LA RAPPRESENTAZIONE E L'ESPERIENZA DI RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA NEL NON PROFIT Arianna Piacentini e Salvatore Fabrizio
realizzato dal Cesvol e dall'Università degli Studi di Perugia con il sostegno della Regione Umbria
sociale Centro Servizi per il Volontariato Perugia Terni
CESVOL EDITORE
LA RAPPRESENTAZIONE E L'ESPERIENZA DI RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA NEL NON PROFIT Arianna Piacentini e Salvatore Fabrizio
La rappresentazione e l’esperienza di responsabilità sociale di impresa nel Non profit a cura di Arianna Piacentini
realizzato dal Cesvol e dall’Università degli Studi di Perugia con il sostegno della Regione Umbria
EDIZIONE 2015
Cesvol Centro Servizi Volontariato della Provincia di Perugia Via Campo di Marte n. 906124 Perugia tel 075 5271976 fax 075 5287998 www.pgcesvol.net
Edizione Settembre 2015 Coordinamento editoriale di Stefania Iacono Stampa Digital Editor - Umbertide
tutti i diritti sono riservati ogni produzione, anche parziale, è vietata
La rappresentazione e l’esperienza di responsabilità sociale di impresa nel Non profit Prefazione p.5 Carla Casciari Introduzione p.7 Ambrogio Santambrogio 1. Finalità ed obiettivi della ricerca
p.10
2. Metodologia utilizzata p.13 2.1. Il questionario p.14 2.2. I focus group p.16 3. Analisi dei risultati p.19 3.1. Quadro associativo p.21 3.2. Opinioni su prospettive e vantaggi della R.S.I. p.38 3.3. Esperienze: risultati prodotti e valutazioni p.41 3.4. Le partnership: elementi utili per attivarle, difficoltà proposte per superarle p.47 Postfazione (Considerazioni finali) Giancarlo Billi
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p.61
Gruppo di lavoro Ambrogio Santambrogio Direzione scientifica Salvatore Fabrizio e Arianna Piacentini Coordinamento, strutturazione questionario e stesura report Ugo Carlone Immissione ed elaborazione dati questionario Arianna Piacentini Conduzione e analisi focus group Luca Appolloni, Sara Belvedere, Katia Gammaidoni Organizzazione e assistenza focus group a Perugia, Castiglione del Lago e Foligno Referenti sede centrale e territori Cesvol Perugia Segreteria organizzativa, distribuzione e raccolta questionari
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Prefazione di Carla Casciari Il dibattito attorno al tema del welfare in questa fase storica di crisi e di ristrettezze finanziarie è molto acceso, ed è un fatto che il perdurare della crisi abbiamo messo in discussione tutto ciò che è stato fino ad oggi, incluso il modello di welfare europeo così come lo abbiamo inteso; ma è altrettanto vero che se le politiche di taglio della spesa pubblica non sono accompagnate da investimenti per lo sviluppo, il rischio che si corre è proprio quello di dover smantellare lo stato sociale per mancanza di risorse. L’Umbria e i suoi territori hanno dimostrato in questi difficili anni di saper mantenere alto il livello della coesione sociale, strutturando una rete intorno al cittadino e cercando di rispondere ai bisogni espressi dalla comunità. Insieme alle Istituzioni, il mondo del no profit è stato, ed è, parte attiva nelle azioni di inclusione sociale e ha saputo riconoscere i cambiamenti in atto e ripensare il proprio ruolo di partner nelle politiche di welfare. In questo senso la responsabilità sociale d’impresa diventa un tema di stringente attualità perché coglie non solo una strategia di massimizzazione dei risultati, ma anche un valore aggiunto nella programmazione e realizzazione degli interventi. La Regione Umbria investirà nei prossimi sette anni della Nuova Programmazione Comunitaria 2014-2020 una consistente quota del Fondo Sociale Europeo sul rafforzamento dell’economia sociale, come asse prioritario d’intervento, con gli obiettivi dichiarati di promuovere progetti e partenariati fra pubblico, privato e privato sociale finalizzati all’innovazio5
ne sociale, alla responsabilità sociale d’impresa e allo sviluppo del welfare di comunità. Esprimo il mio sincero ringraziamento al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Perugia e al Cesvol di Perugia per l’impegno profuso nella realizzazione di questa ricerca quale utile strumento di approfondimento e conoscenza della realtà sociale umbra. Carla Casciari Vice Presidente Regione Umbria
La presente pubblicazione è una ristampa di un lavoro di ricerca realizzato nel 2013, periodo in cui Carla Casciari, che firma la prefazione, era Vice Presidente Regione Umbria e Assessore Regionale al Welfare 6
Introduzione di Ambrogio Santambrogio La Responsabilità sociale di Impresa (RSI) è un tema di grande attualità anche per il mondo non profit. Per questo motivo è stata messa in campo la ricerca che si riporta nelle pagine seguenti, utile sia a fornire un quadro sistematico di come questo “strumento” viene utilizzato dal mondo del volontariato, sia a indicare scenari e sviluppi futuri per il variegato mondo del volontariato. In effetti, è possibile “fare welfare” seguendo diverse direttrici e partendo da prospettive che, se ben delineate e perseguite, possono costituire un valore aggiunto alle attività di chi ogni giorno si impegna nel sociale. Come si afferma in ambito europeo, infatti, le imprese, anche quelle non profit, possono e devono valorizzare le ricadute sociali ed ambientali di quanto fanno, tanto nelle operazioni che più ricordano un’ottica privata e di stakeholders, quanto in quelle che ne definiscono il carattere prettamente associativo e volontario, volto alla promozione di una società più giusta ed equa. Risponde molto bene a queste esigenze l’idea di ricerca-azione, che è stata seguita per questa ricerca, con la finalità generale di sensibilizzare il mondo non profit al tema e di fornire alcune fruttuose future piste di lavoro. L’analisi è stata condotta attraverso la somministrazione di un articolato questionario costruito da chi vive a contatto con le diverse organizzazioni; ha comportato un complesso lavoro di ideazione degli strumenti, di somministrazione e 7
registrazione in matrice dei dati raccolti, di elaborazione delle informazioni e della loro lettura complessiva; si è conclusa con l’organizzazione di alcuni focus group, che si sono rivelati di grande interesse: insomma, la ricerca ha seguito uno schema ben consolidato, che si è soliti seguire nella ricerca sociale e che ha portato ad un patrimonio informativo di indubbio valore. Ascoltare la “voce” (sia in termini di informazioni riportate nel questionario, sia, propriamente, durante i focus group) delle organizzazioni non profit umbre, o meglio, di un campione numericamente significativo di esse, ha permesso di mettere a fuoco il tema della RSI e di inserirsi a pieno titolo nel dibattito europeo su questo tema. All’indagine hanno partecipato organizzazioni e associazioni piccole e grandi afferenti al territorio della provincia di Perugia, con differenti mission e relativi settori di intervento, le quali hanno sottolineato il valore aggiunto della RSI in termini di opportunità, di sviluppo e, più nello specifico, di comunicazione e di progettualità, concretizzando forme di collaborazione con il mondo prettamente profit, consolidando rapporti fiduciari e permettendo uno sviluppo delle competenze. Come si intuisce dalla lettura delle pagine che seguono, la collaborazione tra profit e non profit si deve fondare su una “contaminazione di saperi, di competenze e pratiche”, che serve a mettere a frutto le rispettive potenzialità. Certo, dalla ricerca emerge anche la necessità di predisporre alcune condizioni necessarie per poter avviare percorsi di partnership soddisfacenti: poter contare su un flusso non sporadico di risorse economiche (tema certamente all’ordine del giorno per chiunque faccia impresa nel contesto italiano, anche per il non profit), 8
attivare forme di coordinamento e di legami stabili (e quindi una migliore organizzazione) e poter contare su un numero maggiore di volontari attivi sembrano essere presupposti necessari per una piena valorizzazione delle potenzialità presenti. Proprio in questa direzione si muoverà l’azione del CESVOL, così da trasformare le indicazioni della ricerca in concrete prospettive d’azione.
