Cocos, Pinomugò e altre storie di alberi

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Cocos, pinomugo e altre storie

Quaderni del volontariato 2021

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di Federica Bracarda illustrazioni di Francesco Montesanti

CESVOL UMBRIA EDITORE

Quaderni del volontariato 2021

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Quaderni del volontariato 12

Edizione 2021


Cesvol Centro Servizi Volontariato Umbria Sede legale Via Campo di Marte n.9 06124 Perugia tel 075 5271976 www.cesvolumbria.org editoriasocialepg@cesvolumbria.org Edizione settembre 2021 Coordinamento editoriale di Stefania Iacono Testo: Federica Bracarda Illustrazioni: Francesco Montesanti Impaginazione: Paolo Tramontana Stampa Digital Editor, Umbertide

Per le riproduzioni fotografiche, grafiche e citazioni giornalistiche appartenenti alla proprietà di terzi, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire. È vietata la riproduzione, anche parziale e ad uso interno didattico, con qualsiasi mezzo, non autorizzato.

ISBN 9788831491204


I QUADERNI DEL VOLONTARIATO UN VIAGGIO NEL MONDO DEL SOCIALE PER COMUNICARE IL BENE

I valori positivi, le buone notizie, il bene che opera nel mondo ha bisogno di chi abbia il coraggio di aprire gli occhi per vederlo, le orecchie e il cuore per imparare a sentirlo e aiutare gli altri a riconoscerlo. Il bene va diffuso ed è necessario che i comportamenti ispirati a quei valori siano raccontati. Ci sono tanti modi per raccontare l’impegno e la cittadinanza attiva. Anche chi opera nel volontariato e nell’associazionismo è ormai pienamente consapevole della potenza e della varietà dei mezzi di comunicazione che il nuovo sistema dei media propone. Il Cesvol ha in un certo senso aderito ai nuovi linguaggi del web ma non ha mai dimenticato quelle modalità di trasmissione della conoscenza e dell’informazione che sembrano comunque aver retto all’urto dei nuovi media. Tra queste la scrittura e, per riflesso, la lettura dei libri di carta. Scrivere un libro per un autore è come un atto di generosa donazione di contenuti. Leggerlo è una risposta al proprio bisogno di vivere il mondo attraverso l’anima, le parole, i segni di un altro. Intraprendendo la lettura di un libro, il lettore comincia una nuova avventura con se stesso, dove il libro viene ospitato nel proprio vissuto quotidiano, viene accolto in spazi privati, sul comodino accanto al letto, per diventare un amico prezioso che, lontano dal fracasso del


quotidiano, sussurra all’orecchio parole cariche di significati e di valore. Ad un libro ci si affeziona. Con il tempo diventa come un maglione che indossavamo in stagioni passate e del quale cerchiamo di privarcene più tardi possibile. Diventa come altri grandi segni che provengono dal passato recente o più antico, per consegnarci insegnamenti e visioni. Quelle visioni che i cari autori di questa collana hanno voluto donare al lettore affinché sapesse di loro, delle vite che hanno incrociato, dei sorrisi cui non hanno saputo rinunciare. Gli autori di questi testi, e di tutti quelli che dal 2006 hanno contribuito ad arricchire la Biblioteca del Cesvol, hanno fatto una scelta coraggiosa perché hanno pensato di testimoniare la propria esperienza, al di là di qualsiasi tipo di conformismo e disillusione Il Cesvol propone la Collana dei Quaderni del Volontariato per contribuire alla diffusione e valorizzazione della cittadinanza attiva e dei suoi protagonisti attraverso la pubblicazione di storie, racconti e quant’altro consenta a quel mondo di emergere e di rappresentarsi, con consapevolezza, al popolo dei lettori e degli appassionati. Un modo di trasmettere saperi e conoscenza così antico e consolidato nel passato dall’apparire, oggi, estremamente innovativo. Salvatore Fabrizio Cesvol Umbria


