Quaderni del volontariato
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En.A.I.P. Perugia Ente ACLI Istruzione professionale
“P.O.I� Progetto obiettivo integrazione Scuola e formazione per un progetto di vita Punti di vista ed elementi di riflessione al termine di un percorso sperimentale di condivisione
Cesvol Centro Servizi Volontariato della Provincia di Perugia Via Sandro Penna 104/106 Sant’Andrea delle Fratte 06132 Perugia tel.075/5271976 fax.075/5287998 www.pgcesvol.net cesvol@mclink.it pubblicazioni@pgcesvol.net
Pubblicazione a cura di
Con il patrocinio della Regione Umbria
Progetto grafico e videoimpaginazione Chiara Gagliano
Š 2009 CESVOL ISBN 88-96649-02-2
I quaderni del volontariato, un viaggio attraverso un libro nel mondo del sociale Il CESVOL, centro servizi volontariato per la Provincia di Perugia, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, ha definito un piano specifico nell’area della pubblicistica del volontariato. L’obiettivo è quello di fornire proposte ed idee coerenti rispetto ai temi di interesse e di competenza del settore, di valorizzare il patrimonio di esperienze e di contenuti già esistenti nell’ambito del volontariato organizzato ed inoltre di favorire e promuovere la circolazione e diffusione di argomenti e questioni che possono ritenersi coerenti rispetto a quelli presenti al centro della riflessione regionale o nazionale sulle tematiche sociali. La collana I quaderni del volontariato presenta una serie di produzioni pubblicistiche selezionate attraverso un invito periodico rivolto alle associazioni, al fine di realizzare con il tempo una vera e propria collana editoriale dedicata alle tematiche sociali, ma anche ai contenuti ed alle azioni portate avanti dall’associazionismo provinciale. I Quaderni del volontariato, inoltre, rappresentano un utile supporto per chiunque volesse approfondire i temi inerenti il sociale per motivi di studio ed approfondimento.
Indice
Premessa
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Il percorso educativo-formativo ed i suoi presupposti
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La Formazione dei formatori: Il confronto con altre esperienze e gli aspetti di collegamento con il territorio nell’azione di formazione-formatori 15 I laboratori: Le arti espressive come strumento di ricerca personale
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L’esperienza del “teatro comunità” un tentativo di laboratorio scolastico
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L’educazione all’ascolto come esperienza aggregante
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Il counseling e l’orientamento L’esperienza dello sportello di ascolto
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L’esperienza di counseling/orientamento
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Un approccio di counseling integrato
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I tirocini come esperienza pre-lavorativa ed il loro aspetto educativo
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Una visione complessiva delle attività
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Conclusioni
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Premessa
Nella realtà scolastica del territorio della Provincia di Perugia sono state avviate, negli anni, diverse azioni per contrastare il fenomeno della dispersione scolastica. Il fenomeno del disagio scolastico e della dispersione è riconducibile a svariati motivi, differenti tra loro anche in relazione alle specifiche peculiarità delle diverse aree territoriali cui si fa riferimento. L’attuale organizzazione scolastica, in seguito ad una attività legislativa riferita al problema sensibile ed importante, ha permesso la realizzazione di una serie di iniziative e progetti che hanno creato occasioni e percorsi di integrazione tra i sistemi della istruzione scolastica e della formazione professionale. Una di queste occasioni è stata conseguente all’avviso pubblico per la presentazione di progetti nella Misura C2 P.O.R. Obiettivo 3 anno 2006 pubblicato dalla Provincia di Perugia. In conseguenza di questo avviso En.A.I.P. Perugia e gli Istituti di Istruzione Scolastica IPSSAR di ASSISI, ISTITUTO D’ARTE “MAGNINI” di DERUTA, IPSIA “SALVATORELLI” di MARSCIANO, IPSIA “CIUFFELLI” di TODI, SCUOLA MEDIA INF. “COCCHIAOSTA” di TODI hanno presentato a valutazione e realizzato un progetto di attività denominato “PROGETTO OBIETTIVO INTEGRAZIONE - SCUOLA E FORMAZIONE PER UN PROGETTO DI VITA”. Il target di beneficiari cui il progetto, principalmente, si è rivolto è stato quello costituito da alunni certificati frequentanti le classi degli Istituti di Istruzione Superiore (presenti negli ambiti territoriali n. 3 (Comuni di: Assisi, Bastia, Bettona, Cannara, Valfabbrica); n. 4 (Comuni di: Todi, Collazzone, Deruta, Fratta Todina, Marsciano, Massa Martana, Monte Castello di Vibio, San Venanzo) che hanno manifestato interesse al progetto e inseriti in percorsi con obiettivi minimi o con obiettivi differenziati; inoltre sono stati coinvolti tutti gli alunni con situazioni evidenti di disagio scolastico e sociale e alunni con evidenti difficoltà di apprendimento dovute a cause sociali o altro. Anche negli anni passati alcuni percorsi, simili a quello qui presentato, hanno interessato e coinvolto (con risultati positivi anche come buone prassi) alunni degli Istituti di Istruzione Superiore della Provincia di Perugia senza portare, però, ad esiti riproducibili e/o riprodotti. Il Progetto Obiettivo Integrazione (POI) ha inteso rappresentare una fase iniziale di sperimentazione di un modello per un percorso di inte-
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Premessa
grazione scuola/formazione e di integrazione degli studenti disabili o comunque con difficoltà di apprendimento e di inserimento, da svolgere in stretta collaborazione con le istituzioni scolastiche. Il modello sperimentato potrà essere messo a punto e confermato nei prossimi anni scolastici, permettendo anche l’individuazione e lo sviluppo di ulteriori e/o differenti linee di finanziamento che ne permettano una prosecuzione nel tempo e che contribuiscano ad individuare e diffondere una serie di buone prassi di lavoro. La conferma della utilità delle azioni previste e svolte in questo progetto, viene dal confronto con Regioni quali l’Emilia Romagna, il Piemonte, il Veneto nelle quali progetti simili, attivati a livello provinciale, hanno visto un incremento costante del numero degli iscritti, durante il proseguire degli anni di realizzazione. Il progetto integrato Obiettivo Integrazione - Scuola e formazione: un progetto di vita, così come indicato dall’avviso pubblico della Provincia di Perugia, è stato strutturato in: - azioni di formazione dei formatori coinvolti nel progetto; - azioni di orientamento rivolte agli allievi delle scuole coinvolte; - azioni che prevedevano momenti formativi in gruppo con laboratori orientativi e formativi; - azioni che prevedevano momenti di tirocinio formativo in aziende del circondario; - azioni di sostegno alle famiglie degli allievi con difficoltà economiche; - azioni di informazione e coinvolgimento rivolte alle famiglie degli allievi iscritti presso gli Istituti Scolastici aderenti al progetto. L’intenzione è stata quella di integrare scuola e lavoro nell’esperienza formativa dei ragazzi disabili e comunque con difficoltà evidenti di apprendimento, prestando attenzione a favorire una loro maggiore integrazione nel tessuto scolastico, rispettando l’interesse e le esigenze della programmazione didattica. Ciò ha consentito di offrire, in parallelo al percorso scolastico, la possibilità della conoscenza di un altro sapere, fondato su una maggiore operatività ed orientato anche all’apprendere da queste esperienze, arricchendo l’allievo sia di un saper fare che di un sapere essere, utilizzabile in futuro anche in un possibile contesto lavorativo.
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Premessa
I percorsi attivati sono stati accompagnati (come era indicato nell’avviso pubblico) da una serie di azioni di supporto, di accompagnamento, di coordinamento ed organizzative che hanno costituito la cornice all’interno della quale è stata possibile l’attuazione del progetto. Queste varie fasi hanno esteso la complessità dell’intervento, ma contemporaneamente hanno restituito a questa complessità una integrazione coerente delle azioni. Gli interventi hanno perciò assunto una più ampia articolazione che: rende possibile seguire obiettivi e consolidare buone pratiche di lavoro, crea un forte coinvolgimento e collaborazione con e tra gli insegnanti di sostegno, apre il progetto all’esterno ed al territorio, realizza la trasmissione di informazioni tra scuole e classi, crea relazioni solidali tra compagni di scuola, sperimenta occasioni di apprendimento cooperativo, conferma la presenza di una idea forte che caratterizza le prassi. Il progetto così ideato e realizzato, pur mantenendo costanti gli aspetti fondanti, potrà essere aggiornato ed arricchito continuamente, a testimonianza delle potenzialità di crescita e coinvolgimento della iniziativa e di apertura e compartecipazione con le diverse realtà locali.
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Il percorso educativo-formativo ed i suoi presupposti
IL PERCORSO EDUCATIVO-FORMATIVO ED I SUOI PRESUPPOSTI Il punto di vista di Fulvia Neri e Maria Grazia Garavello* La proposta di un Progetto integrato tra scuola e formazione a vantaggio di alunni in situazione di disagio o handicap, finalizzata alla realizzazione di esperienze utili ad un futuro inserimento nel mondo del lavoro, è nata dopo un’attenta ricognizione delle risorse e della normativa nazionale e territoriale. Le Scuole Superiori sono necessariamente interessate ad individuare e utilizzare le opportunità che favoriscono l’inserimento lavorativo dei giovani, soprattutto di quei soggetti che presentano svantaggio per problematiche di tipo socio-culturale o altro, che incontrerebbero maggiori difficoltà se lasciati a se stessi; di contro la Formazione professionale offre in questo settore tutta la propria esperienza e la rete di appoggio logistico indispensabile sul territorio. Il Progetto nasce dall’esigenza di garantire a tutti gli allievi iscritti nelle scuole secondarie di secondo grado, ed in particolare agli studenti con deficit intellettivo che seguono una programmazione differenziata con obiettivi didattici non riconducibili a quelli previsti dai programmi ministeriali, la valorizzazione della persona “oltre” la scuola contemporaneamente allo sviluppo delle potenzialità relative all’apprendimento, alla comunicazione ed alla socializzazione. Infatti, la vita scolastica è significativa se considerata in una prospettiva sociale e professionale più ampia: l’esplicita e chiara progettazione di un percorso didattico e formativo-professionale personalizzato permette di guardare concretamente agli studenti come “adulti” proiettandoli in una possibile dimensione lavorativa. La proposta educativa ha permesso agli studenti partecipanti, con deficit intellettivo, di raggiungere una migliore preparazione teorico-disciplinare mediante esperienze anche di tipo professionale che potranno essere spese dai ragazzi sul mercato del lavoro, realizzate grazie al contributo di esperti formatori e di selezionate aziende del territorio. Il Progetto è stato realizzato, in ATS tra En.A.I.P. Perugia e gli Istituti di Istruzione Scolastica IPSSAR di ASSISI, ISTITUTO D’ARTE “MAGNINI” di DERUTA, IPSIA “SALVATORELLI” di MARSCIA-
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Il percorso educativo-formativo ed i suoi presupposti
NO, IPSIA “CIUFFELLI” di TODI, SCUOLA MEDIA INF. “COCCHI-AOSTA” di TODI, con modalità di tipo sperimentale ed assicurando la massima flessibilità proprio in accoglimento delle varie realtà scolastiche coinvolte e a vantaggio dei soggetti inseriti che presentavano esigenze varie, ma specifiche dalle quali non era possibile prescindere se non a scapito degli obiettivi stessi del Progetto.
* Fulvia Neri, Diploma I.S.E.F. e Master post laurea annuale in Didattica Generale, è Docente a tempo indeterminato Dotazione Organica di Sostegno (AD04). * Maria Grazia Garavello è docente con specializzazione polivalente nel sostegno area: AO3
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Il percorso educativo-formativo ed i suoi presupposti
ALLA BASE DEL PROGETTO SONO STATE CONSIDERATE LE GRANDI TEMATICHE PEDAGOGICHE DEL SAPERE, SAPER ESSERE E SAPER FARE COME SOMMARIAMENTE ESPLICITATO DI SEGUITO. ITER FORMATIVO SAPERE USARE COMPORTAMENTI RICHIESTI NEL CONTESTO LAVORATIVO UTILIZZANDO ADEGUATE REGOLE E STRUMENTI DI VERBALIZZAZIONE E COMUNICAZIONE, COMPRENDENDO ED APPLICANDO LE ISTRUZIONI CHE VENGONO PROPOSTE. GESTIRE CON SUFFICIENTE AUTONOMIA CIASCUNA DELLE OPERAZIONI E MANSIONI AFFIDATE PADRONEGGIANDO EVENTUALI CONFLITTI E REATTIVITÀ PERSONALI. ASSUMERE CON SUFFICIENTE FIDUCIA IL PROPRIO RUOLO IN UN CONTESTO NUOVO. CAPACITÀ DI INDIVIDUARE ED ORIENTARSI VERSO LE FIGURE DI RIFERIMENTO. SAPER FARE RISPONDERE IN MODO
SUFFICIENTE ALLE DOMANDE CHE VENGONO POSTE
NEL CONTESTO SCOLASTICO E LAVORATIVO DELLE VARIE TIPOLOGIE DI FIGURE.
