Diario di guerra

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Quaderni del volontariato 1

Edizione 2010



a cura di Maria Teresa Becchetti Coordinamento Centri Socio Culturali del Comune di Perugia

DIARIO DI GUERRA 1915-1918 del soldato Becchetti Antonio Antero detto Vito Addettato alla figliuola Siria durante le scuole elementari nel 1934-1935


Cesvol Centro Servizi Volontariato della Provicia di Perugia Via Sandro Penna 104/106 Sant’Andrea delle Fratte 06132 Perugia tel. 075.5271976 fax. 075.5287998 Sito Internet: www.pgcesvol.net Visita anche la nostra pagina su

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Con il Patrocinio della Regione Umbria

Edizione: Luglio 2010 Progetto grafico e videoimpaginazione: Chiara Gagliano Stampa: Digital Point (Ponte Felcino)

Tutti i diritti sono riservati Ogni riproduzione, anche parziale è vietata

ISBN: 88-96649-08-4


I QUADERNI DEL VOLONTARIATO, UN VIAGGIO ATTRAVERSO UN LIBRO NEL MONDO DEL SOCIALE

Il CESVOL, centro servizi volontariato per la Provincia di Perugia, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, ha definito un piano specifico nell’area della pubblicistica del volontariato. L’obiettivo è quello di fornire proposte ed idee coerenti rispetto ai temi di interesse e di competenza del settore, di valorizzare il patrimonio di esperienze e di contenuti già esistenti nell’ambito del volontariato organizzato ed inoltre di favorire e promuovere la circolazione e diffusione di argomenti e questioni che possono ritenersi coerenti rispetto a quelli presenti al centro della riflessione regionale o nazionale sulle tematiche sociali. La collana I quaderni del volontariato presenta una serie di produzioni pubblicistiche selezionate attraverso un invito periodico rivolto alle associazioni, al fine di realizzare con il tempo una vera e propria collana editoriale dedicata alle tematiche sociali, ma anche ai contenuti ed alle azioni portate avanti dall’associazionismo provinciale. I Quaderni del volontariato, inoltre, rappresentano un utile supporto per chiunque volesse approfondire i temi inerenti il sociale per motivi di studio ed approfondimento.

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Introduzione di Luigi Lanna

Il giovane Alessandro conquistò l’India. Lui solo? Cesare sconfisse i Galli. Non aveva con sé nemmeno un cuoco? Domande di un lettore operaio Bertold Brecht

Tante guerre, vittorie, sconfitte: libri di storia ci tramandano i nomi dei generali, ma tralasciano e dimenticano i tanti soldati delle coorti, legioni, trincee, le storie di chi senza nome ha contribuito agli accadimenti di vittorie e sconfitte, ...eppure ogni città, ogni paese ha sepolcri di tanti senza nomi, segni di vita non celebrata, ma pur sempre viva nella memoria degli affetti dei congiunti. La figlia Siria ha annotato diligentemente le vicende del padre, non aveva pretese letterarie ma soltanto raccoglieva dalla viva voce del padre, come una favola raccontata ai bambini e dal lieto fine, l’agognato ritorno a casa. “Il diario di guerra” è un piccolo frammento di storia, di storia umana meritevole di essere raccontata sia per chi l’ha raccolta ascoltando, sia per chi l’ha vissuta. Classe 1892, uno dei tanti che forse non sapeva i perché...ma aveva tante domande. Conosceva bene soltanto il suo numero di matricola, dove era nato e dove voleva ritornare ed era però desideroso di conoscere i nuovi paesi, le città...dove il “Comando” lo destinava. Sempre obbediente, ligio ai suoi doveri di combattente e come “tanti” sentí i primi colpi di cannone da lontano a San Vito di Cadore.

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Introduzione di Luigi Lanna

Il 15 Maggio 1916 l’offensiva nemica. Cronache di fatti e luoghi e nomi: il monte Corno sul quale fu catturato “il martire tirolese Cesare Battisti”. Sono i nostri ricordi di scuola a risvegliarsi. Ecco i meriti di questo diario: ricordare a noi, un secolo dopo, con la vivacità scarna del cronista fatti che non abbiamo vissuto, ma letto sui libri come frammenti di un mondo “fabulistico” ed ecco invece la testimonianza di uno dei tanti “miles” che ci dimostra che quei fatti sono stati drammi vissuti dalle singole, ma ignote, fisicità di “tanti” reali personaggi. L’augurio è che queste pagine possano essere raccolte in antologie da leggere ai nostri figli affinchè la memoria della prima guerra mondiale non si disperda nella nebbia indistinta del passato che si perde ma che resti come traccia sempre viva di vite vissute. Portare alla luce, fare emergere percorsi, orme nascoste, partecipare storie ricordate soltanto in ristretti gruppi, significa contribuire ad una società in cui ciascuno e tutti si riconoscano in identità personali di pari valore. È la mission del Cesvol: relazionare gli uni e gli altri in un contesto comunitario in cui al soldato e al generale venga riconosciuta pari dignità e...le tante domande di un lettore operaio, avranno risposte.

Luigi Lanna Presidente Cesvol Perugia

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Introduzione di Giuseppe Bearzi

Queste pagine sono la testimonianza delle vicende militari di Becchetti Antero-Antonio detto Vito da Marsciano, classe 1892. Fu Siria, la figlia primogenita, che le udì spesso narrare e che – vent’anni dopo i fatti – le trascrisse sotto dettatura. Queste pagine non sono soltanto memorie: sono un documento storico, meritevole d’essere conservato, divulgato, ragionato specie di questi nostri tempi così frivoli e vuoti. Sono pagine rimaste in un cassetto per quasi cent’anni, fino a ieri. Fino a quando la nipote Maria Teresa Becchetti le ha riportate alla luce. Il protagonista di questi fatti, che si snodano dalla sua ferma militare nel 1912 alla fine della Grande Guerra, è un italiano vecchio stampo di solida dirittura morale. è un italiano che presumiamo non diverso da tanti, tantissimi altri; non diverso da quella stragrande maggioranza che aveva un rigoroso e radicato senso del dovere e dello Stato, oltre che intelligenza, determinazione, fiducia nelle istituzioni. Le persone come il Becchetti avevano valori ben distanti dalla volgarità ridanciana dei protagonisti d’una narrativa e d’un cinema di cassetta, prevalsi nel recente passato, ove le vicende qui riferite furono denigrate. E furono proprio quelle persone a farci vincere una difficile difficilissima guerra. Le esperienze del soldato e poi caporale, sergente, aiutante di battaglia Becchetti Antonio si snodano in una sequenza incalzante e serrata di fatti d’armi vista dalla trincea, ove non c’è spazio per la retorica, il fanatismo, l’enfasi, ma nemmeno per quel disfattismo alla Alain Cuny o per la trivialità alla Alberto Sordi. Qui prevalgono – seppure nella consapevolezza di errori ed orrori onestà, semplicità, rigore. Prevale la realtà di quella miriade di piccole umili tessere vissuta giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto; scritta con il fango, il sudore, il gelo, il sangue, i morsi delle piaghe e dei pidocchi in centinaia di migliaia di resoconti (forse più fedeli dei bollettini ufficiali) che ci hanno testimoniato la verità storica di quei momenti. Lo spirito asciutto, scarno, ma solidamente positivo