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1. Finalità ed obiettivi della ricerca Le comunicazioni della Commissione Europea definiscono la Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) come l’integrazione volontaria delle imprese delle preoccupazioni sociali ed ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con i vari portatori di interesse (stakeholders) Pur essendo denominata “d’impresa”, la responsabilità sociale non è un tema di esclusivo interesse delle imprese, tutt’altro; essa coinvolge direttamente anche coloro che, pur non facendone parte, sono in rapporto con l’azienda tant’è che il non profit supportando le iniziative di RSI può contribuire alla coesione sociale del contesto locale. Da qui nasce l’idea di realizzare una fotografia dinamica della fenomenologia della Responsabilità Sociale d’Impresa, scattata però dal punto di vista del volontariato. La prospettiva di esplorare il livello di rappresentazione di questo universo spesso poco definito e sfuggente da parte delle organizzazioni del non profit risulta particolarmente interessante non solo da un punto di vista prettamente sociologico e di analisi, ma soprattutto per il fatto di poter consegnare una segnaletica dettagliata e propedeutica alla attivazione di una serie di azioni e di interventi pensati per agganciarsi alle criticità ed ai limiti strutturali presenti e riscontrati nel target. Secondo il Libro Verde (2001) le imprese possono operare su due dimensioni, una interna ed una esterna, che racchiudono investimenti che hanno riflessi tanto sui dipendenti quanto sulla comunità e sull’ambiente esterno: - la dimensione interna comprende iniziative che con10
sentono di “gestire il cambiamento e di conciliare lo sviluppo sociale e una maggiore competitività” (gestione delle risorse umane, salute e sicurezza sul lavoro, effetti sull’ambiente) - la dimensione esterna comprende iniziative che si estendono “al di là del perimetro dell’impresa, integrando la comunità locale e coinvolgendo, oltre ai lavoratori dipendenti e agli azionisti, un ampio ventaglio di parti interessate” (comunità locali, partnership, diritti dell’uomo, ambiente) Scopo di questo lavoro, realizzato dal Cesvol e dall’Università degli Studi di Perugia con il sostegno della Regione Umbria, è ampliare lo stato delle informazioni attorno al tema della responsabilità sociale d’impresa insistendo su un aspetto specifico della dimensione esterna quello dei rapporti con la comunità ed in particolare sulla partnership tra profit e non profit. I rapporti con la comunità sono una sorta di ombrello sotto al quale si raccoglie un’ampia gamma di azioni relativi alle diverse aree aziendali e ai vari portatori di interessi, come ad esempio: le donazioni, la sponsorizzazioni, la cessione gratuita o a condizione di favore dei propri prodotti/servizi, l’utilizzo gratuito di attrezzature, l’acquisto di beni da soggetti che svolgono attività di interesse sociale, le partnership con enti non profit, l’adesione a programmi di solidarietà internazionale o a programmi che prevedono interventi umanitari di aiuto e sostegno, ecc. Nell’ambito delle partnership rientra una grande varietà di situazioni, diverse tra loro per coinvolgimento delle parti, benefici ottenibili e rilevanza strategica per l’impresa (ad esempio: erogazioni liberali, Iniziative di welfare aziendale, Cause Related Marketing,Valorizzazione 11
delle attività tipiche, Realizzazione di prodotti a valenza sociale e ambientale, Volontariato d’impresa) La collaborazione tra imprese e organizzazioni di volontariato permette un vantaggio tanto per l’impresa profit (valorizzazione dell’immagine aziendale; incremento di fiducia e di reputazione nei rapporti con i propri stakholders, aumento di motivazione, dialogo e coinvolgimento dei propri dipendenti e collaboratori) quanto per l’associazione non profit (contare su maggiori risorse umane e finanziarie, miglioramento di un approccio manageriale dell’organizzazione; miglioramento in termini di gestione, organizzazione e comunicazione all’interno dell’associazione producendo così un impatto maggiore sul territorio nel quale si opera). La collaborazione/condivisione di un progetto/partnership tra imprese e associazioni di volontariato è in grado di offrire delle opportunità di fundraising interessanti perché permette di destinare le risorse già impregnate in modo più efficace, costruttivo e continuativo. Tanto le imprese quanto le associazioni sono perlopiù discontinue: le imprese sono protagoniste di una beneficienza occasionale e le associazioni di volontariato destinano prevalentemente le raccolte fondi per il pagamento di costi di gestione e/o costi fissi. La RSI permetterebbe invece di vedere le imprese direttamente coinvolte in un progetto di attività dell’associazione.
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2. Metodologia utilizzata La ricerca che qui presentiamo si configura in realtà come una ricerca-azione orientata a prendere in esame non solo il punto di vista delle associazioni sul tema della rsi così da individuare ed evidenziare una serie di elementi conoscitivi utili alla pianificazione e programmazione delle attività L’obiettivo ultimo è quello di creare un percorso di sensibilizzazione e contestualmente un programma di azione: diffondere la conoscenza sulla RSI ed attivare contestualmente un punto informativo e di orientamento e dei percorsi formativi. La presente ricerca ha voluto: - rilevare la conoscenza e l’interesse delle associazioni di volontariato alla tematica della RSI - realizzare una ricognizione di esperienze di responsabilità sociale sperimentate da associazioni - rilevare le strategie comunicative e le fonti di finanziamento delle associazioni - evidenziare le condizioni che innescano, facilitano e ostacolano la capacità dell’associazionismo locale di attivare partnership con le imprese locali - identificare i fabbisogni e le percezioni che hanno le associazioni di volontariato rispetto ad eventuali partnership con le imprese locali La ricerca, allo scopo di scattare una fotografia dinamica della fenomenologia della r.s.i. dal punto di vista delle associazioni, ha rintracciato la conoscenza la prassi e le pratiche connesse alla RSI, secondo due differenti approcci (uno quantitativo e 13
l’altro qualitativo): - analisi di un campione di associazioni mediante la somministrazione di un questionario, così da avere un quadro conoscitivo sul tema R.S.I. - approfondimento tematico mediante l’utilizzo dei focus group al fine di rilevare tutta una serie di caratteristiche metodologico-operative scaturenti dal vissuto delle associazioni. Nello specifico: evidenziare i diversi tipi di rappresentazione della RSI, far emergere l’orientamento verso il lavoro in rete, conoscere le dinamiche e la prassi nella raccolta fondi, avere suggerimenti e indicazioni circa le future attività da programmare e attivare 2.1.Il questionario Il questionario utilizzato per la raccolta delle informazioni è suddiviso in quattro parti ognuna delle quali raccoglie le domande attorno a un tema rilevante per la comprensione dell’orientamento delle associazioni riguardo la RSI. La prima parte del questionario è dedicata alla raccolta delle informazioni utilizzate per delineare il profilo delle associazioni aderenti alla ricerca. In particolare l’attenzione è focalizzata attorno a: caratteristiche dimensionali, territorio di appartenenza, anno di costituzione, numero dei soci, ecc. La seconda parte è orientata alla rilevazione di benefici, ostacoli e condizioni delle pratiche di RSI realizzate dalle associazioni analizzate La terza parte del questionario è volta a conoscere gli aspetti organizzativi e le diverse modalità di raccolta fondi sviluppate dalle associazioni . La quarta parte del questionario, rivolta esclusivamente a 14
