Ilari Disastri

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Rita Imperatori

Ilari disastri Poesie 1970 - 1979

Introduzione di Paola Anna Pillitu Seconda edizione

Associazione Culturale Pegaso – Intra Premio Letterario Nazionale "Gens Vibia" 2015 Cesvol Editore


Note biografiche

Rita Imperatori è nata e vive a Perugia. Dopo aver molto letto e scritto per lavoro, legge e scrive per piacere. Ama gli animali, nei quali ha osservato molti comportamenti virtuosi che gli umani – fortunatamente non tutti – ritengono di possedere in esclusiva.

ISBN 9788896649473


Rita Imperatori

Ilari disastri Poesie 1970 - 1979

Introduzione di Paola Anna Pillitu Seconda edizione

Premio Letterario Nazionale “Gens Vibia” 2015

Associazione Culturale Pegaso – Intra Stampa 2016



Premessa

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Ho riletto le poesie dei vent’anni e mi sono riconosciuta: stesso disincanto, stessi slanci, stesso pudore nell’affidare ai versi il distillato dei pensieri. Ho riletto anche la prefazione di Paola Anna Pillitu: spero che sorrida, da lontano – da molto, molto lontano – vedendo che finalmente accolgo il suo suggerimento di “utilizzare un fraseggio di legatura più ampia”. È più facile farlo, ora che il canone della forma poetica è cambiato, dentro e fuori di me, e le sirene dell’ermetismo e degli spazi bianchi chiamati ad evidenziare tutto – cioè niente – non mi attraggono più. Mi sono perdonata ingenuità e provocazioni verbali, compiacimenti sonori e oscurità concettuali, augurandomi che la stessa comprensione abbiano i due o tre lettori che non si lasceranno scoraggiare dall’ossimoro del titolo e mi verranno incontro attraversando i versi della mia prima stagione. Rita Imperatori



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Introduzione Questa prima raccolta di poesie di Rita Imperatori ci sorprende felicemente per i temi densi di disincantato coraggio adulto che propone. Lo sfondo sul quale la vicenda si muove è la ridotta scena del quotidiano, consapevole di lotte e di rinunce («Le grandi / domande /accantonate / rimane / la quotidiana fatica / di vivere…»), scena non epica, còlta con lucido e fermo equilibrio nei suoi limiti conoscitivi, nella caduta dei rapporti umani, nell’amore che si consuma, nell’ideologia che non mantiene le promesse e che non salva. Su tale sfondo, che attinge il negativo, si intesse però l’ardua ricerca di un’identità oltre il «doppiaggio», l’ansia di una crescita che, attraverso l’intelligenza dell’esperire, riconduca ad arricchimento interiore anche la sconfitta. L’amore rappresenta il campo principale di questa esperienza, microcosmo emozionale nel quale l’autrice acquista consapevolezza dell’irriducibile alterità del soggetto amato, sia che viva l’esaltante intesa con esso, sia che ne valuti il sofferente contrasto e il distacco, avvertendo tutti questi aspetti come fortificazione di sé e mai come cancellazione. La vicenda amorosa è sentita con un’intensità e un rispetto squisitamente femminili. Ma siamo di fronte a una donna che ha moderna coscienza del rischio di sopraffazione


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che il suo ruolo comporta e che ricorda all’uomo amato: «Intollerabile / violenza / mi pareva / lo spazio grande / che per te tenevi…»; e ancora: «Io / non dimentico / la scelta / d’esser donna / nel mio tempo / e a te / non cedo / ogni chiave / del pensiero…». Si tratta di un amore mai irrazionale, che ha memoria millenaria di specie, serietà ardente «di un rito / che…non ammette / ministri / disattenti» e che quindi ricerca slancio totale e forza d’invenzione; ma che sa anche, doloroso, sfidare inevitabili distanze e crudeltà («Io qui rimpiango / ogni carezza non finita / ogni bacio abituato…anche il male io rimpiango / dell’antico stare insieme») e che pretende la dimensione della libertà, accettando perciò la faticosa rinuncia di ogni egoistico possesso («Mai / avrei creduto / tanta pena / costasse / dell’altro / amare / anche la libertà»). Ecco quindi palesarsi un destino che ha il peso e l’orgoglio della solitudine, e che, scontando di persona, perviene a una maturità mediatrice di estremi, che sa il dolore, senza per questo perdere la speranza: «Ignora / l’età / adulta / il dolore / intransigente / ed ogni / pena / disarma / la seguente /ma / non si estingue / nel gioco / di difesa / il gusto / di fidarsi / della vita…». Lo strumento che illumina e scalda la coscienza di questo io che va solo è un talismano antico, troppo spesso relegato fuori delle presunte sedi di poesia. Si tratta della ragione, non quella dogmatica, bensì quella critica, instan-