SAPER ORGANIZZARE, NELL’AMBITO DELLE PROPRIE MODALITÀ DI RELAZIONE, LA COMUNICAZIONE VERBALE SEMPLICE E LE STRATEGIE DI BASE PER INTEGRARSI NEL CONTESTO.
SAPER ESSERE ESSERE CONSAPEVOLE
DEL PROPRIO RUOLO IDENTIFICANDOLO NEL CONTE-
STO SCOLASTICO E LAVORATIVO.
SAPER
INFORMARSI E DARE INFORMAZIONI QUANDO È NECESSARIO, DIMO-
STRANDO DI RICONOSCERE E DI ADEGUARSI ALLE REGOLE DEL CONTESTO CON SUFFICIENTE AUTORGANIZZAZIONE.
SAPERSI RELAZIONARE CON GLI ALTRI, SPECIALMENTE NEI CONTESTI NUOVI, CON SUFFICIENTE EQUILIBRIO, GESTENDO EVENTUALI CONFLITTI E PAURE.
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La formazione dei formatori
LA FORMAZIONE DEI FORMATORI Il confronto con altre esperienze e gli aspetti di collegamento con il territorio nell’azione di formazione-formatori Le azioni di formazione breve per docenti ed operatori, sono state indirizzate al potenziamento delle competenze metodologiche necessarie ad affrontare, in modo integrato, ogni circostanza relativa all’inserimento scolastico e sociale di alunni con disagio e/o con difficoltà evidenti di apprendimento. La possibilità di partecipare ad una formazione specifica, impostata sugli ambiti di impegno del progetto stesso, è stata un’occasione estremamente utile per tutti coloro che ne hanno fruito ed è stato notevole lo sforzo attuato da tutti i soggetti coinvolti per riuscire a coordinare i tempi di partecipazione con le altre azioni progettuali: il tutto in favore dei ragazzi e del sereno svolgimento del progetto, affinché non si verificassero problemi. L’équipe di lavoro è stata coordinata dall’Ente di formazione che ha stabilito una forte coesione tra i sistemi formativi ed i settori di provenienza degli operatori coinvolti nell’ambito del progetto stesso: scuola, formazione, mondo del lavoro, includendo anche l’ambito territoriale, al fine di uniformare e condividere le tematiche psico-pedagogichedidattiche poste alla base delle azioni progettuali. Gli incontri, realizzati per 40 ore di formazione, hanno interessato i docenti referenti degli Istituti Superiori coinvolti, gli esperti orientatori e gli esperti dei laboratori attivati: un gruppo eterogeneo per formazione ma ben motivato ad incentrare la propria attenzione su quegli aspetti fondamentali, relativi ai bisogni ed agli specifici obiettivi individuali, che devono essere considerati con la massima attenzione quando si lavora con e per soggetti svantaggiati. I docenti del corso hanno proposto lezioni interattive e coinvolgenti, che hanno contribuito ad arricchire le competenze professionali dei formatori e, grazie anche al confronto costante ed agli spunti proposti da alcune esperienze esaminate, valide e consolidate, è stato possibile ampliare l’ottica di realizzazione delle varie fasi del progetto durante il suo sviluppo. Di particolare interesse sono stati gli approfondimenti relativi alle esperienze progettuali già realizzate in altre regioni e quel-
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La formazione dei formatori
li relativi alla normativa vigente sull’obbligo scolastico-formativo e sulle modalità di accesso all’inserimento lavorativo, messe in atto nella regione Umbria, di fondamentale importanza per coadiuvare i ragazzi in situazione di svantaggio in un possibile percorso di inserimento sociale e professionale. Quanto appreso, nell’ambito delle diverse tematiche trattate in fase di formazione teorica, è stato discusso ed elaborato con attenzione dal gruppo di progetto, che ha potuto avvalersi delle riflessioni collegiali per ricercare ulteriori metodologie e strategie pedagogiche didattiche da applicare nel campo della formazione per studenti ed adulti.
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La formazione dei formatori
Il punto di vista di Valeria BUTTARINI, formatrice* All’interno del progetto “OBIETTIVO INTEGRAZIONE” il tema che mi è stato affidato riguardava l’inserimento lavorativo degli alunni in situazioni di disagio scolastico e sociale. L’obiettivo preposto era quello di illustrare ai destinatari (Docenti delle Scuole Medie Superiori, aderenti al progetto ed afferenti agli ambiti Territoriali n. 3 e 4 e formatori ed esperti coinvolti nella realizzazione del Progetto), la normativa vigente ed i servizi territoriali presenti in merito alla costruzione di progetti d’accompagnamento al lavoro per soggetti svantaggiati in generale e, nello specifico, per studenti disabili o a rischio d’esclusione sociale. L’unico incontro effettuato è stato e voleva essere, vista la complessità dell’argomento, una formazione partecipata e molto pratica, uno scambio di informazioni su leggi, procedure e metodologie che potessero avere una ricaduta sul piano operativo, quando mondi così diversi come scuola, lavoro e disagio si incontrano. L’accompagnamento al lavoro e l’inserimento lavorativo, spesso confusi o considerati sinonimi, coinvolgono, in modo trasversale, settori, attori e servizi molto differenti tra loro e sapere chi fa che cosa ed in quale modo permette di muoversi e collaborare risparmiando tempo ed energie, di integrarsi nel rispetto di ruoli e competenze per ottimizzare o, comunque, migliorare processi e risultati. Credo, poi, che momenti seminariali che costituiscono, come in questo caso, sede di incontro tra più soggetti che rappresentano, anche, realtà territoriali differenti permettano un arricchimento personale e di sistema; siano occasione di confronto, verifica, e crescita; la “famigerata” rete si allarga, si rafforza ed acquisisce sapere e senso.
* Valeria Buttarini, laureata in Scienze Politiche presso l’Università di Perugia è sociolavoratore della Cooperativa Sociale A.S.A.D. e si occupa di mediazione lavorativa per fasce deboli per i Comuni dell’Ambito Territoriale n. 1 (Città di Castello, Citerna, Monte Santa Maria Tiberina, Montone, Pietralunga) all’interno del servizio sociale S.A.L. (Servizio Accompagnamento al Lavoro).
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La formazione dei formatori
Il punto di vista di Loana MOCCIA, formatrice* Parlare di “progettualità e progetti”,“buone prassi e metodologie” “successo o insuccesso di un’azione” non può essere fatto al di fuori di una minima, ma essenziale conoscenza del contesto complessivo dove “l’azione oggetto di studio” si è verificata. L’ambiente, inteso non solo come territorio geografico (che comunque è importante), ma soprattutto come politico, sociale, culturale, economico di fatto è l’elemento che “discrimina” la riuscita o meno del progetto stesso. Molte volte mi è capitato di verificare come progetti molto ben strutturati e di fatto funzionanti in un dato territorio, trasferiti in altri luoghi senza tener conto del “luogo nuovo” (e quindi senza presupporre una ri-progettazione mirata) hanno perso efficacia. Gli incontri avuti con un piccolo gruppo di docenti, formatori, psicologi, atelieristi all’interno del progetto Obiettivo Integrazione-Scuola e formazione: un progetto di vita sono stati improntati a “uno scambio” di “vissuti” che ognuno di noi portava sul tema della disabilità e del disagio scolastico. Ognuno di noi come singolo e come appartenente a una comunità di cui era in quel contesto rappresentante. Il tempo è stato poco, non ci ha permesso di dilungarci troppo sul “contesto territoriale” dove il nostro “vissuto” si è esplicato; questo in parte ci ha penalizzato; eravamo troppo impegnati a “ fare scorta” di esperienze”. Proviamo ora a rimediare. (I dati e i commenti in corsivo sono tratti dalla terza edizione del Rapporto regionale sul sistema educativo (di istruzione e di formazione) dell’Emilia-Romagna redatto dall’Ufficio Scolastico Regionale, che ne è il promotore, dall’IRRE E-R e della Regione Emilia-Romagna, anno 2008) Scuola, fattore di coesione sociale La tesi interpretativa che azzardiamo è semplice: il sistema educativo regionale, con i suoi tradizionali valori (in fatto di scuole dell’infanzia, di tempo pieno, di integrazione dell’handicap, di istituti secondari solidi e dinamici), con il suo tessuto di autonomie locali, che aiuta e sollecita fortemente il mondo della scuola (al limite dell’intrusione, ma “generoso” nell’erogare risorse, visto che Comuni e Province sono ai primi posti per quote di bilancio riversate sul settore educativo) è ancora percepito come fattore decisivo di “qualità sociale”, elemento
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La formazione dei formatori
portante di quel capitale sociale “diffuso” che caratterizza tutte le province dell’Emilia-Romagna. È emblematico che in recenti ricerche sul “capitale sociale” (connotato dalla capacità di valorizzare intelligenza, talenti, competenze, a partire dalle reti di relazione; dal buon funzionamento di servizi, istituzioni, imprese; dalla propensione alla solidarietà, all’impegno gratuito, ma anche alla competizione; dalla condivisione di valori e di regole all’investimento verso il futuro…) tutte le 9 province della regione siano comprese nel range delle prime 15 province italiane. I numeri della scuola emiliano-romagnola sono imponenti: nell’anno scolastico 2007/2008 oltre 540.000 allievi, dai 3 ai 19 anni, frequentano le istituzioni scolastiche statali e paritarie della regione (un abitante su 8 della regione si trova nella condizione di studente). A questo dato, che si riferisce al sistema di istruzione, inteso in senso restrittivo si devono poi aggiungere altre aree, come i servizi educativi per la
prima infanzia (0-3 anni) e il sistema della formazione professionale (con circa 90.000 allievi). I dati analizzati in prospettiva storica confermano il trend che vede l’espansione dei licei(che salgono dal 31,7% del 2001-02 al 36,4% del 2006-07) a scapito sostanzialmente degli istituti tecnici (che nel medesimo periodo scendono dal 40,1% al 36,5%). Un confronto con i dati nazionali indica in regione una presenza inferiore dei licei e superiore per gli istituti tecnici, i professionali e gli artistici. Qui la scuola superiore è meno licealizzata che altrove, a testimonianza di un legame incisivo con il tessuto economico e produttivo. Il sistema della formazione professionale in Emilia Romagna è parte integrata dell’offerta scolastica formativa in quanto fortemente legato, se non a volte inglobato (progetti integrati nella scuola superiore), con la scuola stessa. La formazione professionale risponde in primis al soddisfacimento dei bisogni di inclusione sociale e lavorativa per tutti quei ragazzi in dispersione (parziale o totale) scolastica. La presenza degli alunni “stranieri” tende ad aumentare mediamente del 20% ogni anno scolastico, anche per il fatto che un quarto della popolazione immigrata è minorenne. L’incidenza è ormai superiore al 10% sull’intera popolazione scolastica, un dato che in termini relativi pone l’Emilia-Romagna al primo posto in Italia, dove il dato si assesta sul 4,8%. 19
La formazione dei formatori
