spostato in avanti) e conseguente iperlordosi lombare, accorciamento muscoli lombari e carico sull’articolazione del ginocchio (che può degenerare in artrosi precoce); • alterato carico sulla colonna vertebrale; • alterata funzionalità vascolare a livello degli arti inferiori; • alterato funzionamento del sistema linfatico; • accentuazione problematiche ossee, tendinee, muscolari pre-esistenti; • quadro aggravato da eventuale cattiva alimentazione (acida). Cosa possiamo Noi fare per fronteggiare tali problematiche? Innanzitutto consigliare al soggetto di alternare l’uso di scarpe a tacco alto con quelle a tacco basso; in Palestra, di concerto con Fisiatra e/o Ortopedico, si può agire con: • Tecniche di Stretching per allungare la catena cinetica muscolare posteriore; • Allenamento di compenso agendo sui muscoli ipotonici (femorali, addominali, ecc); • Stressare il meno possibile l’articolazione del ginocchio; • Ripristinare la funzionalità della volta plantare (come effetto pompa vascolare).
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#FITNESS
Attività sportive per l’età evolutiva Fabio Siniscalchi Laurea magistrale in Scienze Motorie per la Prevenzione ed il Benessere presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” - Consulente Tecnico e Personal Trainer presso Mythos Gym 347.3797803 fabio.siniscalchi@email.it http://bit.ly/PvBeqH
Dopo aver affrontato in rassegna le metodologie di allenamento in palestra per gli adulti, donne in primis e uomini poi con il Kettlebell Training, spostiamo ora l’accento su una tematica assai delicata: bambini, movimento e sport. Nonostante le convenzioni poste in essere tra CONI e MIUR, con i progetti di Giocosport, Alfabetizzazione motoria e il recente Progetto Primaria, nella scuola elementare italiana le ore di educazione fisica risultano ancora scarse, sebbene questa sia riconosciuta come materia obbligatoria da tutti i curricoli nazionali, fatta eccezione per alcuni istituti e regioni più sensibili alla problematica e che possono vantare una copertura maggiore per tutto l’anno scolastico. A sostegno dell’importanza dell’educazione fisica, motoria e sportiva troviamo il contributo
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della letteratura scientifica internazionale, secondo la quale oltre ad assicurare una migliore forma fisica e salute dei nostri bambini, essa li aiuta nella consapevolezza del proprio corpo, nel rispetto delle regole e facilita i processi di apprendimento. Laddove la scuola non può arrivare, ecco che lo sport, inteso nel senso nobile del termine, e non esclusivamente in senso ludico e quindi divertimento, che rimane alla base, può contribuire notevolmente nello sviluppo psicomotorio dell’età evolutiva. Qui di seguito vediamo alcune discipline, ognuna peculiare per diversi aspetti, tra quelle più diffuse nel nostro paese.
Calcio sport di squadra per eccellenza, ad oggi sempre più di interesse e praticato. Attività che favorisce la coesione e i processi di socializzazione, per una corretta pratica è necessario che vi siano tecnici preparati e che vengano rispettate le fasi di sviluppo strutturale e morfologico quali turgor (aumento ponderale a livello muscolare e adiposo) e proceritas (aumento della statura a livello scheletrico), evitando una specializzazione precoce e modulando i carichi di lavoro. A tal fine, si stanno affacciando nel settore nuove figure che affiancano gli allenatori e i
#FITNESS
maestri della tecnica all’interno delle scuole calcio: il tecnico motorio e il preparatore fisicocoordinativo. Il calcio contribuisce notevolmente al consolidamento degli schemi motori di base (es. camminare, correre, saltare, calciare) e allo sviluppo delle capacità coordinative di tipo generale e speciale, ma anche di quelle condizionali (organico-muscolari).
