Quaderni del volontariato 1
Edizione 2019
Cesvol Centro Servizi Volontariato Umbria Sede legale: Via Campo di Marte n. 9 06124 Perugia tel 075 5271976 fax 075 5287998 www.pgcesvol.net pubblicazioni@pgcesvol.net
Edizione marzo 2019 Coordinamento editoriale di Stefania Iacono Stampa Digital Editor - Umbertide Per le riproduzioni fotografiche, grafiche e citazioni giornalistiche appartenenti alla proprietà di terzi, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire. E’ vietata la riproduzione, anche parziale e ad uso interno didattico, con qualsiasi mezzo, non autorizzato.
ISBN 9788896649848
I QUADERNI DEL VOLONTARIATO UN VIAGGIO NEL MONDO DEL SOCIALE PER COMUNICARE IL BENE I valori positivi, le buone notizie, il bene che opera nel mondo ha bisogno di chi abbia il coraggio di aprire gli occhi per vederlo, le orecchie e il cuore per imparare a sentirlo e aiutare gli altri a riconoscerlo. Il bene va diffuso ed è necessario che i comportamenti ispirati a quei valori siano raccontati . Ci sono tanti modi per raccontare l’impegno e la cittadinanza attiva. Anche chi opera nel volontariato e nell’associazionismo è ormai pienamente consapevole della potenza e della varietà dei mezzi di comunicazione che il nuovo sistema dei media propone. Il Cesvol ha in un certo senso aderito ai nuovi linguaggi del web ma non ha mai dimenticato quelle modalità di trasmissione della conoscenza e dell’informazione che sembrano comunque aver retto all’urto dei nuovi media. Tra queste la scrittura e, per riflesso, la lettura dei libri di carta. Scrivere un libro per un autore è come un atto di generosa donazione di contenuti. Leggerlo è una risposta al proprio bisogno di vivere il mondo attraverso l’anima, le parole, i segni di un altro. Intraprendendo la lettura di un libro, il lettore comincia una nuova avventura con se stesso, dove il libro viene ospitato nel proprio vissuto quotidiano, viene accolto in spazi privati, sul comodino accanto al letto, per diventare un amico prezioso che, lontano dal fracasso del quotidiano, sussurra all’orecchio parole cariche di significati e di valore. Ad un libro ci si affeziona. Con il tempo diventa come un maglione che indossavamo in stagioni passate e del quale cerchiamo di privarcene più tardi possibile. Diventa come altri grandi segni che provengono dal passato recente o più antico, per consegnarci insegnamenti e visioni. Quelle visioni che i cari autori di questa collana hanno voluto donare al lettore affinché sapesse di loro, delle vite che hanno incrociato, dei sorrisi cui non hanno saputo rinunciare. Gli autori di questi testi, e di
tutti quelli che dal 2006 hanno contribuito ad arricchire la Biblioteca del Cesvol, hanno fatto una scelta coraggiosa perché hanno pensato di testimoniare la propria esperienza, al di là di qualsiasi tipo di conformismo e disillusione Il Cesvol propone la Collana dei Quaderni del Volontariato per contribuire alla diffusione e valorizzazione della cittadinanza attiva e dei suoi protagonisti attraverso la pubblicazione di storie, racconti e quant’altro consenta a quel mondo di emergere e di rappresentarsi, con consapevolezza, al popolo dei lettori e degli appassionati. Un modo di trasmettere saperi e conoscenza così antico e consolidato nel passato dall’apparire, oggi, estremamente innovativo. Salvatore Fabrizio Cesvol Umbria
Senza nulla volere Gli Agretti a Monte Castello di Vibio da un’idea di Edoardo Brenci
Testi di: Simone Mazzi
Fonti: Tesi di specializzazione in Storia dell’Arte Contemporanea - L’opera di Luigi Agretti Francesca Mariani Archivio personale Agretti Archivio Storico Teatro della Concordia Ringraziamenti: in questi venticinque anni di attività ci tornano in mente molti volti che anche solo per una volta, hanno provato l’emozione di respirare il Teatro della Concordia, eleggendolo come “luogo dell’anima”, dove non appena partiti si desidera tornare, perché lì si è lasciato il cuore!
Senza nulla volere
SOMMARIO Presentazione Agretti p.8 Presentazione Edoardo Brenci Pallotta p.9 Presentazione Sindaco Daniela Brugnossi p.10 Storia di Amore e di Amicizia p.11 Ieri Un invito a Teatro p.13 Le opere decorative di Cesare Agretti p.15 Il fondale dell’amore e del dolore p.21 Luigi Agretti si presenta p.26 La formazione artistica p.29 Luigi Agretti, il “giovin portento” p.38 Ode a Luigi di Mario Pellegrini p.47 Corrispondenze dall’Ottocento p.52 Il ritorno a Monte Castello p.65 Oggi La famiglia Agretti a Teatro (1994) Il restauro del plafone e la festa del Teatro (2016) Il restauro del fondale storico (2018) Storia di un pittore, un gatto e un topolino Quando l’accoglienza diventa eccellenza Appendice documentale
7
p.70 p.72 p.74 p.76 p.85
p.89
Senza nulla volere
La famiglia Agretti desidera esprimere alla SocietĂ del Teatro della Concordia, profonda riconoscenza per la tenace e generosa opera di ricerca e approfondimento del percorso artistico e di sincera “ammistadeâ€? di Cesare e Luigi Agretti rendendoli cosĂŹ ancora vivi e presenti assieme al Cav. Silvio Rossi. Un ringraziamento particolare al Presidente Edoardo Brenci che si adopera quotidianamente con grande amore assieme alla schiera di tutti i suoi validi collaboratori, alla costante valorizzazione del nostro piccolo teatro. Famiglia Agretti
8
Senza nulla volere
“Carissimi! A Monte Castello di Vibio io non posso venire, però vi mando mio figlio senza nulla volere!”. Così scriveva nel 1891 Cesare Agretti al sindaco Silvio Rossi che per decenni lo sollecitava a tornare a Monte Castello per terminare l’opera degli affreschi del Teatro della Concordia. E così, un giovane “portento” veniva dal mar Tirreno inviato dal padre “senza nulla volere!”. Per amore, per affetto, per spirito civico e meglio a dire per quel senso della vita che scorre e merita valori unici dell’animo umano. Sensazioni scaturite molti anni prima in Cesare e Silvio ventenni quando questi, invitando l’amico perugino a venire qui a Monte Castello per dar corso agli affreschi del piccolo teatro, avevano avuto modo di trascorrere una “scellerata” gioventù. E che storia ne consegue! E quali affetti ancor oggi ci legano agli Agretti e loro a noi! Ecco, scorrendo queste pagine leggerete della forza che l’animo umano sa esprimere nel nome dei valori dell’amicizia. Desideravo tanto che noi la si potesse raccontare e Simone ha tradotto qui in questo libro tutti i nostri sentimenti perché noi si potesse dire che …”senza gli Agretti non avremmo avuto un Teatro della Concordia così suggestivo e affascinante!” Edoardo Brenci Pallotta Presidente della Società del Teatro della Concordia APS
9
Senza nulla volere
Questo libro è la storia di un grande amore, un amore nato tra i vicoli del nostro paese e legato a doppio filo con la storia del nostro borgo. Racconta l’impegno e il grande senso civico degli Agretti che pur non essendo originari di Monte Castello di Vibio si sono lasciati coinvolgere nella monumentale realizzazione del Teatro della Concordia e hanno voluto regalare ai posteri un’opera mirabile in grado di far emozionare ancora oggi tutti coloro che possono ammirarla, raccontando una storia senza tempo. Questa loro grande generosità ha creato un legame indissolubile con la nostra comunità che non può non perpetrare, di generazione in generazione, la propria gratitudine per il dono gratuito di una tale opera d’arte. Questo è il valore più alto del senso civico, la propensione a mettere a disposizione le proprie capacità, in questo caso, le proprie doti artistiche, per rendere il mondo più bello o migliore, sicuri che in questo gesto d’amore ogni artista troverà la propria dimensione di eternità. Così anche Simone, autore di questo libro, montecastellese verace, generoso artista, e reale interprete del fare “senza nulla volere” è a pieno titolo colui che meglio di ogni altro, può raccontare questa storia che parla di un piccolo teatro, costruito in un piccolo borgo ma che è frutto di un grande amore che ne ha fatto, negli anni, un grande attrattore culturale. Daniela Brugnossi
Sindaco del Comune di Monte Castello di Vibio
10
Senza nulla volere
Storia di Amore e di Amicizia Quando un incontro è destinato a durare per tutta una vita, e anche oltre, lo si capisce al primo sguardo. Oggi è più difficile perché raramente si fa la fatica di guardarsi negli occhi: meglio un SMS o un messaggio su WhatsApp, neppure la Video chiamata è più di moda. Ma per comprendere bene queste pagine, occorre calarsi nella mentalità dell’Ottocento, periodo in cui hanno vissuto i nostri protagonisti: Silvio Rossi, Cesare e Luigi Agretti. Non sappiamo la circostanza che per la prima volta fece incontrare il Cav. Silvio Rossi (Sindaco di Monte Castello di Vibio dal 1872 al 1905) e Cesare Agretti, ma certamente fu prima che questi iniziò la sua attività politica come primo cittadino del paese. Dalle lettere che proporremo più avanti si evince, come ricorda Rossi, che il loro primo incontro avvenne quando il pittore perugino aveva appena 17 anni, quindi nel 1857 dato che Cesare nasce a Perugia nel 1840. Prima ancora di essere sindaco, Silvio Rossi era comunque una personalità eminente del suo paese e non solo, dato che iniziò da giovane la sua attività politica. Uomo di grandi ideali, tutto d’un pezzo, sin da subito nutre affetto e stima per Cesare, che volentieri ricambia con grandi gesti di generosità. Sappiamo per certo che prima del suo coinvolgimento nelle decorazioni del Teatro della Concordia, Cesare Agretti era già stato più volte a Monte Castello di Vibio (probabilmente ospite dell’amico) ed aveva potuto apprezzare la bontà della sua gente, la bellezza dei suoi sconfinati panorami, il fascino delle sue antiche mura che dominano la valle del Tevere, tanto da considerare il paese come sua seconda patria. 11
Senza nulla volere
Questo amore Cesare lo trasmise al figlio Luigi, che giovanissimo fu inviato a Monte Castello, anch’egli “… Senza nulla volere!”, per mantenere una promessa sigillata con una “stretta di mano”, quando all’epoca la parola data aveva lo stesso valore di un contratto firmato in calce. Riguardo all’attività artistica di Cesare Agretti non si hanno molte notizie, ma certamente era un pittore che aveva trovato la sua collocazione artistica di primo ordine, grazie ai maestri perugini Domenico Bruschi e Annibale Brugnoli, che poi furono gli stessi che formano il figlio Luigi, ma le decorazioni nel Teatro della Concordia, furono certamente uno dei lavori più importanti della sua carriera artistica e sicuramente quello di cui andava più orgoglioso. Durante questo percorso emozionale, fatto di amori, amicizie e grandi valori, verranno alla luce numerosi tasselli che alla riapertura del Teatro dopo il restauro (1993) non erano ancora noti, ma sono emersi grazie alla conoscenza e all’amicizia di altri elementi della famiglia Agretti, che concludono il triangolo Perugia, La Spezia, Monte Castello di Vibio, che continua ancora oggi. Quando i primi visitatori furono accolti a Teatro, Nello Latini, memoria storica e appassionato narratore della sua storia, raccontava l’amore che Cesare e Luigi Agretti avevano avuto per Monte Castello, donando la loro arte senza nulla volere, e gli ascoltatori venivano rapiti da questo percorso emozionale, oggi più completo ed arricchito da tanti particolari. Ed ora come si dice: “Allacciate le cinture!”. Si comincia a viaggiare indietro nel tempo per arrivare ai giorni nostri, perché un grande Amore, come una grande Amicizia, sono destinati a durare per tutta la vita, ed anche di più! 12
Senza nulla volere
Un invito a Teatro Il Teatro della Concordia nasce per suggellare un momento politico fortemente favorevole a Monte Castello di Vibio, in piena epoca post rivoluzionaria francese (1798-1799) quando il paese viene messo a capo di una vasta area comprensiva del Dipartimento del Trasimeno, amministrando Fratta, Montione, Riparvella, Collelungo, Rotecastello, Capretta, San Faustino, Prodo, Castel della Ripa, Palazzo Bovarino, Corbara, Titignano, Case di Mascio, Torre di Luca, Quadro, Cordigliano, Doglio, Cecanibbi, Pian di San Martino, Montegiove, Cantone, Pornello e San Venanzo. Il forte desiderio di celebrare questo momento portò nove famiglie eminenti del paese a costruirsi un teatro, inneggiando alla “concordia tra i popoli”, ma non c’era tempo per decorarlo, alle pitture si sarebbe pensato in seguito. Il legno dei palchetti e delle colonne era spoglio, scuro, annerito ancor più dall’illuminazione a candela e a petrolio: non importava molto la forma, quanto la sostanza: la testimonianza cioè che in quel piccolo paese arroccato su una collina contornata da boschi c’era vita, c’era cultura! Un invito a Teatro, probabilmente in occasione di una rappresentazione teatrale fu “Galeotto” per suggellare con gli Agretti un patto indissolubile con Monte Castello. Il gancio fu certamente Silvio Rossi, che aveva già in tasca la disponibilità del pittore anche se l’impresa risultava piuttosto ardua. Siamo nella seconda metà del 1850 più vicini agli anni ’60, quando Cesare Agretti si è già fatto un nome a Perugia, operando per lo più in alcune chiese o nella decorazione di qualche sala nelle ville padronali, appoggiato dalla conoscenza con Bruschi e Brugnoli, che in 13
Senza nulla volere
quel periodo avevano praticamente l’egemonia indiscussa nel mondo della pittura perugina. Cesare Agretti non se lo fece ripetere due volte e propose egli stesso il prezzo per l’opera da realizzarsi: “Senza nulla volere!” ripeterà più volte. Perché? Perché quando la Patria chiama si risponde con generosità e senza esitazioni. Perché l’Arte ha un valore troppo alto e non si può stabilire un prezzo. Perché troppo grande era l’affetto, la stima e l’amore che nutriva per Monte Castello. Perché voleva anche lui rendere omaggio a quelle prime nove famiglie che avevano voluto fortemente questo tempio alla cultura, desiderando mettere i loro nomi nei Carati (un palchetto sotto e uno sopra corrispondenti). Perché in fondo decorare un teatro era una sfida, un metro per provare i suoi limiti, per vedere a che punto era arrivata la sua maturità artistica, considerando che iniziò i lavori tra il 1860 e il 1862 (probabilmente aveva circa 20 anni quando diede inizio all’opera e per la vita di quel tempo, dove la maturità si raggiungeva ben prima di quella di oggi, si doveva aver già capito quale strada si dovesse prendere per il futuro) e restò a Monte Castello almeno fino al 1862. Perché anche se con l’Arte non ci si mangiava né si diventava ricchi, essa produce la ricchezza nell’animo di chi la crea e in chi la osserva, per questo molti pittori “regalavano le loro opere per un piatto di minestra”. Erano appagati dalla bellezza delle loro opere, e vista la stima e la gratitudine che i montecastellesi avevano per lui, sarebbe stato trattato con i guanti bianchi.
