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“L’insegnamento di Monaldo”. Le biblioteche d’autore in Umbria: problemi e prospettive
MARIO SQUADRONI
“L’insegnamento di Monaldo”1. Le biblioteche d’autore in Umbria: problemi e prospettive
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Un insieme di libri diventa biblioteca, quando un’idea, uno spirito, un carattere, un ruolo si fondono e si trasformano in un patrimonio personale destinato, nella sua integrità, a essere un ‘bonum loci’, un bene della propria comunità.
Nel corso della mia più che quarantennale attività come funzionario e dirigente della Soprintendenza archivistica per l’Umbria prima, e archivistica e bibliografica dell’Umbria e delle Marche poi, sono venuto a contatto con tante persone che, avendo svolto un ruolo di rilievo nella Società, avevano accumulato, nel corso degli anni, o ereditato dai loro avi, un patrimonio archivistico e bibliografico di grande rilievo storico che desideravano venisse conservato dallo Stato e valorizzato.1
Troppo spazio occorrerebbe per parlare diffusamente della soluzione adottata in ogni singolo caso per mettere al sicuro questo prezioso patrimonio culturale.
La prassi era comunque sempre la stessa. La Soprintendenza dichiarava l’archivio di “notevole interesse storico”, facendolo diventare un bene culturale, il proprietario lo donava allo Stato il quale si prendeva l’onere della conservazione permanente presso gli Archivi di Stato di Perugia e Terni e rispettive Sezioni, consentendone l’accessibilità.
1. «Perciò la biblioteca del palazzo, dove i due lavoravano gomito a gomito per ore ed ore, non sembrò mai a Monaldo una «prigione», ma il laboratorio necessario, il lungo tirocinio verso la gloria alla quale sentiva chiamato il figlio Giacomo». Monaldo Leopardi, Autobriografia. Edizione critica a cura di Anna Leopardi di San Leopardo, Il lavoro Editoriale, Ancona 1993, p. 10.
A partire dagli inizi del 2016, con decreto ministeriale del 23 gennaio, sono state conferite al Ministero dei beni culturali e ambientali e del turismo anche le funzioni di tutela in materia libraria, prima affidate alle Regioni. Questo provvedimento ha comportato una modifica nella denominazione delle soprintendenze che sono diventate archivistiche e bibliografiche.
Quindi le Soprintendenze, da tale data, si sono occupate non solo della tutela degli archivi privati di famiglie e di persone ma anche delle loro, significative biblioteche.
In questa sede, così come richiesto dall’amico Giuseppe Bearzi, concentrerò la mia attenzione più sulla tutela del patrimonio bibliografico che su quello archivistico. La tendenza delle persone a rivolgersi alla Soprintendenza per cercare di trovare una soluzione circa la conservazione futura del loro patrimonio librario si fa sempre più frequente e insistente. Molte persone, pur essendo andato in pensione nell’ottobre del 2017, seguitano a rivolgersi anche a me per avere consigli su come “muoversi” correttamente.
Nella totalità dei casi vengo contattato da persone avanti con l’età (dagli 80 ai 90 anni) le quali vorrebbero che il loro patrimonio libraio, formato da migliaia e migliaia di libri, che rappresenta anche i loro interessi e le loro passioni, non venisse disperso ma conservato
nella sua integrità e messo a disposizione degli studiosi. Perfettamente consapevoli che gli eredi diretti non hanno alcun interesse a conservare queste loro ricchissime e specialistiche Biblioteche, messe insieme con tanto amore, vorrebbero trovare, prima di morire, delle soluzioni adeguate affinché questi loro patrimoni culturali di libri, che intendono donare, non venissero smembrati, saccheggiati, scremati, dispersi o addirittura buttati, ma conservati nella loro integrità.
Queste tipologie di biblioteche possono rientrare a buona ragione nella definizione di “Biblioteche d’autore”.