Tennis Sport individuale e “misto” (doppio). A dispetto dei pregiudizi derivanti dai danni causati dall’attività monolaterale, come avviene anche nella scherma, spesso associata come causa di scoliosi, possiamo dire con certezza che si tratta di un luogo comune da tempo ormai sfatato. Le evidenze scientifiche risalgono addirittura al 1° congresso europeo su Scoliosi e Cifosi di Dubrovnik del 1983, le cui ricerche sono state poi affrontate anche dal GSS – Gruppo di Studio della Scoliosi, in Italia, nel 1996 e dal Centro Scoliosi e Patologie del Rachide Negrini nel 2004. È vero, invece, che l’esasperazione di un’attività asimmetrica può condurre ad un
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iperprogrammazione, quindi un tono muscolare maggiore in un emilato con conseguente accorciamento di una catena muscolare, ossia quei muscoli embricati tra loro nei quali il movimento di uno influenza quello degli altri, con ripercussioni sulla postura. Il tennis moderno tende comunque ad un attività multilaterale, vedi il rovescio a due mani, e può contare sul valore aggiunto, e di supporto ai maestri, rappresentato dai preparatori fisici, figura obbligatoria dal 2012 in ciascuna scuola riconosciuta dalla FIT (Federazione Italiana Tennis), con un percorso accademico alle spalle (diploma ISEF o Laurea in Scienze Motorie) a cui associare la relativa qualifica federale. La pratica del tennis si rivela assai utile sulle capacità motorie di tipo coordinativo speciale come la oculo-manuale, la differenziazione spazio-temporale e sull’equilibrio statico e dinamico, oltre che sulle capacità condizionali quali forza rapida, rapidità e resistenza speciale. Nel prossimo numero, proseguiremo il nostro sguardo verso altre discipline sportive, con un accenno alla ginnastica e ai giochi per l’età evolutiva.
#HOMEFITNESS
Le origini del calciobalilla Giuseppe Di Gregorio Titolare Non Solo Fitness 333.8441595 nonsolofitness@live.it
Ricostruire il percorso storico del calciobalilla è tutt'altro che semplice. La Germania, la Francia e la Spagna si contendono la paternità dell'atemporale calciobalilla. C’è chi scrive che sia stato lo spagnolo Alejandro Finisterre, che sembra abbia avuto l’idea mentre si trovava ricoverato in un ospedale a Madrid per le ferite riportate in un bombardamento durante la Guerra Civile Spagnola (1936-1939). Egli era rimasto molto colpito dai numerosi bambini ricoverati che, a causa delle ferite di guerra, non potevano più giocare a calcio, e per questo, ispirandosi al tennis da tavolo, aveva realizzato una versione del calcio che poteva essere giocata al coperto, in spazi abitativi di piccole dimensioni e in condizioni fisiche non ottimali. Finisterre registrò il brevetto nel 1937. Altre fonti raccontano che sia stato inventato in Germania da Broto Wachter tra gli anni '20 e '30 e contemporaneamente anche in Francia vennero realizzati i primi tavoli da gioco, in particolare sembra che l'idea sia stata concretizzata da Lucien Rosengart, operaio della Citroën, già inventore in altri campi. Viene spontaneo chiedersi quale sia la dizione esatta ed è difficile dirlo, alcuni dizionari riportano per corretta quella di biliardino, molti altri quella di calciobalilla, denominazione, quest'ultima, supportata da fonti storiche. Comunque errate le dizioni bigliardino, calcino,
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calcetto, infatti: bigliardino è il sinonimo non corretto di biliardino, a sua volta derivato da bilia è indica, a tutto rigore, un biliardo di dimensioni ridotte. il primo vocabolario della lingua italiana ad accogliere la definizione di calciobalilla fu edito nel 1952. I tavoli da gioco vennero costruiti con cassoni artigianali in legno con il piano da gioco in compensato, aste in legno con gli omini o ometti realizzati anch'essi con blocchi di legno, le porte tagliate alle due testate e chiuse da buche di panno per raccogliere le palline, il tutto montato su rudimentali gambe. Al termine della seconda guerra mondiale, rudimentali calciobalilla furono utilizzati, con ottimi risultati, nella riabilitazione psicomotoria dei reduci di guerra. Nel 1947 Marcel Zosso, diffonde i primi calciobalilla, chiamati sportfoot, che riscuotono un immediato successo soprattutto nel sud del paese. Egli decide di importarlo in Italia e sceglie Alessandria come sede. Zosso cerca i fornitori e li trova soprattutto tra i fabbricanti di casse da morto. Il lavoro materiale è affidato ai detenuti del carcere di Alessandria. La Famiglia Garlando è pronta ad accogliere la novità e inizia la produzione dei calciobalilla. Nel gennaio 1950 è pronto il primo sportfoot italiano, ovvero il pionieristico calciobalilla alessandrino. Dal 1951 al 1954 ad Alessandria si costruiscono circa 12.000 calciobalilla. Quattro anni dopo si registra una momentanea battuta d'arresto: nel 1954 il calciobalilla è vietato dalla questura di Roma, per essere tuttavia nuovamente reintrodotto l'anno seguente ed avere l’enorme successo che lo porta ad essere tutt’oggi amato da grandi e piccoli in tutto il mondo.
