Quaderni del volontariato 5
Edizione 2021 1
Cesvol Centro Servizi Volontariato Umbria Sede legale Via Campo di Marte n. 9 06124 Perugia tel 075 5271976 www.cesvolumbria.org editoriasocialepg@cesvolumbria.org
Edizione marzo 2021 Coordinamento editoriale di Stefania Iacono Stampa Digital Editor - Umbertide
Per le riproduzioni fotografiche, grafiche e citazioni giornalistiche appartenenti alla proprietà di terzi, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire. E’ vietata la riproduzione, anche parziale e ad uso interno didattico, con qualsiasi mezzo, non autorizzato.
ISBN 9788831491105
2
I QUADERNI DEL VOLONTARIATO UN VIAGGIO NEL MONDO DEL SOCIALE PER COMUNICARE IL BENE I valori positivi, le buone notizie, il bene che opera nel mondo ha bisogno di chi abbia il coraggio di aprire gli occhi per vederlo, le orecchie e il cuore per imparare a sentirlo e aiutare gli altri a riconoscerlo. Il bene va diffuso ed è necessario che i comportamenti ispirati a quei valori siano raccontati. Ci sono tanti modi per raccontare l’impegno e la cittadinanza attiva. Anche chi opera nel volontariato e nell’associazionismo è ormai pienamente consapevole della potenza e della varietà dei mezzi di comunicazione che il nuovo sistema dei media propone. Il Cesvol ha in un certo senso aderito ai nuovi linguaggi del web ma non ha mai dimenticato quelle modalità di trasmissione della conoscenza e dell’informazione che sembrano comunque aver retto all’urto dei nuovi media. Tra queste la scrittura e, per riflesso, la lettura dei libri di carta. Scrivere un libro per un autore è come un atto di generosa donazione di contenuti. Leggerlo è una risposta al proprio bisogno di vivere il mondo attraverso l’anima, le parole, i segni di un altro. Intraprendendo la lettura di un libro, il lettore comincia una nuova avventura con se stesso, dove il libro viene ospitato nel proprio vissuto quotidiano, viene accolto in spazi privati, sul comodino accanto al letto, per diventare un amico prezioso che, lontano dal fracasso del quotidiano, sussurra all’orecchio parole cariche di significati e di valore. Ad un libro ci si affeziona. Con il tempo diventa come un maglione che indossavamo in stagioni passate e del quale cerchiamo di privarcene più tardi possibile. Diventa come altri grandi segni che provengono dal passato recente o più antico, per consegnarci insegnamenti e visioni. Quelle visioni che i cari autori di questa collana hanno voluto donare al lettore affinché sapesse di loro, delle vite che hanno incrociato, dei sorrisi cui non hanno saputo rinunciare. 3
Gli autori di questi testi, e di tutti quelli che dal 2006 hanno contribuito ad arricchire la Biblioteca del Cesvol, hanno fatto una scelta coraggiosa perché hanno pensato di testimoniare la propria esperienza, al di là di qualsiasi tipo di conformismo e disillusione. Il Cesvol propone la “Collana dei Quaderni del Volontariato” per contribuire alla diffusione e valorizzazione della cittadinanza attiva e dei suoi protagonisti attraverso la pubblicazione di storie, racconti e quant’altro consenta a quel mondo di emergere e di rappresentarsi, con consapevolezza, al popolo dei lettori e degli appassionati. Un modo di trasmettere saperi e conoscenza così antico e consolidato nel passato dall’apparire, oggi, estremamente innovativo. Salvatore Fabrizio Cesvol Umbria
4
Pregar Natura II Essere
passeggeri della terra sulla Terra
a cura di Elena Bussolotti
5
INTRODUZIONE Tramite “Pregar Natura I” abbiamo percorso un viaggio (parallelo e convergente a quello che l’Onorevole Grazia Francescato ha vissuto con l’Arcangelo Michele, vedi libro “In viaggio con l’Arcangelo”, edito da Mediterranee, con la prefazione del Filosofo Ignoto, Guido Ceronetti, che ho conosciuto personalmente), attraverso la Natura su Cultura. Partiamo allora con alcune considerazioni specifiche di questo tema, che possono far da cerniera alla trattazione dei temi che hanno attraversato il primo libro e che continuano in questa seconda parte. Abbiamo tracciato un percorso tra la Letteratura Ecologica e le modalità della Custodia nelle principali religioni odierne: Cristianesimo, Ebraismo, Islam, Mondo Indiano, e adesso riflettiamo sulla Natura e Cultura, Cultura e Natura, sul Comunitarismo, l’Ospitalità Femminile, la Saggezza della Parola, attraverso i contributi di pedagogisti, poeti, utopisti e ambientalisti, che educano alla coscienza della vita, al sapere “pulito” e condiviso, alla cittadinanza etica. Cercando di tener presente tutto il sentiero vissuto finora nella lettura e considerando momento fondamentale dell’esperienza Terrestre il pensiero che si abbandona alla contemplazione, seguendo vari tipi di preghiera, anche laica. Ringrazio vivamente Mario Bolognese, Grazia Francescato, Alberto Stella e l’ambientalista che conclude il testo, portandoci in una passeggiata empatica e naturalistica nel cuore del sogno che Natura prega... Buon viaggio.
7
IN VIAGGIO NEL SOGNO di Elena Bussolotti NATURA E CULTURA Se prendiamo il lavoro di un contadino o di un giardiniere, che attentamente trasformano i campi incolti in campi coltivati, selezionano i semi da piantare scegliendo e seguendo il loro nutrimento, curano le piante che crescono dando loro la giusta forma- notiamo come essi diano la forma che considerano più adeguata ai campi e alle piante in questione-. Ma il contadino e il giardiniere fanno qualcosa in più: distruggono gli ospiti indesiderati, le erbacce cresciute “di loro propria iniziativa” e che perciò rovinano l’accurato disegno dei campi, diminuiscono il profitto pianificato dei raccolti o intaccano l’ideale estetico del giardino. Il calcolo del profitto o l’idea di ordine e bellezza impongono, in primo luogo, la divisione delle piante in quelle utili, che necessitano di cure per crescere ed erbacce, che devono essere estirpate e distrutte. Il contadino e il giardiniere rivedono “l’ordine delle cose”, usando particolari tecniche e strumenti per attuare tale revisione, per renderla una realtà “ordinata”, o meglio più vicina alla loro visione dell’ordine. (Pag.139, Zygmunt Bauman, Pensare sociologicamente) Quindi l’agricoltura ed il giardinaggio consueti sono sicuramente degli ambiti di codici culturali, dei sistemi di segni, condivisi, che comunicano cultura attraverso opposizioni di comprensione (questo è buono da pensare, questo no..). Oggi però si cerca di ritrovare un’armonia tra il modo in cui, con la cultura, lavoriamo la terra, e la Terra, attraverso la 8
diffusione di orti sinergici ed in Permacultura, che ascoltano profondamente i bisogni dei terreni e dei microcosmi. Oggi che esistono giornate come Puliamo il Mondo (Legambiente), si ripuliscono dai rifiuti terreni pubblici ed emergono importanti i progetti di Food forest. Oggi la Land Art ci ricorda che l’attenzione etica ed estetica che abbiamo per l’ambiente, non deve essere mossa solo dal profitto e dal ritorno economico. Ecco, oggi mi sembra che questa dicotomia non sia così rigida e che si possano valutare dei saperi trasversali, complessi, interdisciplinari. Non sono la sola, come emerge dagli studi di numerosi intellettuali, provenienti da aree del sapere anche molto distanti tra loro: ne parlano il Sociologo e Filosofo Piero Dominici, l’Ingegnere Enzo Scandurra, che a loro volta si ispirano a Gregory Bateson, e argomentano con Enzo Tiezzi e Amitav Ghosh tra gli altri. Mi sembra quindi importante concludere con riflessioni riguardanti queste due facce di un’unica... foglia di olivo. Nel mondo capovolto (Naomi Klein) in cui abitiamo, in cui è un passo dal perdersi la sacralità, essa può essere recuperata ripristinando la categoria ecologica: “Dice una parabola che quando il dio ecologico abbassa lo sguardo e vede la specie umana peccare contro la sua Ecologia (per avidità o perché prende delle scorciatoie o compie certi passi nell’ordine sbagliato), sospira e involontariamente manda sulla terra l’inquinamento o la pioggia radioattiva. Non serve dirgli che la trasgressione era di poco conto, che ci dispiace, che non lo faremo più. Non serve fare sacrifici, tentare di placarlo con offerte: il dio ecologico è incorruttibile e quindi non lo si può beffare” (Bateson G., Bateson M.C., 1989). Non si può beffare, come dice San Paolo nella Lettera ai Galati. Parlando quindi di Ecologia, seguendo Scandurra (in Riflessioni Sistemiche n 17) possiamo tener presente che 9
recentemente alcuni neurobiologi italiani hanno scoperto che le piante sanno giocare e si muovono nel tempo (Angelillo M., 2017), e possiamo addurre che l’Antropocentrismo oggi non ha più senso, che dividersi dal Mondo che ci circonda ci porta ad un’astrazione senza senso e ad un modo di vivere, in fine ultimo, non adattativo. Solo la specie umana concepisce la crescita illimitata, vera idiozia culturale e del pensiero unico, altra ideologia totalizzante assente in Natura, dove prevale la polifonia, la biodiversità, la circolarità. In Natura prevale la cooperazione sulla competizione. Lo ha dimostrato nel 1902 lo scienziato russo Kropotkin, con il suo celebre scritto Mutual Aid (mutuo soccorso). (Pag.4, RS Scandurra) Quindi sappiamo che si evolve scientificamente tramite la collaborazione, che sopravvivenza non vuol dire necessariamente lotta all’ultimo sangue; ciò si riflette e ci fa riflettere sull’odierno Essere Umano “Illuminato”, che tende ora a promuovere Cultura facendosi carico della Natura, in un rapporto di Cooperazione e Consapevolezza per la sopravvivenza. Questo processo è in crescita, dal momento che saremo sempre più alla ricerca di campi coltivabili positivamente, ossia rinnovando e non depauperando il suolo, per far fronte alle esigenze dell’aumento della popolazione, ma anche cercando un prodotto più nutriente e sano e meno sofisticato, che premi la genuinità. E quindi se ciò avviene secondo un ‘appoggio’ alla Natura, con un sostegno ad essa e non con uno sfruttamento scriteriato, attraverso un’agricoltura più vicina all’osservazione ‘pacifica’, senz’altro anche i prodotti saranno più buoni da mangiare e da pensare. Il tema quindi della Natura e della Cultura è ampissimo e ci riguarda tutti. Interessante è la trattazione che ne fanno gli antropologi Gisli Pallson e Tom Ingold. Dato per certo che il binomio Natura-Cultura non è comunque un prodotto culturale universale, possiamo dire che esso si è sviluppato nella nostra cultura Occidentale nel Rinascimento 10
e si è protratto nell’era moderna. Con l’invenzione della prospettiva, che separava soggetto e oggetto della visione, si ridusse la Natura ad uno spazio tridimensionale specifico e quantificabile, e questa postura permeò il periodo Illuminista e il Positivismo, questo a grandissime linee. Pallson parla di tre paradigmi: orientalista, paternalista e comunitarista. Nel primo si ha sfruttamento della Natura, nel secondo si ha preservazione, ma solo nel terzo c’è una relazione dialogica e di reciprocità: l’azione dell’uomo è interna ad un sistema. E questa visione non è da considerarsi retrograda o primitiva, bensì integrata e consapevole, narrante delle storie che ci fanno comprendere il Mondo e che sono alla base della Vita all’interno di un Sistema, in cui è molto importante anche il rapporto con gli animali, ad esempio: “pur dipendendo dall’ambiente, l’uomo se ne distacca per la sua capacità unica di creare mondi alternativi, più o meno avulsi da quello naturale e talora opposti ad esso” (Giuseppe O. Longo) Questi sono i rischi di una componente del nostro Essere Culturali prepotentemente presente nelle nostre vite e che è mezzo del progresso: la tecnologia veloce, che spesso invece di esserci di aiuto ci travolge e dalla quale ci mette in guardia anche Papa Francesco (2017), “Non esiste più la separazione tra ciò che è naturale e ciò che è culturale. Le due divinità felicemente accoppiate, Natura e Cultura, sono morte e con loro l’idea di scrittura ecologica” (Ghosh A., 2017). Questo fa rompere il velo della Poesia di certi paesaggi incontaminati, e ci porta nel regno dell’EcoPoesia, della necessità dell’impegno per vivere il cambiamento. Noi siamo parte integrante della Natura e non possiamo inquinarla, pena la perdita di noi stessi, prima o poi. 11
“Il nostro corpo è una macchina di trenta miliardi di cellule, controllate e procreate da un sistema genetico che si è costituito nel corso di un’evoluzione naturale durata da due a tre miliardi di anni”, e “la bocca con cui parliamo, la mano con cui scriviamo sono organi biologici. Discesi dall’albero genealogico tropicale, dove viveva il nostro antenato, siamo convinti di essere sfuggiti per sempre fuori dalla Natura, per costruire il regno indipendente della Cultura”. […] “Noi siamo 100% Natura e 100% Cultura” (Morin E., 2007). Scandurra ancora sottolinea come Papa Francesco mette i ferri corti all’antropocentrismo moderno che “Ha finito per collocare la ragione tecnica al di sopra della realtà, perché questo essere umano non sente più la Natura né come una norma valida né come vivente rifugio” (Francesco, 2015, pag.128). Questi sono i rischi di quello che è stato chiamato dagli studiosi Antropocene, in cui le nostre emissioni di CO2 mettono a repentaglio l’intero Ecosistema. “L’essere umano è per lui parte della Terra; non può contrapporsi più di tanto ai meccanismi che ne regolano cicli ed equilibri e ad essi si deve conformare. Non, quindi, la hybris del dominio sulla Natura e sugli altri esseri, come per secoli è stato interpretato il messaggio biblico, bensì una consonanza con essi che fa del genere umano il Custode, o uno dei Custodi, del Creato. Sono sanciti così sia l’abbandono di una concezione antropocentrica, prevalsa soprattutto con l’avvento dell’era moderna, sia l’adesione alla 12
visione propria di quell’Ecologia Profonda che sta affermandosi, pur con grandi difficoltà, in molti campi della cultura e in gran parte dei movimenti autorganizzati del nostro tempo: una visione che Francesco abbraccia senza remore nell’enciclica ‘Laudato sì’” (Viale G., 2017). Abbiamo approfondito questo tema con il Professore Paolo Trianni e faccio nota anche di un importante intervento anche dell’Onorevole Grazia Francescato. “Che non basti la scienza per capire il mondo, ma ci sia anche bisogno della filosofia, mi sembra dunque ovvio. Direi di più. Non basta nemmeno la filosofia. Direbbe Bateson che ci vogliono anche, per esempio, l’arte, la bellezza, il gioco, l’umorismo e persino il sacro. Ma il vero drammatico problema è che nella società contemporanea tutto è ormai ridotto a merce, e dunque che non si può capire il mondo senza andare al supermercato” (Cini M., 2012, pp. 53-76). Riprendendo l’ironia di quest’ultima citazione possiamo ritenere necessario per l’AutoCoscienza dell’Essere Umano questo passaggio di tempo in cui quasi tutto si può comprare; ma oggi i GAS, la Sharing Economy e le Monete Complementari, ci insegnano a cambiare direzione e a recuperare il Valore, i Valori, che possono essere riassunti nelle 3T: Tierra, Techo, Trabaho (Terra, Casa, Lavoro) di Papa Francesco. CULTURA E NATURA È importante segnalare viceversa (e qui entriamo in un Campo del Sapere dove il Professore Piero Dominici, (che può essere riconosciuto anche come ‘Antropologo della Complessità’, a me figura molto cara grazie al Professor Ugo Fabietti, per l’importanza della ricerca sul campo e per l’impegno 13
di posizione critico verso un presente molto migliorabile attraverso l’impegno pratico e conoscitivo) lavora da decenni, anche come Direttore Scientifico del Complexity Education Project dell’Università di Perugia. In uno dei suoi progetti ha indagato anche il Riduzionismo nelle calamità naturali, affrontato dalle Istituzioni coinvolte senza prendersi in carico le Umanità coinvolte, studiando così quella che ha definito la Società dell’Irresponsabilità. Dagli importanti suoi Studi all’Aquila, ha svelato le difficoltà di una cultura chiusa, che non si apre alla Natura, che non fa fare da perno alla scienza, di fatto boicottando scientificità bilaterali e dialoganti. Una società che ignora l’importanza della complessità e della resilienza, pur non essendo più in grado di gestire: la complessità non è oggi né gestita, né controllata, perché non c’è formazione che abbia competenza opportuna. E quindi sono state fondamentali le sue necessarie prese di posizione verso un sapere olistico, trasversale, impegnato, etico e altruistico e collaborativo, connettivo, che cura gli intenti, il non detto, il sapere incorporato, la carne e le ossa, tutto il senso dell’umano, non complicato ma complesso, sistemico. E’ inoltre utile e fondamentale sussumere che Natura e Cultura siano sorelle e soprattutto che la naturalità di un elemento culturale è qualcosa che non è corretto assumere invece, poiché viviamo immersi in una foresta di simboli. Francesco Remotti in “Contro - Natura” cita Montaigne: Le leggi della coscienza, che noi diciamo nascere dalla Natura, nascono dalla consuetudine [COSTUMI]; ciascuno infatti venerando intimamente le opinioni e gli usi approvati e accolti intorno a lui, non può disfarsene senza rimorso né conformarvisi senza soddisfazione. Ma il principale effetto della sua potenza è che essa ci afferra e ci stringe in modo che a mala pena possiamo riaverci della sua stretta e rientrare in noi stessi per discorrere e ragionare dei suoi comandi. In verità, poiché li succhiamo col latte fin dalla nascita e il volto del Mondo si presenta siffatto al 14
nostro primo sguardo, sembra che noi siamo nati a condizione di seguire quel cammino. E le idee comuni che vediamo aver credito intorno a noi e che ci sono infuse nell’anima dal seme dei nostri padri, sembra siano quelle generali e naturali. Per cui accade che quello che è fuori dai cardini della consuetudine lo si giudica fuori dai cardini della ragione; Dio sa quanto irragionevolmente perlopiù” (150) Ciò che possiamo ritenere universale, sia Naturale che Culturale (grande tema l’Universalità, che si dibatte e ricerca anche in Teologia), è la necessità che le nostre azioni vadano verso la sopravvivenza di ognuno e ognuna di noi, all’interno dell’Ecosistema che condividiamo con l’altro e l’altra. Grazie a questa pacifica necessità possiamo comprendere che insieme riusciremo a preservare questo Sistema di interconnessioni, che accresce il senso con cui viviamo, e che nutre le nostre anime nel quotidiano, fino ad essere una linea guida delle nostre indicazioni educative e pedagogiche. Con questo testo si è voluto dare un’indicazione su come sulla Natura, da sempre, si sia fatta molta Cultura e si vuole mettere in evidenza che la Buona Cultura non può prescindere dalla Natura, in un “ecumenismo” che è degno di nota, poiché ogni Civiltà si difende dalla barbarie quando impara a rispettare ciò che ci alimenta e ci sostiene. Quindi oggi il tema naturalistico- teologico è attualissimo, e i Diritti umani e i Diritti alla Terra vanno a braccetto, nel piacere di incontrare la Dignità Umana, la Responsabilità e la Lotta al Consumismo, in una direzione che ci porti a sostentarci con l’umiltà di chi è solo un chicco di grano nello staio, ma che con la propria scelta quotidiana anti-capitalistica può rendere un angolo di Terra più vivibile e sincero. E quale Cultura è la dominante? Quale concezione della Felicità e del soddisfacimento dei bisogni? Quali i bisogni? Ce lo spiega anche Maurizio Ferraris in “Felicità”. 15
Ci sono degli studiosi che hanno messo in relazione come causa della Felicità le entrate economiche ed i beni relazionali e sembra che la disponibilità in beni relazionali tenda a diminuire quando il reddito aumenta; Majid Rahnema dice: Alla patologica ossessione di possedere di più, al desiderio incessante di accumulare per sé e di togliere agli altri per il solo piacere di esercitare potere, si aggiungono la cultura del successo sociale, l’impietosa dinamica della competizione, l’irrinunciabile principio del profitto a ogni costo e la mercificazione di tutte le relazioni umane.(Pag. 94) Anche questo crea malattie e disagio sociale, comportamenti a rischio, l’aumentare dei suicidi (315 miliardi di euro spesi in Francia per la sicurezza sociale, e non per miglioramenti e aumenti di partecipazione civica alle vite. Un milione di persone ogni anno nel mondo si toglie la vita). Ci sono dati raccapriccianti che ci invitano a recuperare la saggezza della lumaca; come dicono Serge Latouche in ‘La scommessa della decrescita’, e Ivan Illich, questo animaletto ci insegna molto, perché: Dopo aver aggiunto un numero di spire sempre più grandi alla delicata struttura del suo guscio, interrompe all’improvviso questa sua attività costruttiva e comincia a “riavvolgersi” in modo decrescente. Una sola spira in più aumenterebbe di sedici volte le dimensioni del guscio. Anziché contribuire al benessere della lumaca, la graverebbe di un tale eccesso di peso che qualsiasi aumento di produttività verrebbe letteralmente schiacciato dal compito di affrontare le difficoltà create dall’allargamento del guscio oltre i limiti fissati dai suoi stessi fini. A questo punto il problema del sovrasviluppo comincia a moltiplicarsi in progressione 16
geometrica, mentre le capacità biologiche della lumaca, nella migliore delle ipotesi, non possono che aumentare in proporzione aritmetica. (Pag.40-42) Prendendo ad esempio questa saggezza, tra Natura e Cultura, potremo costruire e vivere un mondo un po’ più umano, una Società più a dimensione di esistenza: in un guscio più confortevole, con valori reali e saldi, a cui le nuove generazioni possano far appello, per crescere migliori. Mi avvio a concludere con Maria Montessori, in “Educare alla libertà”. Per un’Educazione dei Sensi propone un’esperienza inedita per il discente tra opere della Natura e opere dell’Uomo Una volta condussi con me a passeggio al Pincio un ragazzo delle scuole elementari che studiava disegno geometrico e conosceva l’analisi delle figure geometriche piane; affacciati all’alta terrazza da dove si scopre la piazza del Popolo e la distesa della città, gli dissi: “Guarda, tutte le opere dell’uomo sono un gran mucchio di figure geometriche”. Infatti rettangoli, ellissi, triangoli, semicerchi perforavano e ornavano in cento diverse maniere le facciate grigie rettangolari degli edifici, tali uniformità in tanta distesa sembrava provare la limitazione dell’umana intelligenza. Invece, in una vicina aiuola, le erbe e i fiori spiegavano superbamente l’infinita varietà delle forme della Natura. […] Nel primo momento rise all’idea dell’uomo che ammucchia figure geometriche, poi s’interessò e guardò a lungo; gli vidi nel viso un’espressione viva di pensiero (136-37). In questa esperienza l’educatrice rintraccia una fonte di Educazione spirituale e proprio sull’Educazione religiosa e 17
sull’anima del bambino, in conclusione al testo citato si rifà al poeta Wordsworth che Innamoratosi della Natura, cominciò a sentire la misteriosa voce dei suoi colori e dei suoi silenzi, e le domandò il segreto della vita tutta quanta. Finché, come un veggente, ne ebbe la rivelazione: il segreto di tutta la Natura sta nell’anima del fanciullo. Egli ci scopre la sintesi vera della vita, che risiede nello Spirito dell’Umanità. Ma quello spirito che “avvolge la nostra infanzia” è poi oscurato […]. La vita sociale è spesso il successivo oscurarsi e il morire della vita naturale che è in noi. Questi nostri metodi tendono a custodire il fuoco spirituale degli uomini (e delle donne) […]. È una Pedagogia che s’informa all’alto concetto di Emanuele Kant: “l’Arte perfetta ritorna alla Natura.” Grandi maestri in questo sono i Popoli Indigeni che hanno mantenuto un rapporto importante con la Terra e i suoi tempi ciclici, con i suoi abitanti talvolta quasi invisibili e con le sue forze che fanno di un bosco ed una foresta, dei regni di grande energia e vitalità, tanto che ci sono delle terapie (caso giapponese) che prevedono nelle passeggiate in queste zone terrestri, un vero toccasana per la salute psicofisica. Concludo quindi questa trattazione con il tema del sacro tra Natura e Cultura con una preghiera nativa: il Canto di mezzogiorno dei Sioux Teton: Dove sacro tu vedi, nel posto dove sorge il Sole sacro puoi tu vedere. 18
