Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Page 1

Quaderni del volontariato

1

Marina Mari

Marina Mari

Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Il Cesvol svolge le sue attivitĂ con risorse del Fondo gestione dell'Umbria e alimentato dalle seguenti Fondazioni bancarie: Fondazione Cassa Risparmio Perugia Fondazione Monte Paschi Siena Fondazione Cassa Risparmio Terni e Narni Fondazione Cassa Risparmio Spoleto Fondazione Cassa Risparmio Foligno Fondazione Cassa Risparmio Orvieto Fondazione Cassa Risparmio CittĂ di castello Fondazione Cassa Risparmio Province Lombarde

Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Speciale per il Volontariato amministrato dal Comitato di

Q

1


Quaderni del volontariato

1



Marina Mari

Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?


Cesvol Centro Servizi Volontariato della Provincia di Perugia Via Sandro Penna 104/106 Sant’Andrea delle Fratte 06132 Perugia tel.075/5271976 fax.075/5287998 www.pgcesvol.net cesvol@mclink.it pubblicazioni@pgcesvol.net

Pubblicazione a cura di

Con il patrocinio della Regione Umbria

Progetto grafico e videoimpaginazione Chiara Gagliano

© 2008 CESVOL 2008 FUTURA soc.coop. ISBN

88-95132-32-7


I quaderni del volontariato, un viaggio attraverso un libro nel mondo del sociale

Il CESVOL, centro servizi volontariato per la Provincia di Perugia, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, ha definito un piano specifico nell’area della pubblicistica del volontariato. L’obiettivo è quello di fornire proposte ed idee coerenti rispetto ai temi di interesse e di competenza del settore, di valorizzare il patrimonio di esperienze e di contenuti già esistenti nell’ambito del volontariato organizzato ed inoltre di favorire e promuovere la circolazione e diffusione di argomenti e questioni che possono ritenersi coerenti rispetto a quelli presenti al centro della riflessione regionale o nazionale sulle tematiche sociali. La collana I quaderni del volontariato presenta una serie di produzioni pubblicistiche selezionate attraverso un invito periodico rivolto alle associazioni, al fine di realizzare con il tempo una vera e propria collana editoriale dedicata alle tematiche sociali, ma anche ai contenuti ed alle azioni portate avanti dall’associazionismo provinciale. I Quaderni del volontariato, inoltre, rappresentano un utile supporto per chiunque volesse approfondire i temi inerenti il sociale per motivi di studio ed approfondimento.



Una storia da sogno Quella che Marina ci racconta è una storia da sogno, non solo perché è fantastica, ma perché in parte Marina l’ha sognata davvero. La sirena di un’autoambulanza ti fa venire sempre i brividi, perché hai sempre paura che la storia finisca…male. Così è stato per Marina: con una differenza però: per lei la storia difficile, brutta, triste e lunga non è finita poi così tanto male... E Marina la racconta con una semplicità quasi ingenua, ma tanto emotiva e perfino attraente che non riesci a chiudere il libro senza che prima che tu l’abbia letto fino alla fine. E alla fine scopri, non senza qualche sorpresa, questa affermazione: “… mi posso considerare fortunata perché non sono mai stata sola: anzi la mia ricchezza sono stati gli altri: la famiglia, gli amici” . In questi tempi, tanto difficili e tempestosi per la mia famiglia e anche per l’amicizia, c’è proprio da ringraziare Marina che ci ha raccontato la sua avventura invitandoci discretamente, ma con efficacia ad avere tanta fiducia nella vita, ma vissuta con questo spirito giusto che Marina ci propone. Grazie a te, Marina, da parte di tutti i tuoi lettori, specialmente dai tuoi tanti amici che hai voluto ringraziare con questa storia che ti appartiene.

Don Dario

7


Marina ha passato la sua giovinezza a Ponte, piccola frazione del Comune di Cerreto di Spoleto. Dopo il matrimonio si è trasferita a Norcia, dove attualmente risiede. Il giorno otto novembre 2003, mentre si recava al lavoro con il suo “Apettoâ€?, fu investita da una macchina...

8




Alla mia famiglia al Dottor Carletti A tutti i medici e infermieri del reparto neurochirurgia e rianimazione Ai miei amici con gratitudine


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Vorrei raccontarvi la mia storia: la storia di una ragazza di provincia che ha provato a realizzare i suoi sogni. Non perché non sia comune, ma perché io sono di quelle persone invisibili che continuano a ringraziare il cielo nonostante tutto, mentre altri si lamentano e inveiscono per un nonnulla. Mi chiamo Marina e sono nata in un piccolo paesello dell’Umbria alla fine degli anni sessanta. Vengo da una famiglia di condizione sociale umile: mio padre faceva il muratore e la mamma casalinga e oltre a me hanno avuto altri due figli. Il paesino che mi ha visto bambina è un borgo medievale con poche case. Sulla collina del paese c’è il rudere di un castello, dove io, come tutti i bambini del posto, ho passato i più bei giorni della mia infanzia sognando di essere una principessa d’altri tempi.