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Introduzione di Giuseppe Bearzi

di queste pagine, non è, nÊ vuol essere esaltazione della guerra, ma pura consapevolezza del dovere. Una consapevolezza che, grazie alla figlia Siria e alla nipote Maria Teresa oggi dimostra di sopravvivere ancora.

Giuseppe Bearzi Presidente Associazione Culturale Intra

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Prefazione di Maria Teresa Becchetti

Ho conosciuto lo zio Vito-Antero-Antonio (fratello di mio nonno) fin da bambina, ricordo che da ragazzina mi ospitava a casa sua, a Collepepe di Marsciano, ed io ero felice di trascorrere le vacanze estive insieme alle cugine quasi coetanee, Ornella ed Elsa; la figlia più grande, Siria, era già sposata e viveva a Roma. Mi affascinava il Palazzo Franzoni, molto antico e possente, ove lo zio risiedette per circa 25 anni, in quanto esercitava l’attività di magazziniere con grande puntualità e precisione, per le quali doti, fu molto stimato e godette la fiducia della famiglia Franzoni, della quale egli parlava sempre con grande stima e rispetto. Poi il lavoro, in occasione del mio primo incarico di insegnante, a distanza di anni, nel ’70, mi ha ricondotto a casa dello zio e della cugina Ornella, che nel frattempo si erano trasferiti a Collazzone. La mattina, al volante della mia “cinquecento”, trovavo dietro l’ultima curva, puntuale, lo zio che mi invitava con grande affetto a restare a pranzo da loro, e la zia mi preparava degli ottimi manicaretti. Erano quelle le occasioni in cui lo zio si abbandonava ai ricordi di guerra, era l’argomento più ricorrente ed ho capito chiaramente che quel periodo della sua giovinezza era stato vissuto con grande intensità. In certi momenti sembrava ripetitivo, ma questo stava a significare quanto gli eventi trascorsi lo avessero segnato, quanto avessero inciso il suo animo, la sua psiche, con quanto orgoglio e con quanta passione avesse fatto propria la causa nazionale. Dai suoi racconti emergeva con forza la sua totale dedizione alla causa, il grande amore per la patria, il grande senso di responsabilità per la sua difesa, anche mettendo a repentaglio la propria vita. Tuttavia devo dire che non mancava mai di raccontare anche le sue barzellette, di fare le sue battute umoristiche, anche su “Cecco Beppe” (soprannome riferito all’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe), perché, nonostante tutto, anche in età avanzata, aveva conservato uno spirito giovane, desideroso di comunicare allegria a grandi, giovani e piccini.

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Questo senso dell’humor lo ha accompagnato per tutta la vita, fino alla fine dei suoi giorni avvenuta a 91 anni, il 30.11.1983. Durante questi incontri sono venuta a conoscenza dell’esistenza di un suo diario di guerra che aveva dettato, negli anni 1934/35, alla figlia Siria, quando questa frequentava la scuola elementare. Ho ritenuto questo documento di vita vissuta estremamente importante, per la personalità che scaturisce dai vari fatti raccontati, per il sentimento che esprime e la precisione con cui si ricordano e vengono descritti gli eventi ed i luoghi, degno di essere trasmesso alle future generazioni.

Maria Teresa Becchetti

Foto ricordo dello zio Vito che amava fregiarsi delle sue medaglie nelle ricorrenze commemorative

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DIARIO DI GUERRA 1915 - 1918 Addettato alla figliuola Siria durante le scuole elementari nel 1934 - 1935 Corpo e reparti ove prestava servizio il mio babbo durante la campagna Italo Austriaca, Col. 69° Reggimento Fanteria – Mitraglia dall’inizio della guerra, fino al 27 ottobre 1917 ha preso parte a tutti i combattimenti e cioè: dal maggio 1915 in Val Padula,Valico di M. Croce, di Comelico e M. Quaternà. In ottobre nella zona di Gorizia: Peuna, Oslavia e Grafemberg. Nel maggio 1916 in Val D’Astico: Costa d’Agra M. Maronia e M. Maggio. In giugno M. Giove indi in Vallarsa: M. Trappola e pendici di M. Corno e M. Spill, fino al maggio 1917. In giugno sul Carso: pendici dell’Hermada Flondar. In luglio sul Vipacco. In agosto sul Faiti. In ottobre dopo breve periodo di riposo di nuovo sul Faiti ove il 27 corrente mese dovette cedere e cascare ferito fra le mani nemiche. Il mio babbo ha le seguenti ricompense Militari: GRADO DI AIUTANTE DI BATTAGLIA PER MERITO DI GUERRA; MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE; ONORIFICENZA INGLESE (MEDAGLIA D’ARGENTO); MEDAGLIA ISTITUITA A RICORDO DELLA GUERRA 1915-1918; MEDAGLIA DELL’UNITÀ D’ITALIA 1848-1918; MEDAGLIA DELLE NAZIONI ALLEATE ED ASSOCIATE E CROCE AL MERITO DI GUERRA. 14


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Il mio babbo erroneamente fu chiamato alle armi col nome di Antonio anziché Antero, e passò così tutta la sua vita militare della durata di anni sette con il detto nome (Antonio). Il suddetto Becchetti Antero di Giuseppe e di Barbara Tozzi, della classe 1892 è nato il 20 maggio a Castiglione della Valle (Marsciano) di Perugia. Allora era domiciliato a Piegaro, distretto Militare di Orvieto. Veniva chiamato alle armi il 7 settembre 1912 col numero 25.436 di matricola. Il giorno suddetto non appena passata la visita, venne inviato in licenza fino al 12 del mese suddetto. Al termine della licenza ripresentato al distretto (Orvieto) il 13 gli veniva consegnato: un sacchetto fuori uso, una gavetta e un berretto. Allora incominciò a persuadersi di dovere essere sottoposto alla disciplina Militare. Che tristezza!... . Il giorno 14 veniva indrappellato per quattro, salutando il distretto di Orvieto perché destinato nel 69° Reggimento Fanteria e perciò l’attendeva la bella Firenze dove arrivò al destinato quartiere alle ore 22. Appena arrivato gli destinarono la Compagnia, l’11A la quale era in distaccamento in Sicilia a Vizzini (Catania). Per 3 o 4 giorni fu aggregato alla 3A Compagnia per aspettare tutti i coscritti dei vari distretti per fare una sola spedizione. Non solo l’11A Compagnia era in distaccamento, ma tutto il 3° Battaglione il quale divideva le sue quattro compagnie in questo senso: la 9à a Ragusa, la 10A a Modica, ove presiedeva il Comando del Battaglione, l’11A a Vizzini e la 12A a Monterosso.