quelle Associazioni che nel 2012 rientravano nell’elenco dei beneficiari del 5 per mille, ha voluto raccogliere informazioni in merito all’attività di comunicazione effettuata direttamente dall’associazione Al fine di valutare la validità e l’adeguatezza dello strumento utilizzo per l’indagine, quindi i criteri di validità del questionario autosomministrato (chiarezza, modalità di risposta, facilità di interpretazione, formato di domande e risposte, ecc.), e prima di somministrare il questionario al campione di riferimento, è stato organizzato uno studio pilota volto proprio ad analizzare e/o ottimizzare gli items del questionario. La ricerca è stata realizzata nell’arco del secondo semestre del 2013 ed ha visto la somministrazione di un questionario strutturato ad un campione estratto dalla banca-dati Cesvol, nello specifico la possibilità di prendere parte alla ricerca è stata offerta ad oltre 250 associazioni di volontariato, oltre 170 associazioni di promozione sociale ed oltre 150 associazioni iscritte nell’elenco del 5x1000; al termine del processo di raccolta dei questionari (settembre 2013), 179 associazioni hanno volontariamente accettato di aderire alla ricerca sottoponendo un membro della propria associazione alla somministrazione del questionario. Da rilevare che non tutte le associazioni che sappiamo essere attive sul tema della responsabilità sociale d’impresa hanno risposto al questionario. I risultati emersi dal presente lavoro non vantano, dunque, alcuna pretesa di rappresentare l’intero panorama delle prassi di collaborazione tra profit e non profit attive nel territorio di 15
riferimento quanto piuttosto di centrare l’attenzione attorno ad una serie di tematiche rilevanti. 2.2.I focus group A partire dalle informazioni emerse dal questionario si è ritenuto necessario effettuare un’indagine di approfondimento che fosse in grado di offrire nuove informazioni, di esplicitare i ragionamenti e le modalità di risposta dei rispondenti. Come strumento in grado di dare risponde a queste esigenze è stato scelto il focus group, che nella sua dimensione collettiva permette di ottenere un giudizio articolato e consente di capire in profondità le motivazioni e le ragioni legate a particolari atteggiamenti ed opinioni. Nell’ambito del presente lavoro l’impiego dei focus group arriva dunque nella fase di valutazione dei risultati ottenuti con lo strumento del questionario, consegnando un prezioso feedback a supporto dell’interpretazione dei dati emersi dal questionario ed apportando argomentazioni supplementari ai contenuti della ricerca. Sono state 25 le associazioni coinvolte nell’organizzazione dei focus group; complessivamente attraverso i tre focus realizzati sono state coinvolte 16 persone. Le 16 persone che hanno deciso di partecipare al focus group hanno composto tre gruppi numericamente simili ma diversi per caratteristiche; i focus group sono stati infatti realizzati con tre gruppi target diversi (organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, associazioni afferenti all’elenco dei beneficiari del 5x1000) ed in tre contesti territoriali diversi (Castiglione del Lago, Perugia, Foligno). 16
I partecipanti sono stati reclutati attraverso un campionamento a scelta ragionata, cioè di tipo non probabilistico, che ha permesso di coinvolgere tipologie differenti di soggetti. Sono stati individuati territori significativi rispetto sia ai target group sia ai temi oggetto della ricerca. Per ciascuno dei 3 gruppi target sono stati individuati alcuni “testimoni privilegiati” scelti in parte per l’attività svolta, l’esperienza e la competenza ed in parte per il potenziale sviluppo nel percorso previsto nel progetto. Per la conduzione del focus group è stata predisposta una traccia di lavoro predefinita con un insieme di spunti orientati alla raccolta delle opinioni dei partecipanti riguardo la RSI, prestando particolare attenzione a comprendere le motivazioni e le eventuali barriere che ostacolano lo sviluppo di una partnership ed a registrare indicazioni e bisogni perché avvenga uno sviluppo in questa direzione. Nello specifico, dopo una breve presentazione del progetto, della modalità di conduzione e delle regole di comunicazione da parte del facilitatore, ciascun focus group si è articolato in una prima parte incentrata sul libero flusso di indicazioni da parte delle associazioni sulla loro attività; la seconda parte aveva l’obiettivo di creare, sulla base di input degli organizzatori e dei feed-back espressi dalle associazioni, una scala di priorità dei temi per quello che riguarda la creazione di partnership e l’utilizzo di raccolte fondi rete atte a fornire un quadro conoscitivo quanto più approfondito delle priorità anche in chiave di lavoro di rete Nel corso dell’incontro i partecipanti di ciascun gruppo sono stati invitati ad esprimere la propria opinione e a discutere su alcuni temi; il livello di partecipazione e di interazione fra le 17
persone è stato alto e tutti i presenti sono sempre intervenuti, ascoltandosi reciprocamente. E’ da sottolineare che si tratta di materiale raccolto attraverso una tecnica di ricerca di tipo qualitativo che risponde all’esigenza di indagare e approfondire i differenti punti di vista dei soggetti su un determinato argomento, senza pretesa di esaustività o rilevanza statistica.
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3. Analisi dei dati La presente lavoro non guarda solo agli esiti di attivazione di partnership e quindi a conoscere i numeri, il come, il dove, con chi, i riscontri tra aspettative e risultati; ma, perfettamente in linea con gli obiettivi della ricerca-azione, guarda anche alle modalità organizzative, alle opinioni e alle proposte espresse dalle associazioni al fine di prefigurare una mappa di riferimento per chiunque avesse esigenza, voglia, curiosità di conoscere le caratteristiche dell’associazionismo ma in particolare per poter programmare azioni e programmi. Il quadro che emerge dalla nostra analisi può indurre a riflettere sulle logiche che presiedono alle scelte delle associazioni di attivare una partnership, che può significare collocarsi in una prospettiva di maggiore visibilità nel rispetto dei requisiti e delle finalità che ciascuna Associazione ha adottato in origine. In questa sede l’obiettivo rimane la costruzione di un quadro di insieme dal quale cogliere la rappresentazione e l’esperienza di azioni di responsabilità sociale da parte delle associazioni attraverso l’analisi di aspetti/tematiche descrittive di questa realtà. Il panorama che si ricava dai dati raccolti ed elaborati con la metodologia sopra esplicata può presentare qualche discordanza rispetto a singoli dati di personale conoscenza di qualche lettore; tuttavia le linee di tendenza, la distribuzione territoriale, la differenziazione di specifiche tematiche ci restituiscono una fotografia chiara della situazione. I dati che vengono di seguito presentati sono stati organizzai in tabelle e grafici per offrire risposte ad una serie di domande che partendo da quella fondamentale coincidente con l’obiet19
tivo principale dell’intera ricerca (vale a dire quale è la rappresentazione che hanno le associazioni in tema di responsabilità sociale d’impresa e quale è stata la loro esperienza a riguardo) consentisse anche di visualizzare contemporaneamente caratteristiche, modalità e dimensioni organizzative dell’associazionismo. La relativamente bassa numerosità del campione non ha consentito la elaborazione statistica dei dati ottenuti ma solo una elaborazione di tipo matematico. In ragione della oggettiva limitatezza dei questionari analizzati, le acquisizioni vanno intese in termini del tutto preliminari e tendenziali; pertanto, non esaustivi della prevedibile complessità del quadro provinciale considerato nel suo complesso. I risultati, tuttavia, forniscono, alcune rilevanti suggestioni ed indicazioni operative per ulteriori ed auspicabili approfondimenti sul tema. Si è scelto in questa sede di presentare i dati in due distinti ma complementari piani di analisi: inizialmente l’aggregazione dei dati emersi dai risultati dei questionari ed il calcolo di valori caratteristici (valori assoluti e distribuzioni percentuali), che permette di mettere in evidenza alcune caratteristiche principali che descrivono in modo sintetico il pensiero e l’esperienza sul tema; di seguito, laddove i dati manifestano valori interessanti, gli aspetti e le questioni rilevanti e rilevate mediante la tecnica del focus group. Dunque alla tradizionale rappresentazione dei dati statistici emersi con il metodo quantitativo del questionario si affiancherà un tipo di analisi che non opera una sintesi di dati ma che va ad ampliare, esplicitare, focalizzare quanto precedentemente emerso; questa seconda tipologia di analisi si è resa possibile a seguito di una opportuna sistematizzazione delle discussioni avvenute nei focus group. 20
3.1. Quadro associativo Il punto di partenza per una descrizione sintetica dei dati è costituito dal quadro associativo di riferimento; allo scopo di agevolare la comprensione delle caratteristiche del campione analizzato le seguenti rappresentazioni grafiche presentano un quadro sintetico del campione; complessivamente hanno partecipato alla ricerca 179 associazioni.
