Chiasso Letteraria 2021 "Pianeta proibito"

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15°FESTIVAL INTERNAZIONALE DI LETTERATURA

1–5 SETTEMBRE 2021

/ CHIASSO

Matteo Beltrami CH emmanuel betta i Behrouz Boochani CURDO d'IRAN Luca Brunoni CH Ursula Bucher CH Leonardo Caffo I Maria Grazia Calandrone I Chemirani Ensemble Iran Aline D'Auria CH Antoine DÉprez FR BegoÑa FeijOÓ FariÑa CH Siri Ranva Hjelm Jacobsen Danimarca Natasha Korsakova Russia Pierre Lepori CH Pietro Martinelli CH Stefano Pini I Cristiano Poletti I Stefano Raimondi I anna ruchat ch Letizia Russo I Alessandra Sarchi I Barbara Schibli CH Lionel Shriver usa Andrea Staid I David Szalay GB Vincenzo Todisco CH Omid Tofighian Iran-Australia Itamar Vieira JÚnior Brasile Giovanna Cristina Vivinetto I Maria Rosaria Valentini I E col pensiero a Forough Farrokhzad Iran Mariella Mehr CH Philippe Rahmy CH


15°FESTIVAL INTERNAZIONALE DI LETTERATURA

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SIAMO DAVVERO L’ULTIMA GENERAZIONE CHE POTRÀ SALVARE IL MONDO? HAI MAI ASCOLTATO UN DIALOGO TRA DUE MARI? SAI COS’È STATA L’EUGENETICA PRATICATA AI DANNI DEL POPOLO JENISCH SINO AL 1972? TI IMMAGINI COSA PUÒ AVER PROVATO UNA RAGAZZA RINCHIUSA COATTIVAMENTE IN UN ISTITUTO? PUOI CAPIRE COSA RAPPRESENTI SCRIVERE UN ROMANZO TRAMITE MESSAGGI TELEFONICI DA UN CAMPO Inizialmente prevista a maggio, la quindicesima edizione di ChiassoLetteraria, causa covid, avrà luogo dal 1° al 5 settembre 2021 a Chiasso (Svizzera) e avrà come titolo “Pianeta proibito”. Il titolo si ispira al film cult di fantascienza del 1956, diretto da Fred M. Wilcox e prodotto dalla Metro-Goldwyn-Mayer, da cui fu tratto un adattamento letterario scritto da Philip MacDonald (con lo pseudonimo di W.J. Stuart) e pubblicato nello stesso anno. La trama è vagamente ispirata alla pièce teatrale La tempesta di Shakespeare. Dopo l’edizione 2019 dedicata a quello che ci sembrava potesse diventare un “Mondo nuovo” e a quella, poi cancellata, del 2020, che avrebbe dovuto rilevare le “Crepe” del nostro vivere contemporaneo (in questo saremmo stati piuttosto anticipatori, ahinoi), l’edizione 2021, dedicata al “Pianeta proibito”, si interesserà alla tensione tra gli scenari oscuri che si stanno prefigurando e il desiderio vitale di immaginare spazi di condivisione e di libertà, ancora più necessari da riconquistare. La presente edizione si pone idealmente quale seconda parte speculare dell’edizione precedente, dando vita a un “dittico” dedicato al mondo in cui viviamo e in cui andremo a vivere noi e soprattutto le prossime generazioni. Il tema verrà declinato nelle sue accezioni letterarie, musicali, socioculturali, ecologiche e politiche. Una trentina di scrittori, poeti, musicisti, saggisti e giornalisti ci porterà alla scoperta del “Pianeta proibito”. Un’attenzione particolare verrà data ai temi delle identità di genere (Vivinetto), a temi sensibili quali l’esilio (Boochani), l’ambiente (Jacobsen), la filiazione (Sarchi, Calandrone, Schibli, Valentini), nonché a pagine oscure della storia sociale svizzera come l’eugenetica degli jenisch e gli internamenti coattivi di minorenni. Particolare rilievo verrà dato alla forma narrativa del racconto (Szalay, Shriver) e alla poesia (Pini, Raimondi, Poletti, Vivinetto).

SCRITTORI INTERNAZIONALI - FUORI DAL CORO La scelta degli ospiti è sempre una storia di corteggiamenti duraturi o di innamoramenti fulminei. Fuori dai percorsi omologati, si tratta di individuare autori che hanno davvero qualcosa da dire. Nel nostro caso parliamo di autori che hanno vinto o che si sono segnalati ai principali premi letterari internazionali e che sono autori di riferimento nei loro paesi d'appartenenza. Sono autori che hanno delle storie particolarmente forti da raccontare, che eccellono per lo stile della loro narrazione o per l’impegno a difesa della dignità umana e del mondo in cui viviamo. Un festival per avere senso, a volte, deve saper uscire dalla propria zona di comfort. Tra le storie che racconteremo, la più incredibile riguarda forse Behrouz Boochani, giornalista, poeta, attivista per i diritti umani curdo iraniano. Dopo una fuga drammatica viene recluso nella prigione dell’isola di Manus, in Papua Nuova Guinea. Il suo pluripremiato Nessun amico se non le montagne. Prigioniero nell’isola di Manus viene scritto durante la reclusione con una serie di messaggi telefonici tradotti dal persiano all’inglese dal suo amico Omid Tofighian dell’Università di Sidney. Entrambi saranno presenti al festival. Una scrittrice affermata e controcorrente è l’americana, inglese d’adozione, Lionel Shriver autrice di quel Dobbiamo parlare di Kevin che ha vinto l’Orange Prize for Fiction ed è diventato un film di successo con Tilda Swinton. A Chiasso, presenterà l’arguta raccolta di racconti Proprietà e ci aiuterà a capire il cuore profondo e oscuro degli Stati Uniti. Inoltre, saranno con noi tre autori ancora giovani, ma già affermati: la scrittrice danese originaria delle isole Faroe Siri Ranva Hjelm Jacobsen, tra le nuove voci della letteratura scandinava, osannata da Jón Kalman Stefansson, autrice di due ro-

manzi dallo stile inconfondibile quali Isola e Lettere tra due mari, un racconto epistolare che rifonda il mito della grande madre per arricchire di poesia e femminile intimità il discorso contemporaneo sull’ambiente e sul suo futuro; David Szalay, scrittore inglese, nato in Canada e di stanza a Budapest. Si è fatto notare con Tutto quello che è un uomo, tra i finalisti del Man Booker Prize e vincitore del Gordon Burn Prize, con il romanzo in forma di racconti Turbolenza e con il romanzo Primavera, di recente pubblicazione in italiano, e lo scrittore brasiliano Itamar Vieira Júnior, che con il celebrato romanzo Aratro ritorto si è aggiudicato il prestigioso premio internazionale Leya, il Prêmio Jabuti e il Prêmio Oceanos (maggior riconoscimento letterario dell’area della lusofonia). Considerato dalla critica brasiliana e portoghese uno dei romanzi più importanti degli ultimi decenni, Aratro ritorto sarà presentato in anteprima a ChiassoLetteraria.

AUTORI ITALIANI – A PIu' SGUARDI Il mondo letterario italiano sarà scandagliato da più prospettive: letteraria, poetica, drammaturgica e filosofica. Interverranno la scrittrice emiliana Alessandra Sarchi, sicuramente tra le voci letterarie contemporanee più autentiche, con alcune opere importanti alle spalle come La notte ha la mia voce (premio Opera italiana al Premio Letterario Internazionale Mondello 2017, Premio Wondy 2018) e Il dono di Antonia (Einaudi, 2020), che presenterà a Chiasso; la poetessa (pluripremiata), giornalista, drammaturga, attivista Maria Grazia Calandrone, che esordisce nella narrativa con Splendi come vita, gesto d’amore feroce nei confronti della madre adottiva; il giovane filosofo catanese Leonardo Caffo, noto soprattutto per le sue teorie sugli Animal Studies, il postumano contemporaneo e l’antispecismo, autore di diverse pubblicazioni di riferimento come A come Animale. Voci per un bestiario dei sentimenti, Fragile Umanità. Il postumano contemporaneo, Il cane e il filosofo. Lezioni di vita dal mondo animale e che a Chiasso interverrà sul senso dell’essere giovani; e Giovanna Cristina Vivinetto, forse la più acclamata giovane poetessa italiana, che ha vinto il premio Viareggio Opera prima 2019 per la raccolta poetica Dolore Minimo, con il quale affronta il tabù della transessualità, da lei vissuto in prima persona. In collaborazione con la piattaforma di drammaturgia contemporanea Luminanza, da ultimo la drammaturga, scrittrice e traduttrice Letizia Russo, classe 1980, che è già stata ospite il 7 maggio per un atelier con giovani aspiranti scrittori. Russo si è imposta subito all’attenzione della critica con la pièce netta e senza compromessi Tomba per cani (Premio Tondelli, e Premio Ubu nel 2003).

TRA SVIZZERA E ITALIA - CARTA BIANCA Il poeta svizzero di lingua italiana Fabiano Alborghetti, già premio svizzero di letteratura, presenterà una speciale “carta bianca” dedicata alla poesia, con tre poeti di rango quali: Stefano Raimondi (Il cane di Giacometti), Cristiano Poletti (Temporali), Stefano Pini (Anatomia della fame, Mandato a memoria). L’incontro vuole essere anche un invito alla lettura di tre collane poetiche che si muovono con grande autorevolezza nel panorama dell’editoria italiana: A27 di Amos edizioni, Lyra di Interlinea e Le Ali di Marcos y Marcos.

SCRITTORI IN SVIZZERA - A PIu' VOCI La letteratura svizzera avrà largo spazio con alcuni incontri, sia dalla vivace scena svizzero-italiana, sia gettando ponti tra la letteratura svizzera di lingua francese e quella svizzera di lingua tedesca. Il primo incontro con ospiti dalla Svizzera italiana presenta tre autori che a titolo diverso hanno trattato il tema degli affidamenti di bambini e adulti in istituti di correzione o in famiglie affidatarie, con particolare rilevanza alla questione degli internamenti amministrativi. Una delle pagine più buie della storia sociale svizzera, durata dal 1930 sino al 1981! Si tratta di Matteo Beltrami (Il mio nome era 125), di Begoña Feijoó Fariña (Per una fetta di mela secca) e di Luca Brunoni (Silenzi). Il secondo incontro mette in dialogo la scrittura di due autrici attorno al tema della maternità e della conquista dell’identità di donna e persona. L’argoviese Barbara Schibli (Premio Studer/Ganz 2016 con Licheni) porterà in anteprima a Chiasso un testo inedito al cui centro c’è la difficoltà di una donna ad avere dei figli e condividerà la scena con Maria Rosaria Valentini, poetessa e romanziera italiana che vive in Ticino e che è autrice di opere segnalate quali Sassi muschiati, Di armadilli e charango, Magnifica, Eppure osarono. L’incontro ha luogo in collaborazione con la rivista Viceversa Letteratura. Il terzo incontro ci porterà alla scoperta di Philippe Rahmy, scrittore ginevrino, tra gli autori più significativi e forse meno conosciuti, almeno alle nostre latitudini, del panorama letterario svizzero. Affetto fin dall’infanzia da osteogenesi imperfetta, la “malattia delle ossa di vetro”, Rahmy muore nel 2017. Le sue opere (Mouvement par la fin, Béton armé, Allegra) gli sono valse numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio svizzero di letteratura. Il 25 giugno 2021 Rahmy ha ricevuto a titolo postumo il Grand Prix C. F. Ramuz, principale premio di consacrazione della Svizzera romanda. L’incontro è organizzato nell’ambito di un Tour organizzato dall’ Association des ami.e.s de Philippe Rahmy. Interverranno lo scrittore svizzero di lingua italiana Pierre Lepori, Tanja Rahmy, sposa di Rahmy e presidente dell’associazione e Luciana Cisbani, traduttrice di Allegra. Con proiezione del cortometraggio “Pardon pour l’Amérique” (Detours Film). Il quarto incontro, rivolto alle scuole medie di Chiasso, ha avuto luogo il 7 maggio con protagonista lo scrittore grigionese di lingua italiana Vincenzo Todisco. Autore dei romanzi Quasi un western, Il suonatore di bandoneón, Rocco e Marittimo, Il bambino lucertola. Ha ottenuto, tra numerosi riconoscimenti, il Premio letterario grigionese 2005. Un incontro significativo per la Svizzera italiana è la presentazione della biografia di Pietro Martinelli, già consigliere di Stato e una delle figure politiche di maggiore rilievo nel contesto politico e sociale ticinese. La biografia, scritta dal giornalista Roberto Antonini, verrà presentata in anteprima a ChiassoLetteraria. *** Situazione COVID: a dipendenza di come evolveranno le misure pandemiche, il Festival si svolgerà sia in presenza, che in streaming, nel rispetto delle misure preventive e di tracciamento richieste da Confederazione e Cantone. Verosimilmente, il numero di spettatori sarà più contenuto e verrà introdotto un sistema di prenotazione on-line. Informazioni precise verranno pubblicate a tempo debito al sito www.chiassoletteraria.ch.


