Esperienze di volontariato - Storia nr. 33 tratta da "Storytelling di Volontariato"

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Per ripartire Insieme Storia nr.33



incontri Esperienze di Volontariato

Da un autobus malridotto scesero ad Assisi una quarantina di bambini e pochi accompagnatori. Mia moglie ed io scrutammo i visi di quei bimbi, alcuni spauriti ed altri incuriositi, ma tutti con i visini stanchi dal lungo e scomodo viaggio. Avevano lasciato le proprie famiglie in Transilvania per passare due settimane in Italia, invitati da una associazione di volontariato nell’ambito di un programma di ospitalità. Avevamo già fatto questa esperienza l’anno precedente ed avevamo accolto con affetto una bambina di nome Lucia con la quale eravamo rimasti in contatto con una costante corrispondenza scritta. Avremmo voluto continuare questa esperienza con la piccola Lucia ma la decisione era di competenza dell’associazione rumena che aveva una sua precisa linea di condotta e che non prevedeva la possibilità di dare per più anni l’ospitalità allo stesso bambino. Solo per questo la nostra famiglia decise di optare per accogliere la più piccola tra i bambini rumeni. All’arrivo scorgemmo tra di loro il viso dolce di Lucia che avevamo ospitato l’anno precedente ma che questa volta era stata assegnata ad una famiglia di Deruta. Ci avvicinammo per salutarla e lei, dispiaciuta per l’impossibilità di venire con noi, ci presentò un frugoletto di soli otto anni con un viso dolcissimo e due occhietti vispi. Lucia ci disse che la bambina si chiamava Oana, che non conosceva l’italiano ma parlava piuttosto bene l’inglese. Salimmo in macchina, con la piccola, per tornare presso la nostra abitazione e durante il tragitto ci fermammo in un supermercato per prendere qualcosa da mangiare. Ci rendemmo subito conto che Oana aveva una conoscenza molto approssimativa dell’inglese, almeno quanto dell’italiano, ma aveva una intelligenza viva ed una allegria contagiosa. A casa incontrò nostro figlio e fu simpatia a prima vista; per lui era, probabilmente, la sorellina che aveva sognato. La bambina si ambientò immediatamente ma trovava qualche difficoltà a mangiare il cibo che preparavamo perché troppo diverso da quello del suo paese. In pratica i primi giorni voleva assaggiare tutto ma mangiava solo gelati e patatine. Invece si impossessò subito dei vecchi giocattoli di nostro figlio e soprattutto di una piccola bicicletta trovata in soffitta che imparò subito a guidare sotto i nostri sguardi un po’ preoccupati e un po’ divertiti. A vederla così spensierata e felice, pensavamo alla tristezza che ci avrebbe provocato vederla ripartire per la Romania. Oana, da parte sua, cambiava regolarmente discorso, sembrava quasi 161


incontri non preoccuparsi, convinta che tutta la mia famiglia e quella di mia fratello l’avrebbe seguita con l’automobile fino alla sua città di residenza. Arrivò addirittura a progettare un fidanzamento combinato tra mio nipote Andrea ed una sua amichetta rumena. Il giorno della partenza, e fino a che Oana non salì sull’autobus, passò piuttosto allegramente. Una volta salita sul mezzo Oana scoppiò in un pianto dirotto, si aggrappava al finestrino e, nonostante i rimproveri degli accompagnatori, non riusciva a calmarsi. Poi l’autobus partì, tra la commozione nostra e di tutte le altre famiglie ospitanti colpiti dalla disperazione della bambina. Al ritorno a casa la madre di Oana ci scrisse una lettera, molto commovente, nella quale ci descriveva l’entusiasmo della figlia per la sua permanenza nella nostra famiglia e ci scongiurava di rispettare l’impegno che avevamo preso con la piccola di andare in Romania a trovarla. Abbiamo rispettato l’impegno! Alla fine dello stesso anno partii con altri due amici, che avevano fatto la stessa esperienza, in un avventuroso viaggio in automobile; attraversammo l’Austria e l’Ungheria ed entrammo in Romania sotto una violenta tempesta di neve. All’arrivo in città ci aspettavano tutti i bambini che erano stati ospiti in Italia e le loro famiglie. L’incontro fu commovente e ci ripagò della stanchezza provocata dal lungo viaggio. La famiglia di Lucia e quella di Oana fecero a gara per ospitarmi ma gli organizzatori rumeni avevano deciso che dovevo alloggiare presso l’abitazione di quest’ultima bambina. L’anno seguente Oana riuscì a tornare ma solo per pochissimi giorni e ci fu detto che non era possibile farla tornare di nuovo, perciò la mia famiglia decise di invitare a casa nostra, per l’estate successiva, anche la madre. Fu un’esperienza questa veramente stupenda che ci permise di conoscere meglio la bambina e i momenti difficili passati in Romania con il regime di Ceaucescu e la fine dello stesso. Tra l’altro anche la loro famiglia aveva subito un trauma con l’allontanamento volontario del padre dal nucleo familiare. L’anno successivo, a seguito dello stato di salute di Oana, mia moglie ed io decidemmo di partire per la Romania per aiutare la bambina a curarsi passando una parte dell’estate nella città di Brazov nei Monti Carpazi. Ricordo ancora con piacere la sera che, tenendoci per mano, ci siamo incantati a guardare il cielo stellato di Brazov e la commozione di tutti noi al momento dei saluti. Poco dopo il nostro rientro in Italia la madre di Oana ci comunicò di aver ottenuto il divorzio e stretto una relazione con un italiano residente nei pressi di Firenze. Tutte e due vennero definitivamente 162