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Il giorno 16 settembre venne vestito da militare, armato e consegnato tutto il corredo militare; la sera del suddetto giorno usciva per la prima volta a conoscere Firenze ma non fu il caso. Il 18 partiva insieme ai suoi compagni per Livorno, per poi lo stesso giorno essere imbarcato nel piroscafo diretto per la Sicilia: il 19 alle 12 a Napoli, alle ore 16 partenza di nuovo arrivando a Catania il giorno 21, facendo sosta tutta la notte successiva di modo che il 22 il drappello si divideva raggiungendo ognuno la propria compagnia. Il suo primo viaggio in mare fu buono, solo trovò il mare in burrasca per pochi istanti nello stretto di Messina, però al mio babbo non recò nessun disturbo. Il mio babbo era così lontano a Vizzini (Catania) ma si rassegnò del distacco della famiglia e pose il suo pensiero a fare il buon soldato; le istruzioni erano un divertimento per lui perché era già abituato al lavoro pesante; si era fatto benvolere dai suoi superiori perché obbediente e rispettoso. Il mese di dicembre fu ammesso al plotone degli allievi Caporali. La compagnia dava al paese di Grammichele il N° di 10 soldati per l’ordine pubblico per il turno di un mese, e così anche il Plotone degli allievi. In febbraio 1913 passavano un mese a Grammichele ove si divertivano a far delle belle passeggiate fra gli aranceti e mangiandone a soddisfazione. Il 7 marzo partivano per i tiri collettivi diretti a Floridia (Siracusa) ove si riuniva tutto il Battaglione del 69° Fanteria. Lì aumentarono le fatiche, ma sempre bisognava farsi coraggio. 18


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Il 25 del mese ogni compagnia ritornava al proprio paese ove era destinata a far servizio, anche il mio babbo ritornava a Vizzini riportando la medaglia di bronzo con relativo diploma, premio meritato al tiro col fucile. Il 10 aprile tutti gli allievi Caporali del Battaglione furono radunati a Modica (Siracusa) presso il comando del Battaglione in sussistenza alla 10à compagnia per dare gli esami da caporali trattenendosi due giorni e poi di nuovo ognuno ritornò alla propria compagnia,così pure il mio babbo il giorno 12 corrente mese andò nuovamente a Vizzini. Il giorno 18 venne da Firenze dal Comando del Reggimento la lista di quelli che erano promossi Caporali ed i trasferimenti di Compagnia, e su questa risultava anche il nome del mio babbo che fu promosso Caporale in data 15, ed il giorno 20 fu trasferito alla 9A Compagnia a Ragusa (Siracusa) ove passava una vita discreta mangiando abbondanti frutti: fichi d’India, arance, nespole del Giappone ecc. Nel mese di luglio 1913 ci fu un po’ di disordine in questa cittadina: fecero sciopero i minatori delle cave delle pietra-costruzione, e della pietrapece e catrame: in rinforzo alla 9A Compagnia del 69° venne un battaglione del 75° Regg. Fant. da Siracusa. I segni non erano buoni nel vedere quell’agglomeramento di gente davanti al Municipio, ma quando il Delegato per la terza volta fece dare dal trombettiere l’attenti con tre squilli di tromba, pronunciando ad alta voce: <<In nome della legge scioglietevi!>>: e successivamente diede l’ordine di far baionetta in canna, nello scrocchio delle lucenti baionette ci fu 22


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un po’ di panico e gli scioperanti si allontanarono senza fare altre mosse. Il 7 settembre 1913 il Battaglione riceveva il cambio dal 1° Battaglione dello stesso Reggimento proveniente da Firenze, il giorno successivo il comando del 3° Battaglione radunò le sue compagnie a Messina ove nel pomeriggio dello stesso giorno si imbarcarono sul Piroscafo salutando Messina con tutta la Sicilia diretti per Livorno e la mattina del giorno 10 il Piroscafo giunse a Napoli ove faceva sosta di 8 ore. Il mio babbo con altri compagni ottennero due ore di permesso per andare a vedere il centro di Napoli. Nel pomeriggio ripartì giungendo a Livorno il giorno 11 e subito partirono in treno giungendo a Firenze all’imbrunire dello stesso giorno. Ancora il mio babbo non aveva la soddisfazione di ammirare Firenze. Il giorno 12 insieme ad altri graduati ed ufficiali, non del solo Reggimento, ma di tutti i reggimenti di fanteria dell’8° corpo d’Armata (di Firenze) furono mandati a Siena aggregati all’ 87° Regg.to Fanteria per istruire la gran massa delle reclute, perché il Comando dell’87° Regg.to Fanteria trovatosi in Libia e quasi disfatto dagli Arabi , così queste reclute non appena istruite dovevano servire per rifornire il detto Regg.to. Il 16 corrente mese il mio babbo fu mandato a Torino a prendere le reclute della classe 1893: nel viaggio di andata stette quattro ore fermo a Genova così vide anche un po’ di questa città, il 22 ripartì da Torino insieme alle reclute per Siena ove fu assegnato alla 5a Compagnia bis.