Dove sacro tu vedi, nel posto dove il Sole ci passa sopra nella sua corsa sacro tu vedi. Dove la bontà tu vedi, al ritorno del Sole la bontà puoi tu vedere. L’ANTICAPITALISMO E IL COMUNITARISMO Abbiamo incontrato nel nostro percorso sulla sacralità della Natura alcune parole chiave che è necessario comprendere, per approfondire il valore di questa postura geopolitica. Per capire cosa è l’AntiCapitalismo e cosa significa e comporta il Comunitarismo, mi voglio riferire ad uno studioso di grande impegno socio-eco-politico, Massimo De Angelis. Scopriremo insieme di cosa si è occupato e si occupa; il suo libro recente, ‘Communia, Omnia sunt Communia’ è oggetto di commento del grande storico Peter Linebaugh che è autore anche di ‘La Terra, il Diritto, l’Impegno Civile’. Presento qui alcuni temi in stralci di un articolo apparso il 3 Maggio 2017 su Comune-Info. Questi due studiosi ci forniscono degli elementi per comprendere cosa si può intendere per Comunitarismo e di come nella Storia esso non abbia avuto il suo spazio per accogliere un tipo di stato di Diritto, una forma di Governo effettivamente Democratico ed Inclusivo e quindi facciamo un piccolo volo che ci faccia aprire gli occhi sul problema della connessione tra Terra, Capitale, Guerra. De Angelis è attivo nei movimenti sociali e nei beni comuni. Il sottotitolo di Omnia Sunt Communia è “Sul Comune e la 19
trasformazione al postcapitalismo”. Ha un’esperienza ricca nelle Ande del Sud America, in particolare nella lotta per l’acqua a Cochabamba, con forme di ‘minga’ (una parola in Quechua per la comunità del lavoro); collabora con decine di cliniche sanitarie auto-organizzate in Grecia; è attivo contro tentativi di privatizzazione dell’energia elettrica e dell’acqua in Sudafrica; è in contatto con i movimenti di Occupy che iniziano in Zuccotti Park; si occupa inoltre di problemi di sovranità alimentare e di agricoltura comunitaria nel suo villaggio di Monchio sugli Appennini. È fondatore di un’influente rivista web chiamata The Commoner. Peter Linebaugh, che è il principale storico dei beni comuni dice che De Angelis ha scritto un libro profondo e sorprendente che lo ha imposto come una voce importante nella discussione mondiale sui commons. È un “politico” solo nel senso che questo libro inizia con l’esodo del capitalismo, cioè è collocato saldamente nei nostri tempi dell’egemonia del neoliberismo e dei movimenti contro di essa. È “teorico” in due sensi. In primo luogo, esclude varie nozioni apocalittiche della rivoluzione. Il suo non è un libro ideologico sebbene sia un libro di idee. In secondo luogo, sfida le teorie economiche, cibernetiche e di sistemi con astrazioni fluide, concetti e collegamenti propri. Notiamo che “La filosofia è particolarmente richiesta quando le vecchie idee – in questo caso l’ideologia miserabile ed egoista del neoliberismo – non esprimono più alcuna descrizione accurata della vita sociale né dell’orizzonte dell’aspirazione (ComuneInfo). Come Marx o Spinoza si trova una terminologia che in un primo momento è 20
novella, ma presto apre per vedere orizzonti chiari e pratici alla trasformazione al postcapitalismo”. Nell’adesione alla campagna Facciamo Comune insieme, De Angelis così scrive: “Fare comune è fare in comune, e questo è l’unico modo di costruire una forza sociale abbastanza potente da cambiare il mondo e il modo di riprodurre le nostre vite e la nostra terra. La vostra/nostra rivista-web si fonda su questa grande, grandissima intuizione, mettendo insieme lezioni di vita, di tecnologie, di pratiche e convivialità e di pensiero. Io spero solo che questa intuizione, ormai condivisa da molti movimenti in giro per il mondo, possa dar vita a ecologie di forme sociali e istituzioni governate dal basso sempre più estese e sicure di sé, capaci di ridurre sempre più la nostra dipendenza dalla finanza e dalle merci governate dai potenti. ‘Omnia sunt communia’”. Omnia sunt communia, dunque cioè “tutti i beni sono in comune”, è un’espressione biblica che oltre a descrivere una pratica di vita degli oppressi nel periodo dell’Impero Romano, è anche lo slogan della massiccia rivolta contadina dell’Europa centrale a partire dal 1526. Egli ragiona su come Stati Uniti e Gran Bretagna hanno avuto origine nell’esproprio violento dei beni comuni per preparare il terreno per le piantagioni (con i loro schiavi) e per la fabbrica (con i primi schiavi salariati): una storia nutrita dal monopolio del modo di fare denaro e di fare la guerra. Ieri come oggi. Tuttavia molte realtà mostrano nuove forze sociali in grado di cambiare il mondo. Linebaugh ancora su De Angelis: Con l’aiuto di concetti potenti, in particolare i concetti di commons, commonwealth e 21
commoning, ci dà i lineamenti del discorso e delle connessioni e dei loro potenziali. Questo è un lavoro di scienza o di produzione di conoscenza piuttosto che una preghiera utopica. Le nostre mobilitazioni del Primo Maggio hanno riunito persone che lavorano, poveri, persone senza documenti, rifugiati, reclusi e persone di colore per aiutarci a trovare quello che abbiamo in comune. Nell’articolo dello storico, si scoprono i meccanismi alla base della sottrazione del Diritto alla terra sulla Terra. Vediamo di comprendere meglio questo caso esemplare, anche perché gli Usa sono esportatori di valori e costumi, spesso critici per l’attualità. Per quanto riguarda l’America, la Guerra d’indipendenza del 1776 era contro l’impero britannico e quella del 1789 per un impero americano, una Contro Rivoluzione. La costruzione degli Stati Uniti cominciò quando nel 1787 un gruppo di ricchi banchieri, avvocati e proprietari di schiavi si riunirono a porte chiuse a Philadelphia. Essi organizzarono un governo che in primo luogo monopolizzava il modo di fare denaro e di fare la guerra, e in secondo luogo lo faceva attraverso una serie di meccanismi legali volti a minimizzare la democrazia. Erano guidati dal “padre della costituzione”, un uomo che possedeva più di cento schiavi, James Madison che temeva la comunanza, la legge agraria; aveva paura di “politici teorici”, cioè di coloro che hanno sostenuto una “legge agraria” o la perequazione della terra, coloro che sostenevano “la perfetta uguaglianza”, quelli che erano “eguali nei loro beni”. In breve, gli Usa dovevano diventare un enorme stato contro i beni comuni (Commons). Questo poiché la classe dominante non era del tutto unita, ma divisa in quattro parti, o “fazioni” come le chiamava: i proprietari, i commercianti, i produttori delle manifatture e i banchieri. Questi personificano quattro momenti del capitalismo: agrario, commerciale, industriale e finanziario. 22
A turno costoro hanno sfruttato e organizzato il lavoro per produrre un surplus di valore, fino ai giorni nostri, ed è necessaria un’alternativa di diversa identità. Dobbiamo inventare un sostituto per l’umanità sofferente e per il bene della terra. La repubblica costituzionale degli Stati Uniti è stata costituita prendendo la terra di altri popoli, uccidendoli, trasformando la terra in una merce, o prendendo altre persone da una terra e schiavizzandole in un’altra. La monarchia costituzionale del Regno Unito si è costituita recintando terre appartenenti alle persone comuni e rinchiudendole in fabbriche, o quando si rifiutavano confinandole nei penitenziari, organizzando la vita acquistando e vendendo e ampliando la guerra contro nazioni sempre più lontane, il Galles, la Scozia e poi l’Irlanda con l’India, l’Australia, il Canada, a seguire. James Wilson, che tenne lezioni presso la scuola di diritto dell’Università della Pennsylvania sostenne che “ciò che appartiene a nessuno è sprecato da tutti”. Cosa non vera, se il Popolo o i Popoli si sanno autoorganizzare! Adam Smith in U.K. fornì la teoria sottostante scrivendo in “La ricchezza delle nazioni”, volume 2, libro 5, capitolo 1, parte 2. “Il governo civile, per quanto sia istituito per la sicurezza della proprietà, è in realtà istituito per la difesa dei ricchi contro i poveri”. Le fabbriche e le piantagioni di cotone, sebbene sulle sponde opposte dell’Atlantico, erano reciprocamente necessarie, si svilupparono tra di loro e diventarono il mezzo della divisione globale del lavoro. Il Regno Unito (1801), a seguito della distruzione dell’Irlanda indipendente, divenne il nome 23
dell’entità politica che era parallela agli Usa. (Per conoscenza: nel 1900 U.K. e gli Usa producevano il 60 per cento delle emissioni cumulative di CO2. Il carbone divenne il substrato materiale della produzione di plusvalore). Entrambe le entità politiche hanno avuto origine nell’esproprio violento dei beni comuni per preparare il terreno per la piantagione e per la fabbrica. Le relazioni di classe relative a questa “relazione speciale” sono il lavoro coatto (schiavitù e proletariato) e la antidistribuzione dei mezzi privatizzati di produzione e di sussistenza, sotto il controllo dell’Uno per cento. Tutta la concatenazione storica, geologica, politica ed economica ha portato a questo, o il mondo si sarebbe capovolto. Ma il capitale non è una cosa, è una relazione umana. È costituito da persone, vale a dire i proprietari dei mezzi di vita e le persone vive che hanno lavorato. Le persone che fornivano la forza lavoro di “connessione” erano gli stessi marinai e gli scaricatori, i carrettieri, i magazzinieri dei porti del mondo: era un lavoro cooperativo, in una prospettiva globale di un “processo di produzione integrato”, che ha però realizzato la schiavitù. Il lavoro umano è raccolto in catene, i piedi neri in catene in marce forzate camminavano dalla costa orientale fino al Mississippi, come un “millepiedi umano”. La frusta era importante nella crescita del cotone come il sole e la pioggia. La frusta di cuoio intrecciata da dodici piedi deve essere aggiunta come la “tecnologia” di questo enorme cambiamento. Durante gli anni 1790 la popolazione schiava è cresciuta velocemente, da trentamila a cento e settemila dal 1790 al 1810 solo in Georgia. C’erano donne e bambini. Tutto il commercio mondiale (pensiamo all’abbandono del cotone in India), si basò poi sulla collaborazione tra le grandi potenze degli Stati Uniti e del Regno Unito. Ecco perché l’era della guerra era funzionale all’accumulazione capitalista. La guerra non ostacola il capitalismo; è necessaria 24
a esso. Quando diciamo che il capitalismo non conosce confini nazionali, ciò che intendiamo è che i suoi poteri di sfruttamento includono la belligeranza nazionale organizzata dalle banche centrali con raffinate connessioni con istituzioni di sovranità politica - denaro e guerra - . La guerra del ricco e la lotta del povero uomo, altrettanto vero in Gran Bretagna come negli Stati Uniti. - Oggi come possiamo ricostituire noi stessi -in comune-? La terra sulla Terra , il Pianeta desiderano ardentemente la nostra risposta. Abbiamo esempi negli orti condivisi e di quartiere, a Roma, come a Bologna, Perugia, abbiamo esempio nella Cooperativa Coraggio, che ha delle terre assegnate che fa rivivere per la Comunità. Invece di guardare all’Industrializzazione coatta, guardiamo all’Agro-Ecologia ‘coatta’, per sfamare il Mondo e renderlo quella terra amata da Dio, di cui siamo fatti, sulla Grande Madre Terra, che ci ricorda che non siamo infiniti e che è importante cercar di dar da mangiare a tutte e a tutti, Bambine e Bambini: tutti debbono avere modo di placare i morsi della fame, con Carità e Amore; potremmo semplicemente farcela, la sovrapproduzione potrebbe diventare una risorsa solo se il Biologico, intendo l’Organico e Bioregionale, avesse il Suo spazio all’interno del Mondo Contemporaneo; allora non saremmo più nell’Iper-modernità, ma nella Super-Modernità. Dobbiamo attraversare questo velo doloroso e accettare che il sorriso del Vicino e della Vicina, è quanto di più accrescente per il nostro, con la Condivisione e la Convivialità che tanto Aldo Capitini ci ha insegnato per far dialogare Culture e Posizioni. Grazie per aver viaggiato insieme nella Storia degli oppressi. DONNE E OSPITALITA’ E ora andiamo ad un tema d’intimità. La grande filosofa ed antropologa Luce Irigaray, nella sua sconfinata letteratura, in 25
un libricino semplice, alla portata di tutti, ci insegna quanto il femminile (in L’ospitalità del femminile, pagg. 24-25, sotto Le parole dell’accoglienza) ci indica una via di azione, a partire dal dialogo tra le Culture e tra i Sessi. Dobbiamo fare due cose: tornare all’origine della nostra Cultura ed elaborarne una Nuova. Il nostro abituale linguaggio, la nostra lingua madre, non è in grado di intraprendere una tale impresa (l’accoglienza). Certo, può aiutarci a ragionare sul compito che dobbiamo realizzare, ma questo non corrisponde ancora al discorso che dobbiamo rivolgere all’altro, a un linguaggio di condivisione. Per rendere possibile questa condivisione è necessario preparare uno spazio per il silenzio, così come era necessario preservare uno spazio vergine in relazione all’uno e all’altro individuo per realizzare un incontro. Questo quando esistevano diverse (tipologicamente) lingue franche, non come oggi l’Inglese e la Tecnologia, ed il rito aveva il suo ruolo, la gestualità, il Rispetto di tradizioni e Culturalità. Un simile segnale di accoglienza mostra la volontà di lasciare il circolo del proprio discorso, l’usuale dimora del linguaggio, per ascoltare ciò che l’altro vuol dire, vuole indirizzare a lui o lei, da un orizzonte del linguaggio ad essi sconosciuto. E’ un compito tutt’altro che semplice. Si tratta nuovamente di un gesto linguistico, che può favorire la comunicazione tra persone appartenenti a culture diverse. Una simile affermazione può sembrare un paradosso, ma nello scambio verbale alcuni modi di dire equivalgono più di altri a gesti. E’ questo il caso al livello delle parole stesse. Il gesto di ospitalità che rivolgiamo all’altro non può essere ispirato da un semplice obbligo morale […] per fare in modo 26
che tale incontro si realizzi, ognuno deve essere capace di essere e restare se stesso. […] Per dare ospitalità a qualcuno di un’altra cultura, e ancor prima, di un altro genere o generazione, devo essere capace di aprire il mio orizzonte conservando simultaneamente la capacità di rientrarvi anche se questo venisse modificato dall’incontro con l’altro. (pagg. 32-33) Le eterogeneità del Mondo non possono essere ricondotte ad artificiali modelli interpretativi, neutri, ‘neutrali’ e ipermoderni, si dovrebbe forse rispolverare il concetto di Famiglia Umana, cresciuta come Figlia della Natura. Questo: ...se vogliamo preservare un Futuro, il ritorno a un’identità universale e l’elaborazione di una Cultura Fedele a tale Identità. (pag. 38) Una simile Cultura ci permetterebbe di prenderci cura della vita, di arricchirla con l’energia generata dalla differenza tra i Generi, di sviluppare il nostro Amor di Sè, tenendo aperto l’orizzonte del nostro mondo grazie alla Relazione verso e con l’altro che ci trascende. Argomentare la differenza tra Generi è un processo che richiede sia la Fedeltà a se stessi, sia l’accoglienza dell’altro, nella sua differenza. Questo luogo è condiviso da tutti gli uomini e le donne e al suo interno è possibile tessere, continuamente e a vari livelli, legami di ospitalità reciproca, tra tutti, Uomini e Donne, biologicamente o no, indipendentemente dalle loro Tradizioni, appartenenze locali, gruppo etnico o età. Grazie a tale luogo e alla tessitura globale di legami rispettosi delle nostre differenze, è possibile costruire una Storia che soddisfi le esigenze attuali, cercando di armonizzare il presente (e anche il passato), con la prospettiva di costruire un Futuro ancora possibile per l’Umanità. (pag. 40) 27
IL POTERE DELLA PAROLA SAGGIA E per andare verso la fine di questo bel percorso insieme, cito la fantastica Francoise Heritier nel suo libro minore ‘In poche parole la Felicità’, uno scritto sulla Poesia, che sappiamo poter essere lingua franca attraverso il gioco, il Gioco delle Culture nell’Ospitalità. Parlando di Nathalie Sarraute, scrive, partendo dalla parola pronunciata, scritta, udita, sentita in bocca, in cui cerca una definizione capace di spingersi oltre la semplice denominazione… Così facendo, attraverso tutte le associazioni che un certo vocabolo risveglia nel mio animo e nel mio corpo (non tutte immediatamente decifrabili) mi sforzo di immetterla in un mondo parallelo nel quale la parola godrà di piena autonomia e di un’efficacia tanto accresciuta quanto più la nuova definizione risulterà fedele al suo essere. (pag. 28) Giocheremo con le parole di Babele, come fa il bambino che si rifiuta di scegliere tra il desiderio di capire esattamente che cosa succede, che cosa si dice intorno a Lui, e la Tentazione mai sopita del meraviglioso esoterico, al quale Lui solo conferisce un senso. Si tratta di stabilire un rapporto più intimo con le parole e con le realtà che esse designano, ma al tempo stesso di metterle a distanza, di addomesticarle per poter viaggiare in loro compagnia. Il/la bambino/a si rifiuta di essere trattato/a come se non capisse quello che gli si dice. Capisce eccome, ma preferisce il mistero delle definizioni che Lui solo proietta sul Mondo, di cui lui solo è padrone, e la cui intimità è lui solo a penetrare fino in fondo.(pag. 45) È l’emozione a imprimersi nella mente 28
dell’interlocutore, e a consentire agli esseri umani di comprendersi tra loro. Immediato e riflesso, il modo di dire è un detonatore, un catalizzatore, un principio di organizzazione, una sorta di grande patrimonio emotivo collettivo culturalmente indicizzato che ci consente di comunicare senza mediazioni, quasi senza scomodare il pensiero. Un po’ come le piante comunicano tra loro, forse: emettendo odori, attrattori, feromoni ecc... (pag. 51) … E come i terpeni con cui le piante si comunicano benessere o allarme… L’illimitato potere di conferire alle parole un senso segreto, nascosto, è per il bambino il potere di ricreare Babele nella sua selvaggia bellezza fatta di incomunicabilità; se l’adulto assapora le frasi fatte, invece, è perché ammette in cuor suo di essere una creatura umana fatta della stessa materia (le viscere) che si ritrova in tutti i suoi simili. Si consuma così il passaggio dal piacere della conoscenza intima e gelosamente custodita, del segreto che accompagna la denominazione idiosincratica del reale (rifiuto del senso comune), al piacere della condivisione di ciò che di più comune esiste al mondo, cioè la vulnerabilità del corpo (eccedenza del senso sottinteso). Davvero non c’è altro da aggiungere? (pag. 59) La Heritier suggerisce uno schema in cui quattro quadrati del piano hanno sulle ascisse sx Mente, dx Corpo, nelle ordinate in alto le Idealità e le Rappresentazioni, in basso la realtà i Fatti e gli Artefatti. Ne emerge che i concetti e l’identificazione sono sullo stesso piano (il superiore, delle emozioni e dei luoghi comuni), mentre in basso abbiamo lo schema e l’astrazione 29
ed i sensi e la percezione; così si capisce che: Sensi, concetti, schemi e luoghi comuni sono quattro modalità della comprensione e della manipolazione del reale per mezzo del corpo e della mente, abbinate a due a due (pag 63) Mi sono divertita a indagare sulle ragioni del mio gusto per le parole, un amore condiviso, credo, dalla maggior parte delle Persone. Mi auguro che molti dei miei lettori continueranno a giocare al gioco delle definizioni segrete o arricchiranno il mio elenco con altri luoghi comuni, provando stupore per le infinite possibilità dell’inventiva umana (pag. 65). I suoni sono vettori di senso: sta a noi trarne partito per creare un mondo che ci spinga a confrontarci sempre di nuovo con la stupefacente infinità delle correlazioni complesse che intrecciano i suoni, i colori, i sapori, gli odori, le sensazioni tattili, le propriocezioni intime e viscerali, le emozioni e il pensiero cosciente. Come lasciare a prendere polvere un tesoro che chiede soltanto di essere esplorato ancora più a fondo? È un gioco dal quale non si esce. Si può solo alimentarlo, come il fuoco. (Congedo, pag. 122). Sperando che questo percorso possa servire ad alimentare questo sacro fuoco, mi congedo anche io, con le parole di Orso in Piedi (da “Amicizia con la Terra”, pag. 107) Gli uomini venivano a far parte del Consiglio della tribù per i loro meriti; così, pur di avervi un posto, uno preferiva essere 30
povero, possedere pochi cavalli e vivere in una piccola tenda. La ricchezza, da sola, non aveva mai aiutato nessuno ad avere potere ed autorità. Anche se uno possedeva tanti cavalli non poteva comprarsi un posto tra i saggi. Con questo, saluto e ringrazio tutti i collaboratori che hanno partecipato alla stesura di questo libro, compagine che io ritengo “sacra”: oltre agli autori della prima parte, ad Eugenio Fallarino, Paolo Trianni, Meskalila Nunzia Coppola e Enrico Galoppini; ringrazio anche gli autori di questa seconda parte, Mario Bolognese, Alberto Stella, Grazia Francescato e un’anonima attivista verde. E poi Irene e Manuela, Lucia, Nicoletta e MariAngela. Grazie ancora per la Vostra cortese attenzione, la Custodirò. La Custodirò insieme agli ormai famosi Giardinieri Planetari e dell’Anima, di Gilles Clément, Clarissa Pinkola Estés e Lorenza Zambon.. Insieme ai fans della Psicologia e Pedagogia Immaginali e alla metodologia graziosa della Psicofiaba. Concludiamo veramente in Poesia e Preghiera, Atti di Tenerezza, dal libro di Paolo Portoghesi ‘Il sorriso di Tenerezza, Letture sulla Custodia del Creato”, Edito dalla Libreria Editrice Vaticana nel 2014 (Pag.189-190), in uno scritto proveniente da un internato in un lager sovietico, dove morì. Gloria a Te che mi hai fatto conoscere la bellezza dell’Universo, Gloria a Te che hai aperto Cielo e Terra davanti a me come un libro di Sapienza Eterna, Gloria alla Tua Eternità in questo Mondo che passa […] Signore, come è bello essere Tuo ospite: brezza odorosa; montagne protese verso il Cielo; Acque come specchi senza limite che riflettono l’oro dei raggi e la leggerezza delle nubi. 31
Tutta la Natura mormora misteriosa, colma di Tenerezza; Uccelli e bestie della Foresta portano il Segno del Tuo Amore. Sia benedetta la Nostra Madre Terra e la sua Bellezza effimera, che risveglia la nostalgia della Letizia Eterna, là dove nella Bellezza Incorruttibile risuona: Alleluia! […] Si vive bene con Te sulla Terra; è una gioia essere Tuo ospite. Gloria a Te per la Festa della Vita; Gloria a Te per il Profumo dei mughetti e delle rose; Gloria a Te per la gustosa Varietà delle bacche e dei frutti; Gloria a Te per lo scintillio argenteo della Rugiada mattutina… E’ lo Spirito Santo che ci fa gustare ogni fiore, il profumo soave che Emana, la Delicatezza del colore, la Bellezza dell’Altissimo nel piccolo. Gloria e Onore a Dio datore di Vita: distende i Prati come un tappeto di fiori, corona i campi con l’oro delle spighe e l’azzurro dei Fiordalisi e dona all’Anima la Gioia di Contemplare. Rallegratevi e cantate a Lui: Alleluia! Come sei splendido nel Tempo della Primavera, quando ogni Creatura Risorge e in mille tonalità gioiosamente Ti invoca: Tu sei la Fonte della Vita, il Vincitore della Morte. Al Chiarore della Luna e al Canto dell’Usignolo Si stendono Valli e Monti Nei loro abiti Nuziali bianchi come la Neve: tutta la Terra è Tua Promessa Sposa, attende lo Sposo Incorruttibile. Se vesti così l’erba del campo Come trasfigurerai noi nel Secolo avvenire dopo la Resurrezione? Come splenderanno i nostri Corpi, come brilleranno le Nostre Anime! Gloria a Te che fai emergere dall’Oscurità della Terra La Varietà dei colori, dei Sapori e dei Profumi; Gloria a Te per la Cordialità e Tenerezza di tutta la Natura; Gloria a Te per le Mille Creature che stanno attorno a noi; Gloria a Te per la Profondità del Tuo Intelletto 32
Di cui il Mondo intero porta l’Impronta […] Protoierej Grigorij PETROV, Inno akatistos di ringraziamento, che si recita in piedi.