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1–5 SETTEMBRE 2021 / CHIASSO

DI RECLUSIONE IN UN’ISOLA SPERDUTA NEL PACIFICO? HAI GIÀ SENTITO IL SUONO IPNOTICO DEL TOMBAK PERSIANO? STARE A CASA COINCIDE COL SENTIRSI A CASA? È ANCORA POSSIBILE ESSERE GIOVANI SENZA FUTURO? FORSE L’UNICA VERA MISSIONE PER UN FESTIVAL DI LETTERATURA, CITANDO FOROUGH FARROKHZAD, È VOLER CONTINUARE A PARLARE “DALL’ESTREMITÀ DELLA NOTTE”.

ALTRI EVENTI Durante il Festival, avranno luogo anche diversi eventi collaterali.

della metà del secolo scorso, in particolare nel film di culto “Il pianeta proibito”, che fa da tema alla manifestazione letteraria. A cura di Giulia Guanella.

MERCOLEDI 1. SETTEMBRE

20.45 Cinema Excelsior “Eugenetica in democrazia. Uomini e topi: il discorso di Mariella Mehr all’Università di Basilea”. In occasione della pubblicazione del libro omonimo (Ibis, 2020), che verrà presentato in anteprima a ChiassoLetteraria, conversazione con Emmanuel Betta, docente di storia contemporanea alla Sapienza di Roma, e la traduttrice e poetessa Anna Ruchat. Con il supporto teorico di Foucault, che ha fornito le chiavi per interpretare l’emarginazione e il controllo del “diverso” nella storia, Betta s’interroga sul ruolo delle autorità federali e cantonali, quello di istituzioni religiose o “benefiche” e della psichiatria nell’operazione “Kinder der Landstrasse”. Il caso specifico viene studiato senza mai perdere di vista il quadro più generale della storia d’Europa. La seconda parte del libro è costituita dal durissimo discorso che Mariella Mehr tenne presso l’Università di Basilea quando le fu conferito il dottorato honoris causa, dal quale si leggeranno alcuni estratti. Durante la serata verrà proiettato il film di Marianne Pletscher “Mariella Mehr, ein Portrait” (1996, 16 minuti).

18 . 3 0 Cinema Excelsior “Abitare l’incertezza: rappresentazioni e significati possibili dell’abitare contemporaneo”. L’incontro, che vede l’interazione tra la videoartista Aline d’Auria e l’antropologo italiano Andrea Staid, vuole interrogarsi sul senso dell’abitare: che differenza c’è tra stare a casa e sentirsi a casa? Di che casa parliamo se ho dovuto lasciarla o se non ce l’ho? Come dare nuovi significati all’abitare contemporaneo? Quali alternative sono immaginabili? Aline d’Auria è autrice della videoinstallazione immersiva We are all going home presentata all’undicesima edizione della Biennale dell’Immagine di Chiasso nella sede del rifugio pubblico e diventata, in un secondo tempo, libro. Andrea Staid è docente di Antropologia culturale e visuale presso la Naba, di Letterature contemporanee comparate presso Università Insubria, collabora con il MUDEC, dirige per Meltemi la collana Biblioteca /Antropologia. Ha scritto: I dannati della metropoli, Gli arditi del popolo, Abitare illegale, Le nostre braccia, Senza confini, Contro la gerarchia e il dominio, Disintegrati, La casa vivente. I suoi libri sono tradotti in Grecia, Germania, Spagna. Collabora con diverse testate giornalistiche tra le quali Il Tascabile e Left. 20.45 Cinema Teatro “Serata speciale COOP Cultura. Poesie e musiche persiane per Lucia Morello”. Lucia, giornalista, grande amica del festival è stata una protagonista discreta della vita culturale chiassese. ChiassoLetteraria le vuole rendere omaggio con una serata di cultura persiana, una delle sue tardive indomite passioni. Sarà l’occasione per un concerto di musica classica persiana e la lettura di poesie di Forough Farrokhzad, indimenticata e anticonformista poetessa persiana morta nel 1967. Le poesie di Forough Farrokhzad saranno recitate dall’attrice italiana Silvia Grande. Il concerto avrà invece come protagonisti il Chemirani Ensemble, guidato dal grande maestro e virtuoso suonatore di zarb Djamchid Chemirani accompagnato dai suoi tre figli: Maryam, Bijan e Keyvan. Entrata: 15.- franchi; libera su prenotazione per i soci di ChiassoLetteraria. GIOVEDi 2 SETTEMBRE

VENERDi 3 SETTEMBRE 21.00 Cinema Excelsior “TICINO POETRY SLAM” Avanspettacolo di poesia orale e prestante a cura di Marko Miladinovic. FORMAT: 7 poeti tra Svizzera e Italia, 5 giurati a sorte dal pubblico, 1 superospite, 1 condottiero serale, 1 stacchiere musicale originale, 1 kit di sopravvivenza etico-estetica, 1 mazzo di fiori, 0 niet. SABATO 4 SETTEMBRE 20.00, ristorante MÖvenpick “A cena con la scrittrice: Natasha Korsakova, violinista e giallista”. Un ritrovo particolarmente apprezzato dal pubblico è la cena con lo scrittore. Ospite d’eccezione di questa edizione è la violinista pluripremiata e scrittrice d'origine greco-russa Natasha Korsakova, che presenterà il suo esordio letterario e già bestseller in Germania L’ultima nota di violino: un giallo dal crescendo appassionante che si svolge nel mondo della musica classica contraddistinto da torbide ambizioni e passioni irrefrenabili. Protagonisti un celebre misterioso violino e un nuovo convincente commissario con il gusto per le cravatte originali e per la giustizia senza compromessi. Colloquio con letture e interventi al violino di Natasha Korsakova. Il menù è tratto dalle ambientazioni del romanzo. Prenotazione direttamente al ristorante: tel. +41 (0)91.682.53.31; hotel.touring@marche-int.com

18 . 3 0 Alice Ronchi Spazio Lampo In occasione di ChiassoLetteraria 2021, l’associazione Grande SABATO 4 Velocità ha invitato l’artista italiana Alice Ronchi (1989) a dia- DOMENICA 5 logare con Spazio Lampo, osservandolo attraverso la sua magica SETTEMBRE visione. Formatasi alla NABA di Milano e al Sandberg Instituut 15. 00 di Amsterdam dove ha frequentato il master Material Utopias, Sala Diego Chiesa Alice fa della ricerca della “meraviglia” il fulcro del suo lavo- “Il mio mondo sarà….”, laboratorio per bambini con gli ro. Con l’uso di differenti media, che variano dalla scultura alla illustratori Ursula Bucher e Antoine Déprez. Workshop “Il performance, Alice interverrà a Spazio Lampo con forme che ri- mio mondo sarà….” La fantasia è una peculiarità che contradmandano a una dimensione galattica fantascientifica, trovando distingue i piccoli abitanti di questa terra. I bambini vengono ispirazione nell’estetica e nel design del cinema di fantascienza coinvolti a farne uso immaginando una realtà diversa da quel-

la che hanno vissuto l’ultimo anno e che contraddistinguerà il loro prossimo futuro. Un futuro che non sia solamente quello che stiamo proponendo loro ma qualcosa che scaturisca dalla loro fantasia. Il workshop partirà da delle immagini che ritraggono svariati errori dell’uomo al giorno d’oggi. All’immagine verrà ritagliata una parte e l’atelier consisterà nel ricostruire la parte mancante in modo fantasioso, colorato, surreale e libero. Informazioni e iscrizioni: serena.guidicetti@bluewin.ch, tel. +41 (0)76.505.14.01. (Sabato per bambini di 4-6 anni. Domenica per bambini di 7-11 anni) 1- 5 SETTEMBRE Via Sottopenz - zona Grotti Installazione “Una valle piena di stelle”, dal libro di Lia Levi riletto e illustrato da alliev* delle 4e medie di Chiasso che hanno partecipato al progetto “Libri, Mattoni dell’anima”. Inaugurazione ufficiale il 26 giugno alle ore 17:00. I pannelli resteranno permanenti sul luogo! Sarà possibile ascoltare la storia anche tramite un codice QR. Una passeggiata in collina può essere una semplice passeggiata oppure può essere l’occasione per riflettere e ricordare. Riflettere sul nostro passato, ricordare le centinaia di persone che hanno percorso le colline attorno a Chiasso per passare la frontiera a piedi fuggendo da un regime, cercando la libertà. Riflettere su quanto sia importante, sempre, aiutare chi fugge per sopravvivere, in qualunque tempo storico. Incluso il presente. Con alcuni allievi di quarta media della Scuola Media di Chiasso si è voluto ripercorrere una di queste fughe attraverso la storia di Brunisa, la protagonista del libro di Lia Levi Una valle piena di stelle, che da Genova è costretta a scappare ancora ragazzina in Svizzera per sopravvivere alle leggi razziali ed alla Shoah, con la speranza di poter un giorno ritornare sana e salva nella propria terra, con la voglia di ricominciare e con negli occhi e nel cuore il ricordo di quanto vissuto. Si parlerà, quindi, con un linguaggio adatto ai bambini e ragazzi, di Hitler e di Mussolini, delle leggi razziali e dei partigiani, di contrabbandieri e passatori, di luci nella notte quasi dimenticate e di finestre oscurate, di Sagno, Chiasso, Rovio, Balerna, Bellinzona, Montreux, Lausanne e Genève. Il lavoro è stato reso possibile grazie agli importanti contributi del Comune di Chiasso e dell’ AGE SA e grazie al supporto del Centro Risorse Didattiche e Digitali del DECS, all’impegno delle docenti Paola Reggiani e Alessandra Pasquin Ferrari e degli allievi di quarta della Scuola Media di Chiasso che hanno partecipato al progetto “Libri, Mattoni dell’anima”, il tutto supportato dalla splendida amicizia di Lia Levi. Il FESTIVAL e' ORGANIZZATO dall’omonima associazione ChiassoLetteraria con la consulenza di un comitato scientifico, il sostegno del Comune e del Centro culturale di Chiasso, del Cantone Ticino, di Pro Helvetia, di Coop Cultura, dell’Hupac S.A., dell’AGE S.A. e di diversi sponsor privati e pubblici nonché del media-partenariato della Rete Due della RSI, di Extra e del Corriere del Ticino. Può contare inoltre sul contributo (e l’affetto!) di oltre 400 soci. A testimonianza del desiderio d’apertura e d’accessibilità, l’entrata è gratuita per tutto il Festival ad eccezione del concerto di mercoledì 1 settembre. Programma, informazioni e documentazione al sito: www. chiassoletteraria.ch; dove pure saranno visionabili in diretta streaming e registrati gli incontri dei giorni 1-5 settembre 2021.


15°FESTIVAL INTERNAZIONALE DI LETTERATURA

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La cucina culturale di Lucia UN RICORDO*

Marco Galli

Il concetto di ricordo è fuorviante. Di solito, pensiamo al ricordo, come se fosse un'operazione puramente celebrale, connessa alla facoltà della memoria. Invece il significato del ricordo ci viene svelato dalla sua stessa etimologia, in cui, come in uno scrigno, è contenuta la parola "cuore". Ecco allora che il ricordo è una sorta di "ripasso o ripassaggio dal cuore”; ciò ci conduce nella sfera delle emozioni e dei sentimenti più profondi. Con questo spirito cercherò di ricordare Lucia Morello. Anche perché Lucia era una persona di sentimenti, nel senso più autentico. Intanto parlando con amiche e amici e cercando di ricordare i numerosi momenti condivisi con Lucia mi sono reso conto di quanto poco sappiamo gli uni degli altri. Per anni pensiamo di possedere la realtà intima di una persona e poi ci rendiamo conto, quando viene a mancarci, che ne conosciamo solo alcuni tratti, spesso i più superficiali, ideologici, sfacciati. Dove è nata? Dove ha vissuto? Che sentimenti provava? Chi era, in fondo? Bastano poche domande e le nostre “certezze” si polverizzano in una nebulosa in cui ci sentiamo smarriti. Proprio quando pensiamo ai nostri morti ci rendiamo conto che questo lavoro di introspezione dovremmo farlo con le persone che ci stanno attorno, che amiamo, a cui teniamo... Siamo esseri imperfetti. Ma allora: come ci conosciamo? È come se, invece di conoscerci, ci annusassimo, strusciandoci appena. Oppure, nella maggioranza dei casi, è come se ci conoscessimo solo per istanti, idee e sensazioni e da questi frammenti cercassimo di ricostituire un'unità, che però rimane solo abbozzata, sfuocata o cristallizzata in mera caricatura. Ma ci sono delle eccezioni. Nei casi migliori - l'amore, l'amicizia, la solidarietà - ci possiamo conoscere per lampi, lampi che squarciano il buio delle convenzioni e del confort quotidiano in cui ci limitiamo. Sono epifanie che ci rivelano l'altro nella sua essenza più autentica e che ci fanno sentire vicini, in comunione. Anche se solo per un attimo. Con Lucia ho provato questa sensazione diverse volte. Sono attimi preziosi, unici, eterni. Dell'unico tipo di eternità che ci è dato sperimentare. Sono attimi che diventano eterni per il valore profondamente umano che riescono a sprigionare. L’eternità è solo una questione di attimi. Ho intitolato questo intervento "la cucina culturale di Lucia" per rendere atto di due sue passioni: la cultura (in tutte le sue forme, dalle più alte alle più contaminate) e la cucina (da quella più povera a quella popolarmente più sofisticata). Per Lucia erano due dimensioni intimamente intrecciate, indissolubili. Non c'è cucina senza cultura e anche ogni occasione di condivisione di cibo era opportunità di nutrimento culturale e spirituale. Le cene da Lucia erano cenacolo culturale e umano, mai banale. Un fotogramma ci riporta alla casa di Vacallo: l'enorme dipinto di Sergio Morello che faceva da sfondo all'altrettanto enorme tavolata. L'ho rivisto alla personale dedicatagli dal Comune di Chiasso. "Alpi da vendere" si intitola. Olio su tela del 1974, 2 m x 4, con rappresentate le alpi e la scritta "kmquadrati 510 milioni 80 mila da vendere". Era come una finestra con vista (responsabile) sul mondo. Questo quadro ci riporta al periodo della Milano di inizio Anni Settanta. La Milano delle ultime case a ringhiera. Forse non tutti sanno che quella tela veniva dispiegata - da Sergio e Lucia e altri adesso si direbbero attivisti - per impedire l'accesso degli ufficiali giudiziari durante gli sfratti. Una legge promulga-

