Pasticceria Internazionale 352 marzo 2024

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I segreti della viennoiserie

I consigli tecnici per non incappare in errori nella realizzazione di croissant e cornetti

Catalizzatore di emozioni

Le mille anime di Bangkok tra street food e fine dining

Amare ciò che fai

30 anni di attività, tra tradizione ladina e dedizione al mestiere

Floral power

Sanno di profumi di erbe e di fiori e vibrano di note romantiche gli allestimenti di primavera

I

sapori esotici della bagna Camel racchiusi in una ricetta esclusiva del

Maestro Riccardopasticcere Magni

SAPORE

ESOTICO

CA ME LDI S TIL L ERI E .I T
Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale DL 353/2003 (Conv.In L. 27/02/04) Art. 1 Comma 1 - NO/TORINO N. 03/2024 - IP - ISSN 392-4718 MARZO 2024 N.353 ANNO 46

I SEGRETI DELLA VIENNOISERIE

Panificatore, pasticciere, formatore e consulente, Ivo Corsini condivide in queste pagine utili consigli tecnici per non incappare in errori nella realizzazione di croissant e cornetti.

24 ALL’ORIGINE DEI CORNETTI STRIATI Pasticceria Internazionale n.353
Rossella Contato

Classe 1976, panificatore di quinta generazione, Ivo Corsini è nato e cresciuto con l’imprinting per l’arte bianca. Da quasi trent’anni gestisce il forno di famiglia, fondato nel 1875 a Porretta Terme, sull’Appennino tosco-emiliano, a metà strada fra Bologna e Pistoia, dove si producono lievitati, biscotti e dolci da forno tipici della zona (colombine, raviole, ciambelloni al miele, zuccherini montanari), oltre a svariati pani, sua grande passione insieme alla viennoiserie. Parallelamente si occupa di formazione e consulenza, collaborando in particolare con Agugiaro & Figna Molini nell’ambito della ricerca e sviluppo di nuovi prodotti, oltre che con Irinox, Mondial Forni e Impasto italiano. Quando decide di portare avanti l’attività famigliare, rinuncia non solo alla prospettiva di proseguire gli studi dopo il diploma di ragioneria, ma anche a un’altra sua passione, il salto a ostacoli, disciplina dell’equitazione che coltivava fin da piccolo, distinguendosi in varie competizioni. “Mio papà mi aveva messo in guardia, dicendomi sempre che l’ultimo lavoro che avrei dovuto fare era questo, perché richiede troppi sacrifici!”, ricorda. Un consiglio paterno però lo segue: approfondire ancora di più la conoscenza su panificazione e lievitati attraverso il confronto con altri professionisti. Il suo primo maestro è Gastone Pegoraro, pietra miliare nel mondo delle arti bianche, fondatore a Pistoia del centro di formazione Gustar. È lui a introdurlo nel Richemont Club Italia nel 2000 dove, sotto la guida di Piergiorgio Giorilli, si prepara per affrontare, 2 anni dopo, la Coppa Europea della Panificazione in squadra con Ezio Marinato e Maurizio Sarioli. Si aggiudica il primo posto nella sezione viennoiserie ed è il trampolino di lancio verso nuove opportunità: docenze, consulenze (anche in Russia e Giappone) e partecipazione a trasmissioni televisive. Nel 2020 entra a far parte dell’Accademia dei Maestri del Lievito Madre e del Panettone Italiano e, nel 2022, degli Ambassadeur du Pain Italia. Inoltre, è socio del Consorzio per la Tutela del Lievito Madre da Rinfresco.

PRODOTTI INNOVATIVI CHE DIVENTANO ICONICI

Nel 2012 partecipa alla Coppa del Mondo di Panificazione, questa volta con Gianfranco Fagnola e Fabrizio Zucchi Qui presenta Tiramisù, un dolce per la prima colazione composto da un’alternanza di strati di pasta brioche sfogliata, al naturale e al caffè, sovrapposti uno sull’altro, con una nicchia centrale farcita di crema al mascarpone. La struttura, per intenderci, rispecchia quella del vol-au-vent ed è tutt’altro che semplice da realizzare. Una novità per l’epoca,

25 ALL’ORIGINE DEI CORNETTI STRIATI Pasticceria Internazionale n.353
Ivo Corsini, quinta generazione di una famiglia di panificatori.

Bangkok è un catalizzatore di emozioni. Una moneta a due facce dove convivono caos e pace tra strade super affollate, cavi della luce appesi in ogni dove, centri commerciali vocati al lusso sfrenato, templi buddisti e induisti che sbucano al fianco di uno skyline proiettato sempre più in alto. La gente, qui, non si ferma mai e, soprattutto, arriva da ogni dove. Se New York non dorme, Bangkok è sempre sveglia: te ne accorgi dai profumi che arrivano da qualunque strada di questa città tentacolare, in cui manca un centro come lo intendiamo noi europei. A Bangkok, per strada, si cucina (e si mangia) a tutte le ore del giorno e della notte. Lo street food del resto è uno dei suoi tratti caratteristici, che deriva da un melting pot di etnie che negli anni, in seguito alle immigrazioni, hanno costruito un nuovo tessuto sociale e una cultura gastronomica che è un mix tra cinese e thailandese: un po’ come è successo in Perù con la cucina Nikkei, specchio dell’unione tra Giappone e Sud America. Simbolo di questo legame è il Pad Thai,

31 Pasticceria Internazionale n.353 VIAGGIARE FRA CUORE E PALATO
“ “

I petits fours di Potong si ispirano ai carretti dei dolci di Chinatown sulla Yaowarat Road

VOCE AI PASTICCIERI DA RISTORAZIONE

Restiamo a Bangkok: la sua è una storia di riscatto, visioni, carisma, cuore e volontà di ferro, che si esprime nei suoi tre universi. Fra India e Thailandia, Gaggan Anand dialoga con lo sguardo rivolto al cielo