33
CAPITOLO I APPUNTI PER UNA CO-EDUCAZIONE GILANICA Materiali e ipotesi di lavoro di Mario Bolognese Lo scienziato dei grandi consultò i suoi libri e il buon Dio degli adulti e disse al bambino: “ Ti ci vuole tanto tempo a imparare per questo così a lungo piccolo devi restare” Ma il bambino che aveva la scienza di un buon Dio che è di tutti così gli sorrise: “ Certo, hai ragione a metà noi piccoli a lungo si resta perchè vi ci vuole del tempo per imparare da noi a cambiare il cuore e la testa”. (Da : “ I’m sorry baby, 40 poesie, Osiride, Rovereto ( Tn) , II^ ediz.1995, con traduzione in inglese, francese, tedesco e Spagnolo”). Prima di iniziare il Lavoro per calarsi nel Mondo dell’autore, due parole sul creatore dell’EcoGenealogia e del compagno di esperienze di EcoPoesia a Tavola. Mario Bolognese, scrittore e formatore, è studioso dei simboli e delle risorse immaginative e creative dei bambini e delle bambine, in un orizzonte di Pace e di Eco-Solidarietà. Il suo approccio, che trae linfa dall’Antropologia del Sacro, si basa sulla Fiaba e sui Miti e Riti di iniziazione dei Popoli, soprattutto in riferimento alla dimensione della Natura 34
(alberi, elementi, animali. La caratteristica del suo metodo di lavoro e ricerca è il “Genere”, la Poesia e la Metaforizzazione del Linguaggio. Attualmente propone laboratori di EcoGenealogia – la Natura come Madre del nostro Pensiero dove le Emozioni si trasformano in Paesaggio e si lavora con la Poesia e con l’Arte. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo : Per un corpo di Pace, Pedagogia, cultura rituale e non violenta del corpo, Edizioni Sapere, Padova, 1995 ; Con Edizioni Osiride, Rovereto (Tn), 1995, due pubblicazioni: “I’m sorry baby, Poesie”, e “Amordialbero” ; Come educare con il mito, Per una cultura non sessista, Edizioni Sonda, Torino, 1997; Verso una Pedagogia del mito, Sonda, Torino, 1988; C’era una volta, Crescere con i miti, Edizioni La Meridiana, Molfetta (Ba) 2000; “La veggente di Ofis, Una cosmica danza per la Pace”, Edizioni Ananke , Torino, 2011; “L’alfabeto di Madre Terra, Sacro e disegno infantile”, Edizioni Ananke, Torino, 2012; “Le fiabe di Eos, la Bimba, Bambine e bambini assieme sulla giostra della vita” , Prefazione di Luce Irigaray, Illustrazioni di Roberto Origgi, Edizioni del Faro, Trento, 2016 (info@ edizionidelfaro.it), si parla di educazione, a partire dalla Scuola Materna, alla relazione e ai sentimenti, utilizzando la fiaba. Notizie sul suo lavoro e pubblicazioni rintracciabili sul sito: Mario Bolognese www.partecipiamo.it. Manda gratuitamente il suo libro on line: “ Per non condannare a morte l’amore, Verso un nuovo alfabeto del cuore maschile” (come prevenzione alla Violenza contro le Donne, rendendosi disponibile a Progetti Educativi per le Scuole Superiori). E poi “Il richiamo della Dea bambina”, 2017 (per ricevere questo libro – Pubblicazioni Stregatocacolor – telefonare al 3382415546 ). Nato a Merano (Bolzano) vive a Padova. E-mail: canticocreature@gmail.com Cell: 389-1937493 – 339-6228259
35
Introduzione Maternage, Ecologia, Genere, Infanzia e Poesia: la Pratica dei Laboratori Al settimo mese... Quando la donna arriva al settimo mese, è il momento che si deve porre in relazione con tutta la Natura, come vuole la nostra cultura. Uscirà per i campi, se ne andrà a camminare per i monti. E così il bambino comincia ad affezionarsi alla Natura. La madre esce a camminare, in comunione con gli animali e con tutta la Natura, ben consapevole che il bambino e/o la bambina stanno assorbendo tutto questo, e inizia un dialogo costante con il figlio/figlia, mentre sono ancora nel suo ventre... E’ come se stesse accompagnando un turista, a cui spiega ogni cosa. Gli dice ad esempio: “Di questa Natura che ci circonda non dovrai mai abusare e dovrai vivere la tua vita allo stesso modo che vivo io”. Se ne va così per i campi e spiega ogni particolare alla figlia/o. E’ un obbligo per lei, qualcosa che la madre deve fare. (Rigoberta Menchu) I principi di una saggezza ‘materna’: sono I principi dell’Ecologia Quando il pensiero sistemico viene applicato allo studio delle relazioni multiple che collegano tra loro i membri della famiglia terrestre, si possono 36
distinguere alcuni principi di base. Possono essere chiamati principi ecologici, principi di sostenibilità. O principi comunitari; oppure si possono persino chiamare i fatti essenziali della vita. Serve un programma scolastico che insegni ai nostri bambini i seguenti fatti fondamentali della vita: • che un Ecosistema non genera rifiuti, dato che gli scarti di una specie sono il cibo di un’altra; • che la materia circola continuamente attraverso la rete della vita; • che l’energia che alimenta questi cicli ecologici deriva dal sole; • che la diversità garantisce la capacità di recupero; • che la vita, sin dai suoi primordi, più di tre miliardi di anni fa, non ha conquistato il pianeta con la lotta ma con la collaborazione, l’associazione e la formazione di reti. Insegnare questa conoscenza ecologica, che è anche un’antica saggezza, sarà la funzione più importante dell’istruzione nel prossimo secolo. (Da: “Ecoalfabeto, l’orto dei bambini, Stampa Alternativa, di Fritjof Capra, pag. 41”) Segnalo che il libricino di Capra, con la bibliografia allegata, può fornire altre indicazioni preziose attraverso l’orto in classe o altre iniziative analoghe. Vorrei richiamare ora qui l’attenzione sul “Genere”, sull’yinyang nella Natura, soprattutto nella tradizione Taoista. In un testo: “Yin e Yang, l’armonia taoista degli opposti, di J.C. Cooper, Ubaldini, Roma, 1982”, si ricorda, ad esempio, (da pag.52) che i fiori e le piante hanno loro sentimenti e di non disturbare la loro crescita con chiacchere inutili e atteggiamenti sconvenienti... Non mi dilungo sulla dimensione ecologica femminista 37
in quanto esiste ottimo e abbondante materiale didattico. Da parte mia ho fiabe, miti, tradizioni, poesie e proposte di animazione al riguardo. Sull’albero ho una specifica pubblicazione (Amordialbero, Osiride, 1995). Tra le fiabe alcune studiose hanno attinto a Marija Gimbutas, collegando la Natura a vicende mitiche (ad esempio Demetra e Core). Ricordo anche di utilizzare il materiale iconico della Gimbutas e di E. Anati, ad esempio il “ Museo immaginario della preistoria, Jaca Book”. Un altro libro interessante, ricco di illustrazioni, è “La donna nella preistoria”, di Margaret Ehremberg, Oscar Mondadori, 1992. Il collegamento con l’Ecologia dovrebbe avvenire naturalmente con modalità olistiche, con il corpo, con i sensi, attingendo risorse creative anche dalla Danza, dall’Arte e dalla Poesia. Anati fornisce abbondante e documentato materiale iconico sulla persistenza, per ben 30.000 anni, già nel Paleolitico, dei codici vulva-pene; questo per arricchire ogni ArcheoEducazione pedagogica. Particolare attenzione andrebbe rivolta alle bambine/i del nido. In questo delicatissimo e affascinante territorio di vera e grande cultura umana- ...il ‘prima’ e ‘oltre’ le umane parole...- l’approccio simbolico, è fondamentale. E’ in gioco infatti un vero e proprio ‘maternage’ della Co-Educazione e i riti mamma/incinta -Natura- di cui ho accennato all’inizio, possono benissimo essere trasposti naturalmente con linguaggi poetico-metaforici appropriati. Esempi di laboratori Ricordo che in vari lavori fatti per il nido -partendo prima dalle insegnanti- è stata molto apprezzata da insegnanti e bambini/e la “casa della luna e del sole”. Si trattava di due “capanne” fatte con materiale riciclato “arredate” diversamente per ospitare – con modalità sinestesiche - bisogni...lunari...e bisogni...solari...dei piccoli. C’erano anche coccole -massaggi, fonti luminose con diverse possibilità cromatiche e biscottini e bevande e vari oggetti di varie parti del mondo...e ...come passavano, come uccelline/i felici, da una capanna all’altra per “attingere” la varietà di questi “cibi”... 38
Naturalmente, nel lavoro con il corpo insegnante (ma questo potrebbe essere fatto anche con genitori) si richiamava l’attenzione sulla parola “poetica” (con la dolcezza del ‘respiro’ giusto...). Su questo ho scritto delle cose sia nella mia relazione al Convegno dell’Associazione Laima, che in uno scritto sul “Pensiero nidificante”. Ho a disposizione, per insegnanti, un apposito laboratorio “La via del bambino e della bambina” dove si lavora ‘poeticamente’ sulla differenza di genere come grande risorsa poetico-immaginativa per tutta l’esistenza umana. Sto soffermandomi volutamente su questa fascia educativa in quanto rappresenta un terreno privilegiato e fondamentale di Co-Educazione Gilanica, che richiede, da parte nostra, una de-ideologizzazione dei nostri parola-pensiero-corpo spesso troppo adulti, per ritessere così il sacro della vita nel cosmo, ( che amo chiamare Luna Bambina...) Sul nido prendo lo spunto da un grande poeta indiano, Tagore , che riporta in un suo scritto un versetto sanscrito che recita: “Là dove tutto il mondo si incontra in un nido...”. Questa immagine mi sembra suggestiva per ricordarci che il nido è una vera e propria “culla di senso” per la nostra stessa storia umana, sia in senso personale che filogenetico. Ma questo ci porta dolcemente a Edith Cobb, nella citazione sotto riportata. Infanzia e Poesia “Nell’infanzia il processo conoscitivo è essenzialmente poetico, perché esso è lirico, ritmico, e formante in senso generativo; esso è una integrazione sensoriale dell’individuo con l’ambiente, in attesa dell’ espressione verbale. Il bambino “sa”, o riconosce, in questi momenti, che egli crea il suo mondo e che il suo corpo è uno strumento unico, dove si incontrano le forze della Natura e la natura umana. Sono proprio questi 39
i momenti rievocati autobiograficamente dall’adulto che cerca di rinnovare e di rafforzare la capacità di vedere e ampliare così le potenzialità creative... Che la prolungata infanzia e fanciullezza dell’uomo sia neotenica, è fuori discussione. Che durante questo protrarsi nel tempo, le capacità di apprendimento siano straordinarie, è stato riscontrato solo recentemente. Ma se l’umanità dell’uomo è, in termini biologici, pedomorfica, in quanto gli deriva dalla reciprocità o mutualità delle relazioni imposte dai bisogni dell’infanzia sui legami sociali in evoluzione attraverso i millenni, allora noi possiamo cominciare ad occuparci dell’importanza che l’intelligenza nell’infanzia ha nei confronti dell’evoluzione culturale […]. Appare evidente inoltre che esiste ed è sempre esistita una ben diffusa consapevolezza intuitiva che certi aspetti dell’esperienza infantile rimangono nella memoria come energia psicofisica – un élan che produce una pressione a percepire creativamente e inventivamente, vale a dire, immaginativamente. Originalità e creatività richiedono una ricettività di base, senza “l’eccitazione derivante dal tendere al fare e al raziocinare”, come scriveva Keats illustrando la “capacità negativa” che consente all’intuito di realizzare nuove relazioni nella percezione e nel pensiero...... L’immagine del corpo e l’immagine del mondo si sovrappongono nell’operazione del sistema nervoso percettivo; l’identità di ogni singola persona è perciò un’unità ego-mondo. Ma la ricchezza della personalità in senso 40
culturalmente apprezzabile può essere misurata soltanto in termini di relazioni umane e di capacità dell’individuo di realizzare un’intelligenza ricca di partecipazione. Questa intelligenza si è sviluppata, senza dubbio, nella reciprocità della relazione madre-figlio e le sue radici sono tra le più profonde dell’albero dell’evoluzione, molto al di sotto del livello della natura Umana”. (Da : “ Il genio dell’infanzia”, prefazione di Margareth Mead, di Edith Cobb, Emme edizioni, 1982, Milano, pp.107, 108 e 129”). Il pensiero della Cobb, cioè che “lo sviluppo del bambino è bio-estetico” ci fa capire la profondità e la novità, anche ai giorni nostri, del suo pensiero antropologico-pedagogico. Noi insomma nasciamo e ci muoviamo costantemente nella “bellezza”... La mia ricerca è orientata verso il “sacro” originale della bambina e del bambino e la studiosa, anche se non tratta specificatamente di questo, parlando di cura materna in senso cosmico-poetico, del ruolo della meraviglia e di tante dimensioni infantili che hanno a che fare con l’immaginazione generativa(il diventare guardando...) e dell’essere ‘poeti/ esse’ (nel senso etimologico del “fare”) del bambino e della bambina, mi ha consentito di utilizzare le sue splendide motivazioni “scientifiche” per proporre l’infanzia come risacralizzatrice del cosmo. Ho letto su Repubblica del 30.2.2012 , pag. 43, un articolo : “Le conseguenze dell’amore. - Così il cuore droga il cervello”. Ne riporto un brano significativo, anche a livello scientifico, per l’argomento che stiamo trattando: “La più grande scoperta della neurobiologia interpersonale è che il cervello non smette mai di modificarsi...Ma finora neuropsichiatri e psicanalisti cercavano 41
appunto quel momento fondativo che ci avrebbe cambiati per sempre: cercando magari di modificarlo, con terapie o sublimazioni. L’alchimia neurale, sostiene invece la nuova scuola guidata da Dan Siege dell’università di Pasadena, continua per tutta la vita: soprattutto mentre forgiamo amicizie e scegliamo i nostri amori. Il “corpo”, spiega ancora la Ackerman, “ricorda quell’unicità sentita con la mamma: e cerca il proprio equivalente adulto”. Quell’unicità è la “sincronia tra la mente del bambino e la madre” che la scansione elettronica del cervello oggi ha permesso di fotografare: e che è la stessa sincronia registrata proprio tra gli innamorati”. Mi rendo conto che alcune cose della Cobb potrebbero essere scientificamente oggi da aggiornare ma certamente il suo apporto è direi fondamentale, soprattutto sul ruolo (nuovo e originale, non letterario in senso occidentale), della poesia. Ed io collego il “respiro” della poesia a quello cosmico, nella rete del sacro... Un piccolo saggio prezioso insomma, che meriterebbe una ristampa con interventi e commenti di altre competenze e sensibilità femminili e maschili... Nella coralità di altri auspicati interventi Gilanici vorrei orientare dunque il mio apporto proprio verso un nuovo orizzonte di spiritualità infantile, aperto e preparato indubbiamente da tante e diverse intelligenze femminili. Per quanto riguarda il maschile un testo : “Lo stupore infantile”, di Elémire Zolla, Adelphi, 1994, mi è stato di grande aiuto in una prospettiva interreligiosa nuova che vede il bambino ( e la bambina aggiungo io!!) protagonisti di un “sacro” non più solo adulto. Ricordo, rispetto al brano sopra riportato, che Zolla parla dell’unità del feto con la Madre Divina... Attingendo a questo testo ma anche ad altri e naturalmente alla mia esperienza, ho pronto un materiale specifico per un 42
gruppo d’incontro su questo argomento. Ho anche abbondante materiale poetico, anche mio, sia adulto che infantile, soprattutto in relazione agli animali, alla Natura e al cosmo. Ritengo anche essenziale il ruolo, in questa Pedagogia Gilanica bio-estetica, il ruolo dell’arte, della musica, della danza e del teatro. Ma si tratta di armonizzare il tutto nel cerchio di uno scambio di doni e di ri-conoscimento reciproco... A seconda del “movimento” di questo cerchio di persone – cui, preparando la cosa, si possono e si devono aggiungere bambine e bambini, con il loro apporto di disegni e di giochi e di visioni del mondo...- ogni persona, me compreso, può estrarre dalla sua bisaccia una cosa o l’altra e metterla in circolo e...vedere l’effetto che fa... 1. PIANETA BAMBINA & BAMBINO Iniziamo a ...Raccogliere appunti per una ricerca interculturale e interreligiosa... Per accogliere e diffondere la cultura ludica dell’infanzia, di bambine e di bambini in favore di Pace, Solidarietà, Dialogo e Convivialità tra Religioni e Culture diverse in armonia con la Natura e il Cosmo. ..Questo soprattutto in una prospettiva di Co- Educazione Gilanica, dove bambini/e siano anche nostri compagne di viaggio, in un incessante scambio di doni; si pone così la necessità di rivedere alcuni paradigmi del pensiero pedagogico patriarcale che marcano e condizionano, ritualmente e concretamente, i ruoli sessuali fin dal concepimento. Per questo un’osservazione più attenta della vita infantile può fornire indicazioni utili a salvaguardare culture matrifocali, attingendo anche da loro risorse di pensiero e di prassi quotidiana. Il tema della Natura e del Cosmo, in favore di un’eco43
solidarietà, appare fondamentale in questa ricerca e sarà oggetto di particolare attenzione. Questo mio scritto si affianca ad altri miei interventi disponibili anche on- line. Lo scopo è quello di creare un modello olistico di ricerca, che si affianchi a molte altre sensibilità e competenze, soprattutto di chi opera direttamente sul campo. La finalità prevalente di queste mie indicazioni di lavoro è dunque il desiderio di offrire un contributo su una dimensione del tragitto antropologico poco esplorata, e cioè la cultura dell’infanzia. Infatti molte culture vengono studiate ma spesso le profonde connessioni, dirette o indirette, con i bambini e le bambine non hanno un adeguato rilievo. Eppure questi collegamenti hanno un rapporto con la stessa fecondità umana, a livello mitico-simbolico, del sacro e della vita quotidiana. E soprattutto la cultura dell’accudimento materno -e ovviamente del sostegno maschile- , in connessione con la Natura circostante, appare in intima relazione con una società sostanzialmente pacifica o invece aggressiva... Ovviamente questa ricerca offre solo una traccia, sapendo di non poter esaurire tutto l’arco delle possibili domande, competenze e sensibilità, anche in ambito artistico e poetico, e sono dunque grato per ogni contributo. Gli appunti e le riflessioni che seguono intendono mettere in risalto soprattutto il mondo infantile, ma essendo ben conscio delle molteplici connessioni etno-antropologiche a spettro allargato, rimando alle relative competenze e sensibilità per disporre di altre informazioni. Richiamo naturalmente la necessità – e il piacere, aggiungo...di dare voce diretta, quando è possibile, a voci, giochi, disegni, situazioni e linguaggi vari di bambine e bambini, registrando e documentando. Con il suggerimento, quando si fanno domande, o si propongono disegni o momenti ludicocreativi, di metaforizzare il linguaggio. Mi rendo con gioia disponibile a dare una mano per questo. Cominciamo da prima dello 0 (zero). L’attesa... Raccogliere ancora tradizioni, detti, usanze, filastrocche, proverbi in relazione alla nascita di un bambino/a. Se c’è una preferenza per il maschio o per la femmina e 44
motivazioni. Pratiche, presagi, e riti affinché una donna rimanga incinta. Rapporti con la luna, con cicli stagionali, fenomeni Naturali, presenza e apparizione di certi animali, sempre in relazione al desiderio di avere un figlio/a. Se certi sogni della mamma o della nonna, del padre o di parenti o di terzi possano essere oggetto di particolari interpretazioni magiche. Quando la donna rimane incinta cosa viene detto alle bambine/i e ai/alle parenti? Come si comporta la comunità se la donna appare sterile? E per l’uomo? La gestazione E’ importante porre attenzione al rapporto della puerpera con le altre donne e/o con la sciamana/o, levatrice, ostetrica della comunità. Eventuale uso di monili, amuleti, essenze vegetali o altro cui si dà un valore propiziatorio durante la gestazione. Se si piantano fiori o piante particolari come buon auspicio Preparazione e tipologia della culla. Rapporto della madre con il nascituro/ a: se le/gli parla, se canta e come coinvolge le sorelline e i fratellini. Modi, usanze e rituali di nutrizione durante la gravidanza. E’ in questa fase che la mamma cerca il nome da dare? Con quali modalità? La nascita E’ utile rilevare se ci sono presagi o interpretazioni astrologiche o magiche, di altra natura, rispetto a una nascita ? Il desiderio di avere un bambino o una bambina come si esprime? C’è un augurio rivolto anche alla nascitura? O c’è qualcosa di analogo al nostro : “Auguri e figli maschi”? Cosa si dice alle bambine/i, come si comportano, dove aspettano ecc. Fanno delle danze, o dei giochi, dipingono o si dipingono il corpo? Chi assiste al parto? Ci sono riti apotropaici? Come viene ricordato o fissato il momento della nascita? C’è un uso rituale della placenta o del cordone ombelicale? Riti o usanze di festeggiamento. Rapporto della nascita con i fiori. Tradizioni particolari -anche di derivazione mitica- rispetto al parto gemellare. 45
Aspetti particolari del bagno al/alla neonata/o. Quando e come viene dato il nome? Con quali criteri? Esiste anche un secondo nome rituale, magari segreto? Qualcuna/ o fa in qualche modo una profezia sulla bambina/o? Viene in qualche modo ricompensata, magari solo simbolicamente, la levatrice o comunque chi ha aiutato il parto? In tutte le manifestazioni o riti durante la nascita ci sono tradizioni particolari riguardanti i bambini e le bambine? Ci sono riti familiari e/o collettivi se il neonato o la neonata muore? Il battesimo, o riti analoghi E infine come si svolgono essi? Dopo quanto tempo? Come è il rapporto con gli elementi della Natura (acqua, fuoco, terra, aria e albero)? Si collega la neonata o il neonato a un albero, a un fiore, a un animale che poi diventa il suo partner simbolico durante la vita? Da 0 a 3 anni Ma domandiamoci ancora: come viene organizzata la vita della neonata/o: dove dorme (da solo/a?), come e cosa mangia. La mamma, se lavora fuori casa, se lo porta dietro e con quali modalità di contatto con il suo corpo? Modalità, ritmi e aspetti della nutrizione al seno. L’allattamento, anche in pubblico, è un fatto normale o ci sono tabù al riguardo? Quanto dura l’allattamento e questo ha risvolti anche culturali e sociali? Cosa succede se la mamma non ha latte? Esiste la figura della balia? Se e come viene accudito il neonato dagli altri fratellini o sorelline? Ci sono delle ninnenanne rituali o tradizionali? I primi dentini. Modalità dello svezzamento. Modalità e abitudini nell’eventuale Educazione agli sfinteri. L’addormentamento (da solo? sola?) è favorito da un racconto o fiaba? C’è un ruolo in questo del/la nonno/a? Gli si costruiscono giocattoli o bamboline o altro, tradizionali o meno? C’è in questo un addestramento precoce all’identità di genere? Il maschio e la femmina, in questa fase, hanno un’analoga Educazione o ci sono già varianti in relazione al 46
sesso? In questa età evolutiva come viene trattata l’aggressività? E la competizione? Che rapporto ha il bambino con le anziane e gli anziani, gli altri bambini/e e le altre mamme? Se e come si occupa di lei/lui il padre o lo zio o un altro parente maschio? Come gioca di solito? Da solo/a o con altre/i? Che libertà gli/ le è consentita? Che tipo di Educazione religiosa o del sacro o morale viene impartita o suggerita o favorita? La Parola Cosa cambia nella sua vita dopo che ha imparato a parlare? Cosa giudicano importante i suoi familiari in questa fase: sono orientati alla comprensione della vita pratica, quotidiana o anche a una qualche dimensione culturale? Si chiede al bambino o alla bambina di aiutare in casa o fuori? Che libertà ha di movimento anche rispetto al suo genere? Quali sono ora i suoi giochi? Rapporti nuovi con la mamma, papà o zio o parente sia da parte del maschio che della femmina. Aspetti particolari Questa parte della ricerca riguarda l’area del “diverso” e della “diversa” per qualsiasi motivo: malformazioni, tare ereditarie, malattie croniche, i e le “diversamente abili”, la cecità, turbe psichiche ecc. Come reagisce la famiglia e/o la comunità? Ci sono preconcetti, pregiudizi, credenze, superstizioni? A chi ci si rivolge nella comunità? Cosa si dice ai bambini e alle bambine “normali” rispetto agli/alle altri/e? La diversità è collegata alla sfera magica? Se una bambina o un bambino è orfano di uno o di entrambi i genitori – o chi si prende cura di lei e di lui in caso di culture matrifocali e/o matrilineari o di altre configurazioni familiari- come reagisce la comunità? Area del gioco In un mio progetto, si parla di tutto ciò: la “Ludoteca galleggiante”, viene presentata un’idea di gioco antropologicamente più estesa dell’accezione psicopedagogica corrente. Qui vorrei mettere in risalto come una cultura ludica infantile sia 47
