Storia nr.7
incontri Piccola storia di una volontaria qualunque Chi ci avesse viste stamattina al Centro Commerciale, tutte prese dalle novità dell’abbigliamento primaverile, eccitate come due ragazzine, avrebbe pensato a due amiche affette da shopping compulsivo… “Come sto?” “Benissimo…devi però dimagrire un po’. Questi pantaloni giallo senape ti cadrebbero meglio…” “E la camicetta a righe bianche e azzurrine?”. “ E’ un classico. Ti tornerà utile in mille occasioni, ma ti basta una taglia in meno, appena ti riprenderai un poco, andiamo insieme a camminare, devi diventare bella tonica, stare all’aperto ci farà bene: sole, aria libera, ci si stanca e poi si dorme meglio, e i pensieri che inquietano li cacciamo via”. Elisa ed io ci conosciamo da meno di un mese. E’ stata operata di cancro al seno quindici giorni fa ed è ancora dolorante per i punti. Io sono volontaria, da qualche anno presidente di un’associazione che accoglie e sostiene donne operate di cancro, soprattutto di tumore della mammella. Sono una di loro e continuo a sentirmi profondamente una di loro. Con Elisa sto facendo volontariato, ma con lei vivo con gioia anche questi momenti un po’ frivoli, di leggerezza; la prossima settimana l’accompagnerò alle sedute di radio ed alle visite: oggi no! oggi proviamo vestiti. Mi sono ammalata quasi vent’anni fa, ero ancora giovane, un marito sempre in viaggio per lavoro, tre figli piccoli, ho creduto che la mia vita finisse in quel giorno di luglio in cui arrivò, a bruciapelo, la terribile diagnosi. In quei giorni un’amica, che si era ammalata di cancro qualche anno prima, mi ha salvata e mi ha convinta con non poche pressioni, io ero esitante e con molte paure ad entrare in associazione e, quasi subito, decisi che non solo avrei cambiato qualcosa nella mia vita, ma che avrei fatto di tutto per dare una mano anche alle altre. 35
incontri Riprogettare la propria vita! Facile a dirsi, molto meno a metterlo in pratica. Eppure se mi ero ammalata qualche motivo c’era, oltre alla solita sfiga; per impedire in qualche modo alla malattia di ripresentarsi, avrei messo in atto ogni strategia: lotta sì, fino all’ultimo! Ed è proprio stata lotta e guerra vera. Si rivede l’alimentazione, si dà più spazio al movimento fisico, ci si fa guidare da una psicologa, ma è il gruppo a dare il contributo più grande: incontrare altre donne che ce l’hanno fatta, che ti incoraggiano, che ti trattano come una sorella, a cui puoi raccontare tutto quello che non osi dire ai tuoi cari che sono più spaventati di te. Le altre volontarie sanno quando hai i controlli, ti scrutano, discrete e vigili, quando ricompari dopo qualche tempo di assenza, ti propongono nuove esperienze: un corso di spagnolo, la visione di film, se sono sciocchini e fanno ridere è meglio, mezza giornata in un centro benessere, convegni a gogò, perfino un corso sulla morte. Tutto fatto per senso del dovere e mai più riproposto alle nuove socie: c’è un limite a tutto!!! Da brava piemontese, esageruma nen! Il cancro vissuto da sola, pur con la presenza di famiglia ed amici, mi avrebbe fatto molta più paura; sarebbe stata una presenza silenziosa, inquietante, assillante, ma vissuto con altre donne, è stato diverso, molto diverso. Ci si dimentica almeno un poco della propria situazione personale se si aiutano le altre, se si ascoltano le loro storie, se ci si accompagna in un pezzetto di cammino. Si impara a conoscere le loro famiglie, le luci e le ombre delle altre esistenze, si scoprono le passioni, gli hobby, spesso emergono attitudini e capacità che non si pensava di avere. La malattia può tirare fuori il meglio e il peggio di ognuno di noi. Vivere il cancro in associazione ti fa capire i tuoi limiti, la tua precarietà e quella delle altre, ma moltiplica la tua voglia di vivere, di divertirti, di stare bene, e non solo fisicamente. Nella nostra associazione sono presenti, per disposizioni di statuto, sia donne che si sono ammalate di cancro sia donne “sane”, anche se qualcuna dice spiritosamente che di “sana” non ce n’è neppure una! Si affiancano i servizi ospedalieri nella Prevenzione Serena, acco36
incontri gliendo le donne che si presentano alla mammografia periodica; si organizzano conferenze ed eventi per promuovere stili di vita salutari, indirizzati a tutta la cittadinanza. Alle socie sono proposti laboratori creativi ed artistici per permettere ad ognuna di trovare nuove modalità espressive e gratificanti. Si visitano mostre, si cammina sui sentieri della campagna, qualcuna disegna e dipinge, qualcuna, come me, scrive; la scrittura diventa uno spazio per testimoniare, per evadere, per sfogarsi, per raccontarsi, per denunciare disservizi e malasanità oppure, all’opposto, per sottolineare gli incontri in campo sanitario che hanno salvato. Ho iniziato a scrivere poesie, proprio dopo un laboratorio di scrittura espressiva vissuto all’interno del gruppo; era dagli anni dell’adolescenza e dei diari segreti che non scrivevo più testi di fantasia, solo relazioni, lettere d’intenti, programmi: tutto molto più arido, sicuramente professionale ed utile, ma poco “mio”, poco gratificante. Scrivere mi ha permesso di dare voce ad una parte di me che “dormiva”, che non osava cimentarsi e meno che mai mandare i testi a