Per Biblioteca d’autore, scrive Giuliana Zagra, si intende:
Una raccolta libraria privata e personale che, per le sue caratteristiche interne, tramite i singoli documenti e nell’insieme della collezione, sia in grado di testimoniare l’attività intellettuale, la rete di relazioni, il contesto storico culturale del suo possessore. Sebbene non ne siano definiti i confini cronologici, l’espressione è nata per identificare in particolare le raccolte di autori novecenteschi che negli ultimi anni sono confluite in gran numero nelle biblioteche e negli archivi pubblici. La biblioteca d’autore è pertanto definibile tramite due indicatori: • provenienza, poiché si tratta di raccolte appartenute e prodotte da personalità che si sono distinte nella comunità culturale in ambiti diversi: scrittori, giornalisti, critici, artisti, architetti, scienziati, ecc.; • la omogeneità della raccolta, dal momento che i documenti – nel loro insieme e organicamente – sono in grado di riflettere l’impegno costante, gli interessi, il contesto storico culturale di chi l’ha costituita. Essa fornisce allo studioso uno strumento interpretativo e di conoscenza poiché documenta i percorsi di lettura, la formazione, il contesto culturale del suo possessore.
In tutta Italia il problema della conservazione e della gestione di un così importante patrimonio culturale che non deve assolutamente andare disperso, ma, al contrario, conservato nella sua totale integrità è ormai presente da anni e se ne occupa la Commissione nazionale biblioteche speciali, archivi e biblioteche d’autore dell’Associazione italiana biblioteche, che ha prodotto sull’argomento un’importante bibliografia cui fare riferimento2. Il primo merito della Commissione è quello di aver predisposto un documento di eccezionale importanza: le linee guida sul trattamento dei fondi personali che indicano come agire correttamente, consultabili online3 .
La Commissione è partita, nel formulare iniziative e attività, dalle riflessioni contenute in un saggio, edito nel 2016, dall’umbra Fiammetta Sabba, docente di Bibliografia e Biblioteconomia dell’Università di Bologna che è, sicuramente, una delle più ferrate in materia4. Per un’ottima visione generale sullo stato dell’arte si deve tenere conto di quanto scrive la stessa Sabba sul tema nelle riflessioni finali al Convegno, che ha curato con Giovanni Di Domenico, e di cui sono usciti gli Atti, che è l’ultima, enorme, positiva iniziativa culturale dove si fa il punto della situazione dopo tanti anni d’impegno e studi5 .
Dalla lettura di questi due saggi emergono le questioni adesso più critiche, che non sono poche. Mi limito a ricordarne alcune. Il primo punto di partenza è sempre quello di una opportuna opera di costante sensibilizzazione al problema verso i detentori di questi beni documentari, poi bisogna agire, fin dai primi momenti, tenendo conto di quanto scritto nelle linee guida esistenti, con capacità di analisi. Non tutte le raccolte, infatti, sono meritevoli delle risorse pubbliche, di tenere occupati spazi e di interventi di trattamento. Altro proble-
2. La Bibliografia di quanto finora scritto sulle biblioteche d’autore è reperibile nel sito: https://www.aib.it/ wp-content/uploads/2019/10/Bibliografia-ver.-17-ottobre-2019-ultima-versione-pubblica-sul-sito-1.pdf. 3. https.//www.aib.it/struttura/commissioni-e-gruppi/gbaut/strumenti-di-lavoro/linee-guida-sul trattamento-dei-fondi personali/. 4. Fiammetta Sabba, Biblioteche e carte d’autore: tra questioni cruciali e modelli di studio e gestione, «AIB Studi», 56 (2016), n. 3, pp. 421-434. Su tale importante argomento vedi anche Silvia Tripodi, Biblioteche e archivi d’autore: questioni aperte e riflessioni metodologiche, in «Arabeschi», n. 12, luglio-dicembre 2018, pp. 173-178 e relativa ricca bibliografia, consultabile anche online. 5. Vedi: Il privilegio della parola scritta. Gestione, conservazione e valorizzazione di carte e libri di persona, a cura di Giovanni Di Domenico e Fiammetta Sabba, AIB, Roma 2020.
ma da non sottovalutare è quello dei contratti di donazione e/o acquisto, i quali necessitano di attenzione alle implicazioni di tipo innanzitutto giuridico che potrebbero venire poste dalle clausole degli eredi.
