LIEVITATI maison
Non solo panettoni per le feste immaginate da Luca e Marina Mannori, ma anche il morbido Pandolce alle ciliegie e la soffice Veneziana, che vanno ben oltre il Natale, trasformandosi in ottime colazioni e merende. La ricetta illustra come preparare l’impasto che assomiglia a quello del panettone, ma che qui si articola nelle due ulteriori specialità, capaci di esaltare l’arte della lievitazione.
PANDOLCE ALLE CILIEGIE E VENEZIANA MAISON
Primo impasto g % acqua 2 100,00 19,09 zucchero semolato 1 150,00 10,45 farina panettone W 380/400 4 000,00 36,36 lievito naturale (a giusta maturazione) 1 250,00 11,36 burro fresco 82% mg 2 000,00 18,18 tuorli pastorizzati pasta gialla 500 4,55 peso totale 11,00 kg 100,00 Realizzare uno sciroppo con acqua e zucchero, inserirlo nell’impastatri ce, aggiungere la farina e impastare, dando corda. Dopo circa 3 minuti, unire il lievito naturale a terzo rinfresco (come i panettoni). Continuare a lavorare dando corda, poi proseguire con il burro morbido, sempre continuando a impastare, e terminare con i tuorli. Mettere a lievitare in caldaia a 28°C (come i panettoni) per una notte. Il mattino successivo alle 6, l’impasto deve avere raddoppiato il suo volume iniziale.
Secondo impasto g % primo impasto (vedere il quantitativo precedente) farina panettone W 380/400 1 500,00 14,99 coadiuvante enzimatico naturale per lievitati 80,00 0,80 zucchero semolato 650,00 6,49 miele di acacia 100,00 1,00 tuorli pastorizzati pasta gialla 500,00 14,99 sale fine marino 50,00 0,50
tuorli pastorizzati pasta gialla 500,00 14,99 burro fresco 82% mg 1 800,00 17,98 tuorli pastorizzati pasta gialla 500,00 14,99
MONT BLANC
Per celebrare la stagione fredda, ecco la dolce montagna innevata dell’Antica Pasticceria Castino di Pinerolo
Per la base di meringa albume fresco g 100 zucchero semolato g 200 Montare in planetaria a velocità media fino ad una meringa soda e soste nuta. Creare dei dischi su teglia, foderata con carta da forno, aiutandosi con un sac à poche. I dischi (6-8) dovranno essere di differente diame tro, per formare una piramide, con misura di distacco di circa 2 cm l’uno dall’altro. Cottura valvola aperta per circa 2 ore a 100°C.
Per la farcitura panna montata al 12% di zucchero, crema di marroni, marron glacé a pezzi.
Montaggio
Iniziare con il disco di meringa più grande e farcire con crema di marroni, un giro di panna montata e marron glacé a pezzi, altra panna e così via, dal disco più grande al più piccolo, tenendone da parte uno da sbriciolare per la decorazione. Una volta creata la piramide, rivestire di panna e guarnire con la granella di meringa. Spolverare con zucchero a velo e cacao. In cima collocare un marron glacé decorato con oro in polvere.
A PARIGI le collezioni delle feste
Durante la Settimana della Pasticceria, nella capitale francese il dolce di Natale sfila, come la moda, in passerella
La Francia è maestra nell’innalzare le creazioni al rango di icone internazio nali (basti ragionare sulla riconoscibilità planetaria de La Gio leonardesca) e nel creare intersezioni tra settori all’apparenza lontani. Un talento che si conferma anche attraverso il fenomeno della teatralizzazione delle collezioni di pasticceria. Il mecca nismo poggia sul riverbero dell’iconicità delle forme, grazie alla cassa di risonanza dei mezzi di comunicazione e all’impatto che questi ultimi hanno sulle folle di lettori, spettatori, ascoltatori e follower, alla ricerca del bello, del buono o del sensazionale. Il concetto, affinché abbia la forza necessaria per imprimersi nella me moria, a breve o a lungo termine, è di sacralizzare l’oggetto, in questo caso il dolce, apparentandolo ai simboli più forti che veicolano criteri considerati come qualitativi (estetici, formali, gustativi). Nell’Esagono, per ottenere tale risultato, la pasticceria si è avvalsa dell’esempio del settore del lusso e della moda, un topos della cultura francese, alla quale i nostri cugini d’Oltralpe fanno ricorso ogni qualvolta desiderino ricordare a se stessi e al mondo la propria abilità e unicità. È il ragiona mento che Robert Linxe ha applicato al mondo della cioccolateria quando, alla fine degli anni ‘70, decide di riconferire alla professione
i suoi titoli di nobiltà, scollandola dal rispetto ossequioso della tradizione. Da allora, anche la pasticceria imita e integra questi semplici principi, oggi quasi ovvi per chi intraprende un proget to in questo ambito, in un meccanismo di emulazione positiva che ha fissato l’asticella ancora più in alto. Così, dalla fine degli anni ’80 in poi, il settore ha registrato un crescendo di operazioni volte alla visibilità, tra le quali spicca, per originalità, la serie di presentazioni alla stampa delle collezioni dedicate alle fe ste natalizie, che si svolgono a Parigi tra la seconda metà di settembre e gli inizi di ottobre di ogni anno, accavallandosi in parte con il calendario della Settima na della Moda. In quell’arco di tempo, le redazioni dei giornali sono sollecitate a partecipare a una fitta lista di eventi e così giornalisti, personalità e influencer percorrono la città, tra grandi hotel, sale di musei, monumenti e luoghi insoliti, privatizzati all’occasione, o sedi dei marchi celebri, per assistere alla messa laica della pasticceria. Un fenomeno ad oggi non replicato altrove, che traduce agli occhi degli osservatori anche l’enorme importanza che il dolce ricopre nella cultura gastronomica transalpina. Le origini di questa kermesse risalirebbero al 1988, anno in cui Pierre Hermé, allora capo pasticciere di Fauchon, decise di mettere in sce na le proprie creazioni (non specificatamente natalizie): «Desideravo
COME SUBLIMARE il gusto
A partire dalla ricetta della mono Sublime, Leonardo Di Carlo fornisce più suggerimenti sull’impiego di cacao e cioccolato in impasti e creme
Partiamo subito dal primo elemento, ovvero la base in pasta frolla al cacao. In prepa razioni come questa, il quantitativo ideale di cacao dovrebbe oscillare tra il 3,5% e 4,5% sul totale della massa. Consiglio infatti di non superare questa soglia, per non avere un impasto amarognolo, che potrebbe risultare sgradito specie ai più piccoli o a persone an ziane che non amano i gusti intensi. Nel caso si aumentasse il quantitativo di cacao, sa rebbe bene equilibrare aumentando anche quello di zucchero nella massa. Oppure, ad una frolla un po’ più amara si può abbinare un elemento dolce, a base di cioccolato bianco o caramello.
In un impasto come questo è preferibile impiegare il cacao invece della copertura fondente, perché la frolla risulta poco elasti ca in lavorazione, per via della presenza del burro di cacao contenuto nel cioccolato, che cristallizza durante il raffreddamento/ rassodamento in frigo.
Per quanto riguarda il cremoso montato, è bene impiegare una copertura fondente (60/70%). La presenza di burro di cacao qui diventa un vantaggio perché, con l’estrat to secco di cacao, conferisce maggiore stabilità all’insieme. Una struttura più solida consente infatti di montare il composto in planetaria e il cremoso risulta quindi molto
soffice, né troppo dolce né troppo amaro, e molto gradevole al palato.
