Italia-Etiopia un filo mai spezzato - Storia nr. 5 Tratta da "Srorytelling di Volontariato"

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Storia nr.5



incontri Italia-Etiopia un filo mai spezzato Paragono la mia vita, con le sue varie stagioni, ad una espressione algebrica che inizia alla nascita, con l’apertura di una parentesi graffa seguita da una quadra e poi da una tonda, andando avanti chiudi delle parentesi, ne apri delle altre, chiudi la quadra per il termine di periodi più importanti, ne apri altre e vai avanti con sulle spalle l’esperienza accumulata nelle parentesi precedenti, alla fine chiuderai anche quella graffa con una X. Tante sono le mie domande: Perché sono vissuta? Vi era un compito che dovevo svolgere? Perché sono nata in un posto anziché in un altro? Mi sono scelta io i miei genitori? A questo proposito ricordo che quando ero bambina e mi chiedevano dove sei nata? Io rispondevo Addis Abeba. Dove? Sì in Etiopia, ah! e quando sei arrivata in Italia? A gennaio 1943, avevo due anni, dopo un viaggio lunghissimo raccontatomi da mia madre perché io ero troppo piccola per ricordare. E qui inizia il mio racconto: nell’aprile del 1941 perdiamo l’Impero e diventiamo prigionieri degli inglesi, gli uomini inviati nei campi di concentramento in Kenia e India, donne e bambini sistemati prima nelle case Incis, a suo tempo costruite dagli italiani e poi nei campi di concentramento di Argheisa vicino alla Somalia. Strade polverose, siccità, caldo, malattie, molti bambini morti per il morbillo, mia madre accusa fortissimi dolori alla testa e perde l’udito, io mi ammalo di tracoma e perdo parte della vista. Finalmente nel novembre del 1942 il rientro in Italia con il Vulcania, una delle navi bianche della Croce Rossa Italiana, grandi navi tutte verniciate di bianco con una croce rossa che spiccava sulla fiancata. Il porto di Suez è chiuso alla navigazione e siamo obbligati alla circumnavigazione dell’Africa; gli Inglesi ci accompagnano sino allo stretto di Gibilterra e poi affrontiamo, in piena seconda guerra mondiale, il Mediterraneo con tutti i porti chiusi, superiamo lo stretto di Messina: una notte intera per attraversarlo, preceduti da una dragamine, un silenzio imposto a tutti, con la paura di saltare per aria, poi il primo sbarco a Bari per le donne del Sud che, salite sul treno 27


incontri perdono la vita in un bombardamento, per noi lo sbarco a Venezia a gennaio del 1943, dopo 40 giorni di navigazione. Mia madre mi raccontava che avevamo avuto un buon trattamento sulle navi, dove avevano cercato anche di festeggiare il Natale e il Capodanno, ho il ricordo di una bambolina che mi fu regalata per il Natale. Dopo un faticoso viaggio in treno, il rientro nella famiglia di mia madre a Caluso in Piemonte, accolta con fatica, perché figlia di un siciliano, quando mio padre ritornò da prigioniero nel 1946, dovemmo andare via e cercare un nuovo posto per abitare. L’inizio della mia vita è stato difficile! La svolta però è arrivata con l’assunzione all’Olivetti, la possibilità di avere un lavoro gratificante, l’accesso ai corsi di contabilità e di inglese, gli ultimi anni trascorsi a Cupertino in California. Con la pensione, i primi viaggi nel mondo e nel 1997 la voglia di andare a vedere dove ero nata: Addis Abeba con il quartiere italiano Piazza, dove mio padre e mia madre avevano la casa e le loro attività, ripercorrere le strade della prigionia, conoscere quel paese, che avevo sempre considerato come una seconda patria. Rimasi sconvolta dalla bellezza del posto, ma anche dall’estrema povertà che non avevo riscontrato nemmeno in India ed in altri paesi sottosviluppati. Fui però altrettanto affascinata dai valori della gente, un popolo fiero e sereno, a cui noi non avevamo nulla da insegnare per civilizzarli, un paese dove convivono Cristiani copti, Mussulmani e animisti con tradizioni antichissime. Tramite l’amicizia con una famiglia etiope ebbi modo di conoscere Tsige Roman Gobezie Goshu una donna etiope molto determinata con un incredibile coraggio. Prima donna laureata di tutta l’Etiopia, il marito imprigionato dal regime di Menghistu, per sfuggire alle persecuzioni politiche fu costretta a fuggire rifugiandosi negli Stati Uniti dove, dopo il conseguimento di una seconda laurea in California, lavorò per 23 anni per una catena di farmacie. 28


