Quaderni del volontariato 3
Edizione 2010
Centro Culturale “Città Nuova” Forum dei Giovani Spoletini “Una finestra sul futuro” Associazione culturale “FareCultura”
a cura di Simone Fagioli
Burattinai di Parole “V Edizione del Concorso di Poesia non competitivo”
Cesvol Centro Servizi Volontariato della Provicia di Perugia Via Sandro Penna 104/106 Sant’Andrea delle Fratte 06132 Perugia tel. 075.5271976 fax. 075.5287998 Sito Internet: www.pgcesvol.net Visita anche la nostra pagina su
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Con il Patrocinio della Regione Umbria Edizione: Settembre 2010 Progetto grafico e videoimpaginazione: Chiara Gagliano Immagine di copertina di: Cristina Marchionni, in arte “Esmeralda”
Tutti i diritti sono riservati Ogni riproduzione, anche parziale è vietata
ISBN: 88-96649-08-4
I QUADERNI DEL VOLONTARIATO, UN VIAGGIO ATTRAVERSO UN LIBRO NEL MONDO DEL SOCIALE
Il CESVOL, centro servizi volontariato per la Provincia di Perugia, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, ha definito un piano specifico nell’area della pubblicistica del volontariato. L’obiettivo è quello di fornire proposte ed idee coerenti rispetto ai temi di interesse e di competenza del settore, di valorizzare il patrimonio di esperienze e di contenuti già esistenti nell’ambito del volontariato organizzato ed inoltre di favorire e promuovere la circolazione e diffusione di argomenti e questioni che possono ritenersi coerenti rispetto a quelli presenti al centro della riflessione regionale o nazionale sulle tematiche sociali. La collana I quaderni del volontariato presenta una serie di produzioni pubblicistiche selezionate attraverso un invito periodico rivolto alle associazioni, al fine di realizzare con il tempo una vera e propria collana editoriale dedicata alle tematiche sociali, ma anche ai contenuti ed alle azioni portate avanti dall’associazionismo provinciale. I Quaderni del volontariato, inoltre, rappresentano un utile supporto per chiunque volesse approfondire i temi inerenti il sociale per motivi di studio ed approfondimento.
Introduzione di Simone Fagioli
I “POETI DISINCANTATI” NEL TEMPO DELLA POVERTÀ I poeti sono burattinai, che, attraverso un filo emozionale, guidano più o meno sapientemente le parole, simboli linguistici dell’anima. Le parole simboleggiano, invece, dei burattini che rispondono perfettamente ad ogni comando del loro creatore: le parole sono pezzi di vita, frammenti di anima, schegge d’esistenza che si separano dal poeta per prendere forma in una nuova vita. Nella poesia, un poeta ritrova se stesso: in quei burattini, opere d’arte create dalla sua intelligenza e dall’attività della sua anima, egli si riconosce e in essi rivive. Un poeta è un burattinaio di parole. In tale contesto, il poeta ha il compito intellettuale e sociale di permettere all’essere, al mondo nella sua totalità, di disvelarsi: attraverso il linguaggio poetico, infatti, l’essere si disvela all’uomo che lo interroga. Solo nel linguaggio autentico della poesia, si possono trovare le vere risposte che riguardano la nostra esistenza. L’uomo è il pastore dell’essere, è colui che fa da guardia, che preserva la verità dell’essere: «il linguaggio è la casa dell’essere, abitando la quale l’uomo esiste, appartenendo alla verità dell’essere e custodendola»1. L’uomo abita nel linguaggio, casa dell’essere: «i pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora. Il loro vegliare è il portare a compimento la manifestatività dell’essere; essi, infatti, mediante il loro dire, la conducono al linguaggio e nel linguaggio la custodiscono»2. È questo il senso e il perché dei poeti nel tempo della povertà e del post-moderno3: nella notte del mondo, dove tutto appare povero, farmmentato, precario, infondato e relativo, il linguaggio poetico, unico mezzo linguistico nel quale l’essere si disvela, è l’unica fonte di salvezza umana. In questo frastagliato e sincretico orizzonte esistenziale, chi è il poeta? Il poeta è il custode, è colui che si prende cura della dimora dell’essere.
M. Heidegger, Lettera sull’umanismo, a cura di F. Volpi, Adelphi edizioni, Milano 1995, p. 61. Ibid., p. 31. 3 Cfr., M. Heidegger, Perché i poeti?, in Sentieri interrotti, Firenze, La Nuova Italia, 1968, pp. 247-297
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Introduzione di Simone Fagioli
Egli è nel mondo come custode della casa dell’essere, del luogo, della radura dove la verità non si nasconde. In forza di ciò, l’uomo, nella veste di poeta, è il legislatore, il sacerdote, il re del mondo, è il pastore dell’essere. «Poeti sono i mortali che [...] seguono le tracce degli dei fuggiti, restano su queste tracce e così rintracciano la direzione della svolta per i loro fratelli mortali. L’Etere, nel quale soltanto gli Dei sono Dei, è la loro divinità. L’elemento di questo Etere, in cui la divinità stessa è presente, è il Sacro. L’elemento dell’Etere per il ritorno degli Dei, il Sacro, è la traccia degli Dei fuggiti»4. Pertanto, i poeti disincantati5 hanno il difficile compito di interpretare il post-moderno, momento storico dell’umanità simboleggiato dall’espressione “il tempo della povertà”, attraverso i differenti linguaggi poetici di cui sono artefici. Solo per mezzo della poesia essi potranno salvare sia il mondo sia loro stessi, a patto che ci sarà ancora un mondo da salvare.
Simone Fagioli
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Ibid., p. 250
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Per una definizione di “poeta disincantato”, cfr. S. Fagioli “Emozioni da Saltimbanco”, Cesvol-Futura, Perugia 2009, pp. 7-10.
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Gionada Battisti
Gionada Battisti Tu metti in pratica quello che a me piacerebbe pensare. Questa è una breve poesia di Gionada Battisti. L’ho conosciuto così. È succinto nel suo modo di esprimersi, ma comunica con gli occhi. Dal mio pianeta poetico sono entrato nel suo mondo, fatto di pensieri veloci e pungenti. Crescendo si è accorto che la vita cambia ed oggi alle volte trova rifugio nella carta e nella penna che gli permettono di fantasticare. “Non accontentarti dell’orizzonte, cerca l’infinito” recita un aforismo di Jim Morrison. Jonny vive a S. Anatolia di Narco, nel cuore della Valnerina, in provincia di Perugia. Vive e lavora gestendo il bar di famiglia. Dio ci ha dato due orecchie, ma soltanto una bocca, proprio per ascoltare il doppio e parlare la metà, così recita un epitteto anonimo che riflette perfettamente il modo di essere e scrivere di Gionada. A cura di Paolo Parigi
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Gionada Battisti
Volevo odiarti e dimenticarti, ma più ci speravo e meno ci riuscivo volevo non vederti più, ma speravo di incontrarti, volevo non amarti, invano ... ... Oh! mia dolce ti cerco e non ti trovo poi compari all'improvviso, passi come un leggero vento di ebbrezza accarezzando il mio cuore. Non riesco a guardarti negli occhi sei la mia tentazione sei il mio DESIDERIO. ... ... Il coraggio è solo un sentimento che puoi provare... un attimo dopo... aver avuto paura. ... ... Non basterebbe strizzare una nuvola per raggiungere le lacrime che ho versato per te... ... Passero solitario che canta all’alba, goccia di rugiada che scivola giù da una piccola foglia;
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Gionada Battisti
raggio di sole riflesso nel mare, parlo di te, mio dolce e tenero Amore. ... ... Sei passata nella mia vita come una stella cadente un attimo e te ne sei andata. Quando hai attraversato il mio cielo ho espresso un desiderio... che rimanessi con me. NON TUTTI I DESIDERI SI AVVERANO! ... ... Sono matto, si...lo so! ma matto sul serio la mia mente mi inganna cose stupide è difficile cosÏ e mi fa stare male. ... ... Non saprei dipingere il tuo volto, la mia mano è incapace di dare seguito alla gioia degli occhi!
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Giuseppe Carracchia
Giuseppe Carracchia
Di Giuseppe Carracchia sono state pubblicate due sillogi poetiche: - Pensieri Notturni, Edessae edizioni - Anime Vagabonde, il Filo edizioni Qualche suo scritto è stato raccolto in antologie.
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Giuseppe Carracchia
POESIE COL NASTRO ROSSO Se chiedi a me perché amore, ti rispondo non so e se so non capisco. Ma c’è un fiore sulla mia scrivania, un fiore di carta, amore mio. L’hai portato stamattina in abbonato col caffè. C'è un fiore di carta solo per me, tutto rosso, e gli abbiamo dato da bere a più non posso perchè il nostro amore è più grande del sapere e cresce. I La poesia più bella non l’ho mai scritta. Me la porto dentro, al centro. II Ho trangugiato l’odore del bucato steso, ho lanciato gli occhi in alto e ho visto due rondini ricamare con ago e filo nero tutto il cielo. Piccioli amanti come aquiloni arrotolarsi in spazi imprendibili disegnando nella berceuse dello sfiorare figure incomprensibili, perché l’amore pure quello per la vita non sempre è spiegabile.
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Giuseppe Carracchia
III La batimetria cardiologica è un’aritmia illogica logicamente instabile tanto quanto amabile. IV L’uno più completo è, dell’amore amuleto, il doppio. Essenza principale della stella polare senza la quale l’umanità non sarebbe qua. V Amare è amare se è carne da toccare ferita da rimarginare e sangue da benedire amare è credere che ci sia qualcosa da cui fuggire e qualcosa a cui tornare. VI Poggiata la tua veste ho per terra, tutta dal colletto in giù di spilli l’ho seminata - cosicché tu non ti rivesta mai più.
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Elisabetta Comastri
Elisabetta Comastri Elisabetta Comastri è nata a Perugia 46 anni fa e da molti anni vive a Spoleto. Laureata in Lettere e docente di Italiano e Latino al Liceo scientifico della sua città, è madre di 4 figli e appassionata di lettura, scrittura e cucina. Nel 2005 ha pubblicato il suo primo libro di poesie “Il volo”, Ed. Morlacchi, Perugia. Il volume è uscito nel Febbraio 2006 in edizione bilingue italiano e tedesco, ed è stato presentato con cerimonia ufficiale a Schwetzingen, città gemellata con Spoleto. “Il volo” ha ricevuto il diploma di merito come finalista al premio Città di Arona 2006. Dal 2005 all’anno in corso ha partecipato a molti concorsi letterari di poesia e prosa, riportando numerosi successi con componimenti in versi, racconti o fiabe. Ha per la precisione conquistato 9 primi posti, varie altre volte il 2° o il 3° posto e numerose segnalazioni di merito a premi nazionali e internazionali, per un totale, a tutt’oggi, di oltre 50 concorsi premiati. Fra i premi si segnala il primo posto al concorso Tabarrini-Castel Ritaldi il paese delle fiabe edizione 2009, con la Fiaba “Sofia e l’anello mancante”. Vari suoi scritti sono stati antologizzati da case editrici come “Pagine”,“Montedit”, “Pragmata”, “Progetto cultura”, “Albus edizioni”, “Ibiskos Ulivieri”, Artescrittura e altre. Amante del teatro, ha fatto parte delle compagnie teatrali dialettali “La maschera” di Spoleto e “Diecca fo’ di Campello sul Clitunno partecipando a commedie in lingua locale spoletina in vari ruoli. Organizza e partecipa a reading di poesia. Nell’agosto 2009, per la rassegna di arte contemporanea tenutasi a Spoleto presso L’Hotel Albornoz Palace Hotel ha allestito con la direzione del regista Carlo del Giudice lo spettacolo “...non avevano cravatte” con testi delle sue poesie e con la partecipazione dei musicisti Marco di Battista, Cristian Panetto, Daniela Panetta e C. J. Everett. 16
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Nel 2009 è stata insignita del premio Talegalli dalla Associazione Amici di Eggi – Spoleto, quale riconoscimento per la sua attività di scrittura e per il contributo alla vita culturale della sua città.