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Il 15 ottobre gli vennero consegnati 10 soldati e fu mandato per giorni 8 a Castelnuovo Berardegna (Siena) sotto la dipendenza del Maresciallo R.R.C.C. per l’ordine pubblico durante le elezioni. L’8 novembre gli venne concessa una breve licenza di 12 giorni, il giorno 20 dovette subire un altro disturbo nel salutar la famiglia e...compagni. Appena tornato a Siena trovò le camerate quasi vuote; quei giovani militari della classe 1893 erano stati mandati a raggiungere il Regg.to effettivo in Libia (all’87a), così in dicembre ogni aggregato ritornò al proprio Regg.to. Dopo breve tempo che il mio babbo si trovava a Firenze domandava di nuovo la licenza dicendo che in 16 mesi di militare mai era stato a casa, bugiardo!...sapeva bene che quella di Siena non figurava, e così il 4 febbraio 1914 gli venne concessa una licenza di giorni 14; il 18 ritornò al corpo a riprendere con pazienza il suo solito mestiere da capo posto alle carceri civili di Santa Teresa, alle murate ed al palazzo Pitti (Reale). Il 26 febbraio il Comando del 69° Regg.to Fanteria toglieva dalle sue compagnie i nuclei di militari più scaltri formandone un Battaglione per mandare a Massa Carrara per lo sciopero dei marmisti. Toccò anche al mio babbo ove, tra la neve e la paura provocata dagli scioperanti, passava circa un mese. Il 22 marzo il Battaglione speciale salutava Massa e lasciava Carrara con la speranza di non rivederli più in tale stato, e tornava nella gentile Firenze. In data 1 Aprile il mio babbo fu promosso Caporal Maggiore e il servizio gli diminuiva spe24


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cialmente quello di guardia e gli veniva aumentata la paga di 10 centesimi al giorno; a quei tempi da caporale prendeva £ 0,25. Alla fine di Aprile il Reggimento si portava a Vaglia (Firenze) ai tiri collettivi e nel maggio ritornava a Firenze. Nei primi di giugno 1914 scoppiò lo sciopero ad Ancona per la settimana rossa ed anche allora il mio babbo fu incluso nel Battaglione per accorrere a ristabilire la calma in Ancona. Arrivò là il 9 sera dopo aver percorso da Falconara ad Ancona la strada a piedi perché la linea ferroviaria era diroccata dagli scioperanti. Passò dei giorni brutti nel vedere bruciare vagoni, buttare in aria la ferrovia, tagliare i fili elettrici ecc. e il più doloroso era di doverli lasciar fare per non incattivirli. (Oh se ci fosse stato a quell’epoca Mussolini! Non avrebbero fatto tutto ciò.) Passava circa un mese in Ancona poi il Battaglione del 69° fanteria veniva trasferito a Jesi (Ancona) e vi stette tutto il mese di luglio. Il 7 Agosto il Battaglione salutava Jesi e rientrava al Reggimento il quale si trovava al Campo a Scarperia (Firenze). Dopo pochi giorni al mio babbo veniva un ascesso ad un piede e il giorno 12 fu trasportato all’ospedale militare di Firenze. Dopo 4 giorni che fu operato fu condotto al convalescenziario di Monte Oliveto (Firenze). Il 28, guarito, tornava al corpo ed anche il Reggimento era ritornato al campo. In novembre, per il troppo affollamento delle classi richiamate (perché l’Europa era già in fermento) il Reggimento distaccava i suoi Battaglioni: Il 1° restava a 25


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Firenze; il 2° a Prato e il 3° a San Giovanni in Valdarno. Al mio babbo veniva concessa una breve licenza di giorni 8. Il 1 Gennaio 1915 il mio babbo fu mandato a Bergamo a prendere le reclute della classe 1895. Non appena ritornato a Firenze, fu ammesso come istruttore nel Plotone degli allievi Sergenti. Nei primi di Aprile insieme al plotone degli allievi Sergenti andava a S. Piero Assieve ai tiri collettivi; in questo frattempo il Reggimento si preparava a partire per il fronte orientale perchè la guerra era prossima. Il 20 dello stesso mese il plotone degli allievi Sergenti ritornava a Firenze.

Il mio babbo riportava il certificato di tiratore scelto. Nella prima decina di Maggio il plotone degli allievi si scioglieva dividendosi in tutti i reggimenti di Fanteria del corpo d’Armata di Firenze (8°) ed allora anche ogni istruttore dovette raggiungere la propria compagnia. Mio padre il giorno 14 raggiunse la sua compagnia a Domegge (Ca26


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dore). Il 24 cominciò la guerra ed anche egli cominciava a dormire per terra. Però ai fanti del 69° ancora non era stabilita la loro posizione. Il Comando del Reggimento fin dal momento della mobilitazione era a Pieve di Cadore, ed i rispettivi battaglioni per otto o dieci giorni facevano il tiro e molla avanti e indietro. Il 3° Battaglione, al quale apparteneva il mio babbo, partiva da Domegge e seguendo la strada di Pieve di Cadore arrivava a Vado. Sostò due giorni, poi di nuovo zaino in ispalla, sotto una pioggia lenta lenta, giungendo a S. Vito di Cadore, ove i giovani fanti sentirono i primi colpi di cannone da lontano. Ancora però non era stata loro stabilita la posizione: dopo quattro giorni di nuovo armi e bagaglio in ispalla, rifacendo la strada percorsa prima, ripassando per Domegge si inoltrarono per Auronzo mentre il comando del Reggimento rimaneva momentaneamente a Comelico ed il 3° Battaglione si accampava presso Dosoledo (Cadore). Nei primi di giugno il Reggimento veniva a trovarsi schierato per sbarramento in Val Padula (Valico di Monte Croce di Comelico e Monte Quaternà), il 3 ° Battaglione al quale apparteneva il mio babbo si trincerò per la prima volta sul M. Quaternà . In data 15 giugno il mio babbo fu promosso Sergente. Nei mesi di giugno, luglio, agosto, settembre 1915 il Reggimento dava il suo sangue migliore in continui e ripetuti attacchi fronteggianti formidabili posizioni nemiche (Cima Frugoni - Monte Cavallino e il Boteh ). In ottobre il Reggimento passava nella zona di Gorizia, e partecipava ai combattimenti di Oslavia, Peuma e Graffemberg; Gorizia rimaneva 27


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di rimpetto a pochissima distanza e senza poter andare a visitarla perché le porte erano ancora ben chiuse. Il 19 Dicembre il mio babbo fu inviato in licenza di giorni 20 lasciando i suoi compagni nelle fangose trincee, passando per Cormons si recò presso la stazione ferroviaria di S. Giovanni Manzano ove fu rimesso a nuovo, lasciando i panni cenciosi e luridi, carichi di un mondo di insetti. Nel gennaio 1916, al termine della licenza il mio babbo ritornava al corpo incontrando il Reggimento a riposo accampato presso Carmons. Però non era lì che doveva passare il riposo. Dopo pochi giorni si spostava e veniva a Dignano sul Tagliamento, pur continuando ad inviare a turno i suoi Battaglioni nei settori di Monfalcone e Gorizia per il rafforzamento delle linee di difesa retrostanti. Nei primi di maggio il Reggimento passava a far parte della 35a Divisione in Val D’Astico. Il mio babbo in data 5 maggio veniva tolto dalla 9A Compagnia e trasferito alla 3A Sezione Mitragliatrici Fiat dello stesso Reggimento. Fu ammesso alla I arma col titolo Capo-arma di istruzioni e manovra, non ne sapeva nulla di quell’arma, però ci si trovava contento e prese un’affezione alla mitragliatrice come alla persona più cara...tanto che dopo due o tre giorni di istruzione la faceva manovrare come un anziano. Il 10 maggio il Reggimento andava a presidiare la prima linea sull’estesissimo fronte Maronia – Costa d’Agra. 28