va che gli sfratti andassero comunicati entro le nove del mattino ed ecco che allora il dipinto, che si trasformava in happening artistico, serviva proprio il tempo necessario sino alle Noveezerouno - per ritardare l'arrivo dei funzionari e rendere quindi vano lo sfratto. Milano certo, ma prima Roburent (dove è nata il 7 novembre del 1944), Mondovì, Torino (dove ha studiato lingue e dove era stata ospite di una compaesana, faute de maman). Lucia è sempre stata orgogliosa delle sue origini piemontesi. Poi la galeotta Ginevra, Milano appunto, e poi Chiasso, Vacallo e ancora Chiasso, dove ha costruito i suoi nidi. Entravi nel suo appartamento a Chiasso ed era come (ri)trovarsi a Milano...con le decorazioni del Basilico che ti accoglievano, ogni volta sorprendendoti. Sono questi i luoghi dove Lucia ha vissuto - dove si è sentita a casa, ma per certi versi anche in esilio, da cosmopolita di provincia qual'era. Un esilio del quale si era riappropriata con grande trasporto e vitalità anche nei numerosi viaggi compiuti soprattutto nell'ultimo ventennio. In questo senso, le sue radici erano quelle di chi è stato gettato nel mondo: "radici prensili", aperte, disponibili all'incontro con l'altro da sé, accoglienti, curiose, trasparenti e sincere. Si parlava di cucina culturale. Ho conosciuto Lucia per i suoi interessi culturali, nello specifico il cinema. Con lei, all'inizio degli anni '90, abbiamo dato vita al Cineclub del Mendrisiotto, uno dei primi embrioni associativi del rilancio culturale di Chiasso e sicuramente uno dei momenti di svolta della vita di Lucia. Si partì con Wenders (molto in voga allora), Kubrick (tutti d'accordo), Volonté (che bell'uomo e che grande attore) e - soprattutto - l'Espressionismo tedesco, la prima vera proposta di Lucia: fu lei a scegliere i film e a scriverne le schede. Una rassegna bellissima, una locandina (il volto luminoso di Lulù di Pabst) iridescente nel suo bianco e nero. Ne sono seguite molte altre. E tra queste come non ricordare la rassegna di cinema armeno, con tanto di cena armena al Grotto Vallera, uno dei pochi "Tutto esaurito" dello stralunato cineclub. La scelta delle rassegne era frutto di discussioni pittoresche, sbilenche ma fertili, con impasse da Alzheimer galoppante: chi era già il regista di quel film sull'asilo che è passato l'anno scorso a Locarno? E l'attore protagonista di Rashomon? Per fortuna che ogni tanto San Mereghetti provvedeva. Lucia era spesso oggetto delle nostre bonarie sferzate. Mi state prendendo in giro? ci diceva. Aveva le spalle larghe, Lucia, e ti guardava con amorevole commiserazione: non capite niente! Ma la sua passione per la cultura era tante altre cose ancora: l'amore per la musica, l'opera, ma anche Brel, Brassens, Aznavour o Greco, la musica curda o persiana "importata" dai suoi viaggi in improbabili cd. L'architettura e la storia, come testimonia il suo periodo... "tour operator" (alla scoperta delle basiliche romaniche del Piemonte, of course). Ma soprattutto la letteratura, uno dei suoi nutrimenti più vitali, e che - nei tempi della malattia - era cartina di tornasole del suo umore, della sua salute compromessa. Lucia era una persona contagiosa per natura, amava condividere le sue passioni con una tale forza e convinzione, che a volte sfioravano il rimbrotto, da suscitare ammirata simpatia. Le volevamo bene. Lucia è stata operatrice con i richiedenti l'asilo, insegnante alla scuola di avviamento e alla Tamé (il Franklin college dei disastri di Chiasso e dintorni) e soprattutto giornalista, sempre più.

Ha collaborato con TV Sette, Azione, La rivista del Men - metteva sempre una parte autentica di sé stessa, senza ergersi mai a protagonista, lasciando il proscenio alla persona intervistata o alla realtà descritta. Con onestà e serietà. E non è un caso - o forse è un caso piuttosto raro - le sue interviste erano soprattutto degli incontri, da cui spesso nascevano amicizie, per affinità elettive, non ho dubbi. I suoi scritti erano sorprendenti o meglio contenevano sempre alcuni elementi inattesi, che li rendevano unici. Una bella poesia di Franco Beltrametti dice che i tappeti navaho, composti di 40'000 nodi, avevano sempre un nodo imperfetto, che creava uno spazio, attraverso il quale lo spirito sarebbe potuto entrare. Era il timbro, il grain, della scrittura di Lucia. Per finire la cucina di Lucia. La sua cucina era una cucina curiosa, legata alla tradizione (la sua micidiale bagna cauda e il cardo gobbo, non ancora assurto a presidio, erano oggetto di tante crasse risate), una cucina povera, popolare, paziente, ma anche aperta ai sapori del mondo e, in questo, raffinata. Ogni ritorno di viaggio - dalla Cappadocia o dall'Iran - era occasione per condividere nuove ricette, che sapeva riprodurre con infedele maestria. Da Lucia trovavi sempre un piatto di pasta, una tartina con le acciughe, un bicchiere di barbera. Lucia amava cucinare perché era un'occasione per riunire attorno a sé vecchi e nuovi amici. La sua tavola prêt-à-porter era teatro di discussioni che fiorivano grazie soprattutto alla sua capacità di rilanciare il discorso attraverso domande o commenti espressi con una semplicità che sapeva toccare l'essenziale. La sua anima sociale - indignata, diremmo oggi - incontrava altre anime sociali. Bei momenti di comunione, che hanno fatto nascere amicizie, consolidato amori. Un'ora sola... ma anche tanto di più. Il mondo non è suddiviso in protagonisti o comprimari, c'è almeno anche un'altra categoria, alla quale mi sento di dire Lucia apparteneva: quella delle persone seminatrici, che si prendono cura degli altri e del mondo - e forse non abbastanza di sé stesse. Lasciano semi che germogliano in idee, progetti, sentimenti. Sono persone raramente appariscenti, che quando vengono a mancare ci lasciano un vuoto, ma un vuoto pieno, perché le abbiamo interiorizzate: quasi senza accorgercene, le sentiamo parte di noi. A volte, vedendo un film, ascoltando una notizia o scorrendo la rubrica dei contatti nel cellulare, ci sorprendiamo a domandarci: Chissà cosa avrebbe detto Lucia? Chissà cosa avrebbe pensato? Se l’avete conosciuta, mi auguro capiti anche a voi.

* Discorso tenuto in occasione della pubblicazione dedicata a Lucia Morello ad un anno dalla scomparsa (Gli amici di Lucia, edizioni Ulivo, Balerna, 2015) a Ligornetto l’8 novembre 2015. Testo rivisto per ChiassoLetteraria.


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1–5 SETTEMBRE 2021 / CHIASSO MERCOLEDI 1 settembre 20.45 Cinema Teatro “Serata speciale COOP Cultura. Poesie e musiche persiane per Lucia Morello”. Lucia, giornalista, grande amica del festival è stata una protagonista discreta della vita culturale chiassese. ChiassoLetteraria le rende omaggio con una serata di cultura persiana, una delle sue tardive indomite passioni. Sarà l’occasione per un concerto di musica classica persiana e la lettura di poesie di Forough Farrokhzad, l’indimenticata e anticonformista poetessa persiana morta nel 1967. Il concerto avrà invece come protagonisti il Chemirani Ensemble, guidato dal grande maestro e virtuoso suonatore di zarb Djamchid Chemirani accompagnato dai suoi tre figli: Maryam, Bijan e Keyvan. Le poesie di Forough Farrokhzad saranno recitate dall’attrice italiana Silvia Grande.

Forough Farrokhzad

è stata la più importante poetessa persiana del Novecento, popolarissima in Iran. Sfidando le autorità religiose e i letterati conservatori, Farrokhzad espresse con fermezza sensazioni e sentimenti della situazione femminile nella società iraniana degli anni cinquanta-sessanta, contribuendo in modo decisivo al rinnovamento della letteratura persiana del '900. Il ruolo della donna nel matrimonio convenzionale, le libertà prevaricanti del ruolo di madre e donna libera, il rapporto conflittuale dell'essere donna e non poter godere del proprio corpo liberamente, le diedero la forza di combattere ma le impedirono di godere di una vita normale. Del 1963 è il suo unico documentario «Khaneh siah ast» («The House is Black»), che mostra la situazione dei lebbrosi iraniani e vinse premi in tutto il mondo. Morì nel 1967 in un incidente stradale, di ritorno da una visita alla madre.

IL VENTO CI PORTERa' VIA Nella mia fuggente notte, ahimè! Il vento dà udienza alle foglie degli alberi. Nella mia fuggente notte incombe l’angoscia della desolazione. Ascolta, Odi il respiro delle tenebre? A questa esultanza io mi sento aliena, La disperazione mi è propria. Ascolta, Odi il respiro delle tenebre? Ora, nella notte, qualcosa accade. Infuocata e inquieta è la luna E su questo tetto, che, ogni istante, rischia di crollare, Le nuvole, come un corteo funebre, Sembrano in attesa del momento di piovere. Un momento E poi, nulla. Dietro questa finestra sta palpitando la notte E la terra Sta arrestando il suo moto. Dietro questa finestra uno sconosciuto È in trepidazione per me e per te. Oh, mio tutto virente! Rimetti le tue mani, come un cocente ricordo, Nelle mie mani innamorate. Sciogli le tue labbra, come una vibrante sensazione di vita, Alle lusinghe delle mie labbra innamorate. Il vento ci porterà via. Il vento ci porterà via.


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"SCOMPONI LA MADRE. TOGLILE IL CORPO. LE BRACCIA IN CUI RIFUGIARTI PER ESSERE STRETTA E COMPRESA. IL PETTO AL QUALE APPOGGIARTI PER REGOLARE AL SUO BATTITO IL TUO."

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Di corpi e madri NOTE SU ALESSANDRA SARCHI

Mara Travella

Sabato 4 settembre 11. 00 Spazio Officina Incontro con la scrittrice italiana

Alessandra Sarchi A cura di Massimo Gezzi, poeta e scrittore, e degli studenti del Liceo 1 di Lugano. Intervento del Dr. Mattia Lepori per la rivista per le Medical Humanities.

L

a madre s’infilava nel letto e s’infilava sotto le lenzuola, e i suoi alti singhiozzi risuonavano nella stanza buia: i ragazzi pensavano che il nonno certo aveva ragione, pensavano che la madre faceva male ad andare al cinema e dalle sue amiche. Si sentivano molto infelici, spaventati e infelici, se ne stavano rannicchiati vicini nel caldo letto morbido e profondo, e il ragazzo più grande si stringeva da parte per non toccare il corpo della madre. (N. Ginzburg, La madre, 1948)

Vi è un altro spazio, tra i tanti del nostro quotidiano, che è sempre (e sempre stato) soggetto a campi di forza: quello che riguarda le donne-madri. Sulla maternità da più fronti sono stati formulati giudizi abbastanza precisi e sono state fornite regole altrettanto chiare su come la donna si debba comportare per adempiere al proprio ruolo materno. Essere madri genera invidie poiché significa poter dare la vita, originare. Non è un caso che nello scrivere il Racconto dell’ancella (1985) Atwood indicasse la fertilità come il valore ultimo da difendere e da vendere. Sulla donna-madre si concentrano attenzioni, forze, aspettative. E dunque la letteratura di questa figura cerca di rivelare le sfumature, l’impossibilità di riflettere un unico modello (esemplare mi pare il bellissimo racconto ginzburgiano in esergo). Alessandra Sarchi nel suo ultimo romanzo Il dono di Antonia (Einaudi, 2020) s’inserisce proprio in questa riflessione.