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cabile fiamma di ricerca che, pur prefigurando i confini delle formule («…ugualmente mi consola la ragione che dà conto / dei suoi limiti reali / evitando alle intenzioni / ingloriose abdicazioni») si dilata a nuove esperienze anche se «cambiare / fa male / da morire / e non c’è più / uno straccio / di certezza / che il gioco / valga / la candela ». La ragione svela l’inconsistenza e decreta il cadere dell’utopia ideologica, rifiutando comode «certezze» indotte, più fragili e passive del proprio ripartire da zero («…pure mi angoscia / l’amore adunco / della gran famiglia / che so fornita / di modelli certi / per far quadrare / ogni sorta di bilancio…»). La ragione esclude ogni supina compromissione («solo conto sulla ricchezza delle mie negazioni / per alimentare il rispetto di me stessa») e rifiuta di farsi, tra gli «orfani / dei grandi / cambiamenti / inattuati », voce del branco che sopporta «la fine / d’ogni / mito…inventando…una mimica / comune / che ci assolva / dal pensiero»). Queste sembrano essere le linee portanti della riflessione poetica di questa giovane autrice la quale, nel suo stile, conosce ancora qualche incertezza e indulge forse troppo a disarticolare, in segmenti di verso, pensieri che meriterebbero invece un fraseggio di legatura più ampia; anche se, fortunatamente, il ritmo intimo riesce quasi sempre a imporsi sulla frammentazione della partitura grafica. Tuttavia, dalla lettura di quest’opera prima si ricava un’emozione insolita, un’amara e invitante provocazione a


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risvegliarsi a imprese difficili quando, definitivamente svelata la non perfettibilità dell’uomo, ci si continua comunque a proporre, come termine della ricerca esistenziale, il sollevarsi a un più alto grado di umanità. Tanto più toccante, questo messaggio di dignità e autonomia di Rita Imperatori, in quanto, in un periodo storico materializzato e conformista che annichila il singolo, esacerbandolo nel ruolo anarchico o cancellandolo nell’omogeneità, porta in definitiva in primo piano un io protagonista, individuo e soggetto, centro ordinatore di una personale visione del mondo, che è contemporaneamente decifrazione e proposta. Paola Anna Pillitu


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Intermittenze L’indifferenza filtrata attraverso la voglia di scrivere diventa smania di capire subito spenta 1970  


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Per non fallire Crollano i fragili ponti, amor mio, e le struggenti esitazioni si dissolvono. Gli inutilizzati appigli si accartocciano e la coscienza si appanna per non decretare fallimenti. 1975

 


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La quotidiana fatica Le grandi domande accantonate, rimane la quotidiana fatica di vivere le proprie larvate metamorfosi. 01.03.1979  


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La cifra della storia Tu, dal mio corpo lungamente accolto, di segni profondi mi vestivi mentre io, incerta, il senso ne chiedevo a te che, insieme a me crescendo, ignoravi la cifra della storia. 01.03.1979  


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Mai Mai avrei creduto tanta pena costasse dell’altro amare anche la libertà . 04.03.1979

 


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Il tuo viso e il mio L’arte di decantar dettagli io non posseggo così che il viso verso il mio piegato simbolo rifiuta d’esser detto per conservarsi corpo di un tuo atto. 16.3.1979


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PerchĂŠ tu non fossi padre Intollerabile violenza mi pareva lo spazio grande che per te tenevi incurante di ogni mia protesta e solo adesso nei tuoi rifiuti leggo che padre non dovevi diventarmi perchĂŠ io donna potessi costruirmi che in sublimi sacrifici non consuma ogni umana risorsa conquistata. 18.03.1979


