Dipinti con il cuore. Alberto Mesiano racconta il XXI secolo

Page 1

DIPINTI CON IL CUORE ALBERTO MESIANO RACCONTA IL XXI SECOLO a cura di Margot Andrioni e Monica Paggetta


.


Dipinti con il cuore. Alberto Mesiano racconta il XXI secolo

a cura di Margot Andrioni e Monica Paggetta


Cesvol Centro Servizi Volontariato Umbria Sede legale: Via Campo di Marte n. 9 06124 Perugia tel 075 5271976 www.cesvolumbria.org editoriasocialepg@cesvolumbria.org

Edizione settembre 2019 Coordinamento editoriale di Stefania Iacono Testi a cura di Margot Andrioni e Monica Paggetta Un ringraziamento speciale a Leo Prencipe Stampa Digital Editor - Umbertide

Per le riproduzioni fotografiche, grafiche e citazioni giornalistiche appartenenti alla proprietà di terzi, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire. E’ vietata la riproduzione, anche parziale e ad uso interno didattico, con qualsiasi mezzo, non autorizzato.

ISBN 9788896649947


INDICE

Alberto Mesiano. Una vita dedicata all’arte di Eleonora Orfanò p. 4 L’amore di Monica Paggetta p. 12 La guerra di Michele Catinari e Alice Mussini p. 31 L’immigrazione di Deborah Corno p. 55 Contro la violenza sulle donne di Chiara Boni p. 81

3


Alberto Mesiano Una vita dedicata all’arte di Eleonora Orfanò

4


“L’arte esprime profondamente il mio essere. Molti, nel corso degli anni, mi hanno definito il “pittore poeta”, considerando le mie opere dei “quadri da leggere”; osservandole venivano a contatto con una storia e, al di là di quel racconto, ad aspettarli c’ero io”. (Alberto Mesiano)

Con queste parole Alberto Mesiano definisce la sua arte. Pittore dal sentimento contemporaneo, nato a Milano il 22 Aprile del 1964, da bambino mostra un carattere timido e introverso con grandi difficoltà a comunicare le sue emozioni verbalmente. Questo lo porta sin da subito ad iniziare a dipingere muovendo i suoi primi passi nel mondo dell’arte. Mesiano si forma a Milano, presso lo studio del pittore lombardo Aldo Sterchele, dove si esercita sia in pittura che in scultura, prediligendo poi la pittura ad olio. Per Lui dipingere è sempre stato una sorta di approdo interiore, tanto da tenere persino i familiari e gli amici più intimi all’oscuro delle sue opere che spesso ha pure bruciato. Dopo che sua moglie, frugando per caso nel deposito, ha scoperto i suoi lavori, Mesiano si è convinto ad uscire allo scoperto, cominciando a mostrare i suoi dipinti in pubblico. È iniziata così la partecipazione a mostre, concorsi, anche grazie al costante lavoro curatoriale della compagna che, attraverso impegnative attività di public relation e marketing, è riuscita a far conoscere l’arte di Alberto oltre i confini italiani, diffondendola in Europa, Stati Uniti d’America e persino in Brasile. 5


Nel 2015, oltre che esporre all’EXPO (esposizione universale di Milano), presenzia all’evento “Expo in Città” e partecipa alla Rassegna d’arte “La via degli artisti” presso i Navigli e, nello stesso anno, a Roma ottiene l’Alto riconoscimento al merito in Arte dall’Accademia di Poesia e Arte Contemporanea. Nel 2016, in Brasile, espone le proprie opere insieme a quelle di José Dali e Dario Fo, partecipando alle Olimpiadi dell’Arte di Rio de Janeiro, evento collaterale delle Olimpiadi 2016. Nello stesso anno, in occasione della settimana contro la violenza sulle donne, è presente a Cernusco sul Naviglio con una personale a Villa Greppi, sede comunale del paese. Mesiano non si ferma ai primi successi e continua a portare avanti la propria arte. Nel 2017 a Roma vince il trofeo argenteo “Apollo Dionisiaco” all’Accademia Internazionale di Poesia ed Arte Contemporanea ed espone, inoltre, al Teatro del Quirinale insieme ai bimbi di Amatrice, dove presenta un’opera intitolata 240820163.366.0 creata subito dopo il sisma col dolore nel cuore. La tela, a cui Mesiano ha dedicato anche una poesia, è stata realizzata in omaggio a tutti i terremotati ed è stata donata alle autorità del comune di Amatrice e Accumuli, nelle mani di Maria Rita Pitoni (Presidente e Dirigente scolastica di Rieti ed Amatrice).

6


MAMMA TERRA

Din don din don Spingi ancora un po’ Su e giù mi fai andare Mi sembra di giocare

Spingi un pò, ancora più forte, mamma mia tremano le porte Tremano anche le finestre Corre via tutta la gente

Lascia tutto anche i vestiti Non mi sembrano più felici

Mamma basta vai più piano Sta crollando un altro piano Io ti stringo forte forte Ed insieme andiamo oltre… (Alberto Mesiano) 7


Alberto Mesiano, 240820163:366.0, 016, cm 100 x 150, olio su tela, Capranica di Amatrice, Istituto Omnicomprensivo.

8


Sempre nel 2017, ad Oslo, durante la settimana della cultura Brasile/Norvegia, all’Ambasciata brasiliana gli viene conferito il trofeo “The best of the saloon” per l’opera L’altro amore (fig. 6). A Parigi, presso il Museo del Louvre, si aggiudica una medaglia nella categoria “Arte moderna” durante il Salone Internazionale d’arte contemporanea. Il 2017 è costellato di successi: a Mediglia (MI), in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, il comune dedica un evento alle opere di Mesiano intitolato “Una rosa per te” (fig. 28). Ogni quadro esposto, incentrato su scene di femminicidio, veniva raccontato tramite una performance di danza classica creata ad hoc per l’occasione. A Genova espone le sue opere all’interno di una personale a Palazzo Ducale, intitolata “Colori ed Emozioni”, in concomitanza alla Mostra di Modigliani; a Milano riceve il “Premio Internazionale Arte Milano 2017” per il rilevante impegno stilistico manifestato. Durante la manifestazione “La Via degli Artisti - Rassegna d’arte”, tenutasi sui navigli della città meneghina, riunisce 213 artisti ed insieme dipingono un’unica tela. Nel 2018 Mesiano ottiene altri importanti riconoscimenti: sempre con l’opera L’altro amore, vince il primo premio nella categoria “Arte” durante la prima edizione di Arena Media Star - evento “Award 2018” tenutosi presso l’Arena Media Star Castello di Belgioioso (PV); nello stesso anno riceve sia il Premio Eccellenza Europea dell’Arte per aver valorizzato l’arte e la creatività italiana in Europa, sia una targa di riconoscimento dal Comune di Pantigliate (MI) per il lavoro svolto e le tematiche sociali trattate. 9


«Ho iniziato a dipingere questi soggetti perché la pittura, ancor prima dei testi, riusciva a metterle in luce». La pittura, per Mesiano, diviene il mezzo attraverso cui rappresentare e sottolineare sofferenze, turbamenti e disagi della società odierna, non dimenticando mai gli eventi storici che hanno segnato l’era contemporanea. Mesiano, inoltre, mostra sempre grande sensibilità nell’approccio alle tematiche trattate: «Il momento più emozionante coincide con l’inizio dell’opera: la sofferenza che provo dentro nel pensare ai vissuti di queste persone, la riverso sulla tela». Una forte connotazione storico-sociale lo porta ad approfondire oltre le tematiche legate all’amore, anche argomenti di grande attualità come l’immigrazione, il razzismo, le guerre ed infine il più sentito, quello legato alla violenza sulle donne e al femminicidio. Proprio per questo, prima di trattare tale argomento e codificarlo mediante la sua arte, Mesiano, mai con un fare invasivo, è solito indagare il dolore delle donne che hanno vissuto queste esperienze traumatiche. Pur essendo stato omaggiato mediante vari premi e onorificenze, Mesiano rimane principalmente un uomo umile, dedito ai valori semplici della vita e che sfugge alle luci della ribalta. Quel ragazzo timido, che utilizzava le sue tele come un “diario segreto” su cui appuntare eventi, storie e raccontare turbamenti interiori, sopravvive ancora oggi nell’animo dell’artista. Mesiano, infatti, è fortemente legato alle sue opere: «Non riesco a vendere i miei quadri, mi commuovo al pensiero di una possibile separazione. Riesco a superare questo distac10


co solo attraverso la donazione: sapere che qualcuno potrà godere dei miei quadri e rifletterà su tematiche di spessore come il femminicidio, mi trasmette serenità». A tal proposito, svariate opere sono state donate alla Facoltà di Lettere dell’Università di Lisbona, all’Accademia Internazionale di Poesia e Arte contemporanea di Roma e all’A.S.D Scopigno Cup della Città di Rieti. Vale la pena ricordare anche le donazioni alla Scuola di Amatrice e alla Galleria ArtAZ di Atene per la raccolta fondi e aiuti ai senza tetto. Anche il 2019 è ricco di successi. Il Comune di Mediglia (MI) ha infatti commissionato a Mesiano un quadro incentrato sul tema della legalità/contro cyber bullismo da poter utilizzare per la copertina del diario scolastico 2019/2020 di circa 1500 alunni. 100 passi alla luce del sole è il titolo dell’opera realizzata per questa occasione con dedica a Don Pino Puglisi e Pepino Impastato. Il dipinto è stato poi donato alla ConfCommercio Imprese per L’Italia, nelle mani del Presidente Carlo Sangalli. Visto il grande successo ottenuto e le tematiche trattate, la critica si è sempre dimostrata favorevole all’operato dell’artista che così commenta: «La critica si è sempre espressa positivamente nei miei riguardi, ma anche in caso contrario non avrei mai modificato il mio approccio alla pittura. L’arte per me è vita e difficilmente muterei le mie opere. L’unica persona che ha voce in capitolo sul mio operato è la mia bambina di cinque anni, Giorgia: lei esprime ciò che pensa veramente, senza condizionamenti, senza influenze ed è senza dubbio la mia critica più “severa”». Eleonora Orfanò

11


L’amore di Monica Paggetta

12


“L’arte non è una cosa di superficie” (Mimmo Paladino) L’arte di Alberto Mesiano è indiscutibilmente un’opera aperta, un flusso di immagini ricco di rimandi dove riferimenti artistici, storici e personali si intrecciano come in un ouroboros di antica memoria, un cerchio continuo dove ciascuna immagine apre a diversi mondi del reale immaginario: la forza del colore e lo slancio emozionale esplodono, puntando dritto al cuore. Se volessimo conoscere da che punto cominciare per coglierlo nelle sue molteplici radici e seguirlo nello sviluppo dei suoi plurimi intrecci (avanguardia, postmodernismo, transavanguardia, neoespressionismo), potremmo facilmente cogliere che ogni punto è una porta d’entrata da cui si accede per uscirne colpiti nell’anima. L’impressione è quella di un lavoro che procede per stratificazioni di spunti dettati sia dalla sua esperienza sensoriale, che da una realtà declinata spesso nelle sue forme più brute: la guerra, il razzismo, l’immigrazione, la violenza sulle donne. Ma non c’è solo questo. L’amore, la tenerezza e le emozioni abitano tanto le sue pitture, quanto la nostra percezione. Siamo dunque di fronte ad un artista che appassionatamente mescola Eros e Thanatos, mettendo in scena le grandi pulsioni dell’animo umano che, come facce di una stessa medaglia, sono opposte ma spesso complementari. Combinando iconografie e tecnica con assoluta disinvoltura, escono fuori opere in cui convivono immagini solenni e tracce del quotidiano secondo uno storytelling efficace, che incanta e attrae contemporaneamente. 13