Scomponi la madre. Toglile il corpo. Le braccia in cui rifugiarti per essere stretta e compresa. Il petto al quale appoggiarti per regolare al suo battito il tuo. Lo spazio fra il collo e la clavicola dove respirare odore di casa. Il ventre che ti ha contenuta prima di nascere, i fianchi che ti hanno sostenuto quando ancora non camminavi. Le gambe che ti hanno rincorso e insegnato a muoverti da sola. Le mani che sono cura, benedizione, rimprovero e avvertimento. Infine il volto, dal quale hai imparato a vedere il mondo, te stessa; e nel quale ti ritrovi, anche quando non vorresti, anche quando non te l’aspetti, perché la somiglianza è molto più che una semplice affinità di lineamenti e colori. Se elimini parte dopo parte, rimane l’idea della madre, che ti sei costruita nel tempo. Nel raccontare la storia di Antonia e del suo dono l’autrice entra nel campo della madre, e mette al centro il corpo materno: cos’è l’idea senza la sostanza? Che residuo di maternità resta in Antonia, che da giovane ha donato il suo ovulo a un’amica americana? Cosa accade se un giorno quel dono è Jessie, un giovane ventenne che vuole incontrarti, riconoscerti? La trama del romanzo si dipana tra la campagna bolognese – dove ora Antonia vive con la figlia Anna e il marito – e la California, da cui Jessie partirà per incontrare chi ha permesso che lui nascesse. Quando il passato e il presente entrano in collisione la protagonista si trova a dover fare i conti con quel gesto sepolto e a doversi interrogare su quanto lontano si possa andare per sfuggire a sé stessi, e su quanto – come ha rivelato l’autrice stessa in una recente intervista – «il dono» sia «un vincolo, non un atto di generosità gratuito, è la promessa di esserci nella vita dell’altro». Ma di sotto e accanto alla narrazione di questi incontri e ritorni scorrono questioni come l’identità, la collettività, la femminilità, la natura, l’identità e il ruolo.

Fare i conti con l’archetipo di madre. Antonia cercherà di parlare con altre due donne, Alice e Sara, per risolvere i rapporti con la figlia Anna – una figlia che si sottrae al nutrimento come se volesse sottrarsi al suo amore – e nell’ascoltare le loro voci la sua mente tornerà a quel dono passato e al rapporto con le proprie origini. È attraverso queste due figure che si fa pressante, potente, la figura seducente di Myrtha, l’amica alla quale ha ceduto uno dei suoi ovuli. Sono anche i corpi che inevitabilmente abitano la narrazione; questo è un altro spazio proibito che Sarchi vuole sondare, schiudere. Il corpo della donna americana che sta per morire, quello di Anna e il suo complesso rapporto con il cibo, quello di Antonia, che si avvicina al climaterio. Perché il corpo – e quello femminile – è sempre esposto all’occhio esterno. Sulla copertina di questo romanzo c’è l’uovo nella bella opera di Adelaide Cioni, un uovo che racchiude in potenza tutta la vitalità e gli elementi per nascere, ma che senza le cure è destinato a morire. Un uovo che appeso a un filo domina anche nel dipinto quattrocentesco di Piero Della Francesca, la Pala di Montefeltro, cui si farà riferimento anche all’interno del romanzo, a significare che allora come oggi, c’è un mistero che avvolge questo semplice elemento dal quale germina la vita. Il dono di Antonia è un romanzo attraversato da un’energia vitale e liberatoria, quella che permette di svincolarsi dagli schemi già forniti e invecchiati; e formula con una scrittura delicata e potente interrogativi che pressano i confini di un mondo, quello delle relazioni tra sé e gli altri, quello tra madri, figlie e figli: uno spazio che pensavamo già di conoscere e sul quale invece c’è ancora molto da (ri)dire.


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Voci insubordinate dell' entroterra brasiliano Prisca Agustoni

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alla fine del 2018, Itamar Vieira Júnior (Salvador da Bahia, 1979) è uno dei nomi più ricorrenti sulla scena letteraria brasiliana e internazionale legata alla lusofonia, grazie al romanzo Torto Arado (Aratro ritorto, trad. Giacomo Falconi, Tuga Edizioni, 2020), che ha vinto il prestigioso premio Leya per manoscritti inediti. Salutato dalla critica portoghese e successivamente brasiliana come una strepitosa saga che racconta le vicende di due personaggi femminili dell’entroterra rurale brasiliano, di eredità schiavista, si è poi aggiudicato il prestigioso premio brasiliano della critica, il Jabuti, nonché il premio Oceanos, il maggior riconoscimento letterario dell’area lusofona. Va detto che Itamar Vieira aveva pubblicato in precedenza due ottimi libri di racconti, già segnalati dalla critica, ma è indubbiamente il romanzo che lo ha fatto venire alla ribalta, avendo già venduto oltre 70˙000 copie in Brasile nel 2020 – un vero exploit in un mercato che si vede alle strette con una forte crisi economica, con la tragedia sanitaria e la vertigine politica - e che oltre all’edizione italiana, è in corso di traduzione in oltre 9 lingue, oltre ad un adattamento cinematografico. Ma di cosa parla questo romanzo che è già considerato da molti “un classico” e che rappresenta senza dubbio il più importante fenomeno letterario brasiliano degli ultimi 30 anni? Sullo sfondo di un Brasile rurale, ancora fortemente segnato dalle pratiche di retaggio coloniale, di matrice schiavista, si stagliano le figure di due donne, due sorelle, Bibiana e Belonísia, la cui storia ci è presentata sin dalla loro infanzia, dal momento in cui Bibiana (una delle narratrici) ritrova un coltello in una valigia antica, nascosta sotto il letto della nonna. A partire da questo fatto, che produrrà una prima tragedia, si snoda una storia le cui vicende assumono man mano le fattezze di una saga famigliare, raccontata con un linguaggio melodioso e che vede quasi sempre le donne come protagoniste assolute della narrazione.

L’incipit è memorabile e ricorda quello di romanzi quali Cent’anni di solitudine di Márquez o La casa degli spiriti di Isabel Allende: “Quando presi il coltello dalla valigia dei vestiti, avvolto in un pezzo di stoffa vecchio e sudicio, con macchie scure e un nodo al centro, avevo poco più di sette anni. Mia sorella Belonísia, che era con me, ne aveva uno in meno. Poco prima di quell’evento, nel terreiro della casa vecchia, stavamo giocando con delle bambole fatte con il mais raccolto la settimana prima. Sfruttavamo la paglia che si andava ormai ingiallendo per rivestire le pannocchie con abiti improvvisati. Ci dicevamo che le bambole erano le nostre figlie, di Bibiana e Belonísia”.

Se i personaggi femminili sono particolarmente toccanti e reali, al punto da creare un’identificazione immediata da parte del lettore, questo lo si deve anche al fatto che l’autore conosce da vicino la loro realtà, sia come geografo che come funzionario pubblico presso l’Istituto Nazionale di Colonizzazione e della Riforma Agraria, visto che ha spesso percorso le strade polverose del sertão baiano, incontrando la gente e registrando i loro sogni e pensieri su quaderni che hanno poi dato origine alle vicende narrate. Ed è durante questi suoi viaggi nell’entroterra del suo stato (Bahia) che Itamar ha scoperto la forza e la capacità di resilienza delle donne che organizzano intere comunità afrobrasiliane.

Molti sono i temi che attraversano il romanzo come una cerniera narrativa e che uniscono in modo indelebile la vita delle due sorelle, le due narratrici della storia: la pratica religiosa, i legami famigliari, la dura vita del campo, la fame, la siccità, il trauma, l’espoliazione dei diritti, il fragile equilibrio tra sofferenza e resistenza. Ma Aratro Ritorto va ben oltre il semplice fatto di affrontare questioni sociali brucianti e di farlo in una sorta di felice consonanza storica con il suo paese, un Brasile oggi più che mai attanagliato dalla brutalità politica che mette a tacere chi osa preoccuparsi per l’ambiente, per i senza terra, per gli emarginati, per i poveri, per gli indigeni, per la popolazione nera, per la popolazione carceraria, per gli artisti, per i contadini, per chi non ha ancora un pezzo di terra dove vivere.

La critica ha associato quasi naturalmente il nome di Itamar a quello del suo famoso conterraneo predecessore Jorge Amado, oppure al grande nome della narrativa realista Graciliano Ramos, ma è giusto segnalare che Itamar introduce in chiave contemporanea un sentimento d’insubordinazione – molto poco incline, dunque, a una lettura “cordiale” dei traumi storici della società brasiliana– che si avvicina al grande romanzo di Saramago, Una terra chiamata Alentejo. Oppure, sempre restando in Brasile, al recente e premiato film di Kléber Mendonça «Filho, Bacurau» (2019), dove la capacità di sopportazione e la docilità della popolazione da sempre umiliata giunge a un limite quasi esplosivo.

L’autore è infatti molto abile nel cucire il passato con il Domenica presente, sia dei personaggi che della storia del suo pae- 5 settembre se, attualizzando e universalizzando i drammi umani, in 16 . 00 particolare quelli che da sempre vedono coinvolti i “dan- Cinema Teatro nati della terra”, così chiamati da Franz Fanon nel suo celebre saggio, con le loro rivendicazioni sui diritti uma- Incontro con lo scrittore brasiliano ni essenziali quali, in particolare, il diritto alla terra e Itamar Vieira all’emancipazione dei contadini. La lingua che usa Ita- JÚnior mar Vieira per renderci questi scorci di vita è uno dei A cura di Prisca Agustoni, poetessa. punti alti del romanzo: sempre melodiosa e attenta alla dimensione concreta e psicologica dei personaggi, evocando però tra le righe la forza simbolica dei loro gesti, delle loro parole, dei loro silenzi.


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Uomini e topi

Anna Ruchat

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Giovedi 2 settembre 20.45 Cinema Excelsior Eugenetica in democrazia. Uomini e topi: il discorso di Mariella Mehr all’Università di Basilea Incontro con

Emmanuel Betta

professore di storia contemporanea, e la scrittrice

Anna Ruchat

Uomini e topi [Von Mäusen und Menschen] – titolo con cui la scrittrice si appella dichiaratamente al romanzo di John Steinbeck – è la relazione pronunciata da Mariella Mehr presso l’Università di Basilea il 26 novembre 1998, in occasione del conferimento del dottorato ad honorem da parte della Philosophisch-Historische Fakultät. Il testo fu subito pubblicato dal Caritas Verlag in una pubblicazione collettanea intitolata Blickwechsel. Die multikulturelle Schweiz an der Schwelle zum 21. Jahrhundert [Svolta dello sguardo. La Svizzera multiculturale sulla soglia del 21. secolo] a cura di Simone Prodolliet e poi mai più ripreso né in tedesco né in altre lingue. Eppure si tratta di un testo cruciale per la storia della Svizzera e del suo rapporto con l’Altro, il Diverso. Così si apre infatti il discorso di Mariella Mehr: «Di fronte a voi c’è una “psicopatica irritabile, instabile, con un grande bisogno di attenzione e moralmente ritardata con tratti nevrotici e una forte tendenza alla sopravvalutazione di sé, cosa che si palesa nel suo desiderio di diventare una scrittrice. In considerazione della sua tara ereditaria – il soggetto in esame appartiene alla terza generazione di una famiglia nomade degenerata – non si esclude un lungo internamento in una clinica psichiatrica” (Relazione collettiva, 1964). Nel libro che presenteremo in anteprima a ChiassoLetteraria, il discorso di Mariella Mehr è introdotto da un saggio dello storico Emmanuel Betta sull’eugenetica in democrazia che copre tutto l’arco del Novecento concentrandosi però sul secondo dopoguerra e su quella cesura che avrebbe dovuto prodursi grazie alla fine delle dittature in Europa e che non avvenne. «La biografia di Mariella Mehr per molti versi è conferma ulteriore che il 1945 non determinò una cesura rispetto alle pratiche e alle culture che avevano prodotto l’eugenetica nelle sue forme più estreme», scrive Betta concludendo il suo saggio, «e non lo fu, in particolare, perché una delle linee di continuità più pertinaci, che anticipava la stagione dell’eugenetica totalitaria primo novecentesca e che la seguiva, è costituita dalle discriminazioni nei confronti dei nomadi, che si basavano su una lettura del nomadismo stesso come espressione di una patologia degenerativa, considerata ereditariamente trasmissibile. La riflessione sui caratteri dell’eugenetica svizzera, e financo sulla sua stessa esistenza, è stato un processo difficile nella Svizzera democratica, che aveva ritenuto di riconoscere nella sua neutralità la propria estraneità alle forme più estreme delle esperienze totalitarie della prima metà del Novecento. In particolare, l’equivalenza quasi diretta tra eugenetica e nazismo aveva fatto sì che l’eugenetica svizzera fosse ritenuta inesistente in ragione dell’assenza di forme di violenza aperta paragonabili per qualità e per quantità a quelle della Germania nazista. Ma questa concezione dell’eugenetica centrata sulla violenza aperta ed esplicita poneva in secondo piano la presenza di una violenza istituzionale, segnata da una prospettiva terapeutica e preventiva della quale in Svizzera si facevano portatrici le stesse istituzioni. È questa, probabilmente una delle cifre che definiscono la specificità dell’eugenetica elvetica. Tutto ciò ha portato a un riconoscimento soltanto relativo delle responsabilità istituzionali nella sterilizzazione e a una forte resistenza ad ammettere la continuità o la prossimità con quanto accadde nel regime nazista. Le parole lucide prima ed emotive poi della lectio di Basilea del 1998 raccontano in maniera forte una linea di continuità nel modo di costruire l’alterità, interrogando i saperi, la religione (in particolare quella cattolica) e le complicate persistenze nell’azione dei dispositivi biopolitici.»