La presenza degli allievi disabili nella scuola di tutti tende ad aumentare nel corso degli ultimi anni (dall’1,95% del 2001-02 al 2,3% del 2006-07), con una forte espansione nella scuola secondaria superiore. I dati regionali rispecchiano quelli nazionali, con un’incidenza che tende ad avvicinare le province (ma si va ancora dall’1,9% di Modena e Forlì-Cesena al 2,6% di Reggio Emilia, Piacenza e Ferrara). I dati per livello scolastico confermano la valenza “culturale” del fenomeno, testimoniato dall’incremento diacronico delle certificazioni (dall’1,2% della scuola dell’infanzia al 3,3% della scuola media). La partecipazione degli allievi disabili alle attività scolastiche rappresenta certamente un indicatore di inclusività del sistema educativo, cioè della sua capacità di accogliere ed integrare in un progetto comune allievi con bisogni educativi speciali. Si può affermare che la presenza di allievi in situazione di handicap sia in stretta relazione con le (diverse) pratiche certificative dei tecnici delle ASL e con le (diverse) aspettative delle scuole. Che la “registrazione”dello stato di handicap assuma una connotazione culturale è dimostrato dalla incidenza minima del fenomeno nella scuola dell’infanzia (solo 1,2% di certificati), anche per una maggiore facilità di integrazione nella vita ‘multisensoriale e percettiva’ di una sezione di bambini molto piccoli: dopo, evidentemente, le richieste cognitive fanno evidenziare gli stati di difficoltà. Molti progetti per questa fascia di utenza vede la collaborazione del sistema della formazione professionale non solo con l’inserimento all’interno dei suoi percorsi di alunne/i disabili, ma soprattutto attraverso progetti mirati di inclusione sociale, di approccio al mondo del lavoro e soprattutto nella costruzione in itinere di un “progetto di vita” che va oltre la scuola superiore (ad esempio il Progetto primi passi verso l’inculsione sociale, progetto IntegrAbili di cui abbiamo accennato durante il nostro breve incontro) poiché il vero problema di inclusione del disabile sta nella creazione di “reali” spazi in cui collocarsi dopo l’uscita dalla scuola superiore. L’indice di regolarità o anticipo rispetto all’età anagrafica nella frequenza delle diverse classi scolastiche (e, per converso, l’indice di ritardo) consente di analizzare uno degli aspetti più significativi dei processi di scolarizzazione, quasi determinando un indice di “produttività culturale” della scuola. La percentuale di studenti in ritardo si
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appesantisce nel passaggio da un livello scolastico all’altro: risulta assai contenuto al termine della scuola primaria (5,1%), tende ad aumentare alla fine della scuola media (12,1%) ed esplode al termine della secondaria superiore (25,2%). La questione dei “debiti”, recentemente rilanciata con l’emanazione del DM 80/07 che introduce modalità rigorose di accertamento del loro recupero, rappresenta senza dubbio un indicatore sensibile dello stato di salute della scuola, del significato non formale del concetto di “successo formativo”, delle ambiguità di una malintesa didattica inclusiva. Eppure i dati parlano molto chiaro: oltre il 40% degli allievi delle scuole superiori della regione sono promossi con “debiti formativi”. Il dato rispecchia una gerarchia di valori ormai ingessata (con i professionali all’apice dei debiti ed i licei con la quota più bassa), che ritorna in molte ricerche sull’insuccesso scolastico. La dinamica delle ripetenze rispecchia l’andamento di altri fenomeni connessi al tema dell’insuccesso formativo (abbandoni, regolarità, debiti formativi), con una percentuale di ripetenti contenuta nella scuola secondaria di I° grado che “esplode” nel passaggio alla scuola secondaria superiore. Il dato è particolarmente acuto nelle prime due classi delle superiori, quelle oggi interessate all’estensione dell’obbligo di istruzione fino a 16 anni, ove la quota di ripetenti indica una doppia difficoltà: per gli studenti e per la scuola. Anche la stratificazione delle ripetenze per femmine e maschi (questi ultimi sono i più penalizzati) e per tipologie di istituto (o i professionali mostrano la maggiore area di disagio), rispecchia vizi e virtù del nostro sistema scolastico, in un mix ove si intrecciano condizioni socio-culturali degli studenti, aspettative dei genitori e della società, caratteristiche e tradizioni delle diverse tipologie di scuola superiore. In una condizione economica che permette un livello di benessere medio ed uno standard di qualità della vita piuttosto alto in un cotesto territoriale dove la situazione occupazionale comincia a rilevare qualche difficoltà ( pur mantenendosi generalmente buona), l’istituzione scolastica comincia a mostrare alcuni cedimenti e difficoltà nel gestire i cambiamenti che l’attraversano che si traduce in un aumento del tasso di dispersione scolastica/formativa ed in particolare modo di utenti stranieri. La scuola regionale è investita in questi anni da fenomeni crescenti di disagio scolastico, di falli-
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menti non solo sul risultato, ma addirittura sul percorso formativo: molti studenti pur andando a scuola di fatto non partecipano alla vita scolastica in quanto se pur presenti sono isolati ed esclusi da ogni apprendiment didattico, ma anche valoriale ed educativo. Il tema della dispersione scolastica/formativa non è certo una unicità del territorio reggiano, ma investe sia il territorio regionale che il territorio nazionale, in questa ottica l’operare e lo sperimentare nuove metodologie didattiche non può quindi circoscriversi a un singolo territorio, ma occorre che sia inserito in un contesto molto più ampio. Per questo motivo diventa necessario per i soggetti operanti perseguire una logica di rete sociale che vede connessioni tra operatori di diversi sistemi non solo a livello locale, ma sicuramente regionale e perché no nazionale. Alcuni nostri progetti (in particolare il Progetto Icaro...ma non troppo attivato in due province) hanno abbracciato questa logica associandosi ad altre équipes facenti parte delle scuole di seconda occasione presenti sul territorio nazionale attraverso l’adesione a una rete territoriale comprendente le province di Torino, Trento, Verona, Reggio Emilia, Roma, Napoli. Questa rete si pone strumento attraverso il quale i soggetti titolari di esperienze di seconda occasione intendono perseguire scopi comuni tra i quali lo studio analitico delle esperienze condotte nelle 6 città al fine di comprendere a fondo l’identità di un’offerta formativa di questo tipo. Molti progetti riferiti ai soggetti portatori di handicap e di contrasto alla dispersione sociale e scolastica vedono coinvolti in un sistema di rete il sistema della formazione professionale, la scuola, il sistema produttivo locale, i servizi socio-sanitari ed assistenziali, oltre naturalmente il sistema politico. La realizzazione di progetti in partenariato, in grado di promuovere modalità innovative di intervento e partecipazione, ha qualificato e arricchito l’offerta del sistema scolastico regionale, grazie alla collaborazione interistituzionale sia in linea, diciamo così, verticale, tra i diversi livelli di governo, sia in linea orizzontale, come documentano i numerosi accordi di rete tra scuole o enti locali. Un sistema dunque qualificato, ma che tiene solo se c’è la consapevolezza che la governance, pur nel rispetto delle diverse competenze, deve continuare ad essere il frutto di un confronto, partecipato ed interistituzionale, e di analisi condivise. Come Regione, intendiamo pertanto proseguire nel
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La formazione dei formatori
sostegno a processi di autogoverno e autonomia, nelle sedi di concertazione e con gli strumenti definiti dalla legislazione vigente, ma è urgente anche la piena attuazione di quanto previsto dal Titolo V, attribuendo ai territori le competenze e le risorse necessarie a fronteggiare direttamente le continue sfide poste dall’evolversi sociale. I monitoraggi sul funzionamento delle scuole rivelano il notevole dinamismo del fenomeno reti sociali. In Emilia-Romagna sono stati censiti oltre 500 accordi di rete promossi dalle scuole (quasi il 50% di questi coinvolge anche gli Enti locali). L’incremento è stato assai rapido, la stessa Amministrazione scolastica è impegnata nella stipula di accordi interistituzionali (con la Regione, gli Enti locali, le Università, le istituzioni scientifiche e culturali), attraverso varie forme negoziali: protocolli di intesa, accordi di programma, convenzioni, ecc. Un archivio regionale, certamente incompleto, ne conta oltre 70 di livello regionale e circa 90 di carattere provinciale, ma la cultura di rete è ancora fragile. Gli accordi di rete ci sono, ma non investono ancora le questioni centrali del funzionamento delle scuole (curriculum, valutazione, progettazione), perchè si rivolgono in prevalenza alle aree di sofferenza o di emergenza (handicap, disagio, stranieri). Facciamo alcuni esempi: 1. I percorsi integrati nel triennio della scuola superiore sono: * il frutto del Protocollo d’intesa stipulato da Stato e Regioni nel giugno 2003, in sintonia con la legge regionale 12/2003 e con i successivi accordi con il Ministero della P.I. (ambito politico nazionale e regionale), * il frutto di concertazione politica tra Regione e Province attraverso un tavolo tecnico non solo economico ma progettuale, * il frutto di una co-progettazione e co-conduzione tra scuola, formazione professionale, territorio (produttivo e sociale) attraverso la stipula di protocolli locali. 2. Progetti rivolti ad utenza disabile e a soggetti in dispersione scolastica vedono coinvolti in protocolli di rete * Ufficio Scolastico Regionale e Regione Emilia Romagna * Ufficio Scolastico Provinciale e Province * Servizi sociali e sanitari * Scuola e Formazione * Associazione dei Genitori * Sistema produttivo locale 23
La formazione dei formatori
I presupposti che in un territorio si operi attraverso la logica della “rete sociale” oppure attraverso la logica del “singolo progetto” è stato di fatto il tema centrale degli incontri svolti con gli operatori presenti. Entrambe le logiche hanno pregi e difetti, ma diventa fondamentale per l’operatore stesso sapere quale è la logica dominante in quanto tutta la sua azione ne è fortemente condizionata. Costruire un progetto non per il singolo, ma per un sistema è cosa molto più complessa e non può essere demandata a dei singoli operatori, ma deve far parte di un disegno innanzitutto politico di un territorio; che vuol dire poi il rimando all’operatore che il “problema di cui si sta occupando attraverso il progetto “non è un “suo problema”, ma è parte di una problematicità territoriale, quindi non è solo, ma fa parte di un sistema.
* Loana Moccia, opera presso il Centro di formazione Professionale “Fondazione En.A.I.P Don G. Magnani di Reggio Emilia”. È Coordinatore e Responsabile di area settore orientamento, giovani e rapporti con il sistema scolastico formativo; Esperto di Processi di Valutazione per la certificazione di qualifiche professionali per la Regione Emilia Romagna.