14
Senza nulla volere
Le opere decorative di Cesare Agretti Prima di cominciare, Cesare volle indicazioni precise per non rischiare di deludere il gusto dei signori ed accontentare i loro desideri, ma questi lasciarono campo libero al “Maestro”, esponendogli solo quali erano stati i motivi che avevano fatto nascere il Teatro, chiedendogli che i loro nomi non fossero scritti nei palchetti (che ogni mese ruotavano a turno di proprietà) ma piuttosto quelli di scrittori, musicisti, autori di teatro che avevano più diritto di stare in un “Tempio della cultura”, costruito secondo i rigidi canoni del teatro goldoniano all’italiana. Così Cesare volle accontentarli mettendo nei palchetti, contornati da blasoni a mo’ di stemmi di casate nobiliari: Giacosa, Del Testa, Goldoni, Giacometti, Ferrari, Bersezio, Cicconi e Marenco. Nel palchetto centrale volle invece effigiare l’emblema della Concordia: due mani che si stringono contornate da un ramoscello di quercia e di alloro. Questi ultimi due elementi sono comuni a tutti quei paesi di costruzione romana esprimendo la robustezza delle costruzioni fortilizie (la quercia) e la loro regalità (simboleggiata dall’alloro). Siccome le parole sono importanti, anche i nomi hanno la loro storia: ecco di seguito una breve storia dei nomi effigiati sui palchetti. Bersezio Vittorio - Nacque a Peveragno (Cuneo) nel marzo 1828. Fu avviato dal padre alla carriera giuridica, ma proprio il corso di studi a Torino evidenziò la sua vena teatrale. Quattordicenne, affrontò il suo primo lavoro, “Le male lingue”, composto sui tradizionali canovacci goldoniani.
15
Senza nulla volere
Ferrari Paolo - Commediografo - Modena 1822. Partecipò alle cospirazioni e alle vicende politiche del Risorgimento. Una delle prime commedie e il suo capolavoro, è “Il signor Lorenzo”, e le sue sedici commedie nuove, sono ispirate a una profonda bonarietà goldoniana. Successivamente si diede prevalentemente alla commedia di argomento contemporaneo con lo scopo di difendere la vita borghese coi suoi pregiudizî, la morale spicciola, anche contro una legge morale assoluta, che può condurre al disordine della società. Giacosa Giuseppe - Colleretto Parella, 21 ottobre 1847. Drammaturgo, scrittore e librettista italiano, studiò a Ivrea, poi a Brescia e Modena, spostandosi in base ai trasferimenti del padre allora magistrato. L’attività di librettista di Giacosa si limita all’adattamento di una partita a scacchi per Pietro Abbà Cornaglia e alla collaborazione con Luigi Illica per le tre opere che Giacomo Puccini compose tra il 1893 e il 1904: “Bohéme”, “Tosca” e “Madama Butterfly”. Marenco Carlo Giovanni Battista - Nasce a Cassolnovo il primo maggio 1800. In quel periodo ebbe modo di approfondire la sua conoscenza delle tragedie di Vittorio Alfieri, Shakespeare, Alessandro Manzoni, Schiller, Goethe, Ugo Foscolo. Le tragedie di Carlo Marenco furono molto apprezzate da Alessandro Manzoni, da Nicolò Tommaseo e da Silvio Pellico, ed anche dai francesi Alexandre Dumas, Eugene Scribe e Victor Hugo.
16
Senza nulla volere
Goldoni Carlo Osvaldo - Venezia, 25 febbraio 1707. Goldoni è considerato uno dei padri della commedia moderna e deve parte della sua fama anche alle opere in lingua veneta. I testi goldoniani sono sempre legati a precise occasioni teatrali e tengono conto delle esigenze degli attori, delle compagnie, degli stessi edifici teatrali cui è destinata la loro prima rappresentazione. Il passaggio alla stampa modificava spesso i testi: l’autore si rivolgeva, con le edizioni a stampa, ad un pubblico più vasto ed esigente rispetto a quello che frequentava i teatri. Del Testa Gherardi - Nacque a Terricciola (Pisa) il 29 agosto 1814. Gli anni Cinquanta e Sessanta imposero Del Testa come uno degli autori più ambiti dalle maggiori compagnie teatrali e dagli attori più celebri. Compose per Adelaide Ristori “Il regno di Adelaide” e fu nominato socio onorario di molte accademie filodrammatiche. Nel 1856, benché toscano, conseguì la medaglia d’oro quale miglior autore drammatico nello Stato pontificio con Il padiglione delle mortelle. Giacometti Paolo - Autore drammatico italiano Novi Ligure 1816. Il suo teatro, che comprende fra tragedie, drammi e commedie un’ottantina di lavori in prosa e in versi, rivela soprattutto una notevole abilità tecnica sia che indaghi problemi sociali, sia che rievochi personaggi o eventi storici. Ricco di situazioni complesse, esso è però inficiato da un’innegabile retorica che infirma spunti e temi di per sé pieni di una viva carica drammatica che si alimenta nelle vicende di calda attualità. 17
Senza nulla volere
CicConi Teobaldo - San Daniele del Friuli 1824. Fu giornalista pugnace (fondò “Il Lombardo” e collaborò allo “Spirito folletto”) e poeta; ma la sua fama è legata ad alcune commedie patriottiche (“Troppo tardi”, “I Garibaldini”, ecc.) e a qualche tragedia ben costruita: “La figlia unica” (che ebbe una trionfale accoglienza), “Eleonora di Toledo”, “Pecorelle smarrite”, “La statua di carne”, ecc. Ferrari Benedetto - Musicista (Reggio nell’Emilia 1597. Studiò a Roma, e divenne il più rinomato tiorbista del tempo. Passò poi a Venezia, dove partecipò all’apertura del S. Cassiano (1637) con il libretto de “L’Andromeda”, musicato da Manelli. Nel 1638 scrisse il libretto de “La Maga fulminata”. Fu maestro di cappella a Modena.
Frontali dei palchetti con i nomi di commediografi e di artisti di teatro.
18
Senza nulla volere
Particolare del palchetto centrale.
Visione di insieme del teatro.
19
Senza nulla volere
I colori raccontano Il pittore racconta di se attraverso le immagini. Attraverso di esse, con l’aiuto prezioso dei colori o delle ombre, anch’esse utili se non altro per dare profondità, si può capire la personalità, come attraverso la scrittura. Cesare Agretti è certamente una persona delicata, profonda e ricca di buoni sentimenti, perché le sue pennellate non vanno ad incidere la materia su cui dipinge (fosse legno, tela o qualsiasi materiale a lui affidato) ma la sfiorano quel poco che basta per lasciare impressa nitidamente un’emozione. Le bombature dei palchetti non sono duttili come le tele di un dipinto che puoi girare a tuo piacimento. Qui il pittore ha dovuto lavorare in posizioni precarie e piuttosto scomode, dovendo adeguare i movimenti della sua mano a seconda dell’inclinazione del materiale su cui lavora. Non è certamente superficiale, anzi gioca e utilizza i particolari con grande maestria attirando l’occhio di chi osserva prima sull’insieme e poi guidando il suo sguardo attraverso i particolari. Se consideriamo la sua esperienza le decorazioni delle ville padronali avevano spesso questa funzione educativa dell’arte ad ammirarla in tutta la sua particolarità, che esaltavano la maestria dell’autore e qui Cesare non ha tralasciato nulla, neppure le venature degli alberi sulle colonne che sorreggono i palchetti. I colori austeri sono simbolo della “sacralità del tempio in cui si sta operando”. Cesare è pienamente cosciente che si trova in un vero e proprio tempio dedicato alla cultura ed i colori austeri dei palchetti, testimoniano questo profondo rispetto per l’arte, che trasmetterà al figlio Luigi.
20
Senza nulla volere
Il fondale dell’amore e del dolore Non appena si accede alla platea del teatro, la sensazione è quella di trovarsi avvolti da una grande magia che solo l’arte è capace di regalare. Tra le colonne e i palchetti appare nitido un fondale in cui è effigiato il panorama di Monte Castello scorto da un bosco di querce in primo piano. Questa è l’ultima opera di Cesare Agretti, un ultimo omaggio a questo paese considerato come sua “seconda patria”, dove trovò l’amore “o l’AMMISTADE” (l’amicizia come spiegheremo a breve) anche per la giovanissima Giulia strappata alla vita a solo diciassette anni.
Ingresso della platea.
21
Senza nulla volere
Il fondale dell’amore e del dolore. Sotto, particolare del ramo spezzato.
22
Senza nulla volere
Sappiamo per certo che questo fu l’ultimo omaggio a Monte Castello poiché da quel momento, lasciando le famiglie sgomente, Cesare salutò tutti promettendo che avrebbe mandato qualcuno a terminare i lavori, senza dare molte spiegazioni. L’arte racconta di una pittura più tenue, più romantica se così vogliamo dire, e sembra cozzare con i colori austeri dei palchetti. Quasi che l’Agretti vorrebbe qui rappresentare il suo momento di romanticismo: un vero e proprio inno all’amore, alle sue magie e a tutte le sue declinazioni. Il paese si staglia dalla sagoma delle colline tra le querce e in perfetto stile dell’artista è prima l’insieme a colpire. Poi si è guidati alla ricerca dei particolari come l’antica Chiesa di Santa Maria delle Grazie con annesso cimitero, la fierezza dei bastioni e delle mura di cinta e i folti rami che si intrecciano come la vita fa con l’amore. Durante il periodo di permanenza a Monte Castello, Cesare stringe amicizia con Giulia, una giovanissima ragazza, che rimane affascinata dalle sue opere poiché sin da piccola educata alla cultura del bello. Se riportiamo il significato della parola Amore a fine ‘800 esso esprime la sua forma più pura e più bella, dove il sentimento, la gentilezza e il garbo, fanno breccia nei cuori più che la passione. Il segno di questo dolore, che comunque non interruppe mai i rapporti con le famiglie e con Monte Castello, lo si può notare alla base del dipinto, dove da un ramoscello spezzato, simbolo della morte, spunta un verde germoglio, simbolo della vita. Questo tema fu particolarmente caro a Cesare, poiché profondamente religioso: spesso nei suoi soggetti, prediligeva associare a richiami di speranza e racconti biblici, così come poi fece il figlio Luigi.
23
Senza nulla volere
Durante il suo viaggio, Cesare volle fare un ultimo omaggio a Giulia. Trovandosi probabilmente nei pressi del Lago Trasimeno inchioda due tavole in legno e vi dipinge il panorama. Come suo stile l’occhio viene attratto dai particolari. Al centro del quadro spicca una stele funeraria (che sembra non avere alcun nesso con il soggetto rappresentato) nel quale si legge: “ALL’AMMISTADE DI GIULIA UN PICCIOL DONO ACCETTA – 1862” firmato dall’Agretti. L’Ammistade” è l’amicizia e ciò si ricongiunge al profondo sentimento che Cesare provava per Giulia troppo presto strappata alla vita. A contrasto con la stele vi è sotto una fonte con l’acqua, simbolo della vita, dove un ragazzino abbevera i cavalli (simbolo del veloce trascorrere del tempo). Qui probabilmente il pittore si fa bambino pur di rimanere sempre accanto a Giulia, ed anche questo particolare non è poi così raro, poiché spesso gli artisti si raffiguravano nei dipinti camuffando le loro sembianze. Il quadro fu poi spedito alla famiglia di Giulia, che ancora oggi lo conserva.
24
Senza nulla volere
Il dipinto di Cesare Agretti quale ultimo omaggio a Giulia. In basso il particolare.