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Elisabetta Comastri
RITORNO A SCUOLA C’è ancora l’odore del sole nella memoria dei gelati settembrini ma già la vacanza della sveglia s’invola in nuovo odore di carta negli zaini arrampicati su spalle abbronzate e su volti spalancati a salutare il nuovo inizio della scuola. Girano i cardini e piangono d’aule lasciate troppo vuote di vera nostalgia per improbe parabole, traslati, sezioni auree per scisti, buchi neri o brecce a Porta Pia. Cigolano carrucole in pozzanghere d’indifferenza e il nuovo professore conta le ore di concesso sognarsi narratore d’onniscienza. Sarà ritorno a scuola di Pitagora a quadrar rette sulle ipotenuse per mondi astratti e studenti già distratti dalle radici quadre di schermi e stelle ottuse. E la professoressa paludata sgrana rosari e sguardi insofferenti sulla platea d’indegni se li chiami studenti che arrabbiano d’errori che ammorbano di noia che perdi se ci provi senza arrenderti alla voglia. Risuona fra i banchi il sogno d’una lezione per scrivere una lettera ad un destinatario entro il limiti della seconda ora del quadro orario a un amico del futuro, come se il cuore fosse finzione su carta profumata, come l’inchiostro di una volta che ci travesti i tuoi mali mentre ti storcono gli occhi addosso gli allievi nati all’ingrosso coi pollici digitali. E se volano è di dita su schermi al quarzo luminescenti 18
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ché se sprechi la carta poi gli alberi piangono come ci insegnano ad altre messe e ti ci salvi con un tvb incastrato nei limiti di un sms. Bestemmiano la nozione coppie di orecchie sorde senza motivazione e arrampicano piani di un’ offerta formativa strateghi malpagati in una scuola di stato dal respiro contato ma è lotta già persa a giocarla come il grido di un senza fiato se sempre e solo male se ne parla. Ma l’inerzia sostiene anche i tagli di spesa ed è certo anche il ritorno della rosa che già declina i suoi casi al passo incerto e corto di un’asmatica come a sudare i suoi improbabili destini nascosti nel mistero magistrale della grammatica. Forse sarà soggetto o causa efficiente d’allergia ignara nel suo semplice ablativo di come un pegno solo probabile d’amore minacci spine ipotetiche d’abulia all’ombra di un verbo al congiuntivo. E via così, fino al Maggio venturo che aspetta ondivaghe conclusioni attraversando i giorni e il parolare di un altro anno passato ad attendere ritorno a scuola come ritorno a sognare. E un’altra rosa sboccerà sul suo gambo ma coi suoi sogni fragili di petali inciderà su corolle mai colte da nessuno l’introvabile legge che svela solo al vento il caso che si flette al suo profumo.
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I PERCHÉ DEL MIO SCRIVERE Perché scrivere. È il mio chiedere di sempre insoddisfatto. È forse il mio azzittare la bocca che non sprechi ondivaghe cianfrusaglie di voce confuse nel chiasso che si fa scuraglia. È il mio illudere i tramonti con misture inchiostrate dietro lo spiraglio della porta per lacrimare fessure di luce sul bordo generoso della carta. È il mio chiudermi negli occhi a ritrovare memorie di sorrisi fingendomi il dissolversi delle brume negli oggi novembrini. È il mio sognare di aver pianto mai per l’alchemico potere di parole scoperte dentro crisalidi di dolore dischiuse ad ali aperte a volarmi colori nelle disillusioni a farsi farfalle che al male donano ragioni. È il mio parlare da viva alla morte senza ingannarla senza aspettarla prima che mai giungesse per il mio fragile mancare di promesse per questo tremito d’anima se tento il mantenere. Dubbio che mi precipita negli occhi dei figli da capire.
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CosĂŹ mi scampo da un adesso da spiegare io, fatta di carta e di parole, sbavate a una vita di righi, senza decidere. Saranno dei miei figli, nei venti che vorranno. E a loro sveleranno i perchĂŠ del mio scrivere.
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A MIA FIGLIA, CASTELLI Ho costruito su di te un castello in aria. Di nuvole variava, il panorama mai fisso mai uguale draghi, streghe o angeli di sogni. Ancora allora eri dentro di me, io che di mura ti proteggevo, tu che nel mare primordiale di vita nuotavi verso me. Ho vinto la battaglia piĂš dura di tutta la guerra insieme a te, fra risa ed urla mescolate insieme. La roccaforte dalle mura verdoline con il suo odore di sangue il suo sapore ferrigno fu da noi espugnata. Il parto: ed un eroico grido ci ha viste vincitrici entrambe insieme unite da un abbraccio nel dolore che si mutava giĂ in ricordo.
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Ho architettato insieme a te castelli di carte, carponi sferrando attacchi alle guglie, alle torri, ai bastioni cintati di merli insidiosi di equilibri instabili. Crollavano i manieri, al suono delle risa di te, di bimba, di giochi e di colori. Hai scolpito poi per me castelli di sabbia, con decori di conchiglia, con desideri di meraviglia. Bastava un’onda a portarli via, bastava un mio sorriso e ti sentivi di nuovo la Principessa mia. Hai smesso coi castelli hai smesso con le fiabe hai preso a camminare nel traffico mondano delle strade, troppe streghe, poche fate. Dicono che sei grande, che io “C’ero una volta...” ma io cerco la pietra per base a quel castello, il più bello, per te, per sempre principessa per sempre figlia mia. Per te, che un dì nel mare dentro mi nuotavi, per me, 23
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che forse poche fiabe t’ho narrato lavoro ad un castello che ti desidera regina signora onnipotente di una fiaba. Serenità, ha nome quel castello. Vita, la fiaba che ti narrerei. Contenta, felice col tuo principe è come ti vorrei.
LA PAROLA ALLA COLPA E cosa avete ancora da guardare? Nelle mie gambe di torri è stanco il passo del senso. Ponte che fui, do la parola alla colpa caduto per esilio del consenso se nato per unire non ho più fianchi da ricamare nell’eco che mi addita monumento di vergogna per la storia che ho tradita sbavandole la gloria che ci insegna. E cosa avete allora da parlare? Se la mia bocca spavalda si spalanca è per un urlo muto gridato a un cielo di sotto che troppo ha ingoiato di sogni di gloria caduti come promesse di un’era che ha dismesso la memoria. E cosa avete allora da pensare?
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Ăˆ lunga la sequela di angeli caduti a vivere dannati che per una catarsi incommutabile ho addosso la colpa di aver sacrificati. Caduti come gli espulsi da un vostro millantato Paradiso che dicono abbisogni di una porta da chiudervici dentro protetti nella boria che vi ammorba. E cosa avete allora da salvare? Forse soltanto la falsa coscienza dai fantasmi di chi del vostro Eden decise di far senza privato anche dell’ultimo dei sogni da sognare caduto nella colpa di non avervi estorto il senso che significa volare. E cosa avete ancora da gridare? Chiudetevi pure dentro all’Eden trionfante dei vivi privi di torti liberi ormai del debito coi cristi e coi risorti. Io sarò allora il ponte degli angeli nel cielo di sotto precipitati nel suicidio che li ha salvati dopo che erano giĂ morti. Rimango ma non da solo io sto cogli angeli perduti ponte di torri erette
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a monumento dei caduti. E sgranerò rosari di luce riflessa sulle mie pietre dalle stelle mentre voi, a tatuarvi di farfalle per riciclare posticcio dolore sulla pelle, mai saprete il colore che grida la voce della colpa nel volo caduto di ogni angelo ribelle.
FABULA DI MILLE DONNE in memoria di Alda Merini Fabula delle donne che spesso voce non hanno ma non più mute nei tuoi versi ove gridasti in sussurri il coraggio di stracciarsi le gonne di strapparsi le penne pretese lucide, sempre pronte, ma per voli che ci impongono e che tu chiamasti oltraggio. In te fu il dolore delle ore e l’imparare ad amarlo, benedicendo l’odio senza rifiutarlo tu, che sapesti come non ha colpa la rosa non fiorita in alcun maggio. Ora è nei ventri avidi del sempre quel tuo sapere di resistenza cinica alla forma costretta alle gabbie fin troppo scomode di una maschera maledetta. Volubile dicesti la vita che non ha anime uguali per nessuno accoccolasti il vento 26
Elisabetta Comastri
nel nero di catrami, in volute di fumo di sigarette che bruciano come spesso i “ti amo” e che tu lucida svelasti incapaci di dono. Ma tu pagasti coi tuoi denari perché di spendere si nutre l’investire malgrado i conti, salati, fatti di giorni come le guerre, con meno albe che tramonti. L’esistere non tolse mai forza alla tua lotta armata di parole, dure di senza suono perché solo la voce è antidoto ai silenzi e non è in clinica che si cura o che risarciscono l’abbandono. Si spegne come di rosso vespertino la tua brace catartica per una vita di falso amore con cui avesti di un premio solo orfica illusione che del male t’illuse poter tenere il timone. Vola nel nulla solo per chi è sordo la poesia che espirasti in libere volute ma viva si libra nella fabula di mille donne altrimenti senza te dannate e mute. Hai sfidato la quiete di spesso comodi silenzi col grido zitto che chiamano follia ma la tua anima fattasi parola con l’urto dell’urlo risarciva il silenzio da far sana la fuga nella malattia. E fu salute, senza bisogno di guarire, la voce di quel male nella tua poesia così risorgi, fabula delle donne, Saffo dei navigli, e dietro al goffo volo amaro della morte è solo vita, in fondo, quella che va via.
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Sandro Costanzi
Sandro Costanzi Nato a Spoleto il 4 maggio 1981, ha frequentato dal 1995 al 2000 il Liceo Pontano Sansi (indirizzo socio-psico-pedagogico). Dal 2000 al 2005 ha studiato presso l’Istituto Teologico di Assisi, ove nel 2007 si è laureato con la tesi “Tertulliano: l’anima e la sua realtà (De anima 22)”. In passato ha collaborato con vari enti ed associazioni culturali nell’organizzazione di mostre d’arte ed eventi musicali. Dal 2007 collabora con AnnaMaria Polidori nella gestione e animazione del Centro Culturale Poli d’Arte. Attualmente insegna religione cattolica in vari istituti didattici del circondario spoletino. È uno dei soci fondatori dell’associazione culturale “FareCultura”.
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Sandro Costanzi
IL FUOCO, LA TERRA, L’ARIA E L’ACQUA Fiamma, alito di genio Regalità e sacralità sono in te Incise, scolpite e illuminate, Mentre la luce scaglia su scaglia Ascende verso gli occhi tuoi E danza trepidante sulle tue ali. Ci inginocchiamo innanzi a te, O Drago, re e sacerdote del fuoco: Spirito, forza e genio creativo Fluttuano in lingue eclettiche, Mentre il buio spira nella luce. Vieni, o Drago, vieni e alita: Fanciullo innocente e ludico, Saggio e barbuto filosofo, Purificazione che nelle ceneri Doni una culla ai semi nascituri. Venerdì, 28 novembre 2008
TERRA, A TE APPARTENGO La pioggia libera e diffonde Le tue fragranze e la tua storia, Mentre feconda e fertile Ti penetra nelle profondità Più inconsce e recondite. Esplodono e s’innalzano profumi Fermentati e celati pazientemente Quale incenso al mistero della vita: Accogliente e profonda come nebbia Inebriata e pregna della tua essenza. 29
Sandro Costanzi
O terra, mentre ti odoro e ti plasmo In te adoro la vita che si svela fluente. E mi ritrovo essere parte della sua storia In te, ove le ere non trasmutano senza Lasciare un seme e una testimonianza Su cui innestare e realizzare un’era altra. Mercoledì, 5 marzo 2008
SOLCHI DI FUTURO Solcano decisi e graffianti I cieli plastici e malleabili E vi imprimono carnosi Candide scie nell’azzurro Immenso come l’orizzonte: Informe e metafisico limite. Mercoledì 12 marzo 2008
L’ECO DI EA Sinuosa e recondita l’eco Di Ea nelle profondità scolpite Della terra e delle acque. Acque che goccia su goccia Rendono solido e sacrale L’inconscio criptico e cristallino In silenti e cadenzate cattedrali. Acque che donano fiori e licheni Ai relitti, oscuri e profondi santuari Di micro organismi: silenti sacerdoti Di ciclici corsi della vita corrente. 30
Sandro Costanzi
Acque che annunciano storie e pensieri Riflessi e modulati su onde fluenti e miti Di un inconscio che pacificato emerge Con tutte le sue evoluzioni e stratificazioni. Plastica e duttile ondeggia La saggezza augure e vivida Di Ea, che permane diffusa Profonda-mente in-forme.
Tu ... I nostri silenzi i campi distesi Verso gli orizzonti tutti interiori Dell’anima timorosa a schiudersi. Tu che bussi agli occhi miei, I portali della mia anima, E chiedi loro il permesso Di entrare in casa, tu ospite Mio consolatore nel donarti. Tu che taci e mi scruti Tu che mi illumini gli occhi Tu che mi consoli l’anima Tu che mi scaldi il cuore Tu che mi carezzi le mani: Io che mi ristoro sulle tue spalle. Noi che abbracciamo questo segreto...