incontri Tornata per una vacanza in Etiopia, durante il periodo della guerra con l’Eritrea, si rese conto delle condizioni di estrema povertà in cui versava la sua gente ed in particolare gli anziani, del tutto abbandonati dallo Stato. Decise così, con coraggio ed abnegazione, di impegnare tutte le sue risorse: andò in pensione anticipata, vendette tutto quanto possedeva, investì la sua liquidazione al fine di fondare un’associazione in America, registrata anche in Etiopia, per la raccolta di fondi. Fattasi assegnare dal Governo un grosso appezzamento di terreno, con l’aiuto di un ingegnere italo americano, costruì la prima casa per anziani, poi estese il progetto ai bambini abbandonati nelle strade, inserendoli in scuole per l’infanzia ed elementari. Quando ricevetti una sua richiesta di aiuto, l’accolsi, facendo nascere in Italia un’associazione con il suo nome, perché volevo aiutarla a realizzare il suo sogno. Devo dire che mi è quasi sembrato un atto di restituzione per il nostro periodo passato, ma soprattutto mi piaceva l’idea di una donna italiana che aiutasse una donna etiope. Ora il progetto si è ampliato: garantisce l’assistenza domiciliare ad anziani non autosufficienti, sponsorizza la frequenza scolastica di circa 850 bambini, promuove la coltivazione della terra, l’allevamento di animali e la vendita dei prodotti per raggiungere l’autosufficienza. Attualmente hanno trovato lavoro una ventina di persone: da una casa per anziani si è sviluppato un bellissimo esempio di integrazione fra anziani e bambini, un’opportunità per dare lavoro e dignità ad un popolo. Questo progetto mi piace particolarmente perchè Il Sogno di Tsige è forse la prima organizzazione occidentale a cooperare con una associazione africana senza assumerne la guida del progetto, ma ponendosi nella logica di aiutare, consigliare, collaborare per sostenere a 360 gradi l’attività che Tsige Roman Gobezie Goshu svolge. L’Associazione in Etiopia vuol dare autosufficienza al progetto per garantire dignità e lavoro ad una terra dove la povertà e la morte per fame sono endemici, perché in questo momento è necessario portare avanti progetti come questi, che rappresentano l’unico modo per 29


incontri contrastare la tragedia dei migranti e dei loro barconi che affondano nel Mediterraneo. Con 80 euro inseriamo a scuola un bambino per tutto l’anno e con 200 euro diamo assistenza domiciliare ad un anziano non autosufficiente nella propria casa. Cercare di evitare l’emigrazione, perchè di fronte alla tragedia giornaliera delle migrazioni, ritengo sia sempre più importante aiutare i popoli a stare nei propri paesi, viaggiare è bello ma solo come turisti. In Italia l’associazione vuole sensibilizzare i giovani e offrire momenti di tempo libero qualificato all’interno di alcune residenze socio assistenziali per anziani. In collaborazione con un’antropologa ed uno storico presentiamo il progetto nelle scuole, incentivando lo scambio culturale fra le scuole etiopi e gli istituti scolastici italiani al fine di creare un percorso di conoscenza della cultura etiope e della presenza italiana in Etiopia, che permettano agli studenti di conoscere ed approfondire i concetti di identità, cultura, etnia, e relativismo culturale, mediante anche uno scambio di lettere fra le scuole dei diversi paesi. Importante è anche richiamare un periodo di storia dimenticato che ha portato alla conquista armata di un paese e alla sua colonizzazione. A questa avventura parteciparono migliaia di italiani, molti costretti, perché richiamati alle armi, altri per una scelta personale ideale, legata all’epoca fascista, o per cercare nuove opportunità che l’Italia degli anni trenta non offriva. Stiamo realizzando due nuovi progetti: “La luce della conoscenza ai bambini poveri” che, grazie al contributo della Tavola Valdese, permette ai bimbi di famiglie indigenti di avere libri, quaderni e strumenti informatici per produrre, stampare e rilegare da soli i libri, nonchè degli scaffali per riporli. “La luce della musica ai ragazzi non vedenti” grazie ai contributi avuti lo scorso anno, abbiamo fornito strumenti musicali ed un sistema di amplificazione a ragazzi di una scuola per non vedenti, che ora stanno studiando musica e canto per la realizzazione di una 30


incontri banda musicale, che darà loro la possibilità di esibirsi in pubblico e poter così guadagnarsi da vivere ed essere autosufficienti. Credo che per affrontare meglio il futuro sia importante conoscere il passato e nel suo ricordo trovare la linfa per costruire. Mi piace pensare che questo forse è anche il mio compito da svolgere prima di chiudere l’ultima parentesi graffa. Augusta Castronovo

Associazione il sogno di Tsige Collaborazioni con l’Etiopa per progetti con giovani e anziani

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