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I laboratori: le arti espressive come strumento di ricerca personale
I LABORATORI LE ARTI ESPRESSIVE COME STRUMENTO DI RICERCA PERSONALE Il punto di vista di Sabrina Panzieri, esperta di settore* Il progetto “POI”, con l’attività che si è svolta nelle Scuole; IPSSAR di Assisi e l’Istituto d’Arte di Deruta, mi ha messo in contatto con il mondo dei giovani studenti, anche in condizioni svantaggiate. La mia attenzione professionale si è rivolta a loro con una formazione per individuare le potenzialità di sviluppo presenti in ogni soggetto anche in quelli diversamente abili, al fine di trasferire ai soggetti in questione tecniche e metodi nei settori dei vari laboratori artigianali. I corsi di ceramica, carta pesta e midollino, da me tenuti, hanno utilizzato sia la metodologia della formazione d’aula (lezioni teoriche frontali) che quella dei laboratori pratici necessari per facilitare l’acquisizione delle varie tecniche al fine di trasferire le abilità acquisite sia ad allievi normali che con diverse disabilità. Mi prefiggevo come fine anche l’implementazione delle competenze trasversali: gestione delle dinamiche di gruppo, problem-solving, capacità comunicative, gestione di situazioni problematiche. Oltre alle materie oggetto del corso, ho cercato d’implementare l’approfondimento di materie fondamentali per costruire un rapporto significativo con persone normodotate e disabili attraverso l’acquisizione di competenze tecnico-operative, ma anche dell’integrazione che ho notato essere già presente nelle classi che mi sono state affidate. Sia per le attività, che per i metodi, l’innovazione e la sperimentalità garantite dall’approccio, teso all’insegnamento dell’osservazione e quantificazione dei livelli di iniziativa e capacità procedurale che i giovani delle varie classi hanno raggiunto spontaneamente, i corsi hanno permesso di costruire un lavoro per obiettivi emergenti che ha consentito di organizzare la quotidianità in funzione dei rapporti fra i giovani studenti che si trovano in situazioni con bisogni diversi, ma legati da un processo di crescita comune e la loro necessità di integrazione. Si è cercato di facilitare negli allievi l’emersione delle capacità espressivo-creative, appoggiandosi su tecniche artistiche, per permettere loro di padroneggiare con efficacia e competenza quello che vedevano com-
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parire davanti ai loro occhi attraverso l’uso delle proprie mani. È stato possibile, nella relazione con i discenti, inclusi i disabili, di essere il tramite fra le conoscenze teorico-pratiche e gli allievi stessi, anche al fine di una futura integrazione nel mondo del lavoro. Sono state applicate e messe in pratica le conoscenze acquisite nella didattica speciale, nelle metodologie d’insegnamento e nella dinamica delle relazioni inter-gruppo maturate nelle attività di Educazione di soggetti disabili. L’intervento formativo è stato improntato ad approcci metodologici che, oltre a tenere adeguatamente conto della particolare categoria di destinatari, erano volti alla massima corrispondenza biunivoca fra discenti ed allievi (massima limitazione dei tempi della lezione frontale), nonché alla possibilità di relative destrutturazioni del percorso formativo, lasciando cioè agli allievi la possibilità di intervenire durante le lezioni con una certa libertà per approfondimenti e digressioni di interesse specifico. Inoltre, è stato lasciato ampio spazio alla dimensione esperienziale dell’imparare facendo, mantenendo un’adeguata contestualizzazione rispetto ad un’ampia componente di formazione pratica, sviluppata con la formazione specifica. Le complessive attività corsuali sono state improntate utilizzando gli approcci metodologici maggiormente caratterizzanti la tecnica del lavorare insieme, alla cui insegna è stato elaborato l’intervento: in particolare, il lavoro in comune, con il suo corollario della strategia delle connessioni, della partecipazione, della ricerca-intervento, vale a dire della strategia di sviluppo continuo, ha dato l’input a nuove progettualità a partire dalla valutazione di quelle poche conoscenze che gli allievi avevano in questi settori (ceramica, midollino e carta pesta). I discenti hanno realizzato prodotti finiti utilizzando diverse tecniche nell’ambito del piccolo artigianato, così l’attività formativa ha facilitato l’accesso a diverse competenze e ha permesso lo sviluppo di competenze cognitive quali: il memorizzare correttamente le diverse fasi del lavoro, saper discriminare le diverse attività associando materiali ed utensili, sapersi orientare al compito e sviluppare abilità di problem solving, riconoscere forme e incrementare la creatività.
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Nell’intreccio del midollino gli allievi hanno memorizzato ed eseguito correttamente le varie fasi per la realizzazione di un oggetto usando la tecnica dell’intreccio del midollino, utilizzando basi in legno, dapprima con fittori fissi (incollati alla base), per poi passare a basi con fittori mobili. Nella Ceramica i discenti hanno eseguito correttamente le varie fasi per realizzare oggetti con supporto, senza supporto, ciotole con la tecnica del colombino, lastre e decorazione, decoupage. Con i Fiori di carta hanno memorizzato ed eseguito correttamente le varie fasi per la costruzione di vari fiori con la tecnica della carta crespa ed hanno acquisito le tecniche di base per saper realizzare un album da foto, carta da lettere, sacchetti, biglietti da visita/d’auguri, etc... . Per verificare gli obiettivi raggiunti sono stati utilizzati degli indicatori oggettivi (iniziativa, procedura e costanza). La soddisfazione finale si è avuta nel vedere esposti molti degli oggetti realizzati dagli stupendi allievi che hanno partecipato alle attività, nella sala congressuale di Marsciano, nella quale si è svolto il convegno finale del progetto POI.
* Sabrina Panzieri è Educatore e Tutor a soggetti ciechi pluriminorati.
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Il punto di vista di Nadia Franceschelli, insegnante* L’Istituto scolastico presso il quale opero come insegnante (IPSSAR di Assisi), conta al suo interno un considerevole numero di alunni con disabilità psichiche di varia entità. Il Consiglio di Istituto ha scelto di aderire al Progetto “POI” rivolgendo le attività previste, in particolare, ai ragazzi con P.E.I. differenziato, in quanto le difficoltà organizzative, legate soprattutto alla rigidità dell’orario dei laboratori (sala-bar, cucina, ricevimento) e alla dislocazione della scuola in tre sedi differenti, non hanno reso possibile la condivisione delle attività con i vari gruppi classe, come prevedeva la stesura iniziale del progetto. Se all’inizio questo sembrava potesse rappresentare un limite al raggiungimento della finalità ultima, l’integrazione dei ragazzi disabili appunto, in realtà ha permesso, da parte dei docenti di sostegno coinvolti, di offrire ai propri alunni l’opportunità di avvicinarsi ad altre attività, al di là di quelle proposte dalla scuola, di carattere operativo e non solo, cercando comunque, per quanto possibile, di ricondurre l’operato ai temi propri dell’indirizzo di studio, legati al contesto della ristorazione. Lavorare in modo più individualizzato e accurato ha consentito inoltre ai ragazzi di mirare all’acquisizione di una migliore manualità e di una maggiore autonomia nella gestione degli strumenti, eventualmente spendibili anche in futuri contesti extrascolastici e/o lavorativi. Per quanto riguarda il laboratorio di arti espressive, sono state proposte ai ragazzi varie attività: lavorazione della creta con produzione di piatti e vasellame di vario genere, decoupage, manipolazione di diversi tipi di carta e realizzazione di decorazioni floreali, colorazione a tempera di una tovaglia con la tecnica degli stampi. Tutti i prodotti sono stati poi utilizzati per l’allestimento e l’apparecchiatura di un tavolo nella sala ristorante della scuola. Questo tipo di laboratorio è stato in assoluto il più frequentato dai ragazzi. Il livello di interesse e di gradimento è stato alto e i risultati soddisfacenti, nonostante il rapporto tra il lavoro programmato e i tempi di realizzazione non sia stato sempre ottimale. * Nadia Franceschelli è insegnante di Sostegno nella Sc. sec. di II°grado (AD02).
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L’esperienza del “teatro comunità”, un tentativo di laboratorio scolastico
L’ESPERIENZA DEL “TEATRO COMUNITÀ”, UN TENTATIVO DI LABORATORIO SCOLASTICO
Il punto di vista di Roberto Biselli, esperto di settore* Il Laboratorio teatrale scolastico è una fucina di stimoli straordinari: costringe ad essere allenati a parlare un linguaggio moderno, che in qualche maniera riesca a travalicare consuetudini e classicità. Senza dubbio fare teatro ha delle regole che devono essere utilizzate, superate, per poi inventarne delle altre, ma la cosa fondamentale è che la persona, il ragazzo, la ragazza, per meglio dire gli studenti, che fa e che fanno questa esperienza la facciano da buon essere umano. All’interno del laboratorio si cerca di dare agli studenti tutta una serie di puntelli tecnici e di strutture che permettano loro di riversare nel ruolo, nel personaggio, tutto il loro universo; si cerca di offrire loro delle “regole” che gli permettano di essere originali nell’espressione e nella comunicazione, per non “recitare” imitando modelli precostituiti, per essere principalmente se stessi, capaci di comunicare in maniera intensa ed emozionante, non tradendo la propria originalità e la propria unicità. Il compito più importante, lo ripetiamo ormai da anni, non è quello di diventare “attori”, ma di imparare a comunicare con quello che sono, di mettere in profonda relazione il sé con gli altri; solo così il teatro a scuola diventa un luogo di sperimentazione dove costruire con creatività. Training fisico e vocale, giochi di relazione espressiva e di improvvisazione teatrale, relazione tra musica e movimento, relazione con lo spazio, scoperta della propria potenzialità comunicativa, parola come corpo-voce, testi e concetti che si potenziano tramite acquisizioni di nuove consapevolezze individuali e collettive: un tempo-scuola che si arricchisce di funzionali elementi di apprendimento e di formazione per un’educazione contemporanea, efficace e significativa, valida a pieno titolo anche nell’era di Internet. L’attività teatrale, all’interno del Laboratorio scolastico, che può avere la durata anche di alcuni mesi, a seconda delle esigenze delle varie scuole interessate, con uno o due incontri settimanali di due o di tre ore,
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partirà dal fatto di tenere sempre in equilibrio l’intento pedagogico con quello teatrale-artistico; è importante privilegiare l’aspetto esistenziale, stimolando negli studenti la ricerca della propria originalità; si tratta di attivare una sorta di ricerca esistenziale, ma anche attraverso il “gioco scenico” e il divertimento, caratteristiche proprie di un laboratorio a scuola: gli studenti non dovranno solo pronunciare delle “battute” o interpretare dei personaggi ma dovranno fare un’operazione ben più interessante, perché inizieranno a lavorare sul senso profondo della relazione con se stessi. È così che si arriva a scoprire delle “novità, come quella del “trovarsi” anche attraverso il linguaggio del proprio corpo: ciò aiuta a sciogliere intime tensioni e, per di più, arrivarci insieme ad altri coetanei è, alla fine, un’esperienza straordinaria. Il lavoro drammaturgico di lettura, analisi e rielaborazione di testi teatrali o letterari occupa un ruolo molto importante all’interno del Laboratorio scolastico che proponiamo, anche in collaborazione, naturalmente, degli insegnanti che, all’interno di questo lavoro, diventano anch’essi protagonisti e dividono le loro idee con i ragazzi.
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STRUTTURA DEL LABORATORIO TEATRALE L’attività viene sempre divisa in due parti la prima, di carattere propedeutico, tende all’acquisizione basilare delle tecniche di comunicazione e del linguaggio teatrale: voce, parola recitata, corpo, gesto, attività gestuale e corporea, interazione con lo spazio, interazione tra musica e movimento (la musica, a tal proposito, è un elemento fondamentale che mira a realizzare l’armonia dell’intero gruppo dal punto di vista espressivo, ma anche dal punto di vista esistenziale); la seconda parte verte sul lavoro vero e proprio, derivante da tematiche scelte anche con l’aiuto degli insegnanti e poi una terza parte, climax dell’esperienza, che è la preparazione, l’allestimento e la presentazione al pubblico del saggio spettacolo finale. Una parte importantissima occupa il laboratorio propedeutico, perché aiuta a recuperare il proprio corpo come mezzo di comunicazione e porta a comprendere che è estremamente espressivo, spesso più del parlare e che si tratta di un linguaggio assolutamente naturale ed istintivo poiché ci appartiene fin dalla nascita e che abbiamo dimenticato nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza ed è ovvio che tale consapevolezza aiuti i ragazzi a crescere. Nella preparazione del saggio spettacolo finale è interessante vedere la trasformazione dei ragazzi protagonisti dell’esperienza: scelgono e incarnano ognuno un ruolo con l’aiuto del formatore-regista, naturalmente, appropriandosene e incarnando ognuno un ruolo preciso e limitandolo attraverso un percorso del tutto proprio, individuale; passo dopo passo i giovani interpreti fanno crescere tutti i loro personaggi attraverso un’opera quasi “demiurgica”: qualcuno lavorerà per sottrazione, spegnendo la voce e il gesto, qualche altro aggiungerà toni e tic anche appositamente studiati, quelli più esperti affineranno maggiormente la tecnica interpretativa acquisita. Ognuno, insomma, cercherà in sé forza d’interpretazione, fedele ad una delle “regole” impartite dal Teatro di Sacco all’interno dei propri laboratori: quella di cercare di essere, prima che “attori”, soprattutto se stessi. Lo strumento interessante per l’attività laboratoriale è la musica (interazione tra musica, parola e movimento), perché permette il completo abbandono dei ragazzi partecipanti, un veicolo formidabile di emozio-
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ni, non strettamente legate ad un processo razionale; la musica ha anche una sorta di “funzione terapeutica” con i ragazzi, perché nel laboratorio teatrale essa ha il compito di far venir fuori il vero “sé” dei partecipanti, si entra in relazione e in aggregazione con gli altri attraverso una specie di flusso energetico che permette l’atto liberatorio.