Sabato, 6 dicembre 2008
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Simone Fagioli
Simone Fagioli Laureato in “Etica delle Relazioni umane” (Laurea Magistrale) presso l’Università degli Studi di Perugia con la votazione di 110/110 con lode, con una tesi dal titolo “La ‘Retorica’ di Aristotele: verso una logica argomentativa”, sotto la guida del Prof. A. Pieretti. Laureato in “Filosofia” presso l’Università degli Studi di Perugia con la votazione di 110/110 con lode, con una tesi dal titolo “La struttura dell’argomentazione nella Retorica di Aristotele”, sotto la guida del Prof. A. Pieretti. Socio Corrispondente dell’Accademia Internazionale d’Arte Moderna (A.I.A.M.). Presidente dell’Associazione Culturale “Fare Cultura”. Ha svolto l’attività di tutorato per l’insegnamento di Epistemologia per l’A.A. 2007/2008 presso l’Università degli Studi di Perugia. Ha collaborato in qualità di addetto stampa al Convegno Nazionale “La cura filosofica” presso la Sala dei Notari del Comune di Perugia – Università degli Studi di Perugia – (Perugia 2008). Ha svolto uno Stage/Tirocinio svolto nell’anno 2006 presso il Servizio Attività Culturali e dello Spettacolo presso la Regione Umbria. Collabora con alcuni portali on-line. È ideatore del progetto “Poetry and Jazz Music”, recital poetico-musicale di chiara fama nazionale. Ha ricevuto importanti premi letterari. Ricordiamo alcuni tra i numerosi riconoscimenti: 1° Classificato Premio Nazionale di Poesia “Versi Distillati” (Brescia 2009); 1° Classificato Sezione Poesia del Concorso “Giugno in Arte 2009” (Perugia 2009); 1° Classificato II Edizione Premio Nazionale di Poesia “Igino Giordani” (Caltanissetta, 2001); 1° Classificato XXIII Edizione Premio Nazionale di Poesia “Primavera Strianese (Striano, 2003); 1° Classificato VI Concorso Nazionale di Poesia “Poesia in notes”, sul tema “L'uomo e il mare” – Casa Editrice Ennepilibri – (Imperia, 2006); 2° Premio Tro-
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feo Internazionale “Medusa Aurea XXVIII Edizione” – poesia edita – (Roma, 2005); 2° Premio XI Edizione Concorso Nazionale di Poesia “Madre Claudia Russo” – Centro Ester – poesia inedita – (Napoli, 2005); 2° Classificato I Edizione Premio Letterario Internazionale “Treditre Editori – Città di Avezzano” (Avezzano, 2004); 3° Classificato Concorso Nazionale di Poesia ”Massimo D’Azeglio” (Barletta, 2000); Finalista XI Edizione Premio Letterario Nazionale di Poesia e Giornalismo “La fonte – Città di Caserta” (Caserta, 2003); Finalista con Menzione di Merito X Edizione del Premio Letterario Internazionale di Poesia “Poseidonia – Paestum” (Paestum, 2004); Finalista con Menzione di Merito III Edizione del Premio Letterario Internazionale “Trofeo Giacomo Leopardi” (Recanati, 2005); Finalista Premio Letterario Nazionale di Poesia “Valle dell’Aniene” – (Cineto Romano, 2007). Ha recentemente curato una antologia di giovani poeti umbri (Emozioni da Saltimbanco, a cura di S. Fagioli, edito da Cesvol Perugia 2008). Nel 2003 ha pubblicato la raccolta di poesie, “Un poeta: l’ombra della sua città”, Casa Editrice Alberti & C. Editori. Il volume ha vinto il II Premio Trofeo Internazionale “Medusa Aurea XXVIII Edizione” dell’Accademia Internazionale d’Arte Moderna (Roma, 2005). Sue poesie figurano in prestigiose antologie e volumi collettivi. Del suo lavoro si sono occupati vari critici, tra cui Maurizio Cucchi, Sergio Mazzetelli, Maurizio Terzetti, Roberto Rizzoli, Marcello Tucci, Carmen Moscariello, Anna Maria Cioffi, Elio Picardi, Giuseppe Martella. Tra gli altri, hanno parlato di lui: La Stampa, La Nazione, Il Messaggero, Il Corriere dell’Umbria, Il Giornale dell’Umbria, Il Centro – Quotidiano dell’Abruzzo, Abruzzo Oggi, Il Quotidiano, La Voce La Riviera, Poesia – Mensile Internazionale di cultura poetica, Poeti e Poesia – Rivista Internazionale.
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FRAMMENTO NEL TEMPO Una montagna di libri adagiati sopra la mia scrivania liberi viaggiano nei miei pensieri, partono e tornano liberi e verosimili dentro pagine lette e rilette o da studiare, da ripetere lentamente a voce bassa ma che ora vorrei tanto urlare e... In questi momenti incessanti di panico, perso in lunghe giornate passate a studiare, nei “pane e nutella� che non potevo mangiare... Sono ancora io a giocare con le parole, a creare versi e strofe e a rimare, a scrivere canzoni e poesie, mie storie che non sono solamente mie, semplicemente mie, semplicemente. Siamo architetti tra il detto ed il non-detto, burattinai di parole, di linguaggi e di vite che cadono, si perdono e si rialzano in altre vite.
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FUMO E POESIA Una mezza minerale ferma lì a guardare il tempo intorno a me; una terza Marlboro di compagnia che il suo fumo allontana e porta via. Gli alberi intorno, un rumore in sottofondo, il via vai frenetico di una città che guardo da un piccolo squarcio in lontananza, da un punto indefinito. Il fumo vola sempre alto, silenzioso ed ancora scomoda trasgressione della mia morale che alterno tra gioia ed abitudine. Il fumo denso che ripetutamente respiro senza veramente fumare ha reso chiaro, sciolto dubbi antichi: il vivere è ovunque lo stesso vivere. Socrate avrebbe pronunciato il vivere ha definizione universale ma un misero poeta scrive in versi solo il mondo che gli vive accanto. La città, al contempo avara e triste rimane in attesa, tra inappagamento, tensione, angosce e misere felicità.
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ALTRE FOGLIE Ho visto la mia città di notte addormentata sotto una stella infuocata, sotto la luce dei lampioni, sotto il rumore del gira e passa dell’acqua che trascina secche foglie via da me e sotto il peso dei miei passi, che infrangono mantelli di aghi di pino, è il silenzio, un silenzio che non c’è.
RITORNANDO VERSO CASA Ruvido asfalto vedo sui marciapiedi, angusta e strana sensazione di smarrimento: è solo polvere che scorre sotto i miei piedi. È disincanto del mondo, è meraviglia della natura, è sbigottimento di essere piccoli punti neri. É il privilegio di guardare il mondo dal più basso dei punti di vista. È il mondo dall’unica prospettiva della terra, è l’essere senza cielo che contempla il cielo, è l’essere senza il fuoco dove il fuoco può bruciare, e l’essere privo del mare quando il mare smette di riposare. Nella nostra totale indifferenza di costanti viaggianti senza viaggio, noi vediamo lì solamente marciapiedi, 36
Simone Fagioli
solo strisce continue del mondo dove posare le nostre ombre nell’eterno rischio, sola certezza di perdere la vita per un niente.
È LA VITA È un autobus che va di fretta in ritardo lungo il traffico della città; è un treno che non ti aspetta fino a quando un altro treno non arriverà; è un taxi che chiami per ore e speri di vedere sotto la pioggia che bagnerà la vita. È una perduta occasione, la vita; è un vecchio amore, la vita; è gioia, è pianto ed ancora dolore, la vita. È un vivere senza intuizione, non è la vita; è un vivere con rassegnazione, non è la vita, è perdere ogni volta, non è la vita. È vivere per una ragione, la mia vita; vivere dentro una canzone, la mia vita; vivere in sogni senza realtà, la mia vita. 37
Simone Fagioli
Ăˆ la pagina di un libro che sfogli da ore e non riesci ancora a capire; è il rumore incessante di tanti pensieri che non riuscirai mai ad inseguire; è il ronzare attorno di un dubbio eterno, di questo lento scorrere senza tempo, la vita.
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Jacopo Feliciani
Jacopo Feliciani Autore letterario libero e spoletino, profondo conoscitore del mondo del Melodramma, e da sempre affascinato dalle magie della musica Sacra. Collabora con numerosi portali on-line, prediligendo i Festivals, e la stagione lirica, mettendo in risalto la bellezza delle rarità presentate nella Città dei Due Mondi. Nel 2008 è autore insieme a Paolo Parigi di un libretto operistico dal titolo “Fuori dal tempo”. È ideatore del blog “http://notitiae.wordpress.com”. Collabora con “Spoleto 7 giorni”. Negli ultimi anni si è lasciato prendere dalla poesia iniziando a scrivere in occasione delle serate organizzate durante il Festival da una nota Cantina per celebrare il “Rosso di Montefalco”. La sua attività artistica in campo musicale lo vede impegnato come cantore della Cappella musicale della Cattedrale di Spoleto e come compositore di qualche lirica. Ha partecipato ai reading poetici dell’Associazione “FareCultura” presentando il Melodramma in esplicativa ed originale chiave poetico-letteraria. Le poesie presentate sono state ispirate dai meandri più reconditi ed affascinanti della Conoscenza umana, sempre oggetto di approfondimento e studio; rese poi marmo stabile da una perifrasi lineare e descrittiva, ma molto disomogenea. Si ha l’impressione di vedere un quadro con pennellate di colore di intensità sempre diverse e leggermente sfumate, confuse dalla luce del crepuscolo: la luce che l’autore ama maggiormente. A cura di Paolo Parigi
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Jacopo Feliciani
PER GIOCO Con passo felpato superi la porta che immette nell'atrio. Non ci sono ostacoli... . Si apre l’ingresso al tempio. In fondo intravedi l’altare. Non è orientato a Nord. I muratori sono all’opera...non sono incappucciati. I maestri son due, pur loro senza cappuccio nero. Dov’è la cazzuola, il martelletto? Riconosci il compasso, ma non c'è la squadra. Hanno il grembiule, non i guanti bianchi. E la spada? No, tengono in mano un stecca ed indossano il grembiule. Mirano una biglia che colpisce di rinterzo i birilli. È filotto! Ad uno ad uno cadono...e l’altra palla va in buca.
LI CADUTI Mo m’hanno dittu de scrie nà poisia... Su li caduti. Ma fijittu mia... ma come faccio a scrie! Mica sò un paeta? Li caduti sò caduti. E se sò caduti jè canti uno bello requiem e chiudi lo sonettu.
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Jacopo Feliciani
L’“NORCINO” Lesto girovago lavora maiali, agnelli e asini. Chiamato senza timore Per quotidiani lavori Diviene impopolare Per straordinarie occasioni. Economico e popolare cava denti e pietre per due scudi. L’Empirico passa per la via Col pesante bagaglio. Specializzato Figaro Stimato Ciarlatano. Eccentrico e singolare estrae testicoli per terapia e pel “Canto”. Cura e salva vite Crea “artisti virtuosi” Annodando vasi Inventando pei gatti frattaglie.
VINO: SECONDA PERSONA, “VARIABILE” Fai sistemare quegli arbusti. Si aggrappano viticci elicoidali. Prendono a rampicare. Attendi di stupire ai tuoi banchetti. Conquistare, dominare... Salti nella vasca e pigi a piedi scalzi acini ora bianchi, ora scuri. Salti, ridi,...ti riposi. Pigi, obbedisci con assenso al tuo padrone. Riposi nel tino nell’autunno e sei novello. Maturi nella botte nell’inverno. Sei vino, desiderato. Apollo confonde; azzurri giorni felici che Era sarà a salvare.
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Jacopo Feliciani
LA FILOSSERA Oh maledetta, che vite distruggi. Bestia invisibile inviata da Ade. Vinta non l’hai. Innesto, inebrianti serate. Bacco trionfante!
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Paola Gubbini
Paola Gubbini Paola Gubbini, nasce a Foligno il 28/9/1986, risiede a Castel Ritaldi dalla nascita. Inizia a scrivere poesie all’età di dieci anni e negli ultimi tempi scopre il piacere di scrivere anche testi di narrativa come monologhi e fiabe. Numerosi concorsi hanno notato e selezionato sue poesie ai fini della pubblicazione. Possiamo leggere i suoi testi all’interno dei seguenti volumi: “Spiragli 61” Editrice Nuovi Autori; “Emozioni da saltimbanco” edito dal Cesvol; “Parole in fuga” vol. 6 Aletti Editore; “Tra un fiore colto e l’altro donato” vol.7 Aletti Editore. Ha partecipato e partecipa a numerosi recital e iniziative organizzate nel suo territorio, rivolte alla poesia ed ha vinto nell’anno 2009 il primo “Poetry Slam” svolto nella città di Spoleto. La sua poesia è realtà, trasfigurata quanto ammiccante; quasi mai rivelata ma solo tratteggiata e accennata. Le chiavi di lettura si percepiscono leggendo i testi con tutti i sensi, lasciando al suono delle parole la possibilità di creare immagini, affinché possano evocare alcuni dei nostri mondi. Nella sua poesia c’è l’istinto poetico, l’istinto sicuro di chi nasce poeta, di chi è abituato a leggere il mondo in versi ed in versi esprimerlo.