Sarah Scaparone

Gli universi di Gaggan Anand sono molteplici e ognuno racconta una storia: la sua. Quella di un uomo che nasce a Calcutta 46 anni fa, suona la batteria e sogna di diventare una rock star. Quella di un uomo che lascia l’India per cercare un futuro in Thailandia, arriva a Bangkok, lavora come cuoco, alimenta la sua passione per la cucina e, sintetizzando al massimo, riesce a diventare uno dei più famosi chef al mondo. È lui ad aver riabilitato la cucina indiana portandola da mere preparazioni familiari alle vette più alte del fine dining mondiale. E questo l’ha fatto anche grazie agli universi che compongono la sua anima partendo, in primis, dalla musica, filo conduttore di tutta la sua vita. Quella dello chef di oggi, numero 17 al mondo e numero 5 in Asia, per The World 50 Best Restaurants, è una storia di riscatto, di visioni, di carisma, di profondo intelletto, grande cuore e una volontà di ferro. Non a caso Netflix gli ha dedicato una puntata del suo celebre “Chef’s Table” e non a caso Gaggan è stato, con il precedente ristorante chiuso a ridosso della pandemia, numero 4 al mondo (2019) e numero 1 per l’Asia (dal 2015 al 2018), secondo la medesima classifica, ottenendo anche due stelle Michelin dal 2017 al 2019.

Oggi gli ambiti culinari in cui si muove Gaggan hanno tre nomi: Gaggan Anand Restaurant aperto nel 2022, Ms Maria e Mr Singh (inaugurato nella nuova sede nel marzo 2023) e Gaggan at Louis Vuitton , la cui apertura è prevista in questi mesi. Tre facce di una stessa medaglia, tre ambiti diversi, dicevamo, ma con un comun denominatore: la cucina, l’estro e la creatività di Gaggan Anand, implacabile direttore d’orchestra. Del resto, un uomo con il nome che in hindi vuol dire cielo non può che volare in alto e questo ormai lo fa da tempo. La sua cucina è espressione

“ Per le proposte dolci non usiamo uova, lattosio, cioccolato. Credo che il dessert non debba essere connesso con lo zucchero, infatti usiamo solo quello naturale della frutta

e testimone di cultura gastronomica, è racconto, analisi, provocazione, è contenuto “ribelle” e senza filtri, come succede nel Gaggan Anand Restaurant, dove la cena è spettacolo nel vero senso della parola.

A SUON DI MUSICA FINO AL DESSERT

Quattordici posti a sedere, due servizi serali, dal giovedì alla domenica, un unico menù degustazione scandito a ritmo di musica, in un crescendo di gusti ed emozioni. Due atti di un unico spettacolo che terminano, entrambi, con due dessert: più importanti nel primo caso, più leggeri nel secondo. Cenando si ascoltano “Heroes” di David Bowie, Peter Gabriel, “I Feel it coming” dei The Weekend, gli U2, e i Rammstein, si canta, si balla, cambiano le luci, si ascolta, si assaggia. Gaggan ironizza sui concetti di sostenibilità e chilometro zero, partendo dalla storia dei topi di Bangkok di cui, dice, non scarta niente e porta in tavola cervello e carni (ovviamente finte). Parla dell’India, delle spezie e dei suoi sapori, della cultura del riso, attacca gli allevamenti intensivi. E destabilizza con le quattro portate di un menù da 22 il concetto di dessert. “Per le proposte dolci – spiega lo chef indiano – non usiamo uova, lattosio, cioccolato. Vogliamo pensare in modo diverso e credo anche che il dessert non debba essere connesso con lo zucchero, ecco perché usiamo solo quello naturale della frutta. Del resto qui amiamo mangiare la frutta come fine pasto e non avrebbe senso orientarsi su proposte della grande pasticceria francese”. Ma, all’inizio della sua carriera, Gaggan, non la pensava così: “Volevo essere uno chef francese in India, cercando di preparare i migliori soufflé e le migliori portate possibili, poi ho realizzato che

36 SWEET FINE DINING “

BENVENUTI ALL’HOTEL DE CRILLON

Discreto e di solidi principi, Matthieu Carlin è capace di adattare la sua creatività alle richieste della clientela, ai cambiamenti della società e della pasticceria, preservando il DNA dell’albergo di lusso

L’architettura serena di Ange-Jacques Gabriel disegna il lato nord dell’attuale Place de la Concorde. La volumetria degli edifici, contenuta in altezza, ma estesa in larghezza, si prolunga dall’Ambasciata degli Stati-Uniti al principio degli Champs-Elysées, sino alla rue de Rivoli, che da qui risale verso il palazzo del Louvre. L’effetto visivo è quello di un’armonia classica, nella quale frontoni e colonne scanalate, prestito della scultura greca e romana, si corrispondono da una riva all’altra del fiume, dialogando con la facciata posteriore dell’Assemblée Nationale, ramo del Parlamento francese e sede della Camera dei Deputati, che dall’inizio dell’Otto-

cento riprende le fattezze di un tempio antico, per ricollegarsi alle architetture di Gabriel e dell’Eglise de la Madeleine. Lo spazio restante è una spianata che corre verso la Senna, lambendo i muri del giardino delle Tuileries ad est e la salita verso l’Étoile ad ovest. L’obelisco di Luxor, donato da Mehemet Alì alla Francia, campeggia al centro della piazza dal 1836 e costituisce il monumento più antico della città. Come le altre 4 piazze reali della capitale (Place Dauphine per Enrico IV, Place des Vosges per Luigi XIII e Place de Victoires et Place Vendôme per Luigi XIV), i 7 ettari di superficie che accolgono ogni anno l’arrivo del Tour de France, come il passaggio delle truppe in

