sociale Centro Servizi per il Volontariato Perugia Terni
CESVOL UMBRIA EDITORE
Quaderni del volontariato 2021
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Quaderni del volontariato 16
Edizione 2021
Cesvol Centro Servizi Volontariato Umbria Sede legale Via Campo di Marte n.9 06124 Perugia tel 075 5271976 www.cesvolumbria.org editoriasocialepg@cesvolumbria.org
Edizione ottobre 2021 Coordinamento editoriale di Stefania Iacono Copertina realizzata da Filippo Dentini Stampa Digital Editor - Umbertide
Per le riproduzioni fotografiche, grafiche e citazioni giornalistiche appartenenti alla proprietà di terzi, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire. È vietata la riproduzione, anche parziale e ad uso interno didattico, con qualsiasi mezzo, non autorizzato.
ISBN 9788831491242 2
I QUADERNI DEL VOLONTARIATO UN VIAGGIO NEL MONDO DEL SOCIALE PER COMUNICARE IL BENE I valori positivi, le buone notizie, il bene che opera nel mondo ha bisogno di chi abbia il coraggio di aprire gli occhi per vederlo, le orecchie e il cuore per imparare a sentirlo e aiutare gli altri a riconoscerlo. Il bene va diffuso ed è necessario che i comportamenti ispirati a quei valori siano raccontati. Ci sono tanti modi per raccontare l’impegno e la cittadinanza attiva. Anche chi opera nel volontariato e nell’associazionismo è ormai pienamente consapevole della potenza e della varietà dei mezzi di comunicazione che il nuovo sistema dei media propone. Il Cesvol ha in un certo senso aderito ai nuovi linguaggi del web ma non ha mai dimenticato quelle modalità di trasmissione della conoscenza e dell’informazione che sembrano comunque aver retto all’urto dei nuovi media. Tra queste la scrittura e, per riflesso, la lettura dei libri di carta. Scrivere un libro per un autore è come un atto di generosa donazione di contenuti. Leggerlo è una risposta al proprio bisogno di vivere il mondo attraverso l’anima, le parole, i segni di un altro. Intraprendendo la lettura di un libro, il lettore comincia una nuova avventura con se stesso, dove il libro viene ospitato nel proprio vissuto quotidiano, viene accolto in spazi privati, sul comodino accanto al letto, per diventare un amico prezioso che, lontano dal fracasso del quotidiano, sussurra all’orecchio parole cariche di significati e di valore. Ad un libro ci si affeziona. Con il tempo diventa come un maglione che indossavamo in stagioni passate e del quale cerchiamo di privarcene più tardi possibile. Diventa come altri grandi segni che provengono dal passato recente o più antico, per consegnarci insegnamenti e visioni. 3
Quelle visioni che i cari autori di questa collana hanno voluto donare al lettore affinché sapesse di loro, delle vite che hanno incrociato, dei sorrisi cui non hanno saputo rinunciare. Gli autori di questi testi, e di tutti quelli che dal 2006 hanno contribuito ad arricchire la Biblioteca del Cesvol, hanno fatto una scelta coraggiosa perché hanno pensato di testimoniare la propria esperienza, al di là di qualsiasi tipo di conformismo e disillusione Il Cesvol propone la Collana dei Quaderni del Volontariato per contribuire alla diffusione e valorizzazione della cittadinanza attiva e dei suoi protagonisti attraverso la pubblicazione di storie, racconti e quant’altro consenta a quel mondo di emergere e di rappresentarsi, con consapevolezza, al popolo dei lettori e degli appassionati. Un modo di trasmettere saperi e conoscenza così antico e consolidato nel passato dall’apparire, oggi, estremamente innovativo. Salvatore Fabrizio Cesvol Umbria
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FOGLIE DI FAVOLE di Gianni Dentini e Alessandra Moroni
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A Momi ai nipoti di Ladispoli a tutti i bambini che amano la natura
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Natura, vattene! Le gridarono: “Vattene, Natura!”. Lei si prese paura. Fece il suo fagottello: ci mise dentro l’ultimo alberello, l’ultima viola dell’ultima aiuola e uscì dalla città. E va, e va...pensava: “Mi fermerò nei boschi!”. Ma i boschi erano stati disboscati. “Mi fermerò nei prati!”. Ma erano tanto piccoli: non c’era posto per tutti gli insetti, i mammiferi, gli uccelli, i tramonti... “Vattene, Natura!” E lei se ne andò: in quattro ripiegò gli ultimi prati come fazzoletti. Lasciò il pianeta AccaZeta... Adesso lassù è tutta una città: di verde – ve lo posso giurare – c’è rimasto solo il semaforo, quando non è rosso...