direttamente o indirettamente collegata agli elementi della Natura, agli animali e all’ Ecosistema circostante. Considerando anche che esiste una dimensione ludica diurna e una notturna. Ad esempio come il fuoco- considerando la magia della notte- , o l’acqua o la foresta o il deserto o la montagna siano anche fonte di gioco. Chiedere di miti, leggende, proverbi, musiche, canti, danze ecc. può aiutare a capire il collegamento con gli elementi, altrimenti poco comprensibile. Accenno a questo perché, per salvare ad esempio i giochi tradizionali, è importante rinfrescarne le fonti mitico-simboliche e magiche connesse al territorio. Importante il ruolo della poesia. Ci sono poi, ad esempio, figure mitologiche trasgressive e irridenti (come il briccone “coyote” amerindiano)? O eroi od eroine “pagliacci”? Credo infatti che appartenga all’area del gioco anche la parodia, il travestimento, la maschera in cui spesso bambini e bambine manifestano straordinaria creatività. E anche l’imitazione dell’adulto/a sia da parte del maschio che della femmina. Ad esempio come una bambina di quella cultura si appropria dei simboli della madre ( da noi usando il suo rossetto...). E cosa “prende” del padre o dello zio il maschietto? Ci sono giochi che addestrano alla guerra? Ci sono poi “dèmoni” nelle danze rituali, con cui bambine e bambini devono fare i conti? Lo spauracchio – quello che noi chiamiamo “babau”- come agisce nella cultura educativa ma anche nelle feste o in momenti rituali? L’area del gioco – che è sostanza soprattutto da 0 a 6 anni ma che rimane come “risorsa” per tutta la vita- è infatti elemento fondamentale di integrità di una cultura. E per questo va vista e considerata con molta attenzione. Le sole domande “adulte”, benché preziose a vari livelli, non riescono secondo me a “entrare” nel “materno” di una cultura... Il “materno” è infatti l’intimo sostanziale che offre linfa e senso agli aspetti più visibili. In questa dimensione ludica di ricerca, una particolare sensibilità va attivata – e ci vuole istinto creativo e “vuoto” mentale per notare alcune cose...- per vedere la libertà o condizionamento, parziale o totale, dei giochi rispetto ai ruoli sessuali. Come da noi, ad esempio, ha agito la “bambola” - che ha una grande pregnanza mitico-simbolica...- per condizionare una bambina a un “ruolo”; così che c’è di analogo o diverso nella cultura che si sta amorevolmente guardando? Dico questo 48
perché oggi come oggi stare maggiormente “dalla parte della bambine” è di grande importanza, politica, sociale, economica, umana e spirituale. E perché questo farebbe stare meglio anche i maschi cuccioli e meno cuccioli... Vorrei, spero dolcemente, in-concludere questo viaggio nell’infanzia con un racconto di una bambina italiana di 5 anni: Il vento si muove lentamente / passa sopra il mare / e lo ascolta raccontare. / Passa accanto al sole / e lo sente chiacchierare. / Passa sopra la luna / e la ode sospirare. / Continua a viaggiare / e le fiabe raccolte / lo cavalcano gridando. / Entra in una casa / e le storie vanno / nella bocca di una madre. / Le racconta alla bambina / che ride nella culla. 2. FEMMINILE ED ECOLOGIA... “Fra i molti movimenti di base che oggi lavorano per il rinnovamento sociale, il movimento femminista e quello ecologista sono quelli che patrocinano i più profondi cambiamenti di valori: il primo attraverso una ridefinizione della relazione tra i sessi, il secondo attraverso una ridefinizione della relazione tra uomo e Natura. Entrambi possono contribuire in modo significativo al superamento della nostra ossessione per il consumo materiale. Sfidando l’ordine e il sistema dei valori della società patriarcale, il movimento delle donne ha introdotto una nuova concezione della mascolinità e della natura della persona, una concezione in cui non c’è più bisogno di associare la virilità con i possedimenti materiali. A livello più profondo, la consapevolezza delle femministe si basa su ciò che le donne conoscono per esperienza, e cioè che tutta la vita è strutturata in una serie di connessioni, che la nostra esistenza 49
è sempre immersa nei processi ciclici della Natura. La coscienza femminista, quindi, ricerca la propria realizzazione non nell’accumulazione di beni materiali, ma nelle relazioni in cui ci prendiamo in qualche modo cura degli altri. Pur partendo da un approccio differente, il movimento ecologista giunge alla stessa posizione. La formazione ecologica richiede un pensiero sistemico – un pensiero cioè centrato sulle relazioni, il contesto, gli schemi e i processi... Pertanto, l’ascesa del movimento femminista e di quello ecologista si uniranno per portare un profondo cambiamento a livello di pensiero e di valori... Dal ricercare la felicità nei possedimenti materiali al trovarla nelle relazioni in cui ci prendiamo in qualche modo cura degli altri”. (Da: “Fritjof Capra, La scienza della vita, Le connessioni nascoste tra la Natura e gli esseri viventi, Le scienze come un romanzo, Corriere della Sera, 2002, Pagg. 344 e 345”). Educazione Gilanica, Nonna Terra oggi Questa cura naturalmente è la base e premessa di ogni CoEducazione Gilanica. Su questo punto sarebbe interessante fare una ricerca comparata su riti, fiabe, tradizioni, sogni, immagini, danze, ecc. che riguardano, in varie culture, il rapporto della madre incinta, da sola e/o con altre persone e/o con la comunità, con la Natura circostante e la sua conservazione, equilibrio... Ho a disposizione in questo senso una mia ricerca specifica. Naturalmente in questo contesto la Natura/Cosmo viene assunta anche nei suoi aspetti magico/iniziatici. Nel mio progetto “Ludoteca galleggiante”, a disposizione per persone interessate, ci sono alcuni riferimenti in tal senso (ninnenanne, culle ecc.). Cercare dunque e mettere in risalto quanto, anche con la partecipazione/presenza maschile, 50
abbina la natalità umana, soprattutto la madre, alla Natura circostante, ma anche agli elementi Naturali, al vento, alle stelle ecc. Ad esempio vari riti riguardanti il cordone ombelicale. Un altro terreno d’indagine interessante, anche in vista di una pubblicazione etno - pedagogica - Gilanica didattica su questi temi affascinanti ma normalmente così poco toccati dall’ etno - antropologia classica, riguarda cibi/ bevande (o pozioni, unguenti, erbe magiche, canti, danze ecc.) che possono favorire un “ buon latte”... Naturalmente molte di queste indicazioni e proposte di ricerche qui accennate, hanno o possono avere relazioni con il maschile e, in caso, questo andrebbe evidenziato. Penso che sarebbe interessante, ad esempio, allargare una ricerca sulla cultura cinese delle donne Moso, e su altre culture matrilineari, in questo senso... Attraverso il disegno ed altre modalità ed espressioni artistiche si può preparare l’atmosfera a una nascita e ad un accudimento utilizzando gli animali come simbolo o archetipo, con una proposta di questo tipo: “Che tipo di foresta- o di ambiente Naturale, compresa l’acqua- può accogliere lo schiudersi di un uovo in un nido o la nascita di un cucciolo/a o di un pesce? E chi sta vicino e aiuta la mamma ad accudire la o le piccole creature?”. Propongo l’utilizzo degli animali per creare un “distanziamento” dal concreto vissuto storico-sociale e personale e questo per evitare rimozioni o camuffamenti dovuti a ferite. In questo modo la risposta è più spontanea e meno “controllata”. Nella mia pratica di lavoro uso molto gli animali e, per fare un esempio, non faccio mai disegnare la (tua) famiglia ma propongo: “Disegna una famiglia di animali mentre sta succedendo qualcosa”. L’esito è sempre molto interessante... Ovviamente la “famiglia” può essere anche di animali diversi e questo in caso va specificato. Questo “test” sulla famiglia “allargata” alla Natura/Cosmo non ha risvolti psicologici (anche se può averli), ma consente di percepire e di valorizzare il “sacro” che avvolge la vita nascente o rinascente... 51
A questo proposito mi permetto di ricordare una mia ricerca, relativa al disegno infantile: “L’alfabeto di madre terra – sacro e disegno infantile – Ananke, Torino, 2012”. Socchiudendo la porta di questa prima parte vorrei ricordare anche la funzione di “Nonna Terra” come matrice arcaica di senso, assieme a Nonna Cielo e a Nonna Luna... Con sempre, molto molto vicina, una Bimba, la Dea Bambina... Questo è importante anche per una Co- Educazione Gilanica. La figura della “nonna” e dunque anche quella del “nonno” assicurano che ci sia un buon “terreno”- facente parte delle profondità ctonie del sottosuolo, con l’apporto di tutti i draghi, serpenti, energie ignee ecc. Ed è su questo buon terreno, che diventa così “Terra Madre” e può germogliare la vita sotto forma di bimba e di bimbo... L’aver in qualche modo monopolizzato il senso della vita nel dualismo adultocentrico e patriarcale delle figure padre-figlio e dunque anche di madre-figlia, ha impoverito la sfericità della misteriosa ruota vita-morte-vita... Nella vitale metafora della terra che riceve il seme è il grembo della nonna che contiene e protegge quello della madre... e la bimba allora, anche quella Divina, ne emerge felice e rassicurata... In concreto, da un punto di vista didattico-pedagogico, la “madre” che fa vedere (presenta) la Natura alla figlia/o ancora nel suo grembo, si porta appresso anche una nonna... Questo richiede che in questa ricerca vadano cercate leggende, miti, poesie, tradizioni, riti, espressioni artistiche, danze ecc. che raccontino anche... Nonna Terra... E’ questa una partnership necessaria anche da un punto di vista Gilanico.. Nota antologica Ho trovato un brano significativo, per l’auspicata ricerca antologica, in un fascicolo (“Capitolo di Collin M. Turnbull, da pag 187) “Il Buon Selvaggio, di Eleutera, pag. 195 e seg.”: “Pur essendo in genere una questione di scelte individuali, il modo più frequente con cui una donna manifesta la propria gravidanza consiste nell’adornare il 52
proprio corpo di foglie e di fiori, forse in preparazione, come Kengé, ad una danza di adorazione. E’ chiaramente una forma di consacrazione e lo stesso può dirsi dell’abitudine, durante gli ultimi mesi, di andarsene per conto proprio per la foresta, nel posto favorito, a cantare la ninna -nanna al figlio nascituro... Nelle ninnenanne non vengono usate cantilene fatte di parole prive di senso incomprensibili tanto per la madre come per i figlio. Lo scopo di tutto ciò è chiaro: sono canti informativi e rassicuranti, di conforto, esattamente come lo sono le azioni della madre. La futura madre compone una dolce ninnananna rassicurante e la canta muovendosi come se si cullasse, a volte con le mani appoggiate al ventre, oppure agita dolcemente mani e piedi nell’acqua del suo ruscello favorito o tra le foglie, oppure si scalda al calore del fuoco. Allo stesso modo parla al figlio dentro di sé, dicendogli del mondo forestale che lo accoglierà alla nascita, ripetendo frasi semplici, simili a quelle che canta gioiosamente alla foresta, quando partecipa a una caccia: “la foresta è buona, la foresta è gentile: mamma foresta, papi foresta”. 3. NASCE LA COCCOLOSFERA … Ispiriamoci: ... L’amor che move il sole e l’altre stelle … ... L’eco-logia come oikos (casa) è un grembo, umano e cosmico, di donna e, per simpatia con le bambine e i bambini amo chiamare questo habitat la Terra delle Coccole. 53
La Coccolosfera parla la... lingua materna... E anche un po’ la lingua paterna, quando il compagno, offrendo la sua mano al bambino e alla bambina, non dimentica che la vita è anche simbolo, stupore, poesia...Il testo che segue esprime molto bene questa... culla linguistica... La lingua materna è un parlare affettivo, carnale, appreso nell’infanzia, che ci accompagna nei momenti più veri della nostra esistenza. Imparando a parlare e a nominare il mondo, incontriamo nella lingua materna l’invisibile, che ha trovato espressione nelle favole, nella magia, in alcuni aspetti della religione e in pratiche di vita orientata. La desacralizzazione, condizione tipicamente contemporanea, è in un certo senso la negazione della trama invisibile che accompagna la nostra vita dall’infanzia. L’idea-guida di questo libro prende spunto dall’esigenza di ritrovare quella prossimità con la lingua materna che ci allaccia ad esperienze simboliche del sacro. Scopriamo in essa la fonte di ciò che tocca intimamente e carnalmente ogni individuo e mette in movimento la vita, riaprendo il rapporto con noi stessi e con gli altri. (Da: “ Il cuore sacro della lingua, a cura di Chiara Zamboni, Il Poligrafo, Padova, 2006, Retro di copertina”). La Coccolosfera è Rigenerazione... ...Co-spirando con l’universo... Insufflare la vita, come benedire, con un giusto e profondo respiro , è antica pratica magicorituale e terapeutica. Questo perché il respiro è sempre stato inteso, a certi livelli religiosi, come un’iniziazione al ‘soffio’ del cosmo. Insomma c’è un respiro della vita quotidiana e ce n’è uno diverso, che immette in altre dimensioni psicosomatiche o spirituali. Ho fatto questa osservazione- su cui non mi addentro- anche perché oggi in Pediatria si lamentano 54
sempre di più, diversamente dal passato, disturbi o malanni respiratori nei bambini, per cui l’argomento ha tante e diverse implicazioni. Per cui queste mie note desiderano semplicemente far prendere coscienza che un’ Educazione a un respiro armonioso è sana prevenzione e fonte di benessere. Il respiro si pone dunque alla base di ogni fecondità, in quanto è... Germogliante... L’ osservazione che segue, della filosofa Luce Irigaray, mi ha invogliato a riflettere sul gioco e sulla fiaba anche come veicolo di una relazione tra l’essere umano e una diversa spiritualità collegata al cosmo. La grande studiosa della differenza di genere ci invita infatti a: “... co-spirare con l’insieme dell’universo, di giungere a questo senza interruzione. In India si dà un senso alla respirazione assai più spirituale di quello che si dà in Occidente. La pratica della respirazione spiritualizza in India il corpo qui e ora. Ogni introduzione nella tradizione dell’India prevede una quotidiana pratica filosofica-religiosa – dello yoga, dei riti, un’alimentazione particolare, dei gesti- e, se il linguaggio è valorizzato, lo è soprattutto come linguaggio poetico”. (Da: “ Il divino concepito da noi”, numero monografico luglio-dicembre 1989, a cura di Luce Irigaray, autori vari, Edizioni Dedalo, pag. 94). A questo punto le mie intuizioni e ricerche sul... campo..., come educatore e formatore di insegnanti, hanno avuto un ulteriore importante avallo sull’importanza della fiaba e della fabulazione poetica. Il gioco, attraverso un racconto, di collegare diverse modalità di respiro di bambine e bambini a uccelli con diverso piumaggio, casa-nido, colore e stile di volo..., ha avuto esiti , anche di animazione, di piacevole, sorridente e armonioso benessere... All’inizio dominava il piumaggio rosso, quello 55
della corsa, del respiro allegramente affannoso... Ma poi, poi altri nidi... con ninnenanne per la buona notte… E altri colori invitavano alla calma e anche a sognare e a meditare... C’è poi, in questa danza del respiro, anche un collegamento con il ritmo circadiano: l’inspirazione e l’espirazione ci conducono rispettivamente verso la notte e il giorno cosmicamente intesi. Nel loro punto intermedio, nel “vuoto” del non respiro, si nasconde, secondo la saggezza orientale, il ‘serpente’ della creatività, l’animale che trasforma la nostra emozione in racconto e paesaggio di vita. E questo permette al respiro di farsi... Poesia... Favorendo dunque la ricerca di un campo e di una... Connessione... Poco elettronici... ...Verso una Relazione Empatica con il cosmo... ... E tutti i suoi abitanti visibili e invisibili... Quando noi, fin da bambini e bambine, diciamo: “Che bello!”, ci sentiamo in un alone di dolce meraviglia, proprio come dentro una coccolosfera, come amo chiamare, per non separarmi dalla visione del mondo infantile, questa vera e propria bolla di vita che ci avvolge. E dentro questa oasi, preziosa perché rara, il bello e il buono sono, assieme, ordito e trama dello stesso respiro della vita... Chi è bello, lo è finché è sotto gli occhi, chi è anche buono lo è ora e lo sarà poi. (Saffo, Liriche, VII – VI sec. a.) Il bello è anche buono, e viceversa, perché, nella nostra infanzia, quando c’era malumore nel nostro cuore, dicevamo: “Brutto/cattivo...”. La Grecia antica chiamava questo umano ed essenziale archetipo olistico del nostro stesso “nominare il mondo” kalos kagathos, bellezza e bontà assieme... Una filosofia primordiale che racconta la vita fin dalla ninnananna che una madre cantilenando sussurra sopra una culla... So bene che il mondo non è tutto rose e fiori, ma credo comunque che conservare – a tratti molto faticosamente la capacità di meravigliarci e il senso della bellezza, sempre intrisa di una sua misteriosa bontà, sia fonte di Benessere, Solidarietà e Pace... Soprattutto godendo della sin-fonia di 56
tutti i sensi, perché... Come ci ricorda in una poesia Louis Chadourne parlando dell’infanzia: La mia infanzia è un covone di odori... La Coccolosfera? Una bolla di Sensi incantati... Un covone... una bolla... tutte immagini in qualche modo placentari che ci riportano al tatto, ai sensi, e al profumo di quella via lattea in cui eravamo avvolti nutrendoci... Per ritrovare l’infanzia, dentro e fuori di noi, propongo infatti anche un viaggio olfattivo dentro la nostra immaginazione creatrice, perché gli odori sono vocali e consonanti dell’alfabeto primordiale della vita. Così, con una poetica dei sensi, il nostro Albero della Vita continua a ricevere, a ogni età, la sua clorofilla... “L’infanzia non è una cosa che muore in noi e si disseca dopo che ha compiuto il suo ciclo. Non è un ricordo. E’ il più vivo dei tesori, e continua ad arricchirsi a nostra insaputa... Guai a chi non può ricordarsi della propria infanzia. Riprenderla in se stessi come un corpo nel proprio corpo, come un sangue nuovo nel vecchio sangue: uno è morto dopo che essa lo ha abbandonato”. (F. Hellens) Il Gioco e il Mondo del ‘noi’ Abbiamo incontrato il mondo giocando... E divertendoci, da bambini e bambine, a... nascondino... Quello che scompare riappare... e questo gioco è buono, ma è anche bello e divertente, soprattutto quando il cuore ritrova ciò che gli occhi sembrano aver perso... Fare bellezza – che è l’etimologia della parola poesia - è tessere una rete di senso che la vita a tratti sembra disfare ma che poi, magicamente, una Penelope amica tesse e ritesse come talamo e nido per poter covare ancora vita e amore... L’antico nome delle Regina di Itaca sembra infatti sia stato Penelops, un’anitra mandarina sacra ad Artemide... Il gioco è una fiaba che il corpo racconta e nido sono gli occhi che brillano quando c’è stata una tessitura collettiva, perché l’io della solitudine è diventato la tela del noi... E non c’è solitario e un tantino triste videogioco che 57
valga questa festa di risate che una volta apparteneva al cortile, all’aia o a una strada... molto più sicura di oggi... Non ci sarebbe mondo simbolico, fiaba e poesia - e cioè un annidarci terapeutico nella Coccolosfera - senza l’antica arte magica femminile della tessitura, perché, come la Dea Aracne ci ricorda: “Tutti questi simboli, ierofanie, miti, rituali... sono collegati da corrispondenze, analogie, partecipazioni, come se li contenesse una rete cosmica, un immenso tessuto entro il quale tutto si corrisponde e nulla rimane isolato”. (Mircea Eliade ) Sotto il mantello di Madre (e Bimba...) Poesia... Girando per calli a Venezia si possono trovare dei bassorilievi dove piccoli esseri umani sono supplici, in preghiera, ai piedi della Madonna che li copre e li protegge con il suo manto...Questo esprime un desiderio, una speranza ma nello stesso tempo anche una paura rispetto all’imago –l’immagine interiorizzata, densa di emozioni– della madre. La paura della genitrice, espressa soprattutto dal genere maschile in varie elaborazioni della nostra cultura psicologica, riguarda la sua vera o presunta dimensione onnivora, divoratrice verso di noi. Liberarsi dalla madre per essere veramente liberi e autonomi? Il fare dell’urgenza maschile rivolta al fuori... Ma per fare che cosa? Un fare distanziante, per colonizzare spazi che noi controlliamo oppure un fare artigiano, che prepara, intaglia e abbellisce la culla per il frutto del ventre della compagna? Si sa che poesia viene dal greco poiein, che vuol dire proprio fare, ma come creazione incessante per la vita, e non per addomesticarla e farne così un bio-elettro-domestico, un gadget al nostro servizio... Una volta viaggiavo sul treno, verso Bolzano, e fuori dal finestrino si distendevano verdi paesaggi d’autunno, con la loro polifonia di colori. Ma non c’erano sguardi verso la bellezza: il mondo adulto parlava, o dormiva, mentre ragazze e ragazzi, senza una parola, si parlavano in surreale silenzio, mostrandosi solo immagini del loro smartphone... C’è poesia quando noi onoriamo la vita e così 58
ci liberiamo dolcemente dalla mamma - quella rivestita dalle nostre paure, soprattutto maschili, che temono il divoramento - ritrovando così incessantemente la Madre (e la Bimba sua Figlia)... “Questo stadio (del patriarcato...) è sfavorevole alla poesia. Gli inni rivolti al Dio del tuono... sono fallimenti poetici, perché attribuendo a lui un potere illimitato il poeta rinnega la propria inalienabile fedeltà alla Musa perché il Dio del tuono, nonostante la sua abilità di giurista, logico, declamatore e compositore in prosa, da quando è sfuggito alla tutela di sua madre ha cessato di essere poeta e di capire la vera poesia”. (Da: “ La Dea Bianca, di Robert Graves, Adelphi, 1992, pagina 447”). Ecco la Relazione come Matrice... L’immagine che per me esprime meglio l’idea della relazione è l’uovo: grembo, perfetta e nutriente cellula di vita ma anche alone, luminoso e caldo. E nello stesso tempo ovviamente anche grande simbolo sia centripeto ma anche di irradiamento cosmico di complesse energie e informazioni. Nella pancia della nostra mamma, insieme persona e universo, abbiamo rivissuto la genesi del mondo assieme alla nostra, imparando a conoscere e ad accudire gli alfabeti della vita, sentendoci noi accuditi... Vivendo poi è l’arte, la poesia, la musica, la spiritualità, insomma l’insieme dei volti della bellezza, che riesce a lenire e ad ammorbidire e forse a trasformare in risorsa la misteriosa e inevitabile alchimia del dolore... L’arte insomma – chiamo olisticamente arte quanto, vivendo qui e ora nel mondo, ci rifa, ma non solo per noi, uovo di senso, – opera una rigenerazione riportandoci, anche solo per brevi ma preziosi momenti creativi, alla Coccolosfera primordiale. Ritornare alla madre è anche... Economia... In una rinnovata funzione 59
e ruolo che interpella anche il padre, la figura maschile, che accetta di essere semplicemente cocreatore, e non più solitario e onnipotente demiurgo, sul trono del divide et impera... Insomma si ritorna all’utero solo... Uscendone... Ma conservando tutta la magia e l’energia, anche conoscitiva, di quel “c’era una volta”... Insomma l’economia, in senso lato, molto onnicomprensivo anche in senso estetico... Come... Grembo... In che modo si presenta l’economia, ossia la disciplina che mira alla soddisfazione dei bisogni umani e la pratica che le corrisponde, se la ripensiamo in modo nuovo a partire dalla rappresentazione della natalità? Nel momento in cui entrano nel mondo...gli esseri umani non sono adulti e indipendenti. Al contrario, sono molto fragili e dipendono da chi si prende cura di loro. Vengono dalla matrice del grembo materno e hanno bisogno che la matrice mondo continui a proteggerli in modo certo, provvedendo a loro come già aveva fatto la prima matrice, da cui è stato reciso il cordone ombelicale. La matrice mondo è fatta del sensibile involucro cosmico, consiste di nutrimento spirituale e corporeo, di edifici e tessuti protettivi, di persone e comunità che nutrono e danno senso. Per nostra fortuna, già Gesù di Nazareth ci ha insegnato l’antropologia della natalità: “Ed egli, chiamato a sé un piccolo fanciullo, lo pose in mezzo a loro e disse: In verità io vi dico: Se non mutate e non diventate come i piccoli fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli...”. La possibilità di conservare la vita, così come la qualità della vita stessa, dipende primariamente dalla matrice mondo – in 60
parole povere dall’aria e dall’amore- e solo secondariamente dalle merci che si trovano sul mercato. (Da: “Ina Praetorius, Penelope a Davos, Idee femministe per una economia globale”, Quaderni di via della Dogana, Libreria delle Donne di Milano, Milano, 2011, Pag. 56 ). Convivere nelle differenze: ...là dove tutto il mondo si incontra in un nido... (Versetto sanscrito riportato da Tagore) Nella Coccolosfera anche il litigio può arricchire lo scambio di doni, perché si convive in una conca che etimologicamente rimanda a una conchiglia o a un vaso... In una conca non è facile sfidare l’avversario reso nemico, perché il duello esige quella distanza che le spade, per il famoso e quasi sempre infausto senso dell’onore maschile e per il loro gioco rituale di morte, richiedono. Infatti lo scontro violento ha bisogno di un terreno piatto e solido, e non di una conca dove inevitabilmente la forza di gravità fa avvicinare i corpi... In questa umana prossimità non te la cavi lanciando dall’alto un missile, ma sei costretto, se l’odio è diventato il tuo ossigeno, a intingere il pugnale nel sangue di un essere umano, guardandolo... Mentre ogni Coccolosfera non può che rimandare a una culla, dove anche le parole perdono pian piano i loro spigoli per arrotondarsi e dove pentole e paioli sono rotondi per cuocere, condire e far danzare assieme cibi e culture diverse... E in questo spazio-nido rotondo del cuore e del pensiero, un ricamo di paglia che va incessantemente riparato, anche il senso religioso e spirituale della vita non può, ‘inconcludendo’, esprimersi se non con una poesia come questa: ... Amore è la mia religione... “O meraviglia! Un guardiano tra le fiamme... il mio cuore accoglie ogni forma: è prato ove bruca la gazzella, 61
monastero ove il monaco prega. Per ogni idolo è tempio, per il pellegrino è la Ka’ba, è la tavola della Torah, è il libro del Corano. Io professo la religione dell’amore: qualunque sia il luogo verso cui volge la sua carovana. Amore è la mia religione, la mia unica fede”. (Ibn Arabi)
RINGRAZIANDO “...dite ciò che noi non abbiano detto, pensate ciò che noi non abbiano pensato, comprendete ciò che noi non abbiamo compreso!”. (Da: “Testi dello sciamanesimo”, UTET, Torino, 1984, pagina 470).