12


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

All’ epoca i bambini giocavano fuori casa fino a che, quasi buio, le mamme non li richiamavano per la cena. Anch’io, sentendo la voce di mia madre, correvo per le viuzze che sapevano di sapori antichi e buoni. Il profumo del pane cotto nei vari forni a legna delle famiglie e l’odore dei vari soffritti mi accompagnavano fino alla porta di casa. I giocattoli erano pochi, così come semplici erano le nostre cene e io sognavo già da allora che da grande avrei lavorato e dato ai miei figli quello che desideravo io, e che non potevo pretendere dalla mia famiglia. Oltre alla situazione economica difficile in casa si viveva un grosso dramma: mia sorella Domenica, la più grande, era costretta in carrozzina dall’età di 20 mesi per una reazione al vaccino antipolio. La casa dove vivevamo era piccola, senza l’acqua calda e senza neanche il

13


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

bagno per non parlare di televisione o lavatrice. Così i miei genitori furono costretti a scegliere, per mia sorella, il collegio che le poteva offrire una struttura più idonea, terapie adeguate e il completamento degli studi. In seguito anche io e mio fratello Piero, il più piccolo, siamo stati privati della libertà di vivere in paese per andare a studiare in collegio. La vita era diventata un’altra: non più scorribande per le vie del borgo, non più sogni sui ruderi del castello, non più profumi buoni nelle narici, non più la voce amorevole della mamma e le coccole serali del babbo! All’ improvviso le mie giornate erano scandite da regole ferree: la preghiera del mattino, la scuola, il pranzo conviviale, lo studio, il silenzio da rispettare . Mi sentivo un uccello in gabbia! Ma c’ erano dei pregi in questa vita lon-

14


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

tana dal mio adorato paesello. Non avrei mai potuto avere tante cose: dai pomeriggi al cinema, allo sport, alle vacanze al mare. Ma mi mancava terribilmente il paesino, l’atmosfera familiare e i miei due fratelli. Si tornava a casa solo durante i periodi di festa e ripartire era sempre piÚ dura! Avrei voluto portare con me tutti: la mamma, il babbo, Domenica e Piero. Mia sorella Domenica si rendeva ben conto che la casa e il piccolo paese non le potevano garantire l’autonomia e il proseguimento degli studi che le offriva il collegio. Mio fratello Piero cresceva con l’idea di prendere un diploma che gli aprisse il mondo del lavoro.

Io ero di ben altro carattere.

15


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Anche se facevo tante cose che mi piacevano, volevo riprendere in mano la mia vita! Sognavo di non dover dipendere dalle regole del collegio, di andare via, trovare un lavoro e di essere economicamente indipendente. Capii che lo studio non era la mia vocazione. Così, appena finita la scuola media, dissi ai miei genitori che non volevo più continuare a studiare. Tornai al paesino e mi misi alla ricerca di un impiego. L’ambiente non offriva grandi scelte: fui presa come apprendista in una fabbrica di biancheria intima a Spoleto, ma non durò a lungo! Tutti i giorni prendevo l’autobus per recarmi al lavoro e durante il viaggio sognavo di cambiare la mia vita.

16


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Dopo altre piccole esperienze lavorative, tutte brevi e deludenti, optai per fare le pulizie presso una famiglia. Ma quello che speravo era di incontrare una persona capace di amarmi e farmi sentire importante e che mi desse sicurezza. Come tutte le ragazze della mia età sognavo di incontrare il grande amore! Ancora diciassettenne incontrai Enrico e, convinta che era l’uomo che avevo sempre sognato di incontrare, lo sposai dopo il classico periodo di fidanzamento. Enrico era piÚ grande di me e molto responsabile. Mi fece una corte serratissima e io mi sentivo la persona piÚ importante del mondo. Durante il fidanzamento dimostrava di tenerci veramente a me e lavorava alla ristrutturazione della casa che mi avrebbe visto sposa e madre e io ero orgogliosa di lui.