Federica Bracarda

illustrazioni di Francesco Montesanti


In una piccola isola in mezzo all’Oceano Pacifico viveva Cocos. Era una noce di cocco molto curiosa. Trascorreva, infatti, la maggior parte del tempo ad ascoltare i racconti dei gabbiani viaggiatori, però si divertiva tanto anche a rotolare sulla sabbia con i suoi amici oppure a tuffarsi tra le onde. Con il passare del tempo Cocos si sentiva sempre più attratta dallo scoprire cosa ci fosse oltre l’orizzonte e diceva spesso: 6


– Prima di diventare una palma, mi piacerebbe vedere le terre al di là del mare. Ma nessuno la incoraggiava a partire e i suoi genitori le chiedevano: – Perché vuoi lasciarci? Qui ti vogliamo tutti bene. Un giorno, però, vedendo che il sorriso della figlia cominciava a sparire, le dissero: 7


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– Cocos, anche se siamo un po’ preoccupati, non ti tratterremo qui. Se vuoi partire vai e segui il tuo desiderio. Il giorno della partenza tutti la salutarono con le lacrime agli occhi, augurandole buon viaggio e buona fortuna. Dopo di che Cocos si lasciò trasportare dalle onde del mare che la allontanarono, pian piano, dall’isola.

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Passarono molti giorni prima che Cocos riuscisse a raggiungere una nuova terra. Era piena di rocce e ci vivevano giganteschi alberi centenari. Appena uno di loro la vide le disse: – Ecco un’altra noce di cocco. Non ti hanno avvertita che qui non c’è più posto? – Veramente no. Ma perché non posso rimanere? – domandò Cocos. – Perché sei troppo giovane. Qui possono stare solo gli alberi che hanno più di cento anni. Cocos allora se ne andò, contenta comunque di aver conosciuto delle piante così anziane. Si fece trasportare di nuovo dalla corrente dell’Oceano e, dopo qualche giorno, arrivò in una spiaggia dove la accolsero delle palme con 10


larghe foglie di colore azzurro. Cocos si presentò con grande entusiasmo: – Salve! Il mio nome è Cocos! – Salve! Ci dica, cara, di che colore sono le foglie dei suoi genitori? – domandò la più alta del gruppo. – Verde. Hanno delle bellissime foglie verdi – rispose con orgoglio Cocos. – Ci dispiace, questo allora non è un posto adatto a lei. Cocos ripartì, comunque felice di aver conosciuto palme di un colore mai visto. Era fiduciosa di poter trovare un posto più accogliente; invece, quando approdò in una nuova terra, si sentì dire da un albero con degli strani grappoli attaccati al ramo: 11


– Ci dispiace, ma qui possono vivere solo le palme da dattero. E tu sei una noce di cocco e non un dattero. Non è posto per te! Cocos non si lasciò scoraggiare e partì in cerca di un’altra terra. Quando riuscì a trovarla, notò che lungo la costa c’erano delle palme da cocco dalla forma familiare. Il suo cuore si rasserenò, pensando di avere trovato il posto giusto, ma dopo un attimo fu avvilita da queste parole: – Ci dispiace, ma il tuo guscio è troppo rovinato. Non potrai mai diventare abbastanza alta quindi non puoi rimanere. Non è posto per te! 12


Cocos era stanca di sentirsi continuamente fuori posto e, esausta per il lungo viaggio, si addormentò cullata dalle onde del mare. Al risveglio la piccola noce si ritrovò in una spiaggia dalla sabbia dorata. 13