Gianni Rodari 9
Sono felice quando….. Sono felice quando mi chiedi di stare vicino a te “un minutino” Sono felice quando sento i tuoi piccoli passi che si avvicinano Sono felice quando mi fai i tuoi innocenti scherzi Sono felice quando mi chiami per aggiustare la tua moto Sono felice (anche) quando fai il birichino e…. io mi arrabbio Sono felice quando penso che tra tanti anni ti ricorderai dei nonni che chiedevano i tuoi baci e ti tenevano stretto a loro Gianni Dentini
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Scriverò un libro di favole Tutte quelle che ho inventato per voi: la luna che splende sul cielo di Agello, l’ospite buono di Passo del Lupo, il fantasma che parla dal camino, le corse immaginate su una moto rossa, la piccola Patti e la lucciola che l’accompagna, il fagiano che vola libero nel cielo, i monti dell’Appenino con le cime innevate. Poi di corsa a Ladispoli a raccontare le mie favole, aspettando l’abbraccio che continua a commuovermi Gianni Dentini
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Perché scrivere un nuovo libro di favole Pensiamo che tutti i nonni sognano di scrivere e raccontare favole ai propri nipoti per lasciare un piacevole ricordo di se stessi. Oltre a questo, da parte nostra, c’è il desiderio di trasmettere qualcosa che li aiuti a vivere in maniera consapevole in un mondo “più a misura d’uomo”. Le favole appositamente create riguardano il rapporto con la natura ed in particolare con il mondo animale al fine di stimolare i piccoli ad un rapporto amichevole e rispettoso verso ogni forma di vita. Coloro che hanno vissuto in passato a contatto con una natura quasi incontaminata e ne hanno apprezzato i benefici, dovrebbero sentire l’esigenza di sensibilizzare le nuove generazioni. La fantasia creativa trova ispirazione nel mondo fiabesco nel quale i bambini riconoscono i propri stati d’animo e le proprie emozioni perché la fiaba li aiuta ad esplorare e scoprire il mondo interiore ed anche i messaggi morali. Raccontare o leggere una favola ad un bambino, oltre a stabilire un rapporto affettivo, lo aiuta nella crescita e nell’interpretazione dei messaggi. Alessandra Moroni
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Momi 14
LUDOVICA E LA LUCCIOLA In una casa lontana dal paese viveva la famiglia di Ludovica: il papà, la mamma ed il fratellino Lorenzo. Ludovica e Lorenzo giocano sempre insieme ma qualche volta bisticciano perché Ludovica è più grande e vuole decidere che gioco fare mentre il fratellino vuole sempre i suoi giocattoli. La famiglia ha intorno a casa un bel prato verde con galline, un asino e, soprattutto una bella famigliola di coniglietti che sono i preferiti di Ludovica. Tutti i giorni, prima di andare a scuola, la bambina porta ai suoi amici animali il cibo per tutta la giornata: carote, mele, erba fresca e granoturco. Il papà spesso lavora lontano da casa e la mamma rimane da sola con i bambini, a volte chiede a Ludovica di controllare Lorenzo mentre gioca. I due bambini, mentre la mamma sta preparando hamburgher e patatine per la cena, stanno giocando sul prato quando Lorenzo si mette a piangere. - Ludovica, perché il tuo fratellino sta piangendo? Che cosa è successo? - Mamma, Lorenzo piange, è tutto rosso e non vuole più giocare La mamma si precipita fuori, prende il bambino in braccio e si rende conto che ha la febbre molto alta. Lei non può andare dal medico perché non può lasciare i figli da soli e il telefono non funziona. 15
- Ludovica, anche se si sta facendo notte, devi andare a chiamare il dottor Ugo perché Lorenzo ha la febbre molto alta. Anche se ha un po’ di paura del buio, Ludovica mette il suo giacchetto e si incammina verso il paese. Strada facendo vede ai margini del sentiero una piccola luce che si muove e le si avvicina piano piano, poi si posa sulla sua spalla: è una lucciola! - Ciao Ludovica, sono Camilla, dove stai andando? Si sta facendo notte, hai paura del buio? - Si, cara lucciola, ho paura ma il mio fratellino sta male, ha la febbre molto alta ed io devo andare a chiamare il dottor Ugo - Non ti preoccupare, adesso chiamo le mie amiche lucciole e tutte insieme ti faremo luce fino al paese. La lucciola vola via e Ludovica, per farsi coraggio, canta: - Lucciola, lucciola, vieni da me! Ti darò pane da re pane da re e da regina lucciola, lucciola vien vicina. Lucciola, lucciola vien da me! Ti darò veste da re, e mantello da regina, lucciola, lucciola piccolina. Lucciola, lucciola, vien da me! Ti darò letto da re e lenzuola da regina lucciola, lucciola verdolina. 16