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Paola Gubbini
L’INQUADRIAMO E la linea scolpita nel cielo un canto sottile che bacia il sereno come una pesca matura giunta al suo giorno così è per noi dolce osservare un tramonto. Il tempo si perde poi ciondola piano è custode di tutto l’armonia d’un ordinato volo ameno e traccia una riga obliqua nel vento a un tratto fermato da cotanto incanto. L’aria ferma accoglie il bagliore e noi così in basso, fiori senza nome ascoltiamo il cielo come fosse onde e l’inquadriamo con lo sguardo discreto in una cornice senza orizzonte. Ci si trova ad esser tutto in questo infinito scorcio di mondo non è caldo né freddo è il tramonto che pian piano fa spazio a giochi di ombre in questa monastica vallata ove tutto si nasconde. Il tempo danza nell’aria trepida e tacita come un sottile velo disteso su questa cartolina lucida. 44
Paola Gubbini
Così mi diletto a guardarmi intorno or che un oggi s’incammina alla fine del giorno e in questo accogliente ritrovo non esiston le ore come nel mentre in cui meramente m’innamora l’amore.
ODORE DI SIGARO Odore di sigaro a sangue caldo geografico. Una sagoma attraversa orizzontalmente una parte del mondo, non ne è muro portante tanto è piccola, che non solo non ne vede l’orizzonte ma non ne scorge neanche la metà. Si limita a far scorrergliene addosso il riflesso di soppiatto. Come a confondersi col grigio del cemento come a distinguersi mistica astrazione d’olio in un catino d’acqua, è uno sfumarsi così volutamente camaleontico atto a osservare moto ognuno della città. Anice e cannella mi sembra di non riconoscerla è la fragranza che non appartiene ad alcun passante prima di togliersi il cappello. Un gesto inaspettato e rassicurante era solo una valigia. 45
Paola Gubbini
Si cammina su di un velo di morbida e viscida marmellata di castagne tra l’odore del freddo che gela e arrossisce le estremità delle mani così uguali tra tutte e cosi critiche tra loro, è a guardarle ora così imbalsamate che s’evidenziano dell’ennesima forma. È il tanto che si vede e ci prende in una tarda e giovane ora pomeridiana nuova anonima in cui mi converto nel passeggiare a sangue caldo geometrico e ritrovo, perdendolo, il nome.
QUELLE TRE NOTE Le ho riconosciute, quelle tre note riecheggiare nel silenzio disturbato il mentre in cui il sole stava prendendo il caffè. Quel pomeriggio in cui il vento sapeva di fragola le ha trasportate la tradizione al mio cervello che scoppia. Non so come sono non chiedermi come sono. Non cosa il mio cuore va figurando al saluto loro. Né il pregato che le chiama che nome ha, non me ne chiedere il nome, ti prego! Non cosa ho saputo nel raccontarle ora né cosa ho poi da raccontare... 46
Paola Gubbini
È solo... come non so perché la mia calligrafia ora cambia forma: è solo. L’indefinibilità che avvolge così tanti gesti è l’unica risposta che do, l’unica domanda che ho. Mi vengono a far giorno improvvise e svilite come un puzzle dai contorni sbiaditi. Le ho riconosciute quelle tre note senza forma senza odore con forma e odore. Ma non chiedermi cosa scrivo. Se cerchi qui delle risposte io non sto a raccontare quel che il vento mi volle far conoscere, a tutte le domande non posso dar figli né la presunzione di dar consigli, quei petali che volano oggi tra i fili di ogni bosco. Io di quelle note non so niente ma riecheggiando nel silenzio disturbato le riconosco.
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Paola Gubbini
LAMPARA Guardava lo spettatore disciplinato la danza d’innumerevoli e infuocate lumachine apparse e dimenticate sul manto ovattato di un interminabile anno ormai alla fine. È negli albori postumi che si lasciava intravedere la profondità del cielo come una lampada che sta per cadere brucia un brandello del suo candido velo. Così ribelle è quel lembo che brucia che pare di San Vito esser lo sposo in un ballo privo di fiducia si dimena senza riposo. Note ataviche di un soprano continuano a dipinger lumachine dello splendore antelucano in eclissi vespertine. È il guardare concentrico e commosso che regna nelle notti di mezz’Aprile nei Sabba in cui saltando il fosso non si saluta mai con la parola fine.
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Paola Gubbini
METTERSI IN RIGA Da questa prospettiva sembra tutto più semplice le nuvole, le case sembrano semplicemente nuvole e case. Da qui all’ultima chiusa nel vertice dell’angolo traccio una linea obliqua con lo sguardo. Chi vorresti essere stato? Che vorresti essere? Un falco una cimice uno scoiattolo e alcune note che si ripetono che mi risvegliano. Da dove vengono, è qui che approdano? In una semplice ora pomeridiana in cui il non saper che fare mi conduce qui al centro di un tavolo blu. Una cicca che sembra fumo il primo incontro, tra pochi punti sulla linea che la sfiora a destra e non si desta pallida ad osservarla. Il solito smalto rosso, il silenzio ora. Un punto di colla forse latte scivolato da una tazza e rimasto sul tavolo mi fa attaccare il foglio alla plastica e tira con metodica richiesta come il pensiero, una risposta. Sembra accontentarsi che gli lasci qui il foglio a tutto purché muti, disposta. E sento troppi rumori labili e tremuli, ballate fragili. 49
Paola Gubbini
Una macchina s’è frapposta tra me e quell’ultima casa. La linea non fa più mettere in riga i pensieri scorgo se voglio, un albero, ma non si può arrivare alla V senza passare prima per la Q... non sarebbe lo stesso. E mi arresto a tre quarti dall’inizio del mio percorso modesto e molesto come ogni talpa che stana nel suo corso ogni vermicello nascosto. E non mi riconosco non mi chiedo che città m’ospita, non imploro la compagnia di un’ostrica. Posso vedere la perla senza trattenerla. Qualche riga parla di vuoto. Descrive un volto che non ho ancora incontrato ma che vi racconterò col giusto ritardo meritato. Ora ascolto ispiro e mi volto spalle al foglio una parola distratta definita tutta d’un fiato è il mio commiato e vado un piede che segue l’altro senza fretta curiosa d’istinto armata proseguo il mio viaggio e mantengo ogni giorno sempre più stretto il mio anonimato.
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Federico Lanzi
Federico Lanzi Sono nato ad Assisi nel 1981 e attualmente sono insegnante di matematica nelle scuole superiori; al di fuori del lavoro, sono piuttosto attivo nel volontariato e sono il responsabile di un blog su internet che si interessa a temi di natura sociale e culturale (www.socialmentegiovani.blogspot.com). In generale mi reputo una persona dinamica, motivata, che cerca di dare sempre il meglio di sé stessa nonostante gli inevitabili errori. Relativamente al mio rapporto con la scrittura, ho incominciato ad impugnare una penna circa una decina di anni fa e da allora, seppure in un rapporto non continuo, non ho più smesso. Scrivere costituisce per me un’occasione di svago, di sfogo, di gioco e di riflessione in cui cercare di coniugare la musicalità e il suono delle parole con la concretezza dei contenuti su cui vado a cimentarmi. In realtà è da poco tempo che ho scoperto la poesia come mezzo di espressione; in effetti la mia produzione in versi è molto limitata e sicuramente secondaria rispetto agli scritti di analisi e di opinione. Tuttavia apprezzo la poesia come potente strumento per fissare emozioni, descriverle, sublimarle. S. Elia, 11 Luglio 2009
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Federico Lanzi
Sant’Elia è un piccolo paese abruzzese, completamente distrutto dal sisma dell’Aprile 2009, che ho avuto modo di visitare a pochi mesi dal terremoto. Di fronte alla devastazione e alla desolazione di quei momenti, le parole sarebbero dovute venire meno; eppure scrivere è stata una reazione quasi naturale...
S. ELIA Case nell’ombra di una mesta rovina sventrate, ferite, abbattute. Pietre disseminate nell’arco di una collina tegole, calcinacci, mattoni. Squarci dilanianti di pareti sbriciolate lampadari, vestiti, divani. Oggetti personali reliquie dissacrate a memoria di un tempo non lontano. Soffia forte il vento si fa spazio tra le strade incontrastato innalza la polvere.
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Federico Lanzi
E ruota nel silenzio varcando quelle frane in cui ogni cosa, promiscua, si confonde. Ampi viali deserti non si sente alcuna voce le finestre sono chiuse e le porte. Improvvisa un’inquietudine un urlo strozzato e atroce il 6 aprile, la notte oscura a Sant’Elia. Case senza piÚ abitanti perduti nelle tende fantasmi che aleggiano altrove. Il palpito del nulla del vuoto che si estende in un malinconico, interiore dolore.
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Federico Lanzi
Componimento ironico composto dopo un matrimonio, in cui i convitati altro sembrava non riuscissero a fare che intessere lodi smisurate per una cravatta gialla che indossavo. Come se il valore della mia persona dipendesse da quel feticcio. 30 Aprile 2007
TUTTI AMANO LA MIA CRAVATTA GIALLA Tutti amano la mia cravatta gialla di sete preziose, lino e diamanti spirali geometriche si intrecciano in fiori riflessi rubini, intensi e cargianti. Tutti amano la mia cravatta gialla il raffinato stile ne ammirano i signori e le donne sussurrano estasiati pensieri ammaliate e perdute nei dorati colori. Tutti amano la mia cravatta gialla passaporto per il mondo nella mia vaganza ovunque sia andato mi hanno aperto le porte per godere della luce della sua estrema eleganza. Tutti amano la mia cravatta gialla una traccia divina in lei si condensa del fascino assoluto custodisco il segreto il mistero incognito della sua essenza.
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Federico Lanzi
Non è certo una poesia, se non altro perché manca del presupposto necessario del verso in rima. Solo parole sull’umana solidarietà, dopo un incontro casuale come se ne fanno tanti nel corso della vita... 13 Novembre 2004
DOLCE BAMBINA Non so chi tu sia né lo saprò mai, Non ti avevo mai incontrato prima d'ora. Chissà quante volte abbiamo condiviso quello stesso quotidiano viaggio... Senza mai scambiarci un solo sguardo, in una reciproca indifferenza. Ma oggi no... Per caso mi sono seduto vicino a te. Ho subito notato la tua faccia da bambina, il tuo volto timido e pallido. Toccavi in continuazione i tuoi capelli neri, nascondevi i tuoi occhi, in gesti concitati. Cercavi di leggere un libro inutile ma era chiaro che ne eri ben distante. Avevo capito che stavi soffrendo. Per un attimo hai alzato il tuo sguardo. Gli occhi neri luminosi, un accenno di sorriso molto dolce. Forse mi stavo sbagliando. Hai subito richinato il capo, hai nuovamente iniziato a muovere i tuoi capelli. E all’improvviso... . La verità. Dai tuoi occhi colavano lacrime, tutta la tua pena si è resa manifesta.
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Federico Lanzi
Chissà per cosa soffrivi, o a quale persona era rivolto il tuo pianto? Per un uomo che non ti merita? Per una persona che non c'è più? Non mi è lecito saperlo, non ti conosco nemmeno. Ma mi hai stretto il cuore. Ho sentito una partecipazione intima al tuo dolore a me sconosciuto, in un attimo diventato anche mio. Perché siamo destinati a soffrire tanto? Perché la felicità è l’eccezione al dolore? Per pochi secondi...ti ho voluto bene. Piangi dolce bambina, sfoga la tua sofferenza. Ma reagisci... Il riflesso dei tuoi occhi scuri, la tenerezza del tuo sorriso sono più dolci di qualsiasi lacrima.
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Federico Lanzi
Versi scritti al termine di un’estenuante giornata di lavoro, quando insulse e mediocri piccolezze misero a dura prova il mio usuale buon umore. Ne scaturì inevitabile una lunga sequela di pensieri negativi, che in un attimo si gonfiarono in esagerate iperboli esistenziali. Per fortuna tali degenerazioni sono solo momentanee... 01 Luglio 2009
RUMORI DI FONDO Rumori di fondo di giornate estenuanti Lavori meccanici che spossano la mente Tolgono alla notte i sonni vacanti Corrompono lo spirito ogni giorno più assente Rumori di fondo di società mediocri Oramai spogliate di qualsiasi valore A consumo e miti vacui innalzan simulacri Di senso e dignità hanno perso sentore. Rumori di fondo di silenzi strozzati Malattie e sofferenze lancinanti nei cuori Sguardi piangenti, da duri eventi segnati Anime affrante in infiniti dolori. Rumori di fondo; logorii nevrotici addentro alla vita rumori che spengono, a volte, anche il desiderio di un sorriso.
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Federico Lanzi
Una filastrocca come fanciullesca per descrivere una speranza, un’utopia, un pensiero folle; che un giorno scoppi la pace nel mondo...
