Per ripartire Insieme Storia nr.26
incontri La forza del volontariato nata da una vita difficile Resilienza Mi chiamo Gabriella, sono nata a Spoleto ed ero una bambina veramente bella, con due grandi occhi chiari e tanti boccoli biondi, serena e giocosa, fino alla morte del mio caro papà. Il mio papà si chiamava Enrico e a Spoleto, tutti lo conoscevano perché lavorava con il Maestro Menotti, al Festival dei Due Mondi. Come succede in teatro all’improvviso la scena cambia e si ingrigisce. La mia mamma, giovane, rimasta sola doveva provvedere a me e a mio fratello, divisa fra casa e lavoro. Avevamo un negozio di fiori accanto all’ospedale, gente che passava, che prendeva una piantina o un fiore per i propri cari ricoverati. Trovandosi improvvisamente sola, stretta tra i debiti per il negozio, dover controllare noi piccoli, mamma prese la decisione di vendere e trovare lavoro in Ospedale. Ma nonostante il lavoro, io e mio fratello eravamo troppi piccoli e stavamo molto a casa da soli, troppo. Non avendo una casa idonea e la giusta assistenza familiare spesso io ero costretta a stare in affido. Mio fratello è stato in collegio, mentre io non lo potevo frequentare in modo continuativo per la mia cagionevole salute. Non ricordo con piacere il collegio, ci sono episodi che voglio dimenticare, ma ho anche incontrato brave persone. Il collegio mi ha insegnato una cosa importante, a convivere e a condividere con gli altri il dolore e le piccole gioie dei bambini. Se sono uscita indenne dal periodo del collegio è stato grazie alla mia forza di carattere, mentre mio fratello essendoci stato un periodo più lungo, ha riportato cicatrici umane indelebili. Il periodo degli affidi familiari è stato un andirivieni continuo, ma non dimentico le persone gentili e amorevoli che mi hanno sempre accolto e voluto bene. Le assistenti sociali optarono per un non allontanamento dalla mia mamma, ma quanti pianti ho fatto…! Piangevo sia quando entravo in famiglia sia quando dovevo uscire dalla famiglia. Il dolore più forte è stato il confronto con gli altri bambini a scuola. Mi mancava un’identità di famiglia reale, unica, ero la figlia di tante famiglie, ma sempre sola, l’appartenenza, l’avere un rifugio come gli altri bambini. 120
incontri Poi ho incontrato Bruno. Avevo 15 anni e lui qualche anno in più. Era bello e simpatico, è stato semplice amarlo per me. E’ diventato il mio rifugio, il mio confidente, il mio amante, ma ero tanto giovane e anche lui, così abbiamo deciso di fare la “fuitina” e al tempo venimmo ricercati dai carabinieri, con gli elicotteri. La mia mamma si disperava, non se lo meritava quel dolore, ma era il mio modo di sfuggire alla sofferenza, vedevo davanti a me una famiglia la MIA, quell’identità che mi mancava. Conclusa la fuitina arriva la mia prima bambina, dovete sapere che la mia è una famiglia al femminile, ne arriveranno altre due, tutte belle e meravigliose: la mia gioia grande e la mia forza di vita. Ma la via matrimoniale non è stata inizialmente facile, ero giovane, piena di vita, catapultata in una famiglia dignitosa e semplice, con le dinamiche classiche di tutte le famiglie patriarcali. E qualche volta, diciamo, abbiamo fatto un po’ di tempesta… ma io ho superato tutto questo e nonostante le difficoltà di inserimento sociale, lavorativo, familiare, non mi sono chiusa e stranamente quello stare insieme e quell’amore mi è rimasto dentro, nessun dolore me l’ha portato via, anzi nel tempo con la maternità e le prove per la mia e l’altrui salute, mi hanno resa come dire consapevole, rivolta anche agli altri, amici, parenti. Ho imparato a dimenticare offese e umiliazioni, me le facevo scivolare addosso.. aspettate non pensiate che non mi ribelli a quelle che vivo come ingiustizie, ma sò battermi, sopravvivo e ho imparato a vivere non ho paura di niente e di nessuno. Gli psicologi la chiamano Resilienza. Parlo ad un microfono anche se sono convinta di essere inadeguata, parlo con le persone di tutti i ceti sociali. Ma soprattutto le osservo le persone mettendomi non al di sopra ma accanto. Aiuto, le ragazze anoressiche mettendomi accanto a loro, le accolgo nel mio abbraccio e vi dico sono grande in questo, ci credo, perché ho visto che le persone, mentre le ascolto, mi guardano e a poco a poco si rasserenano e poi con il giusto percorso vincono sulla malattia. 121
incontri Le persone devono credere, che insieme ce la possiamo fare, che non esistono mali insanabili, rimangono le cicatrici, ma si supera tutto con lo stare insieme. Le famiglie che si rivolgono all’Associazione mi dicono: “non mi giudicare”…, io non sono un giudice, io sono una volontaria nata per accogliere in un abbraccio materno tutte le persone che si rivolgono a noi. La mia forza è la mia maternità assoluta, che riverso sugli altri e che mi fa stare bene. Gabriella Orazi Associazione Il Girasole Si occupa di persone con disturbi del comportamento alimentare
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