Più che il dato visivo in sé, conta il suo prodursi, il processo attraverso cui l’artista tende a mutare, a rifare il corso delle cose, a «mettere al mondo il mondo», per dirla con le parole di Alighiero Boetti. In buona sostanza si appropria della storia, la racconta e la porta nel presente. L’arte di Mesiano, marcatamente sociale, procede come un’azione conoscitiva dove i fatti, le emozioni e le esperienze si rivelano abitando spazi inediti, talvolta surreali. Alberto non lavora “contro” le cose, ma mediante le cose dove il colore, trasformato in sincero sentimento, crea interessanti vortici visivi aperti alla riflessione e all’interpretazione personale. Addentrarsi in un dipinto di Mesiano è come camminare nel mezzo di una storia dove molteplici sono gli stimoli visivi, così come innumerevoli sono le risposte associative evocate. Parimenti a molti dei suoi contemporanei, egli ha ampliato l’orizzonte del suo e nostro tempo passando oltre le vecchie tradizioni e cercando forme nuove, tutt’altro che sistematiche. E’ un uomo del nostro tempo, artefice di una pittura così poliedrica da registrare nelle sue tele non solo i fatti protagonisti del nostro secolo, ma anche della sua vita e delle sue esperienze personali. La coesistenza di stili difformi e la molteplicità dei linguaggi ravvisabili nei suoi lavori è del resto una caratteristica di tutto il XX e XXI secolo, periodi in cui storia, arte, natura e amore sono entrate a far parte di un sistema polifonico che ha trovato terreno fertile in un’epoca dilaniata da sentimenti contrastanti, pervasi da un continuo passaggio dalla speranza alla paura, dalla tenerezza all’angoscia. 14


Emozioni queste, tutte rappresentate con grande verità in gran parte delle opere di Mesiano, specialmente quelle che affrontano tematiche intime, manifestando un legame così forte con gli uomini e i loro problemi, da rendere la sua arte un’opera globale, con vincoli profondi sia col nostro tempo che con il nostro essere. Due in particolare sono i dipinti che esprimono la grande solidarietà e partecipazione alla vita: mi riferisco a Dovrei richiedere e Vorrei volare (figg. 1, 2, oggi rispettivamente di proprietà dell’Accademia di Poesia e Arte Contemporanea a Roma e del Comune di Pantigliate a Milano) realizzate a seguito di una sorta di “visione” che Alberto ebbe quando presentò le sue opere all’Istituto romano di Riabilitazione Don Orione. E’ lui stesso a raccontare che «…Io ero lì, come tanti altri artisti a presentare le mie opere. Ognuno pieno di sé, ognuno sicuro di essere il migliore. Ma questa sensazione è svanita all’istante quando ho visto dei capolavori, quadri fantastici, poesie eccezionali. Gli autori di questi capolavori erano i fantastici ragazzi di Don Orione. Indubbiamente erano loro i veri protagonisti. Parlando a loro ho capito che i loro lavori non erano fatti per piacere, ma per comunicare; ognuno di loro raccontava la sua storia, i suoi desideri. Scrivevano, dipingevano per amore, amore di vivere. In particolare, Emmidio Aloia, con la sua poesia “DOVREI RICHIEDERE” lanciava le sue parole al vento, nella speranza di riaverle indietro, con timidezza e paura di non essere capito, ma con la consapevolezza che la parola, la sensibilità e l’amore erano le uniche cose che rimanevano (come se fosse poco); era il suo cuore che lo faceva camminare e lo rendeva ragazzo speciale. E poi, Francesco, timido e sognatore con un grande desiderio mi disse: Alberto, “VORREI VOLARE”!! Anni di studio non 15


hanno mai dato lezione così alta: umiltà e sensibilità, bellezza, sogni e amore. Loro sono i miei maestri e li tengo nel mio cuore». Ed in effetti queste due opere danno voce ad un sentimento di vita dove i gesti e gli sguardi profondi diventano protagonisti di un mondo appena accennato, in cui i dati reali (un libro, un foglio, una farfalla) si mescolano con un mondo immaginifico fatto di improvvise accensioni cromatiche. Il rosso (sofferenza, ma anche passione), il giallo (la luce, l’energia), il verde (la speranza), il blu (il freddo, interiore, ma anche l’equilibrio). Il virtuosismo e la potenza di queste cromie vanno di pari passo con il calore di Mesiano, del suo sentimento verso l’altro e di quello provato leggendo la poesia che, in uno stampatello poco ortodosso, campeggia sul lato destro dell’opera Dovrei richiedere, da cui appunto deriva il titolo: Dovrei richiedere Dovrei richiedere a chiunque ho dedicato le mie parole Quelle parole che ho scritto pensando e sentendo i miei sentimenti sinceri più che puri Rivoglio le mie parole fraintese, ostacolate, segregate e messe in discussione dai comportamenti 16


Perché è mio il senso e la musicalità, ma tante le interpretazioni (Emiddio Aloia) E se leggendo queste parole davvero i pensieri volano, c’è poi la ruota che così grande in primo piano, immediatamente ci riporta con i piedi per terra, ricordando che è lì che fisicamente dobbiamo stare, ma che pur essendo il simbolo di un vero martirio (come lo fu per Santa Caterina d’Alessandria) è grazie a questa che ci possiamo muovere sia con il corpo che con la mente. Anche Vorrei volare, dal titolo altamente evocativo, punta sul sentimento richiamato dai colori, ma pure sulla costruzione formale dei corpi, dando forte rilievo a viso e mani: i volti sono maschere severe, immobili, costruiti giocando sul contrasto tra grandi occhi a mandorla, lunghe bocche regolari e nasi forti resi con volumi decisamente scultorei, come le figure che, monumentali, si stagliano in primo piano creando un’immediata empatia con l’osservatore che, essendo per natura essere sensibile, non può passare oltre indifferente. L’attenzione alle problematiche altrui porta Mesiano anche a trattare tematiche legate alla sfera più intima e privata. Ognuno ha la sua croce e quella che lui dovette sopportare non fu cosa da poco. Proprio nel momento in cui la figlia Giorgia veniva alla luce, se ne andava un’altra metà importante del suo cuore: il padre. E’ così che nel 2015 nasce Era ancora autunno (fig. 3), un’opera complessa dove gioia e dolore si intrecciano indissolubilmente con la stessa intensità che è difficile da restituire 17


con le sole parole: un nonno che muore e una piccola che, vivendo, lo fa rinascere attraverso un significativo ed eterno passaggio di testimone. Quest’evento segnò talmente tanto Alberto che questa volta la sue mani non servirono solo per dipingere o disegnare, ma per scrivere e descrivere con una poesia le emozioni dettate dal suo cuore: ERA ANCORA AUTUNNO

Era ancora autunno quando all’improvviso decidesti. Davanti a te ancora una intera stagione da percorrere, ma la decisione era presa. La brezza del mattino, che saliva lentamente, dando sollievo alle persone che accarezzava, presto si trasformò invento. Ma tu avevi deciso … E così in quell’istante non ti aggrappasti ad un albero perché ti trattenesse, ma ad una fragile foglia che alla prima folata volò via, e tu con lei. Nel librarti nell’aria, nel medesimo istante, sfiorasti un germoglio 18


che veniva alla luce. Tu lasciasti la terra quel giorno, papà, e Giorgia arrivò fra noi. Ancor ora sento la brezza che vaga nel mio cuore. (17 gennaio 2013, Alberto Mesiano) L’opera pittorica legata a questo momento si spiega dunque alla luce di un forte buio improvviso, perché tale fu la morte del padre, e di una potente luce, quella che si accende nel cuore e negli occhi di chiunque quando nasce una nuova vita. I toni bruni, cupi e scuri, servono appunto per descrivere la perdita e quel dolore che immensamente prende il sopravvento tanto nella tela come nell’anima; c’è però una speranza: la piccola e tenera fogliolina verde teneramente accarezzata dal gigante buono che, come a volerla proteggere, indica la via di un infinito amore. Dal punto di vista stilistico i debiti sono nei confronti della grande tradizione, quella di Cezanne e di Picasso precubista, ma non solo: il corpo è titanico ma è essenzializzato in forme volumetriche, la maggiorazione di scala di mani e foglie indica la componete già postmodernista puntando a quell’appeal emotivo e sensoriale estremamente coinvolgente. Proseguendo sulla strada dei costanti dialoghi interiori, Mesiano realizza anche opere che raccontano la felicità, la tenerezza e l’amore incondizionato. L’amarezza e le gradazioni spente di Era ancora autunno, lasciano il posto ad un mondo più idilliaco e sereno, ispirato ai suoi affetti e alla sua vita familiare. 19


Esiste infatti la certezza che dopo tante sofferenze, la forza dell’amore e della famiglia trionfa, e finalmente sboccia la vera primavera in una Magia (fig. 4). Questo è ben espresso nel saggio critico di Fulvia Minetti, presidente fondatrice dell’Accademia Internazionale di Significazione, Poesia e Arte Contemporanea di Roma: «La famiglia del Mesiano è nucleo primario insolvibile. L’identità del singolo è aperta e superata nell’abbraccio rifondante dell’identità collettiva. L’alterità diviene il luogo di contenimento e di rispecchiamento di sé, d’identificazione proiettiva. Il soggetto esiste solo rispecchiato, nella misura di desiderio dell’altro, ogni soggetto è oggetto relazionale, un rapporto di sé-duzione, in riconoscimento mutuale, vive del luogo dell’altro. La finitudine, oltre ogni lacerazione, è vinta e qualora anche vi fosse una perdita, questa avrebbe il valore di una trasformazione, poiché la sinestesia dei sensi è l’acqua vitale, la linfa che presentifica ogni assenza, che interiorizza la qualità perduta, e ritrovata propria, nella magia, che parla la lingua della pelle». In quest’opera colpisce l’atmosfera onirica e sognante; è suggestiva, fiabesca, magica, seducente, pittoresca, al limite del surreale, eppure è vera, perché è il racconto del suo amore e del suo frutto. Le cose e le persone sono sottoposte ad uno strano effetto di levitazione che è in grado di sollevare montagne intere e non potrebbe essere altrimenti, perché in quel mondo idilliaco il magnetismo della pittura sembra soggiogare la gravità, rendendo tutto contemporaneamente astratto, ma presente e ben delineato, plastico e angoloso. Le opere La tenerezza non ha età (fig. 5) e L’altro amore (fig. 6) sono pervase da un’atmosfera ancora più limpida, addolci20


ta, che nulla concede all’approssimazione formale. Ogni dettaglio della superficie dipinta concorre a restituire il senso della rappresentazione, carica di affetto e tenerezza dove a colpire sono la verità dei gesti e delle espressioni, mai rigide o distaccate. Protagonisti solitari sono Giorgia Mesiano e il suo bisnonno, Ciro Rech nato nel lontano 12 settembre del 1925 nello stato di Santa Catarina in Brasile. Figlio di emigrati italiani veneti, durante la sua vita ha visto passare di tutto: una guerra mondiale, una grande crisi economica, una rivoluzione industriale, una new economy, l’avvento della tecnologia, una globalizzazione, la caduta delle torre gemelle, una nuova grande crisi, una nuova grande migrazione ecc…, ma nonostante questo e nonostante ben tre generazioni lo separino da sua nipote, c’è una cosa che li unisce in maniera indissolubile: l’incondizionato amore. Alberto Mesiano scrive «L’altro amore è vero amore!», La tenerezza non ha età - scrivo io - pure! Le sue pitture restituiscono una realtà fatta di sentimenti puri, di passioni vere che varcano immediatamente i confini della tela. L’inconscio preme forzando il disegno (le figure escono con potenza dagli sfondi tenui) e i colori (blu intenso e giallo) catturano magneticamente la nostra attenzione per raccontare la storia di una condizione umana che vorremmo vivere tutti, ma che solo a pochi è concessa. Le opere di Alberto sono totalizzanti ed è in quest’ottica che va interpretata Italia (fig. 7), dipinto che parla dell’amore per la sua patria che, nonostante le sofferenze, continua comun21


que a regalargli gioie e sentimenti profondi, come dimostra la poesia riportata qui di seguito: ITALIA