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Grafico n.1 “Associazioni rispondenti al questionario per Ambito Territoriale� (valore in percentuale) Zona Sociale 9
6,7
Zona Sociale 8
11,2
Zona Sociale 7
16,8
Zona Sociale 6
5,6
Zona Sociale 5
10,6
Zona Sociale 4
14,5
5
Zona Sociale 3
Zona Sociale 2
14
Zona Sociale 1
15,6 0
20
Hanno partecipato 116 (68,6%) organizzazioni di volontariato e 53 (31,4%) associazioni di promozione sociale. A tale riguardo ci sembra utile ricordare le differenze tra Organizzazione di Volontariato e Associazione di Promozione Sociale attraverso lo Schema n.1. 22
Schema n.1 “ODV e APS: uno schema di confronto” Organizzazione di volontariato (OdV) E’ tale ogni ente liberamente costituito al fine di svolgere l’attività di volontariato, cioè quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà Sono rette da un principio solidaristico, di conseguenza, dalla partecipazione all’organizzazione i soci nono possono trarre alcuna forma di lucro, anche indiretto. I soci non possono avere nessun rapporto di lavoro né patrimoniale con l’associazione e prestano la propria attività liberamente, gratuitamente e spontaneamente Nell’atto costitutivo o statuto dell’organizzazione devono essere espressamente previsti: - Finalità di solidarietà e l’assenza di fini di lucro; - la democraticità della struttura; - l’elettività e la gratuità delle 23
Associazioni di promozione sociale (APS) Sono quegli enti costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza fini di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati
Il principio solidaristico regola anche le APS che in maniera prevalente si avvalgono delle prestazioni libere spontanee, gratuite dei propri soci. In casi di particolare necessità l’Associazione però instaurare un rapporto di lavoro anche con i propri associati L’atto costitutivo e lo statuto devono necessariamente avere la forma scritta che sia sotto forma di atto pubblico, scrittura privata autenticata o registrata. Nello statuto devono essere previsti:
cariche associative; - la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti; - i criteri di ammissione e di esclusione degli aderenti, i loro obblighi e diritti; - obbligo di formazione del bilancio e di iscrivere in esso i beni, i contributi o lasciti ricevuti; - modalità di approvazione del bilancio da parte dell’Assemblea; - indicazione del quorum per la validità delle deliberazioni dell’Assemblea; - Devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento conformemente all’art. 5.4 L. n. 266/91
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- La denominazione; - La sede legale; - L’oggetto sociale; - L’assenza del fine di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi tra gli associati, anche in forme indirette; - L’obbligo di reinvestire l’eventuale avanzo di gestione a favore di attività istituzionali statutariamente previste; - Le norme sull’ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione delle cariche associative; - I criteri di ammissione e di esclusione dei soci e i loro diritti e obblighi; - L’obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione da parte degli organi statutari; - Le modalità di scioglimento dell’associazione; - L’obbligo di devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento, cessazione o estinzione, dopo la liquidazione, a fini di utilità sociale.
Le risorse economiche di una Odv possono venire da: - Contributi degli aderenti e privati; - Contributi dello Stato, di enti o istituzioni pubbliche finalizzati esclusivamente al sostegno di specifiche e documentate attività o progetti; - Contributi di organismi internazionali; - Donazioni e lasciti testamentari; - Rimborsi derivanti da convenzioni; - Entrate da attività commerciali e produttive marginali.
Le Aps possono: - Ricevere quote o contributi da parte degli associati nonché eredità, donazioni e legati; - Ricevere contributi dallo Stato, dalle regioni, dagli enti locali o da altri enti o istituzioni pubbliche; - Svolgere prestazioni di servizi su convenzione; - Svolgere attività di cessione di beni e servizi agli associati e a terzi, anche attraverso lo svolgimento di attività economiche di natura commerciale, artigianale o agricola, in maniera ausiliaria e sussidiaria e comunque finalizzate al raggiungimento degli obiettivi istituzionali; - Ricevere erogazioni liberali da associati e da terzi.
Ai fini Ires, per tali enti si prevede che i proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali non costituiscono redditi imponibili qualora sia documentato il loro totale impiego per fini istituzionali dell’organizzazione stessa.
Qualora svolgano attività commerciale ausiliaria e sussidiaria tassano i relativi utili secondo il regime contabilefiscale adottato.
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Sono Onlus di diritto in quanto Onlus di diritto le eventuali erogazioni liberali da parte di aziende o privati sono deducibili/detraibili secondo i parametri di legge
Le APS, iscritte nel Registro Nazionale possono qualificare un “ramo” di attività come Onlus. Agevolazioni sono previsti dall’art 22 della legge per chi contribuisce al sostentamento, attraverso erogazioni liberali, delle attività delle associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri.
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Grafico n.2 “Organizzazioni di volontariato (OdV) e Associazioni di promozione sociale (APS) (valore in percentuale)
Associazioni di Promozione Sociale (APS)
31,4
Organizzazioni di Volontariato (OdV)
68,6
0
80
Delle 116 organizzazioni di volontariato partecipanti l’80% è iscritta al Registro Regionale del Volontariato, mentre delle associazioni di promozione sociale partecipanti risultano essere iscritte al Registro Regionale delle Associazioni di Promozione Sociale il 72%.
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Grafico n.3 “Percentuale delle associazioni aderenti al progetti iscritte nei rispettivi Albi Regionali” (valore in percentuale)
Aps iscritte all'Albo Regionale
80
Odv iscritte all'Albo Regionale
72
0
90
L’indagine ha interessato equamente associazioni piccole (circa il 30%), medie (circa il 40%) e grandi (circa il 26%) dove con il termine piccole si intende associazioni con non più di 20 associati, con il termine medie associazioni con un numero di associati compreso da 21 a 100 e con il termine grandi associazioni con un numero di associati compreso tra 101 e 500. Infine, poco più del 3% delle associazioni partecipanti alla ricerca dichiarano un numero di associati superiore a 500.