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La 3A Sezione Mitragliatrice, della quale faceva parte il mio babbo, stava con le armi piazzate a Piovernetta – nella vallata tra Maronia e Costa d’Agra. Il mattino del 15 maggio, dopo gigantesca preparazione di artiglieria, ebbe inizio l’offensiva nemica. I tenaci difensori di Costa d’Agra furono travolti. Il mio babbo la prima volta che sparava con la mitraglietta in azione falciava le truppe nemiche sul fianco destro, cioè su Costa d’Agra, che avanzavano vestite di bianco per essere meno visibili perché c’era la neve. Il giorno successivo (16) il nemico concentrò i suoi sforzi su Val Ceragnolo e strinse ai fianchi l’eroico presidio di M. Maronia. I superstiti del Reggimento dovettero ripiegare sul M. Maggio, ove in mattinata del 17 la 2a arma della 3A sezione alla quale apparteneva il mio babbo fu presa in pieno da una granata e messa fuori uso, mentre il mio babbo con la sua arma piazzata sulla vetta di M. Maggio sparava senza interruzione tutta la giornata sulle squadre nemiche, che venivano all’assalto sotto la protezione del bombardamento dell’artiglieria. La sera all’imbrunire una granata piombava sulla vetta, mettendo fuori uso anche la mitragliatrice del mio babbo; così armi e soldati fuori uso, non c’era più nessuna speranza. Accorreva in aiuto il 92° Reggimento Fanteria ma invano: durante la notte dal 17 al 18 i nostri dovettero ritirarsi a sbalzi, trattenendo il nemico in modo da proteggere le artiglierie allo sgombero, per il tra29


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sporto dei pezzi; e successivamente in ritirata fino al giorno 20 a Rocchette e Piovene. Alla fine del mese di maggio il Reggimento si portava a Torrebelvicino presso Schio per riordinarsi e pure la 3A Sezione, alla quale apparteneva il mio babbo, furono consegnate due nuove mitragliatrici Fiat-Revelli. Il Reggimento, sempre con la 35a Divisione, andava il 10 giugno ad occupare la linea M. Giove – M. Brazone. Il 12 e 13 un uragano di fuoco si abbatteva sui nostri, seguiti da impetuosi attacchi di fanteria: per ben sette volte il nemico, sostenuto da un bombardamento spaventoso, veniva in massa all’attacco, sempre ributtato con perdite sanguinose. In questa epica lotta la gloriosa bandiera del Reggimento, portata in primissima linea, fra le rocce dilaniate e i morenti, ebbe una gloriosa ferita, di cui tuttora porta la traccia. Sull’asta del Vessillo venne apposta per ricordo un’artistica targa con la seguente epigrafe dettata da S. E. il Generale Petitti di Roreto “Dove segnava il sacro termine – sul quale si infranse la furia delle orde nemiche bagnata dal sangue dei suoi difensori – riportava gloriosa ferita” M. Giove 13.VI.1916. Il Reggimento venne proposto, per l’eroica condotta dei suoi figli, per la medaglia d’Argento al valor militare. Il 69° infranse l’urto delle orde barbariche che con avidità famelica e artiglio rapace tendevano alle pingui messi della bella pianura vicentina. 30


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S.E. il Generale Petitti in una sua visita ad un reparto del reggimento disse: “Vicenza e Schio dovrebbero fare una statua d’oro a Voi, bravi soldati del 69°!”. Alla 3a Sezione mitragliatrice, alla quale apparteneva il mio babbo, il giorno 12 suddetto circa alle ore 9, oltre ai soldati, gli venne a mancare anche il Tenente comandante la Sezione al quale, in appostazione presso la 2à arma, giunse una granata di grosso calibro distruggendo la mitragliatrice con tutto il personale li presente. Il mio babbo nell’angoscia per i suoi compagni colpiti, rimaneva con la sua mitragliatrice a capo della Sezione e invelenito da quell’orrore benché anche lui contuso alla tempia sinistra dal rimbalzo d’una spalletta di sotrapnel, falciava quei ceffi Austriaci fino a tutto il giorno 13, cioè fino a che il nemico si persuase di trovare le porte di ferro. Dopo breve riposo, riordinato il Reggimento e rifornendolo di armi, veniva condotto in Vallarsa, ove concorse alla generale nostra controffensiva del 1916 occupando la posizione del Parmesan, di M. Trappola, e le pendici di M. Corno e di M. Spill. Il mio babbo, il 10 Luglio 1916, si trovava appostato con la sezione sulle pendici di M. Spill sparando sulla vetta di detto monte, ed osservava alla distanza di 1 chilometro la triste sorte degli alpini su M. Corno, sul quale fu catturato dagli Austriaci il martire Tirolese Cesare Battisti. Alla fine di detto mese il mio babbo scendeva da M. Spill e fu comandato di eseguire lo sbarramento sulla strada di Rovereto oltre Valmorbia, presso l’imponente forte Pozzacchio. 31


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Per comandante di Sezione gli fu mandato un Sottotenente triestino col nome di Cantoni Emilio, mentre il suo vero nome era Sauli Sergio ed il mio babbo possiede ancora un suo biglietto da visita. Il suo vero nome non era a conoscenza dei soldati affinché non gli toccasse la sorte di Cesare Battisti, e stette in sezione per circa due mesi. Nella metà di agosto la Sezione fu mandata sul M. Trappola, indi sulle pendici di sinistra di M. Corno divertendosi a controbattere le vedette austriache. Nella metà di Dicembre gli Austriaci, dal forte Pozzacchio, si vollero vendicare dell’appostazione dell’arma del mio babbo e con una granata di medio calibro gli ridussero la mitragliatrice fuori uso. Il giorno 23 il mio babbo fu mandato a Verona per la riparazione di detta arma, così passò le feste di Natale fuori pericolo e in città. In gennaio 1917 la Sezione e tutto il Reggimento salutarono la Vallarsa e andarono a riposo a Valdagno e a Recoaro. Il mio babbo da Valdagno fu inviato in licenza per 20 giorni. In febbraio, al termine della licenza ritornava al corpo, che aveva lasciato a Valdagno, ma non lo trovò più lì e dovette proseguire per le Dolomiti e ritornare di nuovo in Vallarsa, raggiungendo la sua Sezione sul Canalone Cesare Battisti. Il giorno 2 Aprile al mio babbo venne conferita l’onorificenza Inglese (medaglia d’Argento) per essersi distinto sul campo con la seguente dedica del Comando del Battaglione:

