Poste Italiane Spa – Spedizione in Abbonamento Postale DL 353/2003 (Conv. In L. 27/02/04) Art. 1 Comma 1 - NO/ TORINO N. 05/2022 - IP - ISSN 392-4718
#cioccolateria #confetteria #gelateria #confezionamento #caffetteria #cucina
maggio 2022 | n° 337 | Anno 45
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estetica dolce
LA DECORAZIONE ai tempi del delivery
Come sono mutati modi e gusti alla luce dei cambiamenti di questi ultimi anni? Quali sono le linee guida? Fra delivery e take away, dialoghiamo con più professionisti, fra prospettive individuate e scelte personali
SIMONE RUPIL Simo - La pasticceria che sognavo Alassio, Sv simolapasticceriachesognavo.com Com’è cambiato l’approccio estetico al dolce e voi, giovane attività, come avete reagito? Sin da quando abbiamo aperto, 3 anni fa, abbiamo cercato di rivoluzionare l’approccio estetico al dolce, abbandonando le classiche decorazioni. Ogni giorno ci impegniamo a creare mono e torte dalle linee moderne, semplici ma raffinate. Utilizziamo i fiori edibili, dando così un tocco che ci contraddistingue. Quanto hanno influito le dinamiche di delivery e take away sulle vostre scelte? In questi 2 anni sono cambiate le priorità dei clienti e, entrando a far parte del mondo
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estetica dolce
LAURA SAPORITI Parma laurasaporitipastryandcakeart-italiano.teachable.com Come sta evolvendo l’estetica del dolce? In questi ultimi anni ho notato una tendenza alla semplificazione e alla ricerca di effetti e materiali sempre più naturali. L’attenzione per l’ambiente e per ciò che mangiamo sta diventando via via preponderante tra le persone e questo si riflette benissimo, ad esempio, nella proposta dei colori, che non solo mostra una palette meno squillante ed artificiale di un tempo, in favore di tonalità più delicate e neutre, ma che grazie ai nuovi prodotti immessi sul mercato è anche naturale nella composizione. Analogamente, alla decorazione formale e iper-dettagliata si è sostituita una decorazione di tipologia texturizzata, molto più espressiva e anche veloce nell’esecuzione, che trova la sua bellezza proprio in un’imprecisione vagamente impressionista, fatta di suggestioni, più che di illustrazioni. E quanto influiscono delivery e take away? Qui è necessario distinguere le produzioni: se nel take away è preponderante la trasportabilità del prodotto, che quindi “piega” la decorazione alle esigenze del packaging e comporta un’ulteriore tendenza verso la sua semplificazione (anche per controbilanciare i costi aggiuntivi), a livello della pasticceria da cerimonia non ho notato quasi nessuna differenza. Perché è sempre stata fondata su una tipologia di asporto specializzata, dato che spesso si tratta di assemblare e rifinire il tutto in loco. Forse la differenza maggiore si può notare in una certa diminuzione del numero delle porzioni richieste. Il fenomeno del cake design è tuttora in auge? Si può dire che non è più un fenomeno. Se infatti si è ridimensionato, ma questo già diversi anni fa, si è al contempo stabilizzato, trovando uno spazio riconosciuto accanto alla pasticceria tradizionale. Ormai è svanita la contrapposizione tra le due aree che si avvertiva in precedenza, lasciando posto ad una proficua collaborazione. Complici le validissime ricerche dei cake designer italiani, che sono stati in grado di fonderne l’estetica di stampo anglosassone con il gusto nostrano, spesso muovendosi anche qui con la predisposizione “a togliere” anziché ad aggiungere, come dimostra la tendenza di torte senza pasta di zucchero. Quali sono oggi gli ingredienti più apprezzati? È in atto una vera e propria rivoluzione, che tocca l’intero settore, con una crescita esponenziale della richiesta di prodotti con ingredienti sani, naturali, a cosiddetta “etichetta pulita” e sempre più anche vegani. C’è moltissima attenzione da parte del consumatore per gli ingredienti rispettosi non solo dell’ambiente ma anche della salute. Ad esempio, cresce – seppure può sembrare paradossale – la domanda del senza zucchero. Il che pone grandi sfide per il futuro, che trovo stimolanti, anche grazie alle ricerche scientifiche degli ultimi anni. Quanto conta il confezionamento? Spesso è sottovalutato, ma trovo che sia un elemento nodale per il prodotto di pasticceria, di ogni tipo. La funzionalità del trasporto è la sua natura precipua, la sua origine intrinseca, ma l’estetica ne è l’anima. Una bella scatola rende il contenuto prezioso, è un anticipo del messaggio di cura e attenzione nella scelta del prodotto, incarna il concetto che “l’attesa del piacere è essa stessa piacere”.
Alla decorazione formale e iper-dettagliata si è sostituita una decorazione di tipologia texturizzata, più espressiva e veloce nell’esecuzione, che trova la sua bellezza in un’imprecisione vagamente impressionista, fatta di suggestioni, più che di illustrazioni
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esperienze
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…lo conosci? No, ma quindi è un bar? Mmmh no, non lo è. Allora è una pasticceria. No, siamo andati per cena. Ah, è un ristorante. No, nemmeno. E quindi?
SIAMO STATI DA
Dessert Bar Milano… Pasticceria internazionale 337
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nel cuore di Parigi
AL SERVIZIO
del Primo Ministro È dal 2006 che Gaël Clavière è pasticciere presso l’Hôtel de Matignon, la residenza settecentesca del Primo Ministro di Francia a Parigi
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classici rivisti
COL LE ZIONE ESCLU SIVA
Nel ruolo di pasticciere del Primo Ministro francese da circa 16 anni, Gaël Clavière conosce bene l’arte di trasformare una creazione dolce in un vessillo del savoir faire nazionale e in un discreto quanto efficace strumento di seduzione degli ospiti del capo dell’esecutivo. In uno dei recenti banchetti ufficiali organizzati all’Hôtel de Matignon, stupendo palazzo nobiliare del XVIII secolo, ha reinterpretato un grande classico: il profiterole. Apparso per la prima volta nel Dictionnaire di Robert Estienne (1549), il termine designava un impasto cotto sotto la cenere, prima di essere utilizzato per indicare un panino svuotato e guarnito. È solo alla fine del ‘700 che il gastronomo Grimod de la Reynière cita fra gli antipasti di un’opulenta tavola per 60 convitati l’espressione en profiteroles per indicare una preparazione salata a base di pane ed una dolce a base di pâte à choux. Sarà Auguste Escoffier, nel XX secolo, a confermare l’affermazione sempre più preponderante dell’uso dell’espressione per indicare creazioni dolci e, negli anni’50, Henri-Paul Pellaprat, professore della scuola Cordon Bleu, presenta nel volume L’art culinaire moderne una ricetta di profiterole al cioccolato con bigné farciti di chantilly o di crema à Saint-Honoré (ovverosia crema pasticcera con albumi incorporati), disposti a piramide e ricoperti di una salsa calda al cioccolato. L’aggiunta posteriore del gelato alla vaniglia aggiungerà l’elemento che renderà la creazione famosa presso il grande pubblico che la plebiscita, a casa come al ristorante, per il gioco di contrasti tra temperature, colori e consistenze. Clavière propone la sua seducente versione grazie all’aggiunta della Poudre Équinoxiale, miscela di cannella, vaniglia, pepe nero e spezie creata dal celebre Roellinger, mago delle spezie, che ne consiglia l’utilizzo in tutte le preparazioni a base di cioccolato. Domenico Biscardi
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sperimentazioni
FUCINA creativa
Originalità, versatilità e manualità caratterizzano l’attività del pastry chef Manuel Marzari che ora si esprime in nuove creazioni in vista del Fuori Salone di Milano È una fucina creativa l’Atelier di Manuel Marzari, pastry chef trentino di nascita e veronese di adozione. Qui, come in una bottega rinascimentale, si sperimenta e si crea, e, come in un laboratorio moderno e tecnologico, si insegna e divulga l’arte pasticcera, sia in forma di corsi one to one e a classi, sia online con sedute in italiano, inglese, persiano oppure, a richiesta, in lezioni video registrate. E proprio qui il pastry chef di Ala, Tn, si è concentrato per preparare dolci su ispirazione nuova, che trae linfa da ingredienti originali e da arte e design, elementi che fanno parte del suo Dna grazie alla mamma pittrice, e che lui ha coltivato nel tempo e di cui si trovano ampie tracce, e non soltanto di pasticceria, nel suo atelier nel centro di Verona. INGREDIENTI INSOLITI, RISULTATI CROMATICI AD EFFETTO WOW Parlando di materie prime Marzari, che da sempre fa della pasticceria innovativa e free from la sua cifra stilistica, ha sviluppato l’utilizzo di ingredienti particolari in collaborazione con nutrizionisti esperti di celiachia e di alimentazione legata all’attività sportiva, verificando la componente energetica e gustativa di piante meno note, come amaranto e quinoa, e di cereali, come miglio e avena. In seguito, ha messo a punto barrette senza latticini e zuccheri aggiunti, interessanti perché non solo buone ed energetiche, ma anche in grado di sostituire un pasto. A ciò si aggiungono mono e torte al cioccolato anch’esse senza zuccheri aggiunti, proposte in colori ad effetto wow quali azzurro, blu, lilla, turchese, ottenuti per via naturale con l’utilizzo dell’alga spirulina. Un esempio fra tutti il ciambellone di mousse al mirtillo e cioccolato bianco in un sorprendente verde acqua (in foto), dato dall’alga e da un mix di mirtillo disidratato.
