Servizio Civile: quattro testimonianze per un'esperienza unica - Storia nr.13 Tratta da "Storytel..

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Storia nr.13



incontri Servizio Civile: quattro testimonianze per un’esperienza unica Mi chiamo Sara, ho 26 anni e mi sto laureando in psicologia del lavoro e del benessere nelle organizzazioni; quando mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sulla mia esperienza da volontaria ho subito pensato: adoro scrivere, lo faccio subito! Poi è subentrato il problema pratico del: ho iniziato da troppi pochi mesi, che cosa potrò mai raccontare di significativo? Passati questi “troppi pochi mesi” il problema era l’opposto: sono successe troppe cose, come posso raccontarle tutte in così poco spazio? Ecco, questa potrebbe già essere una splendida sintesi della mia esperienza di volontariato al Centro Servizi per il Volontariato di Vol.To, nell’ambito del programma del Servizio Civile Nazionale. “Originalmente diversi, essenzialmente uguali” è il motto che dà il nome al progetto che Vol.To ha attivato quest’anno ed è anche l’espressione che meglio racchiude l’intento formativo e informativo che portiamo avanti nelle scuole superiori che hanno scelto di aderire a questa iniziativa. Si articola in un breve ciclo di due incontri, svolti all’interno delle classi terze e quarte di alcuni istituti torinesi, col fine di sensibilizzare i ragazzi sulle tematiche della discriminazione e sui concetti di “stereotipo”, “pregiudizio” ed “etichettamento sociale”. Il progetto si occupa di informare i giovani su che cosa significhi “cittadinanza attiva” e di promuovere il volontariato come strumento di integrazione sociale, capace di assorbire quella diversità che oggi si fa sempre più evidente e bisognosa d’esser notata e gestita. L’obiettivo è quello di giungere alla consapevolezza che siano più le cose che ci accomunano rispetto a quelle che ci dividono, a dispetto della tendenza umana che fa caso sempre più alle differenze che non alle similitudini. Il messaggio che tentiamo di passare ai ragazzi è quello che la differenza sia una caratteristica da valorizzare e non un divario da colmare, ignorare o debellare. Rendersi conto d’essere “originalmente diversi” significa prendere atto delle differenze che ci contraddistin64


incontri guono e rendono unici, per ragionare in termini di valorizzazione di quelle diversità. Dal riconoscimento di queste differenze si può iniziare a parlare veramente di uguaglianza intesa non come tentativo di appiattire la diversità fino a farla sparire, ma come volontà di assicurarsi che tutti possano avere uguali diritti e pari opportunità di accesso alle risorse. “Essenzialmente uguali” è il messaggio che dovrebbe essere trasmesso ai ragazzi e alle nuove generazioni; così che possano imparare a non avere paura di ciò che è nuovo e diverso, ma ad esserne curiosi. Queste tematiche mi sono sempre state molto a cuore; mi hanno animato, interessato, appassionato e fatto arrabbiare. Questo progetto di servizio civile mi ha dato l’opportunità di vivere un anno speciale sotto molto punti di vista: mi consente di occuparmi di formazione, mi garantisce una piccola autonomia economica mentre termino i miei studi, mi fornisce un’incredibile esperienza di lavoro protetto in cui posso sperimentarmi, proporre, sbagliare e imparare. È un banco di prova dove sviluppare le mie competenze professionali dopo troppi anni passati ad accumulare solo conoscenze, è un’occasione unica di crescita personale. Ho sempre creduto che il punto di partenza per diffondere una cultura della valorizzazione e non del timore, fosse la scuola con i suoi giovani, ecco perchè ho scelto di partecipare a questo progetto. Inoltre sentivo il bisogno di ripartire nel miglior modo possibile e volevo essere utile non solo a me stessa, ma anche al prossimo. Al termine di un breve, ma intenso periodo di depressione, ho deciso che era così che volevo ricominciare a vivere e a partecipare attivamente: facendo qualcosa che mi permettesse di lavorare sulla persona che avrei voluto diventare e avrei potuto farlo solo partendo da uno dei punti cardine del mio sistema di valori. Da quell’argomento che è sempre stato capace di accendermi e di farmi discutere per ore con chiunque, nel tentativo di far passare quelli che ritenevo messaggi importanti. L’insensatezza delle discriminazioni, la pericolosità di stereotipi e pregiudizi e le implicazioni psicologicamente disastrose che si accompagnano alla sensazione d’essere etichettati da qualcuno, con 65