Tu cara! Amore, la più bella, La più affascinante. Sentirti parlare rilassa ed eccita. Le tue forme incantano, I fianchi da urlo, I monti più belli, Le valli da accarezzare … Su di te mi sdraierei, per un abbraccio senza fine. Ti amo e pur ti odio. Scappo vago, Lontano da te io voglio andare, Di te nulla più vorrei sapere, L’amore per te mi fa soffrire. Il vagare per altri dove, non è la soluzione. Senza te non posso stare. Ho capito che per te bisognerà sempre lottare. Italia, io ti amo con tutti i tuoi difetti! (Alberto Mesiano) 22


Mesiano affida ad una donna con la coda e mani di lucertola il compito di dichiarare il suo legame con l’Italia. Per quanto l’aspetto possa apparire inquietante, fin dai tempi antichi la lucertola o il ramarro hanno invece una connotazione positiva, perché risvegliano gli uomini dal torpore del vizio, riportandoli sulla strada della piena coscienza e della virtù. Sono nemici dei serpenti, incarnazione del male e del demonio. A dircelo è un precedente illustre come Leonardo da Vinci che nei suoi scritti ci informa: «Il ramarro, fedele all’omo, vedendo quello addormentato, combatte con la biscia, e se vede non la poter vincere corre sopra il volto dell’uomo e lo desta acciò che essa biscia non offenda lo addormentato omo». Bisogna dunque amarla quest’Italia che contemporaneamente affascina e spaventa, ma che in realtà ci protegge ed è l’unico porto dove vi è un continuo ritorno, perché senza di Lei non si può vivere.

Monica Paggetta

23


Fig. 1, Dovrei richiedere, 2015, cm 50 x 70, olio su tela, Roma, Accademia di Poesia e Arte Contemporanea.

24


Fig. 2, Vorrei volare, 2018, cm 50 x 70, olio su tela, Milano, Comune di Pantigliate.

25


Fig. 3, Era ancora autunno, 2015, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

26


Fig. 4, Magia, 2015, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

27


Fig. 5, La tenerezza non ha età , 2013, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

28


Fig. 6, L’altro amore, 2015, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

29


Fig. 7, Italia, 2015, cm 90 x 215, olio e ottone su legno, collezione privata.

30


La guerra di Michele Catinari e Alice Mussini

31


Ninna nanna della guerra

“Ninna nanna, nanna ninna,

a vantaggio de la razza,

er pupetto vo’ la zinna:

o a vantaggio de una fede,

dormi, dormi, cocco bello,

per un Dio che nun se vede,

sennò chiamo Farfarello Farfarello e Gujermone

ma che serve da riparo

che se mette a pecorone,

ar sovrano macellaro;

Gujermone e Ceccopeppe

che quer covo d’assassini

che se regge co le zeppe,

che c’insanguina la tera

co le zeppe d’un impero

sa benone che la guera

mezzo giallo e mezzo nero.

è un gran giro de quatrini che prepara le risorse

Ninna nanna, pija sonno

pe li ladri de le borse.

ché se dormi nun vedrai tante infamie e tanti guai

Fa la ninna, cocco bello,

che succedeno ner monno

finché dura ‘sto macello,

fra le spade e li fucili

fa la ninna, che domani

de li popoli civili…”.

rivedremo li sovrani

Ninna nanna, tu nun senti

che se scambieno la stima,

li sospiri e li lamenti

boni amichi come prima;

de la gente che se scanna

so’ cuggini, e fra parenti

per un matto che comanna,

nun se fanno complimenti!

che se scanna e che s’ammazza

32


Torneranno più cordiali li rapporti personali e, riuniti infra de loro, senza l’ombra de un rimorso, ce faranno un ber discorso su la pace e sur lavoro pe’ quer popolo cojone risparmiato dar cannnone”. (Trilussa, Ninna nanna dalla guerra, 1914) All’indomani del primo conflitto mondiale così Trilussa iniziava le strofe del suo famoso canto pacifista, donando a sé stesso e al mondo un’originale ninna nanna con cui raccontare le ingiustizie e gli orrori della guerra attraverso uno stile talmente arguto, ironico e schietto da catturare anche l’attenzione di Alberto Mesiano. Un’opera come Ninna nanna della guerra (fig. 8) riporta non a caso lo stesso titolo della poesia di Trilussa e può essere compresa solo spiegando il significato di quei versi costellati da termini apparentemente insensati: Farfanello, un diavolo di antica tradizione popolare, l’unico, tra quelli che compaiono nella Divina Commedia, non inventato da Dante; Gujermone ovvero Guglielmo II, imperatore di Prussia e Germania, famoso reazionario, nonché uno dei principali responsabili dell’inizio della prima guerra mondiale; Ceccopeppe che è in realtà Francesco Giuseppe I d’Austria. Dopo aver ironizzato sulle figure degli imperatori guerrafondai, il poeta si sofferma anche sui popoli cosiddetti civili, gente che per seguire «un matto che comanna», in nome della 33


razza e della religione, ha messo in campo una disumanizzazione senza uguali. Su una tela dalle dimensioni ridotte, Mesiano ricrea l’interno di una piccola cappella privata dove un divino fascio di luce parte dall’angolo in alto a sinistra del quadro per cadere fino a terra ad illuminare un corpo senza vita. L’iconografia, esemplata su modelli della più alta tradizione sacra, ci riporta ai martirologi dei santi, ma in questo caso il riferimento religioso è puramente formale: Dio, infatti, “nun se vede” neanche oggi, quando quotidianamente veniamo scossi da immagini di bambini esanimi sulla spiaggia e le parole dei politici sono sempre le stesse, rivolte a “quer popolo cojone risparmiato dar cannone!”. Di opere incentrate sul tema della guerra, Mesiano ne realizza varie cercando di ripercorrere gli episodi più significativi legati soprattutto al secondo conflitto mondiale. Il primo tra questi è Berlino – la notte dei cristalli del 2018 (fig. 9): il dipinto si riferisce ad uno dei primi episodi di razzismo nei confronti della comunità ebraica che la Germania nazista mise in atto a partire da quella terribile notte fra il 30 giugno e il 1 luglio del1934. Questo fu solo il primo di una lunga serie di atti intimidatori volti ad infondere un clima di terrore e paura nei confronti del “diverso”. Per i tedeschi, l’uomo di razza ebrea doveva essere considerato impuro, un problema per l’umanità da risolvere con qualsiasi mezzo possibile. La soluzione arrivò presto con le Leggi di Norimberga del 1935 e la discriminazione razziale all’interno dell’ordinamento giuridico del terzo Reich. 34


Da allora in poi niente fu più come prima: le più importanti sinagoghe della città vennero demolite insieme ad altri luoghi simbolo della comunità ebraica; tutti i beni degli ebrei vennero confiscati per risanare il debito pubblico della Nazione e si diede avvio alle operazioni di spostamento forzato di circa 30 mila ebrei nei campi di concentramento di Dachau, Buchenwald e Sachsenhausen. Tutto ciò nell’indifferenza del mondo intero. È proprio questo l’aspetto che colpisce Mesiano: l’indifferenza di chi, il giorno dopo, si è svegliato come se non fosse successo nulla, nonostante tutto. Al pittore interessano le reazioni di chi ebreo non lo era, né di nome né di razza: c’è chi ha denunciato alle spalle delle vittime e chi, in segreto, ha cercato di aiutare le persone in difficoltà, anche se effettivamente furono in pochi. Queste sono le sensazioni che emergono osservando un’opera come Berlino – la notte dei cristalli, in cui emozioni turbolente prendono il sopravvento, proprio come i sentimenti di chi quelle ore le ha vissute davvero sulla propria pelle. L’attenzione di Mesiano, posata soprattutto su quelle poche persone che hanno cercato di salvare e aiutare, si concentra a metà del quadro nelle due mani che si incontrano e che sono grigie come la realtà da cui provengono; una di queste ha già impresso il codice che lo accompagnerà probabilmente fino alla morte, la matricola che diventerà il suo nuovo nome di fronte al mondo. Se le due mani riportano alla mente analoghe visioni come quelle della locandina di Schindler’s list (1993), altri elementi catturano la nostra attenzione: un indice puntato che è un grido di sdegno per quel gesto di solidarietà, un urlo che ha un volto dalle sembianze più mostruose che umane. 35


Forme dai tratti taglienti, colori accesi e caldi, avvolgono tutto come a ricordare il fuoco che inesorabilmente distrugge ogni cosa. Svegliati nel cuore della notte, gli ebrei osservano i loro beni ormai distrutti di fronte ad un muro in cui trionfalmente campeggia la scritta “Berlin”, proprio quella Berlino che aveva mostrato indifferenza nei loro confronti, privandoli di ogni bene e identità. Non esiste più alcuna speranza per chi è considerato come la causa scatenante di ogni male, per chi è già destinato ad un campo di concentramento per essere giustiziato. Memoria di Shoah del 2015 (fig. 10) nasce proprio dall’intento di invitare a riflettere e meditare profondamente su questi fatti. Mesiano raffigura ancora una volta una mano che, varcando il confine segnato dalle sbarre di una cella, si protende con forza verso l’esterno; è una mano sofferente, quasi pelle e ossa, la mano di chi ne ha vissute tante, troppe raccapriccianti esperienze. Lo stile crudo di quest’opera è tagliente ed allo stesso tempo ricco di pathos e drammaticità, giocato quasi esclusivamente sui colori freddi del grigio e dell’azzurro su cui si accendono improvvise pennellate di rosso, simbolo di morte e di sofferenza. Profonde linee nere scavano le pieghe della pelle, dando il massimo risalto al gioco dei chiaroscuri. Colpiscono poi i tanti numeri incisi sul muro della cella, a ricordo di chi probabilmente ormai è andato incontro al suo destino e colpisce la matricola di colore rosso fuoco di quel 36