Poco dopo arrivano tante piccole luci, sono le amiche di Camilla. - Evviva, quante siete! Quanta luce fate! Grazie amica Camilla. Ma dove eravate nascoste? Il mio papà dice sempre che non ci sono più lucciole! - Sai Ludovica, a noi non piace la città con tante luci ed amiamo la campagna. Normalmente nasciamo e abitiamo nelle “letamaie” vicino alle case dei contadini. Da un po’ di tempo gli uomini per produrre di più mettono tanti medicinali velenosi nei campi che ci fanno stare molto male. Per fortuna, in questi ultimi tempi, alcuni hanno capito che per non avvelenare la terra bisogna tornare a rispettare la natura e noi abbiamo ripreso a nascere in abbondanza - Mi piace molto quello che dici. Anch’io amo molto la natura e ho tanti amici animali e dico sempre al mio papà di non adoperare medicinali velenosi nel nostro orto, così possiamo mangiare verdure buone e saporite. Camminando, parlano a lungo e non si accorgono di essere arrivati davanti alla casa del dottor Ugo. - Dottore il mio fratellino ha la febbre molto alta e sta male. Il mio papà non è a casa e la mamma vorrebbe che lei andasse a visitarlo - Va bene Ludovica, mi vesto, prendo la bicicletta e arrivo. Tu intanto avviati a casa, io arrivo presto. La bambina, sempre accompagnata da Camilla e dalle 17
sue amiche, si avvia verso casa cantando - Lucciola, lucciola vien da me... Arrivati a casa le lucciole salutano Ludovica - Ciao, ciao. Noi tutte le sere torneremo a trovarti per sapere come sta Lorenzo, tu chiamaci cantando la nostra canzoncina. Dopo due giorni Lorenzo e Ludovica riprendono a giocare felici sul prato insieme al papà e alla mamma.
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LE FOGLIE PARLANO Nel mio giardino c’è in bellissimo albero di pesche che nel mese di aprile ha i rami tutti in fiore, piano piano i fiori cadono e al loro posto nascono dei piccoli frutti che man mano si ingrossano e, nel mese di luglio, si maturano e diventano delle gustose pesche. L’albero sembra quello di Natale con le palline colorate di giallo, rosso e arancione. Al mio nipotino piacciono tantissimo e insieme andiamo a raccoglierle: lui tiene il cestino ed io salgo sulla scala per raccogliere quelle più in alto. A dire il vero, mi fa un po’ pena lasciare il pesco solo senza i suoi frutti. Sentite cosa mi è successo! Un giorno di autunno ha iniziato a tirare un forte vento di tramontana ed io mi sono avvicinato all’albero per mettergli un sostegno. Ho subito notato che le foglie erano ingiallite e qualcuna se ne era già volata via. Un colpo di vento ancora più forte ha portato via quasi tutte le foglie. Solo due erano rimaste attaccate ai rami e sembravano tristi e sconsolate. Con mia grande meraviglia ho sentito che le due foglioline stavano piagnucolando e dicevano all’albero: - Che peccato, siamo rimaste solo noi due, le nostre sorelle sono fuggite via dietro al vento. Non sappiamo più come fare. Albero, aiutaci tu a ritrovare le nostre sorelle! L’albero, con voce calma ma tonante, rispose: 19
- Figlie mie, è un po’ difficile fare quello che chiedete ma, solo per pochi minuti proverò ad accontentarvi. Dite con me: “Foglioline mie belle, tornate da noi” Come per magia, arrivò un colpo di vento e l’albero si ricoprì di nuovo di foglie. - Ciao… Ciao… come state? Perché ve ne siete andate senza salutarci? Noi siamo rimaste qui ad aspettarvi ma voi non siete tornate e siamo rimaste sole. Le foglie incominciarono a raccontare la loro avventura ma, dalla confusione che facevano, io non sono riuscito a capire niente. Dopo qualche minuto, sentii ancora la voce forte e decisa dell’albero che diceva: - Il tempo è scaduto! Ora dovete partire tutte perché è autunno, tra poco farà freddo ed io devo andare a dormire. Ci rivedremo a primavera al mio risveglio e voi tornerete più belle e più verdi. Arrivederci al prossimo anno. Arrivò una nuova folata di vento molto forte, l’albero starnutì e tutte le foglioline se ne andarono via volando. Nell’aria si sentivano i loro saluti e le loro voci allegre. Mi avvicinai all’albero per mettere un paletto di sostegno e sentii l’albero che mi diceva: - Grazie per l’aiuto che mi dai e per aver fatto felici le mie foglie. Salutami tuo nepote. A proposito, 20
dov’è adesso? - È a scuola, anche lui verrà a trovarti al tuo risveglio. Ciao e buon riposo!