Vi proponiamo qui due estratti dalla lettera di Mariella Mehr a sua madre Phralalen, Pejalen Mama, Quante mamera, cara mamma La mia mente non è un conto vincolato sul quale posso versare le nostre memorie, per poi continuare a vivere allegramente, libera da tutti i ricordi. Ognuno dei miei giorni è un tentativo nuovo d’imparare a vivere con questi ricordi, i Tuoi e i miei, e il ricordo della storia del nostro popolo, senza esserne distrutta. Tu, mamera, ne sei stata distrutta. A Te non è stato neppure concesso di arrivare ai sessant’anni, logorata com’eri da tutto quel ricordare, avvelenata dalle loro idee perverse di giustizia e di ordine. Sei stata in balìa di queste loro idee fino alla morte, del loro ultimo «esercizio di scrittura», poco prima del Tuo sessantesimo compleanno. Le Tue carte giacciono ora sul mio tavolo, ordinate dagli agenti della polizia penitenziaria, pedantemente fascicolate in raccoglitori dal dorso arancione con l’etichetta: Maria Emma Mehr, nata il 27 agosto 1924, ad Almens, canton Grigioni, deceduta a Zurigo nel 1983. Segni particolari: appartenenza al popolo nomade. Un essere inferiore dunque, generato da esseri inferiori, feccia della biologia delle razze, provvista dei calci della polizia penitenziaria. Di quale miglior trattamento poteva aver bisogno questa pezza da piedi, se non della grazia dei loro calci sulla pelle nuda. Ti sono penetrati nel profondo del cuore, lo hanno insozzato, hanno ballato sul Tuo cuore mentre Tu, smarrita, non sapevi fare altro che soffrire in silenzio in quel luogo che solamente a Te appariva sicuro, là dove le loro zampe da caproni munite di stivali non lasciavano il segno e dove la polizia penitenziaria non registrava nulla, perché quel luogo, l’Anima, a quelli come Te non viene nemmeno riconosciuto. La chiamavi «vita da cani», quella discesa costante nella desolazione dell’odio per te stessa, vita da cani, dicevi, come se i cani non avessero un’anima, come se quelli come Te potessero essere più della feccia, più di una feccia ributtante. Non avevi ancora smesso di sognare, e ti era rimasta la convinzione che altrove si vive in modo diverso e che nessuno dev’essere la feccia degli altri, o la loro pezza da piedi, fino a poco prima che il loro celestiale funzionario Ti facesse finalmente sotterrare. Perché è questo il modo in cui venivano usati quelli come Te. Non serve il grido di sofferenza dei Tuoi simili, se le guardie carcerarie, così cariche di amore per il prossimo, hanno abbandonato il Tuo corpo, il profondo del Tuo cuore che avevano occupato militarmente per tutta la tua vita. Il profondo del Tuo cuore, dove loro hanno combattuto contro il seme dei Tuoi antenati, che chiamavano patrimonio ereditario, patrimonio scadente, e Ti impedivano il raccolto con fulmini e saette scaricati dalle loro bocche, praticavano esorcismi dove non esisteva alcun demone solo questo patrimonio ereditario un patrimonio di fuoco, che per quelli come Te significava vagare per i boschi, quando potevate farlo, e vi faceva dedicare alla raccolta di bacche e radici. Ma a quelli come Te fu presto impedito di raccogliere bacche e radici, fu impedito di stare da bambini intorno al fuoco, fu istillata la paura con sputi e botte, i figli furono strappati al seno delle madri e cresciuti in case dove vivevano coloro che godevano di ogni diritto, coloro che offrivano il proprio patrimonio ereditario all’onore della patria, coloro che creavano giustizia e ordine. Si pensa anche a quelli come Te, oggi, quando in questo paese si celebra l’inizio della guerra, questo giorno infausto di cinquant’anni fa, la condanna a morte per i Tuoi simili nel paese vicino. Cos’hanno da lamentarsi quelli come Te? Direbbero loro, tu non sei stata azzannata alla gola, la ripulitura delle strade maestre è stata contenuta, lo spazzino che ripuliva le strade aveva mani cristiane, quelle mani che ora alza verso il cielo nel Diosialodato, a onorare

il funzionario del carcere che raddrizzava le deviazioni e per il quale suddividere gli uomini in persone inferiori e persone riconoscibili a pieno diritto significava giustificare l’assassinio degli uni per eleggere gli altri a immagine e somiglianza di se stessi. […] Alla fine della guerra, alla fine del genocidio perpetrato anche contro i tuoi simili, sei sopravvissuta nella cella di un carcere svizzero. Per via della tua personalità abnorme dovevi sottostare all’assistenza a vita, così avevano stabilito gli uomini puliti della nazione elvetica. Ti hanno trovato un nuovo deposito, dopo che per un tempo breve ti avevano fatto assaggiare la libertà, e tu mi hai messo al mondo e mi è stato impresso il marchio sulla fronte: una di voi. Assistenza a vita, questo ha subito la tua origine, il tuo patrimonio ereditario e in generale la tua macchia. Le tue grida d’aiuto da campi di lavoro e manicomi, le tue imprecazioni, le tue preghiere, i tuoi guaiti, la tua disperazione e gli inutili sensi di colpa, ora sono qui, nelle lettere che ho davanti agli occhi e che non mi hanno mai raggiunta quando tu eri in vita. Spazzatura produce spazzatura, quindi le lettere sono ingiallite nei raccoglitori arancioni sui quali era stato scritto: non inviate. Sono ingiallite accanto alle mie che non hanno mai raggiunto te, mammina carissima del mio cuore; aprimi ora una porticina perché io possa entrare nel nido del tuo cuore e riscaldarmi. Come potevo sapere che nel tuo cuore abitavano e facevano i loro porci comodi altre persone, come potevo sapere che gli spazzini di notte andavano a puttane dentro a quel cuore, con le loro verghe cristiane finché finalmente, finalmente, non è calata la notte sul tuo cervello. Dimmi, com’è stata quell’ora in cui ti sei staccata dalla follia, e placata per sempre, hai dileggiato un’ultima volta, con il tuo grido, la realtà: lo so, lo so, ho mancato! A quel punto è finita l’agitazione nella camera del tuo cuore; loro hanno continuato a scopare, ma lo facevano con una morta, i profanatori, perché a quel punto tu eri tornata da tempo nel paesaggio palustre delle tue origini, spazzato dal vento consolatore, sentivi il grido strascicato dell’astore sul bosco e tu, tu raccoglitrice di bacche, tu ridente, riattizzavi i nostri fuochi. Anni da cani, cinquantanove anni da cani, così hai definito il tempo che ti sei lasciata alle spalle, anni che non si potevano chiamare vita, perché nessun fiore è fiorito nei tuoi sogni e nessun sorriso si è voluto illuminare in quello spazio angusto in cui sei stata costretta a stare, in quella stanza oscurata dal buio e dalla disperazione in cui ti era appena consentito vegetare. Ti rimaneva soltanto la lingua delle talpe, nero pece e stridula, al di là di ogni ragionevole comprensione. Che non pregavi per la tua vita, gridavi alle persone per la strada, pregavi soltanto per avere un po’ di pace tra le molte fasi di furia interiore che ti causavano l’orrore e la certezza di non essere mai all’altezza, in un mondo che per quelli come te non aveva pronto altro che campi di lavoro e manicomi, quelli come te, un’espressione che trasformava il tuo volto quando ne strascicavi le sillabe con intenzione e spalancavi la bocca nel tuo sarcasmo inespresso. Devo festeggiare un compleanno, il tuo sessantesimo, che a te non è stato dato di festeggiare. Lacio drom, mamera, Bàchtalo drom, coraggiosa mamma, ti auguro felicità, pace e una lunga morte. Soltanto i vivi devono ricordare.


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autori

Matteo Beltrami (Locarno, 1981), operatore sociale e scrittore svizzero di lingua italiana. Si è diplomato nel 2000 come gestore alberghiero e ristoratore. In seguito ha svolto diversi lavori: da postino a magazziniere, da venditore a manovale. Per diversi anni ha lavorato come operatore sociale in progetti di strada e di prossimità, sia in Svizzera che nell’ America del Sud. Attualmente è educatore regionale di Scuola media nelle regioni di Locarno e Lugano. La sua prima pubblicazione, Il mio nome era 125. L’odissea di un bambino vittima di un collocamento in un istituto di correzione (Edizioni Ulivo, 2019), è un romanzo sul tema delle misure coercitive di internamento di minori che furono in vigore nel nostro paese per molti decenni, fino all’inizio degli anni Ottanta del Novecento. Il libro, dal taglio biografico, è ambientato prevalentemente a Bellinzona ed è ispirato alla vicenda reale di Piero, un bambino, nato nel 1948, che venne separato dalla sua giovanissima madre all’età di 6 anni e quindi internato presso l’Istituto von Mentlen. Questo sfortunato bambino è il padre di Matteo Beltrami. Emmanuel Betta (Rovereto, 1969), professore universitario e storico italiano. È attualmente professore associato di Storia contemporanea presso il Dipartimento di storia, antropologia religioni arte spettacolo alla Sapienza di Roma, dove coordina il Dottorato di Storia Antropologia Religioni. È Direttore di “Contemporanea. Rivista di storia dell’800 e del 900” e membro della direzione di “Quaderni storici”. È stato professore invitato a EHESS-Paris, Oxford Brookes e Sciences-Po Paris. Si è occupato di storia della biopolitica, di eugenetica, di bioetica; di conflittualità e violenza nei movimenti sociali e politici. Autore di numerosi articoli su riviste specializzate, ha curato con altri la Storia mondiale dell’Italia (Laterza, 2018) e pubblicato i libri, Animare la vita. Disciplina della nascita tra medicina e morale nell`Ottocento (Il Mulino, 2006) e L`altra genesi. Storia della fecondazione artificiale (Carocci, 2012; traduzione francese 2016). Behrouz Boochani (Ilam, Iran, 1983), scrittore, giornalista e attivista per i diritti umani. Curdo di cittadinanza iraniana. Dissidente politico, è stato perseguitato dalla teocrazia sciita dell’Iran. Ha tentato di entrare in Australia per chiedere asilo politico, ma le autorità australiane, in virtù delle severe norme sull’immigrazione, lo hanno confinato in un campo profughi sull’isola di Manus, dove è stato detenuto per cinque anni. Liberato il 14 novembre 2019, si trova attualmente in Nuova Zelanda. Nel 2019 esce il suo romanzo autobiografico, Nessun amico se non le montagne : prigioniero nell’isola di Manus (Add editore, 2019), che ha vinto il Victorian Prize 2019, il NSW Premier’s Award 2019, l’Asia General Non Fiction Book 2019 ed è finalista al National Biography Award 2019. Non essendo dotato di computer o supporti cartacei, ha scritto il romanzo inviando una