grande braccio in primo piano che cerca con forza disperata la via della speranza, aldilà delle sbarre. Dalla grande mano pende un rosario con ciondolo rosso, colore che indica il martirio ed il dolore del prigioniero, ponendosi sullo stesso piano del corallo spesso rappresentato attorno al collo del Salvatore come presagio di sofferenza e morte. Un’altra opera incentrata sulla seconda guerra mondiale e su un fatto realmente accaduto è Foibe.10 febbraio (fig. 11). I fatti dell’8 settembre del 1943, a partire dalla firma dell’armistizio, fecero dell’Italia un paese allo sbando. Con l’illusione della pace, gli italiani si avviarono infatti ad un lungo periodo di stenti, bombardamenti e rappresaglie: le truppe tedesche assunsero il controllo di Pola e di Trieste, il 13 settembre 1943 a Pisino venne proclamata l’annessione dell’Istria alla Croazia ed il 29 settembre venne istituito il Comitato esecutivo provvisorio di liberazione dell’Istria. Centinaia di condanne a morte vennero emesse da tribunali improvvisati, le cui vittime non furono solo esponenti del partito fascista, ma anche personaggi di spicco della comunità italiana e potenziali nemici del futuro Stato comunista jugoslavo. Molti furono condannati e gettati indifferentemente nelle foibe e nelle miniere di bauxite; solo nel 1943 circa settecento persone persero la vita in questo modo. Tenendo ben presente questa brutta pagina della nostra storia, Alberto Mesiano ricorda gli orrori di quei momenti: infinite mani gettano fiori nella fossa, mentre altre tentano di trarsi fuori da questi inghiottitoi carsici, detti appunto foibe. La cornice, scomposta e distrutta, non più mera decorazione, 37


diviene elemento espressivo fondamentale. Su di un piccolo foglio ad essa inchiodato si legge: “Si ricorda con le parole e con gesti simbolici. È per questo che la gente continua a morire? Nell’indifferenza mondiale?Si, uccidiamo. Ma per non dimenticare …”. La scritta fa riferimento alla dilagante tendenza di oggi a ricordare, ma senza comprendere nel profondo gli accadimenti, correndo così il rischio di giudicare con troppa facilità. Le foibe sono state vissute dai protagonisti come un atto di giustizia; probabilmente erano sinceramente convinti che annientare il nemico avrebbe portato all’affermarsi degli ideali comunisti. Come spesso accade, però, il confine tra giustizia e vendetta è assai labile ed il dolore, come il fanatismo possono portare a credere che per essi si possa giustificare qualsiasi cosa, anche uno sterminio di massa come questo, che è facile far cadere nell’oblio della memoria. D’altra parte ogni giorno, in molte parti del mondo si combattono guerre di cui nessuno parla. La guerra non è solo dolore ed ingiustizia, ricordarla significa anche dare il dovuto riconoscimento a coloro che hanno rischiato la vita per aiutare il prossimo. È in base a queste riflessioni che si spiega un’opera come Giusti tra le Nazioni (fig. 12), definizione con cui sono indicate nella tradizione ebraica le persone che hanno dimostrato rispetto verso Dio, pur non essendo di razza ebrea. Dal 1963 la Corte Suprema d’Israele ha il compito di conferire tale onorificenza che, oltre all’assegnazione di una medaglia, comporta anche il privilegio di vedere il proprio nome 38


apposto nel Giardino dei Giusti presso il museo Yad Vashem di Gerusalemme. Ogni Giusto tra le Nazioni ha inoltre diritto alla piantumazione di un albero, che nella tradizione ebraica indica il ricordo perenne di una persona cara1. Nel dipinto, a destra, compare infatti una mano da cui si diramano lunghe fronde di un albero che è un chiaro riferimento al Monte della Rimembranza. Fino al primo gennaio 2018 sono stati riconosciuti da Yad Vashem 26973 Giusti, divisi in 51 paesi diversi: l’Italia si trova al momento all’ottava posizione con 682 nomi. Nel ricordare questi eroici personaggi, Mesiano dipinge un ciclista che porta sulle spalle un’enorme ruota sui cui raggi corrono i nomi di alcuni dei Giusti. Tra gli altri, spicca quello del ciclista Gino Bartali, omaggiato nell’opera per l’importante ruolo che ebbe nel salvare decine di ebrei. Non molti sanno infatti che il grande campione, approfittando dei suoi lunghi allenamenti per le strade di campagna, era solito fare la staffetta partigiana trasportando documenti falsi nella canna della sua bicicletta. Finita la guerra nel 1945, seguirà un periodo lungo in cui tutte le nazioni coinvolte saranno impegnate a ricostruire quanto è andato distrutto; è tempo per tutti, o almeno per quelli che sono rimasti, di ritornare a casa. In questo contesto si inserisce un’altra opera di Mesiano, Ricordi di follia (fig. 13), esposta nel 2018 alla Casa dei Diritti del comune di Milano. 1 Dagli anni Novanta, poiché il Monte della Rimembranza è completamente ricoperto di alberi, il nome dei giusti è inciso sul Muro d’Onore eretto a tale scopo nel perimetro del Memoriale.

39


In questo dipinto l’artista raffigura un uomo qualsiasi nel momento in cui sta facendo ritorno a casa. La sua città di provenienza è Milano, la grande città della moda, della bella vita, la città del “salviamo la bellezza” che nel 1938 denunciò ed esonerò dal lavoro i dipendenti ebrei. Quest’uomo, che chiameremo R per via della lettera che porta dipinta sulla guancia sinistra (R sta per “ricordare”), ritorna a casa dove trova il suo cane che, dopo tanti tradimenti da parte delle persone, è l’unico di cui si può fidare. Gli animali, come i fiori, sono esseri che non giudicano il colore della pelle o il credo religioso, ma amano incondizionatamente. Nella parte superiore del dipinto svetta la grande metropoli di Milano che è rappresentata con le sue ciminiere fumanti, le case popolari, i quartieri che nel molle tratto di linee blu e rosse si disperdono all’orizzonte. Nell’opera compaiono in ordine sparso estratti di giornale che riportano frasi dai toni accattivanti come “Trascinati in un magico viaggio”, “Viaggio nell’arte”, “Bella Milano”, “Capolavori dal mondo, altri continenti”. Sono frasi che danno un’immagine piuttosto positiva della città, ma sono incompiute, come se dovesse mancare qualcosa di importante, perché Milano è sì tutto questo, ma è anche la città della grande ipocrisia che, quando poteva, non ha aiutato chi era in evidente bisogno. In basso a sinistra, piccola e distante rispetto agli estratti precedenti, compare la frase “Salviamo la bellezza” e poi “… Sì oppure no?” invitando ad una riflessione più profonda: conviene davvero salvare Milano? E poi, salvarla da cosa? D’altronde in basso a destra compare anche una foto in cui tutti gli ebrei della città vengono cacciati e mandati via, seguendo 40


un cartello che recita chiaramente “Juden”, giudei appunto. Pittura e collage si fondono restituendo una rappresentazione travagliata della realtà in cui compaiono alla rinfusa i pensieri del vecchio R e tutto quello che ha fatto parte della sua vita da sopravvissuto. Ormai per lui il peggio è passato, gli restano solamente le coccole di un cane: lo abbraccia con le sue mani, raffigurate più grandi del normale proprio per enfatizzare il suo affetto verso di lui, e si lascia andare ai pensieri, mentre l’animale festeggia il suo ritorno. R torna a casa dopo aver vissuto diverse peripezie, ma non è stato intrappolato da “Calipso” e ora non lo attendono “i Proci” da sconfiggere, gli restano solo i ricordi di un passato infernale. A destra compaiono poi due mani, come se lo stesso R volesse ricevere finalmente il tanto desiderato affetto ricercato per anni. Ormai però il suo tempo sembra arrivato al termine, il suo corpo è ricoperto quasi interamente da rughe spesse e profonde. Sono bianchi, ma anche gialli e blu, i fiori presenti in basso a sinistra, ma sono fiori appassiti e rappresentano tutto ciò che di positivo poteva esserci nella città ed ora non c’è più. Resta però un ricordo indelebile nella sua mente: quegli ebrei mandati via ingiustamente. L’ultima frase in basso a sinistra recita “dispensati dal lavoro perché”. Non c’è una vera e propria spiegazione, l’unica risposta possibile è una grande X. Riuscirà la grande Milano a guarire o tradirà un’altra volta la sua gente? L’attenzione di Mesiano per l’attualità e per le ingiustizie so41


ciali è presente anche nell’opera Siria2 (fig. 14), un dipinto realizzato nel 2016 tratto dall’omonima poesia del poeta Golan Haji, che così recita: “… E intanto l’inverno continua, il mondo è conflitto e dolore e la parola non è sinonimo di salvezza mentre “le nostre foto si vendono come cartoline in bianco e nero, e i binari son croci fatte di fiammiferi e ossa di bambini…”. Golan Haji è un poeta siriano, curdo di nascita che scrive in arabo, appartenente a quella minoranza di due milioni di persone a cui il regime ha negato il diritto alla propria cultura e alla propria lingua. Migrato a Parigi nel 2011 a causa del suo esilio, Golan cerca di lenire le ferite e il dolore per la guerra in Siria attraverso le sue parole, parlando direttamente al cuore di ognuno di noi. L’inverno continua, dice fin da subito la poesia, la sofferenza degli esseri umani, soprattutto dei siriani martoriati dalla guerra, purtroppo non conosce fine e la parola non deve essere per forza sinonimo di salvezza. Questo ci dice il poeta, lui che ha sempre visto la parola come uno strumento con cui giocare permettendogli di sopravvivere. Mesiano realizza un’opera intensa, molto simile alle gigantografie dei manifesti che si vedono spesso nelle mostre di cui ormai l’emblema è diventata la famosa ragazza afghana dagli occhi verdi del fotoreporter Steve McCurry. L’attenzione ai dettagli è tangibile, la resa in bianco e nero è 2 Questo dipinto è stato esposto nel 2016 a Berlino, nel 2017 al Palazzo Ducale di Genova e nel 2018 all’Ambasciata brasiliana in Norvegia, ottenendo in quest’ultima occasione una medaglia d’oro.