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Grafico n.4 “Numero dei soci” (valore in percentuale) 3,6
Tra 501 e 1000
12,5
Tra 201 e 500
13,7
Tra 101 e 200
23,2
Tra 41 e 100
16,7
Tra 21 e 40
16,1
Tra 10 e 20
Meno di 10
14,3
0
25
Alla domanda “è riscontrabile una differenza quantitativa tra il numero dei soci fondatori e quelli attuali?” il 78,7% ha risposto in modo affermativo e di questi l’85,2% registra un aumento dei soci mentre il 14,8% una diminuizione.
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Grafico n.5 “È riscontrabile una differenza quantitativa tra numero dei soci fondatori e quelli attuali?” (valore in percentuale)
NO
14,8
85,2 85,2
SI
0
90
Il motivo principale dell’aumento dei soci risulta essere dovuto al 45,2% alle attività ed iniziative svolte e dunque all’utilità della proprio operato, al 35,7% a fattori di promozione e sensibilizzazione ed al 12,2% ad aspetti organizzativi. Mentre risultano essere due i motivi principali della diminuzione dei soci: per un 50% a fattori oggettivi, di contesto, interni e per il restante 50% alla disponibilità da parte delle persone. Al di là della dimensione dell’associazione, il numero dei volontari attivi /operativi nel 54% dei casi risulta essere di meno di dieci per ciascuna associazione
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Grafico n.6 “Numero di volontari operativi/attivi all’interno dell’associazione” (valore in percentuale) Oltre 50
3,4
Tra 21 e 50
13,1
Tra 10 e 20
29,5
Meno di 10
54
0
60
L’assemblea dei soci, massimo organo deliberativo, rappresenta l’universalità dei soci ed è di fondamentale importanza perchè ha la funzione di formare la volontà del sodalizio nelle materie riservate alla sua competenza dalla legge o dall’Atto Costitutivo; il 73,4% organizza l’assemblea dei soci fino a due volte l’anno ma c’è anche un 21,4% che organizza l’assemblea dei soci per più di due volte l’anno. Focalizzando l’attenzione sull’assemblea dei soci abbiamo chiesto alle associazioni di esprimere un giudizio sul livello qualitativo e quantitativo di partecipazione all’assemblea da parte dei loro soci. Dal punto di vista numerico, i soci che partecipano alle assemblea sono mediamente in numero soddisfacente per il 68,8% dei casi. Il livello qualitativo di partecipazione dei soci all’assemblea è per il 45,2% soddisfacente; abbastanza soddisfacente per il 27,7% e molto soddisfacente per il 18,1% ma si registra, seppur in numero ridotto, un giudizio per nulla soddisfacente nel 5,6% dei casi. 31
Grafico n.7 “Livello qualitativo di partecipazione dei soci all’assemblea” (valore in percentuale)
2,8
Alterno/Instabile
5,6
Per nulla soddisfacente
Abbastanza soddisfacente
27,7
45,2
Soddisfacente
Molto soddisfacente
18,1
0
50
Abbiamo ritenuto interessante chiedere alle associazioni partecipanti anche attraverso quali modalità l’associazione cura il coinvolgimento e la partecipazione dei soci e degli aderenti alla vita sociale dell’associazione ed emerge un quadro variegato. Il coinvolgimento diretto nell’attività dell’associazione è la modalità che spicca (30%), a seguire vi è l’organizzazione di momenti socializzanti (25,5%), di incontri periodici anche informali (21,3%), di eventi sportivi e teatrali (10,6%), di gite e viaggi (6,9%); si registra anche un 4,5% che adotta come modalità quella di destinare ai soci alcuni servizi/agevolazioni/trattamenti riservati.
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Grafico n.8 “Modalità con le quali l’associazione cura il coinvolgimento e la partecipazione dei soci” (valore in percentuale) Servizi, agevolazioni, trattamenti riservati
4,5
Organizzazione di gite e viaggi
6,9
Organizzazione di eventi sportivi e teatrali
10,6
Organizzazione di incontri periodici anche informali
21,3
Organizzazione di momenti socializzanti
25,5
Coinvolgimento diretto nell'attività
30
0
35
Rappresentativa anche la data di nascita delle associazioni: oltre la metà delle associazioni partecipanti, il 51,7% si sono costituite dopo il 2000, mentre si registra un 36,5% per le associazioni nate tra il 1981 ed il 2000; il 5,1% sono associazioni nate tra il 1971 ed il 1980 ed il 6,7% risultano essere le associazioni nate prima degli anni ’70.
33
Grafico n.9 “Anno in cui è stata costituita l’associazione” (valore in percentuale)
8,4
Dopo il 2010
43,3
2001-2010
24,2
1991-2000
12,4
1981-1990
5,1
1971-1980
Prima del 1970
6,7 0
50
Inoltre, le associazioni partecipanti hanno differenti mission e rappresentano un ampio ventaglio di settori di intervento.
34
Grafico n.10 “Quali sono i settori prevalenti di intervento� (valore in percentuale) (In questa domanda l’Associazione poteva indicare un massimo di tre opzioni) 1,2 Terapie assististe con l'ausilio di animali
1,7 5,8
Cooperazione internazionale
8,1 8,7
Disagio sociale
9,8 15
Nuove generazioni
16,2 16,2
Tutela del patrimonio storico, culturale e ambientale
17,3 18,5
Assistenza sociale
22 26
Educazione, formazione, istruzione
40,5 0
35
50
Il 56% delle associazioni per lo svolgimento di alcune delle attività/azioni ha stipulato convenzioni o altre forme di accordi formali e lo hanno fatto per lo più con le Amministrazioni Comunali (37,3%) ma anche con la Provincia di Perugia (5,1%), la Regione Umbria (4%) con le Asl del territorio (19,2%), con il Cesvol (9,6%) e con l’Università (5,1%). Grafico n.11 “Soggetti con i quali le associazioni hanno convenzioni o altre forme di accordi formali” (valore in percentuale) 5,1
Università
9,6
Cesvol
19,2
Asl
4
Regione Umbria
Provincia di Perugia
5,1
Comuni
37,3
0
50
Partecipazione a progetti comuni, relazione costante con il territorio, riconoscimento e maggiore visibilità di attività ed iniziative, il sostegno nella gestione dell’associazione, la messa a disposizione di spazi, valorizzazione delle attività sono i principali elementi valoriali della collaborazione attivata registrati. 36
La messa a disposizione di spazi da parte di enti pubblici è un dato che si ritrova anche in merito all’indicazione della sede legale. Il 68,2% delle associazioni utilizza per la propria sede legale i locali in comodato gratuito; nel 45,5% dei casi la sede legale dell’associazione è ubicata presso locali di proprietà di un ente pubblico, il 21,3% presso locali di un soggetto privato, il 19,7% presso il domicilio del presidente o di altro rappresentante, il 7,9% presso i locali del Cesvol e solamente il 5,6% delle associazioni risulta avere locali di proprietà.