62
CAPITOLO II COMMENTO ALLA LAUDATO SI’ MADRE TERRA, CUORE DELL’ENCICLICA Da una riduzione di Manuela Fè di uno scritto dell’Onorevole Grazia Francescato. La Memoria è oggi in estinzione, più del panda e della tigre. Nell’accelerazione degli eventi, la più rapida mai sperimentata nella storia umana nella complessità dei fenomeni, precipitano velocemente nell’oblio avvenimenti ed esperienze, riducendo il respiro dell’analisi e delle strategie in quest’inquietante inizio di Terzo Millennio. Sarà dunque utile, prima di avventurarsi nel commento alla Laudato Si’, un sintetico ‘ripasso’ della storia dell’ambientalismo, dato che gli ecologisti sono stati i primi -e a lungo i soli- ad ascoltare il grido della Madre Terra devastata dai suoi ingrati figli. In questo ‘volo all’indietro’, troveremo -non a caso- sintonie profonde con l’enciclica papale e sorprendenti bagliori di pensiero ‘Bergogliano’ ante-litteram. 1.GLI ANTESIGNANI DELLA CULTURA ECOLOGISTA A cominciare è da John Muir che si può partire, naturalista scozzese-americano, fondatore nel 1892 del Sierra Club, nucleo primigenio dell’ambientalismo statunitense, nonché promotore della campagna che portò nel 1890 alla creazione del primo parco ‘made in USA’, il leggendario Yosemite National Park. Il suo motto “In wilderness is the preservation of the world” (nella natura selvaggia è la salvezza del mondo) ha nutrito generazioni di militanti del Sierra Club, ancora oggi sulla breccia. Altro precursore di rango fu Aldo Leopold (1887-1948), ‘grande padre’ dell’ambientalismo scientifico americano, la cui ‘etica della terra’ può essere condensata in questa citazione di pretto stampo pre-bergogliano: “ Conservation is a state of harmony between man and land” (La conservazione 63
è uno stato di Armonia tra l’Uomo e la Terra). Autore del famoso “A sad county Almanac” (1949), tradotto in italiano con il titolo “Almanacco di un uomo semplice”, che alterna descrizioni evocative della Natura con riflessioni sulla tutela dell’ambiente e delle risorse naturali, Leopold continua ad essere fonte di ispirazione per amanti della Natura e ecoattivisti. Ma sarà Rachel Carson, (1907-1964) biologa e zoologa americana, a dare il via ad un più ampio movimento di cittadini, con la sua denuncia contro gli effetti micidiali dei fitofarmaci in un libro divenuto giustamente famoso in tutto il mondo: “La primavera silenziosa” (1962). Dapprima contrastata dalle istituzioni e dai poteri forti, riuscì a smuovere le coscienze e a favorire la messa al bando di sostanze pericolose come il DDT (che nel frattempo si era sparso per l’intero globo, contaminando persino le uova degli uccelli dell’Antartide!!!). “Più riusciamo a focalizzare la nostra attenzione sulle meraviglie e le realtà dell’universo intorno a noi, meno dovremmo trovare gusto nel distruggerlo”. Meraviglia e attenzione amorevole verso il Creato sono due ingredienti che ritroveremo continuamente, e non a caso, nell’Enciclica Papale. E’ negli anni Sessanta che decolla il moderno movimento ambientalista mondiale; nasce nel 1961 il WWF Internazionale, che ha tra i suoi padri costituenti scienziati famosi e naturalisti di rango, tra cui Peter Scott che disegnerà il celebre ‘panda’, destinato a diventare il logo del WWF mondiale. Segue a ruota, nel 1966, l’istituzione del WWFItalia, che ha come padre fondatore Fulco Pratesi, il più noto tra i naturalisti italiani. Qualche anno prima, nel 1955, viene istituita per opera di figure intellettuali e morali di alto profilo, come lo scrittore Giorgio Bassani e l’archeologo e filantropo Umberto Zanotti Bianco, l’Associazione Italia Nostra, dedita alla salvaguardia dei pericolanti beni culturali, artistici e naturali del nostro paese. Nei primi anni Settanta nasce a Vancouver l’associazione internazionale Greenpeace, mentre Legambiente, erede dei primi nuclei ecologisti della sinistra e del forte movimento antinucleare dell’epoca, vede la luce nel 1980. Negli anni Ottanta prende forma anche la rappresentanza 64
politica: dal 1979 cominciano a costituirsi i partiti Verdi Europei; in Italia nascono nel 1986 le Liste Verdi, che entreranno l’anno dopo, per la prima volta, nel Parlamento Italiano. 2.1972, LA PRIMA CONFERENZA ONU A STOCCOLMA Ma è sul 1972 che vorrei soffermarmi, perché è stato un momento cruciale per l’ambiente, purtroppo quasi dimenticato in quest’epoca di facile oblio. Nel giugno 1972 si apre infatti a Stoccolma la prima Conferenza dell’ONU su Ambiente e Sviluppo: alla sua conclusione, 113 nazioni adotteranno un Piano d’Azione composto di 109 dichiarazioni riguardanti alcune aree principali: rapporto tra ambiente e sviluppo: gli aspetti educativi, informativi, sociali e culturali della questione ambientale; l’inquinamento; la gestione delle Risorse Naturali. Le delegazioni presenti firmarono anche una Dichiarazione costituita da 26 principi che collegavano le tematiche ecologiche a quelle dell’equità, della lotta alla povertà, della qualità della vita. Nella capitale svedese, il dibattito vedeva in campo due fazioni contrapposte: i neo-malthusiani, capitanati dallo scienziato californiano Paul Erlich, che attribuivano all’incremento demografico la responsabilità primaria della crisi ambientale e gli anti-malthusiani, che avevano il loro leader nello scienziato Barry Commoner. Quest’ultimo metteva in evidenza lo stretto legame tra crisi ambientale, sociale ed economica, che considerava conseguenze delle disfunzioni del sistema di sviluppo capitalista e puntava il dito su un modello di produzione-consumo basato su tecnologie distruttive per l’ambiente. Il pensiero di Commoner trovava risonanza negli ambientalisti italiani presenti, come la sottoscritta, Antonio Cederna e Giorgio Nebbia, due dei più eminenti pensatori del nascente movimento ecologista nostrano. Nel firmamento di Stoccolma, brillava anche la luce del controverso ed eccentrico ecologista britannico Edward Goldsmith, fondatore della rivista “The Ecologist”. Per 65
l’occasione, era stato sfornato un numero speciale, intitolato “Blueprint for survival” (di cui conservo una preziosa e rara copia), una sorta di articolata road map per la sopravvivenza del pianeta e dei suoi abitanti, purtroppo percorsa da una vena elitaria ed autoritaria che gli valse gli strali degli esponenti della sinistra presente al vertice. Accanto ai due schieramenti antagonisti, si andava già all’epoca delineando un embrione di ecologismo terzomondista. Molto attiva nel controvertice che, come in ogni Conferenza ONU accompagnava il summit ‘ufficiale’, era la OI COMMITTEE, formata da esponenti del cosiddetto Terzo Mondo e guidata dal senegalese Landing Savané. Molto attivo al suo fianco era anche un giovane messicano, Francisco Szekeley, destinato poi a diventare un alto dirigente dell’UNEP, professore di Sostenibilità Globale e Leadership in prestigiose università internazionali e vice ministro per l’ambiente nel suo paese. Per ridurre la natalità, argomentava, non era sufficiente distribuire anticoncezionali e fornire Educazione demografica: “Occorre cambiare le strutture economiche avviando un’equa redistribuzione dei redditi e delle risorse”. Non è tollerabile che il 20% dell’umanità ingoi l’80% delle risorse, lasciando ai poveri le briciole. Solo con l’aumento del benessere e dell’Educazione delle donne potremo avviare la transizione demografica e ridurre il numero delle nascite” sintetizzavano gli esponenti della OI COMMITTEE. Rievoco nel dettaglio questi dibattiti per dimostrare che sul tavolo della Conferenza di Stoccolma c’era già tutto: l’incredibile complessità della questione ambientale era stata squadernata nella capitale svedese con una lucidità d’analisi e una vivacità d’opinioni sicuramente superiori al livello odierno. 3. I LIMITI DELLA CRESCITA Complessità che venne chiamata in causa, sempre in quello stesso fatidico 1972, da un famoso libro “The limits to growth” (tradotto in italiano con il titolo ‘I Limiti dello Sviluppo’) di cui erano autori i coniugi Dennis e Donnella Meadows, del 66
prestigioso MIT (Massachussetts Institute of Technology). A promuovere il testo, il CLUB DI ROMA, un organismo istituito a metà anni Sessanta, che raccoglieva scienziati, imprenditori ‘illuminati’, intellettuali ed economisti di rango. All’epoca giovane giornalista ambientalista, ebbi l’opportunità di intervistare, prima dell’uscita del libro, uno dei fondatori del CLUB, Aurelio Peccei, manager dell’Italconsult. Mi spiegò che il mondo aveva bisogno soprattutto di una vera e propria palingenesi culturale, di un ‘salto copernicano’ rispetto alla vigente visione dell’universo e della Terra. Peccei era convinto che questo ‘passaggio epocale’ sarebbe avvenuto anche grazie al mutamento dei paradigmi di pensiero innescati dal libro: “ Questo testo- mi disse battendo la mano sulla pila delle bozze bene in vista sulla sua scrivaniacambierà il modo di pensare dell’umanità’. Tradotto in 27 lingue, venduto in 12 milioni di copie ed inviato a migliaia di ‘decisori’ a livello mondiale, il libro suscitò in effetti un dibattito internazionale intenso e non di rado virulento. C’erano altre statistiche, altri elementi da tenere d’occhio, suggerivano i critici del CLUB DI ROMA. Per esempio, quelli che sciorinava sulla rivista “SAPERE”, uno dei fari dell’intelligentsia della sinistra dell’epoca, il prof. Giulio Maccacaro ricordando che bisognava mettere in conto il potere immenso delle multinazionali. 4. IL VERTICE DI RIO SANCISCE LO SVILUPPO SOSTENIBILE A distanza di oltre quarant’anni, placati i furori ideologici di quei tempi, bisogna riconoscere al dibattito innescato dal MIT e dal CLUB DI ROMA il merito di avere messo in primo piano il concetto di LIMITE, destinato a diventare uno dei pilastri portanti del pensiero ecologista. Dovettero passare vent’anni prima che un’altra grande Conferenza ONU, il cosiddetto Summit della Terra del 1992 a Rio de Janeiro, sancisse a livello globale l’urgenza di imboccare la strada dello sviluppo sostenibile. Sviluppo sostenibile che nel frattempo aveva avuto la sua defi67
nizione ‘ufficiale’ nel cosiddetto RAPPORTO BRUNTLAND, così chiamato in omaggio all’allora premier norvegese Gro Harem Bruntland, una donna straordinaria che guidava all’epoca la Commissione Onu, incaricata di redigere il documento. Lo sviluppo sostenibile veniva definito come “un processo finalizzato alla tutela delle Risorse Naturali” che doveva mirare “a soddisfare i bisogni delle attuali generazioni, evitando di compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri.” Un processo che veniva dichiarato incompatibile non solo con il degrado delle Risorse Naturali, “ma anche con la violazione della dignità e della libertà umana, con la povertà e con il declino economico, con il mancato riconoscimento dei diritti e delle pari opportunità”. Stesso messaggio che uscì dal Vertice di Rio, davvero una svolta epocale. Vennero firmate due Convenzioni (sulla tutela della biodiversità e sulla lotta ai cambiamenti climatici) e approvata una Dichiarazione di Rio che snocciolava 27 principi generali di tutela ambientale e sviluppo sostenibile, nonché una Dichiarazione sulla conservazione delle foreste. Particolare rilievo venne dato all’ importante (per numero e qualità) presenza delle donne nel contro-vertice. E fu proprio una donna, la combattiva Wangari Maathai- leader del movimento ambientalista africano, destinata poi a diventare personaggio di spicco e vice ministro dell’ambiente nel suo Kenya natale- ad essere scelta per rappresentare nei fori ufficiali le ragioni delle Ngos e dei movimenti presenti a Rio. Nel mentre cominciava a brillare la stella di Vandana Shiva, altra donna eccezionale, scienziata nucleare indiana che sarebbe diventata una delle voci più autorevoli dell’ambientalismo mondiale. 68
La Shiva rivendicava con forza la riscoperta della PRAKRTI, il principio femminile che è presente in ogni forma di vita, il processo creativo della Terra Mater. Così scriverà in “Sopravvivere allo sviluppo” (Ed. Isedi, 1988): “Il pensiero della crisi non può offrire soluzioni. Gli unici che hanno il coraggio di pensare alle soluzioni sono proprio quelli che sono stati ritenuti incapaci di pensare. Come le donne del Terzo Mondo, per le quali è chiaro che la questione è la sopravvivenza, di cui sono esperte senza pari”. Per quanto epocale, tuttavia, anche la Conferenza di Rio non si dimostrò all’altezza delle monumentali sfide che dichiarava di voler affrontare. Il WWF-Italia (di cui ero all’epoca presidente nazionale), ovviamente presente all’importante appuntamento insieme al WWF International, sintetizzò le richieste degli ambientalisti nella formula “uno sviluppo equo nei limiti della capacità di carico del Pianeta”, criticando l’incapacità dei governi mondiali di passare dalle belle dichiarazioni di principio a strategie concrete per promuovere un’autentica sostenibilità. L’urgenza di costruire un FUTURO SOSTENIBILE, passava dunque per un vero e proprio MATRIMONIO TRA ECOLOGIA ED ECONOMIA, due parole che non a caso hanno in comune il prefisso ECO (dal greco ‘oikos’, casa). Per tutelare davvero la casa comune, predicavano e predicanopurtroppo spesso inascoltati- gli eco attivisti, occorre promuovere un’integrazione tra le dimensioni ambientali, sociali, economiche e culturali. Nello stesso periodo andava acquistando valore la questione dei ‘BENI COMUNI’. Questione non solo teorica, ma tradotta in pratica in esperienze di comunità consapevolmente ‘eretiche’ rispetto allo sviluppo dominante, senza tralasciare pensatori autorevoli come Wolfgang Sachs, Ivan Illich, la già citata Vandana Shiva e Lester Brown. 69
5. DA KYOTO A PARIGI, IL CLIMA SI SCALDA Ricordo, in estrema sintesi, il protocollo di Kyoto contro i cambiamenti climatici firmato nel 1997 nella città giapponese, punto d’inizio di un cammino scandito da una serie di megaconferenze sul clima, culminate con la recentissima Conferenza di Parigi; l’impennata nel 1999, a Seattle, in occasione del summit del WTO (organizzazione mondiale del commercio) del ‘movimento dei movimenti’, che siglò l’alleanza tra paladini dell’ambiente, sostenitori dei Diritti Umani e difensori dei Lavoratori e Cittadini, sia pure con limiti e contraddizioni vistose; la Conferenza Rio +10 di Johannesburg, nel 2002, che segnalò, (come peraltro i vertici successivi, fino al flop clamoroso della Conferenza di Copenaghen nel 2009) la preoccupante impotenza dei governi e delle istituzioni internazionali di fronte al groviglio delle crisi multiple. Anche l’ultima, e tanto osannata, Conferenza di Parigi sul Clima alla fine del 2015 si è purtroppo tradotta in un accordo certamente rilevante, visto che è stato firmato da tutti i presenti, ma indubbiamente insufficiente ad arginare l’avanzata impetuosa del riscaldamento globale. Da un lato l’approccio della Governance mostra vistosamente la corda e rivela la mancanza a livello teorico di una vera e propria ‘visione del mondo ’ alternativa a quella dominante. Dall’altro si palesa la debolezza delle strategie concrete, sia pur ragguardevoli e interessanti, che ricadono sotto il nome di ‘green economy’ (efficienza energetica, fonti d’’energia rinnovabili, mobilità sostenibile, agricoltura biologica e di qualità, rigenerazione urbana e bioedilizia, per citarne solo alcuni capitoli). Tuttavia la GREEN ECONOMY rischia di diventare niente più che un ramo verde sul tronco di uno sviluppo ‘business as usual’, un’oasi nel deserto di un neoliberismo selvaggio che procede incurante delle conseguenze nefaste inflitte a Madre Terra e ai suoi abitanti, specialmente i più poveri e vulnerabili. Nell’intreccio delle problematiche, si innesta anche la crisi della democrazia, di una reale partecipazione democratica alle scelte che disegnano il presente e il futuro dei popoli. 70
Ma poiché la realtà è spesso sorprendente, il contrappasso si sta già manifestando sotto forma di un forte flusso di reazioni da parte della società e dei cittadini: vedi le costellazioni di movimenti, gruppi, associazioni, comitati che mirano a costituirsi come ‘attori del cambiamento’, colmando- sia pure tra contraddizioni e limiti non irrilevanti- il vuoto lasciato dalle istituzioni, dai corpi intermedi e dal recente declino dell’ambientalismo storico e dei Verdi. 6. LE RADICI VERDI DELLA LAUDATO SI’ Una di queste ‘liete sorprese’, certamente una delle più rilevanti ed epocali, destinata a lasciare un segno su tutta l’Umanità, è l’apparizione della LAUDATO SI’, nel giugno 2015. In realtà, il filone ‘verde’ dentro la storia della Chiesa ha radici antichissime e inanella nel corso dei secoli e dei millenni figure di spicco come Sant’Agostino, San Basilio di Cesarea o San Benedetto, che possono essere considerati veri e propri precursori dell’ecologismo moderno. Non mancano svettanti icone femminili, come Ildegarda di Bingen, il cui elogio della ‘Viriditas’, della Forza Vitale della Natura ricorda a molti di noi ecologisti la possente ‘Prakrt’ evocata da Vandana Shiva (per approfondimenti, consiglio il libro della scrittrice Neria De Giovanni “Ildegarda di Bingen” LEV, 2013). Su tutti, ovviamente, si staglia Francesco d’Assisi, la cui preziosa eredità viene ripresa e valorizzata dall’Enciclica Papale e di cui parleremo in seguito. Ma l’attenzione verso la Madre Terra non appartiene solo al passato: nel seno della Chiesa non mancano neppure oggi illustri testimonials dell’Ecologia. Ne cito uno per tutti, che ho avuto l’occasione d’incontrare nel Duemila alla Fiera del Libro di Torino: il Teologo brasiliano Leonardo Boff, ex frate francescano, tra gli esponenti più noti della ‘teologia della liberazione’, scrittore e autore di libri significativi sul rapporto tra Ecologia e Spiritualità. Accanto a questi testimoni, non può essere trascurato l’ingente contributo di studi, rapporti, indagini, libri che in questi ultimi decenni sono stati prodotti dentro la Chiesa e in 71
ambienti vicini. Cito anche qui un titolo per tutti, il volume intitolato “Terra, aria, acqua e fuoco” (ed. EDB 2012) firmato dal docente di teologia morale Bruno Bignami, presidente della Fondazione Don Primo Mazzolari. “Per la comunità cristiana- afferma nel suo testo- si apre la strada per un rinnovato incontro con le fondamentali domande dell’uomo: che senso hanno i doni del creato? Per chi sono? Come promuovere la comunione e la fraternità tra gli uomini?” A queste domande non sono state certo sorde le più alte istituzioni della Chiesa, a cominciare dai vertici, dagli stessi papi. Già nel 1970 Paolo VI denunciò alla FAO il rischio di “una vera catastrofe ecologica” provocata dai “contraccolpi della Civiltà industriale”, invocando quindi “l’urgenza e la necessità di un mutamento radicale nella condotta umana”. E’ poi la volta di Giovanni Paolo II il quale, nella “ Sollicitudo Rei Socialis del 1987”, osserva che le Risorse naturali sono limitate e che “usarle come se fossero inesauribili, con assoluto dominio, mette seriamente in pericolo la loro disponibilità”, anche per le generazioni future. Giovanni Paolo II formula quello che potremmo definire ‘Il decalogo ecologico secondo il Cristianesimo’ (nella cui stesura ha avuto un ruolo di primo piano il cardinale Ratzinger, futuro Benedetto XVI). Il cammino umano deve scegliere una via di sobrietà, avverte il Papa, e ogni stato ha tra i suoi doveri quello di prevenire il degrado della Biosfera. Ancor più esplicito sarà Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, che pronuncia le sue esortazioni ecologiche in un Vaticano ben deciso a mettere in pratica i buoni propositi verdi. Non molti lo sanno, ma il più piccolo Stato del mondo è divenuto in questi anni il primo ‘climaticamente neutrale’, grazie all’installazione di pannelli fotovoltaici, alla piantumazione di una ‘foresta climatica’ di centinaia di ettari nel Parco nazionale di Bukk (Ungheria) per compensare le emissioni di CO2 del Vaticano. Le parole di Benedetto XVI pronunciate il 9 giugno del 2011 davanti ai nuovi ambasciatori suonano così:
72
“L’uomo, al quale Dio ha affidato la buona gestione della Natura, non può essere dominato dalla Tecnica e divenirne il Soggetto. Una tale presa di coscienza deve portare gli stati a riflettere insieme sul futuro a breve termine del Pianeta, di fronte alle loro responsabilità verso la nostra vita e le tecnologie. L’Ecologia Umana è una necessità imperativa.” Rimando il lettore alla consultazione del volume “Per un’Ecologia dell’uomo” un’antologia di testi curata da Maria Milvia Morciano, con la prefazione di Mons. Jean-Louis Bruguès (Libreria Editrice Vaticana, 2012). 7. LA LAUDATO SI’: UNA VISIONE DEL MONDO La clamorosa novità della Laudato Sì sta sostanzialmente in tre elementi: è la prima volta che un’intera enciclica viene dedicata ai temi ecologici, riunendo in un unico documento i pur numerosi spunti, citazioni, pronunciamenti e studi non solo dei già citati esponenti della storia della Chiesa, compresi i Papi, ma delle Gerarchie ecclesiastiche e dell’intero ‘corpus’ dell’Ecclesia. L’impatto di questa sintesi è ovviamente assai più potente e pervasivo delle precedenti prese di posizione e colloca la Chiesa in prima linea nella battaglia per la tutela del Creato, colmando così un ritardo di decenni che non pochi ambientalisti rimproveravano ai vertici ecclesiastici. Papa Francesco introduce con forza nella sua disamina la dimensione etica e spirituale che costituisce l’autentica ‘anima’ dell’enciclica e che la distingue in maniera netta da migliaia e migliaia di pur autorevoli e interessanti contributi di scienziati, ambientalisti DOC, esperti della questione ecologica nonché dalla pletora di documenti, dichiarazioni e pronunciamenti ai vari livelli istituzionali. Questo approccio fa del Papa l’unico vero LEADER oggi presente nel Pianeta, perché è in grado di proporre una ‘Visione del Mondo’ e guidare l’Umanità. Riconoscimento unanime di questa Leadership gli è venuto 73
dagli ambienti più disparati, non solo Cattolici e Cristiani ma anche Laici, e persino dalla Sinistra. Leadership particolarmente utile e preziosa se si pensa che spetterebbe alla politica il compito di disegnare e di portare avanti un progetto per la comunità. Purtroppo la politica è troppo spesso supina di fronte alla ‘vision’ imposta dal mercato e dagli interessi forti della grande finanza e delle multinazionali (come peraltro non manca di notare l’enciclica di Papa Francesco). Il secondo motivo dell’attrazione suscitata dalla LAUDATO SI’ sta nella ‘firma’, la ‘griffe’ Papale. Il nome scelto da Bergoglio quando è diventato Papa non è certo casuale. L’aver deciso di assumere il nome ‘Francesco’ rimanda con immediatezza e senza equivoci al Poverello d’Assisi e al suo conclamato amore per il Creato. Per togliere ogni dubbio, si aggiunga che il titolo LAUDATO SI’ viene mutuato di peso dal meraviglioso Cantico delle Creature. Il terzo motivo di interesse, che spiega l’intensa reazione mondiale rispetto all’enciclica, è dato dalla scelta dei tempi, anch’essa non casuale. La Laudato SI’ è apparsa, infatti, nel giugno del 2015 a ridosso dell’importante Conferenza di Parigi sul Clima, che si è svolta alla fine dello stesso anno e che per settimane ha catalizzato l’attenzione dei media, dell’opinione pubblica e dei ‘decisori’ sulla bollente questione del cambiamento climatico. Persino ambienti sino a ieri disattenti (direi colpevolmente disattenti) se non ostili ai temi ambientali, come quelli dell’alta Finanza, non possono oggi negare il peso del cambiamento climatico come grande questione geopolitica mondiale. Ne è una riprova il meeting del World Economic Forum, che si riunisce ogni anno a Davos, in Svizzera e che a gennaio di quest’anno ha diffuso un rapporto , stilato da 750 esperti, che mette il cambiamento climatico in testa alla hit parade dei rischi globali sospesi come una spada di Damocle sull’umanità.