42


meticolosa, ogni maceria trasuda tragedia come nelle migliori foto di questo secolo e di quello passato. La bambina in primo piano guarda verso sinistra riparandosi contro un muro, mentre dall’altra parte un palazzo con una grande vetrata si innalza verso il cielo in tutta la sua magnificenza. Le due immagini si fondono: il muro divide la ricchezza dai sogni di una bambina che spera in quella pace a lei non concessa e che la guerra ha distrutto. Non c’è invidia nei suoi occhi, c’è solo uno sguardo di innocente speranza che prima o poi tutto questo abbia una fine. La fotografia sulla destra esprime efficacemente l’attualità dei fatti in cui la guerra ha preso il sopravvento senza guardare in faccia a nessuno, bambini compresi. Colpire gli innocenti, anzi soprattutto gli innocenti, è da sempre una prerogativa della guerra. Un’altra opera che raffigura le conseguenze di questi atti è Mission, del 2018 (fig. 15). Come è noto, nel corso degli anni “Save the children”, organizzazione internazionale per la salvaguardia dell’infanzia, ha fatto il giro di tutti i campi profughi di Turchia e Giordania per intervistare i bambini scappati dalla Siria. Tra le tante storie orribili da raccontare, c’è quella di Hassan, un bambino di 7 anni nativo di Aleppo, che è costretto a vedere gli orrori della guerra invece di giocare a pallone per le strade come tutti i suoi coetanei. Nella grande valigia marrone sono racchiusi tutti i suoi ricordi ed affetti, ma anche distruzione e desolazione che, affastellandosi l’una sull’altra, non gli lasciano scampo. 43


Il bambino vive la guerra e non ha via d’uscita, ma nonostante tutto rimane sempre un bimbo che ama giocare. Gioca a pallone, a nascondino e persino alla guerra tra le rovine e macerie della sua stessa casa. In questo girotondo, realtà e fantasia si mescolano rendendo difficile distinguere il buono dal cattivo, il colpevole dall’innocente. L’unica evidenza rimane la sofferenza, quella dei piccoli, gli innocenti e gli unici in grado di portare a termine una missione. «La mission del futuro è nelle loro mani» - dice Mesiano. Quella valigia non rappresenta solo un semplice bagaglio da viaggio: la vecchia valigia è in realtà un grande sogno, il sogno della pace realizzabile solo se tutte le cose negative (le differenze, le fazioni, le razze, l’appartenenza all’una o all’altra tribù) saranno chiuse nella valigia e portate via il più lontano possibile. Avere la pace comporta però anche tanti sacrifici perché è inevitabile che nella valigia finiscano anche persone care, i ricordi e gli affetti. Ancora una volta la pace impone un sacrificio, ma c’è comunque speranza: dal terreno spunta un fiore che da solo si eleva verso il cielo , portando avanti, crescendo, la sua “missione”. Ogni singolo aspetto legato alla guerra è dunque molto caro al pittore che più di una volta ha affrontato singoli episodi o vite di esseri umani coinvolti in atrocità e sofferenze. Dalla fine della seconda guerra mondiale, l’Europa ha vissuto un periodo di pace dovuto anche alla nascita dell’Unione Europea, ma oggi c’è un nuovo nemico da combattere che si chiama terrorismo. 44


I fatti accaduti a Parigi la sera del 13 novembre 2015 hanno cambiato la storia della Francia e del continente intero in soli quaranta minuti. Quella sera, mentre allo Stade de France si giocava l’amichevole Francia - Germania, al teatro Bataclan si teneva il concerto degli “Eagles of Death Metal”, gruppo garage rock californiano. Il tabellone della partita segnava 16 minuti e 24 secondi quando un grande botto veniva confuso con un petardo; moriva così la prima vittima di un attentato che non verrà mai dimenticato. Alcuni terroristi entrarono sparando sulla folla con dei kalashnikov. Centotrenta saranno le vittime dei sei attacchi simultanei disseminati in tutta la città che ancora sanguinava dall’attentato avvenuto il 7 gennaio dello stesso anno alla sede di Charlie Hebdo (dodici morti e undici feriti). Al momento quello avvenuto al Bataclan è il secondo più grave atto terroristico nei confini dell’Unione Europea dopo gli attentati dell’11 marzo 2004 a Madrid (centonovantadue morti e duemilacinquantasette feriti). Pourquoi? (fig. 16) si chiede il pittore. Perché tutto questo dolore, questo odio, perché? Domande a cui è difficile dare una risposta. Nel tendere la mano ai nostri cugini d’oltralpe, Mesiano ricorda quegli ideali che sono da sempre alla base della Repubblica francese: se infatti la Tour Eiffel, emblema della Francia nel mondo, nella sua forma stilizzata simboleggia la pace che deve perdurare tra i popoli, i colori della bandiera predominano nel dipinto riportandoci a tre valori fondamentali dei diritti dell’uomo: liberté, egalité, fraternité. Michele Catinari Alice Mussini 45


Fig. 8, Ninna nanna della guerra, 2016, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

46


Fig. 9, Berlino - la notte dei cristalli, 2018, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

47


Fig. 10, Memoria di Shoa, 2015, cm 30 x 40, olio su tela, collezione privata dell’artista.

48


Fig. 11, Foibe - 10 febbraio, 2015, cm 85 x 75, olio su tela, collezione privata dell’artista.

49


Fig. 12, Giusti tra le Nazioni, 2018, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

50


Fig. 13, Ricordi di follia, 2018, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

51


Fig. 14, Siria, 2016, cm 50 x 70, misto olio su tela, collezione privata.

52


Fig. 15, Mission, 2018, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

53


Fig. 16, Pourquoi, 2015, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata.

54


L’immigrazione di Deborah Corno

55


“… E intanto l’inverno continua, il mondo è conflitto e dolore e la parola non è sinonimo di salvezza mentre le nostre foto si vendono come cartoline in bianco e nero, e i binari son croci fatte di fiammiferi e ossa di bambini…”. (Golan Haji)

Per un’arte come quella di Mesiano, incentrata sul sapiente uso della materia e della luce, diventa fatto imprescindibile l’uso del colore così intenso, vero, a tratti pungente, da colpire qualsivoglia spettatore soprattutto se si tratta di tematiche di forte impegno morale e sociale. L’immigrazione è una di queste, che Alberto affronta con estrema evidenza e fermezza, senza filtri e senza mai nascondere o nascondersi. “Quadri da leggere”, così Mesiano definisce le sue opere che si devono intendere come dei veri e propri libri da sfogliare fino in fondo, delle poesie, mai banali, né scontate, ma semplicemente vere con uno sguardo sempre attento e sensibile alla realtà contemporanea. Ogni tematica, dall’immigrazione, alla guerra, alla disabilità, alla violenza sulle donne, è raccontata con grande coinvolgimento emotivo e tutto (corpi, volti, mani e gesti) assolve l’alto compito di portare agli occhi e alla mente dell’osservatore l’evidenza dei fatti. Gesti ed espressioni traspongono concretamente in pittura le parole e il pensiero dell’artista che spesso ama scrivere nei suoi quadri, proprio per rafforzare il messaggio e il tema dell’opera. Colori forti e luminosi dunque, ma anche figure di grande 56


impatto visivo accompagnate, in qualche caso, da elementi floreali e paesaggistici, come a suggellare un delicato e intimo rapporto tra la natura e l’uomo, benché protagonista di temi struggenti e forti. Comunicare, arrivare e sperare, questi sono gli obbiettivi delle opere di Mesiano, nate da una coscienza sapiente che mira dritto all’osservatore, al suo coinvolgimento e alla riflessione costante. Una tematica di grande attualità come l’immigrazione è raccontata con profonda verità e partecipazione, mettendo in evidenza i sentimenti contrastanti che essa genera: l’indifferenza di molti e la speranza di chi emigra alla ricerca di un futuro migliore. Emozioni queste al centro di un’opera come Primavera araba e arida (fig. 17). Arida come i cuori delle persone, ma talmente colorata e straordinaria da caricarsi di una nuova speranza e sbocciare in un’inaspettata primavera, simbolo di rinascita, di libertà e della voglia di guardare oltre, di andare altrove. E’ la primavera che abita in ognuno di noi quando pensiamo ai colori, ai fiori, alla luce e al calore del sole. E’ la felicità, la spensieratezza, la libertà di chi si lascia andare e si emoziona. La primavera è inoltre donna e femmina insieme; è tanto docile quanto sensibile; tanto elegante quanto leggiadra. Ciascuna donna può immedesimarsi in Lei, ciascuna donna può essere Primavera, indipendentemente dalle tradizioni, dagli usi e costumi differenti. Ecco il messaggio di speranza e l’invito ad aprire occhi e mente a nuovi orizzonti. 57


Una donna immensa, nella grandezza di spirito e corpo, volta lo sguardo spento, vuoto, quasi assopito, forse in cerca di aiuto, mentre le sue mani si animano di altri ignoti volti. Evidenti segni neri le percorrono il corpo e gridano la sofferenza mitigata da un tripudio di fiori che rallegrano lo sguardo di chi guarda, ridando speranza. La donna chiude gli occhi, riflette e aguzza gli artigli, per riprendersi la Primavera, la sua e la nostra speranza. Per lei che è Primavera, per un futuro che sia fatto di felicità e di speranza. La Primavera di Mesiano trasmette questo sogno futuro, ma anche la tristezza di una donna che sta per perdere tutto, che ha la voglia e la grinta di riprendersi ciò che ha perso, di guardare oltre, al di là dei confini del quadro. Non sempre però si riesce in questa ardua impresa. In Speranze Inabissate del 2014 (fig. 18) si racconta infatti una delle più grandi catastrofi marittime dove persero la vita quasi 400 persone; un naufragio avvenuto nel 2014 che, con oltre 368 morti, 20 dispersi e 40 bambini orfani, ha scosso le coscienze del mondo. Tema centrale dell’opera è l’abbandono degli uomini da parte degli uomini. I colori freddi entrano prepotentemente in contrasto con quelli caldi, un senso di tristezza avvolge il mare e porta via con sé la speranza. Il sogno di ciascuno si è inabissato e non serve più parlare di speranza, ma di dignità e di rispetto nei confronti di chi, in quel mare, non ha più speranze a cui aggrapparsi. L’uomo dal volto canuto e una barba bianca quasi accecante, come un nonno e una persona familiare, accudisce i propri figli, li abbraccia a sé con grandi braccia, cullandoli eternamente. 58


Gli abissi prendono la forma delle persone che, circondati da coralli, ormai ne fanno parte. Si scorge un volto ed una mano del colore dell’acqua: l’occhio guarda verso l’alto, forse verso chi l’ha lasciato affogare, e piange. Visioni frequenti nelle barbarie contemporanee: barche che affondano in mezzo al Mediterraneo e centinaia di uomini, donne e bambini che perdono la vita. Vite che si tramutano in corallo perpetuando il ciclo della vita. I volti sul fondale del mare, sperando nella salvezza, guardano lontano verso l’indifferenza di chi non ha avuto il coraggio di salvarli. La strage si è consumata in una manciata di attimi. Mentre il fuoco divampava, i migranti presi dal panico si sono tuffati in acqua, molti senza nemmeno saper nuotare, mentre la barca, ormai rovesciata, colava a picco. Una strage avvenuta davanti agli occhi di tutti, nell’indifferenza totale. Straziante il racconto di alcuni superstiti: “Siamo partiti due giorni fa dal porto libico di Misurata, su quel barcone non riuscivamo nemmeno a muoverci. Durante la traversata tre pescherecci ci hanno visto ma non ci hanno soccorso. Quando siamo arrivati in prossimità dell’isola abbiamo deciso di accendere un fuoco, incendiando una coperta, per farci notare. Ma il ponte era sporco di benzina: in pochi attimi il barcone è stato avvolto dalle fiamme; molti di noi si sono lanciati in acqua tra le urla mentre la barca si capovolgeva.” (La Repubblica, 26 agosto 2014) Il Mar Mediterraneo, che dovrebbe unire i popoli e creare un crogiuolo di culture, è divenuto un triste cimitero di uomini che viaggiano in cerca di qualcosa, qualcosa di migliore. Viaggiano per poter garantire per sé e per i propri figli una vita, un futuro percepito quasi come un miraggio. 59


Mesiano descrive queste aspettative anche in Verso il granaio (fig. 19), un’opera importante realizzata in occasione di una delle giornate speciali per Milano EXPO 2015 che ha vinto anche la medaglia d’argento “Premio Apollo Dionisiaco”, Accademia di Poesia e Arte Contemporanea (Roma) nel 2017. “Sfamiamo il mondo” era lo slogan di quell’evento. Il corpo di un uomo che apre il costato percorso da filo spinato, simboleggia il pianeta da cui fuoriescono uomini in fuga dal centro del mondo. Le mani protese verso l’alto guardano l’Italia; un puntino rosso in particolare indica la città di Milano, protagonista dell’edizione Expo 2015. L’uomo, nonché il mondo, tiene in mano un fiore, simbolo di salvezza e carità, una proiezione psicologica e spirituale che porta immediata serenità mentale e visiva per chi cerca speranza. Le mani degli uomini cercano proprio questo: una speranza di aiuto, semplicemente un’altra mano. “Uscita” recita la scritta in arabo alla destra del quadro, ma la realtà è purtroppo ben diversa. Siamo umani o siamo bestie? Forse solo bestie che dimenticano il passato e non guardano al futuro. È ancora L’indifferenza dei grandi (fig. 20) di chi può e non vuole vedere, di chi pesca nella torba non curante dei poveri e degli altri come in Riccio di Mare (fig. 21).