* Roberto Biselli è attore, regista, direttore artistico del Teatro di Sacco di Perugia: si è diplomato attore nel 1979 alla “Bottega Teatrale” di Firenze, avendo quali insegnanti personaggi come Vittorio Gassman, Orazio Costa, Giorgio Albertazzi, Anthony Quinn, Gigi Proietti. Ha seguito inoltre numerosi stage, seminari, laboratori sulla formazione come regista, attore e pedagogo teatrale tenuti fra gli altri da: J. Grotowsky, E. Barba, D. Fo, M. Castri, L. Ronconi, M. Fabbri, A. Vassiliev, N. Karpov, J. Alshutz, P. Brook, M. Dioumme, Y. Oida, R. Giordano, D. Manfredini, L. Raschak, C. Herrendorf, G. Scabia. Dopo aver lavorato, tra gli altri, con Giorgio Albertazzi, Maurizio Scaparro, Gigi Proietti, Pino Micol, Carlo Quartucci è divenuto egli stesso regista, allestendo con il Teatro di Sacco oltre 50 spettacoli.
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L’esperienza del “teatro comunità”, un tentativo di laboratorio scolastico
Il punto di vista di Paola Pagliacci, insegnante* L’attività del laboratorio formativo “Teatro di comunità per costruire un ruolo attivo nella cittadinanza”, realizzato all’interno del progetto “POI”, ha visto coinvolto il gruppo-classe II A dell’Istituto Statale d’Arte “Alpinolo Magnini” di Deruta, all’interno del quale sono presenti due ragazzi con disabilità. Tale azione è stata svolta nel tentativo di superare problemi di carattere relazionale e conflitti interpersonali evidenziati già dal primo anno scolastico. La gestione delle diversità, in coerenza con una logica di integrazione e di inclusione formativa, ci ha portato a proporre la pratica didattica differenziata del laboratorio, considerato come spazio libero e scarsamente strutturato all’interno del quale si possono adottare modalità di insegnamento-apprendimento alternative. Il laboratorio ha offerto ai ragazzi la possibilità di essere autentici nell’espressione e nella comunicazione, per essere se stessi, capaci di comunicare in modo attivo, intenso ed emozionante senza tradire la propria originalità e unicità. Attraverso l’acquisizione basilare delle tecniche di comunicazione e del linguaggio teatrale espresse con training fisico e vocale, giochi di relazione espressiva, relazione tra musica e movimento, interazione con lo spazio tutti i ragazzi sono stati aiutati a recuperare il proprio corpo come mezzo di comunicazione, a interagire in forma positiva con l’altro diverso da sé e preparati ad affrontare la sfida di assumere il ruolo di cittadino attivo e consapevole nella realtà del domani. Il laboratorio, a nostro avviso, è stato un “luogo” di generatività e creatività all’interno del quale la dimensione operativa e cooperativa hanno compensato squilibri e disarmonie formative. La nostra scuola continua a scommettere sull’integrazione completa di tutti gli alunni disabili nelle classi comuni, certa che si tratta di un itinerario di crescita personale e collettiva che riserva sempre piacevoli sorprese. Le varie azioni del “Progetto Obiettivo Integrazione, Scuola e Formazione per un Progetto di vita”, sviluppate all’interno dell’Istituto Statale d’Arte “Alpinolo Magnini” di Deruta coordinate dal Dirigente Scolastico prof. Beniamino Nicodemo, hanno permesso al gruppo di docenti coinvolti di mettersi in gioco, di rinunciare anche solo in parte ai vecchi e collaudati stili di insegnamento, di porsi in
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situazione di ascolto e ci ha aiutato a scoprire nuove dimensioni all’interno della nostra vita professionale. Per la nostra scuola integrazione significa coscienza di appartenere ad un’unica comunità che trae la linfa vitale proprio dalla diversità che la caratterizza. Questo è il principio che ci muove e offriamo questa opportunità ai giovani per un percorso formativo sempre migliore.
* Paola Pagliacci ha conseguito il Diploma di Laurea conseguito presso l’Istituto di Educazione Fisica di Perugia ed è insegnante di Sostegno (Diploma di specializzazione polivalente per attività di sostegno conseguito presso la Cattedra di Neuropsichiatria Infantile di Perugia ordine di scuola secondaria di 1° e 2° grado).
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L’educazione all’ascolto come esperienza aggregante
L’EDUCAZIONE ALL’ASCOLTO COME ESPERIENZA AGGREGANTE Il punto di vista di Cristiano Tortoioli, esperto di settore La Musica è un elemento costante e ricorrente della nostre percezioni sensoriali giornaliere. Sia che volontariamente ascoltiamo un brano musicale, che facciamo zapping in TV o che semplicemente facciamo spesa ad un supermercato, che abbia un impianto stereo acceso, ci vengono sottoposti i più disparati generi musicali: rock, pop, classica, jazz e quant’altro. L’ascolto è quindi un’esperienza comune e diffusissima, da cui nessuno è praticamente immune. La Musica ci intrattiene, ci fa ballare, ci rilassa, ci aiuta a creare un’atmosfera e i nostri gusti in fatto di essa sono il riflesso delle nostre pulsioni e dei nostri desideri. È tuttavia importante riconoscere come, benché abbia a disposizione una miniera inesauribile di stimoli sonori, l’ascoltatore medio spesso non sia in grado di analizzare più approfonditamente la trama di un brano musicale, gli strumenti che l’intrecciano e il ruolo e l'importanza che questi rivestono. Sentire non è ascoltare. Il laboratorio di educazione alla sonorità realizzato nell’ambito del POI ha avuto come primo scopo quello di fornire alla classe il know-how necessario per fruire in maniera più piena e soddisfacente un brano musicale. Come “pensatore” di musica, mi sono trovato, ad un punto del mio studiare, a rendermi conto di come la musica popolare, per mantenere le sue caratteristiche di grande presa sul pubblico, ricorra ad un numero sorprendentemente limitato di strutture ed elementi, così da essere facilmente assimilabile. È quindi possibile schematizzare le parti che compongono la forma canzone ed i ruoli degli strumenti musicali ed indicare in maniera chiara il loro funzionamento, scomponendo l’esperienza di ascolto in “sotto-processi” ed affrontandoli uno alla volta.
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L’educazione all’ascolto come esperienza aggregante
In questo tipo di lavoro la sfida è quella di fornire indicazioni e stimoli musicali ad un pubblico non specializzato e, nella stragrande maggioranza dei casi, non interessato ad assorbire i fondamenti dell’insegnamento accademico della Musica (solfeggio, armonia). Il punto sta nel localizzare i gusti degli ascoltatori per fare leva sulle loro stesse esperienze. Nel caso della mia ultima classe, la chiave è stata l’analisi della musica dance, una delle forme più popolari e fruite dell'universo Musicale. Aprire un canale di dialogo su una forma di intrattenimento è stato molto più fruttuoso che sottoporre una forma musicale più colta ma probabilmente molto più noiosa. Combinando le tecniche di educazione all’ascolto con l’applicazione pratica della classe su vari software di composizione, si è cercato, in parte riuscendoci, di creare un moto di curiosità negli studenti che si sono dimostrati recettivi e si sono sorpresi a guardare la loro musica dalla parte della composizione piuttosto che da quella dell’ascolto. La filosofia di insegnamento che viene qui applicata si basa, come detto sopra, nella scomposizione dell’esperienza in sotto-esperienze. Per capire l’intelligenza e la bellezza di alcune composizioni, si deve partire dal ponderare gli elementi base della costruzione. Non è possibile affrontare per esempio “The dark side of the Moon” dei Pink Floyd se l’ascoltatore non è in grado di capire quale è la chitarra elettrica e quale è il basso, oppure quali suoni di sintetizzatore o come si suona una batteria. Mancherebbero i “piani d’appoggio” e l’ascolto risulterebbe noioso. La noia è una scorciatoia mentale che spesso si prende per non affrontare la propria ignoranza. Quindi, si diceva, si parte dal capire e riconoscere chi fa che, con cosa e perché. In questa fase dell’insegnamento concorrono diversi fenomeni che vanno ricondotti alla psicoacustica e benché molto affascinanti, non è possibile affrontarli in questa sede. Una volta in possesso di un rudimentale s istema di riconoscimento, si può cominciare a contemplare una composizione di qualsiasi genere. 38
L’educazione all’ascolto come esperienza aggregante
Per sua natura, la Musica è fatta di regole fermamente amministrate dalle leggi dell’armonia da una parte e dai dettami culturali dall’altra. Se si scompone un brano musicale si può addirittura ricondurre il tutto ad un sistema di leggi fisiche e matematiche. Stranamente e fortunatamente però, la Musica è l’unica scienza in cui 1+1 fa 3.
* Cristiano Tortoioli è musicista fonico, arrangiatore, strumentista
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L’educazione all’ascolto come esperienza aggregante
Il punto di vista di Franco Domenichetti, insegnante* Nel periodo dal 12 Febbraio al 29 Aprile 2008, presso la sede dell’I.P.S.I.A. di Todi, grazie alla indispensabile collaborazione della Scuola di Musica “La Maggiore” di Perugia, si sono svolte le attività laboratoriali del POI, definite dall’Istituto nel progetto dal titolo “Produzione Musicale”. Sono stati coinvolti gli alunni delle classi terze dell’Istituto, per un totale di 18 studenti e l’azione svolta ha assunto la forma di Laboratorio. Il corso si è articolato in lezioni teoriche (in aula presso il nostro Istituto) e pratiche (presso la sede della scuola “La Maggiore” e presso il teatro Comunale di Todi). Il progetto ha affrontato varie tematiche inerenti la produzione di musica a partire dalla registrazione, live o in studio, fino all’editing audio e alla realizzazione finale di un CD musicale. Nonostante le classi siano state piuttosto eterogenee sia per attitudini che per impegno, l’argomento trattato e la possibilità di rendersi conto concretamente di tutto il lavoro richiesto prima di arrivare all’ascolto di un brano di musica ha favorito il coinvolgimento pratico degli alunni che si sono letteralmente entusiasmati dietro a microfoni, mixer, strumenti musicali, cavi, spinotti, etc... . Nella I fase, in aula, le prove di ascolto guidato sono state la molla per risvegliare curiosità e interesse per un’attività molto distante dalle loro comuni esperienze: in questa maniera si sono anche resi conto dello stretto collegamento con le materie tecniche curriculari. In aula si è utilizzato un PC portatile con software adeguati (Reason 4, Cubase 3 SX) per imparare ad ascoltare e/o elaborare brani audio: tutti hanno dato il loro contributo alcuni anche con spiccata creatività. Nella II fase presso la scuola di musica “La Maggiore” gli studenti hanno familiarizzato con le varie apparecchiature utilizzate nella registrazione degli strumenti musicali (pianoforte, contrabbasso, batteria) a partire dalla microfonazione iniziale fino alla produzione finale:
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L’educazione all’ascolto come esperienza aggregante
gli stessi alunni si sono alternati agli strumenti provando e sperimentando fino a raggiungere il risultato voluto. Tutto il lavoro si è concretizzato con due prodotti differenti: la fonia e la registrazione del concerto del pianista Danilo Rea presso il Teatro Comunale di Todi il 10 Aprile 2008 e la realizzazione di un brano in stile dance registrato presso la scuola in cui hanno suonato anche alcuni degli stessi ragazzi, CD poi prodotto e masterizzato per ognuno di essi. All’inizio di questa esperienza il coinvolgimento degli alunni è apparso piuttosto difficoltoso, sia per quel senso di noia che spesso le attività scolastiche trasmettono allo studente, sia per la presenza di alcuni ragazzi problematici. Poi, grazie agli stimoli giusti che il Prof. Cristiano Tortoioli ha saputo trovare, grazie anche all’argomento musica che tocca tutti i giovani (e non solo) si è riusciti a risvegliare curiosità ed interessi inaspettati. Anche quegli studenti che spesso rimangono passivamente dietro le quinte sono venuti fuori scoprendo interessi e passioni finora nascoste (solo 3-4 studenti si sono mostrati superficiali o refrattari). Gli stessi insegnanti e il Dott. Francesco Ciarfuglia, direttore della scuola di musica “La Maggiore”, hanno manifestato il loro apprezzamento per i risultati conseguiti che sono andati oltre le migliori aspettative. Questa esperienza, che spero potrà essere ripetuta, dimostra che, per risvegliare interessi e attitudini nascoste e per imparare le carte vincenti sono state due: fare Laboratorio sperimentando e divertendosi ed essere team con la facilità, ma anche la responsabilità di lavorare insieme per raggiungere un unico obiettivo. Anche in altre attività, come nella musica, solo se ogni strumento suona bene la sua parte tutto l’insieme suona bene e senza stonature.