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sapere il sapore
THINK taste Dal Madagascar ad un dolce dalle note fragranti dell’infanzia: in viaggio con Gian Luca Forino Una delle esperienze più affascinanti per un pasticciere viaggiatore e amante del cioccolato è recarsi in una piantagione di cacao. Nel 2018 sono stato in Madagascar e, nelle tappe prefissate, non poteva mancare la visita della piantagione Millot di Valrhona, nella zona dell’Ambanja, per stimolare tutti i sensi tra le piante di cacao con le variopinte cabosse, altissimi alberi carichi di manghi succosi, campi di erbe aromatiche sconosciute… Visitando tutta l’area accompagnato dalla mia guida, Madame Madou, ci siamo soffermati soprattutto sulle fasi di lavorazione: raccolta, fermentazione, essiccazione. La fermentazione è risultata per me in assoluto la più interessante, quasi un processo alchemico, in cui le fave insieme alla loro mucillagine venivano fatte fermentare in apposite casse di legno, coperte da foglie di banano, e l’odore nell’aria era umido e pungente di frutta matura ed acidula. Un’esperienza che mi è tornata al cuore lo scorso settembre, quando sono stato a Lione a tifare per i ragazzi della squadra italiana alla Coupe du Monde de la Pâtisserie, che con la loro vittoria tanto ci hanno reso orgogliosi. In quell’occasione ho avuto modo di partecipare all’assaggio di Oabika, nuovo ingrediente a marchio Valrhona, ovvero succo di fave di cacao concentrato sotto forma di sciroppo. Quando l’ho annusato, un flash mi ha riportato in piantagione e all’odore intenso delle fave in fase di fermentazione che là avevo conosciuto. Al palato l’aroma mi ha trasmesso una complessità incredibile, che andava dalle note citriche degli agrumi a quelle scure del miele di castagno, passando per diverse tipologie di frutta: albicocca sciroppata, passion fruit, litchi, mele cotogne… E ho iniziato da subito a ragionare su come poterlo utilizzare per valorizzare un dessert. Per prima cosa ho dolcificato dell’acqua con Oabika per diluirlo parzialmente e vedere come si modificasse. Ho notato come ricordasse molto la kombucha e le sue note di tè, citriche e dolci, mi hanno fatto pensare a quando, da bambino, bevevo la camomilla con succo di li-
mone e zucchero. Ho deciso allora che questo sarebbe stato il punto di partenza del mio dolce: Oabika e camomilla. Volevo trasmettere la sensazione di una bevanda, ma come fare? Il babà mi è sembrata la soluzione migliore: è una fantastica spugna, che in bocca ha la capacità di restituire tutto il liquido che, fino ad un momento prima, era trattenuto nella struttura. La sua succosità e il ricordo della camomilla con il limone mi hanno condotto a proseguire la costruzione del dolce in direzione degli agrumi, inserendo una namelaka allo yuzu. Lo yuzu è un agrume giapponese che ha la capacità di sintetizzare in un unico frutto la nota amaricante del bergamotto, l’aspro del limone e la dolcezza del mandarino, donando un carattere unico. E poi, per dare croccantezza alla mia composizione, ho inserito una sablé alle mandorle e, per conferirvi dolcezza, dei canditi al limone.
Gian Luca Forino
Oabi Kamomilla
Yuzu, camomilla, mandorla e limone candito
NAMELAKA INSPIRATION YUZU succo di limone . . . . . . . . . . . . . . . . . g 400 sciroppo di glucosio 40 DE . . . . . . . . . . . g 10 gelatina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 6 acqua per gelatina . . . . . . . . . . . . . . . g 30 Inspiration Yuzu . . . . . . . . . . . . . . . . g 310 panna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 400 Scaldare il succo di limone a 40°C ed aggiungere la gelatina idratata e lo sciroppo di glucosio. Sciogliere in microonde Inspiration Yuzu ed
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emulsionare con il composto al limone. Una volta ottenuta un’emulsione stabile, unire la panna fredda. Versare in un contenitore ampio e lasciare cristallizzare in conservatore positivo per 24 ore. GEL CAMOMILLA camomilla . . . . . . . . . Oabika (oppure zucchero) sciroppo di glucosio 60 DE Gelcrem caldo . . . . . . .