In quest’opera in particolare emerge l’avidità dell’uomo ed il suo egoismo pungente, rappresentato dal riccio: i suoi aghi pungono a chiunque si avvicini, rinnegando aiuto e sostegno per chi ne ha davvero bisogno. I colori scuri e tenebrosi, il torbido e il nero servono proprio a descrivere questa che è una delle più grandi brutture dell’animo umano. 60


Una selva di piante si intrecciano ed oscurano la vista del riccio: le piante rappresentano i poveri che come vegetali, senza ricevere nulla in cambio, chiedono aiuto ai ricchi. Il riccio, spinoso e pungente, è la società dei ricchi che nascosti, senza farsi riconoscere, pescano dentro il nostro mare, traendone vantaggio. Lo sguardo del riccio punta dritto all’obiettivo: pescare nella torba dei poveri. Una linea di confine divide in due parti l’opera, resta un amo che galleggia, nessuna preda ha ancora abboccato indicando una via di fuga. Mesiano invita ancora una volta a cogliere la possibilità per il mondo di salvarsi dalle brutture dell’umanità.

“Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera, il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo che lavora nel fango che non conosce pace che lotta per mezzo pane che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome, senza più forza di ricordare vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa andando per via, coricandovi alzandovi; ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi”. (Primo Levi, Se questo è un uomo)

61


La poesia di Primo Levi, seppur maturata in un contesto completamente diverso risalente a più di settanta anni fa, descriveva la disumanizzazione dell’era moderna con parole che ancora oggi suonano molto attuali. Auschwitz ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’uomo e quell’eco di terrore viene spezzato oggi da un fermo grido di aiuto SOS People (fig. 22). L’emergenza continua, è quotidiana. Le scarpe ritrovate fuori dai forni hanno continuato il loro cammino, sono le stesse scarpine che, da Auschwitz a Lampedusa, seguitano a perdere i loro innocenti piedini. Ma c’è chi nel globale silenzio aiuta e collabora, “tira la corda” e attira a sé la barca. Le impronte sulla sabbia, la barca arenata e il cartello insabbiato di Lampedusa gridano il loro disperato bisogno di amore. La richiesta di aiuto, così come la ricerca di giustizia morale, si rintracciano anche in Sono persone come tutti (fig. 23), opera il cui titolo rimanda alla frase detta da papa Francesco durante la sua visita a Lampedusa. Mesiano rappresenta una spiaggia del Nord Africa ricoperta di teschi che simboleggiano persone senza più una vita, un corpo, una dignità, in attesa di un passaggio verso l’Europa. L’onda è in realtà un uomo che con le sue mani a volte abbraccia, altre volte porta via con sé. L’onda nasconde Lampedusa, la Sicilia e alcune isole greche, in modo che l’Europa non sia in grado di vederle. La stessa Europa che non vuole vedere o che fa finta di non vedere. In alto a sinistra si scorge la Francia che guarda e ghigna. Volutamente l’isola di Lampedusa è sommersa e resa invisibile. 62


La storia si ripete con popoli che migrano alla ricerca di solidarietà, ma soprattutto dignità in una società disseminata di trappole, dove la difficoltà maggiore non è tanto attraversare un mare in tempesta pronto ad inghiottire, quanto sopravvivere su una sponda straniera. Di fronte a tanta morte e sofferenza resta un solo pensiero: siamo tutti uguali e bisogna aprirsi, lasciando nel nostro cuore il posto all’accoglienza. Le parole scritte sui paesi significano proprio questo: accoglienza. Non si può restare indifferenti di fronte a chi, come i due ragazzi sulla sinistra del quadro, ci guarda come per chiedere aiuto, una mano, uno sguardo di conforto, implorando che la storia non si ripeta, che non sia di nuovo il racconto di un altro abbandono. E intanto il tempo scorre e le coste si tingono di un colore sempre più marrone, rendendo la terra arida e piena di morte, solo l’azzurro del mare la rende diversa. Mesiano, mai banale, ragiona sull’introspezione dell’appartenenza alla terra e sulla psicologia delle persone, mettendo in risalto il messaggio della negata ospitalità nei paesi europei. Volti di persone spaventate costeggiano le sponde nord-africane, è un brulichio di gente divisa tra chi osserva l’Europa in lontananza in cerca di un riparo e chi va alla ricerca dei propri conterranei. Tutti uniti per un stesso obiettivo: una nuova vita, una speranza. Solo l’apertura verso l’altro, l’accoglienza può cambiare le cose; è opportuno mutare lo sguardo, cambiando la prospettiva e osservare con la semplicità propria dei bambini, liberi da qualsiasi influenza o giudizio preconfezionato. 63


Mesiano lo racconta nell’opera L’indifferenza dei grandi (fig. 20) sottolineando la necessità di pensare come un bambino nella sua verità ingenua. Una famiglia deve essere unita e accogliente nei confronti del proprio figlio e mai indifferente verso i bambini innocenti. Il padre ha lo sguardo distratto e freddo rivolto altrove, non gli interessa minimamente guardare ciò che accade; rappresenta l’Europa che non vuole vedere; ha le mani dietro la schiena per dimostrare la mancanza di volontà ed il suo totale disinteresse nell’agire. La madre, simbolo di dolcezza e amore, si china ad aiutare il bimbo tra le sue braccia, come in segno di protezione, perché tra le braccia materne ci sentiamo tutti più sicuri e al riparo dagli orrori del mondo esterno. Mesiano lancia il suo messaggio: la madre personifica tutti coloro che aiutano il prossimo, coloro che sono in difficoltà e scappano dal dolore e dalla sofferenza. Il bimbo porta una benda, proprio come chi viaggia alla cieca e che cerca una salvezza, un aiuto ma invano. È la stessa benda con cui, a volte, una madre copre gli occhi al figlio per non far vedere gli orrori del mondo, il disinteresse verso le persone bisognose e l’egoismo cinico di molti. Una benda che, però, lascia speranza, perché c’è una trasparenza che lascia visibili gli occhi: c’è un bagliore di luce, finché ci saranno persone come le nostre madri, ad indicarci la giusta via. I colori usati da Mesiano sono altamente simbolici: il giallo e il rosso mescolati al grigio e al nero, lasciano intendere che l’uomo, l’Europa, viene assorbita dall’indifferenza che maschera il colore e la verità, rendendola cieca.

64


Nell’opera Involuzione (fig. 24) troviamo ancora i sentimenti di sofferenza, indifferenza e diffidenza delle persone. Nel dizionario così si legge: Involuzióne [dal lat. involutio -onis, der. di involvĕre ≪involgere≫]. Per estensione e in contrapposizione a evoluzione, qualsiasi fenomeno di regresso, di decadenza, di ritorno a forme inferiori e meno evolute, sia con riguardo all’intelligenza, sia anche con riferimento alla vita culturale, sociale, politica,economica d’un popolo, e simili. Il ritorno alla decadenza, soprattutto culturale e sociale è quella raccontata da Mesiano. L’opera colpisce per l’uomo di colore che aiuta un bianco, una mano sotto forma di onda che travolge innocenti e il filo che trascina l’arretratezza e l’involuzione. L’uomo ritorna scimmia. La scimmia è l’animale che ci riporta alle nostre origini, tutto ciò che siamo ora proviene da quel momento, eppure sotto sembianze diverse ci stiamo ritornando. Il sole caldo rilascia una luce irradiante, come se volesse attirarci a sé, mentre sullo sfondo una ragnatela che segna il confine, intrappola le persone di tutti i colori, perché il colore non è catalogabile, così come non lo sono gli esseri umani. Nel tripudio di blu, rossi e arancioni, un’onda del mare prende forma e travolge le persone, quelli che riescono a salvarsi rimangono intrappolati in una ragnatela. Si intravedono delle gocce di sangue, la sofferenza continua e non resta altro che lottare verso la cima del confine, superando l’ostacolo, passo dopo passo. Il messaggio è chiaro: nessuno è qualcuno, la sofferenza è di 65


tutti, indipendentemente dal colore e dal volto e, ammesso che si riesca a superare l’ostacolo, non vuol dire che sia tutto finito. I passi da fare sono molti, almeno tanti quanti quelli inseriti in 213 passi per la salvezza (fig. 25). E’ un’opera unica, vincitrice del Premio Creatività, dove Mesiano è riuscito a mettere insieme il lavoro di 213 pittori protagonisti della “La via degli Artisti”, una rassegna d’arte tenutasi sui Navigli di Milano il 03 settembre del 2017. Dei piedi si muovono tra le impronte dai molteplici colori e sfumature, a tratti sembra stiano camminando sull’acqua. 213 passi che si congiungono tra di loro e formano un percorso, una congiunzione tra i paesi, nonostante le distanze e le difficoltà; una sorta di ponte immaginario, composto da colori e da acqua, dove le persone sono capaci di camminarci sopra superando tutti gli ostacoli. I 213 artisti che hanno composto e realizzato quest’opera insieme a Mesiano, sono come una lunga catena, un insieme di mani che unite riescono a darsi forza e aiuto gli uni con gli altri. C’è una storia al di là del dipinto: le firme degli artisti, nel retro del quadro, che hanno supportato Mesiano in questo progetto, sono una testimonianza dell’aiuto concreto che si può dare alle persone bisognose. Non sono solo loro a fare passi verso di noi, ma questi sono anche i passi che dobbiamo fare noi verso loro in una corrispondenza di ruoli. Ogni colore rappresenta una moltitudine di persone, di cittadini provenienti da ogni angolo d’Europa, quei colori siamo noi, mescolati gli uni con gli altri. 66


L’opera di Mesiano diventa come una tavolozza dove ogni artista ha a disposizione quei colori per comporre una città o un’Europa migliore. Quei colori che mescolati tra loro creano un mare dalle diverse sfumature e caratteristiche, non perché siamo diversi, non perché il colore serva a differenziarci, ma perché tutte le culture, le tradizioni e le lingue possano convivere tra di loro. Le culture sono come i colori si mescolano e si formano altri colori, altre sfumature. Noi siamo il colore, i nostri passi sono colore e ci portano verso il nostro destino. I 213 passi moltiplicati all’infinito tracciano il cammino di uomini scalzi che affrontano l’impossibile nella speranza di un possibile futuro; 213 passi che sembrano tanti, ma non sono abbastanza, perché spesso si perdono nell’indifferenza e nell’immobilità di una civiltà che si è arenata e non vuole cambiare, proprio come in Preghiera al Vento (fig. 26). Chi riesce rimane appeso ad un barlume di speranza, gli altri sopperiscono alle spalle di chi si nutre e si arricchisce nella povertà d’animo. È una preghiera rivolta ad una civiltà che non vuole cambiare, dove la violenza è sorda davanti ad urli volti al cielo, disperati in cerca di speranze e di pace. I colori danno risalto all’atmosfera e dividono in più parti la visione attraverso il gioco di luci ed ombre: tra i volti che Mesiano rappresenta, alcuni guardano verso l’alto, altri mirano fissi una direzione forse perché spaesati o senza speranze, o forse perché sono semplicemente impietriti e indifferenti. Le mani si rivelano in tutta la loro potenza da cui fuoriesce la forza per sostenersi e sopravvivere. Le stesse mani si ag67


grappano alla croce come ad abbracciare la fede, le preghiere sono avvolte nel vento che con un soffio le innalza verso il cielo. Quando il vento soffia sulle preghiere, l’aria intorno si purifica, mentre i colori riportano ad una realtà terrena fatta di fuoco (il rosso) e di terra (il giallo).