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69° Reggimento Fanteria 3° Battaglione Al Comando 3A Sez. Mitragliatrice Sono lieto di annunciare a V.S. che è stata conferita al Sergente Becchetti Antonio L’onorificenza Inglese “For distinguished conduct in the field” Trasmetto a V.S. detta onorificenza perché voglia consegnarla in forma solenne all’interessato, in presenza della Sezione tutta. Nell’occasione condono le punizioni inflitte ai militari della sezione negli ultimi giorni.

2 Aprile 1917 Il Maggiore Comandante del Battaglione A. Valentini

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Il giorno 13 corrente mese fu mandato di nuovo a Verona per la riparazione di una nuova mitragliatrice, logorata dal troppo attrito, cosi anche in questa occasione passava la S. Pasqua in città. Nella seconda quindicina di Aprile la Sezione si spostava ed andava sulla destra del M. Corno. Al mio babbo oltre all’encomio fecero pervenire dal Comando del Reggimento £. 15, per la capacità di aver ucciso, con un caricatore di 6 colpi di fucile, cinque Austriaci che approfittando della nebbia venivano a spiare le nostre posizioni. Un suo collega, Sergente di Firenze, gli rivolse queste parole: “Oh, si Beetti te li han paati tre franchi l’uno ome beccaccini!” Nei primi di maggio il mio babbo mitragliò un nucleo di austriaci i quali, approfittando della nebbia, credevano di non essere visti e venivano a dare il cambio a un loro posto avanzato. Il giorno successivo due soldati triestini si dettero nelle mani dei nostri annunciando che 37 morti aveva fatto quell’arma, indicando la postazione che occupava mio babbo, anche allora ebbe l’encomio dal Colonnello comandante del Reggimento e fu proposto per il grado di Aiutante di Battaglia. Il Reggimento sopra queste posizioni conquistate con slancio garibaldino, e saldamente tenute fino al maggio 1917 generosamente immolava il fior fiore dei suoi figli, distinguendosi in modo tale da essere proposto per una nuova ricompensa al valore (Medaglia di Bronzo). Il Carso l’attendeva alla fine del Maggio 1917. Le sezioni mitragliatrici non erano più reggimentali, venivano formate la compagnie e cioè ogni tre sezioni formavano una compagnia e queste dipendevano dal Deposito di Brescia. 35


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Il mio babbo che aveva in corso la promozione di Aiutante di Battaglia venne tolto dalla sezione, prestando servizio sempre al 3° Battaglione fu assegnato all’11A Compagnia, perché il Maggiore Comandante del Battaglione lo volle ad un suo reparto. Il mio babbo fu molto dispiaciuto non avendo più quelle armi, ma il Maggiore gli procurò una mitragliatrice e dal plotone al quale apparteneva il mio babbo doveva istruire una squadra di soldati, e difatti appena furono sul Carso, tra Ronchi e Monfalcone, accellerava, le istruzioni da mitragliere alla detta squadra. L’Hermada vedeva il Reggimento davanti alle sue pendici sulla via contrastata e gloriosa di Trieste. Erano appena giunti sulle nuove posizioni di Flondar, il 1° e 2° Battaglione in prima linea, il 3° di rincalzo oltre il ponte ferroviario di Duino, nella stessa notte dal 3 al 4 giugno, l’avversario si slanciava all’attacco con impeto travolgente. Il Reggimento oppose tenace resistenza falciando ed arrestando l’assalitore. Il mio babbo sparò sette cofanetti (cassette) di cartucce, logorava due nuove canne per sparare senz’acqua perché ne era sprovvisto. Morirono al suo fianco il Comandante della Compagnia ed altri ufficiali, mio padre era quasi rimasto solo, e sparava meravigliosamente contro quelle squadre nemiche che venivano all’impazzata, quando un soldato gli disse: “Sergente! Per ordine del sig. Maggiore, dobbiamo ritirarci e lasciare armi e bagaglio; siamo presi al fianco sinistro, il nemico tenta un accerchiamento, i reparti si sono già ritirati presso il ponte della ferrovia!” Il mio babbo non aveva cuore di lasciar la sua amica sul posto,sfilò l’arma dal treppiede per eseguire l’ordine ricevuto, ma fu ferito da una pallottola di fucile alla gota destra. Era il primo sangue che dava 37


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alla Patria bagnando le terre sacre del Carso. Non appena medicato ritornava al suo posto di combattimento, deciso a dare il contrattacco; la mattina del giorno successivo (il 5) riprese il treppiedi della sua mitragliatrice, il bagaglio e facendo del nemico 70 prigionieri. Per questi due giorni di combattimento il mio babbo fu decorato di Medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione:

Becchetti Antonio da Marsciano (Perugia) n. 25436 di matricola, ferito, non appena medicato, tornava al suo posto di combattimento, dando ai propri dipendenti mirabile esempio di fermezza e di coraggio.

Flondar, 4 e 5 giugno 1917

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Nella metà di giugno il reggimento andava a riposo a Fauglis presso Palmanova, al mio babbo veniva la conferma di Aiutante di Battaglia in data 1° giugno 1917 con la seguente motivazione:

Comando del V Corpo d’Armata Foglio d’ordine N° 131 del 16 giugno 1917 Oggetto: Conferimento del Grado di Aiutante di Battaglia per merito di guerra. Sergente Becchetti Antonio, classe 1892 matr. 25436 distretto 69; “Valoroso combattente dall’inizio della campagna fu sempre fulgido esempio di valore militare, intrepido e tenace lottatore, sprezzante del pericolo, seppe sempre infondere nei suoi dipendenti il valore e l’energia che lo chiamano costantemente.” In questo frattempo di riposo il mio babbo rinunciava alla mitragliatrice perché gli era impossibile comandare il plotone e agire con la mitragliatrice. Il 15 Luglio 1917, dopo breve periodo di riposo, il Reggimento passò a fare parte della 35A Divisione sul fronte Wolcovngah-Vipacco e la compagnia ove ora apparteneva il mio babbo era trincerato a destra di Villaggio Gandolfo, passando una vita senza sonno. Il 15 Agosto, dopo intenso periodo di lavori di rafforzamento in 1à linea, il Reggimento scendeva di nuovo a riposo a Romans, per ritornare il 25 dello stesso mese in linea al Faiti con la 58A Divisione. 39