17


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Dopo le nozze, l’inizio della nuova vita mi fece perdere la voglia di essere una ragazza lavoratrice: ero soddisfatta di essere una sposina-casalinga, che si occupava della famiglia e che riusciva a vivere dignitosamente con il solo stipendio del marito. Ma presto la famiglia aumentò: nacquero due gemelli! La mia gioia e quella di Enrico era al massimo. Continuavo a fare la casalinga e ad aiutare saltuariamente Enrico nei lavori della vigna di sua proprietĂ . Certo un figlio lo volevamo, ma il fatto che sarebbero arrivati due gemelli mi preoccupava non poco anche per il bilancio familiare. Dopo un primo periodo, in cui fare la mamma e la moglie riempivano tutte le mie giornate, mi resi conto che con uno stipendio era dura andare avanti. Ero pur sempre quella ragazza orgogliosa che avrebbe voluto dare una mano

18


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

per mandare avanti la famiglia! E dov’erano finite le mie idee di autonomia economica? Per un periodo cercai di barcamenarmi tra il ruolo di moglie e madre e lavori parttime. Mi sentivo bene nel ruolo di madre - moglie - lavoratrice! I gemelli crescevano bene e arrivò il momento di mandarli a scuola. Mi rendevo conto che le spese aumentavano e che avrei potuto lavorare piĂš ore al giorno. Decisi di cercare un lavoro a tempo pieno e ne parlai con Enrico. Ma, cosa fare senza una particolare specializzazione? L’opzione rimaneva sempre quella di donna delle pulizie. Una mia amica, socia di una cooperativa di pulizie che prendeva grossi lavori

19


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

nella zona di Norcia, mi suggerì di provare questa strada. Fui assunta per pulire diversi uffici del comprensorio, ma era un lavoro che mi costringeva a spostarmi nei vari paesi con un veicolo. Per non far pesare sul bilancio familiare l’acquisto di una seconda auto, decisi di utilizzare l’autocarro “Ape” che mio marito usava per andare in campagna e lasciare a lui l’auto per recarsi al lavoro. Era molto folcloristico andare in giro con un mezzo che usavano solo i vecchietti, ma io ero contenta! Così cominciai a spostarmi con l’ “apetto” dove il lavoro mi chiamava: in una scuola, negli uffici del comune, e, in ultimo, in una fabbrica di cioccolatini a Norcia. Il lavoro nella fabbrica consisteva nel fare le pulizie rispettando dei turni e io continuavo a spostarmi con la mia piccola vettura, alternando lavoro e gestione familiare.

20


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Tutto sembrava andare per il meglio: mi sentivo orgogliosa di essere economicamente autonoma e di aiuto alla mia famiglia; i ragazzi potevano permettersi di realizzare i loro progetti e anche la serenitĂ familiare non faceva una piega. Certo fare i turni voleva dire assentarsi da casa in orari variabili ma mi ero organizzata proprio bene! Enrico era molto disponibile a dare una mano nella gestione della casa e i ragazzi erano abbastanza grandi per restare senza la mamma per una parte della giornata. Inoltre potevo contare sull’aiuto dei miei suoceri che all’epoca vivevano con noi. Lavoravo duramente! Fare le pulizie non è il sogno della maggior parte delle ragazze della mia generazione! Tanti furono i momenti in cui ho rimpianto di non aver proseguito gli studi: forse mi sarei trovata dietro una scrivania

21


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

piuttosto che accovacciata sopra per pulirla! Mi ripromettevo sempre di convincere i miei figli a non lasciare la scuola e il pensiero di dovere, in futuro, pagare i loro studi mi faceva vivere il faticoso lavoro con serenità . Ma io avevo fatto una scelta e la vita mi aveva abituata ai sacrifici, sin dall’epoca del collegio. Sin da piccola avevo visto i miei genitori farsi mancare di tutto per garantire un futuro migliore a me e ai miei fratelli. E i risultati si sono visti: mio fratello ha un buon lavoro come elettricista e mia sorella, anche se in carrozzina, ha messo su famiglia e ha due bellissimi figli. Anche io potevo farcela! Sembrava proprio che il mio piccolo sogno di libertà si fosse concretizzato! Non avevo rincorso la luna: avevo un uomo che amavo e mi amava, due figli

22


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

meravigliosi e il mio lavoro! Ero una donna realizzata! Per gratificarmi di quei successi decisi di acquistare una piccola vettura che mi avrebbe fatto sentire ancora meglio. E così feci. Ero al settimo cielo: quella spesa era frutto solo dei miei sacrifici, che soddisfazione! Per festeggiare la nuova macchina invitai i miei familiari a pranzo. Quel giorno mi svegliai prestissimo per cucinare: volevo che tutto fosse perfetto. Andai a ritirare la vettura: ero felice come una bambina, tutto mi sembrava stupendo e pensavo che la vita era proprio un gran regalo! Dopo circa un’ora che girovagavo felice sulla mia nuova auto mi recai a casa. Finito di pranzare arrivò l’ora di andare al lavoro.