25
Senza nulla volere
Luigi Agretti si presenta Nel 1891, con una lettera all’amico di sempre Silvio Rossi, Cesare Agretti annuncia che può finalmente mantenere la promessa di terminare le decorazioni del piccolo gioiello montecastellese lasciate incompiute, perché manderà suo figlio Luigi, anche lui “Senza nulla volere!”, per completare l’opera del padre. In un manoscritto conservato dalla famiglia Agretti, Luigi così si presenta: Privo di mezzi di fortuna ma ricco di brama dei miei, inizio da bambino come posso e da me qualche studio artistico. Quattordicenne mi reco in un paese dell’Umbria (Montecastello Vibio) a decorare il soffitto di un teatro, per il quale riscuoto lusinghiere orazioni e richiamato più volte alla ribalta dai Perugini accorsi all’inaugurazione. I giornali di Perugia dedicano sul mio conto colonne di elogi. Diciassettenne mi reco a Genova a far parte di un concorso per una borsa di studio, poiché la mia città ad altro ha preferito assegnare il sussidio. Vinto il concorso mi reco per il perfezionamento del mio studio a Roma sotto l’alta direzione del Com. Domenico Bruschi Prof. all’Istituto B.A. Sono di valido aiuto al detto professore (come ne fanno fede lettere del medesimo a mio padre) in molti lavori. Nelle decorazioni al Quirinale nell’occasione delle nozze d’argento del Re Umberto, sulle varie pergamene per la stessa occasione negli affreschi del Palazzo Scioè, in quelli nella cattedrale di Palestrina, dove mi vengono affidati dal Bruschi affreschi per mio conto. 26
Senza nulla volere
Son di aiuto pure in lavori a Perugia, e a Cagliari nella sala del Consiglio Provinciale. Ventitreenne sono eletto all’unanimità dal corpo accademico dell’accademia di Perugia Accademico di Merito ed il giorno, ricevo il regolare diploma. Questa onorificenza artistica mi viene conferita per il lavoro eseguito a mio conto in Perugia in vari palazzi ed alberghi di quella città. Ritornato a Spezia mi viene affidata la decorazione della sala dei matrimoni e eseguisco con certo amore e disinteresse. Per l’esposizione di Roma nel 1911 eseguisco per lo stesso municipio le tre allegorie per la sala della Spezia nel Padiglione ligure e vengo perciò chiamato in riviera a compiere importanti affreschi nelle diverse chiese e palazzi privati. Dall’illustre scultore Brizzolara sono chiamato a decorare un palazzo di sua proprietà in Chiavari. Sempre a Chiavari nel Palazzo Boletto dipingo nella facciata un grande affresco raffigurante “La qualità rifulgente nella razza Ligure”. Sono mie le decorazioni del palazzo Giorgi e del Palazzo Repetto in Lavagna. Nella Chiesa di Bacezza restauro gli antichi affreschi e ne eseguisco dei nuovi di mia invenzione. Nella cattedrale son chiamato a decorare pure soggetti religiosi. Sono miei gli affreschi nella Chiesa di Favale di Malvaro, di Verzi, di Cornia, di Caregli, di S. Maria di Sturla, nell’abside della Chiesa di Neirone dipingo due grandi quadri ad olio. 27
Senza nulla volere
Sono pure chiamato a Rapallo in ville private e nell’albergo Nettuno dipingo il fregio del salone da pranzo. Nell’abside della chiesa di Arcola vi dipingo due grandi quadri, L’apparizione della Madonna e L’Incoronazione. A Carrara dipingo un grande quadro riproduzione di grandi rocce nel salone della Cassa di Risparmio. Nel castello Fabbricotti sono mie tutte le decorazioni e così pure nella Villa Cocrane [sic] di Pugliola. Dipingo la volta del Teatro Cozzani di Spezia e infine le decorazioni nell’abside della Chiesa di Castelnuovo di Magra. Presentemente preparo gli studi per 3 grandi affreschi da eseguirsi nel Santuario della Chiesa del Ponte del quale lavoro è committente S.M. la Regina Madre.
28
Senza nulla volere
La formazione artistica Luigi Spagnoli Agretti nasce a La Spezia il 16 agosto 1877 da Cesare ed Emilia Picedi. A soli quattordici anni decora il Teatro della Concordia a Monte Castello di Vibio. Con il padre Cesare, consocio della Pubblica Assistenza, decora il soffitto della Sala Sociale di cui oggi non rimane nulla e nel 1893, inizia a studiare con Domenico Bruschi e collabora alla decorazione del Palazzo della Consulta al Quirinale e alla Sala Provinciale di Cagliari fino al 1897. Con Domenico Bruschi lavora, fino al 1897, agli affreschi dell’abside della Cattedrale di San Agapito a Palestrina. Nel febbraio del 1895 vince una delle due borse di studio di perfezionamento, durevoli tre anni, indette dalla Provincia di Genova di L. 600 dopo aver superato il concorso all’Accademia di Genova a cui avevano partecipato in sette. L’anno successivo esegue il sipario del Politeama Nazionale della Spezia, oggi non più visibile e di cui non esiste documentazione. Nel 1897 inizia a lavorare al Palazzo Angelini Salvatori in Piazza Danti a Perugia con Bruschi e il giovane perugino Ettore Filippelli fino al 1899. Il 19 aprile 1898 l’assessore alla Pubblica Istruzione della Spezia gli comunica che, su richiesta del padre Cesare, l’amministrazione gli ha concesso un sussidio scolastico di L. 150 per l’anno corrente. Nel 1899 lavora con Annibale Brugnoli alla Villa Cesaroni di Firenze e con Bruschi a Perugia lavora alla Villa della Contessa Lavinia Balzelli e nel 1901 per Brugnoli lavora a Palazzo Cesaroni a Perugia con un altro giovane artista Natale Faorzi. 29
Senza nulla volere
Nel febbraio dello stesso anno esegue i decori per un Veglione della Pro Italia al Politeama Duca di Genova della Spezia. Nel gennaio del 1902 diventa matricola Artistica della Società Artisti e Operai di Perugia. Organizza un Veglione con tema floreale per la Pro Italia. Nell’agosto del 1904 torna a Monte Castello di Vibio per affrescare la lunetta della chiesa di Santa Illuminata. A settembre dello stesso anno l’Accademia Belle Arti di Perugia lo nomina Accademico di Merito con relativo Diploma. Termina i lavori per l’Albergo Brufani e il Bar Milano di Perugia. Nell’aprile del 1904 viene incaricato di eseguire la decorazione per la Sala dei Matrimoni del Comune della Spezia. Nel gennaio ha dipinto le quattro stagioni sul soffitto della sala del locale “Rebecchino” nel Palazzo Paganini di via Duca di Genova della Spezia di cui non esiste alcuna documentazione. Nel febbraio esegue con il padre Cesare i decori al Politeama della Spezia per un veglione della Pro Italia e nel 1906 lavora per il Veglione della Pro Italia, “Una notte a Venezia”, al Politeama Duca di Genova della Spezia. Esegue i lavori per le sale della Stazione Ferroviaria della Spezia e dipinge tre allegorie nel soffitto dell’atrio. Nell’estate del 1907 viene invitato a concorrere per la decorazione del Salone Consiliare del Municipio spezzino, ma non ottiene la commissione e a dicembre decora la Cappella delle Suore della Casa di Misericordia alla Spezia. Nel 1911 esegue per il Comune della Spezia un paesaggio e tre allegorie per la sala nel Padiglione Ligure per l’Esposizione di Roma. In seguito viene nominato 30
Senza nulla volere
dal Sindaco della Spezia membro della Commissione incaricata dell’esame dei titoli dei concorrenti alle borse di studio fra giovani di merito speciale nello studio e spiccata inclinazione all’arte che, per disagiate condizioni economiche non sono in grado di poter frequentare i corsi di studio nelle Università, nelle accademie e nei Conservatori del Regno. Nello stesso anno esegue due opere per il Santuario di Nostra Signora degli Angeli di Arcola. Nel 1912 gli vengono commissionate due tavole per la chiesa di San Maurizio a Neirone che consegnerà l’anno dopo. Nel 1920 realizza il fregio allegorico della volta del Teatro Cinema Cozzani alla Spezia e nell’anno successivo viene incaricato di decorare la cappella di Santa Croce o del Sacro Cuore di Gesù del Santuario di Nostra Signora degli Angeli ad Arcola, che finirà nel 1923. nel 1928 affresca e decora l’abside e la navata della chiesa di Temossi e nel 1932 termina gli affreschi della volta della Parrocchiale di San Francesco a Lerici. Nel 1933 esegue l’affresco Battesimo di Gesù per opera di San Giovanni Battista che sovrasta il fonte del Battistero del Santuario di Nostra Signora degli Angeli di Arcola, mentre tre anni più tardi decora la cappella del Sacro Cuore nella chiesa di Santa Maria alla Spezia e gli viene commissionata anche quella di S. Giuseppe che, però, non realizza. Nel 1936 esegue i due quadri laterali dell’altare maggiore per la chiesa di S. Stefano d’Aveto. Affresca la volta della Parrocchiale di San Martino a Framura. Morirà l’anno dopo a La Spezia il 17 novembre. Le tappe della formazione di Luigi Agretti si svolsero in un ambiente le cui sollecitazioni culturali lo indirizzarono alla pittura verso la quale aveva subito dimostrato una particolare inclinazione perché con il padre Cesare il giovane lavorò in 31
Senza nulla volere
alcuni cantieri imparando i primi rudimenti. Fondamentale nel 1893 il suo primo viaggio a Roma dove collabora con Domenico Bruschi. Nella capitale Luigi ha modo di studiare Raffaello che diventerà uno dei suoi punti di riferimento costanti e ha occasione di venire a contatto con le aggiornate esperienze figurative. Di questo periodo e delle prime esperienze, si ha un’ampia testimonianza nelle numerose lettere scritte dai maestri al padre. Solo per brevità ne riportiamo di seguito quelle più significative. Roma 20 Giugno 1893
Carissimo Cesare Ti è latore della presente il tuo buon figlio Luigi: mi è caro scriverti di Lui, che si è sempre benissimo e con ogni convenienza condotto, nella sua permanenza al mio studio. L’ho trovato inoltre docile all’insegnamento all’arte: esso in poco tempo è entrato dentro a quei principi di serio disegno che sono indispensabili alla ottima riuscita: ho trovato che la sua mente è anche bene disposta al comporre, sicché me ne auguro ogni bene nell’anno venturo nel quale seguirà la composizione, lo studio degli stili, e dipingerà con severa regola d’arte. Debbo ora ringraziati del graditissimo invio dell’ottimo squisitissimo vino, e debbo pregarti di salutare la tua Egregia Consorte, alla quale sono debitore di risposta a gentilissima lettera. Non scrivo a lungo perché occupatissimo e ti saluto e stringo affettuosamente la mano, il tuo Antico Amico. D. Bruschi 15 Ottobre 1896 Carissimo Cesare Ti porgerà la presente il tuo ottimo Gigi, il quale viene a te, lieto di poterti essere utile ed io godo che tu abbia avuto 32
Senza nulla volere
occasione di buon lavoro; ed è sacrosanto dovere del figlio aiutarti / e fare per te, eccellente Padre, il suo possibile. Certo che io desidero molto il suo ritorno, poiché essendo rimasto indietro con i miei impegni l’aiuto forte, di questo raro giovane, mi è preziosissimo. Mi gode l’animo ancora, perché Gigi, dopo questo lavoro, potrà fare qualunque lavoro a fresco, poiché dopo poche prove ha potuto dipingermi due grandi figure isolate facendosi da sé le tinte, e conducendole a fresco bene e rapidamente. Nessun giovane ha mai potuto fare altrettanto. Che dirti poi della bontà amicizia modestia di questo nostro carissimo Luigi? Ti basti: che tutti quelli che lo conoscono, lo amano moltissimo. Anche in Perugia è stato benissimo accolto e mi ha aiutato moltissimo facendomi tutta la decorazione di un salotto, dipingendovi poi quantità di fiori, mirabilmente. Basta, rimandamelo presto, poiché ne ho vera, assoluta necessità. Tanti ossequi a tua Consorte, dicendomi sempre tuo aff.mo antico amico. D. Bruschi
La carriera di studente di Luigi procedette con piena soddisfazione e il giudizio che di lui fu stilato dai professori era ottimo così come la fama che stava guadagnandosi, soprattutto, in Umbria. Nel 1902, infatti, gli viene offerta la Matricola Artistica della Società Artisti e Operai di Perugia con l’invito di illustrare una lettera dell’alfabeto in pergamena così come, precedentemente, avevano fatto altri artisti, compresi i suoi maestri:
33
Senza nulla volere
Perugia, lì 10 Gennaio 1902 Società Generale di Mutuo Soccorso E COOPERAZIONE FRA GLI ARTISTI ED OPERAI NEL COMUNE DI PERUGIA OGGETTO: Matricola Artistica Questa Associazione ha stabilito di formare una matricola dei Soci Onorari, per tramandare ai venturi i nomi di tanti benefattori che cooperarono moralmente e materialmente all’incremento dell’associazione. Prendendo esempio da quello che fecero, nei tempi a noi remoti, consimili sodalizi, vorremmo che fossero uniti a tale matricola lavori-ricordo di artisti perugini, onore della città che die’ loro i natali. Essendo, e con ragione, V.S. annoverata fra questi, muovo preghiera per domandarle di favorire l’associazione con un suo lavoro da eseguirsi nel più breve termine possibile, e così anche Lei acquisterà un titolo di benemerenza verso la classe operaia. Questa Amministrazione nutre fiducia che Ella vorrà cooperare a che l’idea possa avere il risultato bramato, avendo per unico scopo la gratitudine verso chi diede il suo obolo a vantaggio dei lavoratori. In attesa di un suo sollecito quanto gradito riscontro affermativo, ho l’onore di rassegnarmi della S.V. Ill.ma Devotissimo Il Presidente
34
Senza nulla volere
Perugia, lì 6 Febbraio 1902 Società Generale di Mutuo Soccorso E COOPERAZIONE FRA GLI ARTISTI ED OPERAI NEL COMUNE DI PERUGIA OGGETTO Matricola Artistica Grato a V.S. Ill.ma per la cortese adesione all’invito di prender parte con un suo lavoro alla matricola artistica che questa associazione compila per tramandare ai posteri i nomi di tanti benefattori, mi faccio in dovere rimetterle la pergamena ove potrà eseguire il disegno attenendosi, per quanto è possibile, alle norme indicate nell’allegato, e ciò per ottenere l’uniformità, avvertendola in pari tempo che nello spazio all’uopo riservato dovrà esservi la lettera P. Grazie di nuovo della sua opera cortese, anche a nome dei beneficati. Con stima ed ossequio Dev.mo In questi anni Agretti lavora molto a Perugia e, quindi, nel 1903 l’Accademia Belle Arti lo nomina Accademico di Merito con relativo Diploma e ciò è da leggersi come un importante momento della notorietà da lui raggiunta. In un giornale spezzino, infatti, è scritto: “L’Accademia di belle arti di Perugia, fra le prime in Italia per antichità di fondazione e fama d’insegnamento, ha testé ascritto nel suo albo, fra coloro che con meriti non comuni coltivano, amano e tengono in fama le arti del bello, il sig. Luigi Agretti nominandolo Accademico di Merito. Tale onorificenza ha 35
Senza nulla volere
un alto significato per il giovane pittore nostro concittadino messo a fianco ai nomi illustri dei più insigni artisti, perché conferita in seguito ai pregevoli lavori di recente eseguiti dal sig. Agretti nella capitale Umbra
Diploma dell’Accademia di belle Arti di Perugia.