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Il periodo di trincea che ne seguì, fu particolarmente penoso per le perdite causate dal continuo tormento dell’artiglieria nemica. Il 6 settembre, il Reggimento, ricevuto il cambio, si recava a Borgnano, indi a Sdraussina, per riordinarsi, il 15 ottobre ritornava in linea sul Faito, ove fino il 24 lavorò intensamente per rafforzare e migliorare le difese, mentre con largo ed attivo servizio di pattuglie teneva sotto continuo controllo il nemico. Tale periodo fu eccezionalmente penoso e disagiato per la lotta continua contro il tempo avverso, contro il fango e per l’incessante tambureggiamento dell’artiglieria nemica. Dal 24 al 26 il 3° Battaglione del quale faceva parte il mio babbo era di rincalzo e la compagnia sua era appostata sul caposaldo del Faito; mentre gli altri due Battaglioni (1° e 2° )erano in prima linea, il 24 di detto mese, dopo intensa preparazione di artiglieria, il nemico si slanciò all’attacco; attacco che ripeteva sempre più violento e in massa, nelle successive giornate. Il 25, le truppe resistettero meravigliosamente, e così il 26 fino al pomeriggio. Verso le ore 15 di detto giorno, i reparti schierati sulla sinistra del Reggimento cedettero, così che questo venne ad essere formidabilmente minacciato d’avvolgimento sul fianco sinistro. Fu il tempestivo impiego del Battaglione di rincalzo, che salvò le posizioni insanguinate dai prodi difensori e il Reggimento. Il 27 mattina l’11A Compagnia, della quale faceva parte il mio babbo, si inoltrava verso la dolina Vittoria ove fu fornita di munizioni e viveri 40


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di riserva, indi andava a prendere collegamento col 2° Battaglione il quale schierato fu decimato in prima linea. Il nemico, accortosi del movimento di rinforzo, cominciò con l’artiglieria a minacciare, a tutta oltranza, provocando gravissime perdite, e anche il mio babbo, circa alle ore 11, riceveva una scheggia di granata sul dorso provocandogli una contusione, e non bastava ancora, perché successivamente gli giungeva un’altra scheggia alla testa e se non c’era il riparo dell’elmetto certo non lo raccontava. Rifiutò di andare al posto di medicazione, ma l’oppressione nemica era sempre più intensa, i nostri gloriosi fanti resistettero fino alle ore 17 di detto giorno, ma per la forza maggiore da parte del nemico, furono travolti ed accerchiati dal fianco sinistro, e vergognosamente dovettero darsi nelle mani degli ungheresi; così pure mio babbo fu condotto nella tristezza lontana, nel campo dei prigionieri di guerra di Sigmundsherberg (Austria), portando la matricola N°83848. Passava circa cinque mesi dentro il recinto di filo spinato tra l’orrenda disciplina di quei ceffi Austriaci e tra il freddo e la fame, la maggior parte di questo periodo lo passò all’ospedale ammalato nel marzo ü1918 il mio babbo insieme ad altri sottufficiali fecero domanda di andare al lavoro benché non erano obbligati, ma pur di scappare dalla gabbia, accordatagli, il 27 di detto mese partirono per la Moravia (Cecoslovacchia) ove lo attendeva l’amministrazione del Sig. Wainer a Lodenitz provincia di Brün. Il lavoro era sopportabile, come pure la fame e gli spari perché il vitto era sufficiente, essendoci molta produzione di patate. Dopo qualche settimana il mio babbo fece conoscenza con un Signore, direttore delle scuole primarie di Pola, 41


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Bancher Antonio,il quale con tutta la sua famiglia era stato internato là, perché sospettato di essere contro l’Austria, col quale facevano colloquio tutte le domeniche essendo a 6 km in un paese chiamato Walfromitz, il quale animava il cuore degli Italiani, dicendo: “Coraggio miei cari patrioti che questa vacca Austria deve arrendersi dalla fame, perché ha finito paglia e fieno, dovrà perdere le gambe e la coda, sarà di grazia se le rimarranno le corna, vi assicuro che alla più lunga per le feste di Natale saremo in Patria nelle nostre case”. Il suddetto direttore gli annunciava sempre gli avvenimenti del fronte e delle Nazioni, in giugno si scatenò l’offensiva Austriaca sul Piave, e correva voce dalla popolazione Morava che gli Austriaci avevano oltrepassato il Piave e che fra pochi giorni sarebbero giunti a prendere il caffè a Milano. Il mio babbo ed altri suoi compagni accorsero dal direttore per avere notizie più chiare, infatti gli disse: “Non vi allarmate miei camerati, il Piave in un tratto l’hanno oltrepassato, ma no come dicono loro, e per andare a prendere il caffè a Milano, si dovranno prima munire di zucchero perché è probabile che lo trovino amaro”. Alla fine dello stesso mese si videro arrivare nascostamente il direttore annunciando l’inondazione del Piave: “Ve lo dicevo io che questi mostri avrebbero trovato il caffè amaro!...Han perduto settanta reggimenti, è stata una terribile sconfitta, gli ha servito per rimettere la bandiera in custodia, così non gli si sciupa alle intemperie”. In Ottobre i prigionieri venivano ancora confortati del direttore: “Coraggio amici miei, la Bulgaria ha dato le dimis42


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sioni, la Turchia sta dicendo: me, molo non ne posso più, ed anche questa vacca (Austria) non si regge più in piedi...” Il 4 novembre un’altra notizia gli giungeva dal direttore: “C’è l’armistizio, corre voce che gl’Italiani siano giunti a Trieste, i giornali non arrivano, però ci deve essere qualcosa di buono a favor nostro”. Si dettero una guardata in faccia, e mormorarono: “vogliamo disertare da qui?” Il direttore, rispose: “Provate, la fuga è lecita, andate alla stazione ferroviaria chiedetegli il biglietto per Vienna, dato che siamo nel buio almeno saprete qualche cosa”. Si salutarono baciandosi (col direttore). La notte dal 5 al 6 c.m. il mio babbo con altri quattro suoi compagni Lombardi e Toscani abbandonarono la baracca e si recarono alla stazione ferroviaria di Porlitz ove circa alle ore 7 salirono in treno, senza biglietto perché non gli occorreva, e giungevano a Vienna alle ore 17, ove presero un altro treno per Trieste giungendo il giorno 9 Trattenuti sull’arsenale del porto, il giorno 19 dello stesso mese furono imbarcati su un piroscafo arrivando ad Ancona il 20 sera, ove di nuovo in treno giunsero a Francavilla a Mare (Chieti) indi a Pescara ove il 22 dicembre il mio babbo fu inviato in licenza di giorni 20. Aveva ragione il direttore, di far Natale a casa! Il 12 gennaio 1919 il mio babbo al termine della licenza ritornava a Firenze al deposito del 69° Regg.Fanteria (suo Reggimento) ove fu annesso ad un battaglione marciante; in questo periodo gli giungevano notizie dal suo amico di Pola, cioè dal direttore, il quale era ritornato anch’esso a Pola e si congratulava di essere Italiano e non più Austriaco. 43