Oltre le dune c’erano moltissimi alberi e piante di ogni forma, grandezza e colore. E mentre pensava che quello fosse il luogo più bello che avesse mai visto, un’altra noce di cocco rotolò accanto a lei. – Ciao, ben arrivata! Come ti chiami? – le domandò. – Cocos, e tu? – Cochita. Se vuoi fermarti in quest’isola ti consiglio il terreno oltre le dune, c’è molta più acqua. – Dici sul serio? Posso rimanere? – E perché non dovresti? – Perché sono una noce di cocco e non un dattero. Ho meno di cento anni. I miei genitori hanno le foglie verdi e non azzurre. E poi perché il mio guscio è rovinato e quindi non diventerò mai ab14


bastanza alta. Quindi non so... se qui c’è posto per me. – E perché mai non dovrebbe esserci? Non dar retta a chi ti dice che non vai bene. Ognuno ha il suo stile. Scegli pure il posto che preferisci – disse Cochita. Cocos non stava più nel guscio dalla felicità. Mentre si lasciava rotolare spinta dal vento su quella splendida sabbia dorata, pensava tra sé e sé: “Allora esiste davvero un luogo dove c’è posto per tutti!”

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Nel castello, dove viveva la principessa Marilù, c’era un giardino straordinario che conteneva molte specie di piante provenienti da ogni parte del mondo. Il Re e la Regina amavano, però, solo quelle che fiorivano. Se per caso si accorgevano

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che qualche pianta senza fiore cresceva nel loro giardino, ordinavano subito ai giardinieri di sradicarla. Un giorno Marilù, mentre passeggiava tra gli alberi di ciliegio e pesco, notò un piccolo arbusto verde. Avvicinandosi alla pianta, vide che non aveva alcun fiore tra i rami, così disse: – Io sono la principessa Marilù. E tu chi sei? – Bu...bu... buongiorno principessa. Io sono Pinomugo. – Pinomugo? Che nome strano. Lo sai che qui sono ammesse solo piante con i fiori? – Ve...ve... veramente anch’io li ho. Gua... gua... guarda sulla punta dei miei rami – disse impaurito Pinomugo. 17


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Marilù si chinò sul piccolo arbusto per guardare meglio e poi ridendo disse: – Ah Ah, per carità. E questa specie di grossi brufoli rossastri sarebbero dei fiori? Sono orribili! Te lo ripeto, tu non puoi stare qui. – Ma...ma...ma... quei brufoli, come li chiami tu, diventano poi delle pigne molto preziose. – Preziose? Ma cosa dici? Oltre a essere senza fiori, sei anche un bugiardo. – Io...io...io sto dicendo la verità. Le mie pigne contengono una resina speciale. – Speciale? E per cosa? Le pigne servono solo a bruciare nel camino. – Se vuoi posso insegnarti una magia. – Una magia? E quale sarebbe? 20


– Du...du... dunque prendi un vaso, ci metti dentro un po’ delle mie pigne e le ricopri con tanto zucchero. Poi chiudi il vaso e lo metti al sole. Dopo qualche giorno ci troverai dentro uno sciroppo per la tosse. – Ah Ah, uno sciroppo per la tosse? E cosa me ne


faccio? Ora chiamo i giardinieri e ti faccio subito portare via da qui. – Ti...ti prego, prima di farmi tagliare prova a vedere se quello che dico è vero – implorava Pinomugo, ma la principessa Marilù non lo ascoltava. Chiamò così i giardinieri del castello e ordinò loro di toglierlo dal giardino. Marilù si sentì molto fiera di ciò che aveva fatto e anche i suoi genitori si complimentarono con lei per aver preservato la bellezza del castello. Dopo qualche mese il Re purtroppo si ammalò, aveva la febbre molto alta e soprattutto una gran tosse. La regina fece chiamare il medico del castello che riuscì a far sparire la febbre, ma non 22


la tosse. Convocò allora i dottori dei regni vicini, ma non trovarono nessuna medicina e così la tosse aumentò di giorno in giorno. Era diventata talmente forte e rumorosa, sia di giorno che di notte, che gli abitanti del castello non dormivano più. Proprio durante una di quelle notti insonni, Marilù si ricordò di Pinomugo. Il mattino seguente andò subito dai giardinieri per farsi dire dove avevano buttato il piccolo arbusto. Per fortuna i giardinieri, ascoltando le suppliche di Pinomugo, si erano impietositi e, dopo averlo sradicato dal giardino, lo avevano piantato in cima alla collina di fronte al castello. Marilù prese con sé un piccolo sacco e andò su23