In Umbria, ormai da qualche decennio, l’acquisizione a qualsiasi titolo di beni bibliografici e archivistici da parte di enti statali: Archivi di Stato di Perugia e Terni e Sezioni di Archivi di Stato di Assisi, Foligno, Gubbio, Orvieto, Spoleto, Università degli Studi; di enti pubblici: Comuni, Provincia e Regione, ma anche di importanti istituzioni culturali locali come ad esempio la Deputazione di storia patria per l’Umbria, non è più possibile. Questo perché i depositi archivistici e bibliografici sono saturi. In alcuni casi, per mancanza di spazio, la documentazione è stata messa “in doppia fila” o ammassata l’una sull’altra. Gli stessi enti, anche a causa della mancanza di personale e del ricambio generazionale, a stento riescono a garantire la conservazione e la fruizione di quel che già possiedono. Non possono e non vogliono acquisire altro. Il limite massimo è stato ormai ampiamente superato. La situazione circa la conservazione fisica dei beni archivistici e librari è al limite. Gli enti pubblici e statali, in particolare gli organi periferici del MIBACT, hanno fatto miracoli, avendo messo in sicurezza e recuperato tanti beni culturali in occasione dei numerosi terremoti che periodicamente colpiscono il territorio umbro, ma ora non sono più in grado di accogliere ulteriori beni documentari.
Bisogna trovare subito una soluzione al problema. Troppo spesso, infatti, questi beni cartacei, alla morte del proprietario del bene o come produttore e conservatore, o come collezionista o come semplice cultore di un hobby finiscono per disperdersi, smembrarsi; perché non interessano gli eredi; perché le case moderne sono sempre più piccole; perché viene improvvisamente a mancare l’unico esperto che ha promosso ed organizzato con cura la stessa raccolta; perché nella fretta e frenesia dei nostri giorni (molto più spesso di quanto si creda) dopo la morte del collezionista, piccoli e grandi patrimoni vengono letteralmente affidati per pochi soldi ai robivecchi, chiamati a svuotare e liberare in fretta garage, soffitte o interi appartamenti.
Da una parte non c’è più spazio, dall’altra c’è voglia di donare. Quale soluzione trovare? Prima di rispondere vediamo cosa ha già fatto Intra “biblioteche dei libri salvati”.
L’attività di Intra (a cura di Giuseppe Bearzi)
L’idea delle “biblioteche dei libri salvati” si è ispirata alle biblioteche delle istituzioni pubbliche il cui scopo è “la conservazione e l’attuazione di attività sociali e giuridiche stabilite tra l’individuo e la società o tra l’individuo e gli organi centrali e locali dello Stato, sottratte all’arbitrio individuale, e del potere in generale”, ma anche a quelle private di scienziati, studiosi, ricercatori, bibliofili appassionati di una specifica disciplina.
Le “biblioteche dei libri salvati” non possono né vogliono fare concorrenza alle biblioteche pubbliche né essere così accurate nella specializzazione come quelle private degli studiosi. Il loro ruolo è raccogliere e quindi documentare l’evoluzione dinamica di una tematica cara o caratterizzante un gruppo, una categoria, una comunità, una scuola, una civitas.
Per deliberata scelta dell’associazione INTRA che le ha fondate, le “biblioteche dei libri salvati” sono qualificate dal fatto di essere “tematiche”, rappresentative di un focus, un unicum, un ubi consistam spesso unico e irripetibile. Esse raccolgono i libri relativi a una categoria, comunità, scuola in primo luogo per alimentare il suo pensiero e poi per approfondirlo, farlo evolvere e progredire. Sono inoltre “multilingue”, giacché oggi si scrivono e ieri si sono scritti libri su qualsiasi tema in tutte le lingue.
Se Leopardi non avesse avuto a disposizione, oltre al proprio genio, la biblioteca del padre Monaldo, difficilmente sarebbe diventato il poeta che conosciamo e la sua fama si sarebbe limitata alla sua gobba.
I libri che persone fisiche e giuridiche alienano, e che INTRA raccoglie, variano da qualche decina di testi a intere biblioteche che spesso, per necessità, disinteresse o disaffezio-
ne, sono prima smembrate con doni di libri a parenti, amici e conoscenti e poi con vendite tramite la Rete o con scarichi nei cassonetti o alle riciclerie. Questa mutilazione o decomposizione, successiva in genere alla morte del proprietario, a un trasferimento, a un mutamento d’interessi, fa sì che il perfetto unicum di quella biblioteca sia vanificato.