Agretti era solito dire che da Brugnoli aveva appreso l’uso e la conoscenza del colore e, sicuramente, anche quel complesso tessuto simbolico della mitologia e della storia, strettamente connesso a soddisfare le esigenze della committenza che richiedeva, in questi decenni, grandi opere decorative. Il pittore umbro era amico di Cesare Agretti e di Domenico Bruschi, ma, a differenza di quest’ultimo, avendo apprezzato la qualità di Luigi, intendeva utilizzarlo come assistente per lavori impegnativi. Ne sono testimonianza le lettere indirizzate a Luigi per averlo con lui. La lettera di seguito ne è un esempio. 36
Senza nulla volere
Firenze 24 Agosto 98
Carissimo Gigi Dall’amico Prof. Bruschi ho avuto l’assicurazione che per il 20 Settembre saresti stato immancabilmente in Firenze. Vedi se tu potesti di affrettarne tale epoca perché avrei necessità che tu mi facesti vari studi di animali al museo ornitologico, ed altro a ciò molti altri studi sia dal vero che dalle antiche pitture, cosa credo potrà giovarti non poco. Vi sono varie decorazioni che tu potresti fare, per cui prima puoi venire e più mi fai piacere. Ti prego intanto volermi rispondere subito e dirmi con certezza il giorno della tua venuta anche perché un paio di giorni prima possa mandarti i denari per il viaggio senza che tu ti offenda. Salutami tanto gli amici ed in particolar modo Bruschi al quale auguro tutto il bene possibile compresa la inesauribile vitalità di pensiero e azione. Quando arrivi a La Spezia non dimenticarmi presso quel Brigante di tuo padre e di dire tanti cose affettuose per me a Filduccia e Ciumachella che spero presto rivedere altrettanto nei seminari alla tua ottima Madre sorellina e fratello a Ciccio poi le scriverai che si provveda di buone mutandine a tutti una stretta affettuosa di mano dal tuo affmo A. Brugnoli A Bruschi scriverò quanto prima. Ciao
37
Senza nulla volere
Luigi Agretti, il “giovin portento” L’arrivo di Luigi Agretti a Monte Castello è accolto con gioia, nonostante la giovanissima età poiché appena quattordicenne. Luigi non aveva ancora fatto grandi opere, né la sua fama si era sparsa in tutta Italia, ma la stima nei confronti di Cesare e rivedere in quei tratti giovanili le sembianze dell’amico lontano, superano i primi dubbi, subito fugati non appena lo vedono all’opera. Certamente il papà l’aveva istruito a dovere raccontandogli nei minimi dettagli il piccolo teatrino montecastellese, degli ideali che avevano contribuito a farlo nascere, della bontà d’animo di quelli che vollero costruirlo e di Monte Castello, sua seconda Patria. Davvero si erano scuriti i colori già austeri dei palchetti a causa del fumo prodotto dalle candele e dalle lampade e diventava assai arduo riprendere uno stile, quello del padre, troppo lontano da lui. Egli si lasciò guidare dall’intuito, dall’estro, dalla fantasia che i suoi anni giovani soffiavano come il vento. Perciò cominciò con la decorazione dei quattro palchetti di proscenio “le Barcacce”, decorandole con un trionfo di fiori. Già i fiori, Luigi Agretti sarà noto decoratore proprio per le rappresentazioni floreali. Quindi decorò con delle maschere di Carnevale gli stipiti posti a separare le Barcacce dai palchetti (il periodo delle decorazioni risale infatti tra Gennaio e Febbraio del 1892).
38
Senza nulla volere
Il plafone Essendo la spazio angusto e dovendo dare profondità il plafone diventò come una grande tenda appuntata al cornicione dei palchetti di secondo ordine lungo tutto il suo perimetro. Anche lui come il padre vuole colpire subito l’occhio dello spettatore con qualcosa di grandioso, per poi guidarlo a scorgere i particolari fino a perdersi dentro il dipinto. Quel soffitto scuro ben presto diventò un’esplosione di fiori e di colori, dove dominano le quattro figlie delle ore che ruotano attorno allo stemma centrale, dove i putti reggono la torre merlata e le frasche di quercia e di alloro. Alternate alle figlie delle ore inscritte negli ovali con fondo azzurro, Luigi rappresenta l’allegoria della Dea Concordia: il volto di donna ed il corpo di uccello, quindi, proprio sopra al palcoscenico, ferma le ore alle otto e trenta, inizio degli spettacoli o delle danze, in un ideale gioco del tempo, che pur continuando a scorrere si ferma quando ci si comincia a divertire. I colori raccontano La vivacità dei colori, di recente restaurati, raccontano di una personalità con uno spiccato senso del gusto dotato di genio creativo che non seguono un preciso schema ma lasciano libero sfogo alla fantasia. Nonostante la pennellata sia data in modo quasi impercettibile tanto da non lasciare croste, il colore è brillante, curato nei dettagli ma eseguito con grande rapidità, quasi non riuscisse a stare dietro alla sua fantasia. Anche se è un’opera giovanile denota una profonda inclinazione alla novità artistica. Come nel plafone, anche nel foyer Luigi esalterà la tecnica pittorica del trompe-l’œil, letteralmente “inganna l’occhio”. Il genere pittorico che, attraverso espedienti, induce 39
Senza nulla volere
nell’osservatore l’illusione di stare guardando oggetti reali e tridimensionali, in realtà dipinti su una superficie bidimensionale. Il trompe-l’œil consiste tipicamente nel dipingere un soggetto in modo sufficientemente realistico, da far sparire alla vista la parete su cui è dipinto. Conosciuto sin dal IV secolo, conobbe la sua massima espressione in Francia e quindi in Italia, soprattutto nel Nord (Lombardia, Liguria, Piemonte), ma ancora poco sviluppata in centro Italia.
Il plafone
40
Senza nulla volere
Il foyer Nel foyer, posto al livello del secondo ordine di palchi, il pittore, immaginando un grande padiglione sorretto da canne di bambù e rivestito da ricchi tendaggi con rappresentazioni di scorci del territorio umbro, ha creato un’ambientazione campestre che prolunga la finzione teatrale anche fuori dello spazio scenico. Il soffitto a volticine è decorato da sottili intrecci di canne che reggono stemmi di quattordici città italiane fra le quali Firenze, Roma, Venezia, Torino, Genova, Perugia, Todi e, naturalmente, Monte Castello di Vibio. Le pareti sono interamente ricoperte da un finto drappo, bianco all’interno, rosso all’esterno, sollevato in corrispondenza degli angoli per consentire di vedere il paesaggio circostante. L’effetto illusionistico è accentuato dalla presenza di oggetti abbandonati sul parapetto (giornali, stampe, riviste, libro, calamaio, penna d’oca) che sembrano alludere all’uso del locale, dove in effetti i caratanti si incontravano per discutere di attualità, di lettere, di arti e di teatro nonché delle principali vicende dell’epoca. La stessa presenza del focolare all’interno della sala sta a dimostrare come questo ambiente fosse una sorta di “salotto buono” dei signori del paese. Sulla parete, dalla parte della scalinata, fa capolino un gattino nero che faceva compagnia a Luigi mentre lavorava e, su un finto cartiglio del giornale locale “L’Epoca” raffigurante la torre di Porta di Maggio, si può leggere la firma autografa e la dedica dell’artista: “Salve ameno colle, nostra patria”. I colori del cielo vanno dal blu intenso rispettando la scala cromatica fino al bianco, quasi a voler simboleggiare il tempo occorso per decorare tutto, in solo due mesi, compreso il restauro dei palchetti dipinti dal padre: “dall’alba al tramonto!”. 41
Senza nulla volere
Il Foyer e alcuni particolari
42
Senza nulla volere
In questo teatro Agretti sprigionò le sue prime espressioni artistiche e ottenne un grande successo come attestato dai numerosi telegrammi inviati ai suoi familiari e al sindaco di Monte Castello di Vibio, conservati nell’archivio dell’artista, in occasione dell’inaugurazione: Telegramma a Cesare Agretti del 16 febbraio 1892 Cittadinanza desidera dimostrare affetto famiglia Agretti aprendo 28 febbraio teatro filodrammatico / tendente risoluto venire parti. Gigetto impossibilitato detto giorno compiere / lavoro segue lettera se rispondi / tardi. S. Rossi
Telegramma a Sindaco Montecastello del 3 marzo 1892 da La Spezia Ringrazio graditissima partecipazione complimenti Agretti per trionfo nel campo / dell’arte. Sindaco Pontremoli Telegramma ad Emilia Agretti del 2 aprile 1892 Dipinti Gigino entusiasmarono cittadinanza e Todini accorsi apertura: affetto materno e applauso popolo concorrano avvenire glorioso / distinto giovanetto. Sindaco Monte Castello Vibio
43
Senza nulla volere
L’omaggio della stampa
L’Unione Liberale
CORRIERE DELL’UMBRIA (Anno XI n. 54)
Mercoledì – Giovedì 9-10 Marzo 1892 La provincia (Nostri Carteggi) – MONTE CASTELLO DI VIBIO – 1 MARZO (ritardata). Ieri sera ebbe luogo la riapertura del nostro Teatro dopo tanti anni di un lunghissimo delirio finalmente restaurato e rimesso a nuovo. Fu veramente una serata allegra, brillante, e per noi assai commovente come una di quelle serate indimenticabili che lasciano una memoria nella storia del nostro paese. Era proprio un bisogno incalzante di civiltà che ci spingeva al restauro di quel locale edificato dai nostri bravi vecchi sul principio del secolo. Essi tramandarono in noi il completarlo e vestirlo di una forma elegante e conveniente. Dopo molte lotte e difficoltà superate la Società del Teatro della Concordia approvò le proposte dei restauri limitati alla sola convenienza e basta. Perché poi riuscisse anche elegante noi avemmo la nostra stella come quella Italia che bella e sfolgorante di luce mattutina sorgeva dalle acque azzurre del mare che fa golfo a La Spezia. Il bravo pittore Cesare Agretti, perugino, ora domiciliato a La Spezia, per un incidente qualunque, venuto a congiunzione che la società intendeva a miglioramenti del Teatro scrisse al Cav. Silvio Rossi Sindaco benemerito e deputato della Società: “… so che restaurate il vostro Teatrino. Senza alcun interesse, mando mio figlio a decorarlo nella pittura, poi verrò io”.
44
Senza nulla volere
A comprendere tanto slancio di generosità e d’affetto, è bene sapere che l’Agretti qui passò, così egli dice, i folleggianti e belli anni della sua vita giovanile, quindi benché lontano ha sempre rammentato con affetto sincero i molti amici ed il luogo dei suoi più cari e soavi ricordi. La sua gentile e generosa offerta “mando mio figlio” fu una scintilla che riaccese di vive fiamme il ricambio dell’antica amicizia fatta oggi per noi più forte e doverosa anche per sentimento di gratitudine e riconoscenza. Accolta dalla Società con una festa di entusiasmo, l’offerta del caro Agretti sul finir di Gennaio, guidato dalla luce dell’amica stella, da La Spezia giungeva a noi il caro Gigetto, figlio del nostro buon Cesare. “Che debbo dire di questo giovinetto che a quattordici anni è già un portento!?… Questo giovinetto buono, modesto, amabile, io vorrei prenderlo sulla palma della mia mano ed innalzandolo al Pubblico, direi: vedi questo fanciullo!? questi è una futura gloria d’Italia… è una speranza dell’arte!… Ne vuoi una prova? entra nel piccolo Teatro del mio Paese e guarda ammirato quanta copia di bellezze quale armonica disposizione di tinte, quanta abbondanza di arte ispirata, il genio ed il pennello di questo giovinetto nel giro di pochi giorni ha saputo trasfondere su quelle volte e su quelle pareti! questo è il giudizio solenne; non è il mio soltanto e dei miei concittadini; ai quali una benda campanilesca potrebbe far velo, ma è giudizio e di quei di fuori e specialmente dei nostri egregi vicini di Todi che intelligenti e buon gustai dell’arte ammirarono il lavoro del piccolo Agretti”. Dopo questa necessaria digressione torniamo alla sera del 29 resa più festosa e brillante dall’intervento della distinta filodrammatica Tuderte. Il Dottor Mario Pellegrini aprì la serata con un Prologo in versi adattato alla circostanza e fu felicissimo in molti punti della sua lirica sempre elegante e slanciata specialmente quando presentò all’ammirazione del 45
Senza nulla volere
pubblico il giovinetto pittore, cui la Società volle testimoniare in quel momento un tenue segno della sua riconoscenza. Seguì la graziosa commedia “Fatemi la Corte” dove gareggiarono in abilità la signora Bigini, la signora Luzi, l’Avvocato Brevetti, l’Avvocato Bigini ed il Professor Ceci. Dopo la commedia venne rappresentata la farsa: “I due Ciabattini”. Tutti egregiamente a tutti un bravo di cuore e fiori e mille applausi con battute di mani fragorose e ripetute. Anche il Concerto Municipale eseguì negli intermezzi scelte armonie sull’Opera “La Favorita” e il M. Piccini che con quella sua abilità veramente magistrale eseguì una sua fantasia originale per Clarino sotto il titolo di “Reminiscenze Siciliane”. Una cena dopo il Teatro chiusa fra cento brindisi e piena di buon umore continuò sino a tarda notte l’allegria serena e beata da far dimenticare la noia di una vita ordinariamente apatica e sconfortante. A titolo di giustizia è dovere ricordare che tanto contribuirono alla buona riuscita del divertimento l’opera attiva ed indefessa del Cav. Rossi e del Dott. Lelli e di altri cittadini ai quali va una parola di lode e di ringraziamento sincero. “È inutile parlare dei pittori Agretti Padre e figlio. Possono essi esser certi che noi non li dimenticheremo mai…. e mai…. che eterno sarà il nostro ricordo la nostra gratitudine per Loro. Essi possono esser certi che ogni qual volta varcheranno la soglia del Teatro il nostro cuore balzerà palpitante di affetto, e che un tenero bacio un lontano sospiro d’amore per quei due Generosi sarà corrente continua da questo ameno Colle alla sponda Tirrena!”.