media social factory

rassegna per la festa del 14 luglio, erano in principio dedicati alla gloria di Luigi XV, il re del Settecento, il secolo francese per antonomasia. Baluardo estremo del disegno urbanistico della città, che guardava all’esterno verso i boschi ChampsElysées, la Concorde doveva accogliere la statua equestre del sovrano, alla foggia degli imperatori romani, e i due edifici gemelli erano destinati a sede del deposito dei mobili della corona, quello di destra, e quello di sinistra a dimora della Zecca del regno, quasi immediatamente dislocata nell’attuale edificio del Quai de Conti, perché considerata troppo distante dal centro finanziario. Il palazzo fu allora venduto e trasformato in hôtel particulier (il nostro palazzo nobiliare, dimora aristocratica cittadina) e abitato da privati, prima di essere acquistato nel 1782 dal conte di Crillon, a cui si deve il nome attuale, sinonimo inconfondibile di soggiorno di lusso. La leggenda vuole che la regina Maria Antonietta vi prendesse lezioni di pianoforte durante i suoi ripetuti soggiorni e la storia racconta, invece, come dalla sue finestre si vide la lama della ghigliottina mozzare le teste della figlia di Maria Teresa d’Austria e del marito Luigi XVI. Ma sarà la duchessa di Polignac, nel 1906, a vendere l’edificio, riconvertito in albergo e aperto al pubblico nel 1909, data della nascita di un mito del settore alberghiero mondiale.

Testimone delle vicende di uno dei luoghi emblematici della storia parigina e francese, l’Hotel de Crillon incarna, in un senso, il genius loci. Predisposto sin dall’inizio ad adattarsi ai cambiamenti imprevisti di destinazione, alla furia iconoclasta della Rivoluzione e agli avvicendamenti di proprietà, l’edificio ha fatto della flessibilità uno dei vessilli della propria identità. Una garanzia per la sopravvivenza in un mondo che, se da una parte brama il prestigio della patina

41 Pasticceria Internazionale n.353 VISIONI D’OLTRALPE

Al Crillon abbiamo assaggiato

Finger pop corn

Tarte au citron non è una tartelletta da negozio, essendoci una meringa croccante montata come un dessert al piatto. All’interno la mano di Buddha (una varietà di cedro profumato dalla forma bizzarra, in cui ciascun spicchio dell’agrume si sviluppa come unità a sé ndr) tagliata a lamelle, una crema al limone classica, un biscotto al limone alla base (composto da pasta frolla alla vaniglia, marmellata e crema al limone); sopra, una meringa applicata a petali e la mano di Buddha come dei petali di fiori. Il gel e il caviale di limone ampliano la potenza per una poesia di sapori e un’alternanza ben orchestrata tra consistenze dello stesso elemento, il limone, con inserti sorprendenti.

dopo aver realizzato dei pop corn, si mettono in infusione nella crema per la mousse. L’obiettivo è risvegliare il ricordo del pop corn al cinema e il legame con la vaniglia raddoppia il riferimento goloso. Il risultato è eccezionale, sia nella consistenza leggibile, sia nella forma elegante e nel gusto basato sul contrasto.

Flan noisette

popolare nelle panetterie, arriva qui ad esprimersi in maniera sublime, soprattutto in questa versione alla nocciola, con delicatissima nota grigliata.

Millefoglie al caramello

costruzione che inverte la classica composizione orizzontale e crea una sfoglia ondulata, divertente e golosa. L’aspetto cremoso del caramello, dalla densità più accentuata, contrasta sottilmente con la crema alla vaniglia.

43 Pasticceria Internazionale n.353 VISIONI D’OLTRALPE

MILLEFOGLIE FORMA INEDITA, SOSTANZA ORIGINARIA

Rispetta i principi cardine del millefoglie la versione di Matthieu Carlin chef pâtissier presso l’Hôtel de Crillon a Parigi

In Francia il millefoglie fu in origine un piacere di corte.

Dall’ascendenza incerta, la sua realizzazione venne codificata dal pasticciere di Luigi XIV, François Pierre de La Varenne , nelle pagine del suo Cuisinier François (1651). Venne in seguito modificato da Marie-Antoine Carême , che introdusse l’uso della crema pasticcera assai apprezzata da Napoleone I, per il quale lavorava. Una passione «imperiale» che spiega come mai nel Nord Europa e nei Paesi slavi venga chiamato Napoléon . Solitamente composto da tre strati di pasta sfoglia e due di crema pasticcera

Millefoglie

alla vaniglia

(o chantilly o diplomatica), la parte superiore può essere guarnita con glassa bianca o al cioccolato, e le letture dei pasticcieri contemporanei, malgrado numerose sperimentazioni, hanno la tendenza a rispettarne i principi cardine. La versione proposta da Matthieu Carlin stravolge la posizione degli strati di sfoglia, che assumono qui verticalità, ma preserva l’idea del contrasto tra croccantezza e cremosità, con i sentori di vaniglia associati a quelli della confiture de lait abbinati a due pareti di sfoglia, che conferiscono preziosità ed eleganza. D.B.

Sfoglia

farina di grano tenero g 750

sale g 18

latte g 187

panna g 187

burro g 225

burro piatto per sfogliare g 500

zucchero rosso fino g 200

Sciogliere il burro. Mettere tutti gli ingredienti nella ciotola, quindi mescolare con il gancio, per un insieme appena omogeneo. Lasciare in ammollo per una notte, poi aggiungere i 500 g di burro per sfogliare. Eseguire 5 giri semplici, con 2 ore di riposo tra ciascun giro, quindi abbassare a 3 mm. Cospargere con un po’ di zucchero di canna e stendere a 2,5 mm. Tagliare delle strisce da 13x3,5 cm e abbattere. Cuocerle su piastra elettrica per 2 minuti.

Crema pasticcera

latte g 333

bacca di vaniglia Tahiti n 1

maizena/amido di mais g 30

tuorli n 3

zucchero g 43

50 ESERCIZI DI STILE

LLE TENDENZE DA COGLIERE

Quali sono i principali trend di consumo? Cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi mesi?