Pure INTRA l’ha fatto, però oggi sa che in futuro non dovrà più accadere. Dovrà invece studiare soluzioni che evitino dispersioni e sia salvato tutto ciò che potrà essere utile in futuro tanto ai responsabili degli archivi di Stato, ai musei, alle biblioteche pubbliche e private interessate a ricevere parte di quei libri; quanto ai rapporti con le riciclerie, le biblioteche che devono alleggerire i loro scaffali, le persone fisiche e giuridiche che vogliono donare piccole o grandi quantità di libri.
Il ritiro di biblioteche intere
Nel vissuto di INTRA la maggior parte dei libri ricevuti è arrivata principalmente in lotti di modeste dimensioni, molto spesso quali rimanenze di biblioteche già spolpate da donazioni ad altri. Non è però mancato il ritiro di biblioteche intere anche ricche, che sono state smembrate presso il Centro Raccolta e Smistamento di Marsciano dell’associazione INTRA per la necessità di dividere per tema i libri in arrivo. Tale scelta organizzativa è stata fatta e continua per facilitare il ritiro dei libri da parte dei responsabili delle “biblioteche tematiche dei libri salvati”, sparse sul territorio.
Le biblioteche ritirate per intero sono state poche e solo alcune furono fortemente tematiche: quella che costituì il primo nucleo di cinquecento libri, donata da Gigliola Casaccia, non era fortemente caratterizzata; quella di Pino Tagliazucchi (sindacalista, ricercatore, studioso, storico, scrittore, poeta, viaggiatore), che pressoché integra è ora inattiva ad Allerona, fu dedicata a Vietnam e Storia Contemporanea; quelle di David Mc Taggart (fondatore di Green Peace) e di Sidney Holt (biologo inglese fondatore della scienza della pesca), sono invece a Paciano in una dedicata con i libri forniti da INTRA all’Ambiente; quella romana degli eredi Giuggioli, che avrebbe dovuto andare a Foligno ed essere dedicata alla Resistenza, poi si è persa nelle beghe e nelle nebbie. E, per finire, quella di Elemire Zolla (filosofo e storico delle religioni), non fu acquisita proprio perché INTRA non riuscì a trovare un’adeguata struttura per quel patrimonio di circa diecimila libri.
La gamma dei libri delle “biblioteche INTRA dei libri salvati” è tematica e basata su un’acquisizione casuale e disorganica, basata sulle donazioni, ossia sul caso che, in quanto imprevedibile, può esprimere pure testi rari e preziosi. La gamma delle biblioteche private di valore è anch’essa tematica, però è organica e rispondente alle esigenze specialistiche e finalizzate degli studiosi che l’hanno pazientemente costruita. Per tale ragione dovrebbe rientrare a buon diritto nella sfera meritevole della “conservazione e attuazione di attività sociali e giuridiche stabilite tra l’individuo e la società o tra l’individuo e gli organi centrali e locali dello Stato, da sottrarre all’arbitrio dell’individuo e del potere in generale”.
Allorché uno scienziato, uno studioso, un ricercatore o un bibliofilo completa il suo cammino terrestre alla sua biblioteca dovrebbe essere riconosciuta l’appartenenza a tale sfera e chiesto o imposto ai suoi eredi di mantenerne intatto il corpus. Per far sì che quel corpus si trasformi in disponibilità e attività utili alla nazione lo Stato dovrebbe esercitare il diritto di prelazione in caso sia ceduto dagli eredi in tutto o in parte, così come accade per altri beni d’interesse nazionale ereditati o scoperti (Ringrazio Giuseppe Bearzi per questo contributo sull’attività di INTRA e per altri preziosi suggerimenti).