37
3.2.Opinioni su prospettive e vantaggi della rsi Due le domande chiave per comprendere quale, secondo il punto di vista delle associazioni riguardo la responsabilità sociale, in prima battuta è stato chiesto quale è il valore aggiunto per una organizzazione non-profit nel collaborare con una azienda ed in seconda battuta si è cercato di conoscere che cosa può fare una organizzazione non-profit per attrarre il profit. Alla domanda in che modo il sistema del non profit può realmente favorire un efficace sviluppo della responsabilità sociale risulta evidente l’impegno positivo nel manifestare l’impegno al fine di concretizzare forme di collaborazione con il mondo profit; sostanzialmente l’impegno viene manifestato in due versanti: quello della comunicazione e quello della progettualità. Comunicare i risultati della propria attività (55,2%), informare le aziende sui benefici derivanti dall’attivazione di una partnership con il profit (49,1%) ed impegnarsi in progetti attraenti per il profit (43,6%) può certamente favorire uno sviluppo della responsabilità sociale. Le associazioni partecipanti abbracciano dunque come logica prevalente la preponderanza dell’impegno profuso di sviluppare attività/progetti che possano coinvolgere/interessare il profit e migliorare la capacità di comunicazione.
38
Grafico n.12 “In che modo il sistema del non profit può realmente favorire un efficace sviluppo della Responsabilità Sociale di Impresa?” (valore in percentuale) (In questa domanda l’Associazione poteva indicare un massimo di tre opzioni) Impegnandosi a "convincere" il sistema profit dimostrando di essere credibile
55,2
Facendo conoscere alle aziende private i benefici
49,1
Impegnandosi a creare scenari,azioni e progetti che risultino attraenti per il sistema Profit
43,6
0
Alla domanda su quale potrebbe essere il valore aggiunto per una associazione non-profit nel partecipare a partnership con aziende profit le associazioni si collocano così nelle tre tipologie di ricadute, caratterizzate tutte dalla positività, che erano presenti come risposta nel questionario: la metà del campione si dice convinto che il valore aggiunto sta proprio nell’attivazione e nel consolidamento di nuovi rapporti contraddistinti da una reciproca fiducia e conseguentemente da trasparenza e chiarezza (oltre il 58%); la restante metà del campione considera come valore aggiunto perlopiù lo sviluppo di competenze che si può generare dalla collaborazione tra profit e non-profit (42,9%) ma anche, seppur in misura minore, il confronto in una logica imprenditoriale (20,2%). Dunque in linea di massima potremmo dire che il campione considera la RSI una attività positiva per l’associazionismo ed è convinto delle ricadute positive che può avere nell’attività dell’associazione. 39
70
Grafico n.13 “Per un’associazione non profit, quale potrebbe essere il valore aggiunto nel partecipare a partnership con aziende profit?” (valore in percentuale) (In questa domanda l’Associazione poteva indicare un massimo di tre opzioni)
Confronto benefico con una logica imprenditoriale
20,2
Sviluppo di competenze operative
42,9
Attivazione e consolidamento di nuovi rapporti con il sistema profit
58,4
0
70
40
3.3. Esperienze: risultati prodotti e valutazioni Occorre rilevare che, la presente ricerca ha messo in luce un grande interesse e una volontà di approfondimento del tema da parte del mondo dell’associazionismo, che considera la RSI innanzitutto come un’opportunità, uno strumento in più di sviluppo. A questa presa di posizione molto chiara non emerge tuttavia una grossa attività di partnership, considerato il numero di associazioni che hanno attivato partenchip (il 15,6%) oppure che hanno collaborato con aziende profit (26,9%)
Grafico n.14 “Associazioni che hanno realizzato iniziative con la partecipazione di aziende profit” (valore in percentuale)
NO
73,1
SI
26,9
0
80
41
Grafico n.15 “Associazioni coinvolte in partnership con aziende profit” (valore in percentuale)
NO
84,4
SI
15,6
0
90
Evidenza, questa, che c’è ancora una certa resistenza al tema che, dalla conduzione dei focus group, emerge essere dovuta in parte alla scarsa conoscenza ed alla difficoltà da parte delle associazioni di avvicinarsi al mondo profit ma dall’altra parte dovuta, come approfondiremo in seguito, dalla scarsa disponibilità di risorse economiche ed umane che si possano impegnare in progetti ed attività orientati al coinvolgimento ed al mantenimento dei rapporti con un partner profit Inoltre, parallelamente al dato che solo il 15,6% delle associazioni ha attivato ed avuto esperienze di partnership, si affianca il dato che il tema è sostanzialmente vissuto come nuovo: tant’è che non risulta essere l’alta la percentuale di colore che affermano di averne sentito parlare da esperienze avute da altre associazioni (16,4%).
42
Grafico n.16 “Associazioni che hanno sentito parlare di esperienze di altre associazioni che hanno collaborato con aziende profit” (valore in percentuale)
NO
83,6
SI
16,4
0
90
Inoltre a seguito delle discussioni scaturite nel corso dei focus group emerge che l’argomento è compreso e interpretato appieno solo da una parte dei partecipanti e viene inteso anche in una prospettiva limitata di opportunità/conoscenza delle tematiche che abbraccia; perlopiù i partecipanti ne hanno sentito parlare ma non sanno fornire una definizione e non conoscono quelle che possono essere le sinergie positive che possono coinvolgere il mondo del non profit; i tempi le modalità sono sconosciute ma allo stesso tempo suscita un forte interesse. Focalizziamo ora l’attenzione su quei risultati che offrono una ricognizione delle partnership attivate dalle associazioni partecipanti, in termini sia di progetti realizzati sia di ricadute avute successivamente. Soffermando l‘attenzione su quella parte di campione che ha avuto esperienze di partnership con il profit abbiamo chiesto loro, mediante il questionario, 43
su quali progetti/attività lo avessero fatto, quali sono stati i risultati prodotti e dunque abbiamo voluto conoscere il loro giudizio a riguardo. Si evidenzia perlopiù una collaborazione nella realizzazione di eventi ma anche, seppur in misura minore, per la realizzazione di attività dell’associazione e per la realizzazione di progetti specifici; non suscita invece un forte interesse la partnership che ha come finalità una raccolta fondi. In termini di risultati ottenuti a seguito della partnership sono per la quasi totalità delle associazioni (il 99%) positivi rispetto a diversi parametri: rispetto al risultato, rispetto a cambiamenti che ha scaturito nell’organizzazione interna dell’associazione e rispetto al coinvolgimento dell’azienda coinvolta.
44
Schema n.2 “Risultati positivi a seguito dell’attivazione della partnership”
Risultati positivi a seguito dell’attivazione della partnership
Rispetto al risultato
Rispetto a cambiamenti che sono scaturiti nell’organizzazione interna dell’ass.ne
Rispetto al coinvolgimento dell’azienda coinvolta
Alla domanda su quali siano stati gli elementi significativi dell’esperienza di partnership avuta, si delineano diverse opinioni che possiamo raggruppare in cinque macro temi, ciascuno dei quali richiama direttamente ed indirettamente agli effetti che può produrre l’attivazione di una partnership: sensibilizzazione e sostegno al target di riferimento, informazione, comunicazione e promozione delle proprie attività nel territorio, sinergia tra associazioni, sviluppo di altre attività.