Il cacao è ottimo nei prodotti cotti, quindi negli impasti di cake, frolle, masse monta te… Si utilizza tal quale, a crudo, solo in dolci come il tiramisù, dove viene spolverato sulla superficie. Nelle creme, è meglio optare per una buona copertura
Essendo senza lattosio, con il biscotto morbido alla nocciola è possibile realizzare dei mini cake in stampi di silicone. La mede sima ricetta è perfetta anche per versioni al pistacchio o alle arachidi salate: basta sostituire la pasta nocciola in ricetta e il gioco è fatto!
UN ENIGMA mai domito
Giornate speciali a Barcellona, sulle orme di Gaudì, Mirò, Picasso e Albert Adrià. Complice una giovane talentuosa italiana che qui sta imparando e infondendo energia, in un dare e ricevere che la rende sorridente e capace di sopportare una notevole mole di lavoro
Dopo 14 anni dalla nostra indimenticabile cena a elBulli di Cala Montjoi, Roses, abbiamo il piacere di immergerci in Enigma, la cre atura sperimentale di Albert Adrià che anima non solo il panorama gastronomico, sempre frizzante, di Barcellona, ma contamina anche il pensiero internazionale. Riaperta in giugno con un format innovativo, adesso ha già un nuovo volto, in un’ennesima rivoluzione.
GENESI DELL’ENIGMA
Nel gennaio 2011, lo stesso anno in cui chiude elBulli, a Barcellona Albert fonda il 41º, dialogo fra cocktail e snack, che poi si trasforma in esperienza gastronomica, ovvero 41º Experience. A novembre 2013, con un team di 19 persone per 16 commensali, conquista la stella Michelin, andandosi a piazzare fra i migliori 100 ristoranti del mondo per “Restaurant Magazine”. In agosto 2014 Adrià decide di chiudere e lo spazio viene assorbito da Tickets e si trasforma in Dolça, dedicato ai dolci, mentre il futuro del 41° dovrà aspettare 3 anni per tornare realtà. Nel gennaio 2017, dopo quasi un anno e mezzo di lavori, Enigma apre nella stessa zona della città: un luogo etereo su oltre 700 m2, per raccontare un nuovo modo di sperimentare il cibo. Però, causa
pandemia, da marzo 2020 tutto si blocca fino a giugno 2022, quando il locale rinasce uguale nell’ambientazione ma, dopo mesi di studio, to talmente diverso nella proposta. Una cucina ai massimi livelli, nel nome della versatilità e della stagionalità, esaltando i 30 anni di esperienza di Albert, sempre presente accanto ai 23 della sua brigata, oltre alle 15 persone in sala. Qui il menu degustazione non esiste più, così come il concetto di fine dining.
L’ESPERIENZA IN PRIMA PERSONA
In Sepulveda 38-40 a Barcellona, il locale si presenta con un’esteti ca rigorosa e minimale, data dal grigio della pietra delle pareti, dal ferro dell’arredamento, dal vetro dei divisori che creano i vari spazi e dal soffitto 3D, che ricorda delle nubi. Noi ci siamo immersi in questo mondo parallelo in estate, prima dell’ennesima trasformazione dell’au tunno. A pranzo la proposta era à la carte, con più possibilità di scelta, mentre dalle 17 in poi cambiavano le luci, con dj set, per sorseggiare cocktail insieme a piccoli piatti. Noi ci siamo dilettati con tante piccole opere d’arte, come raccontato dalle immagini di questo articolo, focalizzandoci inevitabilmente sul menù dei dolci, anche questi da
50 ANNI di naturalità
50 anni coltivati con la pazienza del rispettare i tempi biologici di ma turazione della frutta e del non forzare le lavorazioni, attendendo che i processi avvengano in maniera naturale.
50 anni vissuti assieme alle abili maestranze che curano ogni fase di lavorazione, in abbinata con la tecnologia che ottimizza e garantisce l’aspetto igienico-sanitario, alleggerendo l’impatto dei processi sul prodotto finito.
50 anni celebrati con la forza della gentilezza: nessuna forzatura aro matica, nessuno stravolgimento del prodotto iniziale, per assecondare la natura e offrirla a pasticcieri, gelatieri, cuochi e golosi.
50 anni festeggiati in questo 2022: nell’aprile 1972 Cesare Bardini im presse la propria visione di eccellenza in un piccolo opificio artigianale di frutta candita a Roccavione, in provincia di Cuneo, trasferendolo poi nelle vicinanze, nell’attuale sito in Borgo San Dalmazzo. E così Eurocanditi diventa Agrimontana e al marrone candito, il prodotto simbolo, si affianca il cubetto candito d’arancia, per poi, dal 1975, aprirsi ad altre tipologie di frutta, con la produzione di marmellate e
Da mezzo secolo Agrimontana investe in trasparenza e accessibilità, nel nome dell’etichetta pulita, della sostenibilità e della bontà naturaleI festeggiamenti per i 50 anni alla cena di gala presso il ristorante Carlo Magno di Colle Beato, Bs. Da sinistra Enrico Bardini, Chiara Bardini, Stefano Cerveni, Livia Chiriotti, Alessandro Dalmasso, Massimo Pica e Luigi Bardini.
LA SPINTA al superamento di sé
A 31 anni e dotato di un carattere sincero e concreto, Julien Dechenaud somma la capacità imprenditoriale all’abilità gestionale e all’e stro creativo, il tutto al servizio del cioccolato. Il suo motto è coniugare l’alta qualità delle materie prime a prezzi relativamente accessibli, affinché il lusso al quale si ispira possa toccare un pubblico esigente ma largo. Egli è un palato della regione lionese, avvezzo alle tavole di pregio ed osservatore delle arti, che applica i criteri del lusso francese al cioccolato e che rappresenta sulla scena parigina, che alcuni con siderano già satura di offerta, una realtà di indubbio interesse.
Julien, come ha intrapreso la professione di cioccolatiere?
Sono originario della regione di Lione e cresciuto in campagna. Mio padre era cioccolatiere e pasticciere, vicino a Lione e alle Halles Paul Bocuse (il mercato coperto nel centro di Lione che accoglie della città, ndr) con Dechenaud, da lui fondata all’età di 45 anni, perché in precedenza lavorava presso la pastic ceria di Henri Bouillet, nel quartiere della Croix-Rous se. Possiamo dire che, in famiglia, già da tempo si coltivava un certo savo nel settore della gastronomia, poiché mio nonno era titolare di una salumeria e la zia di mio padre ge stiva un ristorante.
È a Lione che ha studiato?
Sì, ma non ero molto portato
per gli studi, così ho tentato di imparare vari mestieri, dalla meccani ca all’idraulica, ma non mi sono piaciuti e ho scelto di intraprendere la professione paterna. È vero che, all’inizio, la consideravo troppo impegnativa, ma a 15 anni ho conseguito un CAP di pasticceria e la mia formazione pratica si è svolta presso un collega di mio padre sempre a Lione, Romaric Boilley della pasticceria Délice des Sens. Vi ho trascorso 2 anni e grazie a lui ho scoperto il cioccolato: è stato allora che ho deciso di specializzarmi, perché mi è parsa una materia prima attraente, che consente di applicare svariate tecniche e che permette orari di lavoro più normali e regolari. Avevo trovato il giusto compromesso con le mie esigenze!
Ci sono altri aspetti del cioccolato che le sono sembrati interes santi?
Ho pensato da subito che fosse una tipologia di prodotto grazie alla quale ci si può accostare al mondo del lusso, ai codici di questo settore, definendosi in un ambito commerciale che non conosce crisi. Questo tipo di posizionamento, quindi, diventa molto interessante per un imprenditore e un artigiano.
Il suo percorso è segnato da esperienze prestigiose, vero?