#FIORISTA
La rosa in vaso
Una storia di bellezza ed eleganza da raccontare
Giovanni Castellano Fiorista Europeo 338.1101986 http://bit.ly/1hxgBAk
Una bellezza classica che vanta origini millenarie. Può ben dirsi la pianta più simbolica di tutte e quella con la storia più interessante da raccontare e con le storie più romantiche da abbinare. Amore, venerazione divina, purezza e le piaghe di Cristo, la rosa rappresenta tutti questi aspetti. Per voi, però una pianta di rosa in casa sarà sopratutto un elemento di squisita bellezza con cui adornare la vostra casa.
Simbolo d'amore La rosa è nota come la regina dei fiori in tutto il mondo. Per lo più conosciuta come fiore reciso, la rosa negli ultimi anni ha acquisito una notevole popolarità nella sua versione in vaso. La rosa in vaso è semplicemente una nuova variante della bellissima Rosa, una pianta coltivata e trattata con grande cura fin dai tempi antichi. Furono i Greci, i Romani e gli Egiziani a dedicare grande passione alla coltivazione ed il suo splendore e la sua perfezione erano all'epoca già molto apprezzati ed invidiati in Cina e in Africa. A quell'epoca le rose erano utilizzate nei rituali e per decorare templi e palazzi imperiali. Erano inoltre fortemente associate al simbolismo... infatti i primi cristiani associavano le rose alle cinque piaghe del Cristo. In seguito fu usata come rappresentazione del sangue dei martiri e come simbolo della Vergine Maria. Nell'era moderna i significati della rosa sono correlati essenzialmente al suo colore: il bocciolo di rosa rossa simboleggia la passione mentre la rosa rossa in piena fioritura rappresenta l'amore maturo. Una rosa bianca esprime amore vero e purezza spirituale, la rosa bianca con la rossa indica unità e solidarietà, mentre la rosa gialla rappresenta amicizia intima e spirito solidale.
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Bellezza Al giorno d'oggi esistono migliaia di specie di rosa, di ogni forma e dimensione, nelle varianti molto profumate e quelle inodori. Portando in casa vostra una rosa in vaso darete il benvenuto alla bellezza senza eguali. Tutto ciò che chiede è un posto luminoso (veranda... dietro la finestra... salotto o cucina luminosi...) e un po' di acqua ogni due o tre giorni. Questa pianta è perfettamente a suo agio anche esposta alla luce diretta del sole, ma in questo caso le innaffiature dovranno essere quotidiane. Saprà ricompensarvi con i suoi fiori più belli ed una bellezza che si rifletterà di certo anche sui vostri stati d'animo (da una ricerca degli scienziati dell'università di Utrecht)
#WELLNESS
Libera la gioia e l’entusiasmo che è in te We are Happy and you?
Ernesto Lupacchio Central Fitness Club 1, 2, 3 http://bit.ly/1couZMz
Quante volte liberiamo la nostra gioia e il nostro entusiasmo? Quante volte ridiamo prendendo in giro noi stessi? Quante volte riusciamo a divertirci anche in situazioni più delicate e difficili? Prova a pensarci… Ormai la tecnologia ci ha reso la vita più facile, eppure la gente sembra avere sempre meno tempo per se stessa ed è soggetta a più frustrazioni di una volta. Il lavoro divora le nostre giornate e ci carica di stress con un logoramento psicofisico. Un vecchio detto recita: “Una mela al giorno leva il medico di torno”. Tutti sappiamo che il nostro stato di salute dipende in buona parte da come ci alimentiamo e da quanta attività fisica svolgiamo. Eppure si fa sempre più strada la convinzione che per mantenersi in salute sia determinante anche il modo in cui cibiamo o alleniamo la nostra mente con pensieri ed emozioni positive.