74
8. LE SINTONIE CON IL PENSIERO AMBIENTALISTA: ALEX LANGER Tante le consonanze, le risonanze, le profonde sintonie tra la cultura ambientalista e la visione del mondo scandita dalla Laudato Si’. A cominciare dallo stesso titolo: “LAUDATO SI’ – LETTERA ENCICLICA SULLA CURA DELLA CASA COMUNE. Già nell’intitolazione scelta da Francesco, infatti, sono messe in risalto due parole estremamente care all’universo ecologista: CURA e CASA COMUNE. La simbiosi tra i due elementi è cruciale per la sopravvivenza dell’umanità e del pianeta: il nostro secolo ha bisogno di INTELLIGENZE CALDE, capaci di mettere insieme cuore e cervello, ragione e sentimento, statistiche ed emozioni. Quanto alla definizione CASA COMUNE, essa si riallaccia a quel filone dei BENI COMUNI che tanta parte ha avuto e ha nella costruzione del discorso ecologista e costituisce anzi il primo e più importante dei beni comuni stessi: la Terra è l’unica casa che abbiamo e tutti i viventi la abitano con identico diritto alla vita; l’uomo non è il padrone, ma il Custode del mondo, chiamato a passare da una ‘cultura del dominio’ imperversante per millenni ad una ‘cultura del rispetto’ per se stesso, per gli altri e per l’ambiente senza la quale la stessa sopravvivenza della specie umana sarà a rischio. Nessuno degli ambientalisti ha delineato ed approfondito questi contenuti meglio di ALEX LANGER, che non a caso introduciamo ora come ‘interlocutore’ di Papa Francesco. Protagonista di primo piano dell’universo ambientalista, Leader dei Verdi Europei al Parlamento di Strasburgo, teorico della questione ambientale ma anche testimone e promotore di una gamma straordinaria di iniziative per la sostenibilità, per la Pace, per i diritti, per la convivenza etnica. Ma in questo contesto la citazione di Langer è dovuta perché la lettura dell’Enciclica rimanda inesorabilmente a lui. 9. CONVERSIONE ECOLOGICA, CONCETTO CARDINE Prendiamo una delle parole-chiave del documento papale: CONVERSIONE ECOLOGICA. Definizione letteralmente 75
‘inventata’ da Langer già nei primi anni Novanta e divenuta una formula imprescindibile del lessico Ambientalista. Così Alex Langer invita a “Preferire l’autolimitazione cosciente, la valorizzazione della dimensione locale e comunitaria, la convivialità; non inquinare e realizzare condizioni di giustizia, di Pace e di integrità della Biosfera, piuttosto che inseguire rimedi, aggiustamenti e disinquinamenti sempre più sofisticati ed artificiali per tentare di correggere condizioni di vita sempre più ingiuste, degradate, violente e prive di senso.” Come non rilevare la sintonia con l’approccio di Bergoglio? “La CONVERSIONE ECOLOGICA che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è anche una conversione comunitaria. Tale conversione comporta vari atteggiamenti che si coniugano per attivare una cura generosa e piena di tenerezza. In primo luogo implica gratitudine e gratuità, vale a dire un riconoscimento del mondo come dono ricevuto dall’amore del Padre… Implica pure l’amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri una splendida comunione universale…” (Laudato SI’, LEV, 2015,cap.VI, paragrafo 219220 pag. 209-210 ) E continua: “La spiritualità cristiana propone un modo alternativo di intendere la qualità della vita, e incoraggia uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo… La 76
spiritualità cristiana propone una crescita nella sobrietà e una capacità di godere con poco” (Ibidem, par.222, Pagg. 211-212.) Sintonia che ritorna rispetto ad un altro concetto chiave che informa tutta l’enciclica e l’intera cultura ambientalista: la PACE. “La causa della PACE non può essere separata da quella dell’Ecologia” afferma lapidario Langer in un articolo del 1989 (inserito nel già citato libro di Boato, pag. 41). Da parte sua, Langer si segnala per tutta la sua vita per un intenso impegno pacifista, che lo porterà a tentare di costruire dialogo e Pace nei teatri di guerra del suo tempo (Palestina, ex Jugoslavia, Balcani) e a proporre l’istituzione di ‘Corpi civili di Pace europei’ nel 1995. Invocazione e costruzione della PACE che percorre anche le pagine della Laudato Si’: “E parte di un’adeguata comprensione della spiritualità cristiana consiste nell’allargare la nostra comprensione della PACE, che è molto di più dell’assenza di guerra.” Anche la visione del ruolo della Politica trova risonanza in ambedue. In una provocatoria lettera aperta al PDS, pubblicata il 25 giugno 1994 dal settimanale satirico ‘Cuore’, con il titolo “Voglio quel posto a Botteghe Oscure” Langer scrive: “Ci vuole una formazione meno partitica, meno ideologica, meno verticistica e meno targata ‘di sinistra’. Ciò non significa che bisogna correre dietro ai valori e alle finzioni della maggioranza berlusconiana, anzi. Occorre un forte progetto etico, politico e culturale, senza integralismi ed egemonie, con la costruzione di un programma e di 77
una leadership a partire dal territorio e dai cittadini impegnati, non dai salotti televisivi o dalle stanze dei partiti.” Da parte sua anche Francesco tenta di ridare alla Politica l’opportunità di volare alto e di andare in profondità: “L’amore … è anche civile e politico… L’amore per la società e l’impegno per il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le relazioni tra individui, ma anche le macro-relazioni, rapporti sociali, economici, politici… Per questo la Chiesa ha proposto al mondo l’ideale di una civiltà dell’amore…” (Cap. V, par.231, pg. 218). Sintonia profonda che ritorna nella vita e nelle opere di un altro grande ‘Cristiano Verde’, Gino Girolomoni, padre del biologico italiano, figura di spicco del mondo ambientalista e contadino, purtroppo scomparso nel 2012. Nel monastero di Montebello, da lui restaurato sulle colline delle Marche, aveva dato vita ad un’intensa attività di riflessione e di scambi sul rapporto tra Cristianesimo ed Ecologia, promuovendo il dialogo interreligioso ed interetnico. Last, but not least, tra gli ingredienti che ritornano continuamente nelle visioni del mondo proclamate dall’enciclica e dal ‘Vangelo’ Laico degli ambientalisti c’è il ripetuto invito “ad ascoltare insieme il grido della Terra e quello dei poveri,” per dirla con una delle frasi più fortunate della Laudato SI’. Non solo i già citati Langer e Girolomoni, fortemente segnati dalla cultura cattolica, ma tutti gli ambientalisti, laici e non, hanno per decenni messo l’accento sul cosiddetto DEBITO ECOLOGICO, ovvero il risarcimento che i ricchi devono ai poveri del pianeta, sottoposti ad uno sfruttamento delle loro risorse che spesso si è tradotto in saccheggio vero e proprio. Come scrive nel suo commento all’enciclica l’ambientalista di lungo corso Andrea Masullo, direttore scientifico di Greenaccord, ‘Associazione per la salvaguardia del Creato’ dedita alla divulgazione e alla formazione sui temi ambientali, 78
“Si tratta dell’incredibile flusso di prodotti agricoli, che parte dai paesi poveri per alimentare il bestiame per l’eccessivo consumo di carni bovine sulla mensa dei ricchi e per produrre biocombustibili per alimentare le loro automobili, che lascia sguarnita la mensa dei poveri, lascia i terreni contaminati da pesticidi e concimi chimici, aggravando spesso l’insufficiente disponibilità di acque potabili sicure.” Più che mai urgente risulta quindi l’esortazione di Francesco a considerare la terra sulla Terra come “Eredità Comune, i cui frutti devono andare a beneficio di tutti” e non di una parte privilegiata dell’umanità, che costruisce il proprio privilegio sulla rapacità, accumulando nei confronti dei meno privilegiati un insopportabile debito ecologico, non riconosciuto e dunque non risarcito. 10. ARC: LA ‘SACRA ALLEANZA’ TRA FEDI ED ECOLOGIA Tuttavia, se vogliamo andare alle radici di questa ‘sacra alleanza’ tra Religioni ed Ecologia, sempre a Francesco dobbiamo rifarci: questa volta al Santo, a Francesco d’Assisi. E’ infatti nella sua città natale che si è tenuta nel 1986, su iniziativa del WWF internazionale, guidato all’epoca dal principe Filippo di Edimburgo, la prima storica riunione tra alti rappresentanti delle cinque maggiori religioni del mondo ed esponenti di punta delle massime organizzazioni ambientaliste del pianeta. L’ARC (Alliance Religions and Conservation) è nata con l’intento di promuovere l’intesa tra le grandi religioni del pianeta e i movimenti/associazioni per la tutela della Natura e dell’Ambiente. Sostenuta da nove religioni, divenute oggi undici, l’ARC può attualmente vantare centinaia di progetti in decine di paesi. 79
In questi due decenni, infatti, l’ARC si è dedicata ad aiutare le più importanti religioni del mondo- che insieme contano l’84% della popolazione mondiale, ovvero 5,8 miliardi di persone- a sviluppare progetti e programmi ambientali ancorati ai ‘Core Teachings’ (insegnamenti e credenze di fondo) delle varie fedi. Tra i progetti più originali ed innovativi, figura il cosiddetto ‘Greening dei Pellegrinaggi’. Considerato che nel mondo, stando ai dati dell’UN-World Tourism Organization, si contano ben 330 milioni di pellegrini in movimento (con un’impronta ecologica spesso molto pesante sui luoghi di sosta e lungo i percorsi), ARC ha lanciato il programma ‘Faithful Cities- Pilgrims for a Living Planet’ (‘Città delle fediI Pellegrini per un Pianeta Vivente’) che interessa decine di città ‘sante’ come Roma , Fatima e Lourdes per i cristiani; Makka e Touba per l’Islam; Amritsar per i Sikhs e Tai Shan per i Taoisti. Il Direttore di ARC International afferma: “Prendiamo ad esempio l’acqua: nelle iniziative che portiamo avanti con ‘Wash’, per garantire l’accesso ad acqua più pulita e per migliorare le condizioni igieniche nelle scuole affiliate alle fedi, non partiamo dalla denuncia di quel che non funziona, atteggiamento abituale nei laici, sperando che poi la gente sia indotta all’azione. Noi promuoviamo invece un atteggiamento basato sulla fede, che inizia con un ringraziamento per il meraviglioso mondo che Dio ci ha donato e per il dono dell’acqua: è da questa posizione di gratitudine che partiamo per affrontare le crisi che noi umani abbiamo causato in questo mondo creato da Dio”. Come non sentire in questa Filosofia e in questa Modalità d’Azione l’ECO delle parole dell’Enciclica e il medesimo ‘soffio’ di meraviglia e di gratitudine di fronte alle bellezze del Creato, ai doni che Dio ha sparso a piene mani su questo 80
splendido ma fragilissimo Pianeta? “All’inizio del Terzo Millennio, nel momento di massima accelerazione (Francesco la chiama ‘Rapidaciòn’ ndr) della crisi ambientale, che si salda a quelle Sociali, Economiche, Culturali ed Etiche del Nostro Tempo, l’Alleanza tra Fedi ed Ambientalismo appare dunque simmetrica e matura.” 11. OBIETTIVO COMUNE: IL SALTO DI QUALITA’ DELLA COSCIENZA COLLETTIVA Ambedue i Partners, dunque, possono ora trarre reciproco vantaggio dalla collaborazione in corso e ritenersi quindi ‘Alleati per Natura’. Insieme, come ha osservato il segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon alle celebrazioni tenute dall’ARC nel Castello di Windsor nel 2009 per festeggiare l’intesa tra l’organizzazione e l’ONU, potranno raggiungere centinaia di milioni di persone, favorendo quel SALTO DI QUALITA’ della COSCIENZA COLLETTIVA che si impone sempre più come priorità comune, di fronte all’attuale e crescente decadimento dell’Ecosistema mente-cuore, forse quello più in pericolo tra tutti. In Italia il ruolo di antesignana dell’Ecologia Integrale predicata da Papa Francesco spetta senza dubbio a GREENAccord, un’Associazione per la Salvaguardia del Creato, Laica ma vicina alla Chiesa, che si occupa da più di un decennio di Formazione ed Informazione sui Temi Ambientali, rivolgendosi in particolare al Sistema dei Media, Italiano ed Internazionale. Capitolo a parte meriterebbero i Popoli Indigeni del Pianeta, il cui ruolo straordinario nel sostenere (e soprattutto praticare) il Rispetto per la Sacralità della Madre Terra non ha ancora avuto il riconoscimento pieno che gli spetta. Rimando, a questo proposito, alla lettura di un’interessante Antologia dal titolo “-SACRED SPECIES AND SITES- Advances in Biocultural Conservation”, edito nel 2012 dalla Cambridge 81
University Press (cui ho contribuito con un saggio intitolato “The Roman Goddess Care: a Therapy for the Planet”, Pag.178). E’ dunque il momento di una Laudato Si’ Universale, declinata secondo i Codici delle varie Fedi e Culture, con un unico obiettivo: far capire finalmente a tutti che “esiste una più vasta sapienza all’interno della quale la specie umana deve riconoscersi: è la struttura che unisce, che tiene insieme, le stelle e gli anemoni di mare, le sequoie e l’uomo”, come scriveva il Pensatore, Antropologo e Terapeuta Gregory Bateson nel suo famoso libro “Verso un’Ecologia della Mente” (1972). I Credenti chiamano questa sapienza: DIO. Ma anche i non credenti, purché Uomini e Donne di Buona Volontà, possono condividere l’Universale Preghiera che chiude la Laudato Si’: “..Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa, a contemplare con stupore, a riconoscere che siamo profondamente uniti con tutte le creature.” Ogni Essere Umano può essere Francesco, se lo vuole. Grato e grata, incantato ed incantata di fronte a Madre Terra, lo sguardo radicato e rivolto all’alto. Con speranza... Grazia Francescato
82
CAPITOLO III MAESTRIA E PROFEZIA NELL’EDUCAZIONE APERTA DI ALDO CAPITINI: ESPERIENZE EDUCATIVE E TEORIA PEDAGOGICA Alberto Stella È consapevolezza diffusa che l’educazione oggi sia per un verso essenziale per la crescita e l’equilibrio dei singoli e delle collettività e per un altro marginalizzata nel riconoscimento politico e sociale. Dalle istituzioni educative si reclama - e giustamente - una attenzione previa a tutte le problematiche odierne - dalla conoscenza alla sessualità, dalla violenza alle psicopatologie, dai rapporti tra generazioni alla produttività del lavoro - ma nello stesso tempo le stesse istituzioni educative sono nel contesto sociale devalorizzate e così pure gli operatori. Di quali istituzioni parliamo? In primis - sicuramente - della scuola, ma poi di tutte quelle sedi in cui intenzionalmente o no, come obiettivo primario o secondario, si istaura un rapporto di scambio tra soggetti (la famiglia, i gruppi primari e secondari, le associazioni, i partiti politici, i gruppi religiosi) e in generale anche di quelle situazioni in cui pure il rapporto è debolmente reversibile o unidirezionale (stampa, network, radio, televisione, ecc.). Ogni forma di comunicazione è educazione perché in ogni comunicazione c’ è uno scambio e, come non si può non comunicare, così non si può non educare (nel senso di educare ed essere educati): l’educazione è una condizione intrascendibile e trascendentale. La società di massa e la rapidità delle trasformazioni hanno messo in discussione l’ esistenza di valori riconosciuti universalmente e perciò capaci di guidare e contenere; la globalizzazione delle comunicazioni, le migrazioni, i confronti etnici e religiosi hanno aperto peraltro un quadro di riferimento frastagliato che può essere assunto come costitutivo di identità reciproche e in movimento solo in presenza di una consapevolezza dell’ interculturalità come modello e come atteggiamento che è ancora in fase di 83
elaborazione. La velocità delle trasformazioni e - spesso - la percepita necessità di risposte totali ed urgenti pone queste problematiche sullo sfondo di un tempo che non aspetta, di una immediatezza che richiede più la rapidità di una risposta che la sua pregnanza, più la sicurezza compatta e definitiva di una soluzione che un orientamento critico in movimento: i tempi brevi urgono, l’attualità come immediatezza reclama. È forse però il momento di una dialettica tra l’istantaneo, che si impone, e i modelli di risposte che nei tempi più distesi ancora faticano ad avanzare. In questo senso la riflessione pedagogica di Aldo Capitini (1899-1968) è tutt’altro che esaurita. Il termine “riflessione”, in riferimento a C. è contemporaneamente improprio e pregnante: improprio perché la produzione culturale - la pubblicazione di saggi e testi - è solo una parte del suo intervento educativo; pregnante perché proprio di riflessione si tratta: il tornare - teoricamente - su quanto agito praticamente e su quanto sentito e posto religiosamente. La pratica si fa teoria e la teoria aggiunge. Quali sono allora le esperienze educative, in qualche modo circostanziate, praticate da C.? 1. I COS Centri di Orientamento sociale (1946 - 1948 con una ripresa nel 1956) 2. il COR Centro di orientamento religioso (1952 - 1968 con prosecuzione dopo la morte fino al 1971) Ma modalità educative hanno anche i movimenti e le associazioni costituite da C.: 1. Il Movimento di religione (1947-1951) 2. Il Movimento nonviolento per la Pace (1952-1968) Il movimento è ancora attivo 3. L’ ADSN Associazione difesa Scuola nazionale (1946-1959) 4. L’ ADESSPI Associazione per la difesa e lo sviluppo della Scuola pubblica (1959-1968) 84
5. La Consulta dei Professori Universitari di Pedagogia (19571968) come pure i giornali fondati: 1. Giornale scuola (1960-61) 2. Azione nonviolenta (1964-1968 il giornale è ancora in pubblicazione) 3. Il potere di tutti (1964-1968) e l’insegnamento universitario a Pisa, Cagliari e Perugia: Pedagogia, Storia delle Religioni, Filosofia morale, Sociologia. Ma quello che più conta non sono le cose fatte, ma lo stile con cui sono fatte, che è quello dell’aggiunta, cioè del proporre senza annullare le altre posizioni, del contrastare gli elementi opposti contribuendo però al loro sviluppo positivo, dell’assumere il rapporto con la persona (con il Tu) come costitutivo prima del rapporto con le idee, nel vedere l’altro come presenza che si fa compresenza. Emerge dal quadro delle esperienze - che è più ampio di quelle più rilevanti sopra segnalate - una concezione dell’ educazione non legata alla fase dello sviluppo, ma lunga tutta la vita, né ad un rapporto esclusivo maestro-fanciullo, ma corale, tale cioè che, non essendo ancora, pure si fa di tutti, pubblica (nel senso di tutti, per tutti e da tutti controllabile), non necessariamente statale, ma appannaggio anche della società civile, non neutrale o disinteressata o disincarnata, ma legata ad una prospettiva etica di valori, che per C. deve diventare prospettiva ulteriore religiosa. Essenziale è anche il confronto con alcune delle esperienze educative più significative ed innovative della prima metà del Novecento in Italia: 1. Scuola città Pestalozzi di Firenze 2. Scuola di Barbiana 3. Centro educativo italo svizzero di Rimini 4. Centro educativo sperimentale di Mirto 85
5. CEMEA Centri di esercitazione ai metodi dell’educazione attiva 6. Nomadelfia Con tutte queste realtà C. ha avuto un incontro diretto, personale, non di adesione né di esaltazione ma appunto di aggiunta, che non è ricerca di obbligatorie convergenze. Norberto Bobbio nella Prefazione a ‘Il Poter di tutti’ rappresenta la difficoltà di inquadrare C. in una specifica modalità di pensiero e preferisce parlare di spiritualità piuttosto che di filosofia (PT 9); Alberto Granese esalta invece il “rigore filosofico” ( AN 1968, sett.ott. e MAC 127-138)): le interpretazioni di AC oscillano tra questi due poli, così come pure tra la prevalenza della politica sulla religione e della religione sulla politica. E se pensassimo che C. sia stato prima di tutto un educatore e in quanto tale un religioso, un uomo di cultura, un politico e un filosofo? Proprio per questo è difficile isolare nella sua produzione testi in cui il tema dell’educazione non sia presente. A conclusione del suo primo libro Elementi di un’ esperienza religiosa (1937) scrive: “La religione qui propugnata è educazione e realizzazione dell’amore”. (EER 136) e nell’ ultima lettera di religione La forza preziosa dei piccoli gruppi del 6 ottobre 1968: “Sempre siamo interessati alle persone agli altri esseri, al tu al dialogo, alle assemblee. Noi sappiamo che c’ è sempre da praticare e perfezionare questo rapporto, ad ogni livello e occasione della nostra vita”. (PT 446). 86
Ed è altrettanto difficile - in questa sede - evidenziare una storia nel tempo della Pedagogia di C., che pure ha avuto una sua evoluzione nel senso di un affinamento dei concetti, di un allargamento dei confronti (da ascendenti prevalentemente letterari [ad es. Leopardi] a interlocutori religiosi [i profeti ebraici , Gesù], filosofici [Gentile e poi Croce, Kant ed Hegel], e poi anche specificamente pedagogici [Montessori, l’attivismo, Dewey, Suchodolski] e da un ambito prevalentemente grecoromano, italiano e tedesco ad uno europeo e americano, di una integrazione da un interesse prevalentemente per la filosofia dell’ educazione ad una attenzione a problematiche anche più strettamente didattiche (ad es. la valutazione, l’ insegnamento della storia, il tempo libero, la riforma della scuola secondaria superiore, l’ insegnamento del latino, l’ educazione civica). Costanti sono i riferimenti a profezia, compresenza, realtà di tutti, realtà liberata, Io-Tu , Uno-Tutti valore, aggiunta, libertà/liberazione, persona/personalità, apertura, centro, festa, Nonviolenza, persuasione, tramutazione, dualismo, atto, mezzi/fini, Educazione Permanente, istituzione, laicità. I testi comunque che maggiormente fanno riferimento a tematiche pedagogiche sono: 1. L’ atto di educare (1951) 2. Il fanciullo nella liberazione dell’uomo (1953) 3. Per un nuovo Liceo (con Angelo Savelli) (1965) 4. Educazione aperta (1967-68) a cui vanno aggiunti - anche se non sempre riviste direttamente - le dispense dei corsi universitari tra il 1946 e il 1968, che solo in parte sono state pubblicate. Tra le tematiche dei corsi universitari vanno segnalate: Filosofia della vita etica e dell’educazione: verso una ricerca del soggetto della storia, il problema del valore, il profetismo, il metodo Montessori, L’ educazione dell’uomo secondo Dewey, educazione civica, il tempo libero, Lombardo Radice, Suchodolski, Borghi, Calogero, L’ insegnamento della storia e della religione, La formazione degli insegnanti. Altrettanto significative sono le interlocuzioni dirette con 87