Sempre mantenendo questa visione, ho integrato dapprima la squadra di Jean-Paul Hévin per 3 anni e, parallelamente, ho seguito i corsi alla IMT di Grenoble, scuola di pasticceria e cioccolateria, a mio parere, superiore alla media dal punto di vista tecnico ai fini di una formazione più completa, con insegnanti molto coinvolti nel processo di trasmissione e di accompagnamento.
Ci dà un esempio di questo approccio di insegnamento?
A Grenoble, per esempio, si studiano anche la tecnologia e la chimi ca, si impara quali zuccheri utilizzare, si capisce come equilibrare una ganache o un pralinato… mentre in altre scuole questi sono argomen ti poco o per nulla affrontati. Ho constatato nel mio stesso laboratorio che i giovani che escono dalla scuola di Grenoble hanno una marcia in più.
Qual era il suo ruolo nella squadra di Jean-Paul Hévin?
Nel 2008 ho lavorato in ricerca e sviluppo: nel laboratorio di Colombes
una larghezza di 53 cm. Tagliare delle strisce da 0,5 cm e disporle sul foglio di pasta sottile (5,5 x 53 cm, spessore di 1 mm).
Per ottenere i fondi in pasta brioche sfogliata, stendere la pasta dandovi 3 pieghe, ricavare dei tondi da 16 cm, utilizzando l’apposito strumento, e spennellarli con l’uovo, in modo che aderiscano bene ai bordi laterali delle cornici. Cospargere i fondi con del riso per la cottura: prima in bianco a 155°C per 18 minuti, nelle apposite cornici, e poi altri 6 minuti, dopo averle rimosse. Una volta cotti e tolto il riso, spennellarne la superficie con l’uovo e cuocere altri due minuti per impermeabilizzare la pasta.
Per ogni flan prevedere 100 g di ganache al cioccolato e 550 g di crema per flan. Inserire la farcitura e cuocere per altri 25 minuti a 175°C.
Consigli
• Verificare la cottura della crema, affinché abbia la giusta consistenza.
• La sfoglia deve avere il giusto grado di croccantezza, in modo che contrasti con la consistenza della crema.
RACCONTARE il Roero nel mondo
I fratelli Giuseppe e Francesco D’Errico animano le cucine de La Madernassa, esaltando il cibo come forma di linguaggio, bisogno e consapevolezza legata agli ingredienti, fra sensorialità sostenibile ed etica
È sulle alture di Guarene, Cn, che si trova il relais di charme che, al mondo, aiuta a raccontare il Roero (territorio piemontese, nella parte nord-orientale della provincia di Cuneo, che con le vicine Langhe e il Monferrato è inserito nella lista dei beni UNESCO del Patrimonio dell’U manità). Qualche suite, 15mila metri di giardino (una buona parte è dedicata a orto), una piscina e un ristorante con una stella Michelin: questa è La Madernassa, faro gastronomico della zona. A guidarlo ci sono Fabrizio Ventura insieme a Ivan Delpiano, mentre in cucina da alcuni mesi è arrivato uno chef italiano (partenopeo per la precisione) dallo spirito e dall’animo francese. Anni in una della maison più importanti al mondo gli hanno consentito di affinare quella tecnica e quel modo di pensare capaci di restare legati alla tradizio ne, avendo percorso passi da gigante nell’esecuzione di ogni piatto. Lui è Giuseppe D’Errico, classe 1987: dopo gli studi in Alma approda in Francia per 6 anni a fianco di Michel Troisgros, il suo vero mentore. Cresce al suo fianco come sous chef, dove scansiona sensorialità sostenibile e percezione etica del gusto. Il percorso intrapreso, tra
cibo come forma di linguaggio, studio del piacere come bisogno e consapevolezza legata agli ingredienti, lo porta alla stella Michelin nel 2018, come executive chef dell’Ornellaia di Zurigo e ai 17/20 punti del Gault-Millau. Poi, sul finire del 2021, l’incontro con la proprietà de La Madernassa, che sancisce il ritorno in Italia. Al suo fianco c’è il fratello Francesco, classe 1988, che dopo i percorsi in Alma prosegue presso la Maison Decoret a Vichy del Mof Jacques Decoret, dove trascorre 5 anni, da commis fino a chef di cucina. Nel medesimo ristorante, con l’aiuto dello chef, si allena per partecipare al concorso Mof (Meilleurs Ouvriers de France), fino ad arrivare in semifinale e ci sarà lui tra i can didati delle selezioni italiane del Bocuse d’Or 2023.
I fratelli D’Errico indagano attraverso lo sguardo dei sensi e del cuore temi di ecologia etico-gastronomica, per costruire un nuovo rapporto fra gli ecosistemi di cui essi fanno parte, declinando un pensiero critico attraverso nuove produzioni di piatti, in cui sostenibile è comprendere le conseguenze che possono derivare dalle scelte compiute, interfac ciandosi con la sfera economica, il loro impatto sulla sfera ambientale
SAPER FARE e saper amare
Dai pranzi domenicali in famiglia, con i piatti pugliesi di mamma e nonna, al ruolo di sous chef nella cucina del Carlo Magno: parliamo di Marco Rizzo, oggi al fianco Beppe Maffioli, patron del ristorante di Collebeato
Abbiamo avuto il piacere di incontrare Marco Rizzo alla Cast Alimenti, in occa sione dello shooting fotografico allestito per questa rubrica in collaborazione con Debic Per lui si è trattato di un felice ritorno nella scuola di formazione di Brescia: a fine 2020 il giovane cuoco salentino vi aveva infatti assunto l’incarico di Responsabile Organizza tivo delle Produzioni Alimentari (R.O.P.A.), un percorso della durata di un anno che dà la possibilità di partecipare gratuitamente (tutte le spese sono coperte da una borsa di studio corrisposta da Cast) alle lezioni, sia pratiche che teoriche, assistendo i docenti in tutto ciò che occorre per svolgere l’attività didattica, dall’allestimento dell’aula alla dispensa, dall’elaborazione della lista della spesa alla preparazione degli ingredienti. Il percorso di R.O.P.A. è indicato per chi vuole capire come si gestisce un’attività in ambito alimen tare, anche in prospettiva di avviarne una “in proprio”, progetto che Marco si prefigge per il futuro. Per conoscerlo meglio, però, faccia mo insieme a lui un tuffo nel suo passato.
Formazione e prime esperienze “Da noi si usa pranzare la domenica tutti insieme in famiglia – racconta il ventottenne originario di Martano, Le –. Fin da bambino amavo osservare mia mamma e mia nonna intente a preparare i piatti della tradizione, la pasta fatta in casa, il pane, le verdure che mio papà coltiva tuttora nel suo campo... La mia passione per la cucina nasce così. Ho quindi intrapreso gli studi all’Istituto Alber ghiero di Otranto, dove mi sono diplomato. Intorno ai 14 anni ho iniziato a lavorare nei piccoli ristoranti della zona durante la stagione estiva, prima come aiutante piz zaiolo, poi in cucina come commis. Con la
scuola ho fatto uno stage in Irlanda, all’Hotel Ballsbridge, a Dublino, dove in seguito sono tornato a lavorare per un anno. Dopo questa esperienza sono voluto tornare in Italia per approfondire la conoscenza della cucina del Sud Italia, caratterizzata da piatti molto più complessi rispetto a quella estera”. Tra i vari ristoranti dove approda negli anni successivi, egli cita in particolare Il Vecchio Molo a San Foca, Le, sotto la guida dello chef Davide Rollo, dal quale impara molto, soprattutto sulla lavorazione del pesce, prodotto che ama tantissimo. “È stato lì che ho iniziato a pensare di frequentare il corso di R.O.P.A. alla Cast Alimenti, perché volevo formarmi a 360 gradi su tutti gli aspetti della cucina, compre si dolci e pane, e capire cosa significa gestire una brigata. Mi è stato molto utile perché mi ha dato la possibilità di seguire tutti i corsi in maniera attiva e completa. Dopo 4 mesi mi è stato affidato l’incarico di capo borsista con la responsabilità, insieme ad altri 2 colleghi, di organizzare il lavoro degli altri borsisti, un team composto da circa 20 giovani appas sionati come me”.