concorsi, sottoporsi al giudizio di altri e alla prova. Ho imparato a percorrere anche questa strada; talvolta uso quello che scrivo per donarlo alle altre donne e c’è sempre qualcuna che si riconosce nelle mie parole e mi dice: “Anch’io la penso così, anch’io provo queste stesse sensazioni”. Una sorta di “sorellanza” doppia che passa attraverso la malattia e le parole, la scrittura. Si impara a chiamare la malattia con il suo vero nome, “cancro”, a smitizzarla, a denudarla; se io pronuncio il nome del mio nemico, lo individuo, lo affronto, lo combatto, forse riesco anche a vincerlo; il cancro diventa strumento, può perfino diventare un’opportunità. Che cosa significa essere volontaria? Per me significa restituire un poco di quello che ho ricevuto e che continuo a ricevere, in ricchezza di relazioni e di incontri. Nell’attività di volontariato ci sono anche problemi, impegni assunti e da portare avanti, persone che di te si fidano e che non puoi abbandonare. A volte l’equilibrio è labile, vorrei avere più tempo per me e avverto il peso nel rispondere a certe richieste, ma quasi sempre anche “l’obbli37
incontri go” che sembra più noioso o difficile porterà con sé qualcosa di nuovo e di stimolante. Imparo tutti i giorni dalle altre volontarie diverse, questa diversità è una ricchezza, ma anche una fatica. La nostra associazione è composta totalmente da donne: la psicologia dei rapporti interni è complicata, ci sono talvolta polemiche, caratterini da prima donna, oppure le timide da stanare, le permalose, le critiche negative, chi ha un’eccessiva vocazione al comando, chi deve fare tutto da sola fino a schiattare, eppure, io amo la mia associazione e voglio profondamente bene a tutte le donne che ne fanno parte. A qualcuna sono più legata, per storia personale o per affinità elettive, ma tutte hanno uno spazio ben definito e ognuna fa la sua parte. Qualcuna dopo qualche tempo di attività lascia, forse perché non si riconosce nei cambiamenti del gruppo che come ogni realtà ha la sua evoluzione. Qualcuna prova a partecipare, ma non trova quello che le è utile, oppure cambiano le sue condizioni di vita, non ha più tempo per dedicarsi agli impegni presi in precedenza o semplicemente non le interessano più. Dispiace quando ci sono distacchi, spiace ma succede; io credo che anche questo significhi essere volontario e avere incarichi di responsabilità in un’associazione di volontariato, saper accettare le critiche, i distacchi, gli allontanamenti. Occorre analizzare le cause dei “fallimenti”, ma poi andare avanti, fare dei bilanci, ma realisticamente godere dei risultati raggiunti e mirare a quello che può essere il bene ulteriore del gruppo. A volte le frustrazioni vengono dall’esterno, dalle difficoltà di rapportarsi con le istituzioni: doveroso, ma a volte faticoso confronto, ma è necessario impegnarsi nelle battaglie comuni: anche una piccola associazione territoriale può dare il suo contributo all’interno di una Rete, per sollecitare risposte ed interventi su problematiche importanti come quelle della salute. Occorre lottare per il riconoscimento del diritto alla cura, la migliore possibile e ancor di più perché l’umanizzazione dei luoghi di cura si trasformi, da bella espressione, in realtà concreta. Un volontario o una volontaria qualunque, come me, può contribuire a tutti questi obiettivi: migliorare la propria situazione personale, 38
incontri mettendosi alla prova, imparando e potenziando anche la valorizzazione di sè; migliorare la realtà della propria associazione, promuovendo il benessere delle donne del gruppo; lavorare sulla prevenzione a tutto campo e sul riconoscimento dei diritti nel percorso di cura. E’ un impegno etico e significa volersi bene e volere il meglio anche per gli altri, per il pezzetto di società in cui si è chiamati ad agire. C’è molto da fare, molto da imparare, molto da realizzare, ma tutto questo dà un senso diverso e un gusto intenso all’esistenza. Scopro continuamente nella relazione con gli altri, che parte dal volere aiutare e diventa un essere a mia volta aiutata, una delle esperienze che danno più significato alla vita. LA CORDATA Appesa in parete. Sotto, il vuoto. Fatica e freddo polvere, graffi… Si va legati. C’è sempre chi fa forza, sostegno. Qualche sosta in uno spazio davvero ristretto. Tutto intorno il vuoto. Così bello 39
incontri da togliere il respiro. Suggerisce quanto facile sia morire. La cura assomiglia ad una scalata. E’ stare appesi in parete, guadagnar metri con fatica in salita. Sospesa nel vuoto ma non sola. Sola mai raggiungerò la meta. Il bisturi ha inciso la mia carne, non si alza più il mio sguardo. Guardo in basso, si allarga l’abisso. Ma qualcuno fa forza e va per primo. 40
incontri Il mio corpo è imbragato, sorretto, aiutato. Il cancro è alle spalle, lo spingo nel vuoto e guardo in alto… Salgo e salgo, mi riempio di luce. La meta è qui, la cima è raggiunta. Non sono guarita o forse sì. Recupero forze, mi riempio di immensità. Non sono sola. La forza è nella cordata. Valeria Martano Associazione VITA Chieri Vivere Il Tumore Attivamente Affrontare la paura, la sofferenza in gruppo con una rete di rapporti contro la solitudine e ri-progettare l’esistenza
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