lunga serie di messaggi in lingua persiana al suo amico Omid Tofighian, docente di letteratura inglese e comparata all’American University del Cairo, che le ha tradotte in inglese. Luca Brunoni (Lugano, 1982), scrittore svizzero di lingua italiana. Laureato in diritto e letteratura, lavora come professore in una scuola universitaria. Vive tra due città lacustri: quella natale sul Ceresio e Neuchàtel. Scrive romanzi, racconti e sceneggiature. È autore, in particolare, di tre romanzi: Il cielo di domani (Fontana, 2016), Silenzi (Gabriele Capelli, 2019 ; Premio Leggimontagna 2020), Indelebile (Gabriele Capelli, 2021). Ursula Bucher (Roveredo GR, 1977), grafica e illustratrice svizzera. A 15 anni si è trasferita a Lugano, dove, per cinque anni, ha frequentato il Centro scolastico per le industrie artistiche (CSIA), ottenendo il diploma di grafica nel 1998. Si trasferisce quindi a Lione, dove nel 2002 consegue il diploma presso la scuola di illustrazione “Emile Cohl”. Vive a Novaggio con l’illustratore Antoine Déprez e i loro due figli. Grafica indipendente, lavora come illustratrice di libri per l’infanzia; collabora con diverse case editrici italiane (Lapis, Kite, Piemme), francesi (Fleurus, La petite Salamandre) e svizzere (ESG, Edizioni svizzere per la gioventù), nonché con la RSI (Radiotelevisione della Svizzera italiana). Leonardo Caffo (Catania, 1988), filosofo e saggista italiano. Insegna Ontologia del progetto al Politecnico di Torino. Ha fondato Waiting Posthuman Studio, unità di ricerca tra filosofia, architettura e arte. Dal 2017 insegna anche alla NABA (Nuova Accademia di Belle Arti) di Milano oltre che alla Scuola Holden di Torino. È noto soprattutto per le sue teorie sugli Animal Studies, il postumano contemporaneo e l’antispecismo (“debole” nella sua versione). Con queste posizioni “antispeciste”, interviene spesso su reti televisive e radiofoniche italiane e straniere, oltre che in festival culturali. Scrive sul settimanale culturale “la Lettura”, collabora saltuariamente con le pagine culturali de “L’Espresso”, “il manifesto”, il “Corriere della Sera” ed è codirettore di “Animot”. Nel 2015 ha vinto il Premio nazionale Frascati Filosofia. Nel volume La vita di ogni giorno (Einaudi, 2016) si è occupato di filosofia, nell’accezione più ampia, proponendo “un’alternativa filosofica”. Tra i suoi ultimi libri ricordiamo A come Animale. Voci per un bestiario dei sentimenti (Bompiani, 2015), La vita di ogni giorno. Cinque lezioni di filosofia per imparare a stare al mondo (Einaudi, 2016), Fragile Umanità. Il postumano contemporaneo (Einaudi, 2017), Vegan. Un manifesto filosofico (Einaudi, 2018), Costruire futuri : migrazioni, città, immaginazioni. (con Azzurra Muzzonigro; Bompiani, 2018) e i recentissimi Il cane e il filosofo. Lezioni di vita dal mondo animale (Mondadori, 2020)

e Quattro capanne o della semplicità ( Nottetempo, 2020). Uscito a maggio: Essere giovani. Racconto filosofico sul significato dell’adolescenza, originalissimo saggio narrativo in cui investiga il significato dell’essere giovani (Ponte alle Grazie, 2021) Maria Grazia Calandrone (Milano, 1964, vive a Roma) è poetessa, scrittrice, giornalista, drammaturga, autrice e conduttrice Rai, scrive per «Corriere della Sera» e «7» ed è regista per «Corriere TV» dei videoreportage sull’accoglienza ai migranti “I volontari” e “Viaggio in una guerra non finita”, su Sarajevo. Tiene laboratori di poesia in scuole pubbliche, carceri, DSM. Ha vinto i premi Montale, Pasolini, Trivio, Europa, Dessì e Napoli per la poesia, Bo-Descalzo per la critica letteraria. Ultimi libri: Serie fossile (Crocetti 2015, Feltrinelli 2020 – rosa Viareggio), Gli Scomparsi – storie da “Chi l’ha visto? (pordenonelegge 2016), Il bene morale (Crocetti 2017 e 2019), Giardino della gioia (Mondadori 2019 e 2020), le traduzioni Fossils (SurVision, Ireland 2018) e l’antologia araba Questo corpo, questa luce (Almutawassit Books, Beirut 2020), Per voce sola, raccolta di monologhi teatrali, disegni e fotografie, con cd di Sonia Bergamasco, Alda Merini (Solferino 2021) e Splendi come vita (Ponte alle Grazie 2021, semifinalista Premio Strega, finalista Premio Narrativa Bergamo 2021), lettera d’amore alla madre adottiva che diventa ben presto un caso letterario e mediatico. Porta in scena i videoconcerti Senza bagaglio e Corpo reale. Sue sillogi compaiono in antologie e riviste di numerosi paesi. Antoine DÉprez (Lille, Francia, 1978), grafico, pittore e illustratore francese, radicato da tempo in Ticino. Ha studiato arti grafiche a Lione, presso l’École Emile Cohl. Nel 2002 ottiene il diploma di illustratore-pittore e si trasferisce a Lugano. Lavora come illustrato-re in diversi campi: edizioni per l’infanzia, stampa, pubblicità. In parallelo svolge un’attività di pittore realizzando lavori personali e privati. Insegna illustrazione presso la SUPSI di Lugano, settore comunicazione visiva. Dal 2006 vive e lavora a Novaggio. Forough FarrokhzÂd (Teheran 1934 - Teheran 1967), è stata una poetessa persiana. Sfidando le autorità religiose e i letterati conservatori, Farrokhzad ha espresso con forza sensazioni e sentimenti legati alla situazione femminile nella società iraniana degli anni Cinquanta-Sessanta, contribuendo in modo decisivo al rinnovamento della letteratura persiana del Novecento. Temi quali il ruolo della donna nel matrimonio convenzionale, la relazione tra il ruolo di madre e quello di donna libera, il fatto di non poter disporre liberamente, in quanto donna, del proprio corpo, le diedero la forza di combattere, ma le impedirono di trascorrere una “vita normale”. Del 1963 è il suo unico documentario Khaneh siah ast (The House is Black), che mostra la situazio-


ne dei lebbrosi iraniani e vinse premi in tutto il mondo. Morì nel 1967 in un incidente stradale, di ritorno da una visita alla madre. Tra le sue opere tradotte in italiano: La strage dei fiori : poesie persiane (Napoli (Orientexpress, 2008), È solo la voce che resta. Canti di una donna ribelle del Novecento iraniano (Aliberti, 2009), Tutta la notte davanti a una finestra (Edizioni Ulivo, 2010) e In un’altra terra. Memoriale del viaggio in Italia (Le Càriti, 2015). Alcune poesie di Forough Farrokhzad saranno lette a ChiassoLetteraria 2021, nell’ambito della “Serata speciale COOP Cultura. Poesie e musiche persiane per Lucia Morello” dedicata alla cultura persiana. BegoÑa FeijOÓ FariÑa (Vilanova de Arousa, [Galizia, Spagna], 1977). Scrive in italiano e vive attualmente in Val Poschiavo (regione italofona del Canton Grigioni). Dopo un’infanzia spagnola si trasferisce a 12 anni in Svizzera, nel Canton Ticino. Dopo la laurea in biologia conseguita nel 2007, lavora per alcuni anni in ambito entomologico. Nel 2015 abbandona definitivamente la professione di biologa, lascia il Ticino e si trasferisce a Brusio in Val Poschiavo. Da allora si dedica quasi esclusivamente al teatro e alla scrittura. Ha seguito corsi di recitazione e di regia e ha fondato con Chiara Balsarini la compagnia teatrale “inauDita”. Ha scritto recensioni teatrali per l’inserto culturale del “Giornale del Popolo”. Ha pubblicato la raccolta di racconti Potere e Possesso dello Zahir e altre storie (Youcanprint, 2015), i romanzi Abigail Dupont (Demian Edizioni, 2016), Maraya (Augh!, 2017) e il recente Per una fetta di mela secca (Gabriele Capelli, 2020). SIRI RANVA HJELM JACOBSEN (Copenaghen, 1980). Cresciuta in Danimarca da una famiglia originaria delle isole Faroe, dopo gli studi umanistici si dedica alla scrittura e collabora con diversi quotidiani e riviste. Dopo il suo primo romanzo, Isola (vincitore del Premio MARetica 2019), ispirato alla sua storia personale, con il quale si è imposta all’attenzione di pubblico e critica per l’originalità della sua voce poetica, tanto da essere affiancata ai grandi cantori del Nord, Siri Ranva Hjelm Jacobsen torna con un romanzo epistolare, Lettere tra due mari (2021), presentato in anteprima a Chiasso, nel quale dà voce alle nostre acque, protagoniste dei cambiamenti climatici in corso sulla Terra, per raccontare la nascita e il declino dell’umanità. NATASHA KORSAKOVA (Mosca, 1973), violinista pluripremiata e scrittrice internazionale di origine greco-russa. Dopo gli studi alla Central Music School del Conservatorio di Mosca, a 19 anni si è trasferita in Germania e ha continuato la sua attività concertistica, esibendosi come solista con le più prestigiose orchestre del mondo. Ha collaborato con direttori come Mstislav Rostropovich,

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Alain Lombard, Alun Francis, David Michael Wolff, Stefan Vladar, José G. Flores, Charles Olivieri-Munroe. È stata nominata “Artista dell’anno” in Cile e in Italia. La tedesca Süddeutsche Zeitung descrive la sua capacità di suonare il violino (per altro uno Stradivarius-Vuillaume “Messiah” del 1870) come una “esperienza di ascolto peccaminosamente bella”. Vive nel Mendrisiotto e visita spesso l’Italia, in particolare Roma, che ha scelto come teatro dei suoi romanzi gialli. A Chiasso presenterà L’ultima nota di violino, suo esordio letterario, già bestseller in Germania. Si tratta di un giallo contraddistinto da un crescendo appassionante, ambientato nelle pieghe torbide della musica classica dove regnano ambizioni sfrenate e bramosie impietose e che ha come protagonisti un celebre misterioso violino e un nuovo convincente commissario con il gusto per le cravatte originali e per la giustizia senza compromessi. Il secondo capitolo della serie del commissario Di Bernardo è stato da poco pubblicato nei Paesi di lingua tedesca, dove la serie ha avuto un grande successo anche in edizione audio.

Stefano Pini (Treviglio, prov. di Bergamo, 1983), poeta italiano. Ha pubblicato la raccolta in versi Anatomia della fame (La Vita Felice, 2012), la silloge Sentimentale Jugend in Poesia contemporanea. Tredicesimo quaderno italiano (Marcos y Marcos, 2017) e il libro di poesie Mandato a memoria (Interlinea, 2019). Dal 2007 al 2017 è stato condirettore di Trevigliopoesia, festival di poesia e videopoesia. Vive a Milano e lavora in una agenzia web. Insegna all’Università Cattolica di Brescia.

Mariella Mehr (Zurigo, 1947), scrittrice e poetessa svizzera di lingua tedesca. Mariella Mehr, di etnia Jenisch, fu sottratta – piccolissima alla famiglia in nome del programma «Kinder der Landstrasse» («figli della strada»), organizzato dalla Pro Juventute svizzera dal 1927 al 1972, subendo stupri, elettroshock e, all’età di 18 anni, dopo avere avuto un figlio che le venne tolto, la sterilizzazione forzata. La rabbia contro le istituzioni sviluppò in lei uno spirito ribelle che la condusse a subire quattro ricoveri in ospedali psichiatrici e quasi due anni di carcere femminile. Dal 1975 ha scritto molti articoli e libri di denuncia contro la persecuzione del suo popolo in Svizzera, fenomeno di cui si sapeva pochissimo fino alla fine degli anni Ottanta. In traduzione italiana si segnalano: il libro autobiografico Steinzeit (Guaraldi, 1995), i romanzi della trilogia della violenza che comprende: Il marchio (Tufani, 2001), Labambina (Effigie, 2006) e Accusata (Effigie, 2008), nonché le raccolte poetiche: Notizie dall’esilio (Effigie, 2006), San Colombano e attesa (Effigie, 2010) e Ognuno incatenato alla sua ora, 1983-2014 (Effigie, 2014). Ha ottenuto, tra gli altri riconoscimenti, il Premio internazionale Camaiore nel 2007 e il Premio Pro Litteris nel 2012 per l’insieme dell’opera. Dal 1996 ha vissuto prevalentemente in Toscana; nel 2014 è tornata in Svizzera. In occasione di ChiassoLetteraria 2021 lo storico Emmanuel Betta e la traduttrice e poetessa Anna Ruchat presenteranno il testo, Uomini e topi. Eugenetica in democrazia (Ibis, 2020), che contiene il durissimo discorso che Mariella Mehr tenne presso l'Università di Basilea quando le fu conferito il dottorato honoris causa.