educatori e pedagogisti italiani di cui dà testimonianza l’ epistolario ancora inedito depositato presso l’ Archivio di Stato di Perugia: Danilo Dolci, Lamberto Borghi, Lorenzo Milani, Antonio Santoni Rugiu, Ernesto Codignola, Tristano Codignola, Mario Alighiero Manacorda, Alberto Granese, Giovanni Calò, Giovanni Maria Bertin, Francesco De Bartolomeis , Aldo Visalberghi, Angiolo Gambaro, Cecilia Motzo Dentice di Accadia, Rino Gentili, Raffaele Laporta, Lucio Lombardo Radice, Angiola Massucco Costa, Roberto Mazzetti, Vittorio Telmon, Bruno Ciari, Luigi Volpicelli, Salvatore Valitutti Chi è dunque il maestro? C. individua tre fondamentali forme di educazione: tradizionale, attiva, religiosa. Per l’educazione tradizionale classica il futuro deve essere come il presente, il sapere è precostituito, il conoscere è rispecchiamento e la realtà si distingue tra Naturale e Soprannaturale in una sorta di dualismo statico; la cultura è dottrina, la formazione è addestramento. Dal punto di vista filosofico parliamo di trascendenza e di teismo. Maestro e allievo sono i poli opposti di una relazione: il fanciullo dipende dal maestro come dipende dal passato, dal fatto, dal trascendente. Ma anche il maestro è dipendente. È il luogo della non libertà. Nell’ educazione tradizionale storicistica, il Dio trascendente è sostituito dallo Spirito che si incarna nella Storia: rimane l’Uno-Tutto, ma dinamico, in crescita; il finito e perciò il singolo (maestro o fanciullo) sono momenti dell’infinto (lo Spirito) che hanno valore solo nella misura in cui scompaiono come singoli nell’infinito della Storia. Non più trascendenza del Dio personale assoluto o dell’Idea, ma immanenza della storia: rimane la dipendenza e l’irrilevanza - per quanto riguarda l’educazione - del fanciullo. Per l’educazione attiva l’operazione “è nelle mani degli educandi stessi”, il sapere è cercato e costruito dal fanciullo; del sapere si mette in risalto l’ utilità sociale, ma l’ interesse ai valori è marginale; l’attenzione non è né al passato, né al presente, ma al futuro; la formazione è una attività sociale, di 88
confronto e di scambio. Certamente - pur tra contraddizioni - c’è uno sviluppo in avanti tra educazione classica, storicistica e attiva, ma è necessario andare avanti assumendo di ognuna gli elementi positivi e aggiungendo religiosamente valori. Nell’ educazione religiosa, cioè nella posizione di C., il punto di riferimento è la realtà di tutti che si fa realtà liberata mediante un atto religioso, il valore (etico) che è trasceso dall’aggiunta (religiosa); il tempo è il futuro che non si attende, ma è attuale, il conoscere è apertura alla realtà liberata e l’approccio al sapere è solo alla luce del valore. In questo quadro il fanciullo non è schiacciato sul /dal maestro, e non si identifica con lui, né con lo Spirito, né con la Storia, né con il gruppo sociale o la società nel suo complesso; il fanciullo oltrepassa l’adulto. Trascendenza e immanenza perdono di significato. Religione è dunque per C. spostamento oltre, “conferma della possibilità di altra realtà”, “fondamento di alterità” (RA 76), attenzione all’ intimità del singolo nella prospettiva dell’ apertura al Tu-Tutti e della costituzione dell’ Uno-Tutti. Senza apertura non c’è religione e senza apertura non c’è educazione. L’istituzionalizzazione della religione così come dell’educazione in dottrine (comunicazione verticale e autoritaria) piuttosto che in aperture di ricerca, in organizzazione burocratica piuttosto che in libero incontro omnicratico, in struttura gerarchica piuttosto che in centro, in attenzione all’ Uno piuttosto che ai Tutti è un atto irreligioso. Come la Chiesa come istituzione è contro la religione, così la scuola, come istituzione che facesse dipendere la formazione dall’ organizzazione e la cultura da ideologie di Stato e di gruppi, è antieducativa. Da qui la lunga battaglia di C. contro le egemonie di tutte le Chiese-istituzioni (Stato, Chiesa cattolica, Partiti, gruppi dominanti), la polemica contro la presenza di elementi confessionali nell’ insegnamento pubblico (a cominciare dall’ insegnamento della religione cattolica nella scuola statale a seguito del Concordato del 1929) e invece la proposta di una aggiunta religiosa nel senso di apertura alla trasformazione come modo d’essere aperto dell’educazione. La prospettiva di una scuola laica (e cioè popolare), aperta, non istituzionalizzata è perciò in C. essenzialmente una 89
prospettiva religiosa nel senso di contestazione della realtà limitata e annuncio di una nuova realtà, liberata. Scuola laica vuol dire tutt’altro che scuola agnostica o indifferente o conformista, ma rivoluzionaria e pluralista. “La scuola di tutti non deve rubare il futuro al fanciullo…. deve aprire il più possibile. Se il fanciullo in casa vede in atto un’educazione cattolica, protestante, liberale, socialista, in scuola trova altro, trova altri con altre idee e si forma aperto e rispettoso… Questo può avvenire nella scuola sia nell’ incontro con i compagni, sia nel modo di presentare lo studio, aperto e non dogmatico, sia nel favorire, con la guida degli insegnanti, lezioni costituite di libere discussioni”. ( EA2 390 ) Una scuola laica perché religiosa. E in maniera forse provocatoria e paradossale propone nel 1951, l’istituzione di un “liceo religioso” fondato sui valori, “con più insegnamenti anche per uno stesso valore, come quello estetico, sociale, religioso, sui quali molto contiamo per lo sviluppo di un’educazione che abbia il senso di ciò che è creativo e trasfigurativo con maggiore risolutezza e purezza” (AE 115-116). Nel 1966 in ‘Per un nuovo liceo’ non riprende la tematica del liceo religioso, e parla soltanto di licei classico, scientifico, magistrale, tecnico, professionale (PNL 10), a significare il carattere profetico della proposta: una scuola che vada oltre, che assuma il compito di opporsi e di trasformare, con Dio o senza Dio, ma nella compresenza, cioè nell’aggiunta che consuma i limiti. Il fanciullo può essere considerato solo vita e non altro, oppure esistenza con un livello di conoscenze e capacità che gli permettano di usufruire del mondo, oppure destinato ad una finalità oltre il mondo verso il valore, oppure infine protagonista di una umanità - società - realtà liberata (FLU 9). A queste concezioni corrispondono modalità educative dif90
ferenti: per il vivente l’addestramento, per l’esistente l’insegnamento dottrinale o scientifico - illuminista, per il fanciullo aperto ai valori da una parte una idea dell’educazione spiritualistica e storicistica, propria dell’idealismo ed una psicosociologica propria dell’attivismo, per il fanciullo protagonista l’educazione religiosa. Per l’educazione religiosa “il fanciullo va oltre i limiti di cui noi abbiamo coscienza e per cui soffriamo e che in quanto si prolungano nel fanciullo, stanno ancora in noi e dobbiamo instancabilmente liberarcene: l’educazione del fanciullo diventa nostra auto purificazione”. (FLU 9) Sullo sfondo altre categorie proposte da C. aiutano a capire le differenze: una escatologia trascendente è alla base dell’ educazione tradizionale, una escatologia immanente alla base dell’ idealismo e dell’attivismo, una escatologia presente alla base dell’ educazione religiosa; l’educazione può essere sacerdotale quando trasmette dottrine ad un fanciullo considerato catecumeno in un rapporto maestro/fanciullo di tipo gerarchico oppure democratica quando esalta il ruolo del fanciullo e la sua libertà come nell’attivismo, ma il limite dell’attivismo è proprio la democrazia come riferimento esclusivamente politico, dove l’ educazione religiosa guarda all’ omnicrazia. L’intreccio Religione/Filosofia/Educazione è un passo da ‘Il problema religioso attuale’ e chiarisce l’intreccio Religione/ Filosofia/Educazione: “Finora gli uomini non hanno avuto che due direzioni al loro agire, la trascendenza e l’immanenza… Hanno agito sentendosi guardati da un occhio onnipresente dal cielo … questo mettere due piani spazialmente e temporalmente distinti genera la trascendenza… Noi possiamo togliere quel piano superiore, non conoscere se non questo piano del mondo 91
…, ma questo che è il piano dell’immanenza viene spesso inteso come eliminazione della tensione ideale… Un terzo modo è quello che si potrebbe chiamare non trascendente, ma trascendentale o di tramutazione religiosa: la realtà autentica non è quella staccata spazialmente e temporalmente da questa o fusa con questa; ma quella aprentesi in questa stessa, valore che si attua qui, e tramuta tutto”. (PRA 69) Dal punto di vista educativo pertanto sono diversamente ma egualmente insufficienti le concezioni che assumono dogmaticamente valori e concezioni e quelle che subordinano i valori all’ adattamento o alla conoscenza o allo sviluppo sociale. L’ educazione è sempre una educazione come produzione di valori: “Il metodo educativo deve stabilire una prospettiva secondo i valori, perché deve far sentire, attraverso il maestro, la differenza tra rifare la realtà e rifare i valori” (AE 122). “Più di tutti ci ha educato chi ci ha dato l’impressione pura di un valore e chi ci ha fatto sentire la netta distanza da una realtà più vera”. (AE 44-45). Da qui nasce l’identità del maestro come profeta. Quando fu allontanato dalla Scuola Normale Superiore di Pisa, per il suo troppo manifesto vegetarianismo, per la solidarietà con l’esule/obiettore di coscienza Claudio Baglietto e per il suo antifascismo, scrisse una lettera a Giovanni Gentile, direttore della scuola e promotore dell’ allontanamento nella quale “aggiunge” alcune riflessioni “non per l’impaziente funzionario, ma per il Maestro… che in tante occasioni ha dimostrato di rendersi conto e di comprendere 92
anche punti di vista modesti, di amarli quasi, perché a quella angusta persuasione la propria non restasse estranea...”. (NSC, 28) In effetti Gentile è stato un ascendente sempre riconosciuto da C. che nel riepilogo della sua vita pone “la teogonia dell’ atto gentiliano” tra le tre vicinanze culturali a fianco della “filosofia etica del Kant” e ai “temi morali” di alcune figure del primo ventennio [ del Novecento ]: Michelstaedter, Boine, Clemente Rebora”. (LMN 49-50) E lo stesso fondamentale avvicinamento di C. a Gandhi è dovuto o almeno favorito dalla traduzione della autobiografia promossa ed entusiasticamente introdotta nel 1931 proprio da Gentile. La riflessione di C. assume l’attualismo come quadro di riferimento della sua riflessione filosofica, in particolare per quello che riguarda la teoria dell’atto e costanti nel tempo saranno i suoi rapporti - di consonanza e dissonanza teorica - con il cosiddetto attualismo di sinistra: in parte Ugo Spirito e soprattutto Guido Calogero. Ma sulla concezione dell’educazione a cui Gentile aveva dedicato Il Sommario di Pedagogia nel 1913-14 la distanza è invece sostanziale. Per Gentile nello Spirito, nell’atto e perciò nell’ educazione maestro e scolaro sono uno. “Due spiriti, come due, non sono spirito …E allora convien dire che gli spiriti concorrenti nell’atto dell’educare o non sono spirito, o sono uno spirito unico. L’educatore, educando, si fa educatore: e questa è opera spirituale; l’educando, profittando dell’educazione, si fa educante. Lo scolaro, quando veramente apprende e freme e vibra nella parola del maestro, quasi sentendovi dentro suonare una voce che erompe dall’intimo del suo essere stesso, non guarda già e non vede gli occhiali o la barba del suo maestro, e la scranna su cui questi gli sta innanzi 93
seduto, e non ode nemmeno quella sua parola come la parola di un altro, ma è tutto nell’argomento della lezione, tutto il resto rimanendo riassorbito e fuso nella sua determinata soggettività. E pur se una mosca venga inopportunamente a rompere quell’equilibrio psichico su cui si regge l’attualità della sua attenzione presente, ossia del suo presente apprendere, egli si distrae; e allora si accorge che il maestro ha continuato a parlare, ed egli non sa propriamente di che. È proprio il caso di dire che quando l’uno dei due s’accorge dell’altro, questo è già sparito, perché non è più quello di cui egli s’accorge: lo scolaro pel maestro, il maestro per lo scolaro”. (Giovanni Gentile Sommario di Pedagogia 1913-14) Ed è evidente che se questa è la teoria gentiliana, la pratica della scuola gentiliana ha ricondotto ad uno, maestro e allievo, ma nel maestro e non certo nell’allievo. Radicalmente opposta la posizione di C. che - riprendendo anche le riflessioni più teoriche di Guido Calogero ne La scuola dell’uomo, 1939 a cui dedica una lunga recensione nel 1940 - rivendica con forza la distinzione tra maestro e allievo, affinché l’allievo cresca e si sviluppi ovvero sia si “liberi nell’ uomo”. Il maestro nella sua dimensione orizzontale è l’insegnante e nella sua dimensione verticale sacerdote oppure profeta. Il sacerdote, proprio della educazione tradizionale classica, trasmette dall’alto dottrine. Il profeta invece è colui che annuncia nella realtà limitata la possibilità della realtà liberata, che vive e vede i limiti e tende alla sua autopurificazione, apre alla realtà di tutti che può consumare i limiti verso la realtà liberata; rispetto al maestro 94
profeta il fanciullo è oltre, è nella realtà liberata e in questo senso illumina il maestro; il maestro è il momento profetico dove il fanciullo è il momento della liberazione. Il maestro si rapporta alla profezia a partire dalla realtà limitata come l’educando alla realtà liberata: tra i due c’ è una differenza qualitativa; una vera comunità in cui entrambi possono convergere si ha solo quando “l’educatore sente una netta distinzione tra sé e l’educando” (FLU 35). “Insegnante e profeta debbono convergere nel maestro concreto, che deve, insieme con il sapere, avere una persuasione dei valori e una realtà di valore” (AE45). Quali sono allora i tratti del maestro che fa in sé la sintesi dell’insegnante e del profeta? 1. Vivere l’orizzonte di tutti; 2. Avere la consapevolezza (e la speranza) che il fanciullo può andare oltre il maestro; 3. Aver più interesse per le persone e i valori che per le cose e gli eventi; 4. Sentire coralmente il valore; 5. Praticare la comunanza come punto di partenza dell’educazione; 6. Sottomettere una impostazione economica e amministrativa ad una spirituale; 7. Considerare la scuola, il fanciullo, sé stesso come centro. (EA2 299-300) Dell’educazione attiva - che pure considera insufficiente C. condivide però l’apertura alla socialità, al gruppo di cui però dà una motivazione etica, religiosa e in qualche modo metafisica. L’uomo, infatti, è, come si è detto vita e poi esistenza e poi, quando si apre al mondo del valore presenza, cioè realtà effettiva, non fattuale, ma pienamente realtà, che si fonda sui valori; in quanto realtà forte e attuale la presenza si oppone alla pura idealità e alla pura possibilità; costituisce l’essere umano (e in qualche misura gli esseri viventi non umani) mediante la fondazione sul valore. La presenza individuale si rapporta al Tu e costituisce l’Io-Tu, al di fuori del quale 95
non c’è neanche il Tu; ma poiché nessuno può essere escluso dal rapporto, il rapporto dell’Io è con il Tu-Tutti. Il singolo si rapporta alla totalità che non è però né il Dio della trascendenza classica né lo Spirito o la Storia dell’idealismo in particolare storicistico nel quale il singolo e la sua “intimità” sono annullati, ma l’Uno -Tutti, la realtà di tutti. È questo il livello in cui si pone il fanciullo in formazione. L’ ulteriore aggiunta religiosa trasforma la presenza in compresenza, incontro attivo di soggetti, produttore di valore, consumatore della realtà limitata. “La compresenza nella sua intima unità di morti e di viventi preme sulla realtà così come è, la realtà della natura, della vitalità, della potenza. La compresenza assedia senza tregua questa realtà del mondo della natura, pervade e può anche fare trasformazioni totali”. (CMV 30) L’educazione perciò non ricalca, ma sovverte; il maestro profeta non guarda al passato e nemmeno al presente, ma al futuro (FLU 43, 55 EA2, 126), cioè al presente attivo nuovo (FLU 41), la scuola non è un apparato di riproduzione del consenso: “la scuola scende in polemica… con la società, stabilendo un dualismo dinamico tra gli ideali che essa pone liberamente e le chiusure e le futilità della vecchia società”. (AE132) È questo il senso dell’autonomia della scuola. Al dualismo dei soggetti implicati nella formazione (maestro/ fanciullo) si aggiunge il dualismo realtà fattuale/realtà liberata cioè realtà da consumare / realtà da produrre tramite i valori. Il dualismo che invece C. vuole superare è quello tra mezzi e fini: in educazione (come nella politica e nella ricerca della pace) già nei mezzi e nella loro purezza è presente il 96
valore del fine ed altrettanto nella impura strumentalità dei mezzi è presente l’impurezza dei fini: da qui anche la noncollaborazione, la nonmenzogna, la nonviolenza. Riprendendo la posizione di Gandhi per cui “il mezzo può essere paragonato a un seme, il fine ad un albero; e tra il mezzo e il fine vi è appunto la stessa inviolabile relazione che vi è tra il seme e l’albero”. C. sostiene: “Nella grossa questione tra il mezzo e il fine, la nonviolenza porta il suo contributo in quanto indica che il fine dell’amore non può realizzarsi che attraverso l’amore, il fine dell’ onestà con mezzi onesti, il fine della pace non attraverso la legge di effetto tanto instabile “Se vuoi la pace, prepara la guerra”, ma attraverso un’altra legge: “Durante la pace, prepara la pace”. (TN, 11-12). Come il metodo nonviolento è l’equilibrio di tecniche per la pace che siano nonviolente, così il metodo educativo è l’equilibrio con i fini di tecniche didattiche coerenti con i fini stessi: da qui la ripetuta diffidenza di C. verso le tecnologie didattiche in quanto tali, che perciò sarebbero meri strumenti, incoerenti, dipendenti da modelli di produzione autoritari, indifferenti ai valori, legati ad una “coscienza industrialemotoristica” (FLU 55). È necessario evitare di “essere troppo presi dai risultati” e di “ridurre gli educandi a questa misura” (FLU 49): in coerenza con questo principio forse è bene fare attenzione a contenere la quantità degli argomenti di studio e a valutare positivamente la riduzione delle ore di insegnamento. La Nonviolenza come metodo non è un mezzo e neanche un fine in sé, separato: pertanto più che Educazione alla Nonviolenza, è bene parlare di Educazione nella Nonviolenza 97
o di Educazione nonviolenta. Nella prospettiva di una scuola di pace, concretamente è necessario: 1.“guarire testi e programmi da ciò che vi è ancora di nazionalistico, di imperialistico anche, di mistica guerriera”; 2. Presentare nella storia gli sforzi cooperativi oltre i contrasti bellici; 3. Modificare la periodizzazione dell’insegnamento lasciando all’ ultimo anno gli avvenimenti dell’ultimo secolo; 4. Favorire una visione internazionale delle condizioni, degli atti, delle culture, perché “le frontiere vanno superate, e la parola “straniero” è da considerare come appartenente al passato. Ogni comunità vive nell’ orizzonte di tutti”. (EA1 278) Nel passaggio tra prassi e teoria e tra teoria e prassi C. non si dimentica della concretezza della vita scolastica e delle condizioni anche organizzative e gestionali dei processi educativi: a queste tematiche è dedicata una buona parte di Educazione aperta, anche se riferimenti appaiono un po’ ovunque. Così, una volta affermata l’ autonomia della scuola, è poi necessario individuare le modalità operative della sua indipendenza: 1. attribuire allo Stato competenze pratiche per i bisogni della scuola, senza possibilità di intervento sul carattere e l’ indirizzo dell’ insegnamento, in coerenza con la Costituzione 2. “assicurare piena indipendenza agli insegnanti: essi non sono funzionari, ma liberi costitutori di cultura” 3. Assicurare nella scuola un clima di libertà (AE 132). E’ questo il senso della scuola pubblica e laica che deve garantire ad ogni uomo e ad ogni donna di: 1. saper leggere e scrivere 2. poter leggere libri e giornali 3. imparare una professione 4. sviluppare intelligenza e capacità di creazione culturale (GS 1961). 98
E così nell’ impostare la scuola del futuro bisognerà tenere conto concretamente in particolare del carattere dialogico del rapporto educativo che deve conformare l’atteggiamento degli insegnanti, dello spazio da garantire alle interpretazioni oltre le dottrine, del rispetto del tempo libero, dell’ orizzonte omnicratico della formazione, delle possibilità dell’autogoverno, degli spazi e delle architetture, del rallentamento del ritmo ( ridurre gli argomenti e contenere le ore di insegnamento), dell’ educazione bi o plurilingue. Soprattutto però bisognerà tenere conto di “una realtà liberata che ha come suoi antesignani proprio i fanciulli” (EA2 123 ). Un pensiero così articolato e complesso non poteva che dar luogo a interpretazioni e sottolineature diverse, tanto più che si tratta di un pensiero in azione di cui per fortuna da parte di molti si vuole non solo ricostruire le motivazioni e le ascendenze, ma anche praticare le valenze. Oltre il quadro generale degli studi su C. ricostruito da Alberto De Sanctis ( 2007) e da Mario Martini ( 2008) , vanno affiancate le analisi degli studi specificamente dedicati alla pedagogia, in particolare fino al 2005 elaborate da Massimo Pomi (2005 e AE 2010 ) e Caterina Foppa Pedretti (2005). In molti, a cominciare dagli amici e dagli interlocutori più vicini, hanno segnalato il carattere di testimonianza dell’esperienza educativa (pratica e teorica di C.): non uno sminuire la dimensione di ricerca e elaborazione intellettuale ma vederne l’incardinamento in uno stile di vita, la conferma in atteggiamenti, decisioni, rinunce: così Andrea Canevaro (1969), Lamberto Borghi (1975), Vittorio Telmon (1991), Aldo Visalberghi (1998). Di una testimonianza insieme personale e culturale parla Angelo Savelli (1977) per il quale la prospettiva di C. è quella di “vivere, in noi e nei rapporti con gli altri la tensione ai valori, portandoci già, con la nostra prassi, in una realtà altra da questa e così affermando con il nostro impegno, facendo già esser, qui ed ora, quell’altra 99
realtà della quale diamo la disdetta a questa; ma diamo la disdetta operandoci dentro” . (MAC 373-374). Giovanni Maria Bertin (1968) rileva in C., in continuità/ discontinuità con Suchodolski, l’esigenza di anticipare il futuro nel presente dell’ educazione, tema ripreso da Tiziana Pironi (1991) che definisce quella di C. una Pedagogia del nuovo; di formazione dell’ uomo nuovo parla Livia Romano (2015); il tema della profezia, messo in rilievo non solo in ambito pedagogico da Norberto Bobbio (che a proposito della “tramutazione” parla di “profetica opera di educazione civile, morale e intellettuale”) e da Andrea Canevaro (che evidenzia in C., oltre l’ intreccio di riflessione e testimonianza), è ripreso, tra gli altri da Giacomo Cives (2000), Massimo Pomi (2005), Caterina Foppa Pedretti (2005), Elisa Maiorca (2011). All’ educazione nonviolenta e alla pace fa naturalmente riferimento un gruppo consistente di studiosi: Remo Fornaca (1982), Nicola Martelli (1988), Roberto Farné (1989), Fabrizio Truini (1989) (per il quale “in C. educatore e nonviolento convergono fino a identificarsi: il nonviolento offre il più alto e completo esempio di educazione; l’ educatore non può non aprirsi alla Nonviolenza”), Emilio Butturini (1993), Massimo Catarci (2007), Stefano Salmeria (2011) che collega il tema della pace a quello del dialogo; Roberta Facicchio (2018) infine significativamente sottotitola un suo studio “Educare ed imparare come e per la nonviolenza”. La convergenza di profezia e nonviolenza è con forza richiamata da Rocco Altieri (2000) che definisce la Nonviolenza una prassi educativa “suscitatrice di insoddisfazione verso le realtà di ingiustizia e di morte, e di tensione a creare una realtà nuova, aperta a tutti nella creazione dei valori”. La dimensione politica del cambiamento è richiamata da Franco Cambi (1980) che esalta il carattere di antifascismo della Pedagogia di AC, da Elisa Maiorca (2011), da Claudia 100