Quali tendenze seguire per rispondere alle richieste dei consumatori? Ecco cosa dicono le più recenti ricerche di mercato

Rossella Contato

’inflazione causata dallo scenario geopolitico mondiale piuttosto critico ha portato a un’impennata dei prezzi dei generi alimentari. Malgrado ciò, il cibo resta al centro del sistema di valori dei consumatori italiani. Che non rinunciano alla qualità, seppure con un approccio più oculato: fanno a meno del superfluo, scelgono prodotti meno costosi, riducono le uscite nei ristoranti e ordinano meno portate (spesso sacrificando il dessert). Alcune fasce di popolazione si orienteranno ancora di più verso scelte alimentari in linea con le attuali tendenze: minimizzazione degli sprechi, riduzione di prodotti di origine animale, adozione di modelli alimentari più salutari, diete iperproteiche, cibi con etichette “pulite” (senza additivi, con ingredienti “naturali”…). Che si tratti di sostenibilità ambientale, benefici per la salute o ingredienti di qualità, è importante che il valore aggiunto dei prodotti venga comunicato in maniera efficace dai produttori perché possa essere percepito. I consumatori, dal canto loro, vogliono essere sempre più informati: secondo alcuni sondaggi uno su tre legge gli ingredienti in etichetta. Inoltre, si osserva un grande interesse per le novità, tanto che due intervistati su tre sono propensi a provare nuovi piatti, però sono preferiti gli ingredienti di provenienza locale, anche per realizzare ricette di altri Paesi.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Assistenti virtuali pronti a rispondere alle domande dei clienti. Algoritmi sempre più avanzati in grado di intercettare i gusti delle persone e interpretare i bisogni per sviluppare nuovi prodotti e strategie di marketing. Applicazioni facilmente accessibili che consentonoanche senza possedere doti artistiche o esperienza – di produrre una pletora di

“L’artigianalità diventerà un valore sempre più cruciale

contenuti come testi, immagini e musica. L’intelligenza artificiale ha fatto progressi enormi ed è ormai diventata una realtà consolidata con cui (tocca) convivere nella quotidianità.

EMOZIONALITÀ UMANA

Per controbilanciare la diffusione dell’IA, si inizierà ad apprezzare di più ciò che rende l’essere umano così unico: emozioni, empatia, creatività e bisogno di connettersi con gli altri. L’artigianalità dei prodotti diventerà un valore sempre più importante. I brand punteranno sull’interazione con i clienti attraverso esperienze che coinvolgono i sensi e trasmettono ottimismo. Il vintage continuerà a essere di tendenza grazie alla sua

capacità di emozionare i nostalgici: non solo coloro che hanno sperimentato le stesse cose da giovani, ma anche le nuove generazioni affascinate dalle epoche passate. Infine, emerge il desiderio di relazioni interpersonali, da coltivare anche in locali dove incontrare gente e svolgere hobby e attività in compagnia.

L’hashtag #artbyhumans e il logo “no to AI generated images” evidenziano l’assenza al ricorso all’intelligenza artificiale nelle creazioni degli artisti in USA.

IL BOOM DELLE PROTEINE

Per quasi la metà dei consumatori le proteine rappresentano l’ingrediente più importante. Negli ultimi mesi si è assistito a un boom di prodotti iperproteici, con una tendenza di forte crescita soprattutto per quelli a base di proteine “alternative”, che passeranno dagli attuali 13 milioni di tonnellate annue a 97 milioni entro il 2035. Oltre a legumi, frutta secca,

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Coca-Cola Y3000 Zero Sugar, un nuovo gusto in edizione limitata creato con l’AI.

NEL NOME DELL’ARTE

Torte nuziali, arte e bellezza: Natascia Bachini e Federico Polverini  raccontano Sweetie Pie, la loro “pasticceria per eventi”

Nasce in Umbria, nel 2017, come biscotteria e pasticceria, con l’obiettivo di offrire prodotti adatti ad una fetta di clientela con esigenze alimentari specifiche (senza glutine, lattosio e con basso indice glicemico). In Sweetie Pie tutte le ricette vengono realizzate da Natascia Bachini, a quel tempo unica titolare e pasticcera. Una vera self-made woman, grazie alla pregressa esperienza nel settore, in ricerca e sviluppo. Il 2019 è l’anno della svolta in termini di produzione e di mercato: l’attività diventa un’impresa familiare, grazie all’ingresso del figlio Federico Polverini, e subisce una rivoluzione. Abbandonata la biscotteria e la produzione basata sul “senza”, si uniscono due mondi, ovvero la tecnica e la teoria della pasticceria da una parte e il gusto e il senso estetico dalla moda dall’altra, nel quale Federico ha per anni studiato e lavorato. E cambia la sede, dall’Umbria alla Toscana, a Chiusi Scalo, in provincia di Siena.

Un mutamento di prospettiva che oggi rende Sweetie Pie una pasticceria con showroom, dove “non vi si trova il classico bancone, ma un’esposizione di dolci festivi, per compleanni ed eventi speciali, e di wedding cake, come in un atelier - affermano all’unisono -. Ci dedichiamo esclusivamente agli eventi, elevando l’importanza del dolce e non relegandolo alla, per noi banale, conclusione di un pasto. Il focus che guida il progetto si articola in continua ricerca, personalizzazione completa di ogni creazione e totale esclusività”. E infatti le coppie che si affidano a loro intraprendono un percorso fatto di incontri, degustazioni e sopralluoghi. Gli sposi vengono guidati passo dopo passo per arrivare alla scelta finale, attraverso progetti e bozzetti, per giungere a una wedding cake su misura, come avviene con un abito. Un servizio ad hoc che si estende alle bomboniere-biscotto, ai

buffet dolci e alla presenza nell’allestimento e durante il taglio. La scelta di diventare una pasticceria per eventi ha portato Natascia e Federico a girare tutta Italia e non solo, permettendo loro di prendere parte al giorno più importante di tantissime coppie e di conoscere usi e tradizioni di molteplici culture, fino a ricevere riconoscimenti a livello internazionale, come pubblicazioni

su riviste del calibro di “Vogue”. Sono un po’ nomadi del gusto: se in prima battuta sono gli sposi che vanno da Sweetie Pie, poi sono loro a spostarsi nella location prescelta.