Una crescita sulla spinta della passione Durante un corso avviene l’incontro con lo chef Beppe Maffioli, che prende Marco a lavorare con sé al ristorante Carlo Magno di
Collebeato, Bs, da febbraio di quest’anno. “Con lui ho instaurato subito un ottimo rap porto di fiducia – sottolinea –. È una persona molto umana, sa dare tanto senza nascon dere nulla, anzi, è incline a insegnare ai colla boratori tutti i passaggi e a trasmettere la sua conoscenza, oltre all’amore e alla passione in cucina. Grazie a lui sono cresciuto dal pun to di vista professionale, tanto che dopo soli 8 mesi sono stato promosso a sous chef. Della sua cucina mi piace lo stile molto semplice, senza lavorazioni complesse. Mi interessava comprendere come faceva, pur con tale semplicità, a ottenere risultati così eccellenti. Alla fine ho capito che non si tratta di ingre dienti segreti, trucchi o altro, ma di amore e passione per quello che si fa”.
L’ingrediente principale: la condivisione delle idee
La brigata del Carlo Magno è composta da persone provenienti da tutto il mondo, dall’Indonesia al Perù (a tale proposito si veda l’intervista a Teresa Sanchez, sul n 338) e si intrecciano diverse culture culinarie. “C’è confronto, ognuno espone la propria idea, è molto istruttivo. Tra di noi, poi, nascono scherzosamente delle sfide ed è stimolante per creare nuovi piatti. Appena abbiamo qualche minuto libero in cucina, infatti,
Sto imparando i piccoli passaggi e pian piano li sto incastrando uno sull’altro. Mi piace essere perfezionista. A volte noi giovani crediamo di sapere già tutto, ma il solo saper fare non basta, bisogna riuscire a trasferire nei piatti la passione e l’amore per quello che si fa
FUTURO (IN)C ERTO
Denise Giampà nasce a Bra, Cn, 33 anni fa. Compie gli studi universitari presso la facoltà di Ingegneria Edile al Politecnico di Torino e si laurea nel 2014. Inizia presto a lavorare in svariati studi professionali di diverse città, anche fuori dal Piemonte, ma non riesce a trovare una propria dimensione professionale. Si rende via via conto che, “in poche parole, odiavo il lavoro che stavo facendo. Passare le giornate davanti al pc era per me alienante e alla fine inconcludente!”. Così, dopo 3 anni, decide di mollare un lavo ro stabile e ben retribuito e di seguire la sua grande passione: la pasticceria. E come è andata? Denise ha appena inaugurato la sua attività, proprio nella città dove è nata.
Poi sei diventata imprenditrice in un momento storico in cui le certezze sono cambiate e la domanda si è modificata: come percepisci tutto ciò?
Con paura, grandissima paura! Non nego che, tante volte, ho pensato di aver fatto una pazzia nei mesi della ristrutturazione. Ma, con fermezza, ho cercato di scacciare i pensieri negativi e di tirare dritto per la mia strada. Il progetto era già disegnato nella mia testa da anni e quindi dovevo portarlo a termine a tutti i costi. Grazie anche alle per sone che mi stanno vicino tutti i giorni, sono arrivata alla fine dei lavori e il 17 settembre abbiamo inaugurato la pasticceria, otte nendo da subito riscontri molto positivi! Nei prossimi mesi prenderanno forma uno shop online e un servizio di consegna a domicilio, in modo da essere quanto più possibile dispo nibili verso la clientela.
Lavoro autonomo vs lavoro da dipendente: qual è la tua esperienza?
Denise, quali sono state le tappe che ti hanno condotta sino a Giamp Pasticceria?
Nel 2017 mi sono iscritta al Corso di Pastic ceria di Alma - La Scuola Internazionale di Cucina Italiana, da dove sono uscita dopo 9 mesi incredibilmente cambiata. Avevo trovato la dimensione ideale e il lavoro della mia vita! Da lì è iniziato il mio percorso. Ho avuto la fortuna di lavorare a fianco di un grande come Luca Mannori, a Prato, e in seguito nella brigata dello chef Pasquale Laera, presso il ristorante La Rei de il Bosca reto Resort & SPA, a Serralunga d’Alba, Cn. Ho quindi trascorso 3 anni in un laboratorio di pasticceria nel Roero, dove ho avuto la pos sibilità di crescere e sperimentare, e l’espe rienza è terminata nel luglio di quest’anno. A marzo avevo già iniziato a lavorare al mio
nuovo progetto, alla realizzazione del mio grande sogno: l’apertura di una mia pastic ceria nella mia città.
Facciamo un passo indietro: come hai vissuto il periodo della pandemia e delle chiusure?
Per me è stata una grande opportunità. Durante i mesi di lockdown ero in cassa inte grazione e così ho incominciato a postare le prime ricette sul mio profilo personale, rice vendo un discreto riscontro. Poi la pagina è cresciuta e ho iniziato a credere ogni giorno di più nel mio progetto. Durante i mesi chiusa in casa ho avuto modo di mettere su carta tutto ciò che avevo in mente: dall’estetica del locale ai dolci, alle ricette… cosa che non avrei potuto fare se avessi continuato a lavorare.
Sono nuova nel mondo del lavoro auto nomo. Ho sempre fatto la dipendente, ma ho avuto la possibilità di capire, negli anni, come funziona a grandi linee, perché mia madre fa la commerciante da decenni. Viverlo sulla propria pelle è un’altra cosa e, a tratti, è complesso, ma non mi aspettavo nulla di diverso da ciò che sto vivendo. Sono necessari un grande senso di responsabilità e grandi doti organizzative e di gestione. Inoltre è obbligatorio, a mio parere, esercitare la capacità di mediare con i collaboratori (tre, di cui due in laboratorio e uno al banco) e con la clientela.
Raccontaci dei tuo locale e dei tuoi prodotti.
Ci troviamo a Bra, in via Giuseppe Verdi 17, e il locale è moderno: la pasticceria contemporanea la fa da padrona, ma senza
LA SCATOLA DELLE MERAVIGLIE
Trascorso Natale come vestire al meglio gli ultimi doni pasticcieri dell’anno? Seguendo le indicazioni in fatto di tendenze, stili, colori e materiali consigliati da Maria Teresa Pelosi. Ed è sempre festa
Sta per chiudersi il 2022. Dopo aver presentato nel numero scorso le tendenze delle scenografie dell’autunno e del Natale per interni e vetrine, caratterizzate da un mood gioiello sfarzoso, ecco cosa Maria Teresa Pelosi ha preparato per le feste di fine dicembre e l’inizio di gennaio. Scopriamo con lei un alternarsi di tendenze, di elementi preziosi, di luci e atmosfere di stagione, che scaldano gli ambienti e connotano con brio le idee innovative di presentazione dei doni per le occasioni di incontro e i festeggiamenti.