incontri in Italia dove la madre si sposò con il fiorentino e noi fummo i testimoni di nozze. La storia, a lieto fine, di questo stupendo rapporto tra Oana e la mia famiglia, è proseguita e prosegue ancora. Lei ora è una ragazza con un fisico da modella ma sempre con lo stesso viso dolcissimo; si è laureata in lingue e letteratura straniere all’Università di Firenze. Il giorno della discussione della sua tesi, oltre alla madre, al padre italiano e al suo fidanzato, Oana ha voluto che fossimo presenti mia moglie ed io. Naturalmente noi eravamo lì, commossi e preoccupati, a sugellare una rapporto di amore che non finirà mai. Ad anni di distanza mia moglie ed io possiamo soltanto aggiungere che siamo felici di aver aiutato Oana a superare le difficoltà della sua infanzia e successiva giovinezza ma che questa dolcissima amicizia ci ha arricchiti e ci ha dato la spinta per continuare, convintamente, a proseguire nell’attività di volontariato a favore dei bambini e giovani in difficoltà. Allora abbiamo pensato di guardare intorno a noi e cercare una situazione che meritasse un’attenzione particolare; l’abbiamo trovata vicino a casa nostra, lungo la strada che collega Agello a Mugnano dove un privato aveva ristrutturato una casa colonica, circondata da un ampio terreno coltivato a olivi, che domina la parte iniziale della Valnestore circondata dalle alture a est del Trasimeno. La struttura, denominata Nuova Alba, era stata poi affidata ad una cooperativa che assiste circa 30 giovani con disabilità psichica, in alcuni casi anche grave. Nel 2016 siamo stati contattati dal medico di base della struttura per un’azione di volontariato tendente ad inserire questi giovani nel tessuto sociale del territorio. Dopo alcuni incontri con gli psicologi e gli operatori, mia moglie ed io abbiamo proposto loro un progetto di laboratorio teatrale per favorire l’inserimento delle persone con disabilità e rimuovere gli ostacoli che procurano isolamento sociale Il progetto era rivolto a tutti, anche eventuali esterni, individui o agenzie del territorio. Si trattava di aiutare i partecipanti nella comunicazione attraverso l’auto-narrazione e il racconto del proprio vissuto al fine di ricostruire e rafforzare la propria identità e migliorare le relazioni interpersonali. La prima esperienza è stata piuttosto lunga e faticosa sia per la nostra insufficiente esperienza nel rapporto con la disabilità che per le difficoltà oggettive dei soggetti come la memorizzazione, il controllo della propria emotività e l’instabilità di carattere. è nato così il primo lavoro presentato ai fami163


incontri liari e alle autorità locali con il titolo “Terrestri ed extraterrestri... lunatici”. Il filo conduttore dello spettacolo, scritto in collaborazione con i partecipanti, narrava l’incontro tra terrestri ed extraterrestri, nei suoi aspetti fantastici, romantici e autobiografici sotto lo sguardo di una luna piena. L’accoglienza riservata allo spettacolo dagli spettatori ha spronato tutti a proseguire con il laboratorio ed abbiamo preparato dei piccoli spettacoli in occasione del Natale e del Carnevale. Il proseguimento del percorso non è stato facile sia per l’abbandono di alcuni partecipanti che per l’arrivo di nuovi ospiti ma il rapporto affettivo che si è creato ci ha fatto superare molte difficoltà. In pratica l’appuntamento settimanale del mercoledì è diventato un momento di attesa di incontro e di partecipazione sia per i ragazzi che per gli operatori anche in occasione di compleanni e festività. Dopo queste esperienze abbiamo insieme ricercato un tema di interesse comune e con un significato sociale. La scelta è caduta sul popolare romanzo di Luis Sepulveda “La Gabbianella e il Gatto che gli insegnò a volare” da noi rielaborata e adattata. I tempi di preparazione e realizzazione sono stati piuttosto lunghi a causa delle diverse capacità interpretative dei partecipanti. Alcuni di essi hanno dimostrato buone capacità espressive e di memorizzazione, altri hanno fatto un buon percorso con evidenti segni di miglioramento, di altri abbiamo accettato quello che erano in grado di esprimere. La “prima” dello spettacolo è stata presentato in una sala pubblica di Agello, anziché come i precedenti nella struttura, alla presenza, non solo dei familiari, ma delle autorità e di un folto pubblico che più volte ha applaudito e ha apprezzato lo sforzo dei protagonisti. Non è stato facile affrontare il pubblico per la prima volta. Qualcuno tremava, qualcun altro trovava difficoltà a tirar fuori la voce ma lo scrosciante applauso finale ha ricompensato il lavoro e l’impegno profuso. Ora stiamo programmando una nuova esperienza consci delle difficoltà ma determinati a proseguire nell’impegno. Gianni Dentini e Alessandra Moroni volontari

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