Secci (2012) con particolare riferimento all’ educazione continua e degli adulti. La dimensione religiosa come costitutiva della tensione educativa è richiamata in particolare da Massimo Pomi (2005 e 2010), che ritiene religione, critica, profezia e utopia i temi fondanti e Piergiorgio Giacché (2008); al nucleo profondo della posizione filosofico-religiosa riconducono infine l’educazione Steliomaria Martini (1975) e Antonio Vigilante (2011) che fanno riferimento rispettivamente alla compresenza e all’ apertura. C. ha in mente una scuola aperta, fondata sui valori, sul metodo piuttosto che sulle tecniche, dialogica, antagonista alla realtà effettuale, non sacerdotale, ma profetica, nonviolenta, luogo dell’aggiunta, centro, spazio prima per la cultura e poi per l’organizzazione, libera e liberante, non pesante quanto a argomenti di studio e tempi, sobria, dove ci sia posto per l’ascolto e la parola di tutti e per il silenzio. “Nel silenzio anche altri passano alla vita religiosa del tu, si educano al di più, si danno alla libera aggiunta. Non in una trasformazione spettacolosa, in un rumore di elementi meteorologici o storici, oggi avviene il passaggio di singoli, in qualsiasi situazione storica la loro anima viva, alla libera aggiunta. Nel silenzio, da cui verrà fuori tutta una nuova vita, tu ora e qui ti poni accanto” . (VR 113) “Le parole possono essere poche, purché l’animo sia rivolto al tu e aperto infinitamente”. (RA 9) “La compresenza è luce festiva sulla vecchia realtà, è silenzio positivo, apertura nuova, aggiunta indescrivibile …Il silenzio è depuramento dei rumori soliti, fiducia di trovare un ordine maggiore, una compostezza nuova, un 101
orizzonte più largo: il silenzio è scelto, piuttosto che dire o eseguire un rumore che potrebbe essere indegno del sacro della festa; il silenzio è preparazione” . (CMV 285-287) Si tratta di tre riflessioni rispettivamente del 1942, del 1953 e del 1966 tratte da tre opere fin dal titolo di carattere religioso. C. riprende poi il tema del silenzio nell’ ultimo saggio contenuto in Educazione aperta (1968): “Pedagogia del silenzio” dove richiama le tradizioni induista e buddista, i profeti ebrei Abacuc e Zaccaria, il poeta tedesco Gerard Terseegen, Gandhi, Meister Eckhart, George Fox e i quaccheri, i pedagogisti, Eduard Claparède, John Dewey, Giacomo Tauro, ed infine Maria Montessori : è un tema che dunque lo coinvolge e che può essere emblematico del nesso Religione /Educazione e del senso dell’ educazione nuova che va oltre. Da tutti assume, ma poi aggiunge: il silenzio non può essere strumento di punizione, ma luogo di apertura, il silenzio crea fraternità, aiuta a disciplinare il proprio io e ad ascoltare, si fonde con il raccoglimento, rende possibile l’unione con tutti (anche con i morti nel cimitero) è una forza etica. Il silenzio è perciò educazione anche oltre (ma assolutamente non contro) il silenzio come disciplina del discorso di Claparede e la “lezione del silenzio” della Montessori. Abbiamo visto sommariamente il passaggio dall’ esistenza alla vita alla presenza (con l’aggiunta etica dei valori) alla compresenza (con l’aggiunta religiosa) verso la realtà di tutti e la realtà liberata; nella compresenza hanno cittadinanza i tutti dove il fanciullo rappresenta la realtà liberata, “preannuncio di una nuova specie umana, di nuova struttura, i cui valori saranno più dispiegati e la struttura più all’altezza di essi”. (AE 87) Il livello più alto e pieno della compresenza è la compresenza dei morti e dei viventi. 102
“Quando Gesù soffrì sulla croce e chinò alfine la testa, la compresenza disse: “È mio”. E così il nonviolento persuaso della compresenza, grato di ciò che ha ricevuto, e umile per l’avvenire, non sa (ed è un gran bene che non lo sappia) se anche per lui, come per gli altri, la compresenza dirà: “E’ mio”. ( PT 448 ) Al morente e al morto il persuaso potrà mandare un saluto. “A te, che sei oggi davanti a noi come morto, porgiamo un saluto di gratitudine per tutto ciò che hai dato da vivo per tutto ciò che continuerai a darci in eterno. La tua parte c’ è sempre stata nella nostra vita e sempre ci sarà: sappi che ne abbiamo veramente bisogno. Tu hai incontrato il fatto della morte, come tutti gli altri che, morendo sono stati martiri, perché hanno testimoniato che esiste questo fatto. In ogni nostro dolore ti ricorderemo. E un giorno sarai visibile, non perché tornerai da una lontananza, ma perché finirà questa realtà che impedisce di vedere come tu vai avanti in una via di sviluppo e di miglioramento. Intanto, attuando valori saremo insieme e sempre più uniti. Noi ti parliamo in nome di tutti, oltre ogni distinzione e gruppo particolare. La bellezza della luce e di ogni lume acceso ci consola nel mondo, e più saremo certi che tu, nella compresenza di tutti, ci dai aiuto, più sarà per noi una festa”. (CMV 256) Ma questo è anche il saluto di apertura per il fanciullo che preannuncia la realtà liberata (EA 2 24) e per il profeta.
103
Si indicano i testi a cui si è fatto riferimento; le citazioni si riferiscono all’ ultima edizione.
104
APPENDICE AWAKENING Attivista verde Anonima What I have to say is very simple and is based on my direct experience, what I feel and what I live. It seems to me that nature invites us to explore a different path from the continuous, constant thinking, doing, programming, from the apparent complexity of life, just look at the peace that a tree emanates! Nature can make the mind relax from being almost always lost in a series of more or less imaginary problems, lost in a constant dialogue with itself, the typical voice that speaks in the head ... It gives us the opportunity to take a break from our world of concepts and structures and simply ‘be’. Only this, ‘to be alive, to be, full stop, to bring us back to what is most essential and simple in us. It is a way towards our simplicity. Almost all the people think they are ‘a unique case’, full of problems and difficult situations to sustain and then looking at a flower, a sky, the fallen leaves on the ground you realise that you simply are, like nature is. Without separation. Nature as presence in the ‘here and now’. Time stops, the essence emerges, the wonder and the mystery of being alive. Nature gives you its peace, you can understand how relaxed it is, even when it does not seem to be. When you walk in nature then honour it, honour it with your silence, with your being there. Listen and live the mystery. If emotions arise, fear, discouragement, restlessness, etc., leave them alone, let them express themselves while you rely completely on the power of nature. Everything seems to invite you to contemplation, to being. It is interesting to note how animals and plants do not seem to live through a projection of themselves, a mental image, like us human beings, therefore they do not need to prove 105
anything to anyone, they do not seek approval, recognition, applause, consent. In other words, this state is simply called ‘happiness’. The complete relaxation of everything. The simple and absolute ‘being’ without any description, without any ‘urgency’. It is an encouragement to rediscover your nonproblematic essence, simply happy with itself in the here and now. Satisfied in full of existing, it does not look for anything. It is his own light. It seems to tell you that the world is not hostile, in nature you are at home, it is only the little ‘me’, also called ego, that creates a complex and hostile world. Nature as life, as a world closer to the essence. You will surely have noticed the difference in vibrations between a walk in a forest and being in a shopping centre! Love for nature is like a rediscovery of beauty, of wonder. A way out of the small world of thoughts and a letting go into its beauty, its welcome, its miracle. For me, it works like a kind of therapy, a healing process from excessive and incessant thinking. Rely on contemplation and feeling benevolence. Do not take the story of your life with you when you walk in a wood, forget and look, listen, breathe, be! It seems that we have forgotten to ‘be’, like the earth, plants animals: to be relaxed, to be oneself, to be where life is: here and now, infinite. Let’s unplug, even if only for a moment, from the train of thoughts, desires, of ‘to do’. There is the possibility of emerging from the limits of conceptualised thinking and participating in a broader connectivity, where everything is a single phenomenon of no divisions or limits. A simple walk in a wood can show you this way. It is a source of spiritual and contemplative nourishment not to be confused with a kind of passivity, anything but a profound and vital awakening of being, the wonder before creation. Living the miracle. 106
Looking at a tree, an animal, a sunset, listening to the wind, does not mean ‘thinking about it’, starting to describe emotions or making mental comparisons with something else, but simply perceiving, without words, observing its existence, to witness the mystery. When you look without describing, without labelling, you approach the mystery, you become aware of that dimension of being that can not be named, that dimension that escapes all the limits of words because it is impossible to define it with thought/words. What is common to all living beings, without distinction of race, colour, political affiliation, religion? The simple and miraculous being, the mere presence. Nature seems to constantly whisper this message. This peaceful quiet of nature evokes a memory of your true essence to re-emerge within you, something that you had forgotten. Feel how deeply rooted it is in Being - completely at ease with what it is and where it is. When you realise this, you too can rediscover that place of stillness deep within yourself. Nature teaches us unity, as I said, does not live through a mental image of itself, does not live divided between the observer and the observed. Therefore it does not try to defend or improve that image. A tree is itself, a flower is itself. They do not claim a separate identity, an I, a ‘me’, separate from the rest. The contemplation of nature can free us from the obsession with that ‘I’ ‘that we believe to be. Someone has rightly defined it as ‘the great troublemaker’. It is that separate ego (and in fact non-existent if not as a concept in the mind) that creates all the problems, which is constantly dissatisfied and always looking for something else. The beauty of listening: an immense and indescribable poetry, the language of birds, the rustle of leaves, the rain, the wind. Listen! Thought cannot understand the mystery! The mystery cannot be understood, it can only be lived. 107
The vibrant essence of an animal, the playfulness of a dog not hindered by wanting to be in any other way, while human beings are often lost in their worried thoughts, in other words, ‘not present’ in the only ‘place’ where they are: here and now. Ah, the mind ... it is not possible to perceive nature through thoughts, we cannot ‘think being, vitality, spontaneity’, we can only be so. This is just an invitation to leave spaces without thought, without mind, when you are in nature. It’s an invitation to a sweet surrender, a healthy letting go. Everything in nature is a bearer of mystery and peace, the tree in the garden, the seedling at home. They simply live in the essence of things. Do not describe them, do not label them, simply perceive their quietness. Beyond words and thoughts there is an open and unlimited intelligence, much larger than the human one. This intelligence allows everything to exist, everything you perceive is there thanks to this intelligence/ consciousness, the same that supports nature and all the rest. A vast field of ‘being’ where everything appears and disappears. Your breath is the breath of nature. When you become aware of it, a change of consciousness and perception of the world emerges a kind of healing from the intricate and confused world of the ego where everything seems to refer to ‘me’. The innocence of being in the world re-emerges without the story of ‘my life’, the wonder of existence, the lightness of being. As long as you are a prisoner of your thoughts and the mental image you have of yourself you cannot be truly free. Let nature teach you freedom, visit it often, honour it with your presence which is simply love. Our separation from nature is simply an illusion. Nature is us, rediscovering this identity would lead to the solution of many problems created by the human ego, first of all, the environment and the state in which it occurs. 108
There is a sense of amazement when you do not interfere with ‘I’ in nature. She does not ask you anything, try not to think too much, listen, look, be aware, be presence, leave the needs of your ego, do as if it did not exist at all. You’re nobody, you’re just presence. The stillness of nature, the stillness of being. Enter the mystery, the state of non-knowledge. Pure amazement, pure wonder.
109
APPENDICE TRADUZIONE ITALIANA PASSEGGIANDO IN NATURA Quello che ho da dire è molto semplice ed è basato sulla mia esperienza diretta, ciò che sento e che vivo. A me sembra che la Natura ci inviti ad esplorare una via diversa dal continuo, costante pensare, fare, programmare, dalla apparente complessità della vita, basta guardare la Pace che emana un albero! La Natura può far si che la mente si rilassi dall’essere quasi sempre persa in una serie di problemi più o meno immaginari, persa in un costante dialogo con se stessa, la tipica vocina che parla nella testa... Ci dà l’opportunità di prendere una pausa dal nostro mondo di concetti e strutture e semplicemente ‘essere’. Solo questo, ‘essere vivi, essere, punto’, riportandoci a ciò che di più essenziale e semplice c’è in noi. E’ una via verso la nostra semplicità la nostra a-problematicità. Si pensa sempre di essere ‘un caso unico’, pieno di problemi e di situazioni difficili da sostenere e poi guardando un fiore, un cielo, le foglie cadute per terra ti rendi conto che semplicemente sei, come la Natura è. Senza separazione. Natura come presenza nel ‘qui ed ora’. Il tempo si ferma, l’essenza emerge, lo stupore e il mistero di essere vivi. La Natura ti trasmette la sua quiete, riesci a capire quanto sia rilassata, anche quando sembra non esserlo. Quando cammini nella Natura quindi, onorala, onorala con il tuo silenzio, con il tuo essere li. Ascolta e vivi il Mistero. Se delle emozioni si manifestano, paura, sconforto, inquietudine ecc..., lasciale stare, lasciale esprimere mentre ti affidi completamente al potere della Natura. Tutto sembra invitarti alla contemplazione, all’essere. E’ interessante notare come animali e piante non sembrano vivere attraverso una proiezione di se stessi, un’immagine 110
mentale, come noi esseri umani, non hanno quindi il bisogno di dimostrare niente a nessuno, non cercano approvazione, riconoscimento, plauso, consenso. In altri termini questo stato si chiama semplicemente ‘Felicità’. Il completo rilassamento di tutto. Il semplice ed assoluto ‘essere’ senza nessuna descrizione, senza nessuna ‘Urgenza’. È un incoraggiamento a ritrovare la tua essenza a-problematica, semplicemente contenta di Se Stessa nel Qui ed Ora. Soddisfatta in pieno di esistere non cerca Niente. E’ la sua stessa Luce. Sembra dirti che il Mondo non è ostile, nella Natura sei a casa, è solo il piccolo io, detto anche ego, che crea un mondo complesso e ostile. Natura come vita, come mondo più vicino all’essenza. Avrete sicuramente notato la differenza di vibrazioni tra una passeggiata in un bosco e lo shopping in un centro commerciale! L’Amore per la Natura è come una riscoperta della bellezza, della meraviglia. Un meravigliarsi, un uscire fuori dal piccolo mondo dei pensieri, e lasciarsi andare alla sua bellezza, alla sua accoglienza, al suo miracolo. Per me funziona come una specie di terapia, un processo di guarigione dall’ eccessivo e incessante pensare. Affidarsi alla contemplazione e sentire la benevolenza. Non portarti dietro la storia della tua vita quando cammini in un bosco, dimentica e guarda, ascolta, respira, sii! Sembra proprio che ci siamo dimenticati di ‘essere’, come la terra, le piante gli animali: essere rilassati, essere se stessi, essere dove è la vita: qui e ora, infinita. Proviamo a staccare la spina, anche solo per un attimo, dal treno dei pensieri, dei desideri, del ‘da fare’. Esiste la possibilità di emergere dai limiti del pensiero concettualizzato e partecipare ad una più ampia connettività, dove tutto è un Unico Fenomeno di senza divisioni o limiti. Una semplice Passeggiata in un Bosco può indicarti questa Via. E’ una Fonte di Nutrimento Spirituale e Contemplativo, 111
da non confondere con una sorta di passività, tutt’altro, un risveglio profondo e vitale dell’essere, la meraviglia di fronte alla creazione. Vivere il miracolo. Guardare un Albero, un Animale, un Tramonto, ascoltare il suono vario del Vento, non significa ‘pensarci sopra’, cominciare a descrivere le emozioni o fare dei paragoni mentali con qualcos’altro, ma semplicemente Percepire, senza parole, osservare la sua Esistenza, assistere al Mistero. Quando guardi senza descrivere, senza etichettare, ti avvicini al mistero, diventi consapevole di quella dimensione dell’essere che non può essere nominata, che sfugge a tutti i limiti delle parole perché è impossibile definirla col Pensiero. Cos’è una Cosa Comune a tutti, ma proprio a tutti gli esseri viventi, senza distinzione di Etnicità, Colore, Appartenenza Politica, Religione? Il semplice e miracoloso ESSERE, la semplice Presenza. La Natura sembra sussurrarci costantemente questo Messaggio. Questa Pacifica Quiete della Natura fa sì che riemerga dentro di Te un ricordo della tua Vera Essenza, qualcosa che avevi dimenticato. Senti quanto profondamente sia radicata nell’ -Essere completamente al proprio suo agio con ciò che è e dov’è-. Quando ti rendi conto di questo, anche Tu puoi riscoprire quel posto di Quiete nel Profondo di te stesso, in contatto con l’Essenza della Totalità, dell’Amore. Una gioia semplice. La Natura ci insegna l’unità, come dicevo: non vive attraverso un’immagine mentale di se stessa, non vive divisa tra l’Osservatore e l’Osservato. Non cerca quindi di difendere o migliorare quell’Immagine. Un Albero è Se stesso, un Fiore è se stesso. Non rivendicano un’identità separata, un Io, un Me, separato dal resto. La Contemplazione della Natura può liberarci dall’ ossessione con quell’ ‘’io’’ che crediamo di essere, qualcuno lo ha definito a ragione, ‘il grande guastafeste’. E’ quell’io separato (e inesistente di fatto, se non come concetto nella mente) che 112
crea tutti i problemi, che è perennemente insoddisfatto e sempre alla ricerca di qualcos’altro. La Bellezza dell’Ascolto: una Poesia Immensa e Indescrivibile, il Linguaggio degli Uccelli, il fruscio delle Foglie, la Pioggia, il Vento. Ascolta! Il pensiero non può comprendere il mistero! Il Mistero non può essere compreso, può solo essere vissuto. La vibrante essenza di un Animale, la Giocosità di un cane non ostacolata dal voler essere in nessun altro modo, mentre spesso gli esseri umani sono persi nei loro pensieri, preoccupati, in altri termini ‘non presenti’ nell’unico ‘luogo’ dove sono: qui ed ora. Ah, la mente... non è possibile percepire la Natura attraverso i Pensieri, non si può pensare l’Essere, la Vitalità, la Spontaneità, si può solo esserlo.. Questo è solo un invito a lasciare degli spazi senza pensiero, senza mente, quando sei nella Natura. E’ un invito ad una dolce arresa, un sano lasciarsi andare. Tutto in Natura è portatore di Mistero e di Pace: l’alberello nel giardino, la piantina in casa.. Vivono semplicemente nell’essenza delle cose. Prova anche a non descriverli, non raccontarli, semplicemente percepisci il loro quieto esistere. Oltre le parole ed i pensieri c’è un’Intelligenza aperta e illimitata, molto più vasta di quella umana. Questa intelligenza permette a tutto di esistere, ogni cosa che percepisci è lì grazie a questa Intelligenza/Coscienza, la stessa che sostiene la Natura e tutto il resto. Un vasto campo di ‘essere’ dove tutto appare e scompare. Il tuo respiro è il Respiro della Natura. Quando ne diventi consapevole, emerge un cambiamento di coscienza e di percezione del mondo; una specie di guarigione e Guarigione dall’intricato e confuso mondo dell’Ego, dove tutto sembra far riferimento a ‘me’. Riemerge l’innocenza dell’Essere al Mondo senza la Storia della ‘Mia Vita’, lo Stupore dell’Esistenza, la Leggerezza dell’Essere. 113
Finché sarai prigioniero dei tuoi pensieri e dell’immagine mentale che hai di te stesso non potrai essere veramente libero: lascia che la Natura ti insegni la Libertà, visitala spesso, onorala con la tua presenza che del resto è semplicemente amore. La nostra separazione dalla Natura è semplicemente un’illusione. La Natura siamo noi: ritrovare questa identità porterebbe alla soluzione di molti problemi creati dall’Ego umano, primi fra tutti quelli dell’Ambiente e dello stato in cui versa. C’è un senso di stupore quando non si interferisce con l’ ‘Io’ in Natura; lei non ti chiede niente: cerca di non pensare troppo. Ascolta, guarda, sii consapevolezza, sii presenza, abbandona le esigenze del tuo Egotismo, fa come se non esistesse affatto. Non sei nessuno in particolare adesso che sei vivo e viva in connessione senziente, non essere egoista nell’ascolto, sei solo Presenza. La quiete della natura, la quiete dell’essere. Entra nel mistero, lo stato del Non-Sapere. Puro stupore, pura meraviglia.
114
RINGRAZIAMENTI Ringrazio la mia famiglia tutta, le professioniste ed i professionisti che mi hanno accompagnato in questo viaggio. Ringrazio la famiglia Fabietti, per la gioia di trattare temi importanti per la Vita. Ringrazio la famiglia Villari e Franchi per la cordialità senza tempo. Ringrazio Eugenio Fallarino e Manuela Fè per la loro amicizia e collaborazione. Ringrazio l’Associazione Artò di Terni e tutte le donne che collaborano ai suoi alti fini etici e pedagogici. Ringrazio la Cesvol per aver creduto in questa proposta Ringrazio Agostino, Roberto, Ale e Nene, Paola, Cinzia e Donatella, e tutte le amiche e gli amici che mi hanno sostenuto in questo potente viaggio: ringrazio i grandi e i piccoli Esseri Umani che sono stati con me, Liberi di esprimersi e saggi nel realizzare il loro sogni nel tempo.
115
INDICE Introduzione p.7 In viaggio nel sogno di Elena Bussolotti p.8 Capitolo I Appunti per una co-educazione gilanica Materiali e ipotesi di lavoro di Mario Bolognese p.34 Capitolo II Commento alla Laudato Si’ MAdre Terra, cuore dell’Enciclica Da una riduzione di Manuela Fè di uno scritto dell’Onorevole Grazia Francescato p.63 Capitolo III Maestria e profezia dell’educazione aperta di Aldo Capitini: esperienze educative e teoria pedagogica di Alberto Stella p.83 Appendice Awakening Attivista verde anonima p.105 Appendice Traduzione italiana: Passseggiando in natura
p.110
Ringraziamenti p.115
116