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tecnologie alimentari
PECTINA
conosciamola meglio Che cos’è la pectina? Come si utilizza? Cosa significano le sigle NH, LM o HM? Ve lo spieghiamo in questo articolo
La pectina, o meglio, le pectine (tra poco capirete perché il plurale) sono polveri di colore variabile dal bianco al marroncino, praticamente inodori, solubili in acqua calda e insolubili in alcol. In virtù della loro capacità di formare soluzioni viscose e gel sono utilizzate nel settore alimentare come addensanti e gelificanti. La loro applicazione più nota è nella produzione di marmellate e confetture, ma si prestano a molteplici preparazioni sia dolci che salate. In commercio ne esistono diverse tipologie a presa rapida o lenta, in grado di creare gel più o meno forti, di agire con o senza zucchero e a pH più o meno acidi. In funzione della specifica applicazione si può scegliere quella più adatta: basta leggere le indicazioni sulla confezione. Ma se volete anche sapere il motivo che sta dietro a queste differenze non dovete fare altro che continuare a leggere. ORIGINE E DEFINIZIONE DI LEGGE Il termine deriva dal greco pektikos, che significa condensato, e indica una famiglia eterogenea di polisaccaridi naturalmente presenti nei vegetali, ai quali conferisce struttura. Isolata per la prima volta nel 1825 dal chimico francese Henri Braconnot, si produce industrialmente a partire per lo più da scorze di agrumi e scarti della lavorazione di mele e barbabietole da zucchero. Il processo produttivo si basa sull’estrazione acquosa a pH acidi seguita da una serie di trattamenti di
Struttura molecolare fondamentale delle pectine: a b c d
Catena lineare di più unità di acido galatturonico Gruppo carbossile Gruppo metossile Gruppo ammide
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purificazione e concentrazione. Per facilitare l’estrazione dal materiale di partenza possono essere aggiunti enzimi, successivamente inattivati dalle condizioni di processo (pH bassi, alte temperature…). Dal punto di vista normativo (Regolamento UE n. 1129/2011 e successive modifiche) si tratta di un additivo alimentare, codificato come E440, con la distinzione in E440i per le pectine tal quali e E440ii per quelle amidate (vedremo di seguito cosa sono). Come per tutti gli additivi, è obbligatorio indicarne la presenza nell’elenco degli ingredienti in etichetta, con il nome o codice alfanumerico accompagnati dalla funzione svolta nel prodotto. Ad esempio: “gelificante pectina”, oppure “gelificante E440”. Dato che l’impiego di pectina come additivo alimentare non è associato a rischi per la salute, la legge non ha fissato limiti massimi di sicurezza. È curioso sapere che nell’intestino umano si comporta come fibra alimentare, poiché non è digerita dai nostri enzimi né assorbita tal quale, ma viene fermentata dal microbiota intestinale. STRUTTURA CHIMICA Per capire come si comportano le diverse tipologie di pectine occorre conoscerne la struttura chimica. È un po’ complicato ma vi guidiamo noi, con l’aiuto delle figure, in cui le sigle corrispondono agli atomi C = carbonio, O = ossigeno, H = idrogeno, N = azoto. Più atomi legati fra loro formano molecole, e più molecole legate fra loro formano polimeri. Le pectine sono appunto polimeri, con uno “scheletro” costituito da tante unità di acido galatturonico in forma ciclica (ad anello) legate l’una all’altra in catene lineari. Ad alcune unità di acido galatturonico possono essere legati altri zuccheri, come ramnosio, galattosio e arabinosio, che formano ramificazioni laterali denominate ballast (= zavorra). Il grado di polimerizzazione (ossia la lunghezza delle catene) varia in funzione dell’origine botanica (scorze d’arancia > mele > barbabietole) e del processo produttivo impiegato. Scendendo ancora di più in dettaglio, l’acido galatturonico è una molecola a 6 atomi di carbonio simile allo zucchero galattosio ma con un gruppo acido chiamato carbossile (-COOH), che può essere esterificato e diventare metossile (-OCH3). Si parla di grado di metossilazione per indicare la percentuale di gruppi metossile presenti sul totale degli acidi galatturonici. Il comportamento delle pectine è strettamente legato al grado di polimerizzazione, al grado di metossilazione e alla presenza di cariche negative dovute alla dissociazione dei gruppi carbossile che, in determinate condizioni di pH, perdono l’idrogeno e si trasformano nell’anione -COO-.
OH OCH3
b)
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LE PROTEINE DELL’UOVO
principali caratteristiche e funzionalità Le produzioni di pasticceria sono fondate sull’arte di dare forma ad articolati prodotti sfruttando le caratteristiche chimiche e fisiche degli ingredienti, attraverso le conoscenze tecniche del pasticciere e la sua intrinseca creatività. Tra gli ingredienti disponibili, l’uovo è uno dei più utilizzati. La sua composizione lo rende interessante dal punto di vista sia nutrizionale che tecnologico. Le funzioni strutturanti, montanti, emulsionanti, di caratterizzazione sensoriale e così via sono dovute ai diversi costituenti. Le proteine sono dei macronutrienti e la loro funzione principale, a livello nutrizionale, è di fornire gli amminoacidi fondamentali per la sintesi proteica del nostro organismo. Gli amminoacidi sono molecole che costituiscono il “mattoncino” di base di ogni proteina. Essi si legano uno all’altro formando una sorta di catena che, una volta superata una certa dimensione, è chiamata proteina. A livello tecnologico, la peculiare costituzione in amminoacidi (numero e sequenza specifica degli amminoacidi che formano la catena) fa acquisire le tipiche caratteristiche, che ogni tecnico sfrutta per la creazione dei propri prodotti. Tali caratteristiche sono legate alla forma assunta dalle proteine, in seguito all’interazione interna alla catena amminoacidica, formata dagli amminoacidi che le costituiscono, ed esterna ad essa, ovvero le sostanze con cui essa entra a contatto. Ed è il mantenimento (o la perdita) di tale forma che ne determina la funzionalità. Infatti, modifiche più o meno rilevanti di questa conformazione (cioè la forma assunta nello spazio) possono esaltare o deprimere la funzionalità della proteina, la sua capacità di interagire con gli altri ingredienti e conseguentemente la sua attitudine a rispondere alle esigenze del pasticciere. La perdita della conformazione è chiamata denaturazione ed è accompagnata dalla perdita della funzione o caratteristica originaria della proteina. Negli alimenti, le principali cause di denaturazione sono: la presenza di determinate sostanze chimiche, le modifiche di pH, la forza meccanica e il calore.
IL COMPORTAMENTO DELLE PROTEINE D’UOVO E ALCUNI CASI DI DENATURAZIONE L’uovo è costituito da diverse strutture. L’albume può essere così descritto nella sua composizione: 88% acqua, 10% proteine e piccole quantità di zuccheri e sali minerali. Il tuorlo: 50% acqua, 30% lipidi e 20% proteine. Parliamo di proteine e non di proteina, poiché sia il tuorlo che l’albume contengono proteine diverse, ognuna delle quali possiede specifiche caratteristiche. Le proteine dell’albume A titolo di esempio, partiamo dal comportamento delle proteine dell’albume durante la montata a neve e durante la cottura. Durante la montata, esse interagiscono tra di loro grazie alla forza meccanica applicata con la frusta. La loro interazione fa sì che l’aria sia uniformemente inglobata creando una struttura tipica, compatta e
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regolare. Il processo continua fino ad un punto massimo oltre il quale, proseguendo con l’azione meccanica, si ha la perdita della struttura ottimale e la separazione delle fasi. Ciò accade perché la forza meccanica è uno degli agenti in grado di denaturare le proteine, causando la perdita della conformazione e, conseguentemente, il danno alla struttura della montata a neve. Anche gli acidi possono causare denaturazione delle proteine. L’azione dipende dal tipo di acido e dalla sua concentrazione. Piccole quantità (ad esempio di acido citrico o di acido tartarico) portano ad una leggera modifica conformazionale che migliora la capacità di interazione tra le proteine. Il tutto si traduce in un miglioramento della montata. Un eccesso, invece, porta ad un’irrimediabile modifica
selezione italiana
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IN VIAGGIO verso il 2023
A rappresentare l’Italia alla Coupe du Monde 2023 saranno Martina Brachetti, Alessandro Petito e Jacopo Zorzi, selezionati in aprile dal Club Italia
In un clima di sereno confronto, il 2 aprile il Club Italia ha indetto la selezione della squadra che rappresenterà la nostra nazione alla prossima Coupe du Monde de la Pâtisserie, in calendario il 20 e 21 gennaio 2023 al Sirha di Lione, Francia. Una scelta non semplice quella di partecipare a questa tornata, che già premia i sei iscritti, visto che dopo la meritata vittoria tricolore all’edizione 2021, tutti gli occhi del mondo sono puntati su di noi. Una sfida nella sfida che non può che stimolare ulteriormente i prescelti, così come il pool di allenatori, insieme al presidente del Club Italia, Alessandro Dalmasso. Per ottemperare alle norme vigenti, le selezioni si sono svolte a porte chiuse in CAST Alimenti a Brescia, sotto lo sguardo attento della giuria composta da Dalmasso con i campioni 2021, Lorenzo Puca, Andrea Restuccia e Massimo Pica, e il campione 2015, Francesco Boccia. Già durante le degustazioni, tutti si sono detti molto soddisfatti del livello qualitativo dei concorrenti, che hanno dimostrato quanto la consapevolezza culturale e psicologica su concorsi di tale caratura si stia evolvendo, di generazione in generazione. Martina Brachetti, Alessandro Petito e Jacopo Zorzi sono i prescelti per comporre il trio di professionisti che in questi 8 mesi si metteranno alla prova in impegnativi allenamenti, sotto la supervisione di Dalmasso e dei vari allenatori, ovvero i campioni 2015 e 2021. Oltretutto, proprio in queste settimana, il Club sta identificando un direttore tecnico per questa tornata, così da coordinare al meglio il gruppo di lavoro e seguire passo dopo passo il team, secondo le nuove direttive definite dal Comitato della Coupe du Monde, dal quale si sta attendendo il regolamento aggiornato. “Il livello della competizione nazionale, mai come quest’anno, è stato altissimo. L’asticella si è ulteriormente alzata – commenta Dalmasso –. Tutti i candidati si sono distinti per professionalità, competenza e conoscenza, ed è per questo che la decisione unanime del Club Italia è stata quella di nominare due riserve che fanno parte della squadra: Carmen Peluso e Daniele Mascia. E un plauso va anche a Marco Deidda per il lavoro svolto”. Complimenti che si estendono a Filippo Falciola e Samuele Calzari, insieme agli stagisti della scuola, per l’ottima regia operativa curata dalla CAST.