incontri un’etichetta che non ci rispecchia perché racconta solo il 10% di quello che siamo. Questo progetto mi ha dato modo di confrontarmi con colleghe mie coetanee, di scontrarmi con loro, di toccare con mano la diversità di cui eravamo portatrici noi per prime e che, per essere gestita, richiede uno sforzo continuo e costante da parte di tutte. Uno sforzo necessario per riuscire a lavorare insieme e portare nelle classi esattamente questo, la risposta alla domanda: come hanno fatto una laureanda in ingegnere biomedico, una in comunicazione e media, un’appassionata indologa e una quasi-psicologa a lavorare insieme? La risposta è: ci abbiamo lavorato, nulla è arrivato senza sforzo. Abbiamo lavorato su di noi, oltre che sul progetto, per cercare di portare in classe non solo il messaggio di cui si fa carico il progetto, ma anche la nostra esperienza più personale su come siamo arrivate al nostro primo, piccolo traguardo: la prima formazione in classe passata dall’altro lato della “cattedra”. L’ultima attività che abbiamo scelto di proporre ai ragazzi è stata una rivisitazione dell’esperimento sociale danese intitolato “all that we share” (tutto quello che condividiamo). È stata un’esperienza breve, poco meno di dieci minuti, ma che è stata capace di dare una prova visiva e tangibile di quelle diversità che sono talora causa di vicinanza con quelli che crediamo più distanti, talora motivo di lontananza da quelli che sentiamo più prossimi. La classe si è inizialmente divisa in tre gruppi a seconda delle origini di ciascuno; già solo questa semplice suddivisione ha dato modo ad alcuni ragazzi di rendersi conto che più di un loro compagno di origine straniera fosse in realtà nato a Torino e rientrasse quindi nel gruppo dei piemontesi. Quanto è stato facile rendersi conto che, cambiando più volte il criterio di formazione dei gruppi, cambiando il nostro punto di vista sulla realtà, quei gruppi iniziali all’apparenza così solidi e significativi si fossero completamente persi, rimescolati, confusi, uniti! Chi ha mai fatto volontariato? Chi è uno sportivo? A chi piace la piz66


incontri za? Chi canta sotto la doccia? Chi si sente timido? Chi è innamorato? Chi crede in qualcosa? Chi non si sente capito? E infine… chi lavora o studia a Torino? Tutti? Ma proprio tutti, tutti? Eh già. Davvero crediamo che essere nati a Torino, piuttosto che a Catania o a Tunisi, possa fare poi molta differenza? È solo questione di allenare lo sguardo a notare cose diverse. Siamo tutti diversi, certo, originalmente diversi. Finora “Servizio Civile” è stato, per me, tutto questo: opportunità d’imparare, di sperimentarsi, luogo d’incontro e condivisione, crescita personale. Il ritorno che mi dà è esattamente il motivo per cui ho fatto questa scelta e per cui la porto avanti, cercando di mantenere intatto l’entusiasmo dei primi giorni anche di fronte alle inevitabili difficoltà. Allenarmi a valorizzare anche quelle difficoltà e a gestirle, un po’ come si fa con le differenze, invece che limitarmi a sperare che spariscano o che non si ripresentino, è esattamente la ragione per cui consiglierei questa esperienza: perché mi sta dando tanto sia in termini di contenuti e della formazione che offre in aula e sul campo, sia della palestra di vita che mi “costringe” a fare. E dire che non sono mai stata una sportiva! Sara Sapuppo Il viaggio ti cambia la vita, un volo di solo andata… Poter considerare casa dove sei nata, dove sei cresciuta e dove sei arrivata. Avere 9 anni e andare il primo giorno a scuola dove non conosci nessuno e soprattutto non sapere neanche una parola in italiano, vi assicuro è una cosa non facile, ma ora questo fa parte del passato; oggi sono una ragazza di 24 anni, che studia Ingegneria Biomedica e anche se sembrerebbe strano ho deciso di intraprendere l’esperienza del Servizio Civile, un po’ per mettermi alla prova, un po’ per dimostrare che anche i ragazzi stranieri, nonostante davanti alla legge non siano italiani, sono socialmente attivi; dopo tutto, questa è la mia 67