Oltre alle torte nuziali qual è il core della vostra azienda?

Tra i nostri servizi più richiesti, oltre alla creazione della wedding cake, c’è la realizzazione di buffet di dolci anch’essi studiati con e per la coppia. Il bozzetto stilato a mano da Federico ha per noi un estremo valore: oltre a essere esplicativo per gli sposi, porta con sé tutte le indicazioni e le varie fasi di progettazione. Rimarrà poi agli sposi come ricordo indelebile e tangibile. Oltre che nel gusto, dato dalle ricercate materie prime combinate in gustose farciture, la firma di Sweetie Pie sta nelle decorazioni: ogni dettaglio è curato minuziosamente.

Ci potete svelare qualche novità che potrebbe portare nuove coppie a “scegliervi” per il loro giorno più importante?

Come novità per il 2024 abbiamo deciso di lanciare una linea di tessuti interamente edibili, che vadano a vestire le nostre wedding cake. Tutto viene realizzato a mano, le torte sono dipinte, le volute drappeggiate e i fiori modellati come uno scultore fa con le sue opere. Tra i progetti più stimolanti sotto questo punto di vista, precursore di tali novità, merita citare il matrimonio di una coppia proveniente dagli Emirati Arabi, svoltosi a Sorrento, che aveva come tema l’Inferno

“Natascia e Federico sono un po’ nomadi del gusto: se in prima battuta sono gli sposi che vanno da Sweetie Pie, poi sono loro a spostarsi nella location prescelta
61 Pasticceria Internazionale n.353 ALTRE PROSPETTIVE
I tessuti da mangiare

“I nostri tessuti edibili sono realizzati con una miscela di amidi e zucchero (la ricetta per ovvie ragioni rimane segreta!). Sono morbidi, elastici e ‘cadono’ come la seta. In base ai differenti tempi di asciugatura e lavorazione, possiamo ottenere risultati con diverse proprietà e caratteristiche, spaziando da una texture completamente liscia e trasparente, fino ad una più pesante che dà l’effetto velluto”.

Assortimento di dolci tradizionali di Agira.

FACCIAMO CHIAREZZA SUL SENZA GLUTINE

Con Camilla Capuano ci addentriamo nel mondo delle intolleranze, puntando i riflettori sul glutine

Riprendiamo il discorso sulle intolleranze alimentari che abbiamo inaugurato sullo scorso numero ricordando, innanzitutto, che esse indicano l’incapacità di assorbire e/o di metabolizzare alcuni componenti degli alimenti da parte dell’apparato gastrointestinale. Aggiungiamo anche che le forme di intolleranza oggi riconosciute sono quella al glutine e quella al lattosio, e che in questa puntata approfondiamo la prima.

COSA SI INTENDE

PER INTOLLERANZA AL GLUTINE?

È una malattia autoimmune, che provoca reazioni avverse all’introduzione di alimenti contenenti il glutine in persone geneticamente predisposte; la celiachia è la forma più severa. Dopo aver ingerito alimenti che contengono questo complesso proteico, nei soggetti intolleranti si verifica una reazione da parte delle cellule del sistema immunitario che attaccano la mucosa del duodeno (una porzione intestinale), arrivando gradualmente a distruggere i villi intestinali, ovvero le strutture responsabili dell’assorbimento di nutrienti e minerali. Questa reazione genera malassorbimento e, di conseguenza, uno stato di malnutrizione.

COS’È IL GLUTINE?

È un complesso proteico costituito da gliadine e glutenine, la cui componen-

te proteica principale è la gliadina, più tecnicamente una prolammina, cioè una proteina costituita da un elevato contenuto di prolina (un amminoacido), che è la responsabile delle problematiche legate all’intolleranza. Troviamo la prolammina sotto forma di gliadina in numerosi cereali del genere Triticum e, in base alla coltura, assume un nome diverso: per esempio ordeina se contenuta nell’orzo o segalina se nella segale. Per quanto ri-

“ Una farina d’avena può essere considerata priva di glutine nel caso in cui il contenuto di quest’ultimo sia inferiore ai 20 ppm

guarda il frumento, le proteine contenute si distinguono in:

♦ solubili, come albumine e globuline

♦ insolubili, come gliadine e glutenine

Le gliadine e le glutenine sono importanti perché sono loro a formare il glutine, unendo la farina e l’acqua durante la lavorazione di un impasto. Nella cariosside del frumento o nella farina/semola, esso infatti non è presente, in quanto si forma soltanto attraverso l’idratazione. Il glutine si presenta come un tessuto reticolare, un complesso proteico viscoelastico, le cui proprietà sono la forza, l’estensibilità e l’elasticità. Occorre quindi che sia presente per ottenere prodotti come biscotti, crostate, torte con base pan di Spagna, cake… di una certa consistenza. Ma come si possono ottenere prodotti privi di glutine altrettanto buoni, di qualità, che abbiano caratteristiche simili a quelli che invece lo contengono? Qui entra in gioco la scienza. Non potendo impiegare materie prime che permettono di formare la maglia glutinica e conferire quindi al prodotto le caratteristiche di cui abbiamo parlato sopra, è necessario trovare ingredienti che le possano sostituire. Essi devono avere caratteristiche pressoché simili e, quindi, bisogna scegliere una farina che, nonostante l’assenza di glutine, fornisca proprietà assimilabili a quelle delle farine tradizionali.