* Franco Domenichetti è laureato in Ingegneria Elettronica; è insegnante di elettronica e telecomunicazioni presso l’ITAS “A. Ciuffelli” di Todi ed è libero professionista.
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Il counseling e l’orientamento: l’esperienza dello sportello di ascolto
IL COUNSELING E L’ORIENTAMENTO L’esperienza dello sportello di ascolto Il punto di vista di Gianni Alberto Lanfaloni e di Simona Rondoni, psicologi* L’attivazione di un servizio di orientamento e counseling in ambito scolastico si configura generalmente come supporto finalizzato alla prevenzione di fenomeni di disagio relazionale e psicologico legati in particolare alla preadolescenza e all’adolescenza, di aiuto nell’orientamento o per fronteggiare situazioni critiche durante il percorso scolastico. Data la particolarità del contesto in cui si svolge l’ascolto psicologico a scuola non si propone obiettivi di diagnosi e cura. L’attenzione dei colloqui con gli studenti è rivolta all’analisi dei problemi evolutivi evidenziati dall’allievo stesso ed alla promozione di un superiore livello di consapevolezza di sé. Uno spazio utile a garantire ad alcuni ragazzi che vivono in modo intenso le proprie situazioni di difficoltà, la possibilità di una risposta rapida, meno medicalizzata di quanto preveda l’accesso diretto al Servizio Sanitario esterno. I destinatari possono essere, oltre ai ragazzi, anche i genitori e gli insegnanti. Nel caso dei genitori, i colloqui avrebbero lo scopo di fornire un aiuto nell’affrontare le problematiche e le difficoltà connesse al ruolo genitoriale. Nel caso degli insegnanti, la consulenza avrebbe lo scopo di sostenere ed elaborare l’intervento di ascolto svolto quotidianamente a favore dei ragazzi con particolare riferimento agli adolescenti che sfuggono ad un aggancio diretto. La consulenza è svolta sotto forma di colloquio riservato, all’interno di uno spazio specifico, appositamente deputato a tale attività, dove la persona può fruire, in un contesto di ascolto assolutamente non giudicante, di un adeguato sostegno psicologico per elaborare la propria esperienza ed affrontare le difficoltà legate al particolare momento di crescita. Nel caso della collaborazione realizzata tra l’Istituto I.P.S.I.A. di Todi e l’En.A.I.P di Perugia per l’attivazione di uno Sportello di Ascolto lo scopo era ravvisabile nella limitazione della dispersione attraverso un’opera di prevenzione e di fronteggiamento dei fenomeni di disagio scolastico.
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Il counseling e l’orientamento: l’esperienza dello sportello di ascolto
INTERVENTO Lo “sportello di Ascolto” istituito presso l’Istituto Professionale di Stato per l’industria e l’Artigianato “Ciuffelli” di Todi (PG) ci ha visti impegnati, come operatori incaricati dall’En.A.I.P nell’ambito del Progetto Obiettivo Integrazione. La richiesta del servizio era stata basata sull’analisi dei bisogni in questo ambito effettuata dal vicario del dirigente scolastico dell’ Istituto Tecnico Agrario cui è annesso l’Istituto IPSIA e sui positivi riscontri di una precedente esperienza di “Sportello di Ascolto” di due anni prima. L’inizio effettivo dell’attività è stata preceduta da alcuni incontri con finalità organizzative: A) con il vicario e con alcuni insegnanti delegati dal dirigente con il fine di analizzare approfonditamente i bisogni impliciti nella domanda; B) con il dirigente scolastico, al fine di strutturare una organizzazione del servizio adeguata alle esigenze specifiche della scuola, oltre che rispettosa delle istanze degli allievi e individuare una figura referente per il Progetto all’interno dell’Istituto; C) con tutti gli alunni, incontrandoli per gruppi-classe, per presentarci e spiegare loro il programma, il senso e le opportunità di questo servizio, le modalità di accesso e per permettere a tutti di fare domande e chiarire dubbi al fine di superare i pregiudizi ed esternare le reticenze legate all’immaginario di psicopatologia connesso con la figura dello “psicologo”. I passi successivi sono stati quelli di: 1) preparare un volantino che spiegasse sinteticamente la funzione dello sportello e fornisse alcune primarie notizie logistiche; 2) chiedere l’autorizzazione dei genitori alla fruizione del servizio da parte dei ragazzi minorenni (raccolta dagli insegnanti) senza la quale non sarebbe stato possibile l’accesso.
RISULTATI L’accesso degli studenti allo “Sportello di Ascolto” è avvenuto previa prenotazione su apposito registro gestito dall’insegnante referente del progetto. Tutte le istanze pervenute sono state evase.
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Il counseling e l’orientamento: l’esperienza dello sportello di ascolto
I minori ascoltati sono stati 21, di cui 8 più di una volta fino ad un massimo di quattro, per un totale di 35 consulenze, su una popolazione scolastica di circa 200 alunni suddivisi in 10 classi. Dei 21 alunni 20 erano di sesso femminile. Le problematiche affrontate allo sportello sono state le seguenti, in ordine di rilevanza quantitativa: 1. problemi relativi alla sfera affettivo-sentimentale; 2. problematiche adolescenziali e rapporto con i pari; 3. problemi familiari; 4. problemi relativi alla sfera scolastica in genere;
CRITICITÀ Il servizio non ha assolutamente raggiunto la popolazione maschile. In questo caso sarebbe pertanto necessario rilevare le problematiche emergenti attraverso indagini di gruppo anonime, oppure attraverso interviste agli insegnanti che hanno il polso della situazione in classe, cui far seguire iniziative formative in gruppo in cui affrontare in modo tangenziale le tematiche maggiormente coinvolgenti. Tuttavia anche la popolazione femminile, sebbene più sensibile, non ha fruito appieno della disponibilità dello sportello. Andrebbe pertanto analizzato nel gruppo di lavoro quanto l’affluenza limitata sia dovuta ad una necessità di maggiore sensibilizzazione rivolta agli studenti o effettivamente ad una presenza di bisogni inferiori alle aspettative per cui sarebbe sufficiente una frequenza più bassa di apertura dello sportello.
* Simona Rondoni è Psicologa presso “l’Istituto Beato Ludovico da Casoria” – Centro di Riabilitazione per l’età evolutiva – di Assisi e svolge consulenza psicologica per l’età evolutiva e l’età adulta presso uno studio di medicina omeopatica. * Gianni Alberto Lanfaloni è Psicologo Coadiutore presso “l’Istituto Serafico per Ciechi Pluriminorati”, Centro di Riabilitazione per l’Età Evolutiva, Consulente psicologo-psicoterapeuta (attività di volontariato) presso il Consultorio “La Famiglia” di Assisi.
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Il counseling e l’orientamento: l’esperienza dello sportello di ascolto
Il punto di vista di Piera Felici e di Paola Patoia, insegnanti* L’attività dello Sportello all’interno degli istituti superiori finalizzato a prevenire e recuperare la dispersione e il disagio scolastico ha funzionato nella sede IPSIA sez. associata “A. Ciuffelli di Todi nell’anno scolastico 2007-2008 con cadenza settimanale per la durata di tre ore giornaliere. Il servizio è stato svolto con regolarità e i contatti con il docente referente sono stati, nel rispetto della privacy, di collaborazione e disponibilità. Gli allievi, soprattutto di sesso femminile, che hanno usufruito del servizio, sono stati circa il 20% della popolazione scolastica ed hanno manifestato, in più occasioni, la positività della consulenza apprezzando la possibilità che la scuola ha dato loro di poter esprimere, in piena libertà e nel rispetto della privacy, situazioni di difficoltà e criticità. L’attività suddetta non ha creato disfunzioni rispetto al regolare svolgimento delle lezioni e le modalità attivate per l’informazione, gli orari e la cadenza settimanale sono state dai docenti considerate chiare e positive. Le difficoltà si possono riassumere nel fatto che, a volte, gli impegni extrascolastici degli allievi ed altre attività connesse con l’insegnamento hanno creato piccole disfunzioni negli appuntamenti ed inoltre forse non tutti gli allievi hanno captato la reale importanza del servizio che dovrebbe essere divulgato con maggiore chiarezza ed incisività. Possiamo ritenere che il lavoro svolto possa essere una buona consulenza orientativa per gli studenti.
* Piera Felici è laureata in Storia e Filosofia ed insegna presso l’ITAS “A. Ciuffelli” di Todi sez. IPSIA. * Paola Patoia è laureata in Filosofia ed insegna presso l’ITAS “A. Ciuffelli” di Todi sez. IPSIA.
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L’esperienza di counseling/orientamento
L’ESPERIENZA DI COUNSELING/ORIENTAMENTO Il punto di vista di Simona Rondoni e di Gianni Alberto Lanfaloni, psicologi* Questo intervento di counseling presso l’Istituto d’Arte di Deruta (PG), come operatori incaricati dall’En.A.I.P nell’ambito del Progetto Obiettivo Integrazione, sin dalle prime fasi di attuazione si è svolto con la collaborazione delle due docenti individuate come figure referenti per il Progetto all’interno dell’Istituto. La domanda formulata per questa azione ha evidenziato il bisogno di ottenere un profilo “funzionale” di quattro allievi con disabilità delle classi III°, IV° e V°, individuati dalla Scuola come destinatari dell’intervento, concretizzatasi con: - delineare le caratteristiche e le abilità espresse dagli allievi nel concreto della prassi scolastica, - spiegarle in modo strettamente connesso alla realtà della vita scolastica, nei suoi aspetti di insegnamento-apprendimento, di relazionalità, socialità e sviluppo psicologico-affettivo, - allo scopo di poter costruire una serie percorribile di obiettivi e di attività concrete per ognuno, nella specifica situazione scolastica e con le risorse realisticamente a disposizione. L’intervento si è quindi strutturato in tre parti essenziali: 1) Un incontro con le docenti di riferimento finalizzato alla presentazione dei quattro allievi destinatari dell’intervento. 2) A ciò è seguita l’attività vera e propria di conoscenza degli allievi e di raccolta dei dati, per la quale abbiamo utilizzato diversi strumenti operativi: * Osservazione diretta: sia durante l’attività nei laboratori orientativi e formativi attivati dall’En.A.I.P. presso la scuola durante l’orario scolastico, sia durante l’attività nei laboratori curriculari della Scuola; * Colloqui con le famiglie: la famiglia rappresenta sempre una preziosa fonte di dati, è stato per noi indispensabile avere dei colloqui di circa due ore ciascuno con i genitori dei quattro allievi. Durante i colloqui è stato compilato il Questionario Vineland Adaptive Behavior Scales; * Test e schede di valutazione: nel caso di due soggetti si è ritenuto
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opportuno somministrare la Scala di intelligenza non verbale LeiterR al fine di integrare i dati sullo sviluppo delle loro competenze. I dati raccolti possono essere cosi raggruppati: - dati anamnestici, clinico-medici, familiari e sociali; in particolare evidenziando: eventuali “limitazioni” (attività che gli allievi non possono, e probabilmente non potranno svolgere, per limiti fisiologici insuperabili); eventuali precauzioni che l’insegnante deve prendere; la necessità di ausili e protesi, la necessità ed il tipo di interventi riabilitativi di varia natura. - Livelli reali di competenza raggiunti nelle aree fondamentali dello sviluppo: abilità cognitive; stili cognitivi e di apprendimento; abilità interpersonali e sociali; abilità di comunicazione e linguaggi; autonomia personale e sociale; motricità e percezione. - Livelli raggiunti dagli allievi rispetto agli obiettivi previsti dalla programmazione delle rispettive classi; l’integrazione realmente significativa richiede la realizzazione di una programmazione assolutamente individualizzata sui bisogni specifici ed il più possibile legata alla classe. - Gli aspetti affettivo-emotivi, relazionali e comportamentali che influenzano talvolta in modo determinante il benessere, il livello di apprendimento, le abilità operative e le possibilità di una socializzazione soddisfacente: ad es. il senso di autoefficacia, il livello di autostima, le reazioni emotive ed il controllo esercitato su di esse (ansia in situazioni di incertezza, rabbia in situazioni frustranti), il livello di motivazione e la presenza di eventuali situazioni problematiche. 3) Infine è stata effettuata la sintesi significativa e la valutazione dei dati raccolti. L’elaborazione di un profilo reale ed il più possibile approfondito, di ognuno dei quattro allievi, non può prescindere dell’interconnessione e l’interdipendenza dei molti aspetti emersi dalle varie fonti (schematicamente sopracitati). Questo ci ha visti impegnati in periodici incontri finalizzati al confronto ed al collegamento significativo dei dati emersi. Si è reso indispensabile strutturare con le docenti di riferimento una verifica intermedia nel mese di Luglio ed una verifica finale al termine dell’intervento, al fine di:
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- condividere i profili dei quattro allievi; - orientare la scelta di obiettivi a breve e medio termine (rispetto a precise priorità) anche in funzione dei propri indirizzi attitudinali; - individuare attività didattiche ed educative appropriate e significative, attraverso metodi di lavoro efficaci. CRITICITÀ L’aspetto critico che abbiamo rilevato è la ristrettezza del tempo a disposizione per l’attuazione di tutte le fasi del Progetto. Abbiamo sì raggiunto l’obiettivo condiviso con le docenti referenti ed espletato in maniera efficace tutte le funzioni connesse all’attività effettiva con gli allievi, ma va evidenziata la possibilità di una maggiore disponibilità di tempo, che nell’intervento conclusosi, avremmo potuto destinare ad una maggiormente approfondita azione di confronto e successivamente di verifica dell’opportunità delle indicazioni e suggerimenti emersi dall’analisi.