incontri patria ora. La scelta del progetto non è stata per niente casuale; abbiamo a che fare quotidianamente con stereotipi e pregiudizi e purtroppo superarli sembra facile, ma non lo è. Viviamo in una società dove è più comodo allontanare, escludere ed etichettare chi è diverso da noi. Spesso siamo vittime di questi fenomeni, ma al contempo siamo anche i carnefici, però non tutti lo ammettono e se il mondo fosse uno specchio e tutto quello che c’è intorno non fosse che il riflesso dei nostri pensieri e sentimenti interiori? Nonostante abbia iniziato questo percorso da soli 2 mesi, le mie capacità e le mie attitudini stanno migliorando di giorno in giorno; sono quotidianamente a contatto con persone differenti da me che, proprio per questo, hanno tanto da insegnarmi, e poi capisci che se lo vuoi, anche senza andare lontano, la vita te la cambi. Manel La scelta del servizio civile è una scelta importante, anche se spesso non è fatta consapevolmente; le esperienze possibili sono tantissime e tutte su temi sociali di grande serietà. La scelta del servizio civile ti aiuta a crescere, ad essere più tollerante e a capire che ognuno ha una propria anima che, sia essa forte o debole è comunque umana. La scelta del servizio civile ti aiuta a imparare quanto siano importanti le relazioni, il confronto e l’ascolto, sto imparando quanto possa essere difficile l’ascolto dell’altro, ma anche a che grandi cambiamenti porta. Semplicemente ascoltare una persona può cambiarle l’anima, rasserenarla, perché se qualcuno ti ascolta senti di esserci, di vivere. Ho scelto questo progetto del servizio civile perché mi sarebbe piaciuto, quando andavo io a scuola, che qualcuno parlasse di queste importanti tematiche che, ahimè, servono anche alle persone più grandi. Ho sempre pensato quanto poco importante sia conoscere i termini specifici o dare la definizione corretta. D’altronde posso anche non sapere la definizione precisa di pregiudizio o di discriminazione, ma questo non significa non essere con68


incontri sapevole di cosa siano e di cosa comportino. L’obiettivo è formare sulla consapevolezza non sulla teoria. Ho imparato quanto importante sia la scelta del volontario, il suo tempo e la costanza. Il volontario non regala benessere, ma mette a disposizione i mezzi per far si che la persona con cui interagisce costruisca da sé il proprio benessere. Ha il grande compito della consapevolezza. La scelta del servizio civile ti aiuta all’interno di questo percorso di consapevolezza, difficile si, ma importante per la vita. Sara Sozzi Ho scelto di svolgere il servizio civile quest’anno perché volevo mettermi in gioco; ho sempre patito parecchio l’intolleranza, la disuguaglianza e la discriminazione. Questo mi ha spinto ad intraprendere degli studi universitari che mi facessero scoprire culture diverse dalla mia, per studiarne la storia e la lingua e, successivamente, a viaggiare per far crollare quei confini immaginari che, secondo alcuni, ci dividono. Tutto questo ha fatto sì che io non cadessi vittima di quelle idee e di quei pensieri che tanto pativo, però non stavo apportando nessun cambiamento nel mondo. Era, quindi, giunto il momento di agire e di mettere in pratica tutto quello che avevo imparato negli ultimi anni. Ho capito che avrei dovuto fare di più, quindi ad agosto 2018 ho deciso che avrei presentato domanda per svolgere il Servizio Civile Nazionale. Leggendo le varie proposte del bando del Servizio Civile di quest’anno son subito rimasta colpita dal progetto di Vol.To che prevedeva l’intervento nelle scuole volto a sensibilizzare i ragazzi sulle grandi tematiche sociali quali discriminazione ed etichettamento sociale, come conseguenza di un uso scorretto e smisurato di stereotipi e pregiudizi. Penso che siano proprio i progetti come questo a dare la possibilità ai più e ai meno giovani di sedersi a tavolino e confrontarsi su quello 69


incontri che avrebbe bisogno di essere cambiato; su quello che non si vuole più mandare giù; su tutte le cose che rendono impossibile il vivere serenamente nel posto che si vuole considerare casa, qualunque e con chiunque esso sia. Ho iniziato da poco più di due mesi questo percorso ma posso già dire di essere cambiata molto, sia a livello personale che professionale. Fin dal primo giorno siamo state inserite pienamente nell’organico del centro servizi e siamo partite subito con la progettazione degli incontri nelle scuole. La parte che mi ha appassionata di più è stata la ricerca e la creazione delle attività che avremmo dovuto proporre durante il primo incontro in classe. Ho avuto la possibilità di mettere in campo delle competenze che ho sviluppato al di fuori dell’ambito lavorativo e universitario; mi sono scontrata con mie debolezze e carenze, in più occasioni, che mi hanno dato modo di crescere; sto scoprendo un mondo totalmente nuovo che si sposa perfettamente con tutto quello che nella vita vorrei essere e fare. Questo sta ad indicare quanto il servizio civile ti coinvolga come persona a trecentosessanta gradi. Rossella

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