INGREDIENTI SOSTITUTIVI

Le farine sostitutive che possiamo utilizzare sono molteplici, ma bisognerà sempre integrarle con aggiunte diversificate, perché ciascuna ha caratteristiche specifiche. Tra queste possiamo scegliere la FARINA D’AVENA, che di per sé non contiene naturalmente glutine. Essa però è classificata dalla normativa europea come cereale contenente glutine: perché? A causa di potenziali contaminazioni e ibridazioni che si verificano in fase di

70 INTOLLERANTE A CHI?!

AMARE CIÒ CHE FAI

Festeggia

30 anni di attività la Pasticceria Reinhard di Reinhard Santifaller e Antonella Pederiva a Forno di Moena, Tn, tra tradizione ladina e dedizione al mestiere “

La preparazione in famiglia dei dolci per le domeniche e i giorni di festa hanno fatto fiorire in noi la passione, poi riversata nel nostro lavoro. Crescendo abbiamo fatto maturare l’entusiasmo studiando le tecniche e facendole nostre, così da rielaborare la pasticceria tradizionale con la nostra creatività e il nostro stile”. Con queste parole Reinhard Santifaller e Antonella Pederiva ci introducono nel loro mondo, frutto della realizzazione di un sogno a lungo coltivato con cura, che proprio nel 2024 compie 30 anni: “Risale al 1994 l’apertura della prima pasticceria a Pozza di Fassa, in provincia di Trento, dove siamo rimasti fino al 1997. Poi ci siamo trasferiti a Vigo di Fassa sino al 2018, ma nel frattempo, nel 2016, abbiamo inaugurato una ‘filiale’ a Forno di Moena, che è oggi la sede della Pasticceria Reinhard”.

Frequentata località turistica delle Dolomiti, il paese si colloca in un territorio dove si parla la lingua ladina e dove la tradizione gastronomica locale accoglie influenze austriache e tedesche. Il lavoro della coppia (nel lavoro e nella vita) vi affonda le proprie radici, ma sin dall’inizio si arricchisce grazie alla ricerca quotidiana per valorizzare e rendere unici i loro prodotti. Reinhard ha alle spalle un diploma di maestro artigiano pasticciere e gelatiere, ottenuto dopo 5 anni di studi. “Come nelle scuole professionali del nord Europa, si consegue dopo aver frequentato i primi 3 ed aver superato l’esame per la qualifica di ‘operaio’, a cui se ne aggiungono altri 2, con annesso apprendistato, ed esame finale, per ottenere il diploma come ‘maestro artigiano’. Sono seguiti vari corsi di specializzazione e una laurea in scienze alimentari presso l’Université Européenne Jean Monnet di Bruxelles. Per essere sempre aggiornato continuo a frequentare corsi e intanto insegno in istituti alberghieri e scuole professio-

Cristina Quaglia

nali”. Antonella, in precedenza cuoca presso una scuola materna, ha costruito con il marito il percorso trentennale dell’attività. “Per gestirla al meglio ed essere preparata, mi dedico ad una formazione continua nell’ambito del servizio bar, con corsi per sommelier e barmaid, oltre ad essere maestra di confezionamento e parte attiva di Accademia Con.Ve.It. sin dal 2009. Inoltre, ho fatto parte per più di 10 anni al gruppo provinciale di Donne Impresa dell’Associazione Artigiani di Trento”.

Durante questi tre decenni avete raccolto grandi soddisfazioni, ma non sono mancate le vicissitudini…

Sì purtroppo. Nel 2018, appena allestito il laboratorio nuovo, si è abbattuta la tempesta Vaia, che ci ha semidistrutto casa e laboratorio! Però, con grande forza e aiutati dalla famiglia e dal nostro staff, ci siamo rimboccati le maniche e… avanti tutta! Poi, l’estate scorsa un’altra tempesta ha provocato ulteriori danni, meno gravi, ma ci ha distrutto la terrazza e l’arredamento esterno. E anche questa volta il team ci è stato accanto: sono la nostra forza! Diamo molta importanza al lavoro di gruppo, all’affiatamento, alla complicità, e siamo loro molto grati.

73 Pasticceria Internazionale n.353 RACCONTI D’ITALIA
Antonella Pederiva e Reinhard Santifaller.

LA GASTRONOMIA TRASFORMISTA

A Torino, la famiglia Scaiola coniuga il sapere della gastronomia con quello dolciario, generando un’accoglienza polivalente. Lo racconta Giacomo, che è anche il protagonista di uno dei nostri podcast

Sarah Scaparone

Èuna questione di famiglia quella della Gastropasticceria Scaiola, luogo del gusto in zona Crocetta, a Torino. Due generazioni a confronto per quello che è un locale a tutto tondo, capace di offrire, oltre a piatti e salumi da asporto, anche colazioni, pasti, aperitivi. Già, perché qui si può venire lungo l’intero corso della giornata, a seconda delle proprie esigenze e dei “peccati di gola” che si vogliono commettere. Partiamo subito da quelli dolci. Se ne occupa Giacomo Scaiola, il più giovane della famiglia: classe 1995, esperienze dal torinese Pfatish, frequentatore attivo di numerosi corsi, con una grande determinazione alle spalle, che in questo locale prende gustosamente forma. La nutrita scelta di viennoiserie è preparata a lievitazione mista con lievito madre solido, mentre le monoporzioni sono tra i 90 e i 100 grammi l’una. Fra le preparazioni ama la meringata, “che rubavo in laboratorio da mio padre, quando ero bambino”. Fra quelle che predilige fare, il pain au chocolat e il pain suisse con crema e gocce di cioccolato. E poi ci sono i croissant: “Mi piace realizzarli perché sono polivalenti –prosegue Giacomo –, li puoi usare sia per la pasticceria salata che per quella dolce: nel primo caso lasciano un gusto eccezionale in bocca, sono super croccanti e non nauseano; la versione dolce è anch’essa pazzesca e le creme ne amplificano il sapore”. E proprio i croissant e, in generale, le colazioni salate sono uno dei must della Gastropasticceria, come raccontano le versioni con vitello tonnato, con crudo o cotto e fontina, o ancora il croissant