Alessandra 21
QUANDO I LUPI SAPEVANO PARLARE Stavo camminando nel bosco alla ricerca di funghi e fragole quando sentii una voce cavernosa che, rivolta a me, diceva: - Ehi tu, cosa stai facendo nel mio bosco? Ho guardato intorno e mi si è gelato il sangue: un grosso lupo mi guardava con gli occhi rossi e la bocca spalancata con certi denti aguzzi che mettevano paura. Balbettando risposi: - Sto solo cercando di raccogliere qualche fungo da mangiare e fragoline per i miei nipotini Appena dette queste parole, terrorizzato, voltai le spalle e stavo per correre lontano quando il lupo mi fermò dicendo: - Non fuggire, io non sono così cattivo come dicono certe persone e vorrei che tu mi aiutassi a convincere tutti che sono buono e anche molto preoccupato per la mia compagna e i miei piccoli lupacchiotti di pochi mesi. Guardai il lupo che era quasi nascosto dai rami degli alberi e mi accorsi che il suo muso era diventato più dolce e... che i suoi occhi erano bagnati di lacrime. A quel punto mi commossi anch’io pensando ai suoi cuccioli, mi feci coraggio e rimasi ad ascoltarlo. - Mi chiamo Bruto e la mia compagna Livia, Sono venuto qui da un altro bosco perché alcuni pastori mi avevano accusato di aver ucciso 22
delle pecore e avevano messo delle trappole per catturarmi. Ma io ero innocente, le pecore erano sparite ma non per colpa mia. Ho catturato, per mangiare, qualche lepre più vecchia, avrei voluto mangiare anche un porcospino ma ho rinunciato, nonostante la fame, perché con i suoi aculei mi ero ferito la bocca. Incuriosito e tranquillizzato dalle sue parole, mi sono avvicinato, mi sono seduto abbastanza vicino per ascoltarlo meglio. - Quando siamo arrivati in questo bosco, Livia ha partorito due lupacchiotti che abbiamo chiamato: Nero e Bella. Ora le preoccupazioni sono aumentate e quando i miei cuccioli sentono gli spari dei cacciatori si spaventano e tremano. Ho pensato allora di trovare un rifugio più sicuro in un grotta che ho nascosto con dei rami e foglie. Tranquillizzato dalle sue parole gli ho chiesto: - E allora che posso fare per te e per la tua famiglia? - Amico mio, puoi fare molto per aiutarci. Prima di tutto devi convincere le persone che noi non siamo cattivi anche se per la fame mangiamo qualche piccolo animale che troviamo nel bosco - Va bene, lo farò e ci ritroveremo qui tra qualche giorno. Con i tuoi occhi mi potrai senz’altro vedere quando arriverò. Dopo pochi giorni sono tornato nel bosco e subito è arrivato Bruto al quale ho detto: 23
- Ho parlato con gli uomini di questa zona ma loro sono convinti che i lupi sono cattivi e mangiano i loro animali. A questo punto ti consiglio di trovare un nascondiglio più sicuro e magari in un bosco più grande e più lontano dalla gente. Ci vuole tempo perchè gli uomini cambino idea su voi lupi e si rendano conto che tutti gli esseri viventi devono essere rispettati. - Ti ringrazio amico per i tuoi consigli e farò come tu mi hai detto. Vorrei però, prima di partire farti conoscere Livia e i miei cuccioli. Ci siamo incamminati così verso il loro rifugio. Appena arrivati Nero e Bella ci sono venuti incontro scodinzolando, li ho accarezzati con dolcezza e ho stretto la zampa a Livia e a Bruto. Commosso li ho salutati augurando loro Buona Fortuna.