bito alla ricerca di Pinomugo. Era proprio difficile trovarlo in mezzo a tante altre piante. Camminò a lungo senza riuscire a vederlo e, quando aveva ormai perso le speranze, si sentì chiamare: – Marilù! Co...co... cosa ci fai qui? – era la voce titubante di Pinomugo. Marilù corse dal piccolo arbusto e cadde di fronte a lui stremata dalla stanchezza. Poi tra le lacrime gli raccontò cosa stesse succedendo a suo padre. 24


Pinomugo, senza alcuna esitazione, le indicò quali pigne prendere dai suoi rami e poi le ricordò come preparare lo sciroppo. Una volta tornata al castello, Marilù seguì le istruzioni che aveva ricevuto dal piccolo arbusto. Dopo qualche giorno lo sciroppo fu pronto e lo fece bere a suo padre. Finalmente la tosse del Re sparì e tutti gli abitanti del castello tornarono a dormire tranquillamente. Da quel momento Marilù e i suoi genitori cambiarono idea riguardo alle piante senza fiori. Infatti ora nel giardino reale nessuna specie viene fatta più tagliare. E Pinomugo? Beh, lui ora ha un posto d’onore, si trova proprio all’ingresso del castello e chiunque entra lo può ammirare. 25


In un grande bosco viveva una quercia centenaria assieme alle sue tante figlie e nipoti. Erano così tante che avevano occupato un’intera valle. Tutte insieme a primavera erano solite osservare le foglie verdi spuntare 26


dai loro rami. Durante l’estate amavano invece prendere il sole, cercando di catturare quanti più raggi fosse loro possibile. Con l’arrivo dell’autunno si divertivano a cambiare il colore delle loro foglie da verde a giallo ambra. E quando giungeva l’inverno, cambiavano di nuovo tonalità, facendo diventare il loro fogliame completamente marrone. La nonna quercia si ergeva alta e fiera al centro della valle, con una grande chioma tonda. Aveva rami forti e radici solide che la facevano stare ben salda al terreno. Un giorno si accorse che una delle sue nipotine, una piccola ghianda spuntata l’anno prima, era più tenera e fragile rispetto a tutte le altre. 27


La vedeva infatti tremare, quando la pioggia scendeva tra i rami più copiosa del solito o quando si sentivano nel bosco rumori sconosciuti. Un giorno la ghianda paurosa incontrò un calabrone. Era un calabrone che stava volando intorno al ramo dove lei si trovava. La ghianda si spaventò e cominciò a tremare, come se avesse visto un boscaiolo con una motosega intento a tagliare un albero. Così la nonna quercia, vedendo che la paura s’impadroniva della nipotina, allungò uno dei suoi possenti rami e accarezzandola a lungo le disse: – Cara, non tremare. Osserva bene ciò che ti sta intorno. Ascolta la tua paura e poi lasciala andare. 28


La nipote sentì allora un grande calore entrare nel suo guscio e il tremore passò del tutto. Il giorno seguente uno sciame d’api passò proprio di fronte al ramo della piccola ghianda. L’ape regina, vedendola, le chiese in modo perentorio: – Ci sono orsi in questo bosco? Anche se dentro di sé era molto agitata la ghianda riuscì a dire: – No, qui non ci vive nessun orso. La nonna quercia, avendo visto tutto, allungò di nuovo uno dei suoi possenti rami e accarezzandola le disse: – Cara, non tremare. Osserva bene ciò che ti sta intorno. Ascolta la tua paura e poi lasciala andare. La nipotina avvertì il calore di un raggio di sole e 29