con pomodoro, mozzarella e composta di zucchine e curry o quello con uovo, pancetta croccante e crema al pecorino. In generale, qui, la pasticceria è fatta di gusti semplici senza l’utilizzo di prodotti troppo spinti, perché vuole essere “per tutti”. Tra i più richiesti, bunet e crème caramel, plum cake e, in stagione, grandi lievitati come i panettoni, ma anche tarte au citron, torta Madagascar (con mousse al cioccolato, composta di lamponi, financière al cioccolato fondente e crumble) e macaron. E, per tornare in tema salato, il plauso va alle bignole preparate per gli aperitivi come lo choux nella contemporanea forma a cubo, ripieno di bisque al gambero e lime, la tartelletta con mousse di peperone e cremoso alle acciughe in una brisé al Parmigiano, al prosciutto cotto o, ancora,

la sfoglia con crema di olive e pomodoro o il bignè al paté di tonno. E anche gli arancini alla piemontese mignon con risotto all’Arneis ed erbe. Il tutto accarezzato da un cocktail o un calice di vino.

Il format della Gastropasticceria Scaiola, nella nuova sede da 3 anni (prima si trovava solo qualche numero civico più in là), racconta una bella storia di famiglia: aperta nel 1990 da Massimo Scaiola e Alda Penna, l’allora gastronomia iniziò a farsi conoscere con la linea di piatti da banco e la produzione in tiratura limitata di alcuni insaccati e salumi, come il rinomato prosciutto cotto, che prosegue ancora oggi. Poi il cambio di location, la volontà dei figli Giacomo e Luca (classe 1991, dedito alla cucina) di lavorare nell’azienda, che così si trasforma in un bistrot-gastronomia-pasticceria, in cui tranquillamente mangiare sia a pranzo che a cena, con una proposta espressa di sostanza, o fermarsi per aperitivi con spuntini salati che arrivano, appunto, dai diversi ambiti del locale. gastropasticceriascaiola.it Sarah Scaparone

ASCOLTA L’INTERVISTA

Pionieri in tante piccole e grandi iniziative, fatte più con amore che per business, anche il Podcast di “Pasticceria Internazionale” nasce per stuzzicare l’udito, leva potente quanto vista e olfatto, e offrire approfondimenti o lati meno soliti di pasticcieri e non solo. Ora nella sua seconda stagione, sempre curata dal direttore Livia Chiriotti insieme alla giornalista Sarah Scaparone, potete ascoltare e riascoltare le tante “chiacchierate ispirazionali”, fra cui quella con il torinese Giacomo Scaiola, protagonista di questa pagina, che svela anche la ricetta della sua crema pasticcera preferita. Basta andare su Spotify e Apple Podcast e sul sito pasticceriainternazionale.it

76 RESTATE IN ASCOLTO

“ “

L’Assoluto si esprime in tre mousse ai tre cioccolati, con biscuit al cacao, grué e gel al succo di cacao

LE EVOLUZIONI DEL CIBO DEGLI DEI

Sotto forma di fave di cacao, il cioccolato arriva in Europa nel XVI secolo e il suo consumo è esclusiva mente per le élite, riservato ai pochi che potevano permetterselo. In Italia solo le famiglie importanti e abbienti potevano usufruirne ed è anche per questo che si diffuse ampiamente in Piemonte con i Savoia, in Toscana con i Medici e presso le corti nel resto dello Stivale, dove però giungeva con qualche difficoltà. In questa fase lo straordinario prodotto veniva sor bito sotto forma di bevanda e infatti era conosciuto come cioccolata, al femminile, e in un secondo tempo si trasforma in specialità solida, trasformandosi al ma schile in cioccolato.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con il boom demografico e l’aumentare del

“Guido Castagna

Il cofanetto dedicato da Guido Castagna alla degustazione “per adulti” prevede un foglio in trasparenza opaca che specifica i gusti: Venere, cioccolato bianco con whisky Bulleit; Cupido, cioccolato latte 31% con gin Tanqueray; Afrodite, cioccolato latte 40% con vodka Ketel One; Eros, fondente 64% con rum Santiago de Cuba.

benessere, non tanto inteso come fisico, bensì come ricchezza, il cioccolato arriva alla portata di tutti: diventa particolarmente dolce, molto semplice, molto presente e molto industriale. Ai tempi non si prestava attenzione alla qualità, non solo nel mondo del cioccolato ma in tutto il settore alimentare. Si produceva mirando ad avere una quantità costante di vendita. Sono figlie di quel periodo le grandi scatole, soprattutto quelle industriali, con all’interno i blister plastificati, in cui alloggiare i cioccolatini. Confezioni voluminose, ma con poco prodotto, tutto all’insegna dell’abbondanza. Nei decenni il cioccolato conquista più interesse e, verso la fine degli Anni 90, s’incomincia a parlare di cru, i cosiddetti mono-origine che, all’inizio, indicavano solo la nazione di provenienza: Ghana, Costa d’Avorio, Venezuela, Madagascar… Chiaramente oggi non possiamo definire un cru con il nome di una nazione, sarebbe come se noi definissimo il nostro vino, vino Italia, senza tener conto delle specifiche zone all’interno del territorio e delle tipologie dei vitigni.

Così, grazie alla crescente attenzione e al desiderio di accostare il pregiato cioccolato al vino, sono aumentati studi e ricerche sul campo, per analizzare le varie specie di cacao, il terreno su cui sorgono le piantagioni, il tipo di coltivazione e i successivi trattamenti dopo la raccolta. Da qui sono nati veri e propri cru che tengono conto delle specifiche zone di coltivazione all’interno di uno stato, dell’azienda agricola o cooperativa di produzione. Man mano che si approfondivano le conoscenze, sono lievitate specifiche forme di interesse sulla qualità e sulle varie differenze che ci possono essere tra un tipo di cacao e l’altro, sulle varie aromaticità, constatando che le fave possono essere molto diverse tra loro e ciò dipende dal terreno e da come vengono trattate dopo la raccolta. E, naturalmente, anche da come verranno lavorate dopo la loro esportazione dal Paese d’origine.