45
Schema n.3 “Effetti che può produrre l’attivazione di una partnership”
Sensibilizzazion e e sostegno al target di riferimento
Comunicazione e promozione delle proprie attività nel territorio
Effetti che può produrre l’attivazione di una partnership
Sinergia tra associazioni
Informazione
Sviluppo di altre attività
Volendo conoscere meglio quale associazione ha attivato partnership, dai dati si delinea il seguente profilo associativo: In prevalenza sono Organizzazioni di Volontariato (60%), per l’81,5% si tratta di associazioni iscritte nell’elenco dei beneficiari del 5x1000 e quasi la tutte (92,6%) hanno già utilizzato strumenti di raccolta fondi. Perlopiù sono associazioni nate dopo il 2000 (48,1%) e con oltre il 50% dei soci che partecipa effettivamente alle attività istituzionali e/o ad attività legate a progetti dell’associazione (51,9%); possono contare su un buon numero di volontari operaivi/attivi: il 40% risponde di averne tra 10 e 20. 46
3.4. Le partnership: elementi utili per attivarle, difficoltà e proposte per superarle Oltre a conoscere quali siano stati gli elementi significativi che si evidenziano con l’attivazione di una partnership, andiamo ora a conoscere quali elementi e quali condizioni sono stati indicati come utili per poter invece dare avvio ad una partnership.
47
Grafico n.17 “Indicazione degli elementi e/o delle condizioni necessarie per poter attivare una partnership efficace e duratura� (valore in percentuale) (In questa domanda l’Associazione poteva indicare un massimo di tre opzioni) Attivare principlamente reti collaborative tra aziende interessate alla stessa area di intervento
25,1
Attivare principalmente reti collaborative tra aziende operanti nello stesso territorio
28,5
Attivare coordinamenti/legami tra ass.ni che operano nella stessa area di intervento
33,5
Poter contare su un numero maggiore di volontari attivi e realmente partecipi
41,3
Attivare coordinamenti/legami tra ass.ni che operano nello stesso territorio
42,5
poter contare su un flusso non sporadico di risorse economiche
43
0
50
48
Dal Grafico n.17 risultano essere prevalentemente tre gli aspetti indicati dalla gran parte del campione, che da qui a seguire analizzeremo: (a) poter contare su un flusso non sporadico di risorse economiche (43%) (b) attivare coordinamenti/legami (42,5%) (c) poter contare su un numero maggiore di volontari attivi (41,3) (a) Storicamente le entrate dell’associazione provengono da soggetti privati, da fondazioni bancarie, da aziende e da pubbliche amministrazioni Grafico n.18 “Entrate prevalenti delle associazioni” (valore in percentuale) (In questa domanda l’Associazione poteva indicare un massimo di tre opzioni) Altro
11,8
Pubbliche amministrazioni
24,8
12,7
Fondazioni bancarie
12,7
Aziende
Soggetti privati
38,1
0
50
49
In merito all’elemento di poter contare su di un flusso non sporadico di risorse economiche, si ritiene utile focalizzare l’attenzione sul tema della raccolta fondi svolta dalle associazioni. Di particolare interesse è in effetti l’analisi dei criteri e delle logiche che conducono l’associazione a fare attività di raccolta fondi. Emerge come la quasi totalità delle associazioni ha già utilizzato la raccolta fondi (61,5%) maggiormente per più di tre volte (61,1%); pranzi/cene sociali (51,6%) ed eventi pubblici (43,8%) si rivelano essere le principali pratiche intraprese dalle associazioni per il reperimento di risorse tramite l’organizzazione di raccolte fondi. Si registra anche un buon numero di esperienze nell’utilizzo di altre modalità di raccolta fondi, quali ad esempio il faccia a faccia (33,6%), le lotterie (20,3%) e le pesche di beneficenza (16,4%) Grafico n.19 “Associazioni che hanno già utilizzato strumenti di raccolta fondi” (valore in percentuale)
38,5
NO
SI
61,5
0
70
50
Grafico n.20 “Quante volte le Associazioni hanno utilizzato la raccolta fondi” (valore in percentuale) (Il grafico rappresentata la risposta delle Associazioni che hanno già utilizzato strumenti di raccolta fondi)
Più di 3
61,1
Da 2 a 3
30,6
Una volta sola
8,3
0
70
51
Grafico n. 21 “Strumenti di raccolta fondi utilizzati maggiormente� (valore in percentuale) (In questa domanda l’Associazione poteva indicare un massimo di tre opzioni) Aste
0,8
Donazioni on line
4,7
Posta elettronica
7,8
Regali solidali
9,4
Raccolta fondi verso imprese private
15,6
16,4
Pesche di beneficenza
20,3
Lotterie
Faccia a faccia
33,6
Eventi pubblici
43,8
Pranzi/cene sociali
51,6 0
60
52
(b) Emerge, come secondo elemento, un forte interesse ad attivare legami sia con altre associazioni, perlopiù operanti nello stesso territorio (42,5%) ma anche che appartengano alla stessa area di intervento (33,5%), sia con aziende operanti nello stesso territorio (28,5%) oppure operanti nella stessa area di intervento (25,1%). La centralità del territorio emerge come caratteristica preminente, la conditio sine qua non per strutturare forme di collaborazione realmente produttive segno che la contaminazione delle esperienze e delle competenze è uno degli aspetti fondanti l’avvio di collaborazioni. Anche dalla conduzione dei focus group emerge il dato che è evidente l’esistenza di un consistente interesse alla possibilità di sviluppare attività di collaborazioni con il profit e più in generale si registra un giudizio positivo del lavoro di rete sia tra associazioni che tra queste e il mondo profit. La quasi totalità delle associazioni che hanno partecipato ai focus group ritiene che il collaborare con il profit sia utile e vantaggioso. In particolare, si ritiene che operare in rete tanto con associazioni quanto con aziende o soggetti profit su un medesimo progetto o su progetti collegati permetta una serie di vantaggi, quali poter contare: su un migliore utilizzo delle risorse economiche, una maggiore visibilità/efficacia sul territorio, la positività che emerge dallo scambio di buone pratiche. Esistono, tuttavia, delle condizioni che rendono talora difficile lavorare in rete con altre associazioni; situazioni che favoriscano la realizzazione di collaborazioni e conoscenze è avvertita come fattore chiave per la creazione di partnership; in effetti viene in risalto come i fattori che determinano scarse o modeste collaborazioni lavorative sono spesso legati a deficit di informazione e conoscenza in merito alle realtà che operano sul proprio territorio e delle attività da loro svolte. Nonostante si manifesti una non immediata facilità nell’at53
tivare collaborazioni, si rivela fortemente positivo e di buon auspicio l’opinione espressa dalle associazioni in merito alla collaborazione interassociativa. In un periodo difficile come quello attuale, alcune associazioni stanno cominciando a cimentarsi in modalità di raccolta fondi più orientate alla collaborazione interassociativa, dimostrando che anche il volontariato può trovare nuove forme di alleanza e di collaborazione, purché dirette al raggiungimento di finalità di solidarietà e al sostegno di progetti concreti. A tale proposito è stato chiesto alle associazioni se fossero disponibili a verificare un coinvolgimento diretto in iniziative del genere: ben l’81% del campione si dice disponibile a verificare un coinvolgimento diretto in iniziative di raccolta fondi orientate alla collaborazione interassociativa. Grafico n.22 “Associazione è disponibile a verificare un coinvolgimento diretto in iniziative di collaborazione interassociativa? (valore in percentuale)
19
NO
SI
81
0
90
54