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UN ASINO, UN PONY ED UNA GALLINA In una fattoria di montagna, vicino al bosco, vivevano quattro asini. Il più vivace dei quattro si chiamava Paulino, sempre in movimento e molto curioso di tutte le novità. Era il più informato di tutto ciò che avveniva all’interno della fattoria. Un giorno sentì il suo padrone che parlava con entusiasmo della sua visita in città, dove aveva mangiato cose speciali, aveva conosciuto molte persone ed era andato anche al cinema. Paulino chiamò i suoi compagni per comunicare loro le sue intenzioni: - Voglio andare anch’io in città a vedere quanto è bella, andare al ristorante e, se ci sarà un po’ di tempo anche al cinematografo. Volete partire tutti con me? - Ma tu scherzi! È troppo pericoloso – risposero i suoi compagni - Come facciamo a uscire dal recinto? E poi non conosciamo la strada e non sappiamo quanti pericoli potremmo incontrare. Noi non veniamo - disse il più anziano di tutti - tu vai pure dove vuoi. Paulino si mise a cercare il punto migliore per uscire dal recinto e, alle prime luci del giorno, fece un salto e uscì. La libertà lo rese euforico, saltellava lungo i viottoli del bosco, si fermava a brucare l’erba fresca di rugiada e odorava tutti i fiori che incontrava. Si fermò a mangiare qualche fragolina di bosco ed incontrò un’ape che gli chiese: - Dove sei diretto, caro amico asino? 26
- Vado in città - disse Paulino - vuoi venire con me a vedere quanto è bella? - Non posso, ho troppo da fare, oggi devo raccogliere molto nettare per la mia regina che è impaziente di fare tanto miele e cera. Poi, in città c’è troppo smog e io soffro di allergie, starei sempre a starnutire - Va bene, amica ape, ci vediamo al ritorno E così Paolino riprese il suo cammino, accompagnato dai canti di tanti uccellini. Alla fine del bosco, giù sul piano, vide tanti cavalli che pascolavano, tra questi c’era un pony che si avvicinò curioso a guardarlo e gli disse: - Ma chi sei? Non ti ho mai visto da queste parti! Dove stai andando? - Mi chiamo Paulino e vengo dalla fattoria su in cima al monte e ho deciso di andare a vedere la città. Vorresti venire via con me? - Quasi, quasi, salto il recinto – disse il pony - e vengo con te. Io sono una pony femmina e mi chiamo Stella Sirio. Visto che dobbiamo fare tanta strada insieme, possiamo diventare amici. I due animali incominciarono allora a trotterellare perché avevano molta strada da fare per arrivare alla meta. Durante il percorso incontrarono una bella gallina bianca con un cesto di uova. Paulino e Stella Sirio rallentarono la corsa e chiesero alla gallina: 27
- Dove stai andando con tutte queste uova? - Sto andando in città al mercato – rispose – a vendere le uova che ho fatto stamattina. - Anche noi andiamo in città – disse Paulino – se vuoi venire con noi, salta in groppa che ti portiamo. - Grazie – rispose la gallina – accetto la vostra proposta. Mi chiamo Lina. Tutti e tre gli animali ripresero la strada e arrivarono in città ma qui iniziarono i problemi: automobili che strombazzavano e andavano tanto veloci che i pedoni dovevano correre per non essere investiti. I gas di scarico puzzavano terribilmente, gli alberi non erano verdi come quelli del bosco e sembravano tristi, i cittadini tutti vestiti elegantemente come per una festa. Si fermarono davanti ad un palo che in cima aveva luci che da verde passavano al giallo e poi al rosso ed un uomo vestito di nero con un cappello bianco in testa che faceva strani gesti. Dopo un po’ capirono che dovevano passare con il colore degli alberi, provarono a passare ma presto la luce divenne gialla come le foglie in autunno e quando iniziarono a passare, le auto si misero a suonare a lungo. Dopo tanti tentativi ci riuscirono sotto gli sguardi severi dell’uomo con il cappello bianco, lasciando però per terra il risultato della loro digestione. L’uomo suonò a lungo il fischietto e i tre animali spaventati si misero a correre tra le automobili mentre Lina teneva strette tra le ali le sue uova. Arrivati al mercato, un uomo chiese: - Sono fresche queste uova? 28
- Freschissime – dissero tutti e tre insieme – di giornata! Vendettero tutte le uova e con i soldi andarono al bar a mangiare tanti pasticcini. Al cinematografo non li fecero entrare e loro mestamente ripresero la strada del ritorno. - Vi è piaciuta la città? – chiese Stella Sirio – a me no! - Nemmeno a me – disse Paulino – io di certo non ci tornerò, preferisco i miei campi pieni di papaveri e fiordalisi. Arrivati a casa di Lina, i tre amici si sarebbero dovuti separare ma Paulino, il più socievole, disse: - Propongo di rimanere tutti insieme da buoni amici. Conosco un bosco dove possiamo vivere tranquillamente a contatto con la natura insieme alle api, alle farfalle e agli uccellini. Stella Siro e Lina accettarono con entusiasmo la proposta ed iniziarono a correre dietro all’asino per arrivare prima possibile alla loro nuova casa.