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Il punto di vista di Daniela TORZUOLI, insegnante * L’attività di orientamento-counseling ha avuto come destinatari quattro allievi che presentano disabilità delle classi III, IV e V. L’intervento è stato strutturato per definire il profilo “funzionale” dei giovani in percorso formativo: sono state delineate le caratteristiche e le abilità nel concreto della prassi scolastica e individuate le modalità per migliorarle e potenziarle creando connessioni sempre in riferimento alla realtà della vita scolastica, nei suoi aspetti di insegnamento/apprendimento, di relazionalità di socialità e sviluppo psicologico-affettivo, allo scopo di orientarli nel progetto di vita, per mediare l’inserimento lavorativo e includerli socialmente. La prima fase, di questa azione, è stata la conoscenza dei quattro allievi che sono stati presentati, osservati sia all’interno dei laboratori orientativi e formativi, sia durante le attività dei laboratori previsti dall’attività educativo-didattica curricolare della scuola. La conoscenza degli stessi è stata approfondita con il prezioso contributo delle famiglie. I dati raccolti anamnestici, clinico-medici, familiari e sociali hanno messo in evidenza i reali livelli di competenze raggiunti nelle aree fondamentali dello sviluppo, abilità cognitive, stili di apprendimento, abilità interpersonali e sociali, di comunicazione e linguaggio, di autonomia personale e sociale, di motricità e percezione. Sono stati sondati gli aspetti affettivo-emotivi relazionali e comportamentali che influenzano in modo determinante il benessere, il livello di apprendimento, le abilità operative e le possibilità di una socializzazione soddisfacente, il livello di motivazione. Si sono osservati, infine, i livelli raggiunti dagli allievi in relazione alle programmazioni delle singole classi da cui emerge che per bisogni specifici è necessario un intervento individualizzato legato più possibile alla classe, perché l’integrazione sia realmente significativa. L’esperienza sviluppata, in conclusione, si è rivelata molto utile perché ha permesso di elaborare un profilo reale e approfondito di ognuno dei quattro allievi che tiene conto di tutte le variabili osservate. Ciò è determinante nel potere operare la scelta di obiettivi a breve e medio termine anche in funzione delle attitudini di ognuno, individuando attività didattiche ed educative appropriate e significative attraverso metodi di
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lavoro efficace. La presenza degli psicologi a scuola è stata accettata in modo positivo sia dagli studenti disabili che dai gruppi familiari che hanno “condiviso” il percorso e apprezzato suggerimenti utili per i progetti di vita dei giovani. Secondo noi questa azione ha avuto successo in quanto scaturita dalla costante collaborazione e dal continuo confronto tra le componenti esterne e interne della scuola che credono nell’integrazione scolastica, lavorativa e sociale come valore da perseguire.
* Daniela Torzuoli è laureata in Scienze Geologiche ed è Docente di ruolo per l’insegnamento di Sostegno AD01 (Area scientifica) negli Istituti di istruzione secondaria di secondo grado.
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Un approccio di counseling integrato
UN APPROCCIO DI COUNSELING INTEGRATO Il punto di vista di Matteo Maiorano, Silvia Contini, Lara Iannotti, Rosella Carroli, educatori* Il concetto di autonomia può considerarsi punto di partenza e baricentro tematico del progetto. Il piano di lavoro è stato svolto secondo item di programmazione che prevedevano l’esplorazione e la verifica dell’orientamento nella realtà del soggetto con disabilità o svantaggio. Per i soggetti presi in esame, il concetto di realtà rappresenta sinteticamente il mondo che li circonda, i luoghi che riconoscono, ma non sempre riescono poi a decodificare in maniera funzionale. Realtà è la classe con la quale si interfacciano tutti i giorni, realtà sono le persone che empaticamente scelgono, o che si trovano a fianco per completare un percorso, la tipologia di relazione che riescono ad instaurare. Questa realtà è però spesso traslata in un piano disancorato da un piano reale di realtà, parametro necessario per un sano sviluppo psichicorelazionale. È emersa con evidenza, infatti, una realtà vissuta all’interno di un esiguo, talvolta blindato spazio di vita che termina con il corpo, che viene vissuto come coacervo di sensazioni che trovano talvolta fondamento apparente in proiezioni di amici immaginari e visioni incoerenti del proprio sè corporeo. Alla luce di questa breve analisi, si è inteso lavorare sul corpo e con il corpo dei soggetti (valutazione e verifica delle conoscenze inerenti lo schema corporeo e relativi esperienziali), sull’orientamento alla realtà dei soggetti in situazioni di conoscenza e rapporto con gli altri a livello verbale e non verbale (contatto e riconoscimento) e sulla verifica dei percorsi di autonomia intersecanti sia il livello di interazione del soggetto nel suo spazio di vita scolastico (osservazione inerente i suoi fattori di apprendimento), sia il livello di consapevolizzazione ed interiorizzazione delle regole (sia in classe, sia nell’ambiente esterno). Il progetto è stato stilato previa analisi dei bisogni verificata con gli insegnanti di riferimento e modulato poi sui soggetti interessati secondo le singole esigenze.
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Un approccio di counseling integrato
Modalità, metodi ed obiettivi delle specifiche attività svolte nell’orientamento Proiezione di video ed esperienziali: tramite l’immedesimazione, favorire l’esplicazione dei contenuti emotivi del soggetto. Esperienziali con teatralizzazione dei contenuti in forma non verbale: favorire la conoscenza del proprio ed altrui linguaggio mimico-facciale e gestuale, verificare la conoscenza del proprio schema corporeo. Esperienziali di scrittura, pensiero creativo e potenziamento cognitivo (con restituzione in schede predisposte): verificare ed ampliare l’utilizzo della scrittura come modalità comunicativa, favorire la simbolizzazione tramite soluzioni scrittorie creative (scrittura creativa di base). Esercitazioni di dialogo inerenti la restituzione di esperienze condivise: verificare le capacità cognitive inerenti la coerenza logica che sottende all’organizzazione di discorsi brevi, verifica del rispetto dei turni conversazionali.
“L’orientamento consapevole nello spazio di vita che mi circonda” laboratorio di mobilità ed orientamento all’aria aperta Obiettivi: Verificare la conoscenza, ed il livello di conoscenza funzionale, dei soggetti riguardo a cartellonistica e segnaletica stradale. Verificare la conoscenza dei luoghi storici della città nella quale si vive. Implementare una mappa cognitiva sull’esperienza, rappresentazione costruita con le foto fatte dai ragazzi durante i percorsi. Favorire la mobilità esterna e sviluppare le capacità di orientamento in soggetti con motorio difficoltoso (anche se non compromesso) perchè svantaggiati in capacità di autonomia.
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Un approccio di counseling integrato * Rosella Carroli è laureata in Materie Letterarie ed è Componente per l’Ufficio Scolastico Regionale della Consulta regionale per l’immigrazione, Referente regionale per l’Orientamento Scolastico e Professionale, Referente della Consulta provinciale degli studenti di Perugia. * Silvia Contini è laureata in Filosofia, è educatore presso l’Istituto Serafico di Assisi ed è formatore e coordinatore di progetti di prevenzione primaria delle dipendenze. * Lara Iannotti è laureata in Lettere, è antropologa e arteterapeuta e svolge attività di formazione e ricerca psico-socio-antropologica. * Matteo Maiorano è laureato in psicologia del lavoro ed opera in progetti di prevenzione primaria delle dipendenze.
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Un approccio di counseling integrato
Il punto di vista di Nadia Franceschelli, insegnante* Il laboratorio di orientamento-counseling, condotto da un’équipe di esperti, si è basato sulla proposta di attività didattiche specifiche svolte in parte all’interno della scuola mediante materiale cartaceo, informatico e visivo, in parte in ambiente esterno mediante uscite guidate nel territorio circostante e visite ai principali siti di riferimento della città (monumenti, piazze, servizi), e comunque tutte finalizzate allo studio e all’analisi dei comportamenti. I risultati rilevati da queste osservazioni hanno permesso agli esperti e, di riflesso a noi docenti, di evidenziare potenzialità residue e limiti degli alunni, utili all’eventuale impostazione di percorsi didattici più mirati ed efficaci. Proprio in virtù del riscontro positivo di questo laboratorio, peraltro particolarmente apprezzato anche dalle famiglie dei ragazzi coinvolti, si ritiene che la sua attivazione nella fase iniziale del progetto, anziché in quella finale, sarebbe stata probabilmente più opportuna e proficua, in quanto avrebbe permesso di avere preventivamente indicazioni più precise sul modo di operare e di procedere nel lavoro.
* Nadia Franceschelli è insegnante di sostegno nella Sc. sec. di II° grado (AD02)
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I tirocini come esperienza pre-lavorativa ed il loro aspetto educativo
I TIROCINI COME ESPERIENZA PRE-LAVORATIVA ED IL LORO ASPETTO EDUCATIVO
Il punto di vista di Barbara Cerrini, insegnante* L’attività di tirocinio è stata svolta in contemporanea alle altre attività del progetto ed ha previsto per alcuni ragazzi l’inserimento in strutture accoglienti opportunamente individuate, nella fattispecie due bar e una mensa scolastica, mentre per altri alunni, il cui grado di disabilità non ha consentito nessuna forma di tirocinio esterno, lo svolgimento di attività pratiche sempre legate all’ambito del servizio ristorativo. I ragazzi che hanno lavorato presso le suddette strutture sono stati costantemente affiancati dai rispettivi docenti o da personale addetto, mentre gli alunni che hanno svolto l’attività all’interno dell’istituto, e quindi in orario scolastico, sono stati inseriti nei laboratori ordinari anche a classi aperte, sempre rigorosamente seguiti dal personale della scuola. Per quanto riguarda l’esperienza del tirocinio esterno in particolare, oltre a fornire ai ragazzi l’opportunità di avvicinarsi per la prima volta e in modo diretto al mondo del lavoro e a favorirne la conoscenza e un primo inserimento, anche se temporaneo, è stata probabilmente la più formativa in termini di autonomia e di integrazione, in quanto ha permesso loro un primo importante approccio con ambienti e con persone del tutto diversi da quelli a loro abituali (famiglia, scuola, ecc...). L’entusiasmo degli alunni nei confronti di questo tipo di proposta è stato di gran lunga superiore alle aspettative, tanto da auspicare di poter ripetere in futuro esperienze di questo tipo, anche sotto forma di alternanza scuola-lavoro.
* Barbara Cerrini è Diplomata I.S.E.F. e Specializzata per il sostegno (AD00/AD04).