10 Dicembre 2004
FILASTROCCA DELLA PACE DEL MONDO È scoppiata la pace nel mondo I carro armati non sparano più Non si sente alcun più rimbombo Se non grida di felicità. È scoppiato l’amore del mondo Ogni odio è scomparso oramai Ogni cuor è pien fino in fondo Di gioia, allegria e bontà. Nessuno più inquina il pianeta L’aria sempre più pulita sarà Ogni sporcizia è in eterno bandita Della natura risplende beltà. Alcuna gente proverà più dolore Di sofferenza mai più si vedrà La filastrocca che contagia ogni cuore Solo amore e ancor amor canterà.
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Chiara Mancuso
Chiara Mancuso Chiara Mancuso nasce a Palermo. Già da bambina inizia a scrivere poesie e racconti; per combattere la timidezza inizia a studiare recitazione e dai sette anni segue dei corsi di teatro tenuti da una compagnia di teatro dialettale di Palermo. All’età di quattordici anni si trasferisce in Umbria per studiare Chitarra Classica al Conservatorio “Morlacchi” di Perugia e si diplomerà, con due anni di anticipo, all’Istituto Musicale Pareggiato “Briccialdi” di Terni. Contemporaneamente si diploma al Liceo Classico di Assisi. Dopo il diploma segue il corso di propedeutica teatrale presso il C.U.T di Perugia ed entra a far parte del Coro lirico del Conservatorio “Morlacchi”. In seguito canterà come contralto anche con il Coro dell’Università di Perugia, con il Coro Lirico dell’Umbria e con il Coro del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto. A soli quindici anni è invitata dal comitato “8 Marzo”, a leggere le sue poesie, in qualità di finalista più giovane al concorso letterario indetto dallo stesso comitato. Si classifica terza al concorso nazionale “Una poesia per il Giubileo”, e finalista al concorso per racconti indetto dal comitato culturale “L’Angelo”. Attualmente lavora come insegnante di chitarra classica e moderna.
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Chiara Mancuso
TENTAZIONI Nelle corde di una notte d’Estate vibrano atavici pensieri di morte, saltellanti come le lanterne delle lucciole allegre fra il grano bagnato. Negli echi dei boschi, di notte, puoi sentire i fantasmi investire il tuo cuore, tramutare il tuo sangue in fiumi selvaggi sotto la pelle, afferrarti i capelli, di notte, come stormi di nuvole in tempesta. E la Luna rossa mi invita piano a corteggiare la mia ultima ora, vestita di perle di rugiada, intessuta sulle ragnatele pazienti, distesa
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Chiara Mancuso
sul profilo dolce di una collina che trema di notte. CosĂŹ bella, silenziosa, muta, nuda, avvolta da un cielo sfocato, lei, goccia di ghiaccio bollente sulla schiena madida, lei, con le parole di arcani mondi, arcani pensieri, atavici, selvaggi desideri di sangue. Lei, temuta e tanto amata lama di un cosĂŹ sottile filo, Signora del non ritorno, dissolta al mattino in un calice di lacrime amare. 16 Giugno 2003
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Chiara Mancuso
ALBA Alba... Eravamo due ombre di luce stagliate appena sulla parete affrescata dai nostri ricordi. Alba... Eravamo due nuvole rosa sospese appena sul mare. Sulla pelle una lacrima ancora tiepida ci intimava la fine del sogno. Sulle spiagge lisce un pallido vento disegnava una timida ruga. Quanti sogni si attardavano ancora sotto le ciglia chiuse Quanti sogni si aggrappavano impauriti alle tende gonfie... Alba... le lanterne consumate regalavano un ultimo tepore... Alba... Non ricordo
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Chiara Mancuso
quando ci svegliammo... ricordo solo che al mattino tu eri me ed io ero te.
SENTIERI NELLA NOTTE Entra, entra pure se vuoi: questo è il momento dell’oblìo, è il momento di valli palustri, è il momento di coprire gli specchi, è il momento di recidere i fiori morti... Taci! Non fiatare! Anche un sospiro rimbomba in questa notte sommessa e muta. Taci! Non respirare! Quando il silenzio avvolge ogni cosa anche un respiro può spezzare il sonno dei viandanti stanchi alloggiati nei tuoi occhi. 63
Chiara Mancuso
Taci! Ascolta: lontano, un eco di una ninna-nanna assonnata rimbalza sulle culle insonni, scivola sotto le gonne delle balie stanche, si insinua fra le fessure da dove il sole non riesce piÚ a passare. Entra, ma fai piano: non spezzare gli incantesimi delle streghe acerbe, con gli occhi rossi per la veglia forzata... Ascolta: gli sbadigli si rincorrono come canoni impazziti, snocciolando un tempo che non passa, mentre l’alba ancora si attarda nelle feste di cieli lontani. Mille e piÚ fiabe da inventare
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Chiara Mancuso
nell’attesa della luce del mattino... Mille e mille ancora sogni da tenere sotto gli occhi, prima che si alzi il mattino... Ma già tace la civetta in cima ai rami, sbadigliano i primi fiori, i grilli ripongono i loro violini... Ecco: adesso è il momento di cacciare i fantasmi, è il momento di affilare le lame, è il momento di lasciare le lenzuola tiepide, è il momento di scoprire dietro i veli di sangue i misteriosi cieli senza tramonto.
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Chiara Mancuso
TU Tu sei la Boemia triste distesa in praterie smeralde, sotto una coperta di tempeste... e sotto la mia mano trema la tua pelle come quell’erba al mattino, sotto il mio sguardo ti distendi stanco, dentro ai miei occhi schiudi il tuo sguardo azzurro, forse,di spumose tempeste senza scogli, azzurro, di cieli freschi, di piogge campestri che profumano d’incenso e di terra; o verde, di vallate dolci o di fiori acerbi mai nati prigionieri di una notte ghiacciata. Tu sei questo verso triste e come un ruscello
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Chiara Mancuso
scorri via in questo foglio, scrosci cantando fra le mie dita, scivoli portando con te foglie di rubino e d’oro... Tu sei l’ospite straniero del mio cuore vuoto... Tu sei già, in qualche angolo nascosto, lontano dai miei occhi, e fino a quando al mio risveglio non troverò la tua mano fra i miei capelli, gettate via il chiaro di Luna, dite ai tramonti di morire più in fretta, dite ai fiori di non sbocciare, così, amore mio, ti sveglierà la prima lacrima dei fiori nati dentro al tuo sorriso.
Novembre 2000
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Chiara Mancuso
I NOSTRI RICORDI Forse, tu non ricorderai, ma nel mio cuore si scioglie ancora il sole nella Senna lenta, insanguinata dall’agonia di quel sole che tingeva di rosso anche gli occhi tuoi belli, azzurri... Tu non ricordi, non puoi... ma se avessi la voce, ancora racconteresti le favole che scaldano la sera... Mille brividi dalla mente al cuore, dal cuore alla pelle, dalla pelle agli occhi... Figlio di questa notte infinita, figlio di questa foglia di maggio, figlio di questi occhi bagnati... figlio,figlio,figlio, del cuore I nostri ricordi.
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Chiara Mancuso
Forse, tu non ricorderai, ma nel mio cuore si scioglie ancora il sole nella Senna lenta, insanguinata dall’agonia di quel sole che tingeva di rosso anche gli occhi tuoi belli, azzurri... Tu non ricordi, non puoi... ma se avessi la voce, ancora racconteresti le favole che scaldano la sera... Mille brividi dalla mente al cuore, dal cuore alla pelle, dalla pelle agli occhi... Figlio di questa notte infinita, figlio di questa foglia di maggio, figlio di questi occhi bagnati... figlio,figlio,figlio, del cuore ti ho visto sorgere e tramontare ancora,
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Chiara Mancuso
svegliami, quando lo vedrai da lontano questo amore piĂš lento del dolore, piĂš forte della morte, vestito di bellezza e baci, di giorno e notte... svegliami amica cara, perchĂŠ sono stanca, e voglio riposare. 02 Maggio 2002
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Federica Mosca
Federica Mosca Nata a Firenze il 21-06-1991 e iscritta al quarto anno del liceo sociopsicopedagogico “Pontano Sansi” di Spoleto; ha iniziato a scrivere nel 2006 debuttando al concorso di narrativa “Il racconto del Nonno” (Vallo di Nera) con “Il mistero di Nicola”. Nei tre anni successivi ha ricevuto riconoscimenti interregionali, nazionali e internazionali in campo letterario. Presto partecipa inoltre a manifestazioni artistico – poetiche nella sua città. Amante della musica e dell’arte, nel tempo libero si dedica al canto, allo studio del pianoforte e alla scrittura. Da grande sogna di continuare a scrivere, magari poesie del filone romantico e racconti dallo sfondo psicologico-sociale.
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Federica Mosca
DONNA BAMBINA Era vestita da donna Quella bambina Sul ciglio della strada Uno scricciolo di stella Dal mondo abbandonata. Aspettava con impazienza Quell’uomo che Nelle viscere L’avrebbe infangata Faceva male lo sapeva ma ancor più male avrebbero fatto le botte di quel mostro che da donna l’avevan vestita per essere dal mondo bandita. Quel peso gravava ormai su di lei Vuota Osservava il nero del cielo Nero come l’orizzonte Di cui non riesce più a scorgere il sereno.
XIV Io che mi chiamo Poeta Ma poeta non sono. Io che scrivo versi In realtà troppo diversi tra loro. Io con la mia anima di carta E inchiostro Accartocciata e 72
Federica Mosca
Gettata lì in un angolo. Forse anch’io Poeta delle non-poesie In realtà non sono altro che niente. MEJO N’ POETA DOPPO MORTU CHE N’PORCU QUANN’ÈVIU U poeta è come u porcu Né de più, né de meno: Na vita a magnà a uffa S’angrasa e n fa gnente – dice tutta la gente – Ma doppo mortu Vidissi commo corrono tutti De quillu porcu Che prima iono scansatu! Adesso N ce lassono pù gnente: è tuttu bonu tuttu da tenè caru! Se che bella soddisfazione Pe’ n poru poeta cojone!
AI MOLTI Non medicare le ferite Lasciale nascoste Compagne del vento E quando ti diranno: “Nulla sei!” Mostrale Vanne fiero Coprile di sale 73
Federica Mosca
E sorridi al dolore: ogni ferita è una battaglia vinta, la guerra è la Vita.
SFOGO DI UN POETA L’anima dell’uomo è uno specchio: riflette il mondo visto dagli umani occhi. Benedetti i ciechi Che solo bene Possono immaginare!
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Miklo
Miklo (Loriano Grullini) “Sono nato 48 anni fa a Spoleto, città dove tuttora vivo. La mia propensione verso la scrittura si è manifestata sin dai tempi della scuola, ma solo una decina di anni fa l’esigenza di esternare le varie manifestazioni della mia interiorità, ha preso corpo tramite la poesia. Scrivere, per me, è prendere l’essenza delle varie esperienze della vita e sublimarle con l’animo del poeta; a volte attingo dal passato, a volte colgo la forza dell’attimo che mi passa davanti. Di sicuro nei miei versi non occulto nulla dei miei stati d’animo, sia quando brucio tra le fiamme degli inferi, sia quando vivo estasi paradisiache. Nei miei scritti amo anche affrontare tematiche sociali; insomma la poesia che parte come passione, e sfocia in un mezzo per manifestarmi in tutte le sfaccettature. Non a caso il mio primo e unico libro, edito nel 2006 dalla LibroitalianoWorld, ha per titolo A VOLTO SCOPERTO: perchè un vero poeta, a mio parere, non può esimersi dal mettersi a nudo... . Costi quel che costi!”