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Molte ricerche scientifiche hanno dimostrato che il detto “Il Riso fa buon sangue” ha profonde radici di verità. Ridere fa bene. Una disposizione positiva della mente, un atteggiamento attivo e reattivo, una volontà di esternare le emozioni sono presupposti indispensabili per una buona salute. Ridere stimola la circolazione, aumenta l’ossigeno nei polmoni, abbassa la pressione, attiva i muscoli. La psiche, in strettissimo contatto con il sistema immunitario, influenza così le nostre capacità di contrastare una malattia e di reagire a situazioni debilitanti. La scienza ha ormai da tempo evidenziato come le emozioni positive sono in grado di favorire i processi di guarigione, così come uno stress frequente e prolungato nel tempo può portare alla malattia. Una delle emozioni positive è senza dubbio l’entusiasmo. Esso è la dote principale degli uomini d’azione, di tutti coloro che realizzano grandi cose. Chi è mosso dall’entusiasmo pensa che nulla sia impossibile. Questa strana forza, infatti, gli permette di concentrare la propria attenzione sugli obiettivi e non sugli ostacoli, tanto che perfino le difficoltà gli appaiono come opportunità.
#WELLNESS
L’entusiasmo è gioia che si espande, contagia, trascina e rende capaci di trasformare i sogni in realtà. Per questo motivo chiunque lo possiede non solo è leader di se stesso, ma sa guidare gli altri con il proprio esempio, infondendo forza e fiducia. L’entusiasmo non si prende come un raffreddore, non è in vendita al supermercato e neppure cade dal cielo come la manna. Non basta sperare perché esso arrivi. Dobbiamo impegnarci e vivere in funzione di trasformare la nostra vita colmandola di gioia e divertimento. Per esempio proviamo ad iniziare la giornata con una musica energizzante. Possiamo scegliere dal “Rock” o alla “Musica Classica”, l’importante è ascoltarla tutte le mattine mentre facciamo colazione o mentre ci prepariamo per uscire. Qualsiasi musica decidiamo di ascoltare e ovunque lo facciamo
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ricordiamoci che è molto importante iniziare la giornata con entusiasmo e la giusta energia per affrontare efficacemente le continue sfide che si presentano. Guardiamo al lato piacevole della vita, ciò ci permette di ridere e di godere di più della vita stessa. Impariamo a vedere il lato umoristico di ogni situazione. Ridere di gusto è la migliore cura contro lo stress. Anche al lavoro cerchiamo di creare uno spazio del divertimento, una bacheca in cui attaccare vignette satiriche e frasi simpatiche o fissiamo un momento della giornata stile "Camera Café". Questo aiuterà a smorzare le tensioni e a creare un'atmosfera più piacevole che ci porterà presto risultati inaspettati. Anche per questo ho voluto girare il video che sta impazzando sul web: “We are happy from”, di Williams Pharrel, in modo tale da coinvolgere ballando e cantando, con scene divertenti, il maggior numero di persone di Sorrento, liberando tutta la gioia e l’entusiasmo sentendosi “Happy”. Il video “We are happy from Sorrento”, sarà presentato ufficialmente con l’organizzazione di un evento che coinvolgerà, non solo gli organizzatori (Central Fitness Club, Valerio Gargiulo Fotografo, Luigi De Vita Filmakers), ma anche i Partners e i tutti i partecipanti. L’obiettivo è quello di far vedere al mondo intero che Sorrento non è solo bella ma che è anche “Happy”!