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I tirocini come esperienza pre-lavorativa ed il loro aspetto educativo
Il punto di vista di Marina FESTA, insegnante* L’esperienza dei tirocini in ambiente di lavoro nell’Istituto Professionale dell’ISIS Salvatorelli di Marsciano è una tradizione ormai consolidata. È infatti indispensabile, per un corso di studi che ha come naturale e preminente sbocco per i propri allievi il mondo del lavoro, attivare esperienze e percorsi che permettano di consolidare le loro competenze professionali, privilegiando il “saper fare” e diano l’opportunità alla scuola di costruire relazioni solide con le aziende e le realtà lavorative del territorio. Sono ormai molti anni che esperienze di stage lavorativo sono state rese possibili anche per allievi diversamente abili: in questi casi la scelta di luoghi di lavoro significativi ed accoglienti diviene quanto mai importante. È indispensabile infatti trovare imprenditori particolarmente sensibili e disposti a confrontarsi con ragazzi un pò “speciali” e che soprattutto sappiano promuovere un ambiente di lavoro che incoraggi e valorizzi anche coloro che, per le loro caratteristiche fisiche o psicologiche, presentano spesso tempi di lavoro, modalità di apprendimento e di relazione con gli altri che non possono essere inquadrati negli standard a cui si è normalmente abituati. Nell’anno scolastico 2007-2008 il progetto POI, promosso dall’En.A.I.P di Perugia e a cui il nostro istituto ha aderito, ci ha fornito un valido strumento di consulenza e di appoggio per realizzare esperienze di tirocinio lavorativo con allievi diversamente abili. Sono stati attivati, tra gli altri, due stage lavorativi, ciascuno della durata di 90 ore, per un allievo della classe quarta ad indirizzo aziendale (presso il caseificio “Montecristo” di Todi) e per un’allieva della classe seconda (presso “Borgo Brufa Resort” di Torgiano): entrambe le esperienze si sono svolte durante l’estate 2008 (mesi di giugno, luglio e agosto). Il riscontro positivo sugli allievi è visibile ed immediato: innanzitutto essi condividono con i compagni esperienze analoghe e ciò rafforza in loro l’idea di essere parte di un gruppo; in secondo luogo il confronto con ambienti diversi da quello della scuola dà loro la possibilità di vedersi in prospettiva, di pensarsi adulti e proiettati nel futuro. Per entrambi gli allievi coinvolti nel progetto si è notato un progresso ed una crescita non soltanto nel campo delle conoscenze e delle abilità, ma
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soprattutto in termini di autonomia, di capacità di proporsi agli altri e di prendere delle iniziative su eventi e fatti che li riguardano. Tali passi in avanti sono emersi anche nel confronto tra i docenti degli allievi e i responsabili delle aziende che li hanno seguiti nel periodo di stage. Per la scuola queste esperienze risultano molto utili per sviluppare una rete di relazioni significative con le aziende, il territorio e con professionisti (esperti nel lavoro con persone con bisogni speciali), che permettano, alla fine, di sviluppare pienamente un “progetto di vita” volto alla completa integrazione sociale e lavorativa dei nostri ragazzi. Ogni giorno le storie dei nostri alunni con diverse abilità ci insegnano molte cose. Innanzi tutto che ognuno ha in fondo gli stessi bisogni, gli stessi desideri legittimi: quello di essere accolti ed accettati per come si è; quello di essere valorizzati e promossi nelle nostre potenzialità ed attitudini; il desiderio, in ultima analisi, di essere riconosciuti come persone nella nostra dimensione globale, assumendoci anche le responsabilità che derivano dal diventare, ciascuno a suo modo, adulti. Ogni allievo possiede dentro di sé un mondo ricco e significativo che aspetta le condizioni giuste per esprimersi e maturare. La scuola, il mondo del lavoro e la società nel suo complesso devono fare lo sforzo di ragionare sempre di più in termini di valorizzazione delle potenzialità e delle risorse di cui essi sono portatori. Ben vengano, quindi, progetti ed esperienze di rete come quella del progetto POI, dalle quali possono scaturire risultati significativi ed interessanti prospettive per il futuro.
* Marina Festa è laureata in Scienze Geologiche ed è Docente di ruolo per l’insegnamento di Sostegno AD01 (Area scientifica) negli Istituti di istruzione secondaria di secondo grado.
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Una visione completa delle attività
UNA VISIONE COMPLESSIVA DELLE ATTIVITÀ Il punto di vista di Beniamino Nicodemo, dirigente scolastico L’Istituto d’arte di Deruta, ormai da pochi anni, oltre la normale attività didattica, sta vivendo momenti più ricchi attraverso l’integrazione di importanti progetti, come è accaduto in questo caso dove l’Istituto ha aderito al progetto POI (progetto obiettivo integrazione) promosso dall’agenzia formativa En.A.I.P. (Ente Acli Istruzione Professionale) di Perugia. Il progetto, per il nostro Istituto Scolastico, è stato rivolto ai ragazzi diversamente abili, il cui punto di forza è stato quello di sviluppare una ricerca capace di maturare importanti esperienze artistiche espressive tra cui le tecniche di utilizzo: del midollino e la carta pesta, attività realizzate nei laboratori dell’Istituto d’Arte, mentre altre attività sono state svolte da altre scuole che hanno aderito al progetto, il tutto migliorando le competenze tecnico professionali relazionali e comunicative degli alunni disabili ed in difficoltà di apprendimento. Le varie attività sono state svolte da personale esperto nelle materie artistiche, nella recitazione teatrale, da psicologi e musicoterapeuti . Inoltre sono state promosse attività di tirocinio in diverse agenzie formative ed aziende del territorio di Deruta. Da sottolineare la possibilità, offerta dal Bando pubblicato dalla Provincia di Perugia in seguito al quale è stato finanziato il progetto POI, di mettere a disposizione degli allievi partecipanti al progetto alcune borse di studio che sono state erogate rispettando i criteri definiti dalla normativa vigente. L’Istituto d’Arte esprime gratitudine per l’occasione offerta alla scuola che ha potuto realizzare questa importante esperienza, dimostrando spirito di collaborazione e disponibilità a rendere sempre più concreta l’integrazione degli alunni in un processo di crescita che li coinvolga nello sviluppo armonico delle loro potenzialità espressive. * Beniamino Nicodemo è dirigente scolastico dell’Istituto d’Arte “A. Magnini” di Deruta
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Una visione completa delle attività
Il punto di vista di Patrizia LEONINI, direttore sez. IPSIA * Da lungo tempo il nostro Istituto collabora con Enti e Associazioni esterne per attuare percorsi formativi e orientativi differenziati in diversi ambiti e/o interventi di accoglienza,orientamento e sostegno all’azione formativa, sia per potenziare le conoscenze e le competenze degli alunni, che per arginare la dispersione scolastica, con la convinzione che insieme a soggetti esterni alla scuola sia possibile rafforzare la motivazione allo studio e quindi trovare soluzione a vari problemi. Pertanto, quando il Progetto è stato presentato ed illustrato dai responsabili di En.A.I.P. Perugia, è stato subito accolto da un parere favorevole, non soltanto perché ritenuto valido nei suoi contenuti e nelle sue finalità specifiche, ma più in generale, perché ritenuto utile a sviluppare nei ragazzi, che con fatica si appassionano allo studio tradizionale ed all’apprendimento delle singole discipline, la capacità di relazionarsi con gli altri, di confrontarsi tra di loro per migliorare il loro inserimento nell’ambiente scolastico. Ed infatti, le varie attività svolte hanno dato, nel loro insieme, complessivamente, risultati soddisfacenti proprio perché hanno consentito di portare gli studenti ad una maggiore conoscenza delle proprie potenzialità e competenze, a rafforzare l’attitudine a muoversi e comportarsi in modo adeguato alla propria età ,al ruolo che viene assunto in diversi contesti, ad una valorizzazione personale, al sapere lavorare in gruppo in modo produttivo per sé e per gli altri, con conseguente rafforzamento della propria autostima ed affermazione di sé e quindi acquisizione di una maggiore sicurezza. Ecco perché, ritenuta molto positiva questa esperienza, si spera di potere avere ancora, in futuro, occasioni analoghe che consentano, attraverso una stretta e costruttiva collaborazione tra i soggetti coinvolti, di svolgere attività che non possono che fare del bene alla crescita ed alla formazione dei nostri ragazzi.
* Patrizia Leonini è direttore della sez. IPSIA dell’ITAS “A. Ciuffelli” di Todi.
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Conclusioni
Il progetto Obiettivo Integrazione ha inteso rappresentare una fase iniziale di sperimentazione di un modello ripetibile per un percorso di integrazione scuola/formazione e di inclusione nella società degli studenti disabili o comunque con difficoltà di apprendimento o sociali e, qualora ciò sia possibile, un modello sperimentale di inserimento lavorativo; tutte queste azioni sono state svolte in stretta collaborazione tra le istituzioni scolastiche e gli operatori della formazione professionale. Una delle principali finalità definite dal progetto è stata quella di integrare le attività curriculari svolte dai singoli Istituti Scolastici con azioni di orientamento ed esperienze formative, prestando attenzione a favorire una maggiore integrazione degli allievi nel contesto scolastico, rispettando l’interesse e le esigenze della programmazione didattica. Ciò ha consentito di offrire ai partecipanti, in parallelo al percorso scolastico, la possibilità di acquisire la conoscenza di un altro sapere, fondato su una diversa operatività ed orientato anche all’arricchimento dell’allievo, sia nel saper fare che nel saper essere. Nella fase di avvio del Progetto, in conseguenza del trasferimento e della sostituzione di alcuni dirigenti scolastici ed insegnanti coinvolti nel progetto per motivi ordinari legati al loro servizio e per il mutamento di alcune situazioni relative alla composizione delle classi precedentemente individuate, è stato necessario rivedere lo schema progettuale modulandolo in base ai cambiamenti avvenuti senza, peraltro, modificarne l’impianto e la consistenza e la suddivisione delle azioni già previste. A partire da queste considerazioni, per l’erogazione delle azioni previste, è risultato importante e necessario procedere all’adozione condivisa di una metodologia di programmazione e di attuazione delle azioni previste di tipo flessibile. L’avvio del progetto e l’erogazione delle azioni rivolte agli allievi (orientamento/counseling, laboratori, tirocini) hanno richiesto una rimodulazione dei singoli interventi in funzione dei fabbisogni degli allievi, come individuato dai singoli Istituti Scolastici, ma anche in funzione della annuale ridefinizione degli scenari e dei percorsi che le scuole sono chiamate ad effettuare ad ogni nuovo inizio di anno scolastico. Per integrare le attività a reale beneficio degli allievi, sia nelle fasi iniziali di progettazione che nella fase di rimodulazione, sono stati
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Conclusioni
coinvolti i Servizi Territoriali che operano nel settore della disabilità e dello svantaggio (Uffici d’Ambito territoriale, Servizi Sociali dei Comuni, Centri riabilitativi per disabili in età evolutiva, ecc.). La necessità di promuovere accordi organizzativi che aiutino a delineare un rapporto articolato e flessibile tra istruzione, formazione professionale e territorio e che lascino aperte le possibilità di ulteriori collaborazioni in una logica di lavoro in rete, è la condizione fondamentale che è stata individuata ai fini del superamento della fase di sperimentazione e che permetta di coinvolgere le altre realtà del territorio provinciale e regionale, estendendo così un modello di azione e le buone prassi che esso contiene a favore della diffusione del progetto. Tutto il lavoro svolto con il Progetto POI è stato possibile grazie alla collaborazione di tutti coloro che, a vario titolo, hanno partecipato alla realizzazione del progetto stesso, ma nessuna azione sarebbe stata erogata se la Provincia di Perugia non avesse previsto di finanziare questo tipo di azioni. Si ringraziano, pertanto, l’Assessore alla Formazione Professionale della Provincia di Perugia Giuliano Granocchia e tutto il personale dell’assessorato che con cortesia, efficienza e professionalità ha sempre offerto la propria preziosa collaborazione contribuendo fattivamente al raggiungimento degli obiettivi previsti.
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La redazione di questa pubblicazione è stata curata da Nicoletta Petrucci, Marta Montanari, Marta Sammaciccia e Francesco Proietti per En.A.I.P Perugia
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