Deborah Corno

68


Fig. 17, Primavera, 2017, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata.

69


Fig. 18, Speranze inabissate, 2014, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

70


Fig. 19, Verso il Granaio, 2015, cm 50 x 70, misto olio su tela, collezione privata dell’artista.

71


Fig. 20, L’indifferenza dei grandi, 2016, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata.

72


Fig. 21, Riccio di mare, 2017, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

73


Fig. 22, Sos People, 2017, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

74


Fig. 23, Sono persone come tutti, 2016, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

75


76


Fig. 24, L’involuzione, 2017, cm 135 x 285, olio su tela, collezione privata dell’artista.

77


Fig. 25, 213 passi per la salvezza, 2017, cm 100 x 100, olio su tela, collezione privata dell’artista.

78


Fig. 26, Preghiera al vento, 2015, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

79



Contro la violenza sulle donne di Chiara Boni

81


Una collezione che colpisce, quadri che riportano una spaccato della realtà, così si possono definire le opere di Alberto Mesiano che sono in realtà dei racconti. Il pittore ha messo il suo pennello al servizio di un’arte che narra eventi significativi del nostro tempo: le donne troppo spesso vittime di abusi e soprusi. Nel corso degli anni Mesiano ha raccolto numerose testimonianze di donne trasformando i loro racconti in pitture di grande impatto emotivo. Vita in bianco e nero (fig. 27), realizzata nel 2015, è una di queste. Il dipinto è una storia raccontata da una donna che definisce la propria vita in bianco e nero, senza colori, come se fosse vissuta a metà. «Volevo iniziare a raccontare la mia storia con “c’era una volta” ma guardare indietro fa male, come doloroso è rivivere tutto quello che ho passato prima, durante e dopo, soprattutto se colui che credevi fosse la persona con la quale vivere la vita, non solo ti ha distrutto moralmente, ma anche economicamente». Così inizia la testimonianza di una donna, protagonista di una storia infelice nonostante un matrimonio e la nascita di due figlie. Il racconto prosegue assumendo tratti sempre più duri: «Non potevo mai essere me stessa con una persona che comandava la mia vita perché dovevo pensare prima di fare e dire, per non essere motivo di disturbo a chi mi stava vicino. Ho annullato sempre di più la mia personalità... È colpa mia? Sì certo, ma dico anche che è colpa delle circostanze e di una 82


mancanza di appoggi famigliari e di conoscenza sul tema». Ripercorrendo la storia dall’inizio, la donna racconta di aver conosciuto il marito in giovane età e che il loro non fu mai un matrimonio felice: «Non stava con me per amore ma – come scoprirò poi dai documenti presentati al tribunale ecclesiastico – solo perché ero una brava ragazza con un capitale su cui mettere le mani.[ ...] Intanto la vita andava avanti e intanto aumentava quella morsa in grado di stringere la gola tanto da toglierti il respiro, il sorriso e la voglia di vivere. Sempre più forte era la paura, la paura di sbagliare, di dire il mio pensiero, di fare qualcosa perché lui minacciava, minacciava sempre, su ogni cosa, sulla casa di “merda” (dei miei nonni e che adesso è diventata sua all’asta), minacciava sui figli, di lasciarmi sola con loro, minacciava sugli animali domestici che amavo tantissimo, minacciava di lasciarmi senza un soldo, minacciava… e intanto io soffrivo». La violenza psicologica era anche sul suo aspetto fisico. La frase che più spesso il marito le ripeteva era: “Non ti amo più perché sei grassa!”. A questo si accompagnavano quotidiane violenze, fatte di brutte parole, derisioni e continui insulti. Su una tela quasi totalmente monocroma, Mesiano riporta i protagonisti di questo racconto: in alto compare un cane, forse l’animale domestico della coppia, che è l’unico testimone a vedere e sentire le violenze quotidiane; in primo piano a sinistra, è invece rappresentato un uomo che, quasi in ginocchio, si rivolge alla sua donna offrendole una rosa rossa per chiederle scusa. La donna in piedi davanti a lui, accetta questo fiore toccandolo appena, ma il suo sguardo, freddo e distante, è puntato sull’uomo, come se i ricordi riaffiorassero vividi nella sua mente, sapendo già ciò che la attenderà. 83


“Ambasciatori carichi di spine”, definisce Mesiano questi fiori regalati, perché ogni scusa e accettazione implicava poi per la donna sempre un nuovo dolore. Troppe volte la storia si è ripetuta, troppe volte lei ha accettato le scuse forse per la paura di subire ulteriori violenze, oppure spinta dalla speranza che le cose potessero un giorno cambiare. Ancora oggi purtroppo questa situazione fa male, tant’è che la donna chiude il suo racconto in modo toccante: «Quando inizi una relazione con una persona così “malata” o che lo scopri a poco a poco, è finita, non ne potrai mai uscire. Sarai per lui il suo bersaglio preferito per fare vedere la sua onnipotenza e la sua grandezza… Io continuo da sola il percorso della vita, finché ce la farò…adesso sono passati anni, le cose non si possono cambiare ma i miei giudizi sono confermati con il disgusto di ciò che ho vissuto». Non sono poche le donne che vivono quotidianamente queste sofferenze, ma solo in poche trovano la forza per denunciare il loro aguzzino. Perché? Spesso coloro che non sono mai state vittime di violenze si pongono questa domanda e molteplici possono essere le risposte: nel caso di questa donna ad esempio, il suo silenzio è probabilmente dovuto all’amore per le figlie, per evitare che conoscano la vera natura del padre e che si trovino coinvolte in questioni più grandi di loro. Un’altra ragione del silenzio potrebbe essere la convinzione di sentirsi lei stessa colpevole delle sue sofferenze, provando profonda vergogna per questo. Molto simile a Vita in bianco e nero, è Una rosa per te (fig. 28). 84


Persiste la scelta monocroma e la presenza della rosa rossa, ma le due opere raccontano in realtà due momenti della storia differenti: non compare una donna, un cane e nemmeno un uomo, ma semplicemente delle grandi mani. È chiaro che si tratta di mani maschili, come suggeriscono i dettagli (le dimensioni, la presa sicura, le linee che segnano pelle); sono mani che un uomo tiene congiunte dietro la schiena, nascondendo un grande fiore rosso. Se in Vita in bianco e nero Mesiano racconta il momento in cui la donna accetta quel dono, rimettendosi in gioco nella speranza di una vita migliore, in Una rosa per te è rappresentato l’atto che anticipa il perdono, quindi i minuti che precedono la consegna del fiore “carico di spine”. Attraverso pochi ma significativi dettagli, Mesiano riesce a raccontarci la storia vera di un uomo che è invecchiato tenendosi dentro un grosso peso: la consapevolezza di aver ferito una persona cara e la mancanza di coraggio nel chiederle perdono. La rosa in questo caso non è traditrice; l’uomo in questione amava le rose e amava la persona che aveva fatto soffrire. Mentre il tempo scorreva inesorabile, l’uomo ha continuato a tenere nascosto “dietro di sé” la sua voglia di farsi perdonare. Poi è sopraggiunta la morte e con essa la fine dei suoi desideri. Un’altra opera importante è 25 Novembre (fig. 29), un dipinto dichiaratamente realizzato a favore delle donne e contro le violenze da queste subite. «L’arte contro la violenza. Non una parola che passa, ma un’immagine che resta!» per dirla con le parole di Mesiano. Il 25 Novembre di ogni anno ricorre la Giornata mondiale 85


contro la violenza sulle donne indetta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 17 Dicembre 1999. In Italia solo dal 2005 alcuni centri antiviolenza hanno iniziato a commemorare questa giornata attraverso numerose campagne di sensibilizzazione che hanno volutamente coinvolto anche il mondo della scuola. Negli ultimi anni l’attenzione verso questa realtà è cresciuta molto, tant’è che proprio in occasione di questa ricorrenza anche lo scrittore Angelo de Pascali ha dedicato alle donne “Sei bella”, una poesia diventata virale su whatsapp con l’hashtag #noallaviolenzasulledonne. Sei bella E non per quel filo di trucco. Sei bella per quanta vita ti è passata addosso, per i sogni che hai dentro e che non conosco. Bella per tutte le volte che toccava a te, ma avanti il prossimo. Per le parole spese invano e per quelle cercate lontano. Per ogni lacrima scesa e per quelle nascoste di notte al chiaro di luna complice. Per il sorriso che provi, le attenzioni che non trovi, per le emozioni che senti e la speranza che inventi. Sei bella semplicemente, come un fiore raccolto in fretta, come un dono inaspettato, come uno sguardo rubato o un abbraccio sentito. Sei bella e non importa che il mondo sappia, sei bella davvero,ma solo per chi ti sa guardare. (Angelo De Pascalis, 2018) 86


Un inno alla bellezza, quella interiore, alla dignità e alla vita quello di “Sei bella” che racconta un momento tanto forte quanto delicato. Delicato come i sentimenti, le emozioni e le paure di cui si legge; forte come la voglia di ricominciare a vivere quando tutto sembra perduto, come la tenacia del rincorrere la felicità che è sempre meritata, come la consapevolezza della dignità di un sorriso capace di restare pulito e autentico anche quando scende una lacrima. L’opera, realizzata da Mesiano nel 2015, è il racconto di una donna che nonostante le ripetute denunce nei confronti del suo aguzzino, si è ritrovata sola, senza nessuno pronto ad ascoltare le sue parole e le sue grida d’aiuto. Abbandonata a se stessa, la donna è riversa sopra un’anonima panchina su cui compare la scarpetta rossa, simbolo della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Non è visibile il volto, mentre sono ben messi in evidenza i segni della violenza subita sulle braccia e sulle gambe quasi totalmente livide. A Mesiano non importa rappresentare una donna qualsiasi, ma la donna come persona che, oppressa e inascoltata, spesso si ritrova da sola ad affrontare una vita che ormai ha perso colore. La tela, ingrigita e volutamente sbiadita, ci dice che non c’è più luce in nessun giorno e che forte è il disagio della protagonista abbandonata nel suo dolore e nella sua solitudine. Dalla visione pittorica di Mesiano traspare chiaramente il significato profondamente umano e sociale della sua arte che ha sempre un occhio particolare rivolto alla donna e all’universo femminile. 87