46
Senza nulla volere
Ode a Luigi di Mario Pellegrini MONOLOGO DI RINGRAZIAMENTO A LUIGI AGRETTI Nell’inaugurazione del restaurato Teatro della Concordia al quindicenne giovanetto LUIGI AGRETTI che con mirabile opera di pittura e generosa liberalità di animo decorava la sala, il presente prologo interprete della entusiastica gratitudine dei concittadini dell’alta ammirazione dei forestieri offre ringraziamenti ed auspici di glorioso immancabile avvenire
O MIO GIGINO In questa sera o amabili Signore, o miei Signori, in mezzo a tanta gloria di splendidi colori che la sala sì squallida del Teatro, mutata hanno in un nido fulgido di sovrumana fata; non io turbare il gaudio vorrei con versi sciocchi il gaudio che nell’anima trabocca giù dagli occhi. Però mi ha detto l’inclito ragazzetto divino che rese così nitido il nostro Teatrino che l’ombre anch’esse servono nel quadro a qualche cosa, fanno spiccar l’immagine più bella e luminosa. 47
Senza nulla volere
Perciò Signore amabili, non la musa negletta, ma arrida a voi la causa che le mie rime detta. Proseguendo l’istoria che a noi rammenta come i nostri padri eressero della Concordia al nome questo Teatro, scrivere così dovremo noi. Il tempo che indomabile sotto gli artigli suoi guasta, deturpa, invecchia, gli uomini e le cose già reso avea uno scheletro di tavole corrose il Teatro; guardavano sospirose impotenti al deperir continuo le paesane genti. Quando un gentil, che patria non ebbe in questo colle, ma che ama al par di patria queste tranquille zolle, che i giorni bei rammentano al nobile suo cuore quando la vita in estasi era per lui d’amore; dal mar Tirren mandavaci un fanciullo portento. Al suo pennel (un magico sovrumano istrumento) in un baleno sursero donne vezzose e fiori che nei giardini sembrano 48
Senza nulla volere
colti sui primi albori. I muri pria sì squallidi or sono pinte aiuole e festeggianti inneggiano del genio al divo sole. Splende sereno l’aere: tutta una primavera di fior, di luce rosea or qui gioconda impera. Ma invan l’arte mirabile di fregi e di colori lodare io tento; sentono solo commossi i cuori. Ed or, qual degno premio a sì gentil lavoro? Disprezza quel magnanimo vile mercede d’oro. Compenso ei sol desidera che noi serbiamo ognor dell’opra sua memoria nel nostro grato cuor. E noi giuriamo unanimi che il nome degli AGRETTI avrà amore e plauso nei cittadini petti finché il sole benefico a questo patrio colle darà fiori e letizia, e messi a queste zolle. E tu fanciullo, allegrati, al bacio della gloria. Non odi?. Intorno salgono i canti di vittoria; un avvenire fulgido l’arte dischiude a te, 49
Senza nulla volere
pe’ suoi sentieri floridi volgi fidente il pie’. Fra le speranze giovani già scrisse in lettre d’oro il nome tuo Italia, cresce per te un alloro; ma tu fanciullo amabile nell’anima cortese accogli anch’esso l’umile plauso del mio paese. Come divina immagine sopra votivo altare mentre i tesori accoglie d’oro e di gemme rare; di villanella ingenua non sprezza il casto fiore, dolce e modesto interprete di suo fervente amore.
50
Senza nulla volere
Monte Castello di Vibio, 29 febbraio 1892
MONOLOGO DI RINGRAZIAMENTO A LUIGI AGRETTI Quando cresciuto negli anni la tua gloria sarà giunta al meriggio ed il tuo nome andrà celebrato fra i grandi pittori d’Italia gli amatori del bello saliranno l’erta di questo colle per ammirare la splendida aurora di un genio immortale noi gelosi custodi dell’opera tua ci esalteremo nel nobile orgoglio di aver glorificata la tua fama nascente, di aver intrecciato i primi ramoscelli alla tua corona d’artista. Giovane di speranze sublimi che già maestro nel pennello lasciò in questo Teatro ricordo imperituro di quanto possa il valore dell’arte LA SOCIETA’ DEL TEATRO DELLA CONCORDIA grata riconoscente.
51
Senza nulla volere
Corrispondenze dall’Ottocento Le lettere che Silvio Rossi scrive al suo amico Cesare, sono l’ennesima testimonianza di un profondo sentimento di stima e reciproco affetto non solo tra i due, ma con l’intera comunità montecastellese. Più volte Rossi racconta gli eventi accaduti in paese e da notizie in merito ad alcuni cittadini del paese conosciuti da Cesare Agretti durante il suo soggiorno in paese. I due sono coetanei dato che Cesare nasce nel 1840 mentre Silvio nel 1842 e una volta conosciuti nel 1857 (a 17 anni come ricorda in una lettera), condividono ideali, passioni, divertimenti e tutto ciò che porta con sé la gioventù. In una lettera Silvio Rossi farà anche una gradita sorpresa a Cesare, accludendone una del figlio Luigi. Le lettere sono state riordinate in ordine temporale fino a quella del 16 aprile 1907. Quindici mesi dopo Silvio Rossi muore. Monte Castello di Vibio 20 Marzo 1892 Gentilissima Signora, Se la mia penna sapesse esprimerle quanto di affetto sente il mio Paese, e il mio cuore per il suo Cesare e per il suo Gigetto. E Te Tilde io sarei senza dubbio il cittadino più felice dell’Italia tutta. Cesare! … il mio biondo Cesare … è il mio più caro amico, e ne vado fisicamente orgoglioso. Aveva 17 anni quando ebbi la fortuna di conoscerlo, e le nostre anime si compresero … si baciarono, e a lui devo, se la mia gioventù fu cosparsa di un sorriso di gioia. Fa tanto bene all’anima accasciata dalle disillusioni che offre la società, avere uno che intenda l’interpreta ci conforta per cui conosciuta la bontà del mio cuore, la correttezza della mia mente sognai sempre la sua 52
Senza nulla volere
figura e sempre rimpiangevo la lontana che ci divideva. Gigietto poi, e Tilde sono due cari fiorellini che fan lieta e ridente la vita dei loro genitori, consolano anche chi ha avuto il piacere di conoscerli, di apprezzare le qualità rarissime della loro mente e del loro cuore per cui assicurano i genitori e gli amici che le virtù del padre e della madre loro si perpetueranno, e il profumo delle loro doti ci promettevano di dire: Oh viva Dio, non è tutto finito nel secolo decimo nono e sebbene l’egoismo predomini l’affetto e lo slancio, gli ideali belli e redenti dell’umanità che passa, da certe anime privilegiate sono ancora coltivate. Mi rallegro con lei adunque per la fortuna che ha avuto di avere salvato la sua vita e quella del mio amico, e di avere nutrito ed educato quei due gioielli dell’anime vostre: Tilde e Gigietto. Accolga anche i miei ringraziamenti per il sacrificio che ha sostenuto nell’essere stata tanti giorni lontana da sì preziose mistanze (amicizie). Spero però che la generosità del suo cuore vorrà perdonarmi: come pure sarei lusingo se vorrà essere meco indulgente la mamma del mio Cesare, il cui sospiro caldo e affettuoso per il figlio per i nipoti, sento ripercuotersi su questo ridente colle della sua verde Umbria In ogni ora e in ogni minuto che mi resta ora a dire: una cosa sola: una nell’animo mio … Cesare mi ha dato il permesso. Silvio Rossi di fare al più presto la conoscenza sua. Ecco il sogno di chi si protesta. Suo devoto amico Silvio Rossi
53
Senza nulla volere
Monte Castello 27 Maggio 1894 Mio caro Cesare Sarebbe ora di incontrarsi non è vero? Se da ogni angolo d’Italia si grida Economie, purtuttavia queste non devono spegnere gli ideali più belli , i sentimenti più nobili, e la tassa postale di 20 centesimi – non dovrà imperare gli slanci del cuore – ne cancellare un passato sacro agli annali dell’amicizia ed esemplare per le generazioni che ci incalzano. Ma forse io sono allucinato in questo momento. Ma che tassa d’egitto! eh! eh! sono le occupazioni continue, il lavoro incessante che ci assorbe, la proverbiale fiaccona emotiva che atrofizza la mano benché il cuore viva, palpiti e sospinga il sangue per tutto l’organismo? La seconda ipotesi mi piace forse la più probabile ed ammissibile. Ed ora che l’esordio è finito veniamo al meglio a furia di punti interrogativi. Dimmi un po’ cosa fa la tua buona ed ottima moglie? La Tilde? E Gigino? Ma questi non potrebbe per uno o due minuti depositare il pennello e prendere la penna? E Scarlatti? Si è poi verificato il matrimonio con Tilde? E Galimberti ? E il maestro di musica? Ed ora saliamo ad Arcola. I nonni che cosa fanno in quella torretta? E la buona zia del mio Gigino? E il Sagrestano? E i tuoi piccoli figli sono cresciuti? E quelle signorine che fanno corona alla tua moglie stanno bene? Insomma, io desidero un po’ di notizie. Qui tutto è in calma e nulla di nuovo è avvenuto. Meno l’affermazione di una numerosa società cooperativa di cui bandiera fu testé inaugurata. La festa riuscì benissimo, e la dettagliata corrispondenza ti è stata spedita da Pipetto come la potrai leggere sul giornale “L’Unione Liberale” che avrai al seguito di questa spedita. La mia moglie sta benino – relativamente – ha un occhio che la tormenta. E’ minacciata 54
Senza nulla volere
da un glaucoma. D. Filippo sta bene, ma invecchia. Quella Perpetua ogni dì gli accorcia la vita! Pipetto ha aperto un negozio in cui guadagna meno male. Ti accludo una cartolina. Leggila. Il giovane di cui parla la Luisa Zennoni – è un lontano affine di Lucia, La madre non desidera che una cosa … di essere avvisata che ci gettasse anima e corpo nelle combriccole di bricconi, che oggi pullulano dappertutto. Io gli spedirò un biglietto da visita. Egli te lo presenterà e servirà a fartelo conoscere. Conosciuto ti sarà cosa facile sorvegliarlo alla lontana, senza che ci perda tempo, o debba fare altro. L’Irene che mi prega è la moglie del pittore Sabatini e sorella a suo tempo della Lucia madre di Francesco – nipoti del primo marito di Lucia – del fu povero chirurgo Ferroni Scipione che forse ricorderai allorquando eri in Todi. Ricordami a tutti e in modo speciale a Gigino. Porta i miei affettuosi abbracci e credimi sempre tutto. Tuo appassionato Silvio Rossi Monte Castello di Vibio 1 Marzo 1895 Mio caro Cesare, Dà subito un bacio per me ma caldo e sonoro al mio caro Gigetto. La tua cartolina fece subito il giro dell’intero paese – il quale lieto e orgoglioso esultava innanzi alla notizia che annunziava la vittoria riportata da Gigino nella superba Genova. Tutti in coro dicemmo: Oh perché non è qui! Per coprirlo di fior, baci e carezze!! Te felice che hai il caro e prezioso figlio – il quale un giorno – profezia vecchia formerà il tuo orgoglio e quello dei tuoi amici e per me anche dall’Italia nostra. Ho letto sul giornale Il Secolo XIX che Genova offre £ 600. ma sarebbero poche. Ma io spero che la borsa venga riempita 55
Senza nulla volere
strada facendo con molti soldi – anche dal Comune di Spezia. Su dimmi ripartirà presto per Roma? Figurati la mania che io ho di essere informato di tutto! Mi preoccupo di come ritardare a prendere la penna e relazionarmi dettagliatamente di tutti. Avrei voluto essere sulla tua famiglia al ritorno di Gigino! Ma c’ero … c’ero …. col desiderio dell’anima … con l’affetto che ardentissimo sento per quel caro giovanetto. Su dimmi cosa fa la tua signora? E Tilde? Dovrò scriverle che Lucia è sofferente agli occhi per un glaucoma – ma lo farò tra pochi giorni. Sono tante le preoccupazioni, i piaceri e le afflizioni che talvolta ti levano la voglia, talvolta il tempo. I nonni di Arcola sono vivi ancora? Avete avuto le nevi ? Io un inverno così rigido non lo ricordo davvero! Il piccino mi piace, come viene su? Anche lui vuole combattere coi pennelli ed emergere come il nostro Gigino? E il maestro del Concerto quando viene qua coi piccoli? E’ Scarlatti quando si addolcisce la bocca? Ami le nostre notizie? Eccole. Il paese è ritornato in calma e le due società di fratellanza si sono riunite riunite ! Siamo riusciti a fonderle! Masci ha rinunziato all’impiego di Segretario e la pensione che il Consiglio Comunale gli ha concesso, l’ha devoluta a beneficio dei poveri - ovvio - alla Congregazione di Carità con l’obbligo che fondi un ospedale. Il sacrificio non poteva essere né più nobile, né più splendido umanitario per eccellenza!!! Nel comunale nel tempio della civiltà, dove adoriamo la famiglia Agretti, sono state fatte 4 recite e quattro veglioni. Quando si sta là tutti ti ricordano, come ti rammentano sempre i più caldi e leali amici. D. Filippo sta bene, e gira tutto il giorno intorno alla gonna della sua Perpetua. Pipetto si è dedicato al commercio e non pensa che ad intascare danari. Lipparoni sempre più si gonfia. E’ stato nominato Segretario comunale. Si sta pensando di fare un fondo per far dipingere la sala 56
Senza nulla volere
comunale a Gigetto, che sarà da te accompagnato. E’ finito lo spazio! Salutami tutti quelli che mi ricordano. Bacia di nuovo Gigino. Tu puoi godere delle sue attenzioni come vorremmo fare tutti noi. Tuo amico Silvio Rossi Monte Castello Vibio, 20 Gennaio 1896 Rompiamo il silenzio, però mettendo le cose al posto. Tu adesso ti presenti in ribalta con l’intonazione di un baritono, e reclami una risposta, ti lamenti della trascuratezza degli amici, e non sai a qual ragione attribuire questo contegno. Io ti scrissi da Perugia, “da Roma” in una lettera di Gigino, e tu non ti curasti di rispondere, silenzio su tutta la linea. Perché tanta trascuranza con gli amici? Aggiungi al tuo silenzio la scortesia che mi fece Gigino di non venire a Monte Castello, e poi dimmi chi dei due ha ragione? Credilo; io fui addolorato quando intesi che Gigino era partito da Perugia senza aver mantenuto la promessa che mi aveva fatto con tanta solennità. Io stesso seduto al piano del prof. Boccali domandai a lui il permesso di condurlo a Monte Castello per qualche giorno, e l’ottenni esplicito e perentorio. Si vede che Monte Castello e i montecastellesi lo amano, lui sente per questo paese quell’affetto che senti tu. Ma ora cosa fatta capo ha. Qui la vita è sempre uguale e se noi soffriamo è sempre per colpa di colui che voleva del Teatro farne un mulino. Ma non abbiamo paura perché il sentimento di unità non è ancora morto ma vive ancora e non si stanca di difendere tutto ciò che ancora alla civiltà è propizio. La salute è ottima giustamente e la morte non ha registrato 57