il suo guscio smise di tremare. Qualche tempo dopo un fringuello si posò stremato sopra il ramo della piccola ghianda. Tornava da un lungo viaggio ed era molto assetato. Dalla stanchezza non riusciva più a volare e aveva perso l’orientamento. La piccola ghianda paurosa vide il corpicino del fringuello tremare proprio come il suo guscio e, con tenerezza, gli disse: – Uccellino non temere. Riposati sul mio ramo così riuscirai a recuperare le forze per bere. Il fiume è proprio qui vicino. Il giorno seguente infatti il fringuello fu in grado di trovare il fiume proprio grazie alle indicazioni che gli aveva dato la piccola ghianda. 30


La nonna quercia era molto orgogliosa dei progressi che stava facendo la sua nipotina, così allungò uno dei suoi possenti rami e accarezzandola le disse: – Cara, non tremare. Osserva bene ciò che ti sta intorno. Ascolta la tua paura e poi lasciala andare. Oggi sei riuscita a donare il tuo aiuto a un fringuello spaventato. Sei una ghianda coraggiosa.

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Anche se ancora tremante, quel giorno, la nipote avvertì dentro il suo guscio qualcosa di diverso.

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Si sentì molto più forte e sicura del solito. Quando fu grande abbastanza la piccola ghianda si staccò dal ramo e si infilò in una delle fessure del terreno sottostante. Con il passare del tempo le spuntarono le radici, il fusto divenne sempre più alto e dai rami sbocciarono le foglie. Nel frattempo sua nonna continuava ad accarezzarla per trasmetterle fiducia e coraggio. Anno dopo anno, la nipote si trasformava in una quercia sempre più rigogliosa e sicura, le sue foglie brillavano e i rami si fortificavano, invece la nonna quercia diventava più vecchia, il suo fusto più grigio e meno elastico. E allora la nipote, ogni sera, al calar del sole, allungava i 34


suoi rami e accarezzava il tronco indolenzito della nonna. E quando, in inverno, il vento soffiava più del solito, l’aiutava a rimanere ben salda al terreno. Oggi la quercia nipote è diventata mamma. E, quando si accorge che una delle sue piccole figlie ghiande si spaventa di fronte a un calabrone, allunga uno dei suoi possenti rami e, accarezzandola, le dice: – Cara, non tremare. Osserva bene ciò che ti sta intorno. Ascolta la tua paura e poi lasciala andare.


Tanti e tanti anni fa, in mezzo a una foresta del Nord America, viveva una sequoia gigante. La sua altezza superava i novanta metri, ovvero misurava quanto un palazzo di trenta piani. Era la più grande di tutte le sequoie presenti nel bosco ed era l’unica che con le sue chiome riusciva a fare il solletico al cielo. Per questo motivo veniva chiamata “Grattacielo”. Le altre sequoie, pur essendo anch’esse molto alte, provavano con i 36


loro rami a grattare le nuvole, ma non ci riuscivano. Il cielo rimaneva impassibile, mentre con Grattacielo si faceva sempre un sacco di risate. Per questa sua unicità ogni albero della foresta le mostrava grande rispetto. Gli abeti, i pini e le querce l’ammiravano molto e tutti avrebbero voluto essere come lei. 37


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Ogni giorno veniva elogiata per le sue qualità: – Guardate com’è alta! – Non c’è nessuno che riesce a far ridere il cielo come lei! – Che brava!