La collaborazione interassociativa ha un riscontro positivo anche all’interno delle associazioni iscritte nell’elenco dei beneficiari del 5x1000, che risultano essere il oltre il 65% del campione che ha partecipato alla presente ricerca. Attraverso la somministrazione dei questionari si è indagato sull’opinione che le Associazioni avevano in merito all’opportunità e all’impiego di uno strumento come una guida promozionale di carattere territoriale, che preveda una comunicazione capillare e diffusa, finalizzata, in primis, ad informare i contribuenti in merito alla presenza ed al ruolo nella comunità di quelle associazioni tra le quali decidere di destinare il proprio 5 per mille. Va oltre l’80% il numero dei consensi in merito alla prospettiva di aderire a tale forma promozionale di carattere territoriale. Grafico n.23 “Associazioni interessate ad aderire a forme di promozione del proprio 5x1000 a carattere territoriale” (valore in percentuale)
NO
17,1
SI
82,9
0
90
55
(c) Il terzo elemento prevalente indicato come utile per poter avviare una partnership è, come abbiamo detto, quello di poter contare su un numero maggiore di volontari attivi/operativi. A tale riguardo, il dato ottenuto dall’indagine sul numero dei collaboratori volontari e dei collaboratori retribuiti nelle singole associazioni appare un dato di estremo interesse. Le Associazioni si basano, infatti, prevalentemente sul lavoro di volontari: nel 54% dei casi intervistati si tratta di meno di dieci volontari operativi/attivi per associazione. Solamente il 20,8% delle associazioni si avvale di collaboratori retribuiti all’interno della propria associazione. Grafico n.24 “Per lo svolgimento della propria attività l’Associazione si avvale di personale retribuito?” (valore in percentuale)
79,2
NO
SI
20,8
0
90
56
L’impossibilità di avere risorse umane in modo permanente comporta che spesso le associazioni non siano in grado di poter avviare/mantenere progetti che potrebbero permettergli non solo delle entrate ma anche contatti e collaborazioni con altri soggetti, sia profit che non profit. È dunque evidente che il lavoro più grande è quello svolto dal volontario che diventa la risorsa più preziosa e soprattutto indispensabile per poter compiere/portare avanti ogni singola iniziativa/attività/forma di collaborazione Delle associazioni che hanno all’interno della propria organizzazione personale retribuito, il 60% dichiara che nella propria associazioni sono presenti meno di tre unità di personale; mentre hanno un numero di collaboratori retribuiti compreso tra 3 e 8 circa il 26% delle associazioni. Invece risultano essere poco più del 10% le associazioni che hanno al proprio interno più di otto unità di personale retribuito. Inoltre si evidenzia come il personale retribuito lavori all’interno dell’associazione sia per progetti singoli (29,4%) che per mansioni inerenti l’attività ordinaria dell’organizzazione (32,4%), ma vi sono anche figure che lavorano per entrambe le tipologie di attività (38,2%). Inoltre si rileva come le associazioni utilizzino perlopiù la partita iva come forma contrattuale.
57
Grafico n.25 “ll personale retribuito lavora per quale mansione?” (valore in percentuale)
Entrambi
38,2
Per mansioni inerenti l'attività ordinaria dell'organizzazione
32,4
Per progetti singoli
29,4
0
50
Anche nella conduzione dei focus group emerge che il reperimento dei fondi figura tra le difficoltà che impediscono una continuità delle iniziative, il prodursi di azioni efficaci; oltre vincolo finanziario, anche il fattore personale gioca spesso come vincolo decisivo: non ci sono all’interno delle associazioni sufficienti competenze. L’esigenza di informazione, formazione / aggiornamento, scambio di esperienze emerge come un bisogno; le associazioni hanno manifestato la volontà/l’interesse di attivare e favorire dei momenti di incontro che possano fornire elementi conoscitivi e che magari agevolino l’attivazione di partnership operative. 58
La possibilità di creare sinergie con altri soggetti che condividono con loro obiettivi e mission sono indicate dai più come il terreno che può consentire di produrre collaborazione e dunque progettazione integrata con altre realtà. I partecipanti sono stati sollecitati ad elaborare proposte operative utili ad attivare e/o promuovere le partnership. L’insieme degli interventi convergono attorno a due strumenti di sostegno (temi chiave) che possiamo così sintetizzare: 1. potenziare l’informazione: diffusione delle buone pratiche, vantaggi e ricadute positive nell’attivazione di partnership 2. promuovere incontri strutturati tra profit e non profit: avviare e consolidare il dialogo, la collaborazione e la co-progettazione
59
Postfazione di Giancarlo Billi Il lavoro svolto fotografa un quadro piuttosto dettagliato della realtà di responsabilità sociale vissuta dalle associazioni, non soltanto in relazione alla rappresentazione, agli aspetti quantitativamente e qualitativamente osservabili delle convinzioni personali, alla tipologia di attività ma anche -e forse soprattutto- in riferimento alle esigenze e ai bisogni segnalati. Emerge dall’indagine che esperienze di attivazione di partnership consentono di sperimentare efficaci ed innovative risposte ai bisogni espressi dalla comunità. Tra i risultati della ricerca quello che necessariamente occorre mettere in luce è la considerazione che presupposto essenziale per il successo di esperienze di collaborazione tra profit e non profit è l’adozione di un approccio fondato sulla contaminazione di saperi, di competenze e pratiche, la cui attivazione costituisce valore aggiunto nelle azioni di progettazione e formazione delle attività. Da qui l’esigenza, condivisa dalla maggior parte delle associazioni partecipanti, di poter contare su un supporto nel dialogo, nella collaborazione e nella progettazione tra profit e non profit; ma anche di avere conoscenza e informazione sulla realtà che li circonda. Uno scambio sistematico e strutturato di esperienze e buone pratiche viene considerato un passaggio decisivo per fare crescere il livello di informazione e di consapevolezza. Riguardo alla possibilità e volontà di impegnarsi e di organizzare la propria attività così da avviare una partnership con il mondo profit c’è un buon livello di volontà di fare, di raggiungere un obiettivo comune che pro61
duce valore aggiunto che vado oltre il vantaggio autonomo del singolo partner; dare avvio dunque ad una collaborazione strutturata e non occasionale. È da rilevare inoltre che i dati emersi dalla presente ricerca offrono suggerimenti utili alla progettazione/programmazione di azioni di approfondimento e di avvio di attività strettamente operative nell’ambito della comunicazione fra profit e non-profit. Nello specifico la ricerca restituisce una serie di contenuti utili e propedeutici alla definizione di alcune azioni che potrebbero essere messe in campo dal Cesvol -Attivazione di percorsi di formazione (costruiti a partire dalle criticità riscontrate nella rilevazione) finalizzati a dotare i responsabili delle organizzazioni non profit di quegli strumenti informativi ma anche tecnici e metodologici utili per una corretta gestione del proprio rapporto con il Profit -Attivazione di una nuova area funzionale, una sorta di sportello in grado di occuparsi di: attività di informazione su singole iniziative di raccolta fondi (mailing, richiesta presso imprese, eventi);predisposizione di materiale informativo su normativa e adempimenti fiscali in materia di donazioni; predisposizione di materiale informativo su oneri fiscali e di rendicontazione relativi a vendite pubbliche, aste, pesche di beneficenza ecc.; predisposizione di materiale (sottoforma di formulari o fac-simili) utile ai fini della strutturazione del piano di fund raising. -Attività di supporto o tutoring consistente in una o più tra le aree sotto elencate: analisi degli obiettivi economici e comunicazionali studio di fattibilità sulle potenzialità della raccolta fondi, selezione dei mercati (cittadini, imprese, istituzio62
ni) cui riferirsi assistenza nella pianificazione delle strategie e azioni di raccolta fondi supporto nei contatti ai fini della richiesta fondi.
63