Preludio di primavera
Protagoniste sono le confezioni studiate in tutte le dimensioni per mettere in risalto il contenuto dolce o salato. I concetti-chiave di una prima tendenza sono la luce, i colori e la brillantezza dei materiali. Per questo trend l’oro e l’argento si stempe rano e lasciano spazio a carte candide con decori tono su tono e a nastri con tocchi pastellati oro platino, argento, rosa e bordeaux glitterati, che fanno pensare ai decori di ghiaccio della stagione in corso, ma anche alla freschezza di raggi luminosi di un anticipo di primavera. Per non dimenticare che siamo a ridosso di San Silvestro, la nostra esperta introduce nei fiocchi dei pacchetti dei mazzetti di piume, elemento fashion che attribuisce al dono una nota ulteriore di allegria, in vista del veglione. Per accentuare il concetto di inverno che “chiama” la nuova stagione, ecco che Pelosi presenta una carta che lega ancora più chiaramente il Natale con i mesi a venire: l’agrifoglio su un fondo bianco funge da raccordo fra i due periodi, mentre i nastri colorati ne riprendono i toni.
Pensati per lei
Tra le nuove proposte spiccano due confezioni destinate a contenere eccellenze pasticcere o confettiere e anche gioielli di nome e di fatto o altri doni di pregio. Questo per il tipo di contenitore, piccolo o medio, per l’attenzione ai dettagli e la finezza del pacchetto regalo. La scatola cilindrica si presta per una mini-collezione di praline, una mono gioiello o un lievitato limited edition La confezione più allungata diventa un invito a una degustazione di nuove e più ampie linee di prodotti esclusivi in caso di compleanni, anniversari, festeggiamenti speciali.
MATRIMONIO d’inverno
Negli ultimi tempi molti rivelano una predilezione per la stagione invernale quale periodo dell’anno in cui fissare la data del matrimonio. In tal caso la torta, il bouquet e i vari elementi decorativi devono non solo rispettare il tema scelto ma, soprattutto, riflettere la stagione in cui avviene la cerimonia, trasmettendo sapori, colori e sensazioni che essa sprigiona, dai paesaggi ricoperti di neve candida al ghiaccio luccicante sui rami degli alberi, sino al profumo di cannella e cioccolata. Per il dolce nuziale, il mio consiglio è di scegliere le tinte neutre classiche dell’inverno, con tocchi di colore che richiamano il rosso delle bacche o il verde del muschio, e con sfumature che spaziano dal grigio al marrone. La farcitura è di primaria importanza quanto la decorazione: in inverno c’è l’opportunità di utilizzare sapori più pieni e più ricchi, anche tralasciando la tradizione che solitamente rende protagonisti elementi come la crema diplomatica e i frutti di bosco. Si può optare per farciture con caramello, per cioccolati aromatizzati all’arancia, per i toni decisi di spezie come zenzero e cannella… Ma vediamo qualche esempio di come declinare gli accenti invernali.
TORTA ELEGANTE
Se scegliamo un’impostazione classica, la torta può essere ricoperta in pasta di zucchero bianca e decorata utilizzando meravigliosi fiori su tono, spaziando tra calle, tulipani, gigli, camelie e rose bianche, realizzati con più tipi di pastigliaggio e paste di zucchero. A questi possiamo accosta re perle in isomalto, nastri glitterati, cascate di fiocchi di neve ricreati in zucchero dall’effetto cristallo, aggiungendo magari una spolverata d’argento per esaltare l’effetto scintillante. Qui in foto appare la torta White Velvet, che ho ideato per un matrimonio svoltosi a Bolgheri - Castagneto Carducci, nel livornese, luogo di grande valore poetico. Era composta su una struttura di 8 alzate, con vari dettagli che definivano ogni singola torta – dalle iniziali stampate in oro alle decorazioni in pastigliaggio –, a base di pan di Spagna alle mandorle, crema pasticcera alla vaniglia, crema al cioccolato fondente 60%, bagna alcolica all’a rancia e ganache montata di cioccolato bianco nella parte esterna, dove ho ricreato l’effetto velluto bianco. Volevo ottenere un elaborato di
DAL MONDO della ricerca scientifica
LA BIOPLASTICA CHE DERIVA DALLO SCARTO DELLA RICOTTA
Un gruppo di ricercatori italiani provenienti dall’Università di Bari Aldo Moro, dall’Enea e dalla società EggPlant ha messo a punto un sistema per sfruttare i sottoprodotti dell’in dustria casearia per ottenere una plastica biodegradabile (PHA, poliidrossialcanoati) sintetizzata da batteri. Nello specifico, è stato impiegato il microrganismo Haloferax mediterranei, in grado di sintetizzare PHA a partire dal siero di scarto della produzione di ricotta, uno dei sottoprodotti più abbondanti dell’industria agroalimentare. Il siero è stato sottoposto a ultrafiltrazione e nanofiltrazione in modo da ricavarne frazioni ricche di pro teine e lattosio. Quest’ultimo è uno zucchero che il microrganismo non riesce a utilizzare direttamente, perciò è stato prima scisso nei due monosaccaridi che lo compongono (glucosio e galattosio) mediante trattamen to enzimatico. Il procedimento è piuttosto elaborato, ma i risultati sono soddisfacenti e hanno permesso di recuperare un quantitati vo di polimero superiore a 1 g/litro. Il processo è stato testato in condizioni di laboratorio, tuttavia i ricercatori ritengono possibile la sua implementazione su grande scala, con un duplice vantaggio: l’ottenimento di una pla stica biodegradabile e la riduzione dell’im patto economico e ambientale legato allo smaltimento di siero esausto di ricotta. (Rif.: Raho S. et al., Production of the Polyhy droxyalkanoate PHBV from Ricotta Cheese Exhausted Whey by Haloferax mediterranei Fermentation, Foods 2020, 9, 1459)
TRATTAMENTI ALTERNATIVI
PIÙ VANTAGGIOSI
Il progetto iNOBox condotto da più enti di ricerca coordinati da Nofima (Norvegia) ha indagato su alcune tecnologie innovative per il settore alimentare al fine di valutarne i possibili vantaggi, anche sul piano della sostenibilità ambientale, rispetto alle tecno logie tradizionali. Le tecnologie studiate sono microonde, alte pressioni, campi elettrici pulsati, ultrasuoni, luce UV e acqua attivata al plasma, accomunate dalla caratteri stica di agire rapidamente e con delicatezza sugli alimenti. Il progetto, partito nel 2018 e
conclusosi a settembre di quest’anno, ha portato a risultati positivi: ad esempio, le uova sgusciate (tuorlo+albume) trattate con alte pressioni hanno acquisito una shelf life più lunga, maggiore capacità schiumoge na e migliori proprietà emulsionanti rispetto al trattamento termico convenzionale. Gli ultrasuoni si sono dimostrati utili come pre trattamento, per rendere più rapidi (e quindi anche più vantaggiosi in termini di tempo ed energia consumata) altri processi successivi, come congelamento e scongelamento. L’acqua attivata al plasma è una tecnolo gia in fase di sviluppo, non ancora presente nell’industria alimentare. Si tratta di acqua che, grazie all’elettricità, si arricchisce di composti dell’ossigeno e dell’azoto presenti nell’aria, acquisendo proprietà particolari. Gli scienziati hanno evidenziato effetti batteri cidi differenti a seconda della provenienza dell’acqua di partenza. Su innovativefoodprocessing.no sono riportati i risultati delle ricerche e gli approfondimenti su ciascuna tecnologia.