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Grattacielo si inorgogliva al suono di queste parole e con il passare del tempo cominciò a sentirsi speciale, molto speciale, talmente speciale che una mattina, quando le sue amiche querce la chiamarono, lei rispose così: – Non posso parlare con voi. Siete troppo basse per me! – Loro ci rimasero molto male e così le dissero: – Secondo noi ti sei montata la chioma! Il giorno seguente arrivò il suo amico scoiattolo che la invitò a giocare, ma Grattacielo rispose: – Un animaletto così piccolo non può essere amico mio. E poi, guardati: non hai niente di particolare. Sono io l’unica che riesce a fare il solletico al cielo! 40


Lo scoiattolo rimase senza parole e se ne andò via piangendo. Poco dopo un vento freddo che veniva dalla montagna vicina passò tra i rami di Grattacielo e la mise in guardia dicendo: – Stai attenta Grattacielo! Si stanno avvicinando le fiamme di un grande incendio. Io farò il possibile per spingerlo lontano, ma non sarà facile. Grattacielo, però, con superbia gli rispose: – Ma tu, vento, lo sai con chi stai parlando? Con la più alta della foresta, l’unica che riesce a fare il solletico al cielo. So difendermi da sola e non ho bisogno di te. Il vento, stupito dall’atteggiamento della sequoia, 41


se ne andò via molto turbato. Quelle parole così arroganti non gli piacquero per nulla e decise di aiutare solo gli altri alberi della foresta. Dopo meno di un’ora Grattacielo si ritrovò immersa nel fumo denso dell’incendio e ben presto sentì sempre più caldo nella parte inferiore del tronco. Vedeva tutti gli uccelli volare via e gli animali fuggire dal bosco, veloci come fulmini.

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Intanto il vento allontanava le fiamme dagli altri alberi, mentre lasciava che il fuoco bruciasse i suoi rami più bassi. Il calore aumentava e per ogni ramo che cadeva a terra usciva una lacrima dalla sua corteccia. Grattacielo cominciò a gridare: – Aiuto! Aiuto! Vi prego aiutatemi! Quando le fiamme avevano ormai avvolto anche i rami più alti,

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cominciò a piovere: le gocce cadevano sempre più copiose e, grazie all’acqua che scendeva dal cielo, tutto l’incendio venne sedato. Grattacielo allora ringraziò la pioggia, ma questa rispose: – Mia cara, il merito non è solo mio bensì delle tue amiche querce e dello scoiattolo; hanno avvertito le nuvole che, a loro volta, hanno avvisato il cielo del pericolo nel quale ti trovavi. Grattacielo si rese conto di quanto fossero stati preziosi i suoi amici. Senza di loro tutti i suoi rami si sarebbero bruciati. Si scusò allora con le querce, con lo scoiattolo e anche con il vento che aveva aiutato gli altri alberi del bosco a salvarsi. Il cielo rispose a Grattacielo: 44


– D’ora in avanti segui questo consiglio: metti da parte la superbia, perché non è una buona amica. E adesso che ne dici di farmi un po’ di solletico con la tua chioma? Anche se è un po’ bruciacchiata va bene lo stesso. Dopo questa fatica ho proprio bisogno di ridere!


C’era una volta un ricco mercante che collezionava oggetti colorati. Ne aveva così tanti che non bastava tutta la sua casa per contenerli. Acquistò allora un grande magazzino dove poter mettere le stoffe, le pietre,

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i quadri, i vasi, i tappeti, i vestiti, i cappelli e quant’altro riusciva a trovare di colorato, andando in giro per il mondo. Un giorno il mercante fece un viaggio in un paese molto lontano, dove faceva tanto caldo. Mentre camminava lungo la strada che portava al mercato, vide una foresta di eucalipto. Rimase a bocca aperta perché la corteccia di questi alberi era colorata di rosso, viola, arancione, marrone e blu. Sembrava di vedere tanti arcobaleni, uno accanto all’altro. “Questo è proprio l’oggetto dei miei sogni!”, pensò il ricco mercante. Doveva assolutamente riportarne a casa un esemplare e metterlo nel suo giardino. Tra i tanti eucalipti 47