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Ester 30
Anna 31
LA ZEBRA SPORTIVA In un parco nella periferia di una grande città vive una zebra di nome Rina, insieme a suo fratello ed ha, come vicini, due cammelli, un dromedario e, nella vasca accanto, un coccodrillo che però sta sempre con la bocca aperta e non parla mai. Forse per questo non le è molto simpatico e preferisce fare qualche corsa intorno al recinto insieme al fratello e fermarsi a parlare con il dromedario e i due cammelli. L’argomento delle chiacchierate è sempre lo stesso: - Mamma mia quanto è freddo - dice Rina sembra che la bella stagione non voglia arrivare. Io ho tanto desiderio di prendere un po’ di sole ma chissà quando arriverà. Una volta che il coccodrillo mi ha rivolto la parola mi ha detto che in Africa, dove lui è nato, fa sempre molto caldo, ma anche lì ci sono dei problemi, perché i leoni corrono sempre dietro agli animali come noi e li spaventano con i loro denti aguzzi e poi… io sono nata in Italia e non voglio andarmene. - E’ vero - gli rispose il cammello - io sono nato in Africa, nel deserto, e ho visto i leoni rincorrere le zebre e le antilopi e ho sofferto tanto la sete e per bere e rinfrescarmi dovevo fare tanta strada prima di trovare un’oasi con l’acqua e le palme per avere un po’ di ombra e dissetarmi. Mentre parlavano tra di loro sentirono fuori dal parco una grande confusione ed il cammello, abituato al silenzio del deserto, si spaventò e fuggì dentro al suo rifugio, invece, la zebra, curiosa e impertinente, si affacciò dallo steccato 32
per vedere cosa succedeva. Vide tante persone, sia giovani che vecchi, che correvano lungo la strada cantando e ballando. Tutti avevano magliette e sciarpe a strisce bianconere proprio come la sua pelle. Ancora più incuriosita si fermò a guardare e quando un ragazzo passò vicino alla staccionata gli domandò: - Ma dove state andando, tutti vestiti come me gridando dietro alle bandiere bianche e nere come la mia pelle? - Stiamo andando a vedere la partita di calcio - disse il ragazzo continuando a correre – ma è tardi e devo andare, tra due ore ripasserò da qui e ti dirò come è finita la partita. La povera zebra Rina non aveva capito bene ed era rimasta molto meravigliata del fatto che tante persone erano vestite come lei e poi... Quelle bandiere! Chiese agli animali che vivevano vicino a lei se sapevano spiegare la scena che aveva appena visto. Nessuno seppe dare una risposta eccetto una vecchia e saggia scimmia, di nome Emilia, che viveva libera tra i viali del parco. - Cara Rina - gli disse Emilia - gli esseri umani vanno pazzi per il gioco del calcio e tutte le domeniche vanno allo stadio per vedere 22 giovanotti vestiti di tutti i colori e tre vestiti di nero. Sai quanti ne ho visti passare con magliette e sciarpe colorate! - Ma cosa è il gioco del calcio? - È uno sport dove i 22 giovanotti, che ti dicevo 33
prima, corrono dietro ad un pallone che cercano di mettere oltre una porta aperta davanti e chiusa con le reti dietro – poi Emilia continuò a spiegare – qualche volta l’uomo in nero fischia e ferma il gioco. Dopo un po’ tutti vanno a riposarsi ma poi tornano e riprendono a giocare fino alla fine quando l’uomo nero fischia per due volte. - Si divertiranno – disse Rina – ma io preferisco correre nel mio giardino e, quando sono stanca, mi fermo a parlare con gli altri animali. Se però mi chiamassero a giocare a calcio vincerei senz’altro perché con le mie zampe di dietro darei certi calcioni! Dopo circa due ore ripassarono con le bandiere e le sciarpe, le persone di prima: qualcuno cantando e qualcun altro mogio mogio. Quando passò il giovane che si era fermato prima gli chiese: - Come è andata? - Benissimo! – rispose il giovane – la mia squadra ha vinto! - Sono contenta – disse Rina – se vi serve un giocatore, posso venire io, sono brava a dare i calci e sono già vestita!
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Cristiano
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LA TARTARUGA KIKKA Una tartaruga di nome Kikka viveva tranquillamente in un bosco insieme ad altre tartarughe. Kikka era molto curiosa, domandava a tutti che cosa stessero facendo e il perché, chiedeva spesso agli altri abitanti del bosco se conoscessero il mondo al di fuori del loro habitat. IL Gufo Rodolfo, che solitamente faceva un volo la sera prima di addormentarsi, le disse che al di là del bosco c’era un mondo interessante che valeva la pena di esplorare. Kikka, tutta la notte non fece altro che pensare a quanto sarebbe stato bello conoscere un luogo a lei sconosciuto e scoprire esseri viventi diversi da lei e dai suoi amici. - Chissà come saranno gli abitanti? Che cosa mangeranno? Anche loro andranno in letargo? Le domande non finivano mai e nessuno poteva darle una risposta, l’unica soluzione era quella di andare a vedere. La mattina presto chiese alle sue compagne: -Voglio conoscere il mondo fuori di qui, chi di voi vuole accompagnarmi? - Noi non veniamo, il mondo là fuori è troppo pericoloso e non siamo capaci di difenderci. -Va bene, ormai ho deciso, partirò da sola. Si mise in viaggio la sera stessa, dopo aver salutato le sue compagne e tutti i suoi amici: il gufo Rodolfo, lo scoiattolo, il cervo, la talpa... 36