23


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Ma non volevo ancora usare l’auto nuova per andarci, perché la vivevo come il “vestito per la festa”. Così mi misi in strada sul solito “apetto” e partii. Ma la vita non è una favola a lieto fine e dietro l’angolo mi aspettava un’avventura che mi avrebbe lasciato dei segni indelebili e avrebbe distrutto il mio piccolo paradiso! Arrivata all’entrata della fabbrica, un’auto a velocità esagerata, mi tagliò la strada colpendo in pieno il mio mezzo e scaraventandomi fuori dall’abitacolo per una ventina di metri. Di colpo il nulla. Mi risvegliai dal coma dopo dieci giorni e non mi rendevo neanche conto dove fossi. Naturalmente ero in ospedale, nel reparto rianimazione, di Terni, e quelli erano stati i giorni più terribili che la mia famiglia avesse vissuto.

24


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Ma per me, le brutte sorprese dovevano ancora arrivare. Poco prima di svegliarmi dal coma mi sembrava di sognare: ero su una collina di un verde cosÏ intenso che non credo esista nella realtà terrena, il cielo era di un azzurro molto vivo e non c’erano piante intorno a me. Ero serena e intorno si respirava aria di pace... Il suolo era soffice come ovatta e io camminavo scalza per mano di un bambino di circa due anni che mi guidava nudo e silenzioso. Mi sembrava molto strano che non piangesse: per me era scontato che lui dovesse piangere o dirmi qualcosa! Invece continuavamo a camminare come se dovessimo raggiungere una meta che io ero curiosa di scoprire. Ad un certo punto qualcosa mi fece cadere giÚ, tutti quei bei colori scomparvero e sentii un corpo indolenzito che prese il

25


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

posto di quel senso di pace che provavo. Mi guardai intorno perchÊ sentivo che qualcuno mi chiamava. La voce di una donna mi stava dicendo che ero in ospedale. Non riuscivo a vedere che ombre e mi spaventai. La donna continuò chiedendomi dove avessi dolore e io risposi, con una voce impastata, che mi facevano male le gambe visto che avevo camminato molto. Dopo capii che stavo confondendo la realtà con quel sogno meraviglioso e tutto pian piano prese forma dentro la mia mente. Mi ricordai del terribile schianto ma tutto era molto confuso e, soprattutto, ero molto stanca anche se urlavo cose incomprensibili mentre la dottoressa cercava di tranquillizzarmi. Ancora oggi Enrico mi racconta della grande emozione vissuta, quando gli disse-

26


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

ro che avevo ripreso conoscenza: era sempre rimasto in ospedale e un bel giorno si vide preso per mano da un’infermiera e accompagnato verso il mio letto. Aveva paura di quello che avrebbe visto ma quando sentÏ la mia flebile voce una gioia immensa lo invase. Fu in quel momento che io sentii vicino una voce a me cara e familiare: era lui, lo riconobbi, anche se non riuscivo a vederlo! Non sapevo cosa dire. La mia mente era affollata da mille pensieri. Avrei voluto chiedere notizie dei gemelli, della mamma, ma ‌ non so se riuscii a proferir parola! Non riuscivo ancora e rendermi conto della gravità della mia situazione fisica. I giorni passarono lenti e inesorabili. Ai problemi di vista si aggiunse il fatto che mi rendevo conto che non riuscivo a muovere le gambe.

27


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Pensavo a mia sorella che per tutta la vita era stata in carrozzina: ora capivo! Era terribile! E io avrei voluto arrendermi e tornare in quel meraviglioso sogno. Invece ero sempre piÚ sveglia e consapevole: avevo la testa fasciata perchÊ avevo subito un delicatissimo intervento e il mio braccio era a rischio di amputazione. Enrico mi raccontava che ero stata miracolata, che dovevo essere morta e che avevo persino ricevuto l’Unzione dei malati. L’intervento era durato circa otto ore e i medici non si sentivano di garantire ancora che non ci sarebbero state conseguenze che mi avrebbero fatta rimanere paralizzata o cieca o muta. Io non reagivo, ero solo molto stanca. Tutto intorno a me era buio e triste.