Alcune proposte di lavoro
L’attuale normativa in vigore per i beni archivistici e bibliografici che la competente Soprintendenza archivistica e bibliografica ha ritenuto essere di eccezionale interesse culturale, già prevede, a carico dei proprietari, obblighi e divieti circa la conservazione, la salva-
guardia e la fruizione. Le norme relative alla tutela ci sono e sono sufficientemente efficaci per quella parte di patrimonio privato che si è riusciti ad individuare.
Ciò nonostante esistono tante biblioteche private, ma anche archivi, collezioni o raccolte interessanti e meritevoli che spesso sfuggono all’opera di vigilanza esercitata dalla Soprintendenza con gravi rischi di manomissioni e dispersioni.
In questo caso, in sintonia con le istituzioni preposte per legge, bisognerebbe studiare dei modi, delle tecniche atte a favorire interventi per prendere contatti con i proprietari, possessori o detentori di questi beni culturali per valutarne l’importanza e precostituire, con il loro consenso e nelle forme e nei tempi da concordare, la loro conoscenza e valorizzazione e, sottolineare nel contempo, il ruolo positivo di chi le ha con passione e competenza raccolte, accudite e organizzate.
Si dovrà in pratica favorire e incoraggiare il passaggio dalla sfera privata a quella pubblica, di beni documentari, grandi patrimoni che in molte case private sono presenti in forma anonima da decenni, forse da secoli, qualora tali beni corrano il rischio di dispersione a causa di mutamenti di proprietà, derivanti anche da trasmissioni ereditarie. Sono proprio questi i casi in cui il nuovo proprietario del bene, non avendo la possibilità di poterlo conservare per valide ragioni, si trova a dover, anche contro voglia, disfarsene ricorrendo a volte anche al mercato antiquario o mercatini dell’usato. Questo potrebbe essere evitato qualora ci fossero strutture ricettive che si impegnino formalmente a prendere tali beni in consegna, catalogarli, schedarli e prevederne un uso pubblico.
L’ente pubblico ricevente, già dall’atto della pre-donazione, si impegna a mantenere integro il fondo archivistico e bibliografico o l’insieme dei beni in via di acquisizione, che in futuro assumeranno come denominazione il nome del donatore o della sua famiglia; garantirne la buona conservazione da furti e smembramenti; renderli consultabili per facilitarne l’accesso a studiosi e ricercatori.
Un punto che non può essere trascurato riguarda quello della collocazione fisica dei beni documentari donati che dovrà essere adeguata e coerente con la tipologia della documentazione acquisita. In altri termini la biblioteca di un archeologo, di uno storico dell’arte, di un architetto dovrebbe essere possibilmente conservata da Istituzioni che hanno a che fare con queste materie, non la metterei presso la Biblioteca della Facoltà di Agraria, dove invece collocherei volentieri le biblioteche di persone che si sono occupate di tale materia. Insomma la tipologia della Biblioteca donata dovrebbe suggerire il luogo migliore per la sua destinazione finale, fatte salve le volontà primarie del donatore.
Il punto critico, come sopra si è avuto modo di dire, è quello degli spazi: infatti, la quasi totalità degli enti pubblici (Comuni, Province e Regione) ma anche di quelli statali (organi periferici del MIBACT), e le istituzioni culturali in genere non ne hanno più a disposizione e per questo non sono in grado nemmeno di accettare donazioni liberali. Senza una adeguata politica di acquisizione di nuovi e capienti contenitori si corre il concreto rischio che un immenso patrimonio documentario vada irrimediabilmente perduto.
La realizzazione e la messa a punto di queste idee richiede il concorso prima di tutto del MIBACT – Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Umbria, ma anche della Regione Umbria, delle Province di Perugia e Terni, dei Comuni dell’Umbria, dell’Università degli Studi di Perugia, delle Fondazioni, e istituzioni culturali in genere che hanno a cuore e conoscono il valore delle biblioteche. L’Associazione italiana Biblioteche – Sezione Umbria, l’Associazione nazionale archivistica italiana – Sezione Umbria, la Deputazione di Storia Patria per l’Umbria e l’associazione INTRA sono disponibili a collaborare con gli enti interessati affinché si possano migliorare e sviluppare queste proposte che, prevedendo una maggiore fruizione dei beni documentari, potranno offrire ai cittadini nuovi mezzi e opportunità di approfondimento, sapere e conoscenza.