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Il 15 marzo il Battaglione marciante lasciava Firenze e si recava a S. Maria in Stelle (Verona). Il 22 c.m. di nuovo in partenza (sempre in treno) facendo la linea da Verona, Rovereto, Trento, indi si fermarono a Bolzano, ove il Battaglione venne ad essere sciolto per rifornire vari reggimenti, così il mio babbo in data 25 dello stesso mese passò al 130° Reggimento Fanteria, il quale presidiava a Bolzano e in questo reggimento fu ammesso alla 7A Compagnia in distaccamento a Cardano (a 4 km.) Il mio babbo si divertiva a dar riscossa a quelli che gli restava fatica di essere Italiani, e gli diceva: “Avete finito di sfotterci,dicendoci Italia Kaput! (Italia rovinata); ora siamo noi a dirvi Austria Kaput; durante la prigionia non mi avete dato poso”. Il 10 Luglio la Brigata Perugia (129° e 130° Regg. Fanteria) salutava Bolzano e il Tirolo, per recarsi in Sicilia, perché in sciopero per il calmiere. Il 130° Reggimento del quale faceva parte il mio babbo giungeva a Palermo il giorno 14 c. m., ma già la calma era ristabilita però le migliori vetrine delle vie principali erano tutte in pezzi. Il mio babbo è stato sempre incluso ad accorrere al disordine. (eppure non è un uomo da essere temuto, non arriva al peso di 60 kg...). Il 9 agosto gli fu concessa una licenza di giorni 15 più il viaggio, il 27 al termine della licenza ritornava a Palermo (al corpo), il 30 dello stesso mese fu inviato in congedo illimitato, il giorno 5 settembre giungeva a Perugia a firmare il congedo, ma i suoi incartamenti ancora erano ad Orvieto, e così dovette andare là e gli servì per compiere i precisi sette anni di servizio militare senza interruzione, compresa la prigionia. 44


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Lettori!... La storia del suddetto è una piccola parte, troppo ci vorrebbe per descrivere tutto!

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Cartolina postale della Croce Rossa Italiana inviata dal padre Giuseppe al figlio Antonio prigioniero di guerra in Austria.

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Interno della cartolina postale

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Foto Ricordo


Foto Ricordo

Foto 1. Antero Antonio alla mitragliatrice attorniato da alcuni commilitoni nel campo di battaglia in Vallarsa sul monte Corno il 15.11.1916.

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Foto Ricordo

Foto 2. Antero Antonio (in alto a destra) con alcuni commilitoni. La foto-cartolina è indirizzata al fratello Dante, militare anch’egli.

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Foto Ricordo

Foto 3. I “cucinieri” hanno riempito la pentola per fare il caffè la Domenica mattina.

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Foto Ricordo

Foto 4. Momento di relax dedicato alla pesca (14 Maggio 1914)

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Foto Ricordo

Foto 5. Foto con amici. Sul retro sono indicati i nomi ed i luoghi di residenza dei commilitoni. (10 Novembre 1912).

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Foto Ricordo

Certificato degli esami di proscioglimento dall’obbligo dell’Istruzione Elementare inferiore. (Marsciano, 25 Giugno 2004).

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Particolare con le valutazioni riportate nel documento precedente.

Foto Ricordo

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Foto Ricordo

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Foto Ricordo

Foto 6. Antero Antonio (in basso al centro) in visita con alcuni amici nei luoghi di battaglia.

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Fotografie di Documenti Autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 1 REGIO ESERCITO ITALIANO - DIPLOMA DI MEDAGLIA DI BRONZO per una gara di tiro col fucile tra caporali e soldati tiratori di prima classe del III Battaglione. Firmato dal Colonnello Santangelo, Comandante del 69째 Reggimento Fanteria. Firenze, 30 Aprile 1913

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Fotografie di documenti autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 2 MINISTERO DELLA GUERRA - conferimento della MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE. Firmato dal Ministro della Guerra. Roma, 15 Marzo 1919

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Fotografie di documenti autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 3 REGIO ESERCITO ITALIANO - IL MINISTRO DELLA GUERRA decreta l’autorizzazione a fregiarsi della MEDAGLIA ISTITUITA A RICORDO DELLLA GUERRA MCMXV – MCMXVIII. Firmato dal Ministro della Guerra Roma, 20 Gennaio 1921 74


Fotografie di documenti autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 4 REGIO ESERCITO ITALIANO – IL MINISTRO DELLA GUERRA concede la CROCE AL MERITO DI GUERRA. Firmato dal ministro della guerra Diaz. Roma, 16 novembre 1923 76


Fotografie di documenti autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 5 ISTITUTO DEL NASTRO AZZURRO TRA COMBATTENTI DECORATI al valor militare. Autorizzazione a fregiarsi dell’emblema azzurro. Firmato dal primo consigliere presidente. Roma, 08 dicembre 1934

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Fotografie di documenti autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 6 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA - CAPO DELL’ORDINE DI VITTORIO VENETO ha conferito l’onorificenza di cavaliere dell’ordine di vittorio veneto. firmato dal presidente del consiglio dell’ordine. Roma, 31 marzo 1971

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Fotografie di documenti autentici

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Fotografie di documenti autentici

Documento 7 L’ex combattente Becchetti Antero Antonio, tornato a casa, ha costruito una bacheca contenente: foto ricordo, medaglie, croci di guerra, mostrine e fregi. In alto una cartolina di STADT KANITZ in Moravia – sede della sua prigionia dal 27 ottobre 1917 al 5 novembre 1918. Sullo sfondo carta geografica d’Italia dell’epoca. 82


Fotografie di documenti autentici

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Particolari della Bacheca

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Particolari della bacheca

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Particolari della bacheca

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Particolari della bacheca

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Particolari della bacheca

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Particolari della bacheca

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Particolari della bacheca

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