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Miklo
GELO Quando toglierò ogni delega alla preghiera e soffierò sull’ultima fiammella di speranza quando vestirò la vita con l’inviolabile corazza dell'indifferenza e su ogni mia lacrima scenderà il gelo stremato dal vano sforzo di rifuggirlo godrò ogni attimo di questo esilio. 23 Luglio 2006
DI SCORZA DURA Percorro la notte camminando sui frantumi acuminati di questo giorno insonnia inutile perchè il filo delle illusioni s’è fatto più tenue e i sogni sono ormai dispersi a distanze siderali 76
Miklo
Percorro questa notte pervaso dal rancore e dal sarcasmo tentato dalla corda e dal sapone Ma devo onorare il disegno divino del mio respiro deludere chi mi vuole cancellato Vivere oltre gli agguati del giorno e della notte. 19 Dicembre 2009
INVASIONE DI DECIBEL NEL BOSCO SACRO DI MONTELUCO Tappeto d’ombra con rari intervalli di sole trovo nel bosco al mio passo un ibrido tra stanco e mistico è il suono secco e felpato dei sandali sul fogliame misero umano contributo ai canti elevati che rompono 77
Miklo
di cinguettii il silenzio sulle cime di lecci secolari ma Luglio è afa e baccano è tempo di stronzi che violentano con overdosi di decibel la silente forza di queste cortecce tornerò quando la neve chiamerà le mie suole quando i lecci intoneranno HAPPY CHRISTMAS e gli stronzi saranno già in letargo 16 luglio 2009
EVASIONE Gabbia è la vita Lunghezza variabile del nostro cammino tra le mura innalzate al primo vagito protratte fino all'invalicabilità dell'ultimo rantolo E in questi confini tracciati scavalcando ogni nostro volere c’affanniamo nel prendere distanza dall’Amara Certezza 78
Miklo
Manie di grandezza sete di potere non sono che maschere messe su volti segnati dalla precarietà Le mura ci scrutano immobili ci lasciano danzare e recitare sul palcoscenico che pian piano si restringe S’ode al calar del sipario farsi strada un silenzio surreale L’uomo è sparito dal palco eludendo la gabbia. IL PRIGIOMIERO È LIBERO
29 Gennaio 2010
SENZA PIÙ VOLTARMI INDIETRO Il tempo mi trascina via con sé verso l’orrore dell'ultimo respiro La strada della fede è un varco che si apre sull’angoscia Che sia essa speranza ultraterrena o solo rifugio in un divino palliativo
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Miklo
Tutto procede a ritroso anche il fiume inverte il suo corso riottoso all'abbraccio con la foce Mi volto anch’io pari a questo fiume indomito a cercar la mia sorgente E vedo l’ingordigia dei giorni andati azzannare coi denti aguzzi dei ricordi tutto quanto sto vivendo nel presente Ma ho voglia finalmente di nutrirmi solo del pane fresco di giornata e forza troverò per invertir la rotta Dovessi anche sfidare a spada tratta gli ostacoli innalzati dal destino Senza fermarmi per ragione alcuna a testa alta e impavido Libero COME UN FIUME SENZA META
28 Gennaio 2010
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Pablos
Pablos (Paolo Parigi) Nato a Chieri in provincia di Torino. I primi versi stesi nel 1998 sono ispirati da una discussione con un’amica. L’attività “letteraria” è spesso accompagnata da musiche appositamente composte per i suoi testi, per chitarra e specialmente per pianoforte, strumento che suona fin dall’età di otto anni. La vena musicale si trasforma sempre più in poesia con l’arrivo a Spoleto nel febbraio 2007. Si cimenta nella scrittura di un Libretto operistico “Fuori dal Tempo” di concerto con altro Autore spoletino. La sua poesia “Pianoforte” sarà notata nel febbraio 2007 dall’Aletti Editore di Roma che la includerà nelle sue pubblicazioni. Il viaggio a Berlino dell’aprile 2008 ispirerà un ciclo di poesie, che verrà contenuto nella pubblicazione “Emozioni da saltimbanco”. È attualmente impegnato in numerosi reading poetici nella città di Spoleto, con le poesie e la musica.
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Pablos
SENSAZIONE SECONDA Alla mia Marty Nel silenzio vigoroso della stanza chiudo gli occhi ed odo il respiro dolcemente rilassato, con cadenza lenta...lenta risuona come un violino che tira due note ne acute ne basse si alternano ritmicamente ininterrotte la melodia del tuo animo, come casse suonano i mottetti, mi incantano le note alte nelle volte a vela d’antiche chiese riecheggiano in un fiato e un preciso accordo intonato e rapido percuotono corde tese del poeta notturno che agita fogli, è sordo per lo stridio di acute corde dai crini lese ed irrompe con un canto per te monocordo.
S. Giovanni di B., lĂŹ 18 Gennaio 2010. Ore 2:30.
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Pablos
SENTIERO PESSIMISTICO Cammino su un sentiero sconnesso, erto e nascosto tra grossi massi di bianco calcare di muschi scuri e di Capelvenere ricoperti come d’anni di storia. Secolari alberi coprono con lunghe braccia il bosco d’argento che nei secoli diviene oro, secolari vecchi dalle rugose braccia coltivano i semi che solo domani... Aria e acqua germineranno. Noi, microscopici batterici invasori, l’amore vogliamo sentire in un rapido secondo scoprire. Noi, microscopici individui distruttori le ore vogliamo scoppiare di infiniti impegni affogare. Noi, microscopici ominidi sognatori un altro mondo vorremmo conoscere e tutto in poco tempo sapere, subito, presto come un batter di ciglio il cuor ardere di quel color vermiglio. Coniglio nella bassa boscaglia correre senza vedere tra le foglie quella trappola infame, ferraglia in un attimo tutta la vita, come può finire ogni preziosa vita e tristemente scoprire il lago rosso dal nostro cuore sgorgare senza fine, senza fine, senza scoprire il vero senso del nostro vivere essere felice e poco avere del vero amore poter così godere. 83
Pablos
L’amore vero tempo non vuole l’anima con un’altra anima s’avvicina naturalmente...per diffusione si fonde con l’altra nelle onde naturalmente diffonde nel mondo quel lieve profumo di polline di primavera che ogni stagione ci ricorda quanto l’uomo spera: quel lento lavoro sui fiori del pronubo come l’uomo che costruisce il suo futuro.
Spoleto, lì 23 Giugno 2008. Ore 1:10.
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Pablos
ASHA IBRAHIM DHUHULOW Ancora oggi ventinove ottobre del duemila e otto una donna è giustiziata il suo corpo colpito ripetutamente violato abbattuto da una pratica in un incerto hadith citata... con le pietre di media grandezza per una morte non istantanea, spettacolarizzata adultera sì condannata in piazza alla lapidazione come unica soluzione... “l’abbiamo sentita urlare” è un corpo di donna fragile sotto una scarica di pietre e sotto una scarica di fucile poi un bambino ucciso... un danno collaterale ad un odio del tutto legale. S. Giovanni di B., lì 01 Dicembre 2008. Ore 23:14. Dedicato alla giovane Asha Ibrahim Dhuhulow. Aveva solo 23 anni; e come lei altre donne subiscono ogni giorno in ogni angolo del mondo.
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Pablos
Miliziani somali fedeli alle deposte Corti islamiche hanno giustiziato in pubblico una giovane donna accusata di adulterio, ricorrendo all’arcaico e macabro metodo della lapidazione: lo hanno denunciato testimoni oculari, secondo cui l’esecuzione è avvenuta nella tarda serata di ieri a Chisimaio, città portuale situata circa 520 chilometri a sud-ovest di Mogadiscio, dopo la condanna a morte emessa da una corte islamica e davanti a centinaia di spettatori, molti dei quali costretti ad assistervi, parenti della vittima compresi. Tradizionale velo verde sul capo, il volto coperto da un panno nero, è stata condotta sul luogo del supplizio a bordo di un furgone per poi essere sepolta fino al collo e massacrata. Ai presenti è stato detto che lei stessa aveva riconosciuto la propria colpa, e accettato il suo crudele destino: ma, al momento di essere trucidata, si è messa a urlare e a divincolarsi, mentre i carnefici la immobilizzavano legandole mani e piedi. A quel punto un congiunto le è corso incontro, tentando di aiutarla, ma gli integralisti di guardia hanno aperto il fuoco per fermarlo, e hanno ucciso un bambino. Secondo i familiari, Asha non ha ricevuto un “processo” coranico equo: «L’Islam», ha ricordato uno di loro, «non permette che una donna sia messa a morte per adulterio se non sono presentati pubblicamente l’uomo con cui ha avuto rapporti sessuali e quattro testimoni del fatto». I giudici fondamentalisti si sono però limitati a replicare che puniranno in maniera adeguata la guardia responsabile della morte del bimbo. Chisimaio, lì 28 Ottobre 2008
Un grazie speciale al blog Charliebrown01.
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Pablos
NEVICATA NOVEMBRINA NELLA CINTA NURSINA
Cade ed ancora cade candida si posa leggera scende e lenta sale la luce verso la notte nera la boscaglia tutto intorno tace come questa sintetica mia lettera le piazze dopo S.Martino innevate da qualche anno non si vedean Poche parole e rade sul foglio in questa sera per descrivere nevicate improvvisa polveriera che esplode in certe nottate liberando scorci inaspettati di cera come espressioni di edifici, case in attesa di una storia vera. Portici di pietre bianche levigate del tempo autentica miniera memoria di re e regine passate sontuosi cavalli dalla divisa straniera; scalinate da leoni governate agghindate da una sottile, sincera candida pellicola di neve che tutto vela in tal maniera. Silenzio! È la notte delle fate non senti l’aria che c’è... Nursino, dove eri? Per le strade
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Paolo Parigi
c’era solo l’elfo dalla penna nera che ora ti racconta a rate come l’aria era strana ed effimera mentre le vostre teste erano occupate da un insistente rumore di latte smaltate.
S. Giovanni di B.,lì 25 Novembre 2008
MATTINA NURSINA UNO Alle mie cuoche preferite della “Cantina de Norsia” Ci sono giornate piene d’impegni alle volte vuote di un alito spirituale scorrono le strade, le ruote tra disegni ed alle volte non sai se la fatica vale. Ci sono giornate vissute tra le persone tra le voci di sensazioni, e le espressioni su fogli sudaticci bianchi e parole sole attaccate per un filo blu di impressioni. Sole ed aria sul viso si posano dal vicolo e ti svegliano in un bel mondo fatato e ti spogliano di tutto, ti vestono di ridicolo. Pendii acclivi oggi m’hanno stancato con pensieri continui, il mio corpo ostacolo peso da trascinare nel salto di uno steccato... un piccolo gradino è maturato sulla scala della crescita...ogni volta sudato.
Norcia, 28 Marzo 2009, ore 13:12. 88
Pierinoeillupo
Pierinoeillupo (Filippo Tocchio) Sin dal 1983, anno di nascita, in banca e alla posta, quando c’è da pagare, cercano Filippo Tocchio. Quando deve incassare invece, non lo cercano mai. Nel corso degli anni studia tanto, impara poco, capisce ancora meno. Di Economia, di finanza, di come fregare creativamente il prossimo. Lui finge di assimilare e ricopia. A modo suo. Finge sicurezza nei propri mezzi per motivi di copione. Aspetta che la Beata Vergine Maria gli parli e gli spieghi definitivamente se è più vicino all’uomo o all’animale. Nel frattempo passa le notti insonni al lume del rancore cercando di comunicare con lei attraverso la scrittura.
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Pierinoeillupo
QUANDO ARRIVA IL TURNO MI SONO PERSO IL TICKET Il mondo inizia quando due si baciano Octavio Paz Ho visto gente alla posta di-menticata morire di solitudine di lentezza di noia, di mal di gola e di neon di occhi spenti e ciglia finte, finti di nervi e di foglibianchissimi di timbri bum bum, e di giovani giù e di meno sù, e di fisco-mamme di seggiolini di pannoloni e di tacchi perchè, di su e giù e di sbuffi di treno e di aipodde che tanto lo sento, e piedi a tempo e di pensieri perduti per l’inferno, di pensieri nel tempo e dirimorsiescusaeprego e di minuti più, e di minuti meno, e moglisparo di mani alzate e piedi di troppa voglia, come neonati e di neonati de tickketakke di regime e di voglia spenta come i bus notturni bui, ti fisso e mi chiami di fisso il muro che tanto mi fate schifo e mi addoloro di “nnn” di led, di sospiri e di ops, e di danze avanti e andrè di anatemi e disorrisi e antisorrisi e peggio ancora, di mezzi sorrisi che faccio anch’io, di me che sembro in fila e tengo il tempo di tutto questo e del mondo intorno-sopratutto di paura di perdere il mio turno di paura che non sarà l’ultima volta che vedrò la gente, come cattivattori d un film cho giavvisto di-menticata morire di solitudine
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Pierinoeillupo
LABBRA E PAROLE Mia devo sapere cosa hai oltre i tuoi ricci, il rosso dove passa il silenzio delle tue labbra invece delle tue parole come se fossi vittima perenne dell’imbuto che nel tempo hai costruito per me
DALLE GUERRE QUI, ALLE GUERRE LÌ (MONEI FACILI VITE IMPERVIE MANI SUDATE CAMBI GOMME FINE) Vissero pensierosi e felici Costruirono immobili i propri desideri più grandi Scolpirono maschere tribali i visi dei nonni pregarono Sulle spalle dei figli. Precari posarono mani e lacrime raccolsero secondo tradizione dentro vasi non comunicanti Soldi utili e avidi sgusciavano otturando i solchi delle strade Erano ere di mezzo
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Pierinoeillupo
Era tardi. Dilagavano la peste Si calpestava il calpestabile e più del salvabile si salverà, nei libri: Con sguardi Rapidi A loro modo videro E col tempo fecero la guerra.