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arcobaleno scelse quello più alto e con il tronco più grande. Così chiamò ben trenta operai che lo aiutarono a prendere l’albero con tutte le radici e a caricarlo sul camion più lungo che ci fosse. Il mercante dovette addirittura noleggiare un’intera nave per trasportare il camion con l’albero fino a casa! Quando arrivò nel suo giardino, fece arrivare una gru, venti operai e cinque giardinieri. Poi tutti insieme riuscirono a piantare l’eucalipto. L’uomo era molto felice di guardare, ogni giorno, quella corteccia multicolore. Ne andava molto fiero, tanto che invitò i suoi amici e organizzò delle feste solo per mostrare il suo albero. Tutti rimanevano stupiti di fronte a quell’immen50


sa pianta colorata perché non avevano mai visto niente di simile. Con il passare dei mesi, però, i colori dell’eucalipto cominciarono a sbiadire lentamente, fino a che la corteccia divenne tutta marrone e le foglie si seccarono, cadendo a poco a poco sul terreno. L’albero aveva cambiato completamente il suo aspetto: da rigoglioso e colorato era diventato spelacchiato e ingrigito. Il ricco mercante non riusciva a capire cosa fosse successo, anche perché aveva chiamato i migliori giardinieri ed esperti di alberi, ma nessuno era stato in grado di far tornare i colori all’eucalipto. Una mattina, mentre il mercante era davanti 51


all’albero e ripeteva “Perché? Com’è possibile? Perché? Non capisco... non capisco”, una voce disse: – Perché non sono un oggetto. – Chi è? Chi ha parlato? – gridò il mercante. – Ho parlato io, l’eucalipto arcobaleno. Il mercante impaurito si voltò per scappare, ma subito dopo si fermò e guardando con curiosità l’albero disse: – Ma... ma com’è possibile? Sei un albero, come fai a parlare? – Quando noi alberi stiamo per diventare legna da ardere, il nostro respiro si trasforma in parole – gli rispose l’eucalipto. – Non lo sapevo. E dimmi, cosa ti è successo? 52


Perché hai perso tutti i tuoi colori? – Perché dove vivi tu fa troppo freddo per me. Io ho bisogno di molto caldo e tanta acqua per crescere. – Se è questo il problema posso costruire una serra gigante e far portare delle cisterne d’acqua. – Non riuscirebbero comunque a salvarmi perché c’è un’altra cosa... – Hai bisogno di più concime? Posso prendere quello che preferisci. 53


– Non basterebbe neanche il concime, c’è una cosa molto più importante. – E allora dimmi qual è? – Io non posso vivere da solo, ho bisogno di avere altri eucalipti intorno a me. L’uomo cominciò finalmente a capire e, abbracciando l’albero, per quanto le sue braccia potessero cingere quel grosso tronco, disse: – Perdonami... sono stato un egoista perché ho pensato solo alla mia collezione. Ti ho trattato come fossi un oggetto e invece sei un essere vivente. Non ti preoccupare, domani ti riporterò nel tuo paese, costi quel che costi! E il mercante fu di parola. Infatti, il giorno seguente, fece tornare la gru, i venti operai, i cin54


que giardinieri e tutti i suoi amici per caricare, il più in fretta possibile, l’eucalipto sul camion. Poi con un grosso aereo lo riportò, in poche ore, nel suo paese. Quando il mercante arrivò nella foresta degli eucalipti arcobaleno, riuscì a trovare quasi cento persone. Grazie alla forza e all’aiuto di tutti, l’albero venne ripiantato a tempo di record. Giorno dopo giorno l’eucalipto riprese a crescere, sui suoi rami tornarono le foglie e la corteccia tornò a tingersi di rosso, viola, arancione, marrone e blu. Mentre il mercante, dopo il suo ritorno a casa, decise di vendere tutti gli oggetti colorati della sua collezione e al posto del magazzino fece crescere un bellissimo bosco di pini e abeti. 55


Saimiri è una piccola scimmia scoiattolo che vive nella Foresta Amazzonica. Ogni giorno, insieme ai suoi amici, salta da un ramo all’altro in cerca di cibo. Ciò che preferisce mangiare sono i frutti di bosco, ne è proprio goloso e farebbe qualsiasi cosa pur di averne un po’. C’è un punto della foresta dove