"Un grande divertimento nella vita è fare le cose che gli altri dicono che non puoi fare" Walter Gagehot
#FILOSOFIA
Ma cos'è questa "NATURA" Domenico Casa Consulente filosofico 339.3318463 Domenico.Casa2@tin.it http://bit.ly/ICygMX
Spesso, i sostenitori e difensori di una presunta sua purezza originaria e immutabile, parlano della natura come un'entità metafisica, una specie di divinità immanente da cui far discendere valori e comportamenti. Infatti, l'espressione "secondo natura", benché di vecchio stampo medievale, coniata nelle filosofie e nelle teologie conventuali, è ancora ricorrente e tesa a stabilire ciò che sarebbe in sintonia con la natura e ciò che, al contrario, sarebbe contro natura. Ma, se si riflette senza i paraocchi ideologici e le lenti deformanti dei pregiudizi e dei luoghi comuni con cui è stata alimentata la mente, e che, il più delle volte, usiamo per "guardare" superficialmente la realtà, ci si renderà conto che il concetto di "natura" è un concetto astratto, mai dato o rilevato "in natura". L'uomo, infatti, fin dalle sue prime apparizioni, fin dai suoi primi passi e movimenti su questo pianeta, ha prodotto dei mutamenti incontestabili e incontrovertibili. Altrimenti camminerebbe ancora su quattro zampe e, tutt'al più avrebbe costruito palafitte. Oppure si coprirebbe, se necessario, con foglie di fico o pelli di altri animali. Tutt'al più saremmo fermi a quel punto. È evidente, anche ai cultori della "Natura", che le cose non stanno così. Essi, tuttavia, sostengono che, quando parlano di natura, si riferiscono a ben altro, cioè a una natura umana "spirituale". Che cosa essa sarebbe, poi, non è una questione di facile soluzione, poichè, a riguardo, le congetture sono tante e, spesso, in un contrasto così stridente che
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nessuna mente dialettica (Hegel) riuscirebbe a superare e a risolvere in una sintesi. Spia evidente che si parla di qualcosa di ineffabile, molto lontana dall'essere reale delle cose e dalla loro concreta "esistenza", plasmata, nel corso dei secoli, tenendo conto di una pluralità di condizioni e di variabili, storiche, ambientali, educative, psicologiche, religiose. In una parola, "culturali". Pensare oggi l'uomo come un essere "naturale", è praticamente impossibile. Egli è "un universo complesso e sconosciuto" (Alexis Carrell); "uno straniero in casa propria" (Sigmund Freud), a cui ci si può avvicinare in silenzio e con rispetto, nella consapevolezza che nessun sapere, per quanto alto e profondo possa essere, riuscirà a comprenderne la realtà particolarissima, modificata lungo il corso dei secoli dalla cultura. Naturali potrebbero essere considerati gli istinti, ossia la materia grezza di cui è costituito. Ma anch'essi hanno subìto il lavorio della "cultura", a leggere Freud de "Gli istinti e le loro vicissitudini". Sono naturali il dolore e l'amore? Certo. Ma le modalità di espressione e di elaborazione hanno intrapreso vie complesse e molteplici e subìto trasformazioni talmente sorprendenti da renderli irriconoscibili a un "uomo" di seimila anni fa, il quale, per assurdo, ritornasse nel mondo. Come irriconoscibile è il blocco di marmo che è stato limato, levigato, trasformato in una statua di un dio o di un essere umano, in un capitello, in un rosone, un altare, un piano da lavoro, un pavimento, un Davide di Michelangelo o in una Venere di Milo. Ecco, il marmo sarebbe la natura, la mano dell'artista, invece, è la cultura che plasma l'argilla. Continuare a chiamarla marmo, dopo essere divenuta statua o altro, sarebbe da considerare quanto meno una ingenuità. Che poi uno diventi statua e un altro impiantito, è proprio da attribuire alle modificazioni particolari che la "cultura" opera sulla natura.
#POESIA
Le Orme
Salvatore Spinelli Poeta http://bit.ly/1fk7XnN
Ho sognato che in riva al mare camminavo con il Signore e mentre lieto me ne andavo l’immensità del cielo ammiravo.
“Io scelsi di vivere con Te e Tu promettesti di stare con me, poi quando ero più provato, Signore, mi hai abbandonato”.
In quello sterminato schermo lo sguardo mio è rimasto fermo ed ho rivisto il mio passato così come l’avevo affrontato.
“Cosa ho mai fatto, mio Signore, per meritare il Tuo rancore, io continuo a vivere con Te, perciò, Signore, dimmi, perchè?”
Per ogni giorno da me trascorso durante il vital percorso, sulla sabbia, chiare, due orme apparivano nelle loro forme.
“Io non t’ho mai lasciato, figlio mio, tu sei sempre nel cuore del tuo Dio, io non t’ho mai abbandonato e mi duole se solo l’hai pensato”.
Erano le orme mie, profonde, non cancellate dalle onde e c’erano quelle del Signore che m’accompagnava con Amore.