DOLCIFICANTI:
BENEFICI PER UOMO E AMBIENTE
Non sono una novità, anzi, in molti casi si tratta di sostanze in uso da decenni e con un nutrito corredo di studi. Tuttavia i dolcificanti sono costantemente oggetto di nuovi lavori di ricerca i cui esiti, talvolta, sollevano ombre circa i loro riflessi sulla salute. Ad esempio, secondo alcuni studi sembra che influenzino negativamente il microbiota intestinale e, pa radossalmente, aumentino il rischio di svilup pare insulino-resistenza. Il progetto europeo quinquennale Sweet (sweetproject.eu), che si concluderà a settembre 2023, si prefigge di fare chiarezza su rischi e benefici derivanti dall’assunzione di dolcificanti. Guidato dalle Università di Liverpool e Copenaghen, vi collaborano 29 partner tra enti di ricerca, as sociazioni di consumatori e aziende che, con un approccio multidisciplinare, stanno esami nando le conseguenze che una sostituzione prolungata dello zucchero con dolcificanti determinano su controllo del peso, appeti to e introito calorico, considerando anche ulteriori aspetti finora poco indagati, come la sostenibilità ambientale del processo produttivo. Quest’ultimo aspetto coinvolge alcune aziende produttrici di dolcificanti, presso le quali sono stati avviati studi del ciclo di vita (LCA, life Cycle Assessment) per stima re e quantificare il loro impatto ambientale.
SOSTENIBILITÀ come ridurre gli sprechi alimentari
Da una programmazione attenta all’impiego delle tecnologie, dalla donazione delle eccedenze alla valorizzazione degli scarti: tutte le strategie per sprecare meno cibo possibile
Ogni anno il 17% della totalità di cibo prodot to a livello globale viene sprecato. Si tratta di un quantitativo enorme, equivalente a 1 miliardo di tonnellate, delle quali più della metà (61%) deriva dall’ambito domestico, il 26% dal settore della ristorazione e il 13% dal canale retail. Sebbene le stime includano anche le parti non commestibili, i quantitativi sono considerevoli e il loro impatto sull’am biente non è affatto trascurabile, conside rando che per produrre cibo occorrono terreni, acqua, energia e fertilizzanti. È stato infatti calcolato che le perdite di cibo sono responsabili del 6% delle emissioni gas serra totali nel mondo (la produzione nel suo insie me pesa per il 26%).
Facciamo un po’ di chiarezza terminologica: si considerano perdite di cibo (food losses) gli alimenti che non giungono neppure alla distribuzione, ma che si perdono nelle fasi iniziali della filiera (agricoltura, allevamento, pesca), mentre si parla di spreco di cibo (food waste) quando le perdite si ve rificano nelle ultime due fasi del percorso, ossia distribuzione e ambien te di consumo. Questo secondo fenomeno riguarda principalmente i Paesi a medio e alto reddito come il nostro. La riduzione degli sprechi di cibo nel loro insieme è uno degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) che le 193 nazioni dell’ONU si sono impegnati a raggiungere entro il 2030. Nello specifico, l’obiettivo 12.3 mira ad abbattere gli sprechi alimentari del 50% entro il 2030 a livello di rivenditori e consumatori, oltre a ridurre le perdite lungo le filiere di produzione e approvvigiona mento. Un impegno che coinvolge proprio tutti.
LA PREVENZIONE INNANZITUTTO
Il dibattito in tema di food waste in genere si focalizza sul recupero delle eccedenze e sul riciclo degli scarti (aspetti su cui ci soffermiamo di seguito), tuttavia nella gerarchia delle possibili strategie per affrontare il problema è l’aspet to della prevenzione a meritare il primo posto. Le azioni di prevenzione dei rifiuti alimentari possono essere attuate in tutte le fasi, a partire dall’approvvigionamento delle materie prime. Ad esempio, il passaggio da filiere alimentari lunghe e globali a filiere corte e locali è indicato dalla FAO tra le buone pratiche finora identificate per prevenire eccedenze alimentari e sprechi. Alcuni studi hanno infatti evidenziato che le filiere corte, biologiche e locali abbat tono i livelli di perdite in tutte le fasi precedenti al consumo finale fino a solo il 5%. La ragione risiede soprattutto nel fatto che le reti alimentari di piccola scala riducono le intermediazioni, le eccedenze e il verificarsi degli sprechi. Nella gestione dello stoccaggio in magazzino, poi, bisogna prestare attenzione alla rotazione merci, rispettando il principio FIFO (First In First Out): la merce introdotta prima sarà anche la prima a essere utilizzata. La digitalizzazione del processo aiuta a tenere tutto sotto controllo.
È inoltre essenziale includere l’aspetto della prevenzione degli sprechi nella progettazione e programmazione delle lavorazioni, ottimizzan do la produzione in modo da impiegare con la massima efficienza le materie prime, senza avanzare ingredienti deperibili. Anche produrre su ordinazione può rappresentare una strategia utile in alcuni casi. L’impiego delle tecnologie, infine, è di grande aiuto. Ci riferiamo a sistemi digitali in grado di monitorare gli sprechi, ma soprattutto alle tecnologie tradizionalmente impiegate nel settore alimentare, quali refrigerazione, congelamento, cottura (ad esempio di scarti di frutta per farne composte), disidratazione e confezionamento (in atmosfera protettiva o sottovuoto, con imballaggi attivi…). Se vi sembra un controsenso parlare di imballaggi quando la finalità è migliorare la sostenibili tà, tenete presente che l’impatto ambien tale del packaging è da 20 a 200 volte inferiore a quello del prodotto alimentare contenuto. Un imballaggio più performante è in grado di prolungare la shelf life degli alimenti e, quindi, ridurre le perdite di cibo, addirittura portando, di conseguenza, ad una riduzione dell’impatto ambientale del prodotto confezionato. Bisogna però sotto lineare che non esiste il packaging perfetto in assoluto, ma la scelta della soluzione
Da mesi sono blindati negli allenamenti, vivendo 24 ore su 24 in simbiosi. Alessandro Petito, Martina Brachetti e Jacopo Zorzi sono i tre professionisti che rappresenteranno l’Italia al più importante concorso mondiale
OBIETTIVO Coupe du Monde
Da luglio sono immersi a tempo pieno negli allenamenti più impegnativi e sfidanti del settore. Alessandro Petito, Martina Brachetti e Jacopo Zorzi sono i tre professionisti che, dopo la selezione avvenuta la scorsa primavera, rappresenteranno l’Italia alla Coupe du Monde de la Pâtiss erie, il 20 e 21 gennaio 2023 al Sirha di Lione, Francia. Con grande determinazione e spirito di sacrificio, i tre stanno affrontando un percorso reso ancora più stimolante e ambizioso dalla vittoria dell’I talia alla scorsa edizione, tenutasi a settembre nel 2021. Un percorso molto impegnativo e in piena full immersion, presso la sede ufficiale degli allenamenti, la Cast Alimenti di Brescia, sede del Club Italia. Incontriamo il trio proprio nel loro bunker “segreto”, ovvero un’aula allestita per questo specifico training, dove si sviluppano tutti i progetti e dove avvengono test ed evoluzioni. Segreto perché ogni idea e ogni ricetta devono rimanere nascoste fino al momento della gara per non svelare gli assi nella manica. Noi vi abbiamo accesso essendo fra i fondatori del Club Italia, nato nel 2001, conoscendo bene le regole del gioco e amando raccontarle, edizione dopo edizione. Con l’appassionata e ponderata regia del presidente, Alessandro Dalmasso (nella foto in basso, a sinistra), che ha proposto di nominare un nuovo direttore tecnico, che avrà l’onore di essere il giurato italiano per la finale, il Club ha approvato la nomina di Emmanuele Forcone (nella foto di destra) a coordinare gli allenamenti, così da abbracciare i tre concorrenti durante questi mesi, insieme agli altri campioni del mondo, ovvero Francesco Boccia, Fabrizio Donatone (vincitori nel 2015), Lorenzo Puca, Andrea Restuccia e Massimo Pica (vincitori nel 2021), con il coordinamento del presidente del Club stesso.