LA CANZONE DEL LÈMUR PERDUTO L’amore per me è che io ho raccolto una cartaccia da terra una cartaccia seduta accanto al mare e tu quella volta mi hai dato un bacio e la spiaggia era una spiaggia pulita Ioladoro perché la portava a saltare coi sacchi di stoffa marrone per spiegargli l’amore, inciampicandosi invece di spiegargli lamore seduti, la portava a vedere i pesci in barca i pesci dalla barca attraverso lacqua evitando accuratamente di pescarli, per spiegargli lempatia dell’acqua e la importanza di non toccare. Dormivano per terra dentrun campo pieno di pollini viole, per attirarne lallergia bestemmiando dietro ai pollini e diventarne immuni immaginando solo un campo di viole senza più pollini; perché immaginavano e disegnavano cose che non esistevano ancora per fingere che ciò che immaginavano avesse senso,
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Pierinoeillupo
e spingersi oltre i loro confini del loro amore, i confini delloro universo e di quello di altri, finoltre i pianeti di classe ipsilon di capitano Kirk. Ioladoro Perché entravano in seggi nudici insieme e con una penna a sfera nelle mani seggio a b c indifferenti alle circoscrizioni e alle cose che non si cancellano e votavano candidati scomparsi nel vento defunti, vento di tanto tempo fa, sepoltri per convincersi dell’importanza delle scelte per gli altri oltre la morte. E bevevano sempre coca cola a gògò mezzo litro almeno in cartoni separati per continuare a sperare insieme, guardandosi reciproca mente, rigorosa mente perché avevanoappreso che tanto bene fa lo zucchero nei liquidi dolcifi cante romantico e sopratutto sopra tutti l’importanza delle amate multinazionali per le amate multi coscienze voraci di noi dèi esseri umani.
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Pierinoeillupo MISCELA D’UMORI
Io l’uomo chentra scalzo alle parole vuole imparare a togliere peso come sporco dalle mani che gratta. Chiuderle nel vetro. Guardare in alto. E ascoltare il rumore. Strofinare a fondo la ragione. Regolare il getto. Spremerla dai pori come proiettili sparati in una Miscela di umori. Perché i tuoi ordini tra i bulbi le sue ronde a fior di pelle, gli scrosci in bolle daccuse tra le mani sappiano di schiuma di doccia che di strofinii abbondanti scivoli lungo i fianchi. Dopo un lungo giorno passato . Sarà il pensiero di stanotte quando dormendo pulito fino alle palpebre farà di tutto per rimanere distante.
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Carla Rastelli
Carla Rastelli Nata a Spoleto, il 19 agosto del 1964. Ha frequentato gli studi classici presso il Liceo-Ginnasio “PontanoSansi di Spoleto (1983). Si è laureata in Lettere Moderne, presso l’Ateneo “La Sapienza” di Roma, Indirizzo di Storia della Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea, con la votazione di 100 / 110, (1996). Sotto la guida del Prof. Mario Petrucciani, con una tesi dal titolo: “Dino Campana e l’Orfismo nella poesia italiana del Novecento”. Conferimento di Menzione d’Onore per la poesia “Un’infanzia felice”. Conferimento dell’attestato di partecipazione per il racconto “La dama e il brigante” e “Serafino il bevitore sopraffino” – al Concorso Letterario Premio Falacrinum, tema “Raccontastorie”, Cittareale (Ri), (1999). Conferimento dell’attestato di partecipazione al corso di formazione lavoro per “Addetto alla gestione e promozione turistica”, (2000). Ha conseguito la specializzazione, per l’abilitazione all’insegnamento, presso la S.S.I.S, nella facoltà di Scienze della Formazione di Perugia, con voto 70 / 80, (2001). Attualmente è insegnante di materie letterarie presso le Scuole Secondarie di Primo Grado: “Dante Alighieri” e “Pianciani-Manzoni” di Spoleto. È stata assistente al programma “Uno Mattina Estate – Rai TV 1” nel 1998. Collaborazione e pubblicazioni al periodico SPOLETO 90, con articoli su itinerari turistici, paesaggistici, presso la Pro Loco di Spoleto. (agosto-settembre 2000, giugno 2005). Pubblicazione di articoli culturali sul settimanale d’informazione LA VOCE, Perugia, aprile-giugno 2008. Recentemente è stata intervistata dal poeta Riccardo Maria Gradassi all’interno della rubrica “Poeti alla ribalta” della rivista “Avanguardia” della Casa editrice Pagine di Roma. Collabora, inoltre, con l’Associazione culturale “Fare Cultura”. 95
Carla Rastelli
LA NOTTE (Nella notte si assiste all’enigma del mistero delle stelle) Un senso di mistero e dolce incoscienza Apre le porte alla Notte. Notte “dolce, amara, cosciente, incosciente, tempestosa, innocente”... “rumorosa, silenzosa”. Sei a volte “maliziosa, lussuriosa, ansiosa, irosa”, altre volte divieni “ sonnacchiosa ...”. La notte....“dolce” culla i bambini, si perde in sogni incantevoli, di castelli, fate, maghi e principi azzurri, si diffonde in magiche atmosfere: di cieli stellati, di irreali emozioni, di fugaci ed impalpabili sensazioni. La notte...“amara” accompagna nell’Ade le anime che cercano di espiare le loro colpe, per conquistarsi il Paradiso. La notte...“cosciente” assiste gli insonni desiderosi di perder coscienza e di sprofondare a forza tra le braccia di Morfeo ristoratore. La “notte”...“incosciente” tiene svegli i nottambuli, gli amanti del brivido della notte, delle scorribande; gli studenti, ragazzi spensierati, sfacciati intenti all’alcool o a balli sfrenatisi sconsiderati. La notte che culla i bambini, che fa compagnia agli insonni, che protegge gli amanti, che lancia proibite delizie agli ingrati, che fa dormire in pace gli avi. Sembra vestita a volte nei panni d’una dama
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Carla Rastelli
Affascinante, austera ed elegante, Altre volte nei panni d’un incubo, spettrale, orripilante, mostruoso, occhiuto..., sembra toglierci il respiro, sottrarci ogni desiderio, spiarci, ingannarci, trasformarsi in strega cattiva
2010 VERSI SPARSI Un’infanzia felice La vita, l’amore, l’arte, le sensazioni delle coscienze. Un’indimenticabile notte di plenilunio. L’incantevole sguardo di un bambino. I giardini dell’Eden mi ricordavano strani profili di donne. Una luce, lontano, illuminava un paesaggio incantevole. Tutta la città era immersa in una dolce melodia, canti e balli di bambini che giocavano a rincorrersi, i colori di un’infanzia felice, il bianco, il rosa, il celestiale profumo di fiori in primavera. La dolce ninna nanna di una nonna, le stelle filanti, le fiere, gli zuccheri filanti, le girandole volteggiando nell’aria, lasciavano gli sguardi dei bambini come sospesi in un azzurreggiare. 1998
RICORDI D’ORIENTE Il corpo di Lei emanava un profumo orientale la sua pelle era ambrata, i suoi fianchi quelli di un’Amazzone i suoi seni erano incredibilmente protesi. Profili di donne, cariatidi di volti imbiancati dal tempo, statue di marmo dalle forme addolcite in sensuali movenze. 97
Carla Rastelli
Seduto ai suoi piedi m’incantavo al suo Pathos. Lui, invece, guerriero greco, profilo fiero, forte nel corpo, gli occhi d’onice emanavano un fascino antico.
SINFONIA IN BLU Quanto è stata bella la notte, una notte in cui i nostri sguardi si sono incrociati. Dolcemente i nostri pensieri si sono incrociati dentro un sogno, un fantastico sogno, dentro una sinfonia in blu, una dolce melodia. I nostri attimi non sono più sfuggenti, ma si sono eternati. Ora, finalmente, ci possiamo divertire a rincorrere i ricordi, a giocare con le immagini di lontananze infinite che fanno rivivere all’istante le nostre più vere emozioni. Emozioni, suggestioni, sensazioni impercettibili Sembrano non finire più, ma ora come possiamo sentirci felici? Lacrime scendevano come gocce di rugiada e bagnavano il volto Di madreperla, un volto incredibilmente bello, un sorriso di bambola, due occhi splendenti. Qualcosa era accaduto, qualcosa aveva turbato l’equilibrio splendido, l’incantesimo, la giostra incantata, l’estasi di paradisi perduti. Ma restava il desiderio di ricomporre i cristalli magici, che avevano pure la brillantezza dell’ultimo incontro. E come il sole che brillava al mattino, lontano, tutto splendeva. Cercavamo forse d’inebriarci di nuovo dei profumi della campagna, dei fiori, dei colori, delle musiche d’Oriente, di tutto ciò che ci circondavano. 98
Michela Ravaglia
Michela Ravaglia Michela Ravaglia vive a Spoleto dal 2000, anno del suo matrimonio. È nata a Perugia nel 1972, ed è mamma di due bambini. Nel 1991 ha conseguito il diploma di Maturità d’Arte Applicata presso l’Istituto d’Arte Bernardino di Betto di Perugia e da questa esperienza nascono le sue passioni per la storia dell’arte e la pittura, che poi verranno approfondite, soprattutto la prima, nel corso degli anni seguenti con l’iscrizione alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Perugia tradottasi poi in una laurea in lettere moderne ad indirizzo storico-geografico. Amante della lettura, concilia con il ruolo di mamma a tempo pieno, anche la recente scoperta dell’arte del ricamo. La famiglia e le passioni descritte sono gli ideali attorno ai quali ha costruito e continua a costruire la propria vita.
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Michela Ravaglia
A MIO FIGLIO ALESSANDRO Che suono melodioso hanno le tue parole... che come candide farfalle volano intorno a me. I tuoi occhi brillano ed emanano la luce più abbagliante che possa esistere sono occhi di fanciullo che portano dentro il miracolo della vita. Morbida è la tua pelle come un velo di seta che lascia trasparire tutta la bellezza di bimbo. Pura è la tua anima innocente che vorrei stringere per sempre tra le mie mani. Colorati sono i tuoi sogni che vorrei vivere con te. Egoista sarei...se non ti lasciassi volare con tutta la libertà possibile.
NINNA NANNA Dormi bimbo mio, la mamma veglia il tuo sonno, sembri un angelo piccolo e silenzioso. Candido è il tuo visino disteso e spensierato. Dormi bimbo mio la mamma ti osserva e si commuove perché la tua vita le è sembrato un grande miracolo.
L’AMORE IMPOSSIBILE In cima ad un colle addormentato ascolto il pianto segreto di una piccola nuvola che fa crescere la vita, sento strani profumi, nell’aria umida e carica di cose lontane, osservo i boschi che piangono la verde livrea, foglie che mostrano la loro morte. Allora penso che l’autunno sta aprendo le porte al bianco inverno per seppellire gli ultimi ricordi di un amore impossibile. 100
Michela Ravaglia
VOGLIA DI VOLARE Vicini, sopra un tavolo a disegnare, ma io con la fantasia volo altrove... mio figlio potrebbe interrompere questo viaggio, ancora non si è accorto che sto scrivendo ma lentamente si insospettisce e mi infastidisce perché vuol parlare. Lo allontano con una scusa, ora è andato in un’altra stanza, mi parla continuamente, di certo mi vuol bene, di certo non si diverte. Cosa penso? Al passato al presente a niente. Non scrivo più, sono scesa da quel treno, ora parlo con mio figlio che è qui presente; niente di prima sta più nella mia mente.
NOSTALGIA Il rosso di un tramonto mi fa scivolare lontano da qui, e nella vastità del cielo dove sta scomparendo la luce, ritrovo quel punto lontano dell’orizzonte, dove non potrò più ritornare. Gli esili rami di un albero, protesi all’infinito, sembrano le piccole mani del mio bambino. Nostalgia, foriera di tristezza, va a ripescare l’eco lontana della mia voce infantile, e la mente giunge a mio nonno che m’ha lasciata facendo crollare un pezzo della mia storia passata. Un uomo sta accendendo un fuoco, e chiusa dietro un vetro ripenso a quando i fuochi li accendevano altri ed io ero piccola e vedevo salir scoppiettando tante lingue arancioni che paragonavo a scie di drago. 101
Michela Ravaglia
Il presente mi richiama con un brivido di freddo, a vedere il sole che se ne va, come sempre per una notte soltanto, sulla musica degli ultimi rintocchi di campana, trascinando le mie memorie, che sanno d’amaro, verso il silenzio. L’ultima brace del fuoco, mette tutto a tacere e per quanto io mi sforzi, non trovo piÚ nulla dentro di me. Cerco allora di vivere con passione lo scrivere queste ultime parole, sperando che domani possano ardere nuove gioie e nuove speranze e tutti i miei ricordi ancora.