28


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Dalla sala di rianimazione fui presto trasportata in terapia intensiva, dove oltre alle cure necessarie ricevevo affetto e calore dal personale infermieristico e dai dottori, ma la situazione cambiò ben poco. Le aspettative di mio marito furono subito deluse quando capì che la strada era ancora incerta e molto lunga: ero costretta a stare supina e sola. E la mente cominciava a rielaborare i fatti facendomi cadere in uno stato di prostrazione inimmaginabile. In camera con me non c’era nessuno tranne le infermiere che venivano di tanto in tanto, ma che per me, erano solo voci sconosciute, anche se molto gentili. Sapevo però che dietro il monitor c’era Enrico perché sentivo la sua voce. A volte sentivo anche la voce affettuosa di mio fratello che si sforzava in tutti i modi di non farmi capire quanto quella situazione lo turbava.

29


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Con l’aiuto della sua voce ripercorrevo con la mente i periodi felici della nostra infanzia. Ma era tutto così lontano! Enrico era vicino a me tutto il tempo che i medici glielo permettevano. Per un po’ di giorni mi mancò un’altra voce divenuta per me familiare: era la voce di quel medico che mi aveva operata e che lavorava in un altro reparto. Chiesi ad Enrico di cercarmi quel dottore perché saperlo vicino mi faceva sentire più sicura che tutto sarebbe andato per il meglio. Fu così che un giorno venne a trovarmi per tranquillizzarmi e mi spiegò che ero in buone mani e che lui, purtroppo aveva altri pazienti da seguire. Ma quella fu la prima di tante visite: ogni qualvolta il dottore aveva un ritaglio di tempo era lì e per me quegli appuntamenti erano vitali.

30


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Ancora oggi, a distanza di anni, ogni mio problema di salute trova in lui un riferimento sicuro. Intanto i giorni passavano e la mia mente continuava nel suo incessante lavorìo di ricostruzione della mia vita. Cominciavo ad essere più lucida e a pensare che tutti i miei sogni erano andati in frantumi e che ero stata solo causa di sofferenza per me e per tutti quelli che mi volevano bene. Un giorno Enrico mi disse che avrei avuto una bella sorpresa: poco dopo sentii una voce rotta dall’emozione. Mia sorella era venuta a trovarmi. Non riuscivo a vederla ma il motore della sua carrozzina e la sua voce mi diedero tanto calore. Provai a raccontarle qualcosa, quasi a volermi giustificare per ciò che era successo ma, lei, dolce come sempre, mi ripeteva che andava tutto bene, che quello che importava era che ero viva e che ce l’avrei fatta.

31


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Lei credeva in me. Cominciai a piangere. Ma non era un pianto liberatorio: io non avevo la stessa visione positiva! L’angoscia mi attanagliava il cuore e non capivo perché non ero morta. Pensavo ai miei figli, ma non volevo che mi vedessero in quelle condizioni: era meglio se si ricordavano della loro mamma quando era felice! Al primo intervento chirurgico ne seguirono altri e ogni volta ne uscivo fisicamente e psicologicamente distrutta. Dopo un lungo periodo di degenza sembrava che le forze fisiche mi tornassero, ma non era così per la voglia di ritornare a vivere! Cominciavo ad abituarmi a stare in quel letto, ad essere tranquilla perché accudita e neanche più pensavo ad un mio ritorno a casa.

32


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Ero convinta che la mia vita si fermasse lĂŹ. Un giorno seppi che sarei stata dimessa ed ebbi paura: cosa avrei fatto una volta a casa? Chi mi avrebbe assistito? In una delle sue visite, raccontai delle mie perplessitĂ a mia sorella! Per tranquillizzarmi lei andò a parlare con i medici riuscendo ad ottenere che fossi trasferita in un centro di riabilitazione specializzato. Mi dovevo preparare mentalmente a cambiare posto anche se il mio unico desiderio era di smettere di lottare. Eppure non potevo permettermelo! Mi tornava alla mente la mia famiglia e le loro aspettative: dovevo continuare a resistere! Fui dimessa dall’ospedale che non vedevo, non camminavo, non riuscivo a mangiare e non controllavo gli sfinteri.

33


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

L’unica cosa bella che mi aspettava a casa erano Nicolas e Valerio, i miei ragazzi! Finalmente li avrei rivisti ma avevo tanta paura: come mi avrebbero accolta, con quel viso deformato e senza capelli, le mani tremanti e lo sguardo perso? Era una gioia mista a dolore: quanto li avevo fatti soffrire! E quanto li farò ancora soffrire in queste condizioni! Mi vennero incontro e tutti e tre scoppiammo in un pianto irrefrenabile: continuavo a toccarli e a chiedere loro perdono per tutto. Loro mi rassicuravano dicendo che l’unica cosa veramente importante era che adesso ero lĂŹ con loro. Per una settimana rimasi a casa ma sapevo di dovermi trattenere per un lungo periodo in un centro di riabilitazione a Cascia.