Noi
per
Voi
Brillante direttore di SigepGiovani, formatore e divulgatore, Samuele Calzari risponde ai vostri dubbi e quesiti
4.0
Buongiorno, quali sono i principali metodi per la realizzazione del plum cake e quali sono le differenti caratteristiche? Buongiorno a lei, ha detto bene. Quando si parla di plum cake e di masse montate al burro, possiamo scegliere più tecniche di lavorazione, che vi riassumo. Metodo montato
Il più diffuso, conferisce al prodotto finito una struttura friabile e scioglievole al palato. Si inizia con il montare il burro a temperatura ambiente insieme allo zucchero, si prosegue alternando le uova con una parte di amidi e si termina con l’ultima parte di amidi. Anche le uova devono essere ad una temperatura di circa 20/25°C, per favorire l’incorporazione dell’aria. Se venissero inserite fredde, appena tolte dal frigorifero, “bloccherebbero” la parte grassa, che si ricompatterebbe. Questo metodo però non consente la standardizzazione del risultato, in quanto le variabili in gioco sono mol teplici, dalla tipologia di materia grassa utilizzata al macchinario usato per il montaggio, fino ai quantitativi previsti a seconda della ricettazione, che potrebbero comportare modifiche dei tempi di lavorazione.
Metodo miscelato
Il più semplice e standardizzabile. Conferisce al prodotto una struttura elastica, ma necessita dell’uso di agenti lievitanti. Si procede miscelando insieme gli ingredienti liquidi da una parte e i solidi dall’altra, per poi unire i due composti. Gli agenti lievitanti servono per la produzione di CO2 , che permette lo sviluppo, e si possono impiegare:
• bicarbonato di sodio, per una produzione lenta di anidride carbonica, adatto ad impasti leggermente acidi;
• baking, formato da una componente alcalina (di solito bicarbonato) e da una componente acida;
• bicarbonato di ammonio, da utilizzare non tanto per i cake quanto per prodotti di biscotteria o comunque con scarsa umidità.
Metodo bignè
Permette il maggiore sviluppo, ma è il più laborioso. Il prodotto risulta umi do e si effettua iniziando con il “polentino”, come se fosse un bignè.
Buongiorno, sono proprietaria di una pasticceria in provincia di Genova e vorrei proporre per Natale un dolce moderno, ma con una finitura differente dalla classi ca glassa a specchio. Avrebbe qualche idea da suggerirmi? Grazie mille Lucia
Buongiorno Lucia, non sono un amante delle glasse a specchio anche se ultimamente sono tra le più gettonate. Posso proporle una glassa trasparente, che ha la caratteristica di utilizzare una base frutta e non cioccolato. Nella ricetta vedrà inserito il trealosio, uno zucchero che ha un potere dolcificante più basso rispetto al sacca rosio (circa il 40% in meno), con potere stabilizzante e protettivo per la parte proteica, scarsamente igroscopico e quindi particolarmente adatto ai glassaggi e alla conservazione. Tenga conto che la ricetta fornita darà un risultato trasparente e abbastanza fluido. Nel caso lo volesse più denso, basterà aumentare i gradi Brix, portando a bollore il prodotto per un tempo più lungo o aggiungendo una quantità supplementare di zuccheri.
Glassa trasparente ai lamponi
purea di lamponi g 200 acqua g 300 zucchero semolato g 30 trealosio g 50 pectina g 20 kirsch g 20 colorante rosso qb
Fare bollire la purea di lamponi insieme all’acqua. Non appena raggiun ge il bollore, aggiungere a pioggia la pectina, lo zucchero semolato e il trealosio premiscelati tra loro. Infine unire il liquore e colorante. Rico prire il dolce congelato non appena la glassa raggiunge i 35°C.
Samuele Calzari samuelecalzariLO SPAGNOLO LLUC CRUSELLAS È IL NUOVO WORLD CHOCOLATE MASTER
Dal 2005, i World Chocolate Masters (WCM) sono la competizione più prestigiosa al mondo dedicata al cioc colato, con un regolamento articolato su più prove di alto livello tecnico, spalmate su tre giorni. Un concorso biennale che interessa 18 nazioni, ove avvengono le selezioni, con una finale a Parigi, quest’anno nel contesto del Salon du Chocolat tra fine ottobre e inizio novembre. Voluto e organizzato da Cacao Barry, si proponeva di definire, grazie al talento dei partecipanti, le linee del futuro, mettendo in scena più prove: #bonbon (pralina solo di ingredienti naturali), #design (pièce in cioccola to con sei tecniche diverse, di 5 kg massimo), #share, #taste (dolce fresco al cioccolato, frutta e prodotto locale), #transform, #wow (una vetrina) e #you (presentazione di sé attraverso un vi deo e un discorso davanti al pubblico). Dopo tre intense giornate di gara, lo spagnolo Lluc Crusellas ha conquistato il titolo, davanti ad una giuria internazionale presieduta da Amaury Guichon, grazie ad una prestazione crea tiva, curata nei dettagli e nel gusto, con innovazio ni che hanno stupito tutti. “È incredibile vincere i World Chocolate Masters, dopo mesi e mesi di allenamento – ha affermato il vincitore –, non solo per me, ma per tutta la squadra che mi ha so stenuto. Ho sognato di ottenere il titolo, ma non pensavo che potesse essere così emozionante: è
un premio che fa bene a tutta la mia nazione!”. “I World Chocolate Masters significano oltrepassare i propri limiti, per raggiungere nuovi standard tecnici e sensoriali, come ha fatto Crusellas”, ha commentato Guichon.
A completare il podio, al secondo posto è giunto il francese Antoine Carréric, seguito dal greco Nicolas Nikolakopoulos. Al quarto posto si è piazzata la nostra Anna Gerasi, che ha portato avanti una gara di altissimo profilo, con lucidità
e spunti innovativi molto apprezzati dalla giuria. Il suo approccio artistico e visionario ha sedotto anche il folto pubblico, al punto che tutta l’arena, giudici compresi, le ha dedicato un’emozionante standing ovation durante la cerimonia finale. Nel prossimo numero di “Pasticceria Internazio nale” verranno approfonditi tutti gli aspetti tecnici ed emotivi di questa impegnativa competizione, coinvolgendo partecipanti e giurati. worldchocolatemasters.com
NON ESISTE PRODOTTO SENZA ATTUALITÀ
Con coscienza, Accademia Maestri Pasticceri Italiani spinge sulla qualità e rimodella le logiche di produzione al sostenibile
Si è svolto a Colorno, presso ALMA - La Scuola Internazionale di Cucina Italiana, il 30° Simpo sio Tecnico di Accademia Maestri Pasticceri Italiani. Tre giornate improntate alla valorizzazio ne della tradizione dolciaria italiana, con un ospite internazionale, lo spagnolo Javier Guillen, attivo in Francia, Spagna e Brasile, co-proprietario dei marchi Cacau Noir Chocolates e Sweet Monkey. Nel corso della presentazione teorico-pratica di lievitati e cake da viaggio, con numeri alla mano (e calcoli in lavagna), egli ha fatto luce su nuove logistiche (e metodologie) sostenibili, nell’accezione di economia razionalizzata, in vista anche di una maggiore vendi bilità. Durante la preparazione di croissant (bicolori e con più farciture) e brioche, e dei suoi Cake Castagnade e Break Crunchy, ha offerto spunti di riflessione sull’approccio al vegetale in pasticceria (intrigante, non solo per il concetto veg in sé ma soprattutto per il discorso del gusto), sulla dolcezza del lievitato e sulla riduzione dei tempi di impasto. Come è solito fare, Fabrizio Fiorani ha invece regalato una rappresentazione più che una presentazione di croissant e caffè nell’inedita versione ‘disegnata’ (per giocare con il cliente), introducendo gli accademici al suo ‘laboratorio creativo’ (il titolo del capitolo conclusivo del suo libro “Avanguardia” per Chiriotti Editori) e all’utilizzo di plotter da taglio, stampanti 3D e stampi termoformati. Il suo croissant al lampone è in realtà un sablé al farro, ricoperto di croccante al cioccolato e ‘colorato’ con gel di lamponi, con una nota di lime, mentre il caffè è declinato in sablé, croccante con nocciola e mou, non in tazzina dunque, ma identico nel gusto, anch’esso disegnato e decorato con il taglio laser nella parte superiore del biscotto, spolverata d’oro).