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Tu, mio doppio Amore mio tu sai le guerre combattute per cambiarci nel tempo in cui su ogni convinzione prevaleva l’urgenza di doppiarsi e la stagione non si intravedeva che con dolore ci avrebbe dimostrato l’identità dell’altro non essere una scena. 24.03.1979


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Nel tempo Io non dimentico la scelta d’esser donna nel mio tempo e a te non cedo ogni chiave del pensiero ma questo amore violento non consente all’austera ragione di scomporre in minuti bisogni e voglie e pene il fatto che vederti mi riempie così che io sulla memoria di gesti millenari mi ritaglio per darti intatta la calda confusione dei “ti amo”. 05.04.1979


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Il nuovo dell’amore Di averti amato un tempo non mi scordo ma quel che è stato, se nutre la memoria, di certo non motiva quanto accade e dunque non guardare con sospetto una donna che del suo amore il nuovo ti propone e se stessa mette in gioco per non vivere a metà. 06.04.1979


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Del vivere l’incerto Il tempo non rispetta l’allegria e pene sovrappone ai nostri smalti ma tu che sai del vivere l’incerto non ti aggrappi a quel che hai perché non cambi: sovrana ti sostiene la ragione per decidere se gioie consumare o profonde amarezze esorcizzare. 07.04.1979


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Leggimi Amore tu non curi le analisi ad oltranza e a solide certezze affidi le tue azioni; per questo io non tento una cronaca emotiva che renda alla ragione il conto dell’amarti e in cifra mi consegno alla provvida evidenza cosĂŹ che tu mi legga secondo le tue chiavi. 10.04.1979  


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Resiste il cuore Com’è possibile che il cuore non si spezzi sui cocci aguzzi della tua distanza io non so dirti; solo mi è chiaro il gusto di scoprire quanto la scelta d’amarti uomo libero ha spostato i confini del bisogno di possesso. 18.04.1979


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Il caro vizio Ora che son dissolte le ragioni del rifiuto e per l’intesa una grammatica comune possediamo, il caro vizio d’amarti, mai perduto, le tenere parole suggerisce ignorando l’agguato del banale per non dannare la dolce verità a consumarsi sul rogo del silenzio. 21.04.1979


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Richiami Diversi son lo stile e la misura che siglano le mutue donazioni e dunque nessuna meraviglia se per amarmi tu usi l’amicizia senza contare che fra noi lo spazio comunque si contrae per una vecchia storia di richiami fra spiriti ostinati non uguali. 24.04.1979  


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Il gusto della vita Ignora l’età adulta il dolore intransigente ed ogni pena disarma la seguente ma non si estingue nel gioco di difesa il gusto di fidarsi della vita e di lasciare in parte all’alchimia del caso combinare scene e personaggi. 01.05.1979

 


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Palcoscenico Ignaro, ti imitava goffamente; io, spettatore distante, giudicavo la credibilità del personaggio. La sacra fiamma dell’ispirazione assente evidenziava l’esiguità dell’arte; la mancata coincidenza tra i gesti e le intenzioni vanificava ogni pretesa teatralità. Alla fine, il comune disinteresse decideva le sorti dell’inutile recita. 10.05.1979


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Lo stregone Le prudenti mimesi frugate restituiscono la pena camuffata e tu ritorni, assenza onnipresente, a candidarti il solo dio – o, se vuoi, stregone – di un rito che, per fede o per ragione celebrato, non ammette ministri disattenti. 18.05.1979  


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Dall’esilio Ognuno predispone i suoi rifugi per vincere i disagi dell’esilio e anch’io, che pure ho scelto di perdere la patria che valevi, sui confini incustoditi ho alzato barricate: se ne tenti la fiera resistenza, evidente ti appare l’esorcismo delle incaute fratellanze fra l’esule e il nemico. 15.06.1979