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sa che può trovarne in abbondanza, ma Saimiri non può andarci. Tutti gli hanno detto che lì è pericoloso perché ci vive l’albero Dinamite. È un albero molto cattivo, ricoperto di spine; fa esplodere all’improvviso i suoi frutti, dai quali fuoriescono tanti semi, veloci come proiettili. Se non si trova subito qualcosa con cui ripararsi, ci si può far male. Infatti molti amici di Saimiri sono tornati a casa doloranti e con dei grossi bernoccoli sulla testa. Quella mattina, però, l’odore dei frutti di bosco che arriva dalla zona proibita è più intenso del solito. Saimiri non riesce a fermarsi, ha già l’acquolina in bocca. Salta da un ramo all’altro fino a che un rumore fortissimo lo fa quasi cadere a 57


terra dallo spavento e qualcosa gli sfiora la coda. – Ahi! Chi è stato? – grida Saimiri. – Sono stato io! Non lo vedi come sono grande e spinoso? – urla l’albero Dinamite. Saimiri all’inizio rimane in silenzio perché non sa bene cosa rispondere. Poi, guardando il tronco di quell’albero così alto, non si spaventa e dice: – A me piacciono le tue spine. – Mi prendi in giro? – chiede sorpreso l’albero Dinamite. – No, penso davvero che il tuo tronco sia particolare. Devo solo stare attento a non avvicinarmi troppo per non farmi pungere – risponde Saimiri. L’albero Dinamite scoppia a piangere e dice: – Non avevo mai ricevuto un complimento in 58


vita mia. È la prima volta! Tutti hanno paura di me, così non si avvicina mai nessuno e sono sempre solo. – Mi dispiace. Se vuoi posso diventare tuo amico. Io mi chiamo Saimiri. – Davvero? Mi piacerebbe tanto. Il mio nome è Seme Volante, però tutti mi chiamano Dinamite. Saimiri ci riflette un po’ e poi dice: – Perché mai dovrei chiamarti con il nome sbagliato? Anzi a partire da oggi tutti dovranno chiamarti con il tuo vero nome. Saimiri e Seme Volante si incontrano ogni giorno e, mentre la piccola scimmia scoiattolo si fa una bella scorpacciata di frutti di bosco, l’albero gli 59


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racconta storie di altre piante che riescono a lanciare i propri semi a molti metri di distanza dal proprio fusto, come l’acanto, il glicine o il cocomero asinino. Lo scopo non è quello di far male a chi passa loro vicino, ma è il solo modo che queste piante conoscono per riprodursi e quindi per continuare a vivere. Con il passare del tempo Saimiri presenta Seme Volante a tutti i suoi amici e alla sua famiglia. Nessuno ora ha più paura dell’albero con le spine, anzi conoscendolo meglio scoprono che è proprio simpatico. E poi tutti insieme riescono a trovare un modo per evitare di farsi male. Quando uno dei frutti di Seme Volante sta per aprirsi l’albero, come fosse una sirena, grida: 62


– Attenzione! Attenzione! Semi volanti in arrivo! Attenzione! Attenzione! Semi volanti in arrivo! In questo modo nessuno rischia di tornare a casa con dei bernoccoli sulla testa. E soprattutto, come aveva detto Saimiri, ora tutti gli abitanti della foresta chiamano l’albero con il suo vero nome e la parola “Dinamite” è sparita per sempre.



Indice p. 6 Cocos p. p.

16 Pinomugo 26 La quercia centenaria

p. p.

36 Grattacielo 46 L’eucalipto arcobaleno

p.

56 L’albero Dinamite



Un ringraziamento speciale a Marina Biasi, Alberto Cassone, Ida Cupido e Cristiana Vivenzio per i preziosi suggerimenti



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