Cristiano Poletti (Treviglio, prov. di Bergamo, 1976), poeta italiano. È autore di Porta a ognuno (L’arcolaio, 2012); del saggio Trovandomi in inviti superflui, in L’attesa e l’ignoto - L’opera multiforme di Dino Buzzati (L’arcolaio, 2012); delle prose critiche raccolte in Dei poeti (Carteggi Letterari, 2019); del libro-cofanetto Libellula gentile, con DVD dell’omonimo documentario di Francesco Ferri dedicato alla figura e al lavoro di Fabio Pusterla (Marcos y Marcos, 2019); della raccolta poetica Temporali (Marcos y Marcos, 2019; collana Le Ali). Dal 2007 al 2017 ha diretto Trevigliopoesia, festival di poesia e videopoesia. Dal 2013 è redattore del lit-blog Poetarum Silva (poetarumsilva.com). Lavora all’Università di Bergamo. Stefano Raimondi (Milano, 1964), poeta e critico letterario italiano. Laureato in filosofia (Università degli Studi di Milano). Sue poesie sono apparse nell’ “Almanacco dello Specchio” (Mondadori, 2006) e su “Nuovi Argomenti” (2000 e 2004). Ha pubblicato diverse raccolte poetiche: Invernale (Lietocolle, 1999), Una lettura d’anni , in Poesia Contemporanea. Settimo quaderno italiano (Marcos y Marcos, 2001), La città dell’orto (Casagrande, 2002; Premio Sertoli Salis 2002), Il mare dietro l’autostrada (Lietocolle, 2005), Interni con finestre (La Vita Felice, 2009), Per restare fedeli (Transeuropa, 2013; Premio Marazza 2013), Soltanto vive : 59 monologhi (Mimesis, 2016), Il cane di Giacometti (Marcos y Marcos, 2017) e Il sogno di Giuseppe (Amos, 2019). È inoltre autore di saggi come: La ‘Frontiera’ di Vittorio Sereni. Una vicenda poetica (1935-1941) (Unicopli, 2000), Il male del reticolato. Lo sguardo estremo nella poesia di Vittorio Sereni e René Char (CUEM, 2007), Portatori di silenzio (Mimesis, 2012) e curatore dei seguenti volumi: Poesia @ Luoghi Esposizioni Connessioni (CUEM, 2002) e, in collaborazione con Gabriele Scaramuzza, La parola in udienza. Paul Celan e George Steiner (CUEM, 2008). È tra i fondatori della rivista di filosofia “Materiali di estetica”. Collabora a “Bookdetector”, “QuiLibri”, “Poesia” e tiene corsi sulla poesia in diverse associazioni culturali e strutture scolastiche. Curatore del ciclo d’incontri Parole Urbane. Svolge inoltre attività di consulenza editoriale, docenza presso la Libera Università dell’Autobiografia ed è tra i fondatori dell’Accademia del Silenzio.


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Philippe Rahmy (Ginevra, 1965 - 2017), è stato un poeta, scrittore e filosofo svizzero di lingua francese. Di padre franco-egiziano e madre tedesca. Costretto dal suo stato di salute ad abbandonare gli studi in medicina ed egittologia – era affetto dalla “malattia delle ossa di cristallo” – si è laureato in filosofia all’Università di Losanna. Ha fatto parte del collettivo letterario remue.net., che gestisce un sito di creazione letteraria. Nel 2005 pubblica una prima raccolta di poesie, Mouvement par la fin. Un portrait de la douleur (Cheyne éd.). Dopo Béton armé (La Table ronde, 2013) - un racconto di viaggio pluripremiato ed eletto «miglior racconto di viaggio» dalla rivista Lire - pubblica il suo primo romanzo Allegra (La Table ronde, 2016; Premio Eugène Rambert e Premio svizzero di letteratura 2017). Grande viaggiatore, ha vissuto fra la Svizzera e l’Argentina. Durante un soggiorno statunitense ha scritto il romanzo Pardon pour l’Amérique (La Table ronde, 2018). È mancato il primo ottobre del 2017. Gli è stato conferito nel 2020, a titolo postumo, il prestigioso Le grand prix C.F. Ramuz per l’insieme della sua opera. Opere tradotte in italiano: Movimento dalla fine. Un ritratto del dolore (Mobydick, 2008), Allegra (Ortica, 2017) e Cemento armato. Cronaca di un corpo a corpo con Shanghai (EDT, 2019). Anna Ruchat (Zurigo, 1959), traduttrice, poetessa e narratrice svizzera di lingua italiana. Ha studiato filosofia e letteratura tedesca a Pavia e a Zurigo. Germanista, ha tradotto molti scrittori di lingua tedesca, tra cui Thomas Bernhard, Paul Celan, Friedrich, Dürrenmatt, Victor Klemperer, Mariella Mehr, Nelly Sachs, Peter Bichsel e altri. Ha pubblicato opere in prosa, tra cui In questa vita (Casagrande, 2004; Premio Chiara 2005), Volo in ombra (Quarup, 2010), Il malinteso (Ibis, 2012), La corte di Riva, in Negli immediati dintorni. Guida letteraria tra Lombardia e Canton Ticino (Casagrande, 2015), Gli anni di Nettuno sulla terra (Ibis, 2018) e raccolte poetiche , tra le quali Geografia senza fiume (Campanotto, 2006), Angeli di stoffa, con Giulia Fonti (Pagine d’arte, 2009), Terra taciturna e apocalisse (Campanotto, 2011) e Binomio fantastico (Di Felice, 2014). Ha collaborato con testate italiane (“Il Manifesto”, “Pulp”, “Il primo amore”), dal 2001 insegna presso la “Civica scuola interpreti e traduttori Altiero Spinelli” di Milano, e dal 2002 al 2019 si è occupata della gestione dell’archivio del poeta Franco Beltrametti. Dal 2012 lavora come dipendente a tempo parziale per la Televisione della Svizzera italiana (adattamento di documentari per il programma “Il filo della storia”). Letizia Russo (Roma, 1980) è scrittrice, drammaturga e traduttrice dall’inglese e dal portoghese. Inizia a scrivere giovanissima e già nel 2001 il suo testo teatrale Tomba per cani vince il Premio Tondelli, seguito, nel 2003, dal Premio Ubu. Si forma dal 2002 presso la Summer School del Royal Court Theatre di Londra. Su

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commissione del National Theatre londinese scrive lo stesso anno il testo Binario Morto – Dead End (2002). Seguono numerose opere teatrali, Primo Amore (2003), Babele (2004), Edeyen (2005), Dare al Buio (2007), Blitz (2010), Per una donna, Cooking (2013), Se ci sei batti un colpo (2015), Filottete (2017). Le sue opere sono state messe in scena in Europa e all’estero (Francia, Germania, Repubblica Ceca, Portogallo, Brasile, Cile). Sempre in ambito teatrale, si occupa della riadattazione di classici, tra i quali, La trilogia della villeggiatura di Goldoni, Madame Bovary di Flaubert, e, in particolare da autori russi: Ivan, da I fratelli Karamazov di Dostoevskij, Uno zio Vanja, da Zio Vanja di Čechov, Il Maestro e Margherita di Bulgakov. Ha lavorato presso la Scuola Holden di Torino e l’accademia Paolo Grassi di Milano. Insieme a Linda Dalisi coordina il progetto sulla drammaturgia contemporanea all’interno della Biennale College alla Biennale Teatro di Venezia diretta da Antonio Latella. Un’antologia di suoi testi è pubblicata da Ubulibri. Alessandra Sarchi (Reggio Emilia, 1971), scrittrice e traduttrice italiana. Di origini emiliane, vive attualmente a Bologna. La sua prima pubblicazione è una raccolta di racconti intitolata Segni sottili e clandestini (Diabasis, 2008), cui seguono numerosi altri romanzi – tutti pubblicati per Einaudi stile libero – e numerosi premi. Con Barbara Garlaschelli scrive il testo teatrale intitolato Sex & Disabled People (Papero Editore, 2015). Tra i romanzi meno recenti:Violazione (Einaudi, 2012; Premio Volponi, opera prima) e L’amore normale (Einaudi, 2014). Nel 2017 pubblica La notte ha la mia voce (Premio Opera italiana al Premio letterario internazionale Mondello 2017 e il Premio Wondy 2018), protagoniste due donne disabili, il libro presenta un tema caro alla produzione dell’autrice, quello del corpo, che qui diventa ostacolo, camicia di forza. E sull’asse corpo-maternità scorre anche l’ultima pubblicazione, Il dono di Antonia (Einaudi, 2020), una storia in cui il ‘dono’ di un ovulo ceduto dalla protagonista ad un’amica americana acquisisce nel presente della storia significati inattesi. Barbara Schibli (Baden, 1975), docente e scrittrice svizzera di lingua tedesca. Ha studiato germanistica, letteratura italiana e pubblicistica all’Università di Zurigo. Dal 2000 abita in quest’ultima città ed insegna al liceo cantonale di Baden, nel contiguo Canton Argovia. Il suo primo romanzo Flechten (Dörlemann, 2017), incentrato sul complesso e intenso rapporto tra due gemelle, ha ricevuto nel 2016 il Premio Studer/Ganz (per il manoscritto) e il GEDOK-Literaturförderpreis. Sta attualmente lavorando al suo secondo romanzo. Barbara Schibli presenterà a ChiassoLetteraria 2021, in anteprima, un testo inedito, presente nel nuovo numero dell’annuario Viceversa Letteratura 2020.

Lionel Shriver (Gastonia, [Carolina del Nord, Stati Uniti], 1957), pseudonimo di Margaret Ann Shriver, giornalista e scrittrice statunitense, che vive e lavora a Londra. Nel 2012 ha ottenuto la cittadinanza inglese. A quindici anni decise di cambiare il nome di battesimo in Lionel, per tenersi alla larga dallo stereotipo della «ragazza con il nastro rosa tra i capelli che sposa il fidanzatino di scuola e diventa una casalinga con le guance rosse come due mele». Dopo gli studi alla Columbia University, figlia di diplomatici, ha vissuto a Nairobi, Bangkok, Belfast e Londra, dove trascorre tutt’ora una buona parte dell’anno insieme al marito batterista. I suoi romanzi sono stati tradotti in venticinque lingue. Tra quelli pubblicati in Italia: Dobbiamo parlare di Kevin (Piemme, 2006 che ha vinto l’Orange Prize for Fiction ed è diventato un film di successo con Tilda Swinton), Effetti sconvolgenti di un compleanno (Piemme, 2008), Tutta un’altra vita (Piemme, 2011; finalista al National Book Award nel 2010), I Mandible (66thand2nd, 2018) e la raccolta di racconti Proprietà (66thand2nd, 2020), che verrà presentata a ChiassoLetteraria 2021. Andrea Staid (Milano, 1982), antropologo ed editor, docente di antropologia culturale e di antropologia visuale alla NABA di Milano. Svolge attività di ricerca tra Italia, Francia, Spagna, Grecia e Germania nel mondo dei migranti e dei rifugiati politici. Per 8 anni ha svolto ricerca sul campo intervistando decine di migranti, con un focus particolare su il cambiamento e l’ibridazione delle metropoli contemporanee. Oltre al lavoro di campo tra i migranti ha svolto lavoro etnografico tra Laos, Vietnam, Thailandia, Cina, Mongolia, Nepal, India e Birmania con particolare interesse per le culture indigene Tzao e Hmong. Negli ultimi anni si è occupato specificatamente dell’abitare marginale e informale in Occidente, nonché delle culture che hanno vissuto in società con relazioni di potere orizzontali, il tutto sempre nel filone dell’antropologia politico-culturale. Ha scritto: I dannati della metropoli, Gli arditi del popolo, Abitare illegale, Le nostre braccia. Meticciato e antropologia delle nuove schiavitù, Senza Confini, Contro la gerarchia e il dominio, La casa vivente. Riparare gli spazi, imparare a costruire. David Szalay (Montréal, 1974), scrittore inglese, nato in Canada e con cittadinanza ungherese. È nato da madre canadese e da padre ungherese. La sua famiglia si è stabilita a Beirut e in seguito, a causa della guerra civile libanese, a Londra. Ha studiato all’Università di Oxford e ha svolto diversi lavori nella capitale inglese. Trasferitosi a Brussel è successivamente approdato a Pécs in Ungheria, animato dall’ambizione di diventare uno scrittore. Ha scritto fin qui cinque romanzi, di cui tre tradotti in italiano. Il romanzo Tutto quello che è un uomo (Adelphi, 2017; tit. orig.: All that man is, 2016) è stato tra i finalisti del Man Booker Prize e vincitore del Gordon