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nuove visioni
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Nel segno dell’internazionalità, molteplici esperienze e una visione moderna e raffinata, proiettata verso un domani dalle sfumature green, caratterizzano il lavoro di Martina Carturan. Che qui si esprime con il supporto del marchio Debic
LA DONNA del futuro Dall’intesa fra tre realtà che amano e credono nell’eccellenza a tutto tondo, specie quale investimento per il futuro, non poteva che prendere forma una nuova rubrica votata ai giovani talenti, nel nome della qualità concreta, partendo dalla formazione, quindi dalla teoria, per giungere alla pratica quotidiana. La sinergia fra Debic, CAST Alimenti e “Pasticceria Internazionale” ha infatti portato ad identificare più profili di giovani professionisti non solo appassionati e talentuosi, ma anche capaci di coltivare con studio, ricerca e viaggi il proprio sapere, portando sempre più in alto la loro asticella delle ambizioni serie. Iniziamo quindi con questo numero dando voce a Martina Carturan. Per certi versi questa 26enne ricorda un po’ Miraijin “l’uomo del futuro”, personaggio in realtà femminile dell’ultimo romanzo di Sandro Veronesi, “Il colibrì”. Cittadina del mondo, affamata di esperienze, colta, spontanea e appassionata, non ha paura di mettere a nudo le proprie fragilità. La pasticceria è da sempre la sua passione: “Fin da piccola facevo dolci a casa – ricorda –. Durante gli anni di liceo ero la tipica secchiona, insoddisfatta finché non prendevo 10. Studiavo tutto il giorno, ma la sera tardi mi mettevo a preparare dolci”. Conseguita la maturità classica, si iscrive a medicina superando un test di ingresso molto selettivo. Durante il secondo anno segue un corso amatoriale di pasticceria con Maurizio Santin: l’entusiasmo è tale da spingerla a modificare i suoi piani per il futuro e a trasformare quello che fino ad allora era un hobby in una professione. Lascia così gli studi universitari per seguire il corso di Alta Formazione Pasticcere da Ristorazione e d’Albergo in Cast Alimenti a Brescia: 8
mesi di cui 4 a scuola e 4 di stage (presso il laboratorio di Gino Fabbri). Per Martina è un periodo di alti e bassi a causa dell’anoressia, di cui ha sofferto per più di 10 anni. “Facevo i dolci senza assaggiarli – rivela –. Adesso però ho trovato un compromesso con la vita. Mi ha aiutato tanto parlarne con chi ha avuto il mio stesso problema, perciò condivido la mia esperienza, in modo da potere a mia volta essere d’aiuto alle persone che ne soffrono”. In mezzo c’è stata anche la pandemia, ma questa in realtà ha aperto a Martina nuove finestre sul futuro, grazie alla possibilità di fruire di corsi online tenuti da nomi importanti in Spagna, come Jordi Bordas, famoso per
l’innovativo metodo B-Concept, finalizzato ad approfondire la conoscenza di ingredienti, strutture e tecniche per arrivare a ricette più attuali. DALLA SPAGNA ALLA NORVEGIA E RITORNO Martina si mette dunque in contatto con Bordas e dopo sole 2 settimane dal conseguimento del diploma alla Cast Alimenti lo raggiunge nella di lui scuola a Viladecans, vicino a Barcellona, per uno stage di 4 mesi. Che poi diventano 8. “Lì stavo benissimo, ma a un certo punto ho iniziato ad avere bisogno di stimoli nuovi, così ho deciso di mettermi alla prova in uno dei ristoranti più
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DOLCEZZA e concretezza
Una moltitudine di proposte caratterizza l’universo delle bomboniere che puntano, come spiega Maria Teresa Pelosi, su originalità, colore, funzionalità e capacità di arredo
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Traggono ispirazione e puntano su questi concetti le creazioni del momento a tema bomboniere. Non è un caso, dopo due anni di pandemia, chiusure e incertezze che hanno provato il settore, e in un periodo come questo di foschi scenari internazionali. Nonostante tutto la vita riprende, le occasioni di festa si moltiplicano e ci sono la volontà e il desiderio di accompagnarle con un segno concreto, che rimarrà a testimoniare i momenti felici dalla nascita all’età matura, attraverso le tappe importanti: nascite, battesimi, comunioni, cresime, lauree, matrimoni, anniversari… Ecco perché, dopo aver esaminato sul numero scorso le proposte più pregiate in tema di confetteria con Alessandro Racca, affrontiamo con lo sguardo lungimirante di Maria Teresa Pelosi, scenografa di ambiente ed esperta di packaging creativo, alcune proposte di bomboniere o oggetti che si fanno tali (selezionati dal vasto repertorio dello show room di Monaco). Duplice la finalità dell’iniziativa: da un lato, indicare la novità e la specificità delle singole scelte e, dall’altro, segnalarne l’importanza in vetrina, in un contesto coerente al negozio e al pubblico cui si rivolge.