Senza nulla volere
più vittime. Dei nostri amici perdemmo Michele Fabrizi, Claudio Lelli che andò a Napoli e oggi è ritornato tra noi, se non a Monte Castello a Perugia. La mia Lucia sta benino, ma le diminuisce sensibilmente la vista! Masci sta bene è in pensione ma non abbandona l’idea di costruire un ospedale per il povero di Monte Castello, con le sue poche sostanze. Abbiamo la farmacia aperta ed è nato il primo negozio del pane: là ogni sera si faceva una partita. Ora si smetterà perché avremo le prove al Teatro per dare due recite nelle ultime due domeniche del Carnevale, e dalla tua Liguria quali sono le notizie? I genitori della tua moglie morirono, ma la cognata come sta? Sta bene? E il Maestro ha più quelle bottiglie di spumante? E Tilde? Suona si o no? Si ricorda più di Monte Castello? Alla tua signora sono scomparsi quegli enormi fastidi di cui mi dicevi? Godo nel leggere che lavorazioni non ti manchino. E il figlioletto quali speranze fa riscontrare? Insomma ripigliamo la nostra conversazione. P.S. Ti salutano gli amici Pipetto, Lipparoni e tutto il paese. Don Filippo il quale deve dipendere dalla provvidenza della sua perpetua. Tuo affezionatissimo Silvio Rossi Monte Castello Vibio 1° Settembre 1899
Car.mo amico Scrivendoti, soddisfo ad un desiderio ardentissimo del mio cuore che vuole sapere le notizie della tua famiglia e del mio carissimo Gigetto: come pure a quello del padre di Zenone Giuliani che è agitatissimo per alcune notizie giunte in 58
Senza nulla volere
fretta dalla vicina Marsciano; notizie che non sa se devono essere accolte per vere o meritevoli di dar loro un po’ di quarantina. Farci cosa santa e caritatevole se risponderai subito raccontando per filo e per segno ciò che è accaduto fra marito e moglie e come le cose siano avvenute. In M. Castello si sta raggrannellando una somma per fare dipingere a Gigetto la chiesa di S. Illuminata. Al lavoro anzidetto si vorrebbe unire l’altro dell’aula consiliare . Appena che avremo unito le due somme / scriverò a te e a Gigetto. E ora dimmi dov’egli si trova? Che cosa fa? Ci ricorda? E la tua moglie? La mia trascina la vita. Vorrai sapere adesso di Pipetto. Sta bene. Ha avuto una figlia e se la passa benino. Si difende meno male. Maestro a Monte Molino per sei mesi dell’anno; pittore e messo dell’esattoria per gli altri sei mesi. E di D. Filippo? Sta benone. Sordo da un orecchio ma portato dal naso da una scaltra Perpetua che forse gli desidera la morte dire. La tua morte è la mia vita. E del beato Florido? Florido è un buontempone. Non vive che per le donne. Per lui la gonna ha un fascino che lo assorbisce, lo inghiotte. E di Masci? Sta male ed è minacciato da una cirrosi al fegato, ma pare che l’assalto o l’assedio non sia stato dal male dichiarato, per cui va migliorando. Ma guai se verrà la dichiarazione di guerra. Chiudo la rubrica. Tutti crepano o crepiamo di saluti e novità degne di essere trasmesse nere vi sono. Ora tocca a te. Tua figlia ha poi sposato il Tenentino di Marina? Quella povera Tilde ha diritto di passare ormai dal campo ideale a quello reale. La sorella della tua Signora che sta ad Arcola che fa? E il 59
Senza nulla volere
sagrestano? Rammento tutti e tutto. E quel maestro di musica colle sue bottiglie spumanti? E il figlio secondogenito per nome Augusto? Ora sarà un giovanotto!! Che fa? Studia? A quale corso si è dedicato? Grunariale o tecnico? No ho più spazio: il mio cuore ne desidererebbe maggiore. Rassegnamoci e salutando tutti e baciando la tua marina! Ama il Tuo aff.mo amico S. Rossi Monte Castello Vibio 16 Febbraio 1902 Gigino mio, leggi l’acclusa, e capirai quanto sia piaciuto il tuo lavoro nella pergamena che ricorda le seconde nozze del comune amico Moranti: te ne sono proprio grato! Su, dimmi la spesa che hai sostenuto. Si potrebbe avere almeno il bozzetto? Hai una fotografia? Mi mandi almeno la dedica del Trabalza al quale dovrò scrivere per ringraziarlo, ma senza aver letto nulla, la parola non può che essere scolorita, mentre leggendo il componimento la fantasia si scatenerà, che ne dici? Pipetto nel 1° e 2° giorno di servizio ti cerco tanto ma ti cercò invano. Tu sei con Brugnoli. Dove? Chi lo sa? Indovinalo grillo!!! Sarà intento in un viaggio artistico, perché Brugnoli è nato artista e ciò che fa è l’emanazione del suo genio improntato al più alto e nobile gesto dell’arte. Beata quella mamma che lo ha messo al mondo! Iddio la conservi mille e mille anni ancora alla gloria dell’Italia, che in tutto, ma specialmente nella poesia, nella pittura e nella musica ebbe fra tutte le nazioni del mondo il non contrastato primato. Salutalo tu per me. Il tuo amico Silvio Rossi 60
Senza nulla volere
Monte Castello Vibio 8 Agosto 1903 Mio caro Cesare, vorrei punirti … si … per quell’incorreggibile difetto che hai di non rispondere, e in qual modo? Presto detto, col non darci notizie del nostro Gigetto. Lui è qui in Monte Castello pieno di allegria e circondato dall’affetto di mille amici. Ma devo essere crudele con te che ancor ti amo come ti amavo nel 1889 e tu? Ti ricordi di quegli anni beati? Eh i vecchi, caro mio, vivono di memorie, sono il loro latte… il loro nutrimento. Che dico? … tu non vuoi ricordarti … tu non vuoi appartenere ai vecchi … so che tieni a volta a volta degli scatti giovanili! Te beato e felice! Ma non divaghiamo. Ritorniamo a Gigetto. Egli quietamente forma il tuo orgoglio e quello dell’intera famiglia per il genio che ha nella pittura, per la bontà del suo cuore virtù che sono rare se non ti rimangono più nella gioventù che sorge domina e cresce nella nostra società. Equilibrato nella mente, amante solo dell’arte, nel suo cuore non c’è veleno, non sente che affetto per il bello, ed è felice. La sera dopo cena canta fuori dalla farmacia. A quelle note il mio pensiero ritorna ai tempi in cui tu pure cantavi nel castello incantato l’inno dell’amore per la Patria e alla vita. Che amico, che tempi belli! Gradii tanto la visita di Tilde e del suo sposo che sempre più ne apprezza le impareggiabili doti. Anche Lucia fu tanto contenta di rivederla e baciarla, com’è contentissima di ospitare alla meglio, modestamente ma con l’affezione nel cuore il tuo figlio Gigino. Ricordami alla tua signora e alla famiglia. Anche Lucia e gli amici mi chiedono che a tutti porga il loro affettuoso saluto. 61
Senza nulla volere
Ma ecco Gigino. Lascio a lui la penna e mi e mi presento con un caldo bacione: da distribuire alla moglie ai figli e a zia Celestina, al Maestro della bottiglia di spumante. Tuo devoto Amico Silvio Rossi Papà carissimo, Prendo la penna solo ora e non ho proprio che dirti, perché Silvio ti ha già detto tutto e anche troppo a mio riguardo. Che vuoi è tanto buono, che vede in me così tanti pregi così rari da trovarne in una sola persona e ciò mi sconvolge e mi pare impossibile. Del resto si faccia pure la tara sua? La sera mi fanno cantare, perché essendo tuo figlio debbo per forza avere la voce. Puoi immaginarti! Del resto se non si sogna alla nostra età, e credimi, tutto ciò che faccio lo faccio con passione come mi hai insegnato tu! Il giorno lavoro nella chiesina che sai ma ancora non ho incominciato a colorire, è una composizione non troppo nitida ma abbastanza nuova, perché vorrei rappresentare l’esaltazione della Santa Croce in modo che si comprenda l’infinito amore che in fondo io e te proviamo per loro. Amare fino a donare tutto per gli arti, questo è amore, questa è vita. Intanto attorno all’abside dove lavoro si sono radunati attorno a me, e fanno la fila pur di essere effigiati nel dipinto, che ancora non so come verrà, ma si potrà dire qualche cosa solo quando il lavoro sarà finito e spero presto. Mi hanno raccomandato che non mi dimentichi di riportare il loro saluto, facendoti sentire tutto l’affetto e la stima che provano per te. Del resto col tempo chissà che anche tu non potrai venire a fare un’altra scappatine in questo incantevole paese. Sai ho ricevuto una cartolina da Tilde, da Lucia, che mi pregava di spedirgli il cappottino a Livorno, però non ho l’indirizzo e ti prego quando mi scrivi di farmelo sapere. Vorrei sapere che la mamma stesse bene e così tutti in famiglia. 62
Senza nulla volere
E la Gemma seguita a prendermi in giro mentre leggerà la lettera? Però ditegli che quando ritornerò a Spezia la prima tirata di orecchie sarà la sua. Scusa papà se se ti ho scritto questa lettera troppo breve, perché tante cose avrei voluto dirti e tanti consiglia avrei da chiederti, ma è per paura che non parta che l’ho scritta presto. Intanto ti bacio forte! Tuo Luigi Monte Castello di Vibio 16 aprile 1907
Miei car.mi Amici Avrei voluto scrivervi prima; e a Cesare mio, all’amabile compagna della sua vita Emilia, a Tilde, a Gigino, a Cesare, a tutti infine… ma l’uomo propone e Dio dispone. Dal novembre 1906 lotto colla morte e sono vicino a soccombere. Fui prima assalito da un’angina pectoris il 20 novembre – e credevo di essere trasportato al camposanto nel giorno successivo. Non potevo riposare né al letto né sulla sdraia!! Nell’ottomana neppure. Le notti trascorrevano insonni. Sino all’una mi vegliava la mia Lucia da parte alla sdraia, a lei succedeva la donna sino alle 3 e dalle tre sino alle cinque l’uomo di servizio Davide. Sorridevami così la vita e questa è durata sino all’aprile. Adesso le vie respiratorie sono migliorate: riposo benissimo a letto, mangio con appetito – ma la stasi al fegato continuamente mi fa gemere le gambe – né vogliono più portarmi al loro funzionamento. Cammino appoggiato per scendere dal 2° piano al primo. Potete immaginare da voi lo stato di desolazione in cui si vive. Io desidero la morte – e la famiglia piange inconsolabilmente. Ho gradito immensamente l’invito all’inaugurazione – ma… come venire? 63
Senza nulla volere
Giugno 1908 Mio caro amico, purtroppo sono sofferente ma vorrei che tu non fossi in vita. Amici sempre lotteremo, con la propria sorte e con la morte e ci rincontreremo in quella seconda vita laddove spero il dolore non potrà avere questione. Godo che i tuoi figli vivano per te e per la famiglia, sono buoni come lo sei tu. Buoni è poco. Sono angeli ma vivendo sempre nell’arte non pensano ai genitori, amico mio. Io voglio lettere da Gigino e da Tilde, e voglio che vengano da te e dall’Emilia più spesso, e non alla fine di ogni secolo. Che si viva in discreta armonia e tu potrai favorirla. Ricorda a Gigino, che non solo io ma anche Lucia gli auguriamo il più ridente avvenire, ma anche tutti gli amici: Morganti, Ippoliti, Pettinelli e tanti altri, che uniscono i loro volti ai nostri. Non posso più dilungarmi perché le mie braccia mi abbandonano e non vogliono più scrivere. Ricordati sempre di Monte Castello Tuo amico Silvio Rossi
64
Senza nulla volere
Il ritorno a Monte Castello La parte più cospicua della produzione di Luigi Agretti è occupata dai diversi lavori che realizza per la committenza religiosa fin dalla sua prima giovinezza. In questa attività l’artista riversa gli insegnamenti accademici e quelli dei suoi maestri quali la sapienza della forma di Bruschi e le impressioni coloristiche di Brugnoli, ma, in particolar modo, è influenzato dall’arte di Cesare Viazzi rappresentando la realtà con fedeltà alla tradizione e spirito eclettico. Nelle prime opere e fino agli anni Dieci, inoltre, le impressioni e le influenze del Modernismo sono ancora moderatamente registrabili mentre, negli anni Venti e soprattutto nel decennio successivo, con il rifiuto delle avanguardie, lontane dalla sua educazione accademica, si rafforzano il culto per gli antichi e una maggiore predilezione per la forza plastica e il chiaroscuro novecentisti. Dopo le decorazioni del Teatro della Concordia, Luigi rispose presente alla chiamata dei montecastellesi che vollero affidargli l’affresco della lunetta della Chiesa di Santa Illuminata o del S.mo Crocefisso In una lettera, scritta dall’Arciprete della chiesa a Luigi, veniamo a sapere che gli affreschi e i decori sono stati terminati: Mte Castello Vibio lì 8 ottobre 1903 Gent.mo Sig. Gigi! Interprete dei sentimenti dell’intera popolazione che io ho l’onore di reggere nella qualifica di Arciprete-parroco, sono in dovere di esprimerle la generale soddisfazione per il quadro e la decorazione fatta alla cappella del S.mo Crocefisso: 65
Senza nulla volere
soddisfazione espressa anche da persone estranee a questo Paese, ma giudici competenti per le cose che si attengono alle belle arti. L’universale approvazione non poteva mancare perché il soggetto della glorificazione della Croce è stato dal suo genio così bene tradotto e vivificato dal colorito e dalle pose degli Angeli, che sono proprio là ad esaltare il Vessillo della religione e della civiltà dei popoli: Vessillo che senza armi e senza eserciti seppe distruggere il paganesimo. Certo che il suo lavoro artistico meriterebbe un compenso assai maggiore di quello che io ho l’onore di offrirle, ma facendo a fidanza colla gentilezza dell’animo suo e coll’affetto intenso che sente per questo Paese, sono sicuro che Ella vorrà non guardare all’esiguità dell’offerta, ma bensì apprezzare la gratitudine di questo Paese che la seguirà sempre e dovunque. Alla tenue offerta che il Priore del S.mo Crocefisso per mio mezzo Le porge, unisco un mio ricordo in attestato di stima ed affetto, mentre ho l’onore di segnarmi Arcipr. Martini
Esiste ancora, in collezione privata, lo studio preparatorio (acquarello e matita su carta, cm 53x40) per l’affresco della lunetta dell’abside della cappella che, seppur in maniera abbozzata, è fedele all’idea compositiva finale: due schiere affollate di angeli sono disposte ai lati della Croce, illuminata dallo Spirito Santo, in atteggiamento adorante.