- Ciao, ciao - gridavano tutti, fai buon viaggio e torna presto. Contrariamente a quello che pensiamo non è del tutto vero che le tartarughe sono così lente soprattutto quando vogliono raggiungere una meta. Infatti Kikka camminava speditamente nel bosco che conosceva bene, ogni tanto si fermava per riprendere fiato e per guardare se tutto era tranquillo. Ad un certo punto, ormai molto stanca, decise di fermarsi per dormire, ma alle prime luci dell’alba riprese il cammino e in breve fu fuori dal bosco proprio vicino ad un centro abitato. Curiosa com’era si mise ad osservare intorno: le persone sembravano aver tutte una gran fretta, alcune andavano a piedi altre con la macchina, altre ancora in autobus, tutti avevano un gran da fare; la sua attenzione fu attratta però da uno scuolabus coloratissimo dal quale scesero tanti bambini che allegramente si diressero verso un grande edificio. Kikka decise di raggiungerli per scoprire dove erano diretti, cercò di camminare più velocemente che poteva e alla fine li arrivò. - Guardate ragazzi anche una tartaruga vuole venire a scuola! - disse uno dei bambini. - Portiamola con noi, potremmo tenerla in aula e osservarla, ora la prendiamo - soggiunse un altro dei bambini. Appena Paolo provò a prendere in mano Kikka, spaventata si ritrasse per rifugiarsi nel suo carapace . 37
- Fai piano, non vedi che è spaventata! Falle una carezza - disse a gran voce David. Paolo e David, insieme ad un gruppetto di altri bambini entrarono a scuola con Kikka nascosta sotto un giacchetto per paura che il bidello Pietro li sgridasse e non li facesse entrare. Una volta entrati in aula, i bambini liberarono Kikka la misero in terra e cominciarono ad osservarla stando tutti intorno: la tartaruga, quando ci fu un po’ di silenzio cominciò a tirare fuori la testa e poi le zampe e poi timidamente iniziò a camminare. - Buongiorno ragazzi. Cosa c’è di tanto interessante in terra? - disse l’insegnante entrando. L’atmosfera cambiò improvvisamente: Kikka si ritrasse nel suo guscio ed i bambini intimiditi da quella presenza non sapevano cosa dire, dopo qualche istante Paolo e David raccontarono l’accaduto e chiesero alla loro insegnante il permesso di poter tenere la tartaruga a scuola. - Non è possibile tenere animali in aula per una questione di igiene e di protezione verso l’animale stesso- sentenziò l’insegnante – ma quando lesse la delusione nei loro occhi aggiunse: - Tuttavia possiamo tenerla se non in aula in giardino dove c’è molto spazio e molta erba. A quelle parole nell’aula si levò un grido di gioia: -Urra!!Urra!! Evviva! Evviva! 38
Il frastuono fece uscire alunni e insegnanti dalle aule curiosi di scoprire la novità, furono informati dell’arrivo di Kikka e della possibilità di trattenerla nel giardino della scuola. Il bidello Pietro con fare burbero si aggiustò gli occhiali, tossì e disse: -Ok, va bene, ma promettetemi che anche voi mi aiuterete a fare un recinto e una casetta di legno per la notte o quando piove. -Sìììììììììììììììììììììììììììììììììì - urlarono i bambini Kikka rimase quasi sempre nascosta nel suo guscio ogni tanto tirava fuori la sua testolina per rendersi conto della nuova situazione, poi si sentì sollevare dalla mano energica di Pietro e trasportare in giardino dove finalmente poté mangiare e riposare. A ricreazione gli alunni uscirono correndo in giardino e si avvicinarono alla nuova ospite: Paolo le dette un pezzettino di pizza, un altro bambino un po’ di banana, tutti fecero a gara a dare un pezzetto della loro merenda. - Ragazzi - disse l’insegnante - non datele cose che non può mangiare, le tartarughe sono dei rettili vegetariani, mangiano solo frutta e verdure, piuttosto mettete in questa piccola ciotola anche dell’acqua. - Nel bosco come fanno a mangiare? - chiese un alunno. - E facile, mangia ciò che trova nel bosco: erba, piccoli frutti, fragole, bacche e si disseta con 39
l’acqua piovana e con quelle pozzanghere. Pietro suonò la campanella della fine ricreazione e i bambini tornarono in classe e tutti chiesero di conoscere meglio la vita delle tartarughe non solo di terra ma anche quelle d’acqua e di tutti i rettili. - Bene - risposero le insegnanti - lo faremo nell’ora di scienze, intanto voi osservate bene la nuova arrivata. La campanella segnò la fine delle lezioni, gli alunni dopo aver salutato Kikka corsero verso lo scuolabus per tornare a casa. Così ogni giorno fino alla fine dell’anno scolastico i bambini, prima di entrare in aula, andavano a salutare Kikka, parlavano con lei, le raccontavano le loro birichinate e le loro difficoltà. Kikka si sentiva molto importante e stava bene in quel nuovo ambiente perché tutti si preoccupavano per lei, ma ogni tanto aveva nostalgia del bosco dove aveva tanti amici. L’ultimo giorno di scuola, a ricreazione, i bambini si avvicinarono a Kikka per parlarle: - Oggi la scuola termina, noi torneremo in autunno e tu con chi stai? - disse David. - Non vi preoccupate amici miei, anch’io me ne vado, torno al bosco dove altri amici mi aspettano. In autunno andrò in letargo e dormirò tutto l’inverno, ma a primavera tornerò da voi per continuare la nostra amicizia. 40
Gli alunni accettarono la proposta e a fine lezione accompagnarono Kikka fino al limite del bosco. - Ciao Kikka, saluta i tuoi compagni, ti aspettiamo a primavera. - Ciao bambini vi voglio bene tornerò, tornerò... Noi siamo sicuri che con il giungere delle prime giornate di primavera, i bambini della scuola aspetteranno con impazienza il ritorno della loro amica Kikka.