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TENEREZZA E UN TOCCO DI HUMOUR Felicità e stupore di fronte ad una nascita sono sentimenti preziosi, che si desidera condividere fra le persone più care, anche grazie ad un oggetto che da concreto diventa simbolico. Dato che dalla dolcezza si può passare in un attimo alla sdolcinatura, scegliere la proposta giusta diventa essenziale. Qui interviene il tocco dell’esperta, che consiglia una bomboniera che evoca sì tenerezza, ma con una punta di humour, con l’animaletto dall’appeal materno, che accoglie il suo piccolo con un fiore. Un’idea in due versioni e che resta, adatta sia come bomboniera
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punto vendita
MANTRA
per l’avvenire
Dalla pasticceria Falicetto di Piacenza arrivano queste confezioni di buon augurio. Grazia Pellegrini, titolare con il marito Aldo Scaglia e la figlia Allegra, ci racconta come interpretarle, anche in versione bomboniera
Il gatto è un animale indipendente, curioso, molto attento e grande igienista. Ed è anche il soggetto perfetto per confezioni originali, come queste che contengono fruttini ed esprimono golosità e voglia di genuinità, anche grazie alla trasparenza, quale risposta alla curiosità di verificare il prodotto all’interno, una scelta di chiarezza verso il cliente, per infondergli fiducia nella mia azienda. Per donare ulteriore leggerezza, ho scelto nastri con fiori e farfalle, un tuffo nella natura. Essenzialità ed armonia, qualità e bellezza: questo è il mio mantra, che dedico a tutti voi! Per me è importante semplificare, togliendo il superfluo. Lasciare parlare il prodotto e la creatività. In queste confezioni ho messo tutto ciò. E anche i confetti – per sposi, cresimandi e così via – possono essere contenuti in scatoline di questo tipo, come augurio di prosperità e fortuna. Esse sono emblema di un modo di lavorare semplice e pulito, per sensibilizzare, in ogni occasione, e coinvolgere i giovani, che vi sono già predisposti, ad un modo di vivere migliore in ogni senso. L’avvenire ci vuole TUTTI impegnati per un bel futuro. E per ottenerlo si deve dare il proprio contributo grazie alle proprie attività e facoltà. Si dice che il gatto abbia 7 vite (o addirittura 9 nei Paesi anglosassoni) e, se le vogliamo anche noi, dobbiamo darci da fare! Grazia Pellegrini Pasticceria Falicetto - Piacenza falicetto.it foto Giancarlo Bononi
Per me è importante semplificare, togliere il superfluo e lasciare parlare il prodotto e la creatività Pasticceria internazionale 337
il pensiero pensante
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RIFLETTORI
sulla cucina dolce COSTRUIRE UN DESSERT AL PIATTO Eccoci alla terza parte della serie Riflettori sulla cucina dolce per ragionare sulla pasticceria da ristorazione e stimolare la curiosità all’approfondimento. Perché le componenti concettuali e teoriche sono indispensabili: un lavoro ha senso solo se è consapevole, e la consapevolezza si ottiene solo se alla preparazione tecnica si unisce una conoscenza complessiva del contesto in cui si agisce
Le due precedenti sezioni di questa monografia hanno affrontato la cucina dolce definendone i caratteri generali, anche in relazione e raffronto con la pasticceria da laboratorio, non mancando di introdurre un elemento di riflessione sul quale ciascuno potrà trarre le proprie conclusioni. La domanda è: se, in termini di prodotto finito, affinità e differenze fra pasticceria da laboratorio e da ristorazione sono riscontrabili e classificabili, questo vale anche per l’artefice? In altre parole, ha senso parlare di “pasticciere da ristorazione” e di “pasticciere da laboratorio” come di due mestieri diversi, o non sarebbe forse più corretto pensare al pasticciere come a un professionista che sceglie di operare in questo o quell’ambito ma, in virtù della sua padronanza tecnica ed esperienza, è in grado di agire a tutto campo? Questo tipo di approccio, va sottolineato, non indebolisce ma deve accompagnare e sostenere quello (in atto da anni e con buoni risultati) che mira a un riconoscimento del pastry chef come figura professionale a pieno titolo, affinché il suo lavoro e i suoi meriti ricevano la giusta attribuzione.
Una simile introduzione è stata dedicata anche alla degustazione oggettiva e a come essa richieda un approccio scientifico in cui la stimolazione sensoriale (cioè l’emozione pura) non è il fine ma il mezzo, in quanto i sensi diventano strumento di lavoro e consentono lo sviluppo di un archivio organolettico che perfeziona la valutazione. Al contempo tale stimolazione agevola il processo creativo, mettendo l’artefice in condizione di prevedere le interazioni e di ottenere in modo più efficace ed efficiente i risultati che si prefigge. Passiamo adesso a una fase più operativa, in cui si riprendono anche elementi già menzionati per considerarli non più da una prospettiva esterna di valutazione ma da quella dell’artefice, dunque di realizzazione. La premessa è sempre la stessa: non esistono precetti né, tanto meno, regole fisse da seguire, e anzi sarebbero un controsenso in un mondo così vasto e proteiforme come la cucina dolce. Quello da cui non si può prescindere è una competenza tecnica assoluta e interiorizzata, ma poi ciascun professionista deve fare la propria pasticceria, interpretare e abbinare ingredienti e prodotti seguendo la propria creatività e tenendo conto di circostanze, occasioni e senza mai scordare che lo scopo è la soddisfazione del cliente. Quanto segue dunque non è un libretto di istruzioni né, tanto meno, un ricettario, bensì l’individuazione di concetti e fasi da avere ben presenti.
Partire dal prodotto Il pasticciere inizia analizzando le caratteristiche del prodotto e, in funzione di ciò e del risultato che vuole ottenere, pianifica accostamenti, consistenze, temperature e tecniche da impiegare per esaltare il protagonista del piatto. Questo tipo di approccio è collegato alla ricerca sulle materie prime e alla ricerca tecnica, delle quali abbiamo già parlato nella prima parte e alle quali rimandiamo.
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l’importanza del passato
IL PADRE
della decorazione classica Collegandoci all’articolo di apertura di questo numero, desideriamo celebrare il maestro Guido Bellissima. Ricco di esperienza e di attitudini creative eccezionali, egli ha trasmesso la sua arte a generazioni di giovani e colleghi Verso la metà del secolo scorso, nel periodo che precede la Pasqua poco prima dell’inizio della Settimana Santa, per i torinesi è una festa andare “per vetrine”, in centro città. Vanno in cerca dell’uovo di cioccolato più bello, scoprendo come i pasticcieri rispondano alla consuetudine mostrando fantasia ed arte, tanto da iniziare a lavorare già mesi prima della festività. Le vetrine sono un trionfo di rami di pesco, fiori e animaletti pasquali, in zucchero e cioccolato, ed intere famiglie si spostano da tutta la provincia per ammirare lo spettacolo. È come visitare un museo a cielo aperto, con le uova decorate in mostra. E nel caso le vetrine siano esposte al sole, le uova vengono custodite all’interno ed un biglietto invita ad entrare per osservare i capolavori da vicino. Le uova sono sempre
molto grandi, difficilmente vendibili, e diventano quindi premi di una lotteria. La vendita dei biglietti compensa pienamente il costo sostenuto per realizzarli e i sorteggi avvengono la vigilia di Pasqua. L’uovo di cioccolato più grande e più sorprendente, che riscuote maggior successo e ammirazione, anche per la difficoltà di lavorazione, è quello esposto in piazza San Carlo davanti al Caffè Torino, per anni Talmone e poi De Coster. Il suo peso si aggira sul quintale e su “La Stampa”, il quotidiano di Torino, si conquista quasi sempre la prima pagina, dove viene descritto con meticolosità, in modo da invogliare i lettori ad una passeggiata in centro per poterlo ammirare. L’artista esecutore non è citato, il suo nome è velato dal mistero, ma la mano è inconfon-
dibile: è quella di un cioccolatiere-confettiere-architetto che sa riprodurre in scala, con la perfezione della prospettiva e la cura dei particolari, scorci della vecchia Torino, con monumenti, castelli, palazzi, piazze, chiese, giardini fioriti, cocchi trainati da cavalli, dame e cavalieri inseriti in fiabeschi paesaggi, che si perdono a vista d’occhio tra colline e boschetti... Ad ogni Pasqua è una sorpresa scoprire su quale edificio o paesaggio si sia cimentato. La sua abilità sta anche nel sistemare il soggetto tridimensionale all’interno dell’uovo, in modo che lo stesso faccia da scenografia. Nella parte chiusa riproduce antichi cartigli sorretti da amorini, stemmi di regnanti dell’epoca. Oppure, in altri casi, trionfi di fiori e rose dai colori vellutati, che pare quasi di sentirne la fragranza…
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fronte bar
LA MOKA
evergreen internazionale Parlare della moka è complesso perché questo piacevole strumento, inventato da Alfonso Bialetti nel 1933 e presente nella maggior parte delle case italiane e non solo, porta con sé storie e aneddoti che a volte… superano i confini della realtà! Però, secondo la filosofia di questa rubrica, voglio darvi informazioni tecniche e pratiche che possano portarvi a decidere con maggiore consapevolezza sull’impiego e sulla manutenzione di questo fantastico oggetto.