66
Senza nulla volere
Nell’opera compiuta, infatti, gli esseri celesti, raffigurati con colori vivaci e secondo un repertorio di gusto Liberty, rivolgono i loro sguardi alla divinità e festanti spargono fiori con cui realizzano una sorta di corona che unisce i due lati della composizione. A differenza del bozzetto, Agretti ha aggiunto anche angeli in posizione orante per sottolineare non solo la gioia ma anche la profonda devozione che suscita la visione della gloria del Santissimo su tutti. Questo affresco della fase giovanile, realizzato nel 1903, presenta già le caratteristiche dello stile dell’artista caratterizzato dalla resa pittorica sciolta e dalla costruzione delle immagini, equilibrate e armoniche, con stesure cromatiche sovrapposte e vibranti di luce.
Particolare studio preparatorio.
67
Senza nulla volere
L’affresco realizzato
Nella versione definitiva compare in primo piano un angelo con gli occhi chiusi rivolto verso chi guarda e sembra che il pittore abbia voluto fare omaggio al primo amore del padre Giulia: gli occhi chiusi sono infatti simbolo della morte, ma il fatto di essere tra gli angeli indica che la vita sarà per sempre. Anche Luigi si innamorò di una gentile donzella montecastellese di nome Chiara, figlia del dottor Antonio Melloni, medico chirurgo del paese che scoprì le virtù terapeutiche della fonte dell’acquaforte, nella vicina frazione di Madonna del Piano. Ella morì all’età di 27 anni ed era promessa sposa a Luigi. Non deve sorprendere la differenza tra il disegno preparatorio e l’originale realizzato, poiché per gli artisti, soprattutto geniali come lui, spesso l’idea prevaleva sul progetto, come ad esempio si è potuto apprezzare nel quadro: “La Tempesta”, di Giorgine, dove da una 68
Senza nulla volere
radiografia del dipinto si è potuto distinguere il disegno preparatorio, quasi per nulla conforme al dipinto realizzato.
Particolari della lunetta affrescata – Chiesa di Santa Illuminata
69
Senza nulla volere
La famiglia Agretti a Teatro (1994) Gli Agretti, avuta la notizia che il Teatro della Concordia era stato restaurato, vollero venire in occasione dell’inaugurazione del Teatro. In quell’occasione hanno voluto esprimere tutta la loro gratitudine per l’amore con cui si tramandano le opere dei loro avi, e l’amicizia continua ancora oggi. Grazie ai documenti in loro possesso è stato possibile arricchire e conoscere più a fondo la storia di Cesare e Luigi Agretti. In quell’occasione hanno lasciato le loro impressioni nel libro dei visitatori:
70
Senza nulla volere
71
Senza nulla volere
Il restauro del plafone e la festa del Teatro (2016) Uno dei momenti più toccanti della “Festa per il Teatro” organizzata dalla Società del Teatro della Concordia, che grazie al volontariato (il senza nulla volere di oggi) dalla sua riapertura cura con passione, investendo risorse umane ed economiche per il mantenimento, la valorizzazione e la promozione di questo gioiello ottocentesco. L’occasione è stata la fine dei lavori di restauro del plafone dipinto da Luigi Agretti, reso possibile grazie anche ai fondi del 5xmille, con il contributo della Fondazione Cassa Risparmio di Perugia. Durante la giornata, segnata dall’emozione per il ricordo del mentore storico Nello Latini a tredici anni dalla sua scomparsa, dal racconto dell’esperienza fatta per la gestione di questo bene del Patrimonio Storico Artistico e Culturale Italiano, oggi divenuto polo di attrazione del turismo culturale della Regione Umbria, e la consegna del “Premio Teatro della Concordia” assegnato a giovani artisti internazionali, motivando questo del 2016 alla chitarrista Johanna Beisteiner per la sua crescita artistica che l’ha portata a livelli internazionali, Luigi Agretti, nipote del giovane pittore spezzino, ha donato all’associazione la tavolozza originale utilizzata dall’Agretti per i lavori a teatro. Ora, grazie anche ad una adeguata illuminazione, i colori del plafone hanno ripreso vigore, rispecchiando fedelmente quelli originali, simbolo di una freschezza stilistica e di un vigore giovanile, che solo l’estro di Luigi Agretti poteva assecondare. Questo gesto testimonia ancora una volta la stima che la famiglia Agretti ha per Monte Castello di Vibio e per i suoi abitanti. 72
Senza nulla volere
Il momento della consegna della tavolozza di Luigi Agretti ora esposta nel Foyer
73
Senza nulla volere
Il restauro del fondale storico (2018) Il fondale che per sua natura svolge un ruolo di importante dinamicità nel teatro e nelle sceneggiature si presenta come dipinto a tempera su tela di lino a tramatura rada e privo di preparazione; si tratta infatti di una stesura assai sottile di colore che è anche motivo di assenza dei frequenti sollevamenti del film pittorico. Durante il periodo di chiusura del teatro, il fondale era custodito da una famiglia montecastellese, per evitare di perderlo definitivamente. Il supporto in origine, per le sue grandi dimensioni 349 cm x 390 cm, è stato realizzato grazie all’accostamento e cucitura di ben 4 tele che sono facilmente visibili a distanza ravvicinata dal fronte. Il precedente restauro ha permesso di recuperare con ricostruzioni strutturali e pittoriche, importanti zone nelle fasce perimetrali e in qualche caso centrali, grazie a intarsi e una nuova foderatura. Sebbene siano stati eseguiti 16 anni fa i suddetti interventi di restauro, è stato necessario provvedere nuovamente a delle “manutenzioni” in quanto, i movimenti che per sua natura è destinato a svolgere, a seguito di sollevamenti, con corde tramite tubolari alle due estremità (superiori e inferiori), hanno causato nuovi distacchi degli intarsi e della foderatura oltre a sbiancamenti del film pittorico ormai consunto. Inoltre l’avvenuto distacco del tubolare nella zona inferiore della tela determina un blocco meccanico e l’impossibilità di sollevamento oltre a una mancanza di trazione perpendicolare del supporto che per le sue dimensioni è fondamentale affinché non si deformi causando ulteriori 74
Senza nulla volere
danneggiamenti. L’iter di lavoro prevede innanzitutto una messa in protezione della pellicola pittorica con una velinatura, operazione necessaria affinché le manovre successive sul supporto non danneggino il colore, quindi la rimozione della vecchia foderatura e intarsi per inserirne di nuovi, il ripristino del tubolare affinché sia nuovamente possibile il sollevamento in caso di necessità e la rintegrazione cromatica sia nelle zone risanate con intarsi che in zone consunte. La Società del Teatro della Concordia a.p.s. ha chiesto alla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia un contributo finanziario per il restauro del fondale storico. La Fondazione, riconoscendo l’importanza per l’arricchimento del patrimonio culturale che conseguirà alla realizzazione dell’iniziativa e tenuto conto della qualità del bene oggetto dell’intervento, ha deliberato in data 21.04.2017 di accogliere la predetta richiesta. L’opera è di proprietà della stessa associazione e costituisce bene vincolato ai sensi del d.1gs. n. 42/2004. La Soprintendenza per l’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio Artistico dell’Umbria, di seguito denominata Soprintendenza dell’Umbria, ha autorizzato gli interventi di restauro con nota del 02.11.2017 prot. n. 21649. I lavori sono stati eseguiti da Erika Zazzaretti, che con grande maestria, pazienza, e devozione, ha saputo ridare la brillantezza originale al dipinto.
75
Senza nulla volere
Storia di un pittore, un gatto e un topolino C’era una volta! Tutte le fiabe cominciano così, o forse c’è ancora. Cosa hanno in comune un pittore, un gatto e un topolino? Apparentemente nulla, ma se avrete la costanza di arrivare fino in fondo, vi accorgerete che nessuno può esistere senza la presenza dell’altro. Cominciamo dal più piccolo, perché sono sempre i più piccoli quelli che possono insegnare qualcosa agli adulti, che non hanno il tempo di fermarsi. I loro occhi infatti sono piccoli ma pronti a scovare la più piccola curiosità, il più piccolo particolare, piccolo come loro, ma immensamente grande e meraviglioso ai loro occhi. Settimio, questo era il nome del piccolo topolino, era il settimo di dieci fratelli. La mamma e il papà vivevano beatamente in campagna ma lui, desideroso di scoprire il mondo, volle andarsene in città, e così fatto fagotto, salutò tutti promettendo di stare sempre attento ed al suo ritorno, avrebbe raccontato loro le sue avventure. Aveva fatto provviste di buon formaggio per molto tempo e se nella casa di campagna era al sicuro, ora all’aperto ogni cosa era un pericolo. I cavalli che di corsa trainavano le grandi carrozze dei signori, gli uccelli che dall’alto lo vedevano come un tramezzino per fare uno spuntino, le serpi dalla lunga coda, e i gatti delle case vicine poi… affamati dai loro padroni perché tenessero lontani i topi dai mangimi e dalle lenzuola delle massaie, fresche e profumate di pulito. Si fermò alla fontana dopo una lunga corsa, per prendere acqua e respiro, e proprio mentre si dissetava alzò gli occhi, quasi per voler ringraziare chi fino ad allora l’aveva creato, amato e protetto. Vide allora un tranquillo paese che sembrava 76
Senza nulla volere
avere per letto una collina ed ammirato da quel belvedere disse tra se: Lì voglio andare. Ci arriverò! Era verso mezzogiorno, non sapeva ne leggere ne scrivere, ma sentiva il suo stomaco che brontolava e le provviste ormai stavano scarseggiando. La fame superò allora la paura, e in men che non si dica il topolino aveva già trovato un varco intrufolandosi tra le spesse mura di un’antica casa dove davano una festa. Quanto ben di Dio su quella tavola! E quanto ne cadeva a terra. Settimio non credeva ai suoi occhi, gli sembrava di sognare, si mise subito al lavoro e riempì di provviste il suo nuovo appartamento. Cominciò subito a sgranocchiare, e lentamente, a pancia piena si addormentò. Ora il suo pensiero tornava a casa, quando a malapena si potevano mangiare un po’ di fave, qualche seme di granturco e quando andava bene, un po’ di formaggio stagionato. Voleva tornare indietro e condurre tutti i suoi cari in quell’isola felice, ma casa era ormai troppo lontana e chissà se ci sarebbe mai arrivato: decise allora di non guardarsi più indietro. Ma dove era capitato? In quale casa aveva trovato ospitalità? La curiosità lo spinse ad uscire dalla tana e ad esplorare: era capitato nella casa del sindaco del paese Silvio Rossi, di cui tutti i montecastellesi, suoi devoti sudditi, andavano fieri. Era un gigante con dei baffi così grandi, che sarebbero bastati per fare tante coperte per tutti i fratellini, ma la sua grandezza non spaventava affatto, dagli occhi si vedeva che era buono. Aveva anche un gran vocione e un giorno mentre erano a pranzo, lo sentì parlare di una lettera e della storia di un’amicizia. “Cari amici illustri – esordì il sindaco con tono solenne tenendo in mano la lettera – sta per arrivare Luigi Agretti, 77
Senza nulla volere
il figlio di Cesare che a suo tempo, senza nulla volere, diede colori e luci al nostro bel teatrino che ora, come ben sapete, ha bisogno di essere restaurato. Anche egli nulla pretende per i suoi lavori, dobbiamo chiamare i migliori mastri falegnami del paese per costruire il palco. Il tempo è stretto. Il momento è solenne, bisogna fare festa!”. Subito tutti si alzarono dalla tavola lasciando campo libero a Settimio che invece di approfittare, colto dall’entusiasmo di quelle parole così efficaci e piene di passione, si dimenticò di approfittare e li seguì sino in teatro. A dire il vero Settimio non sapeva dove si trovasse e se seguendoli avesse fatto la scelta giusta, ma era attratto dal buon profumo del legno antico, confuso col forte odore di fumo che si respirava. Annusava, cercando di disegnarsi nella mente ciò che toccava, ma come fare: non era mai entrato in un teatro. D’un tratto qualche piccola fiammella cominciò a far luce su quelle antiche tavole e tutto sembrò più chiaro. Faceva freddo quell’inverno del 1892 e Settimio cominciò a tremare perché non aveva il cappotto come quei signori che parlottavano tra loro. Trovò un panno che gli facesse da coperta, e stanco dalle emozioni, si addormentò. Un fascio di luce venne a svegliarlo e man mano che si faceva tutto più chiaro, si accorse che il panno usato come coperta era dipinto, e rappresentava il paese come l’aveva visto da lontano, quel giorno alla fontana. D’un tratto gli operai irruppero come fosse un esercito in marcia e corse a nascondersi per non correre il rischio di essere calpestato. Il cuore gli salì in gola, come se avesse visto un branco di gatti che lo inseguivano e comunque non ci aveva visto poi così male: dalla grande porta di legno, approfittando della confusione, un gatto si era intrufolato trovando riparo dietro 78
Senza nulla volere
al fondale a due passi da lui. Inorridito, Settimio cominciò a recitare le sue ultime preghiere, perché era certo che non sarebbe arrivato all’ora di pranzo. Sembrava non avere gli occhi quel gatto, tanto che si confondevano col colore del suo pelo nero come la pece. Il gatto fissava Settimio con interesse e curiosità, il topo sembrava non respirare neppure, ma per quanto poteva capire non era affatto minaccioso. La sua lunga coda si muoveva divertita e ad occhio e croce, nonostante la sua grandezza, doveva essere un cucciolo. Non capisco – pensò Settimio tra se – a quest’ora dovrei essere già tra i suoi artigli affettato come un salame e invece niente. Due sono lo cose: o non è ancora arrivata l’ora di pranzo o i suoi genitori non gli hanno spiegato la differenza che c’è tra noi e loro. Nulla di tutto questo. Il gattino voleva divertirsi ed aveva trovato un compagno di giochi. Settimio lo assecondò passandogli più volte vicino invitando a prenderlo e quando ciò accadeva i suoi artigli non facevano male. I due fecero amicizia e quel gattino, ormai rimasto solo, fu adottato da Settimio, che lo portò nella nuova casa che aveva trovato. Così i due diventarono amici inseparabili e condividevano il cibo che cadeva dalla grande tavola, e poi di corsa a giocare e rincorrersi sui palchetti del teatro, ancora annerito dalle lampade a petrolio e dal fumo delle candele. D’un tratto il grande portone si aprì cigolando, i due furono presi dallo spavento e corsero a nascondersi. Un gruppo di persone entrò facendo scorta a un cucciolo umano a cui facevano inchini e riverenze. Entri pure – disse il sindaco – a nome mio, dei proprietari e di tutta la comunità, le do il benvenuto a Monte Castello che suo papà ha amato tanto. Le abbiamo preparato tutto e 79