34


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

In questa settimana ebbi molte visite di parenti e amici intimi e con tutti fu un pianto di disperazione tanto che decisi di non ricevere più nessuno. L’uniche persone, che non potevo rifiutare di incontrare, era la mia amica d’infanzia Maria Rita e la collega di lavoro Chiara. Dopo tutto quello che aveva fatto per me occupandosi dei gemelli durante la mia lunga degenza in ospedale potevo dire che il detto “Chi trova un amico trova un tesoro” era veritiero. Lei aveva vissuto il dramma della malattia,visto che si era trovata ad assistere il marito malato di tumore fino alla sua morte. Poteva comprendere il mio stato d’animo, con lei potevo piangere liberamente con la certezza di non risultare patetica, ma le mie lacrime sembravano non finire mai. Arrivò il giorno della partenza per il centro di riabilitazione: lì passai sette lunghissimi mesi.

35


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Nella disgrazia potevo ritenermi fortunata che Cascia era a mezz’ora d’auto da casa e potevo vedere con una certa frequenza i miei familiari. Ma i giorni erano lo stesso lunghi e i miei pensieri erano sempre più bui! Cominciai un lungo lavoro di riabilitazione. Dagli esercizi ai quali venivo sottoposta mi resi conto che non sapevo più comunicare né le mie emozioni, né semplici informazioni. Non sapevo dare un nome alle semplici immagini che mi facevano vedere anche se, dentro di me, sapevo di cosa si trattasse. La disperazione prese il sopravvento: avrei saputo “reimparare” tutto? E, soprattutto, volevo farlo?! Ma non ero sola in quel posto: guardandomi intorno mi resi conto che altre persone soffrivano e lottavano come me. Tanti, troppi erano i giovani e questo mi

36


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

riempiva di tristezza anche se, istintivamente, mi veniva voglia di dare coraggio a quelle persone. Tempo dopo mi accorsi che furono soprattutto loro a infondermi forza e coraggio. Così si crearono, in quel luogo di sofferenza, delle belle amicizie. In particolare mi ricordo di Marco, un giovane colpito da ictus che faceva terapia riabilitativa per riprendere a parlare. Ogni tanto si buttava giù e io cercavo di infondergli fiducia e intanto, mi facevo forza anch’io. Mi stavo cominciando a sentire parte di quel luogo quando arrivò il giorno del mio rientro a casa. Fuori dal centro di riabilitazione la realtà era diversa. Tornata nel mio ambiente cominciai a dover affrontare i disagi del quotidiano: ormai ero un’invalida, bisognosa di assi-

37


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

stenza e compassione. Proprio io che credevo di poter fare tanto, cosÏ orgogliosa delle mie conquiste, io che avevo in testa tanti progetti ‌ Nella mia mente c’era solo un fatto certo: tutto era finito! Stavo spesso seduta accanto alla finestra ad osservare la mia auto nuova, acquistata e mai usata e piangevo. Sembrava che! La mia amica Chiara veniva a trovarmi giornalmente ma non riusciva a distogliermi dai miei lugubri pensieri. Mia mamma e mio fratello si alternavano a farmi compagnia: ma io ero sempre piÚ triste. Mia sorella, che abita a due ore di auto da casa mia, mi telefonava ogni giorno ma le nostre conversazioni si concludevano sempre con un pianto incessante. Una donna veniva ad aiutarmi nelle

38


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

attività ordinarie e io, ogni volta che la vedevo, mi rendevo amaramente conto che sarei stata un’assistita per il resto della mia vita. Un giorno Enrico arrivò a casa proponendomi di fare richiesta all’ente preposto per un riconoscimento di invalidità. Mi arrabbiai moltissimo. Non poteva finire così. Improvvisamente sentii che volevo un’altra conclusione alla mia storia. Sarei riuscita a tornare a lavorare. Dovevo riuscirci. Ma non fu così e non fu così facile metterselo in testa. Passarono giorni in cui fui arrabbiata con tutto e con tutti, non mi si poteva dire niente che rispondevo come non avevo mai fatto. Enrico e i ragazzi cercavano di non