Per la moka, la dose di caffè va dai 5 ai 7 g per tazza, con un volume di acqua in caldaia di circa 40-50 ml Pasticceria internazionale 337
TIPOLOGIE di MOKA Esistono oggi molteplici modelli di moka, che si differenziano soprattutto nei materiali. Alluminio rapida nell’andare in temperatura e leggera, necessita di particolari accortezze, soprattutto dovute alla “morbidezza” del materiale di costruzione ed alla porosità. Occorre infatti pulirla sempre dopo ogni utilizzo ed evitare di riporla bagnata. Necessita di una decalcificazione costante, specie del fondello e, se non si presta attenzione quando si svuota il filtro, “sbattendolo” per togliere il caffè esausto, le probabilità che la parte ribattuta si rovini, non consentendo più una adeguata tenuta della guarnizione, sono elevate. Tra i materiali impiegati, l’alluminio è uno di quelli che tende più a cedere un sapore “metallico” alla bevanda e, scaldandosi molto ed in modo uniforme, anche di bruciato al caffè. Acciaio molto robusta, assicura una buona conduzione omogenea del calore, anche se è più lenta rispetto all’alluminio nell’andare in temperatura. In alcune il filtro è in acciaio mentre in altre è in alluminio, con il conseguente riproporsi del problema sopra indicato. Gli ultimi modelli presentano una guarnizione in silicone che migliora la tenuta. Sono in genere più pesanti, ma hanno il pregio di non cedere nessun gusto al caffè e di mantenerlo caldo a lungo. Acciaio e ceramica belle esteticamente, con fondo in acciaio o in alluminio e parte superiore in ceramica, le considero tra le migliori, in quanto nella fase di passaggio nel camino e successiva discesa, il caffè passa a temperature inferiori rispetto ad altri materiali e conserva meglio i suoi aromi. Acciaio e vetro anche se delicate, sono belle e consentono di seguire l’erogazione del caffè. Per certi versi le trovo “ipnotizzanti” ma purtroppo, avendo una dispersione termica minima, tendono a lasciare un leggero retrogusto di bruciato. Plastica si tratta di modelli di ultima generazione, adatte solo in microonde, ed accorpano pregi quali la leggerezza, l’estetica (ce ne sono di ogni forma e colore), l’assenza di cessione di gusti al caffè (a patto di non lasciarlo a lungo nella caffettiera), la facilità di pulizia, l’igienicità e la rapidità di preparazione. In circa 2 o 3 minuti si può avere pronta una moka di ottima fattura. Per vedere immagini dei vari tipi di caffettiera, corredate da una buona scheda tecnica, consiglio di consultare caffettiereitaliane.com/ IL CAFFÈ MACINATO PER LA MOKA VA MESSO IN FRIGO? In linea generale, tutto il caffè va conservato ad una temperatura non elevata e, nel caso del caffè già macinato per la moka, in lattina o pacchettino, dobbiamo prendere in considerazione alcuni fatti. Secondo un’analisi statistica, più del 70% dei consumatori tiene il macinato nell’armadietto sopra il fornello in cucina, luogo comodo e fruibile quando dobbiamo preparare al mattino,
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notiziario
SI DIA INIZIO AI FESTEGGIAMENTI DEI 100 ANNI DI VALRHONA Il 5 aprile scorso Valrhona ha presentato alla stampa il programma di celebrazioni per i 100 anni di vita del marchio. Nei locali appena rinnovati della Samaritaine, il noto grande magazzino parigino che sorge di fronte al Pont Neuf oggi proprietà del gruppo LVMH, l’azienda del gruppo Savencia ha ripercorso una storia lunga un secolo, fatta di impegno ed innovazione crescenti. Dalla fondazione nel 1922 da parte di Albéric Guironnet, che si stabilisce nella regione della Vallée du Rhône nel sud-est della Francia e non distante da Lione, sino ai giorni nostri, attraverso prodotti che accompagnano i professionisti, dal cioccolato Guanaja al Dulcey dal colore biondo. Un percorso che si snoda nel tempo, dall’acquisizione di un saper fare unico nel settore del cacao e del cioccolato alla creazione dell’École Valrhona da parte di Frédéric Bau, via via fino al supporto costante alla Coppa del Mondo della Pasticceria, alla creazione della Cité du Chocolat, che accoglie 140.000 visitatori ogni anno, ed all’ottenimento della certificazione B Corp, che valuta e premia l’impatto sociale ed ambientale delle imprese. Un nome che è oggi sinonimo di cioccolato di qualità in Francia e all’estero, dove realizza il 60% delle proprie vendite, e rifornisce i 2/3 degli chef stellati, ed un’azienda che, grazie alle sue dimensioni misurate a metà tra i giganti industriali del settore e le imprese artigianali, rappresenta lo 0,15% della produzione di cacao e conserva una leadership che le consente un reale impatto sulla filiera. Una storia costellata non solo di successi commerciali, ma anche di impegno crescente nei confronti dell’universo del cacao, a sostegno della qualità del prodotto e delle condizioni di vita degli addetti ai lavori. Questo grazie al programma Live Long lanciato nel 2002, l’atto che formalizza la strategia di sviluppo sostenibile, protegge i 17.215 produttori partner di Valrhona e prevede la tracciabilità del 100% delle fave di cacao, ed al Fondo Solidale, che punta a migliorare le condizioni di vita degli agricoltori e delle loro famiglie. Un impegno che riguarda anche il sostegno di una gastronomia attenta al gusto ed alla salute e che si traduce, ad esempio, nella pubblicazione nel
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2021 della Guida della Gastronomia Sostenibile, e nel concetto di Pasticceria Ragionata, con il quale Bau propone un nuovo approccio all’uso di zucchero e materie grasse. Il 2022 si trasforma, quindi, per Valrhona in un anno di festeggiamenti per guardare al cammino percorso ed immaginare i nuovi passi da compiere. Il 2 maggio l’azienda ha inaugurato, dopo quella di Tain l’Hermitage, New York e Tokyo, una scuola a Parigi diretta da Thierry Bridron, nel quartiere medievale del Marais, che sostituisce quella aperta a Versailles. Uno spazio di 340 m2, di cui 78 di laboratorio, dedicati alla creazione dolce. Non poteva mancare, naturalmente, il lancio di un nuovo prodotto, il cui nome e profilo non sono stati ancora svelati (bisognerà aspettare settembre, ndr), mentre da luglio a novembre si svolgerà il Valrhona Food Forward Festival, kermesse attraverso 8 città nel mondo (oltre a Tain l’Hermitage, Francoforte, Barcellona, Parigi, Milano, Shanghai, Los Angeles e Dubai), che coinvolgerà clienti chef e artigiani per la creazione di un menù unico, ispirato ad una tematica per ogni città. Come per Parigi che rifletterà, festeggiando, sulle nuove forme di agricoltura urbana e la questione dell’autonomia alimentare, o per Los Angeles, con una serata all’insegna del gelato. Domenico Biscardi valrhona.com
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ANNI DI ZANOLLI
la cultura della cottura che va oltre i forni Col susseguirsi delle generazioni, l’anima di Zanolli non si è mai snaturata. Le intuizioni pionieristiche che già dai primi anni Cinquanta traghettarono l’azienda veronese verso il successo e l’espansione sono le stesse che oggi la confermano come esempio autorevole di Made in Italy amato nel mondo. L’ideazione e realizzazione di forni professionali per pasticceria, pizza e panificazione come core business; la costruzione e diffusione di un corpus di conoscenze tecniche, savoir-faire e savoir-être come effetto secondario dal valore unico.