Rita Busalacchi e Maurizio Santin hanno passato in rassegna impasti, tecniche di lavorazio ne, cotture e conservazione del bignè, sviscerando alcune delle problematiche legate alla struttura dell’impasto, fra choux, bignè al caffè e cioccolato, fino a versioni free from e tatin. Il loro éclair alla ‘carbonara’ ha una crema con acqua, tuorli e Parmigiano Reggiano, e guanciale cotto in padella, rifinito con spuntoni di diplomatica salata al Parmigiano e noce moscata, pasta phillo cotta in forno e cubetti di guanciale.
LAVORARE SU POSIZIONAMENTO E QUALITÀ
Siete disposti a rinunciare a qualche cliente per garantire la qualità? La provocazione giun ge dalla filiera del caffè che, con convinzione, al rincaro generale risponde con un listino in aumento, in virtù del valore del chicco. Il tutto avviene durante il talk “Sinergie per affrontare la crisi”, organizzato durante il simposio, il primo di una serie di tavoli pensati per individuare possibili soluzioni al caro prezzo di energia e materie prime. Il presidente Ampi Salvatore De Riso, con Santi Palazzolo e Paolo Sacchetti, cita gli ultimi dati, alquanto tristi, in arrivo da ConfCommercio, che stima la chiusura di più di 150mila piccole e medie imprese nel primo semestre 2023, a causa appunto dei forti rincari. Ci si chiede quante di queste fossero destinate a chiudere perché non in linea con l’andamento del mercato oppure non innovate tecnologicamente. E, soprattutto, ci si domanda come affronta re le imminenti difficoltà: la formula di spingere ancor più sulla qualità, cercando di sopperire ai nuovi costi e dando un segnale forte al settore, non può prescindere dall’impegno delle aziende, in virtù del rapporto di fiducia che lega pasticcieri e partner di Accademia, che hanno partecipato con una testimonianza di produzione razionalizzata e di rincaro dei prezzi. A loro gli accademici hanno espresso il desiderio di organizzare gruppi di acquisto. L’auspicio, in ultima battuta, resta un intervento concreto da parte del Governo: “Assistiamo a tante buone intenzioni ma realmente non vi è nessuna proposta. Questo è un problema – sottolinea Palaz zolo, che per primo racconta cosa accade nella sua attività – e io mi ritengo fortunato perché siamo tra quelle aziende che non hanno subito un aumento considerevole del costo di ener gia. Due anni fa, pur senza poter prevedere quello che sarebbe accaduto, avevamo bloccato il prezzo con l’ente di fornitura. Ma giorni fa è arrivata una comunicazione che, dal 1° febbraio, anche per me i costi saranno del 500% in più rispetto ad ora. Da questa estate ragioniamo su come agire su più fronti e rimodulare la concezione di azienda. Sul fronte interno, cerchiamo di razionalizzare il lavoro e le tipologie di prodotti, quindi il consumo di energia, di cambia re la metodologia di produzione e di accorpare più lavorazioni. Facciamo qualità ed è giusto
Per i biscotti di frolla montata farina 00 W150-160 g 100 burro pomata g 83 zucchero Mascobado g 42 uova g 25
Montare burro e zucchero in planetaria fino a un composto chiaro e spumoso. Unire le uova a filo e, per ultima, la farina setacciata (a mano). Dressare su carta forno con sac à poche e bocchetta rigata e cuocere a 160°C in forno statico per 10/15 minuti, con valvola aperta.
Per la decorazione cacao 10/12% qb noce moscata qb cioccolato fondente 55% qb bisquit sbriciolato qb Stendere su foglio di Silpat uno strato sottile di cioccolato temperato e
spolverarlo di bisquit essiccato e sbriciolato. Quando inizia a solidifica re, coppare dei cerchi delle dimensioni desiderate e poi tagliarli a metà in modo da creare due semicerchi.
Assemblaggio
Versare parte della bavarese in una tazza in vetro per creare un fondo. Abbattere e, quando diventa abbastanza solida, appoggiarvi sopra un cerchio di bisquit e l’inserto congelato, lasciando spazio intorno, che non si possa vedere dall’esterno. Ricoprire di bavarese e abbattere nuova mente. Aggiungere uno strato di mousse e abbattere. Conservare a +4°C fino a qualche minuto prima del servizio. Spolverare la superficie con un misto di cacao e noce moscata, creando una linea dritta al centro del bicchiere. Su una delle due metà, inserire i semicerchi di cioccolato.
TORTA del nonno
Per 4 torte
farina 380 W P/L0,60 . . . . . . . . . . . . . . . g 100 lievito compresso . . . . . . . . . . . . . . . . g 20 acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 50 Impastare e lasciare triplicare a 28°C.
impasto precedente . . . . . . . . . . . . . . . g 170 farina 380 W P/L 0,60 . . . . . . . . . . . . . . g 120 zucchero di canna grezzo . . . . . . . . . . . . . g 50 burro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 20 acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 35 Lavorare gli ingredienti con l’impasto precedente, lasciare triplicare a 28°C.
impasto precedente . . . . . . . . . . . . . . . g 395 farina 380 W P/L0,60 . . . . . . . . . . . . . . . g 200 zucchero di canna grezzo g 50 burro g 30 tuorli g 60 acqua g 60 Lavorare gli ingredienti con l’impasto precedente, lasciare triplicare a 28°C.
impasto precedente . . . . . . . . . . . . . . . . . g 795 farina 380 W P/L 0,60 . . . . . . . . . . . . . . . . g 400 zucchero velo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 180 burro g 250 sale g 15 uova intere g 145 Lavorare gli ingredienti con l’impasto precedente, aggiungere l’emulsio ne in più riprese.
Emulsione burro cremoso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 260
Liquore Dea Bionda Fugar 25% vol . . . . . . . . . g 20 tuorli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 80
Gusto Cream Limone Fugar . . . . . . . . . . . . . g 40 farina di mandorle amare bianche . . . . . . . . . . g 20 L’emulsione deve essere preparata in anticipo. Versare tutti gli ingre dienti in planetaria attrezzata di frusta e montare il composto, riporlo in frigorifero fino al momento dell’utilizzo.
Procedimento
Versare l’impasto in mastello oliato e lasciarlo puntare per 1 ora a temperatura ambiente. Spezzare la pasta ottenendo delle palline da 530 g, lasciare riposare per 10 minuti, fare un foro al centro di ogni pallina e deporle negli appositi stampi a ciambella, ingrassati e infarinati. Porre i dolci a lievitare per 10 ore circa a 22°C con 70% di umidità. Cuocere a 160°C per 40 minuti circa, i primi 20 con valvola chiusa. Cottura interna 96°C.