39


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

contraddirmi, di parlarmi sottovoce e solo se necessario. Un giorno, durante il mio solito riposo pomeridiano, sentii che in cucina i miei parlottavano sottovoce e mi incuriosii. Tesi l’orecchio per ascoltare. Cercai di capire l’argomento del discorso e compresi che parlavano della nuova vita che vivevano, loro e io, dal giorno della disgrazia. Stavano tristemente constatando come fossi cambiata, come hanno sofferto tanto per l’incidente e la convalescenza ma ancor di più per il non essere riusciti a riavere la mamma e la moglie di prima. Scoppiai a piangere e piansi fino ad addormentarmi. Quando mi svegliai mi sentii improvvisamente più leggera, sembrava tutto meno grave di quello che la mia mente aveva rielaborato fino ad allora. Pian piano nella testa si faceva avanti

40


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

una nuova consapevolezza: mio marito e i miei figli erano lì e rivolevano la Marina forte e coraggiosa come ero sempre stata. Capii che anch’ io volevo ritrovare la grinta che sempre mi aveva caratterizzata. Avevo un nuovo compito da assolvere: ritrovare me stessa. Dovevo cercare dentro di me la forza di reagire affinché la mia famiglia ritrovasse quella serenità che aveva perduto per causa mia. Decisi di firmare i documenti per la richiesta dell’assegno di invalidità, raccogliere i pezzi della mia vita e cercare nuovi stimoli, mostrandomi ai miei familiari diversa. Spesso mi tornava alla mente Marco, il giovane che era con me nel centro riabilitativo di Cascia, alla sua volontà ferrea a riprendere a parlare. Ricordavo come i giochi linguistici, nei quali lo spronavo a non arrendersi, lo avessero aiutato a vincere quella battaglia.

41


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Pensavo a mia sorella che, nonostante una vita passata in carrozzina, ha continuato a lottare e a sorridere sempre cercando di dare coraggio a tutti. I giorni successivi ho cominciato a rivivere la mia brutta avventura con uno spirito diverso. Mi soffermai spesso con la mente a pensare al medico che mi aveva operato: era meraviglioso quel sentimento di umanità con il quale mi era stato vicino e che ancora mi cercava per avere notizie della mia ripresa. Era stato proprio un Angelo, il mio Angelo. Tutte queste persone e, soprattutto Enrico e i miei ragazzi, meritavano che anch’io facessi qualcosa. Decisi cosÏ che, da quel momento, avrei cambiato atteggiamento cercando di assaporare ogni piccola gioia che la vita mi concedeva ancora. Mi sentii subito piÚ sollevata e certa di

42


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

essere sulla strada buona per la guarigione! Maria Rita veniva sempre a trovarmi e ogni giorno mi diceva di trovarmi meglio, che il mio sguardo era più luminoso e che voleva sapere il segreto del mio miglioramento psicologico così repentino. Così le raccontai della mia presa di coscienza. Ogni giorno riscoprivo qualcosa per cui valeva la pena di continuare a lottare e presto la vita ricominciò a sorridermi anche se il fisico rimaneva gravemente compromesso. Non sono più riuscita a camminare senza un sostegno perché i problemi di equilibrio e di diplopia sono rimasti a ricordo di quel fatidico giorno. Ma lo spirito ricominciò a cercare nuove strade da percorrere. L’occasione si presentò quando mio fratello venne a trovarmi e mi comunicò che si sarebbe sposato di lì a poco.

43


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Entusiasta e convinta che potevo fare qualcosa, mi proposi di organizzare il tutto. Vidi il volto del mio fratellino illuminarsi di gioia: finalmente mi rivedeva come non aveva più sperato! Il matrimonio è stato un grande successo e io riacquistavo sempre più fiducia nella ripresa delle mie capacità. Subito mi accinsi a cercare qualcosa d’altro che mi impegnasse in modo costruttivo. Di fronte casa mia c’è la chiesa della mia parrocchia e Don Mario che era stato sempre molto presente nella mia vita e nella mia disavventura. Prima dell’incidente ero molto attiva nelle attività parrocchiali: facevo parte del comitato di organizzazione delle feste ed ero impegnata come cuoca nei campi estivi che ospitavano tanti giovani. Inoltre, andavo sistematicamente a fare le pulizie in chiesa e Don Mario sperava che tornassi ad essere in grado di lavorare