Nel 2022 Zanolli celebra i suoi 70 anni omaggiando il passato di azienda che, oggi come allora, si ispira alla storia e alla filosofia per nominare le linee di prodotto. Che ha fatto del supporto a iniziative sportive e culturali un segno distintivo del proprio operato. Che ha compreso che, solo spingendosi oltre i forni, si creano forni migliori.
Erika Brighenti, responsabile comunicazione & marketing di Zanolli, con i membri della squadra italiana vincitrice dell’ultima edizione della Coupe du Monde de la Pâtisserie.
2021 del team composto da Lorenzo Puca, Massimo Pica e Andrea Restuccia, capitanati da Alessandro Dalmasso, sono stati
Un approccio di ampio respiro sfociato nelle innumerevoli collaborazioni che ne impreziosiscono il percorso, tra cui il sodalizio storico con CAST Alimenti. Questa comunione d’intenti si è evoluta in maniera naturale nella
individuati i tre candidati che gareggeranno a Lione nel 2023 e Zanolli rinnova il proprio sostegno alla compagine nazionale. Il supporto a Martina Brachetti, Alessandro Petito e Jacopo Zorzi incarna la vocazione dell’azienda a nutrire talenti, forgiare lo spirito di squadra e fornire gli strumenti di cottura ideali per la pasticceria di altissimo livello.
sponsorship della squadra italiana partecipante alla Coupe du Monde de la Pâtisserie. Dopo la vittoria memorabile nel
Nel 2022 Zanolli celebra i suoi 70 anni anche vestendosi di futuro: restyling di
cataloghi e sito in base ai principi di accessibilità e fruibilità che guidano la creazione dei forni; sviluppo delle collaborazioni internazionali; ampliamento della sede ispirato a criteri di sostenibilità e lean production; costante arricchimento ingegneristico e di offerta. La longevità di questa impresa riflette la capacità di far tesoro della propria esperienza e di condividerla. Per contribuire al progresso tecnologico e funzionale del settore di riferimento. Per divulgare con uno stile inconfondibile la cultura della cottura nel mondo.
zanolli.it
I festeggiamenti in Cast Alimenti dopo la selezione della squadra, in lizza per la prossima Coupe du Monde, che annovera Zanolli tra le aziende sponsor.
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TOPFIL
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FINEST
Frutta di nuova generazione firmata Puratos
L’87% degli italiani riconosce un premium price ai prodotti che considera più artigianali, realizzati rispettando le ricette originali con ingredienti naturali IL PROCESSO DI COTTURA
Negli anni le abitudini alimentari si sono notevolmente evolute. I consumatori si aspettano che i prodotti di panificazione e pasticceria che acquistano siano più sani e genuini, con sempre meno zuccheri, etichette più pulite e ingredienti il più possibile provenienti dalla natura, come cereali, frutta e grani. Inoltre, l’87% degli italiani (fonte Taste Tomorrow Puratos) riconosce un premium price ai prodotti che considera più artigianali, realizzati rispettando le ricette originali con ingredienti naturali. Ecco perché, nel mondo delle confetture, preservare gusti e sapori della frutta mantenendo le auspicate performance è una delle principali sfide per l’industria di settore.
L’INCONTRO TRA NATURA E TECNOLOGIA Poiché le piastre ad induzione hanno gradualmente sostituito le convenzionali piastre riscaldanti, Puratos ha implementato un innovativo processo sfruttando al meglio il riscaldamento elettrico. Esso assicura un trattamento ottimale della frutta, preservandone integrità, colore e gusto naturale. La materia prima fluisce infatti in modo continuo permettendone il rapido ed omogeneo riscaldamento, senza necessità di mescolare frequentemente ed evitando così il rischio di danni.
Per garantire che la frutta sia protagonista, è fondamentale preservarne al massimo le caratteristiche quali gusto, colore e texture e, per questo, è necessario agire sull’intero iter produttivo. Durante il convenzionale processo di cottura si sfrutta il trasferimento di calore in modo indiretto. Per far sì che quello proveniente dall’esterno del tank arrivi all’interno della materia prima, è cruciale un tempo di cottura piuttosto lungo, rischiando però di alterarne le proprietà naturali. E per ottenere un trasferimento omogeneo, la frutta deve essere costantemente mescolata, con l’ulteriore rischio di danneggiarne integrità e consistenza.
LA GAMMA TOPFIL FINEST Le soluzioni di nuova generazione Topfil Finest, frutto dell’innovativa tecnologia, contengono il 70% di frutta e regalano prodotti addolciti grazie allo zucchero naturale in essa presente. La gamma esprime l’equilibrio tra gusto autentico e naturalezza della materia prima, combinato con le prestazioni necessarie per la lavorazione di prodotti di pasticceria e viennoiserie. Le referenze che la compongono possono infatti essere utilizzate come elementi per la farcitura precedente il congelamento e la cottura di prodotti come torte, danesi e così via, in purezza in dessert refrigerati o, ancora, in applicazioni post-cottura. Oggi la gamma si compone dei gusti Albi-
cocca 70%, Fragola 70%, Ciliegia 70% e Mango 70%, in linea con i trend relativi a salute e benessere riscontrati nella ricerca Taste Tomorrow. L’86% dei consumatori ritiene infatti che la frutta migliori le proprietà nutrizionali dei prodotti finiti, valorizzandone il gusto. puratos.it
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La pasta frolla in concorso La 2ª edizione del Premio Pasticceria Giovani ha visto la pasta frolla protagonista di questa costruttiva sfida fra giovani talenti di tutta Italia, con la regia di Associazione Pièce Si è concluso con allegria e commozione il Premio Pasticceria Giovani, concorso nazionale di pasticceria riservato agli allievi/e agli ultimi anni delle scuole di settore, ideato e organizzato da Associazione Pièce e svoltosi a Torino in marzo, purtroppo ancora nella formula “mista”, con la trasmissione in streaming di tutti i lavori e la presenza fisica della giuria, chiamata a valutare le preparazioni inviate tramite corriere dai partecipanti alla sede ospitante, ovverro l’Ipsseoa “G. Colombatto” di Torino. Il tema della 2ª edizione è stata la pasta frolla in tutte le sue declinazioni: erano richieste due torte da viaggio (conservabili a temperatura ambiente senza necessità di refrigerazione, senza farciture e decorazioni con ingredienti freschi o deperibili) e una monoporzione-snack a base di frolla salata. In più, due video di documentazione del lavoro. L’impegno dei partecipanti è stato di altissimo livello sotto tutti i punti di vista, a partire dalla partecipazione di ben 17 progetti provenienti da scuole di tutta Italia, a dimostrazione del fattivo coinvolgimento di tanti docenti e dell’entusiasmo delle giovani leve, anche davanti ad un progetto
La torta da viaggio vincitrice.