Quando, ingrato, il tuo destino ha intralciato il tuo cammino io, fedele, ero lì con te e tu eri in braccio a me”.
Poi ne ho vista una soltanto e la cosa m’ha sorpreso tanto perchè quell’assenza combaciava coi dì in cui la vita non andava.
“Si, figlio, in braccio io t’ho preso e le pene sopportabili t’ho reso, l’orma che manca non è la mia, l’orma che manca, figlio, è la tua”.
“Nei momenti più drammatici, nei giorni bui e patetici Signore, Tu non eri con me perchè l’orma Tua più non c’è”.
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#DIRITTO
Circolare senza assicurazione o con assicurazione falsa? Attenzione potrebbe costarvi più della stessa polizza Studio Legale Penale
Dott. Valerio Massimo Aiello Avvocato praticante abilitato al patrocinio ex L.479/1999. Consiglio Ordine Avvocati di Torre Annunziata. Corso Italia 261, Sorrento 339.4095882 valerioajello@gmail.com http://bit.ly/1eYpjwE
L’assicurazione RC auto è da sempre la spina nel fianco di tutti gli automobilisti. L’attuale crisi economica e il crescente rincaro delle RCA hanno fortemente consolidato il fenomeno sia delle polizze false sia della circolazione con assenza di copertura assicurativa. Ma cosa si rischia se si viene “pizzicati” a circolare sprovvisti dell’assicurazione o con assicurazione falsa? Nel primo caso (mancanza di copertura assicurativa) in base all’articolo 193 del Codice della Strada - che stabilisce che i veicoli a motore, esclusi quelli che si muovono su rotaia ma compresi i filoveicoli e i rimorchi, non possono circolare senza una copertura assicurativa a norma delle leggi vigenti sulla responsabilità civile verso terzi - colui che viene sorpreso alla guida di un veicolo senza copertura assicurativa sarà soggetto ad una sanzione amministrativa, di somma compresa tra gli 841 e i 3.287 euro oltre all’immediato sequestro del veicolo. Tale sanzione amministrativa potrà, tuttavia, ridursi a un quarto in due occasioni: quando l’assicurazione del veicolo è scaduta ma resa operante nei quindici giorni successivi al termine, oppure quando l’interessato esprima la volontà e quindi provveda, entro trenta giorni dalla violazione, alla demolizione e alla
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successiva radiazione del veicolo. Bisogna precisare che anche un veicolo parcheggiato in strada o in un’area pubblica, senza regolare o scaduto contrassegno assicurativo, potrà essere soggetto a contravvenzione. Il soggetto che, per diverse motivazioni, non intende rinnovare la polizza al proprio veicolo deve parcheggiarlo in zone private, non aperte alla pubblica circolazione. Le cose si complicano per l’automobilista nel caso in cui la violazione venga notificata su strada, quindi con veicolo in movimento. L’organo accertatore sospenderà, difatti, immediatamente la circolazione del veicolo, che verrà prelevato e trasportato in un’area non soggetta a pubblico passaggio. Il veicolo verrà restituito al proprietario solo dopo che questi avrà pagato la sanzione amministrativa, sottoscritto un polizza assicurativa della durata di almeno sei mesi e garantito il pagamento delle spese di prelievo, trasporto e custodia del veicolo sottoposto a sequestro. Rischia problemi più seri, invece, colui che circoli con assicurazione falsa. Chi tenta di “farla franca”, infatti, mostrando polizze false o contraffatte sarà soggetto, per effetto dell’art. 193 comma 2 e 4 bis Cds, non solo alle sanzioni amministrative sopra dette ma altresì alla sospensione della patente di guida per un anno e alla confisca del veicolo. Trattandosi anche di un illecito penale, il soggetto sarà passibile del reato previsto dall’art. 485 cp – falso in scrittura privatacon pena da sei mesi a tre anni di carcere. In presenza di acquisto di documenti falsi, il soggetto potrà essere anche accusato del reato di ricettazione. In tutti i casi decritti si consiglia, comunque, di rivolgersi prontamente ad un avvocato penalista di fiducia. Attenzione quindi a non mettersi alla guida sprovvisti della copertura assicurativa poiché tale infrazione potrà letteralmente costarvi caro.