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Il rispetto e le carezze Non c’è dubbio che negarsi alle carezze sia rispetto ma io, che abito il deserto delle assenze, rimpiango le incoscienti mescolanze di voglia e di ragione e giustifico persino l’amore preso e dato per mascherare all’altro la rabbia d’esser solo, perché l’intesa esangue, giocata sui discorsi, con ponti anche fittizi non risolve le distanze ed io invece non sopporto più i confini sopraggiunti a castigare alleanze per molto tempo ignare dei codici esistenti. 16.09.1979


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Catalogo Io qui rimpiango ogni carezza non finita ogni bacio abituato ogni sguardo non raccolto ogni parola violentata ogni gesto trascurato ogni pianto lamentato ogni ora non goduta

Anche il male io rimpiango dell’antico stare insieme che comunque non chiedeva la fatica di inventarsi un amore mai pensato. 19.06.1979  


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Gli orfani Noi, orfani dei grandi cambiamenti inattuati, le bandiere anzitempo arrotolate a protestare l’impegno disatteso, senza l’antico amore diligente, nel mucchio variamente colorato deponiamo e, assente l’allegria dell’essere giusti, a contemplare anonimi la fine d’ogni mito ci sediamo; nella faccia altrui, la stessa indifferenza raccogliendo, a consolarci procediamo in massa, inventando per la comoda babele una mimica comune che ci assolva dal pensiero. 24.06.1979


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Quello che è perduto Mi piacerebbe dedicarti una ballata con dentro il monte, le ginestre e il far l’amore e il senso d’irrealtà nel separarsi e poi il languore, il sonno e l’abbracciarsi e ancora il silenzioso ringraziarsi e l’allegria ostentata agli invidiosi e l’orgoglio d’essere amanti senza il pungolo del dopo e la gioia di goderti senz’ombra di rimorso. Ma io non posso scrivere ballate raccattando brandelli di memoria per ingannare la solitudine presente: quello che è perduto resti tale, senza scadere a copia del passato nella violenza di un vuoto replicarsi. 29.06.1979


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Il limbo Il limbo è quest’assenza di ogni pena in cui annega la voglia di creare, con il pensiero che si nega alle parole per celare la propria inconsistenza e la ragione che inutilmente esorta la coscienza, quietamente disarmata, a rifar propri i termini di un dramma che l’abbandono ha reso inoffensivo. 04.07.1979  


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Il gaio riso Ad ogni angolo di strada griderò d’amarti e agli sguardi sorpresi dei censori appenderò la mia esultanza per avere infranto le ferree norme che avviliscono la gioia ed il dolore ad esiti scontati per un dato e sia lezione a chi si vende al certo il gaio riso di cui io mi vesto nello scoprirti la mia assoluta inermità. 11.07.1979


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Negazioni Io non ti sono moglie né madre né sorella né amica nel senso più innocente; io non ti lusingo, né ti chiedo né ti impongo né ti offro con dichiarato disinteresse; io non ti somiglio né ti imito né mi adeguo né ti studio nell’intento di svelarti.

Solo conto sulla ricchezza delle mie negazioni per alimentare il rispetto di me stessa. 15.07.1979


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Ulisse e le Sirene A volte odio la tua animale ignavia, altre volte invece l’amo pensandola umana confusione; tra un approdo e l’altro ci sono fughe in cui mi invento incosciente Ulisse e le Sirene sono rapidi pensieri in cui rapino tenerezze a qualcuno modellato su bisogni che tu non hai curato. L’invenzione regge, ancorata all’entusiasmo, finché del tempo non si impone la coscienza e la casa torna ad essere una mèta se non eroica almeno dignitosa. 22.07.1979


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Quando l’amore per te sarà finito Quando l’amore per te sarà finito invece dei rimpianti coltiverò metafore invadenti in cui gli errori figureranno scelte e a chi dirà che ciò che conta, in fondo, è la poesia, rinfaccerò la vita consumata ad inseguire un’inservibile coerenza per ottenere quattro fogli in tasca con il mondo scritto in simboli pregnanti e l’invidia del silenzio nascosta in ogni riga. 27.07.1979


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Lo spessore della specie Nel cerchio delle tue braccia ammessa, io sconto il raro privilegio di darmi in un linguaggio inusuale per cui tu trascuri l’evento contingente del mio corpo e caduta ogni occasione d’erotismo la voglia riduco a tenerezza cercando nelle pieghe di ogni gesto l’indizio di un furtivo cedimento che recuperi per me lo spessore della specie. 05.08.1979