I giurati insieme ad alcuni allievi e docenti del Colombatto di Torino, sede del concorso.
certo non semplice, dovendo anche curare la realizzazione dei video e i delicati aspetti di un invio postale (proprio per simulare un normale contesto lavorativo in cui delivery ed e-commerce sono all’ordine del giorno). Per onorare un tale riscontro nazionale, anche la giuria era stellare: presieduta da Alessandro Racca, erano presenti il direttore tecnico del Premio, Alessandro Dalmasso, con Massimo Pica e Andrea Restuccia, campioni del mondo 2021, e Filippo Valsecchi, campione del mondo Juniores 2019. E anche i premi non erano da meno, grazie ad Agugiaro&Figna, Carpigiani, Co.Ve, Eurovo, Fiasconaro, Frascheri, Fructital, Icam Linea Professionale, IFSE Accademia di Alta Cucina e Pasticceria, Lesepidado, Selmi Group, Silikomart Professional e Chiriotti Editori. LA PROCLAMAZIONE DEL PODIO La vincitrice è stata Elena Denisa Milu, 18 anni, dell’istituto “G. Colombatto” di Torino. A lei, che ha realizzato ricette messe a punto grazie a un lavoro di squadra portato avanti con classi di pa-
sticceria e insegnanti, va un soggiorno formativo presso Selmi e il suo successo assicura alla scuola corsi online e la presenza di un professionista Icam per una masterclass. A questo si aggiungono consistenti forniture di materie prime e materiale formativo. Momenti di intensa commozione hanno accompagnato l’annuncio di un nuovo riconoscimento: il Memorial Capitano Rosso, che da quest’anno viene assegnato all’insegnante del vincitore per rendere omaggio a Gianfranco Rosso, figura straordinaria di pasticciere e formatore, che ci ha lasciati un anno fa. Quest’anno il premio è stato conferito ai prof. Renato Crivello e Sergio Boero. Al secondo posto, Asia Manzetti dell’Istituto “Panzini” di Senigallia, An, che conquista un tirocinio presso Arôme de Cacao di Salvatore Toma a Corsano, Le, e “regala” alla sua scuola la stampante Pasticcina offerta da Lesepidado, oltre a forniture e opportunità formative collettive a cura dei sostenitori del Premio. Il terzo posto è stato assegnato ex aequo a Ma-
Momenti della premiazione in streaming con, da sinistra, la prima classificata Elena Denisa Milu, la seconda, Asia Manzetti, e i terzi, Manuel Urriani e Lorenzo Pio Bergamin.
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finché c’è dolce c’è speranza
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IL CRONISTA della gastronomia
Crema catalana, sformatini di crema al cioccolato, gelati, bavaresi e dolci al cucchiaio sono i più apprezzati da Edoardo Raspelli, come ci confida in questa intervista
Giornalista, scrittore e gastronomo, appena senti nominare Edoardo Raspelli lo associ alla sua grande passione, che è anche il suo lavoro: quello della cucina e di tutto ciò che ruota intorno ad essa. Collabora con diverse testate ed ha preso parte a varie trasmissioni, tra cui Star bene a tavola, con Anna Bartolini, su Odeon, Eat Parade, rubrica del TG2, e Fenomeni, in prima serata su Rai 2, con Piero Chiambretti, Aldo Busi e Giampiero Mughini. Ma il programma che più lo ha consacrato al grande pubblico è Melaverde, ogni domenica mattina su Rete 4 prima e, dal 2012, su Canale 5, al quale ha preso parte nel 1998, prima come inviato poi come conduttore. Lo incontriamo per conoscere i suoi gusti, non solo come esperto, ma da un punto di vista più personale. Il tuo lavoro ti porta spesso in giro ad assaggiare tanti piatti per recensirli. Ma
quali sono i tuoi gusti? Ho un condizionamento che è il bendaggio gastrico. Dal 1975 vado in giro per i vari giornali con cui collaboro, per tanti anni mangiavo antipasti, primi secondi e diverse pietanze, così che quando arrivavo al dessert ero sazio. Adesso prendo più dolci rispetto ad una volta, perché in genere sono morbidi e più fruibili per la mia situazione. Crema catalana, sformatini di crema a cioccolato, bavaresi e dolci al cucchiaio sono quelli che mangio maggiormente. Quale parametro usi per stabilire se un dolce è ben fatto o meno? Diversi: quando prendo i cannoli siciliani, mi informo sulla cialda, perché la maggior parte delle volte non è preparata in loco e questo fa la differenza. Il dolce che prendo nei ristoranti per fare la differenza è la panna cotta: se è dura vuol dire che c’è troppa colla di
pesce, se è tremula significa che fatta come si deve. E adoro i gelati e i sorbetti, nei ristoranti che visito per lavoro però li prendo solo se fatti artigianalmente. I gusti che gradisco sin da quando ero bambino sono crema, fior di latte, stracciatella e qualche volta la nocciola. Amo molto anche il cioccolato, sia versione tavoletta che spalmabile. Tra le spalmabili per me la più buona è la Nutella, anche se preferisco la provenienza artigianale degli ingredienti. C’è una curiosità sulla tua vita. Hai stipulato con la Reale Mutua una polizza su gusto e olfatto, assicurandoli per circa 500.000 euro. Come mai? Uno può perdere il gusto e l’olfatto per le più disparate ragioni, anche per un raffreddore mal curato. Per questo ho deciso di tutelarmi, perché nel mio lavoro sono sensi indispensabili. Devo dire che, quando la notizia uscì, ho ricevuto molti complimenti per questa scelta. Naturalmente faccio tutti gli scongiuri di non trovarmi mai in questa situazione! Sei stato definito ed ami definirti cronista della gastronomia. Cosa vuol dire? Quando recensisco un ristorante valuto tutti gli aspetti che ruotano attorno alla struttura e non solo quello propriamente culinario. Quindi faccio il cronista in questo senso. Quando si cerca un ristorante, a parte per il menù, lo si sceglie anche per accoglienza, bellezza del panorama, presenza di parcheggio, offerta di servizi specifici. C’è ad esempio un ristorante a Novara di un popolare chef in cui non si mangia male, ma con grosse pecche
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ricette
zucchero g 250 glucosio 60DE g 350 latte condensato g 200 gelatina g 18 cioccolato Zéphyr g 300 colorante bianco liposolubile qb Mettere acqua e zuccheri a bollire, a parte amalgamare gelatina, latte condensato e cioccolato bianco. Quando l’acqua zuccherata ha raggiunto il bollore, unirla al composto a base di cioccolato ed emulsionare, anche con il colorante bianco. Glassa croccante anidra cioccolato bianco olio di semi di vinacciolo
kg g
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crumble alla salvia g 150 Fondere il cioccolato, emulsionarlo con l’olio e quindi unire il crumble. Utilizzare la glassa a 40°C. Salvia fritta salvia qb g 60 farina di riso acqua frizzante g 100 olio di semi d’arachidi qb Creare una pastella con acqua e farina di riso. Lavare e asciugare bene le foglie di salvia, passarle nella pastella e friggerle nell’olio. Gabriele Trovato chef IFSE ifse it foto Saverio Pisano
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