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Matteo
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IL PESCIOLINO NEMO Una mattina stavo passeggiando sulla spiaggia con il mio nipotino Damiano, ci divertivamo a raccogliere qualche guscio di conchiglia e i pochi ossi di seppia che riuscivamo a trovare. Ero un po’ triste perché ripensavo alla mia giovinezza quando passeggiavo lungo la spiaggia di Fiumicino con mia zia Maribel e riuscivo a riportare tante belle conchiglie e tanti ossi di seppia per il pappagallino che avevo a casa. Poi arrivarono le cisterne di petrolio, il rombo degli aerei del vicino aeroporto e gli scarichi delle fognature. Ma Damiano non aveva conosciuto la spiaggia pulita e i pescatori che rientravano al porto con le loro barche cariche di pesce da portare al mercato; correva felice lungo la spiaggia ed ogni conchiglia o sasso colorato che trovava era una grande gioia. A un certo punto vedemmo sulla spiaggia un piccolo pesce che batteva la coda ed era chiaramente in difficoltà. Ci avvicinammo al pesciolino e Damiano raccolse con il secchiello un po’ di acqua di mare e, con delicatezza, lo mettemmo dentro. Il pesciolino si agitò per qualche minuto, poi si mise tranquillo. Io guardavo i due che sembrava stessero parlando tra di loro. - Sai zio, si chiama Nemo e viene dalla Sardegna - Damiano, come fai a saperlo?? – gli chiesi - Ma zio, me lo ha detto lui ! Feci finta di credere a quanto mi aveva detto Damiano per non deluderlo, ma ero piuttosto perplesso. Mi 44
dovetti ricredere perché mentre tornavamo a casa i due continuarono a parlare anche se io non capivo esattamente cosa dicessero, per fortuna che Damiano aveva assunto il ruolo di interprete. Venni così a sapere che Nemo, si era sperso durante una tempesta nel tratto tra l’isola e la spiaggia dove l’avevamo trovato, si era spaventato ma non era più riuscito a trovare la sua mamma Nei giorni successivi Damiano e Nemo diventarono grandi amici, parlavano sempre tra di loro ma nessuno capiva bene quello che si dicevano. Intanto il pesciolino si era ripreso, mangiava il cibo che gli portava Damiano e guizzava felice nell’acquario che era diventata la sua casa. Un giorno Damiano mi disse piangendo che Nemo aveva detto che voleva tornare sul mare per cercare di ritrovare la sua famiglia. Dopo una lunga chiacchierata il bambino si convinse ad accettare la richiesta di Nemo. La mattina dopo, riprendemmo il secchiello con l’acqua ed il pesciolino e andammo in riva al mare, portammo il secchiello in acqua, Nemo salto fuori felice e muovendo la coda si allontanò. - Cosa ti ha detto Nemo prima di andarsene? – chiesi a Damiano. - E’ un segreto tra noi due e mi ha detto che deve rimanere tra noi due perché tanto i grandi non possono capire!
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Rebecca 47
INDICE
Natura Vattene di Gianni Rodari
p.9
Sono felice quando….. di Gianni Dentini
p.11
Scriverò un libro di favole di Gianni Dentini
p.12
Perché scrivere un nuovo libro di favole di Alessandra Moroni p.13 LUDOVICA E LA LUCCIOLA
p.15
LE FOGLIE PARLANO p.19 QUANDO I LUPI SAPEVANO PARLARE
p.22
UN ASINO, UN PONY ED UNA GALLINA
p.26
LA ZEBRA SPORTIVA p.32 LA TARTARUGA KIKKA p.36 IL PESCIOLINO NEMO p.44
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