È un modo per tenere alta la guardia e combattere l’indifferenza che insieme all’isolamento di chi subisce violenza, sono fra gli aspetti più gravi che affliggono la nostra società. L’altro che è in te (fig. 30) rappresenta in modo diverso il tema della violenza fisica sulle donne. «Ho detto BASTA subito dopo che è entrato in casa mia e mi ha violentato sessualmente...» sono queste le parole della vittima che ha avuto il coraggio di ribellarsi nei confronti dell’uomo che abusava di lei. «Ho sofferto in silenzio per tre anni in una relazione segnata da umiliazioni verbali e aggressioni fisiche. Minacce, intimidazioni, pugni, calci, abusi sessuali ... Ho sofferto ogni tipo di violenza. Per due volte ho preso la decisione di denunciarlo. Con un’inesplicabile senso di colpa, per pensare che in fondo mi amava davvero, tutte e due le volte ho ritirato le denunce». La terza volta però la donna ha trovato il coraggio di denunciare e di dire definitivamente basta agli orrori subiti, mettendo un freno alla sua anima che “sanguinava”. Anche in quest’opera non è visibile il volto della protagonista che, inconsolabile, si sostiene appoggiando la sua testa sul braccio destro. Una grande mano morbida, calda e gentile, è pronta ad alleviare ogni suo dolore, accogliendola amorevolmente. Amarsi ed essere amate, così dovrebbe essere per ogni donna, amare se stesse prima dell’altro, non accettare più insulti, parole taglienti e violenze fisiche. Amare se stesse per rincominciare a vivere, nonostante tutto. Il corpo nudo della donna in primo piano mette in evidenza 88


tutte le sue fragilità, come se fosse spogliata da qualsiasi difesa, inerme di fronte ai suoi interminabili abusi. Le tonalità calde ma innaturali, il gesto avvolgente, il libro messo lì da una parte, raccontano solo un momento della storia che può trovare o una nuova sofferenza oppure nuova luce negli occhi di una donna che è capace di rialzarsi e ricominciare a vivere, questa volta per davvero. In Violenza domestica (fig. 31), realizzata nel 2012, Mesiano dà voce ad un’altra donna che per ben 11 anni è stata picchiata dal marito. Una violenza consumata all’interno delle mura domestiche nonostante i figli, una separazione e una denuncia che comunque non ha messo fine agli abusi. «Per 11 anni ho vissuto ripetutamente la violenza dentro di casa. Non perché mi piaceva, come tanta gente pensa. Ero picchiata per paura, per difendere i miei figli, per la mia famiglia. Sono stata abusata dal mio proprio marito. All’inizio, ho perdonato perchè amavo, credevo nella falsa promessa che non mi avrebbe più picchiata. Ho trovato la forza di separarmi, soltanto dopo la nascita del mio ultimo figlio. E’ rimasto una settimana fuori casa. Quando è tornato, mi ha aggredita davanti ai nostri figli. Mi si è scaraventato addosso con pugni e calci. Sono riuscita ad allontanarlo, però ho riportato numerose ferite e contusioni. È stata la fine. Non sopportavo più quell’inferno. Ho chiamato i carabinieri e sono stata portata da loro a fare la denuncia. Lui continua a non rispettare le misure protettive, soprattutto quando è sotto l’effetto di alcol. Mi resta solo affidarmi a Dio con la speranza che non ricominci tutto da capo». Ancora una volta una storia su cui riflettere e un quadro per raccontare: la casa che dovrebbe essere l’ambiente più sicuro 89


e accogliente per la famiglia, nel caso di questa donna si è trasformato in un luogo pieno di incubi e terrore. Tutto il dolore è espresso nei colori vividi che si sfaldano come se fossero un fiume di lacrime. Si intravede a stento un piccolo squarcio di paesaggio con gli alberi e la natura rigogliosa che rasserena immediatamente lo sguardo e forse anche la vista della donna quando guardava fuori dalla finestra della sua casa, diventata spaventosa. È un’opera coinvolgente ed inquieta, in cui si mescolano intensamente gli azzurri, il viola e quel rosso acceso della mano in primo piano che è forse un grido d’aiuto. Mesiano ha più volte dichiarato che, dopo aver parlato con le vittime, di solito racconta le loro storie dando libero sfogo al segno e all’impressione, proiettando sulla tela i fatti così come li ha immaginati nella sua mente. Attraverso la pittura riesce in tal modo a dar voce a parole e sentimenti altrimenti difficili da esprimere con le sole parole. Un lavoro totalizzante dunque, di grande introspezione psicologica sia per la donna che per l’artista il quale trasferisce sulla tela la storia che inevitabilmente si tinge anche delle sue emozioni. Questo dipinto crea inquietudine e sgomento, eppure è difficile guardare altrove e girare le spalle, come una calamita per i nostri occhi, ne siamo contemporaneamente affascinati e spaventati. Il messaggio di Mesiano è chiaro: mostrare l’evidenza dei fatti serve per raccontare, conoscere la verità e quindi combatterla, senza che le donne vengano mai lasciate sole in questa battaglia. 90


Donna (fig. 32), realizzata nel 2013, è in questo senso un dipinto particolarmente toccante perché rappresenta appunto una figura femminile mentre giace a terra abbandonata nel suo immenso dolore. Esposta al Louvre di Parigi, l’opera assume particolare rilievo per l’immagine della donna di cui stavolta è ben visibile il volto. Occhi, sopracciglia e bocca delineano un’espressione tutt’altro che serena, provocando nell’osservatore un immediato senso di compassione nei suoi confronti. È chiara tutta la sua sofferenza di fronte alla quale la donna chiude gli occhi per non vedere e per sognare una vita diversa, fatta di rispetto e comprensione. I colori vivaci e contrastanti mettono in evidenza i particolari del suo corpo, di cui colpisce soprattutto l’aspetto delle mani con sembianze quasi mostruose per le violenze subite. Schiava del suo dolore è inerme e bloccata nella posa che ricorda nel corpo un burattino e nel volto, un vago rimando a Pierrot. Non a caso la sua testa è calva: i capelli che normalmente fanno sentire bella ed attraente una donna, qui mancano sottolineando il suo malessere interiore. Una donna ferita perde qualsiasi identità, la sofferenza e il suo disagio profondo le hanno tolto tutto, compresa la voglia di rialzarsi e ricominciare a vivere. Nel 2017 Mesiano dipinge un’altra opera importante: “Dani” collaterali (fig. 33). Questa volta è la storia di una donna, Dani, che ha alle spalle 91


una vita tormentata fatta di violenze e continue incomprensioni. «Sono consapevole di essere carnefice di me stessa», così si descrive Dani quando parla di se stessa e della sua vita percorsa da un profondo conflitto interiore che la rende fragile e a tratti anche autolesionista. «Una delle poesie dei poeti maledetti mi risuona costantemente nella mente: “l’Albatros” di Baudelaire. L’albatros é bellissimo quando si eleva in volo, ma le sue enormi ali gli impediscono di camminare sulla terraferma, dove diventa goffo e viene schernito, beffato. L’albatros é il simbolo del poeta, dotato di una ricca interiorità e una sensibilità con le antennine. È incompreso da tanti e talora deriso. La sua stessa elevazione é al contempo la sua condanna. Come un albatros, un senso di inadeguatezza e inettitudine hanno permeato la mia vita. Un’esistenza tormentata la mia, spezzata da un’infanzia difficile, piagata da una profonda depressione e intensi stati di angoscia». Nel riportare il suo racconto, la donna si paragona all’albatros di Baudelaire, un volatile dalle ali molto grandi che lo rendono maestoso ed elegante in volo, mentre diventa goffo ed ingombrante quando le sue zampe toccano terra. Dani si sente come quell’uccello che non vola più, perennemente accompagnata da un profondo senso di inadeguatezza ed inettitudine. Dopo un’infanzia difficile, ha anche pensato di mettere fine a tutto con un gesto, da lei stessa definito, di sfida suprema: Dani sente di far parte di «un mondo malato di arroganza, competizione e sopraffazione che deride la gente impopolare: quella sensibile, empatica, inscindibilmente legata alla sua anima e in contatto con la sua verità». Mesiano riporta nell’opera questa crudele realtà, trasponen92


do perfettamente sulla tela le emozioni e i sentimenti della donna: un piede la sta schiacciando, il suo sguardo è vuoto, il viso consumato dalla vita difficile è rassegnato al suo destino. Domina su tutto il silenzio, la rassegnazione e la tristezza di una donna che interiormente sta ancora lottando, ma che forse è ormai troppo stanca per farlo. Artista sensibile e attento, Mesiano usa le sue opere per dar voce a chi non ce l’ha, cercando di tenere il più possibile alta l’attenzione senza la pretesa di poter cambiare le cose con la sua arte. In questo senso vanno lette anche altre sue opere dedicate al tema della violenza sulle donne: Ancora una volta è l’ultima volta (fig. 34) e In attesa di giustizia (fig. 35). Non sarà mai l’ultima volta se continuiamo a non voler vedere, questo ci dice un’opera come Ancora una volta è l’ultima volta. Il grande occhio che campeggia al centro della tela è il protagonista assoluto: è Lui che sempre sa, che sempre vede, che c’è sempre e ovunque qualunque cosa accada. A volte abbassa il sipario per non vedere, ma poi inevitabilmente si riapre e torna a vedere. Chiudere gli occhi però non vuol dire non vedere, ma non voler far niente. Lui sa bene che ancora una volta non sarà l’ultima volta. L’ultima volta sarà solo quando ciò che tutti vedono, ciò che tutti sanno, ciò che si prova, ciò che gli altri sperano di non provare mai, ciò che è sbagliato, verrà urlato ai quattro venti. L’ultima volta sarà solo quando un dolore diventerà il dolore di molti, quando la violenza verrà condannata da tutti, quan93


do le giustificazioni si sbricioleranno come roccia friabile, diventando soffice sabbia. Solo allora le palpebre potranno chiudersi serene, come sipari alla fine di una bella storia. L’obiettivo è smuovere le coscienze di chi il potere lo ha, di chi può intervenire per frenare le interminabili violenze su vittime indifese. Denunciare è la cosa giusta da fare, anche se spesso la strada da percorrere è molto difficile. In attesa di giustizia è un’opera contro le lungaggini della giustizia. È un urlo di sdegno nei confronti della roulette delle udienze e dei grandi paroloni che alimentano solo il dolore. Dolore e ancora dolore. Mentre i giudici e gli avvocati parlano, perdendo tempo inutilmente tra lunghi confronti e innumerevoli parcelle, le vittime continuano a subire, diventando così vittime due volte. Spesso Mesiano è solito donare i suoi quadri ai musei proprio perché un pubblico più ampio possibile possa vedere le sue opere. È così che divulga il suo messaggio di speranza. Per coglierlo e capire il vero significato è necessario “entrare” nei suoi quadri e lasciarsi trascinare completamente dalle emozioni.

Chiara Boni

94


Fig. 27, Vita in bianco e nero, 2015, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

95


Fig. 28, Una rosa per te, 2017, cm 50 x 70, olio su tela, Milano, Comune di Mediglia.

96


Fig. 29, 25 Novembre, 2015, cm 80 x 120, olio su tela, collezione privata dell’artista.

97


Fig. 30, L’altro che è in te, 2016, cm 100 x 150, olio su tela, collezione privata.

98


Fig. 31, Violenza domestica, 2012, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

99


Fig. 32, Donna, 2013, cm 40 x 50, olio su tela, collezione privata.

100


Fig. 33, “Dani” collaterali, 2017, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

101


Fig. 34, Ancora una volta è l’ultima volta, 2016, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata.

102


Fig. 35, In attesa di giustizia, 2017, cm 50 x 70, olio su tela, collezione privata dell’artista.

103



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.