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Lorenzo Ricci
Lorenzo Ricci Nasce Spoleto il 21/09/1986. Inizia a scrivere all’età di sedici anni, mosso dalla scoperta della letteratura, attraverso il libro “Sull’utilità e il danno della storia per la vita di F. Nietzsche e dalla scoperta del poeta cileno P. Neruda. Esprime però la sua scrittura attraverso forti immagini che si rifanno alle ballad musicali degli anni ottanta, periodo fiorente di un nuovo modo, più duro,malinconico e figurato di esprimersi. Non mancano però le influenze letterarie di Neruda e dei poeti maledetti. I suoi scritti variano dall’amore alle donne, al personale vissuto, all’erotismo, spaziando su qualunque cosa susciti in lui emozioni e sensazioni abbastanza forti da non poter essere espresse se non dalla parola poetica, per farle restare, in qualche modo, “eterne”.
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Lorenzo Ricci
DESERTO Momenti ... ... In cui la vita è una solitaria estenuante ricerca. E ti senti come un cowboy che solitario nel deserto cammina tra le rocce rosse e roventi come le labbra di una bella donna. Avanzi sulla tua strada intima con solo il ticchettio dei tuoi pensieri a farti sentire vivo come il cowboy avanza solo con la compagnia del battere dei suoi stivali sul terreno arido e screpolato come la pelle di un vecchio. Cerchi e cammini ancora e ancora sul tuo sentiero guardandoti intorno come il cowboy si trascina con solo morte ed arsura intorno e dentro di se. E all’improvviso capisci realizzi che il cowboy sei tu come in un sogno di te stesso capisci che sarai un vero uomo solo se troverai quello che cerchi prima di morire come il cowboy che è in te che sarà un vero uomo solo se prima che il deserto lo prenda troverà quel che cerca... ... Acqua.
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Lorenzo Ricci
Combatti lotta più forte molto più forte del cowboy poiché lui sa già ciò che cerca tu no e allora corri corri più veloce supera il cowboy nel tuo cuore e allora sarai un vero uomo.
Spoleto 19/05/2008 Ore 08:50 p.m.
MICROCOSMO Cammino all’orizzonte tra i monti in bilico sulla linea del tramonto come un astronauta sospeso nell’orbita lunare. Con immane sforzo di volontà riesco a distogliere lo sguardo dall’immensità della natura che mi circonda. Con timore lo focalizzo sul mio microcosmo temendo per ciò che potrò vedervi. Una stella vecchia pronta ad esplodere, di certo un bello spettacolo per chi lo vive dal di fuori. Cammino ancora e ancora mentre in me con forza nasce qualcosa di nuovo la sete di una conoscenza diversa profonda. 105
Lorenzo Ricci
Vado avanti mentre ormai la notte è scesa e solo la Luna ormai alta nel cielo mi accompagna e con la sua fredda luce argentea getta a terra con forza le nere ombre dei miei incubi. Ritorno quasi all’alba nell’abbraccio delle fredde mura della casa addormentandomi con la prima luce che quasi dissolve le sensazioni del mio viaggio notturno lasciandomene lontana reminiscenza. Così chiudo gli occhi consapevole che molte altre notti dovrò viaggiare insieme alla Luna nella speranza di una dolce fusione cosmica tra Lei e il mio essere in un’estasi di conoscenza prima della mia ultima alba.
Gavelli 06/09/2008 Ore 05:27 a.m.
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Lorenzo Ricci
SPOSA Sono entrato in te, per unire le nostre anime attraverso il piacere dei nostri sensi in tumulto. Ho sfiorato la tua pelle vellutata, baciato l’anima tua posando le mie labbra sulle tue. Ho toccato le profondità più dolci del tuo sacro ventre. Mentre ci univamo una lieve brezza estiva, quasi un dono divino ci avvolgeva sensuale e sinuosa spingendoci, ancor più, l’uno dentro l’altra. Tu sopra di me bella e perfetta come mai. Nuda ma con un candido svolazzante velo sul capo. Si sembravi una sposa solo per l’illusione d’una bianca tenda smossa dall’estiva brezza. Eppure se solo è stata casuale illusione, 107
Lorenzo Ricci
ti ho sentito perfetta sposa della mia anima, nell’immenso totale amore dei nostri cuori e dei nostri corpi.
TI AMO! Mia nuda sposa dell’anima, racchiusa nel mio cuore, affaticato dal piacere, sotto il mio nudo petto, d’uomo innamorato. a G. Parigi 19/03/2008 Ore 01:25 a.m.
UNA NOTTE DI R ‘N’ R Musica, metal che mi scorre in vena e rimbomba nelle orecchie. Urla, di persone che, per capirsi, devono superare i decibel della chitarra elettrica. Cimeli, piatti e chitarre, firmati dai grandi, e ancora vestiti e dischi di platino in teche di vetro. Essere ammirati, ed incazzati, per non essere totalmente parte di quel mondo. Vorrei anche io essere, davvero un dio, un punto sopra la fiumana. 108
Lorenzo Ricci
Mi aggiro, con la voglia di sesso ed alcool, in un’oscura atmosfera riuscendo a soddisfare i mie bisogni. Mi nutro ora di ceneri di sogni infranti, dalle quali rinasce, come una fenice, un nuovo sogno di dura dolce realtà. Spoleto 12/03/2010 Ore 10:45 a.m.
Ti svegli, all’alba e la vedi li di fianco a te dolce ed indifesa fra le braccia di Morfeo. Quella notte tu l’hai amata immensamente. Ma sai sai che non potrete mai mai più amarvi. Lei è nuda indossa solo la tua anima tu sei nudo indossi solo il suo profumo. E quando le vostre strade si separano tu vorresti poterlo tenere si, vorresti poter tenere
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Lorenzo Ricci
il suo profumo sul tuo petto e le tue mani per sempre. Tutto questo rallegra il tuo tempo fino a quando quel delicato forte profumo non svanisce. Allora una domanda un angosciante interrogativo ti brucia nell’anima. Ti chiedi gioirò mai più così? Avrò mai più il desiderio d’amare fino in fondo? Vorrò mai più tenere addosso e dentro l’anima il profumo di un’altra donna. E ti rispondi in una brutta notte solitaria... ... No. a G.
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Emanuele Savasta
Emanuele Savasta Nato a Siracusa il 10 Febbraio del 1984, risiede a Palazzolo Acreide (Sr) ma in realtà è domiciliato in tutta Italia. Laureato in Lettere Moderne presso l’Università di Catania. Vincitore del Premio Poesia 2002, con la pubblicazione della Silloge Poetica “A Vele Spiegate”, Libro Italiano Editore. Ha già Pubblicato: “A Una Venere Appena Sconosciuta”, Editrice Urso 2007; “Il Confessionale” in Timpanova aa.vv. 2005; “Salvatore Certo, Artista e Artigiano del Legno” 2008. In Seguito inoltratosi nel campo dell’arte visiva ha curato: Il Soggetto e Sceneggiatura per il Cortometraggio “Soldato Piero” Per la Regia di Giorgio Bruno, 2004; Il Soggetto per il cortometraggio “Miserere” per la regia di Giorgio Bruno 2006; Il Saggio Cinematografico: “Il Mito Della Caverna”. Fotografia è stato: Vincitore del Primo Premio del Concorso Fotografico “Paese In Pixel” 2008; Partecipante al Primo Concorso Fotografico “Foto In Festa” 2008
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Emanuele Savasta
ROULET Dei nostri affanni tristi possiamo ora parlare, ricordandoli. Perché anche dei mali, passato il tempo, può ormai parlare serenamente chi molto ha dovuto soffrire e molto vagare. Omero Notte come ogni notte s’astiene. Sedili carrozzelle e sguardi del solito giro di ronda. La giostra si ripete crescendo la bile a dismisura. L’abitudine al dolore, un ricordo forse di un viso ormai noto. Brucia... brucia. Vegliardo notturno in un’impronta di te, nel tuo respiro, un desiderio che m’appassioni per annegare piacevolmente nel bruciore di una notte facile, senza luna.
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Emanuele Savasta
LE ALI SPEZZATE DAL FIRMAMENTO La barca dell’amore sta naufragando sugli scogli della quotidianità. V. Majakovskij Il verbo del dolore si ricongiungerà al tuo dorso attraversando gli occhi e osando fino al cuore. Si ricongiungerà a te, come l’eterno corruccio del vento gelido, e non come le cose fuggitive che passano. Le lacrime inonderanno il tuo corpo, i tuoi seni s’indoreranno di brina. In cuor tuo la scelta sarà difficile, per la gaiezza che ti fa donna, per questa Venezia che pur bagnata và in fiamme, per questa barca che ondeggia fingendosi sobria d’acqua ma che in verità affonda e và verso il largo dove non c’è speranza. Resto dubbioso sul valore del mio canto sul potere salvifico d’una parola non detta, mancata
TEATRI D’AMORE Contemplo i fiori che mi hai disegnato, m’affondo sotto tutù rosati fra gambe d’intimità fra le luci degli specchi fra le paglie delle sedie ed il cotone dei cuscini. Perso in una serratura, spio il tuo nudo imbarazzato, rosato come quei tutù. Scura solo la tua chioma ed il tuo ventre, rosa nuovamente la tua anima 113
Emanuele Savasta
danzante. In un’adagio m’impasto il cuore con fard e rossetti, nel fumo delle sigarette, nella nebbia dei salotti. Mitici cigni da valzer si sfiorano d’un tratto sospesi entrano di corsa a duellarci. Restiamo truccati incapaci d’esser normali.
IO E TU Vestigio fluttuante di lieve bruma, risata cinta dalla lieve spuma, musica d’arpa d’oro Bacio dell’alba, onda di luce. Questa sei tu! Tu, ombra del cielo, che quando provo a toccarti svanisci come l’anima, come la musica, come la nebbia, come i sospiri.
a Roberta
Dal mare alla spiaggia, onda rumorosa nel vuoto, cometa errante; lamento del rauco vento, ansia perpetua di un mondo migliore, questo sono io. Io, che stupido e instancabile corro dietro un ombra, dietro la luce ardente di una visione. omaggio a Bécquer
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Emanuele Savasta
PRINCIPIO DI FINITUDINE Non v’è rimedio per la nascita e la morte salvo godersi l’intervallo . Arthur Schopenhauer
Non più ore vedesti a pieno, O giglio dorato, uomo di gioventù passata, statua di gracile marmo. Tu monotono universo atonico tendi all’infinito. Il sipario con prestezza calerà mostrando l’invaghito pubblico d’applausi. Il chiavistello del camerino darà i suoi soliti rintocchi. Il tuo ultimo sorriso da commedia o pianto da tragedia sfinirà i tuoi polmoni. Il sentimento catartico l’incontrerai così bello per com’è e si dice, t’abbandonerai ai suoi servigi ponendogli vittoria. Caro Arlecchino... la vita è morte rinviata.
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Indice
Introduzione di Simone Fagioli
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Gionada Battisti
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Giuseppe Carracchia
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Elisabetta Comastri
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Sandro Costanzi
28
Simone Fagioli
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Jacopo Feliciani
39
Paola Gubbini
43
Federico Lanzi
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Chiara Mancuso
59
Federica Mosca
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Miklo (Loriano Grullini)
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Indice
Pablos (Paolo Parigi)
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Pierinoeillupo (Filippo Tocchio)
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Carla Rastelli
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Michela Ravaglia
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Lorenzo Ricci
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Emanuele Savasta
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Biografia di Esmeralda (Cristina Marchionni)
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Biografia di Cristina Marchionni in arte “Esmeralda”
CRISTINA MARCHIONNI in arte “ESMERALDA” Nata a Spoleto (Italia), ha vissuto e operato in Italia, Francia, Spagna e Stati Uniti. Nomade dell’arte, innamorata della vita, archetipo di donna determinata a vivere a pieno la sua vita e la sua dote senza compromessi e senza dilazioni, le sue opere rappresentano donne di qualunque tempo, di qualunque razza e di qualunque religione, un tributo artistico al mondo femminile. È nata per essere artista e crescendo imbocca la strada delle arti figurative, sicuramente con molti contrasti interiori, ma in una costante esigenza di coerenza. Prevalgono le esigenze del suo carattere, che la spingono verso realtà diverse, compiendo un atto di fedeltà verso se stessa. In piena libertà d’animo, esprime il suo stile ed il fascino delle sue opere , esercitando verso di noi un richiamo irresistibile. Di anno in anno, studiando i lavori di Cristina Marchionni, sicuramente potremo capire i suoi stadi d’animo, quindi tradurre le atmosfere più o meno incantate che la vita le ha saputo riservare. Dagli anni’ 90 ad oggi ha allestito numerose mostre personali e a ha partecipato su invito a varie workshop e performance in varie parti del globo (Spoleto, Trevi, Assisi, Perugia, Roma, Firenze, Milano, Tolosa, Parigi, Antregues, Sargumin, Pazilos, Collioure, Port Vendres, Begur, Barcellona, Santa Julia de Lorià, New York, alla 11ª edizione mmart a Medana Slovenia). Danilo Gasperini Sito Internet: www.cristinamarchionni.com www.cristinaedavide@yahoo.it
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