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La voce del padrone Potrei parlarti di piedi gonfi, di ore vissute nel disagio, di rapporti umani inesistenti e sarebbe sano realismo socialista ma non mi va di leggerti un vangelo che conosci. A costo di sembrarti la voce del padrone, dirò che in fondo la noia esalta i miei pensieri e che compiendo i gesti assurdi di cui si gonfia il capitale ritrovo un tempo non più incalzato dal suo stesso farsi episodio quotidiano: è tempo che consente esplorazioni ardite lungo percorsi normalmente noti e se quello che ricavo non è certo l’allegria del pensiero liberato ugualmente mi consola la ragione che dà conto dei suoi limiti reali evitando alle intenzioni ingloriose abdicazioni. 07.08.1979


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Il gioco e il tornaconto Fra esitazioni, rabbia e tenerezza il tempo dell’amore si consuma e insieme ci avviamo – tu senza sapere ed io ostinatamente rifiutando – verso la fine di questo gioco strano che non prevede regole precise per l’uso delle mosse consentite ma sconfigge tutti in ugual misura per l’incapacità che abbiamo di esserne i signori avendo nel passato trascurato la messa a punto di strategie sicure che, mancando il gusto del gioco per se stesso, garantissero almeno il tornaconto personale. 08.08.1979


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Ilari disastri

La vanità delle combinazioni raffinate sollecita ardite soluzioni per l’espressione dell’articolato niente che ha consumato gli ilari disastri e si placa solamente nelle movenze di una lingua prostituita che non gode del piacere che dispensa. 20.08.1979


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Non so se dirlo

Non so se dovrei dirlo, compagni militanti, che spesso invidio gli ideologi osservanti che ad ogni analisi non penano il giudizio ma il fatto è che se mi trovo male fuori dal tiro della vostra voce pure mi angoscia l’amore adunco della gran famiglia che so fornita di modelli certi per far quadrare ogni sorta di bilancio ed io che fondo sul mio in passivo la certezza di contare mi struggo, amandovi a distanza, ma non accetto prestiti ideali che sanciscano la sconfitta di un pareggio. 25.08.1979 


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Quel che si dice

Tu sei quel che si dice un compagno emancipato e questo allude anche al tuo rifiuto degli affetti manichei che una volta ricomposti sono il sale dei tuoi giorni; non conosci i debiti contratti con se stessi per ospitare valenze nuove che, cresciute in margine alle certezze quotidiane, alla prima crisi irrompono oltre gli argini del ruolo e pongono il problema di mediare tra il vecchio e il nuovo senza grave pregiudizio né per le voglie né per la coscienza. O forse sono ingiusta e l’antico privilegio che protegge le tue azioni non è valso a risparmiarti l’assillo delle svolte. Così pensate, le tue conquiste non sono più un oltraggio a gestazioni dolorose e lente e posso osare le somiglianze senza rischiare la parità concessa. 31.08.1979


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Indice Premessa p. 3 Introduzione di Paola Anna Pillitu

p. 5

Intermittenze p. 9

Per non fallire p.10 La quotidiana fatica p.11

La cifra della storia p.12 Mai

p.13

Perché tu non fossi padre

p.15

Il tuo viso e il mio

p.14

Tu, mio doppio p.16 Nel tempo p.17 Il nuovo dell’amore p.18

Del vivere l’incerto p.19 Leggimi

p.20

Resiste il cuore p.21 Il caro vizio p.22

Richiami p.23 Il gusto della vita

p.24


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Palcoscenico p.25 Lo stregone

p.26

Il rispetto e le carezze

p.28

Dall’esilio p. 27 Catalogo

p.29

Gli orfani p.30 Quello che è perduto p.31

Il limbo p.32 Il gaio riso Negazioni

p.33 p.34

Ulisse e le Sirene p.35 Quando l’amore per te sarà finito

Lo spessore della specie

p.36 p.37

La voce del padrone p.38 Il gioco e il tornaconto

p.39

Ilari disastri p.40 Non so se dirlo p.41

Quel che si dice p.42 Indice p.43


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