Senza nulla volere
di qualunque cosa abbia bisogno non avrà che da chiedere. Alloggerà da me e ringrazi Cesare per aver tenuto fede alla sua parola data tanto tempo fa. Non avevamo dubbi in questo: la sua parola è quella di un galantuomo, per questo non abbiamo cercato nessuno che completasse la sua opera. Sarebbe stato difficile trovarlo – rispose Luigi ammirando i palchetti dipinti dal papà – mio padre ha uno stile tutto suo e non so se riuscirò ad accontentarvi! Ora però lasciatemi un po’ da solo per favore, devo trovare ispirazione e cominciare subito a lavorare. Tutti lo accontentarono dandogli appuntamento per l’ora di pranzo. Luigi si mise a sedere sul ciglio del palcoscenico e cominciò ad osservare, ad immaginare e scaldatosi le mani con il fiato, tirò fuori il carboncino che aveva in tasca e cominciò a disegnare su grandi fogli. Intanto Settimio e il gatto si erano piazzati sul palchetto di proscenio, così da poter curiosare senza essere scoperti. Che bello vedere quelle mani creare dal nulla fiori, foglie, ramoscelli, tutto era ancora abbozzato ma già creato nella mente del ragazzino che diceva a tutti di avere quattordici anni. Era agile, il grasso non gli pesava di certo, di bell’aspetto, con gli occhi da buono che gli si illuminavano ogni volta che gli veniva in mente un’idea. I due inquilini si erano riservati un posto in prima fila per osservare lo spettacolo, ed ogni giorno, colore dopo colore, tutto diventò più nitido, colorato e affascinante. Luigi saltellava da una tavola all’altra, tenendo tra i denti i suoi grandi pennelli come fosse un pirata, con la stessa agilità di Settimio e del gattino, che a stento riuscivano a stargli dietro. Si era accorto di non essere solo? Forse sì, ma non fece nulla per confermare il loro sospetto. Luigi aspettava, 80
Senza nulla volere
voleva che quei due nuovi amici si fidassero di lui. Così ogni tanto lasciava cadere dalla grande tasca della giacca un bel pezzo di formaggio e nel piatto che ogni giorno gli portavano, c’era sempre qualcosa di buono che spariva come per magia ogni volta che si allontanava. Settimio e il gattino si avvicinarono allora senza paura, e i tre divennero amici inseparabili. Il ragazzino era veloce di mani e di idee ed i suoi pennelli sembravano tante api che si posavano delicatamente sui petali dei fiori. Quanto doveva essere scomodo dipingere sdraiato ad un passo del soffitto, salire e scendere dal palco ogni volta che finiva un colore senza nessuno che potesse aiutarlo. Ma a Luigi non pesava affatto perché spesso si dimenticava perfino di mangiare, tanto era preso dal suo lavoro e dalla sua passione per l’arte. Usava la grande tavolozza, grande più di lui, con abilità: era come se si mettesse al pianoforte, solo che al posto delle note, uscivano straordinari colori. Ogni tanto i signori si affacciavano per vedere come proseguissero i lavori e gli facevano tante domande sui colori, sui disegni, e soprattutto su cosa avrebbe fatto dopo e quando avrebbe terminato il lavoro. Questo non lo infastidiva affatto, anzi gli faceva piacere spiegare il suo lavoro ma se avesse perso tempo a parlare, non avrebbe mai potuto finire di lavorare. Occorreva trovare un rimedio e giocò d’astuzia, così quando non voleva essere disturbato, metteva il gattino nero a guardia della porta principale, così che nessuno potesse osare superarlo, dato che tutti noi siamo un po’ superstiziosi. Solo quando una ragazza veniva a trovarlo tralasciava ogni cosa, affascinato da quella bellezza. Parlavano di tante cose che non si possono raccontare, ma per i suoi amici a 81
Senza nulla volere
quattro zampe era bello poterli osservare. Sembrava che il tempo si fermasse come nell’orologio dipinto sopra al palcoscenico, sospeso tra l’amore e la passione. Poi la magia si rompeva e tutto tornava a scorrere. Ora che le maschere di carnevale sorridevano dal palcoscenico, e sul foyer una grande veranda aveva preso il posto del bianco gesso, quasi tutto era completato. Mancava solo il tocco dell’artista, la sua firma, che non trovando spazio tra i colori, la dipinse su un foglio di giornale con la dichiarazione d’amore a Monte Castello: “Salve ameno colle nostra patria!” Erano passati solo due mesi da quel freddo inverno del 1892, i tre amici avevano vissuto insieme tante avventure insieme, ed era venuto il triste momento dei saluti. Si sa che gli artisti amano raffigurarsi nei loro dipinti e così Luigi si dipinse in un giornale mentre stringeva a se la ragazza amata in un romantico ballo, facendosi più vecchi e maturi perché non si riconoscesse quell’amore puro, vissuto e sognato. Ma in fondo anche Settimio e il gattino avevano contribuito a realizzare quel capolavoro: così il gatto si tuffò nella parete dipinta affacciato da una tenda. E il topo? Essendo Carnevale, si mise il costume di una radice e Luigi lo dipinse poco lontano da gatto, così che solo i bambini, con la loro fantasia, potevano scoprirli. Ora che gli invitati stavano per arrivare, i tre amici si guardarono nel dipinto dell’antico salotto e si giurarono eterna amicizia, fino a quando il tempo, con i suoi ricordi, non li avrebbe scoloriti. Ancora oggi, sono tutti e tre lì, e niente riuscirà a separarli!
82
Senza nulla volere
Particolari del Foyer del Teatro della Concordia di Monte Castello di Vibio affrescati dallo spezino Luigi Agretti nel 1892
83
Senza nulla volere
La storia continua, perché l’amore e la passione per l’arte non finiranno mai, come i grandi amori. Ancora oggi un gatto di tanto in tanto si aggira per il teatro. Forse aspetta un nuovo “giovin portento” del terzo millennio, che “SENZA NULLA VOLERE!”, continui a tramandare la storia di quel primo incontro del 1892.
84
Senza nulla volere
QUANDO L’ACCOGLIENZA DIVENTA ECCELLENZA Le belle notizie non fanno notizia o certamente non si trovano nelle prime pagine dei giornali, ma perché nascondersi? A Monte Castello di Vibio il volontariato è diventato “Eccellenza” e non si può che essere orgogliosi di questo. Dal 1993 infatti, un gruppo di volontari dell’Associazione di Promozione Sociale “Società del Teatro della Concordia” gestisce il Teatro della Concordia riconosciuto quale Patrimonio Storico Artistico e Culturale Italiano. Da quel momento si aprirono le porte ma prima di allora una commissione di studio formata dai cittadini si interrogò sul modo di gestire il restaurato gioiello napoleonico. Da allora l’attenzione si è diretta sul visitatore, allora casuale ora ben informato e rispondente al target di “turista culturale”, che giungendo a Monte Castello di Vibio si trova immerso in un “piccolo mondo antico”, in una fiaba, come molti amano descriverlo, che prosegue non appena si varca la soglia d’ingresso che da accesso alla “Sala della Memoria” dedicata a Nello Latini, vera e propria memoria storica e documentale del paese, che per primo ebbe il merito di credere nel fatto, che con la riapertura del Teatro, in molti sarebbero accorsi per non perdersi questo spettacolo. È qui che comincia la visita, e chi entra non è un utente, un numero, ma un amico che si attende con impazienza, perché non si vede l’ora di condividere con lui emozioni, speranze e ricordi. Niente è lasciato al caso 85
Senza nulla volere
perché il gruppo di volontari è altamente qualificato e comunicativo, coinvolgente e appassionato. Alcuni hanno cominciato da quel lontano 1993, altri si sono aggiunti di recente, ma tutti hanno la stessa dose di passione, che ognuno esprime a suo modo. Anche se è molto alto il valore di chi conduce la visita, non si tratta però di modi studiati a tavolino o di parole efficaci e convincenti, ma sono dettati dai sentimenti, dalla propria personale esperienza, dal proprio bagaglio culturale: anche se siamo a teatro, nulla è finzione. “Il teatro, posto nel piccolo borgo di Montecastello di Vibio, è il più piccolo al mondo ma è un gioiellino di rara bellezza, tutto in legno dipinto finemente restaurato. Siamo rimasti eccezionalmente sorpresi dalla bellezza di questo teatro (una vera bomboniera) e siamo stati accolti ed accompagnati da un volontario, della locale Associazione Culturale, che ci ha appassionato con i suoi racconti rendendo la visita ancora più piacevole. Durante la visita, seduti in sala, da soli, siamo stati anche omaggiati dell’ascolto esclusivo di un brano di Mozart registrato dal vivo. Torneremo certamente di nuovo per assistere ad un concerto, magari portando con noi i nostri più cari amici!”. Questa è una delle ultime recensioni fatta dai visitatori su TripAdvisor, che per cinque anni di seguito ha riconosciuto al Teatro della Concordia il “Premio di Eccellenza” mettendolo nei primi 10 luoghi d’Italia meritevoli di una visita.
86
Senza nulla volere
Sono più di 150.00 mila i visitatori che in 25 anni hanno scelto Monte Castello di Vibio senza considerare gli spettatori a teatro e coloro che hanno partecipato a convegni, matrimoni civili ed eventi personalizzati o in occasione della stagione teatrale. “Il visitatore dei Beni culturali – dice con orgoglio Edoardo Brenci Presidente della Società del Teatro della Concordia – è al centro dell’attenzione per innalzare l’esperienza della visita, incrementare e rendere più piacevole e stimolante l’approccio al patrimonio, inteso quale patrimonio da condividere e da salvaguardare. In 23 anni di attività abbiamo saputo creare un tipo di turismo culturale promuovendo non solo il Teatro della Concordia ma anche Monte Castello di Vibio, il suo territorio e le sue peculiarità! Gestire un bene così importante come il nostro Teatro non è facile, ci sono molti adempimenti, rigidità burocratiche a cui occorre rispondere, responsabilità, ma tutti i componenti dell’associazione hanno sempre lavorato con passione, gratuità, spirito di sacrificio, convinti che la gestione di un patrimonio non è una cosa propria, ma un servizio messo a vantaggio di tutti. Solo così si possono raggiungere certi risultati!”. Anche sul web il Teatro e assai ricercato, grazie alla diffusione di immagini ed esperienze che i visitatori sono chiamati a condividere come ad esempio: lo storytelling e la fidelizzazione del pubblico con delle parole chiave per ognuna delle 22 storie proposte attraverso il Blog Teatropiccolo è stata un’esperienza di condivisione e di co-creazione di una storia collettiva e partecipata riguardante i valori e le vicende del Teatro 87
Senza nulla volere
della Concordia, che, dal 20 marzo al 17 agosto 2014, ha coinvolto oltre 200 persone e incrementato i followers di Twitter del 113%. A testimonianza di come l’attenzione al punto di vista di ogni ospite da accogliere in questo bene del patrimonio culturale e la relazione di empatia che si alimenta con ciascuno sia il punto focale da cui ripartire ogni volta, sia vis-à-vis che online. Tornando al gruppo di accoglienza, coloro che si adoperano sono mossi dal desiderio di vivere un’esperienza utile per la propria vita, poiché ci si mette in relazione con un numero di persone sempre maggiore, di diversa estrazione e cultura e si diventa capaci di interagire con chiunque si ha di fronte. Ognuno dei volontari aggiunge del suo alla storia del Teatro e sono tutti consapevoli che solo attraverso la passione, il cuore e l’emozione, coloro che vengono accompagnati torneranno con i propri amici.
88
Senza nulla volere
Appendice documentale Dall’archivio personale della famiglia Agretti, riceviamo i documenti che seguono che vengono inseriti in questa pubblicazione per dare ancora più preziosità e storicità ad un amore corrisposto, che anche sulla carta, non è mai sbiadito. Foto di famiglia
Da sinistra: Gigino, Augusto, Gemma, Tilde Agretti e Alberto Scarlatti
89
Senza nulla volere
Nella lettera del 27 Maggio 1894 Silvio Rossi scrive a Cesare chiedendo se si è svolto il matrimonio tra Tilde, figlia di Cesare e Alberto Scarlatti Tenente di Marina che poi si verificò. Tale notizia gli viene richiesta anche in una successiva lettera del 1 Settembre 1899. Il bozzetto in oggetto porta la data del 5 Marzo 1892 ed è stato spedito da Luigi ospite di Silvio Rossi per augurare il felice esito del matrimonio tra la sorella Tilde e il Tenente di Marina Alberto Scarlatti. La scritta in alto: “Dopo cena a casa Rossi” può essere un indicazione di dove Luigi, abbia concepito il bozzetto. La donna è vestita in modo elegante, con al braccio un ombrello da passeggio e tiene per mano un bambino. Il significato può essere solo beneaugurante per gli sposi: è un po’ come si dice anche oggi: “Auguri e figli maschi”. 90
Senza nulla volere
Corrispondenze dall’800
(lettere tradotte da Pag. 52 a Pag. 64)
91
Senza nulla volere
92
Senza nulla volere
93
Senza nulla volere
94
Senza nulla volere
95
Senza nulla volere
96
Senza nulla volere
97
Senza nulla volere
98
Senza nulla volere
99
Senza nulla volere
100
Senza nulla volere
101
Senza nulla volere
102
Senza nulla volere
103
Senza nulla volere
104
Senza nulla volere
105
Senza nulla volere
106
Senza nulla volere
107
Senza nulla volere
108
Senza nulla volere
109
Senza nulla volere
110
Senza nulla volere
111
Senza nulla volere
112
Senza nulla volere
113
Senza nulla volere
114
Senza nulla volere
115
Senza nulla volere
116
Senza nulla volere
117
Senza nulla volere
118
Senza nulla volere
119