44


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

in parrocchia e aiutarlo nelle varie mansioni. Veniva a trovarmi spesso, mi raccontava di quanto aveva pregato affinchĂŠ mi riprendessi e mi ricordava le belle cose in cui avevamo collaborato. Mi faceva piacere, e allo stesso tempo mi addolorava, ricordare quante cose riuscivo a fare prima. Intanto, la mia terapia riabilitativa continuava anche a casa e cominciavo a muovermi piĂš liberamente. Un giorno in cui ero particolarmente felice dei miei piccoli progressi chiesi a Don Mario cosa avrei potuto fare ora per essere di aiuto alla chiesa e lui, felice del mio interesse, mi disse che qualcosa da fare avrebbe trovato. Fu cosĂŹ che ricominciai ad uscire e recarmi in parrocchia. Potevo fare ben poco in quelle condizioni ma mi sentivo felice di sistemare le varie scartoffie e di riappropriarmi dei miei

45


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

ruoli organizzativi. Incontravo tanti giovani e la loro energia mi contagiava. Anche se non potevo fare i lavori manuali, la mia mente organizzava e guidava i ragazzi nella realizzazione dei progetti: cominciai a sentirmi nuovamente viva! Tempo dopo cominciai a fare del volontariato, tenendo compagnia a persone piÚ sfortunate di me e in breve mi ritrovai piena di impegni: mi sentivo utile e questo mi rendeva realizzata, anche se diversamente da come avrei immaginato. Certo non lavoravo piÚ e anche per le faccende di casa avevo bisogno di un aiuto ma, i miei impegni in parrocchia mi riempivano le giornate. Tornavo a casa serena: la mia famiglia mi aveva ritrovata! Anche se non avevo piÚ la grinta di prima mi sentivo viva. Sono passati cinque anni dall’incidente

46


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

e io mi avvio a compiere quarant’anni. Sono ancora anagraficamente giovane ma le mie forze fisiche sono quelle di un’anziana signora. Ma psicologicamente sono rinata: nell’aiutare gli altri ho contribuito ad aiutare me stessa ogni giorno di più. Siamo alla fine di un altro anno, si avvicina il Santo Natale e i preparativi in parrocchia sono fervidi. Io sono lì, come un soldatino sul suo posto di guardia. Sono felice di avere intorno tutte quelle persone giovani che mi chiedono consigli sul da farsi. Mi sento proprio bene che quasi dimentico i miei acciacchi. A casa regna di nuovo la tranquillità. I gemelli sono grandi e parlano di prendere la patente. Confesso che dopo la mia disavventura

47


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

saperli sulla strada mi fa stare in ansia. Ma non posso evitare che facciano le loro esperienze di vita. Posso solo augurarmi che non debbano mai vivere quello che ho passato io! Ripensando al sinistro, certamente se, invece di usare l’ “apetto” avessi usato la mia macchina le conseguenze fisiche, forse, sarebbero state minori. Sono arrivata alla conclusione che uscire di casa comporta inevitabilmente dei rischi soprattutto sulla strada. Ma sono convinta che ognuno di noi debba trovare dentro di sé almeno un motivo per continuare a lottare e contrapporsi ai problemi della vita. Questa storia mi ha profondamente cambiata ma non posso dire che tutto è stato negativo: sono diventata più sensibile alle problematiche di chiunque e sono sempre pronta a cercare una soluzione o, almeno, una parola di conforto in ogni occasione.

48


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

Penso di essere una persona molto fortunata perché non ho avuto modo di sentirmi abbandonata in questa mia peripezia. La mia famiglia e miei amici non hanno permesso che mi lasciassi andare. Sono stati sempre accanto a me e mi hanno inondato della forza della vita. E’ solo a loro che debbo la mia ripresa ed è a loro che dedico questa storia. Grazie a tutti. Ho ripercorso i momenti più significativi della mia vita ricordando i momenti belli e quelli più difficili. Ma mi posso considerare fortunata perché non sono mai stata sola; anzi la mia ricchezza sono stati sempre gli altri: la famiglia e gli amici. A queste persone voglio dedicare questo mio scritto al quale aggiungo i pensieri che mi hanno lasciato su un quaderno nel periodo della mia degenza in ospedale. E con lo stesso spirito non ho mai pen-

49


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

sato di trarre un seppur minimo profitto dalla mia storia, destinando, il ricavato dell’offerta di questo libro alla Casa Famiglia S. Agostino.

Ancora un grazie a tutti e un grosso VI VOGLIO BENE

50


Le dediche

51


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

52


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

53


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

54


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

55


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

56


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

57


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

58


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

59


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

60


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

61


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

62


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

63


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

64


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

65


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

66


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

67


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

68


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

69


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

70


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

71


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

72


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

73


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

74


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

75


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

76


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

77


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

78


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

79


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

80


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

81


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

82


Al capolinea di una strada tortuosa, un angelo?

83



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.