15°FESTIVAL INTERNAZIONALE DI LETTERATURA

Burn Prize. Narra le vicende di nove uomini - di diverse età e provenienza geografica - fotografati in una luce cruda e impietosa; nove storie che sembrano una storia sola. La quinta e più recente opera narrativa è Turbolenza (Adelphi, 2019; tit. orig.: Turbulence, 2018), che propone singolari vicende di uomini e donne in volo fra i terminal aeroportuali delle partenze e degli arrivi. Pubblicato nel 2021, il terzo romanzo Primavera (Liberilibri). Nel 2013 è stato inserito dal “Granta magazine’s” nella lista dei Best Young British Novelists, mentre nel 2016 è stato incluso dal “The Telegraph” nell’elenco dei 20 migliori scrittori inglesi sotto i 40 anni. Attualmente vive a Budapest. Vincenzo Todisco (Stans, 1964-), scrittore grigionese di lingua italiana. Vive a Rhäzüns (GR). Laureato in letteratura italiana e francese all’Università di Zurigo, è attualmente docente presso l’Alta Scuola pedagogica di Coira ed è stato, dal 1998 al 2003, redattore dei “Quaderni grigionitaliani”. Ha esordito come scrittore nel 1999 con la raccolta di racconti Il culto di Gutenberg (Dadò, 1999). In seguito ha pubblicato i romanzi Quasi un western (Casagrande, 2003), Il suonatore di bandoneón (Casagrande, 2006), Rocco e Marittimo (Casagrande, 2011), Il bambino lucertola (A. Dadò, 2020; finalista al Premio svizzero del libro 2018), in cui Todisco racconta attraverso gli occhi del “bambino lucertola” il claustrofobico universo dei figli degli stagionali italiani costretti alla clandestinità. Un’altra raccolta di racconti Il vento freddo dell’Altipiano uscì nel 2015 (Dadò). È autore anche di libri per l’infanzia tra i quali Angelo e il gabbiano (Procap Grischun, 2003) e La rincorsa (ESG, 2018). Tutti i suoi libri sono stati tradotti in tedesco. Ha ottenuto, tra numerosi riconoscimenti, il Premio letterario grigionese 2005. Maria Rosaria Valentini (S. Biagio Saracinisco, prov. di Frosinone, 1963), scrittrice e poeta italiana, che vive in Svizzera da molti anni. Laureata all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” in germanistica con una tesi sulla pittrice tedesca Paula Modersohn-Becker, si è trasferita nel 1989 in Svizzera dove è stata insegnante e ricercatrice prima di dedicarsi esclusivamente alla scrittura dal 1994. Autrice di poesie, romanzi e racconti. Ha pubblicato le raccolte di poesie “Sassi muschiati” (Ulivo, 2002; libro dell’anno 2003 dalla Fondazione Schiller), E il sonno non ha buio. (Perrone Editore, 2019); il racconto Quattro mele annurche (Capelli, 2005), il romanzo breve Antonia (Capelli, 2010) e la raccolta di racconti Di armadilli e charango … (Capelli, 2008; Premio Europeo di Narrativa Giustino Ferri - David Herbert Lawrence, 2009). Tra i romanzi recenti: Mimose a dicembre (Keller, 2013), Magnifica (Sellerio 2016; Premio umanistico “Onor d’Agobbio”, città di Gubbio 2016), “Il tempo di Andrea”(Sellerio, 2018), Eppure Osarono (Brioschi, 2021).

Itamar JÚnior Vieira (Salvador da Bahia, Brasile, 1979), etnologo e scrittore brasiliano. Vive nella sua città natale, Salvador da Bahia, con alle spalle un dottorato in Studi etnici e africani, ha esordito con due raccolte di racconti (Dias e A Oração do Carrasco, finalista nel 2018 del “Prêmio Jabuti”). Ha pubblicato nel 2018 il suo celebrato romanzo Torto arado (trad. it.: Aratro ritorto. Tuga Edizioni, 2020) con il quale si è aggiudicato il prestigioso premio internazionale Leya, il Prêmio Jabuti e il Prêmio Oceanos (maggior riconoscimento dell’area della lusofonia). Considerato dalla critica brasiliana e portoghese uno dei romanzi più importanti degli ultimi decenni, Torto arado ha riscosso anche un immediato successo di pubblico grazie alla voce forte delle sue due protagoniste, Bibiana e Belonísia, che rappresentano un Brasile fermo nel proprio passato schiavista, ritratto attraverso una narrativa epica e lirica, realista e magica. Giovanna Cristina Vivinetto (Siracusa, 1994), poetessa italiana. Nata come Giovanni Vivinetto nel 1994 a Siracusa, ha vissuto la sua transessualità a Floridia, un paesino siciliano che ha commentato in questo modo: “In realtà è stato semplice: ho sempre avuto intorno, sia in famiglia che fuori, persone intelligenti che non mi hanno mai discriminato”. Laureata in filologia moderna alla Sapienza di Roma. Nell’agosto 2019 riceve il premio “Viareggio Opera prima” per la raccolta poetica Dolore Minimo (Interlinea, 2018), uscita nella collana «Lyra giovani» curata da Franco Buffoni e con una presentazione di Dacia Maraini. Un romanzo in versi che è la storia del transito da un’esistenza a un’altra, da Giovanni a Giovanna, «dalla morte di un sé che non poteva essere alla nascita di un sé che lotta per realizzarsi nella pienezza» come scrive, nella postfazione, Alessandro Fo. In seguito ha pubblicato Dove non siamo stati (Rizzoli, 2020).

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1–5 SETTEMBRE 2021 / CHIASSO

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PROGRAMMA DI MASSIMA Di seguito vengono riportati gli incontri in ordine di successione. A causa della situazione covid, il programma con gli orari precisi dei singoli incontri verrà definito entro il 15 agosto e sarà stampato in un apposito libretto cartaceo, nonché pubblicato sul sito www.chiassoletteraria.ch, dove potrete trovare tutti gli aggiornamenti.

MERCOLEDI 01.09 18 . 30

Aline D’Auria e Andrea Staid Abitare l’incertezza. Rappresentazioni e significati possibili dell’abitare contemporaneo 20.45

Serata speciale COOP Cultura. Poesie e musiche persiane per Lucia Morello con Chemirani Ensemble e poesie di Forough Farrokhzad

GIOVEDI 02.09 18 . 30

Inaugurazione dell’installazione di Alice Ronchi 20.45

Eugenetica in democrazia. Uomini e topi: il discorso di Mariella Mehr all’Università di Basilea. Interventi di Emmanuel Betta e Anna Ruchat.

LE FOTO DI QUESTO GIORNALE SONO TRATTE DALL’ARCHIVIO FOTOGRAFICO DELLA NASA: ARCHIVE.ORG/DETAILS/NASA

VENERDI 03.09 18 . 30

Inaugurazione. A seguire, conferenza di Leonardo Caffo Essere giovani: quale futuro? 21.00

Ticino Poetry Slam

SABATO 04.09 11. 00 - 18 . 3 0

Alessandra Sarchi / Giovanna Cristina Vivinetto / Pierre Lepori, Tanja Rahmy, Luciana Cisbani: a proposito di Philippe Rahmy / Pietro Martinelli / David Szalay / Ursula Bucher e Antoine Déprez / 20. 00

Natasha Korsakova

DOMENICA 05.09 10.00 - 18 . 30

Behrouz Boochani e Omid Tofighian / Begoña Feijoó Fariña, Matteo Beltrami e Luca Brunoni / Stefano Pini, Cristiano Poletti, Stefano Raimondi / Maria Grazia Calandrone / Itamar Vieira Junior / Siri Ranva Hjelm Jacobsen / Barbara Schibli e Maria Rosaria Valentini / Lionel Shriver / Ursula Bucher e Antoine Déprez /

MEDIA PARTNER

MANIFESTAZIONI E ENTI PARTNER


15°FESTIVAL INTERNAZIONALE DI LETTERATURA

COORDINAMENTO E PROGRAMMAZIONE LETTERARIA MARCO GALLI, COORDINATORE FRANCO GHIELMETTI, IMMAGINE SEBASTIANO MARVIN, OPERATORE CULTURALE E GIORNALISTA PROGRAMMAZIONE LETTERARIA PRISCA AGUSTONI, POETA E DOCENTE UNIVERSITARIA FABIANO ALBORGHETTI, POETA SILVIA COLOMBO, LIBRAIA FRANÇOISE GEHRING, GIORNALISTA ROLANDO SCHÄRER, BIBLIOTECARIO E ANIMATORE CULTURALE MARA TRAVELLA, DOTTORANDA FABIO ZUCCHELLA, TRADUTTORE E CONSULENTE EDITORIALE CONSULENZA SCIENTIFICA RENATE AMUAT, FORMATRICE E MEDIATRICE CULTURALE GOFFREDO FOFI, SAGGISTA, CRITICO LETTERARIO, CINEMATOGRAFICO E TEATRALE CHRISTIAN MARAZZI, ECONOMISTA FABIO PUSTERLA, POETA AMMINISTRAZIONE NICOLETTA DE CARLI SEGRETERIA BIANCA COLTRO BIZZOTTO LOGISTICA GUIDO DE ANGELI UFFICIO STAMPA PER LA SVIZZERA E PER L’ITALIA LABORATORIO DELLE PAROLE, FRANCESCA ROSSINI E CAROLINA ALTILIA RELAZIONI PUBBLICHE MAURIZIA MAGNI REVISIONE ACCORDIA FIDUCIARIA REVISIONI S.A.G.L.

SONORIZZAZIONE E ILLUMINAZIONE EMME SA FLAVIO ZOPPI GRAFICA STUDIO CCRZ WEB MASTER VANESSA VIGANÒ TRADUZIONE CONSECUTIVA ROMANA MANZONI AGLIATI BENEDICTA FROELICH RIPRESE VIDEO E STREAMING CENTRO DI RISORSE DIDATTICHE E DIGITALI CERDD SACHA DE NARDO INTERVISTE STREAMING FRANÇOISE GEHRING, CAPOREDATTRICE TATJANA BOEHM ROSSANA TANZI BLOG LETTERARIO MARA TRAVELLA, COORDINATRICE ARIANNA LIMONCELLO ALESSANDRO MORO SOFIA PERISSINOTTO ROSSANA TANZI SEZIONE LETTERATURA PER L’INFANZIA SERENA GIUDICETTI, COORDINATRICE LAURA MENGANI FASOLA CARLA PIRAS SLAM POETRY MARKO MILADINOVIC, POETA E CURATORE SPAZIO LAMPO ALINE D’AURIA GIULIA GUANELLA LIBRERIA LIBRERIA DEL CORSO CHIASSO ENRICO E STEFANIA ROTA TIPOGRAFIA PROGETTO STAMPA 2000 SA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA OMAR CARTULANO, RESPONSABILE MICHELA DI SAVINO MARTA PANZERI VIDEOMAKER GIOELE AMOS VIGANÒ DJ COSTA (COLONNA SONORA) CATERING LUISITO COLTAMAI MATTEO CAVADINI CASA ANZIANI CHIASSO BAR CRISTIAN BIZZOTTO ANTOINE CASABIANCA ANDREA GIANINAZZI LORIS OSTINI ANGELO TOMADA PETER ZEMP COLLABORATORI ALL’ORGANIZZAZIONE ANNA ALLENBACH RUDY BÄCHTOLD BEX BEDULLI MANUELA BOBBIÀ FERNANDO BUZZI ROBERTA CANONICO MARIA SILVA CEPPI LABINOT DAUTAJ SILVIA FERA FEDERICO FORMENTI MAURIZIO GIORGI ARIANNA IMBERTI DOSI ANTONIA LEPORI ALESSANDRA MONTORFANO FEDERICA SELVINI DANIELE STIVAL GIUSEPPE VALLI JAMAL ZANDI

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IN COLLABORAZIONE CON GLI UFFICI CULTURA E SERVIZI E ATTIVITÀ SOCIALI DEL COMUNE DI CHIASSO NICOLETTA OSSANNA CAVADINI, DIRETTRICE M.A.X. MUSEO ARMANDO CALVIA, DIRETTORE CINEMA TEATRO ANDREA BIANCHI, RESPONSABILE SERVIZI E ATTIVITÀ SOCIALI LUCIA CECCATO, COORDINATRICE CHIASSO, CULTURE IN MOVIMENTO DAVIDE ONESTI, ANNA MARTANO, CRISTINA MORO, CINEMA TEATRO PARTNER ORGANIZZATIVI ABI ASSOCIAZIONE BIENNALE DELL’IMMAGINE, CHIASSO ASSI ASSOCIAZIONE SCRITTORI SVIZZERA ITALIANA BIBLIOMEDIA SVIZZERA, BIASCA BIBLIOTECA CANTONALE E DEL LICEO DI MENDRISIO CENTRO GIOVANI CHIASSO CINECLUB DEL MENDRISIOTTO COLLANA CH FREQUENZE ISTITUTO SVIZZERO MEDIA E RAGAZZI ISMR LA FILANDA MURRAYFIELD PUB PAUSA CAFFÉ PIZZIGA RICHIEDENTI L’ASILO DEL CENTRO DI REGISTRAZIONE DI CHIASSO SCUOLA MEDIA DI CHIASSO SPAZIO LAMPO, CHIASSO STILE LIBERO SA, BALERNA VICEVERSA LETTERATURA UFFICIO FEDERALE DELLA CULTURA, BERNA

CONTATTI CHIASSO LETTERARIA VIA LIVIO 7 / CP 2213 – 6830 CHIASSO +41 (0)76 794 83 59 CHIASSOLETTERARIA@GMAIL.COM CHIASSOLETTERARIA.CH FACEBOOK/CHIASSOLETTERARIA INSTAGRAM/CHIASSOLETTERARIA TWITTER/CHIASSOLETT


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