Tutta questa rivoluzione culturale ha portato ad un’evoluzione notevole del settore.

83 Pasticceria Internazionale n.353 ABOUT CHOCOLATE

DESTRUTTURATO AL CONTRARIO

Conosciuto anche come caffè leccese, il caffè salentino è una bevanda tradizionale pugliese.

Con l’esperto Fabio Verona, Aldo De Michelis della Gelateria Perlecò di Alassio, Sv, ne

presenta una nuova interpretazione

a base di granita e cold brew

Perlecò ad Alassio è un laboratorio di ricerca, una gelateria d’altri tempi e… un covo di matti messi insieme! Da Aldo De Michelis infatti, nell’orario dell’aperitivo, potreste ritrovarvi seduti a gustare, ben disposti in tre coppette dedicate, un gelato di pane con spuma di burro e acciughe (Acciugò), un gelato a strati (Tantalè) con lavanda Imperia e formaggio prescinsêua, il vero ripieno della focaccia di Recco, e un gelato di Aglio nero di Vessalico, accompagnati da un calice di bollicine, il tutto condito da un tramonto sul mare… Ma non fatevi ingannare dai nomi dei gelati: immagina-

Semifreddo di Begonia di Alassio che, insieme al Sorbetto di Begonia di Alassio, sono stati inseriti tra le De.Co. del Comune ligure. Nutman Group, produttrice di referenze per gelateria e pasticceria con sede a Canelli, At, ha acquisito la linea fiori di Perlecò e ha lanciato con successo all’ultimo Sigep proprio il gelato alla Begonia, realizzato in collaborazione con l’azienda Tastee.it, che fornisce la materia prima floreale.

Aldo De Michelis al Sigep, alle prese con la preparazione del caffè salentino. A destra, i ragazzi dello staff di Perlecò: Anna Filomena, Anna e Andrea.

te semplicemente di gustare degli abbinamenti tradizionali in versione fredda e cremosa. Un inganno per la mente, ma non per il palato!

È proprio dalla mia stimolante collaborazione con questa realtà ligure che nasce il caffè salentino destrutturato al contrario. La ricetta tradizionale prevede di preparare un ottimo espresso e di versarlo direttamente su cubetti di ghiaccio pieno, per poi aggiungervi del latte di mandorle freddo e, in alcuni casi, una spruzzata di panna per i più golosi. Dopo aver assaggiato il mio caffè specialty peruviano Juan di Costadoro, dai sentori di cioccolato, agrumi e vaniglia, Aldo ha deciso di ricreare la ricetta a modo suo, partendo

da una base di granita alle mandorle sulla quale versare un cold brew ottenuto con il mio Juan, con una concentrazione di 100 g per ogni litro di acqua filtrata e lasciato in infusione 12 ore, terminando il tutto con un ciuffo di panna fresca montata al momento e una spruzzata di cannella. Il risultato è sorprendente, un’esplosione di gusti e di freschezza che, presentato in occasione di Sigep 2024, ha lasciato tutti estasiati! E ora non resta che attendere l’estate per assaporare la ricetta presso la sua gelateria, ma, se volete provare a replicarla, eccovi le dosi.

A presto per le prossime scoperte!

86 FRONTE BAR

FLORAL POWER

Sanno di profumi di erbe e fiori, e sanno far vibrare le note romantiche di colori e materiali gli allestimenti di Maria Teresa Pelosi, accostati ad arte con un tocco di ironia

Hanno un appeal particolare quest’anno le presentazioni per la primavera/estate di Maria Teresa Pelosi, scenografa d’interni ed esperta di packaging creativo. Sono un inno alla gioia, con la freschezza e l’entusiasmo dei colori, con la vena romantica dei fiori e la carica scenografica delle tavole imbandite. Colpiscono il mix di stili, le trasparenze e gli accostamenti da cui trarre spunti e indicazioni per ricreare in vetri-

na, negli interni e in corner tematici o in esterno, soluzioni che fanno immaginare momenti conviviali in spazi rilassanti come prati e giardini o in contesti bucolici nella quiete della campagna. Entriamo con lei in questa frizzante atmosfera primaverile per scoprire le tendenze e le soluzioni d’arredo più suggestive.

FRESCHEZZA FLOREALE

È una ventata di allegria quella che porta con sé la nuova collezione, una proposta con elementi della primavera e un taglio nuovo, coerente ai tempi che viviamo e alle prospettive che si

intravedono. Innanzitutto, la freschezza che si sprigiona dai fiori singoli e in mazzi, reali o dipinti sugli accessori, sbocciati e nel pieno della loro bellezza, molto spesso in rosa e bianco latte , che trasmettono un messaggio di delicatez-

za e di romanticismo. Hanno fattezze da sembrare veri, così da invitare chi li vede dalle vetrine a entrare. La sensazione non deriva soltanto da colori e immagini, ma anche dai materiali utilizzati come sete, shantung e rasi per i runner; ceramica o porcellana o bone china per tazze e mug; vetri trasparenti o colorati in toni pastello lavorati o intagliati e di fattura elegante, per bottiglie e centrotavola.

SFUMATURE E COLORI PIENI

I colori sono indicativi di un’idea di atmosfera che varia in base alla situazione. Se il rosa è spesso predominante, la scenografa consiglia di spaziare fra le sue sfumature, partendo da una tonalità delicata come il rosa baby, passando al rosa antico fino al fucsia e al prugna,

90 VISUAL MARKETING

IL SALONE DEL PE(D)ONE

Divagazioni in libertà, solo leggermente vigilata

Il popolo del Sigep, come quello di ogni fiera di settore, si divide in tre categorie principali, tutte e tre indispensabili: chi sta fermo, chi corre, chi cammina. A stare sostanzialmente fermi sono gli espositori: che siano titolari dell’azienda, pasticcieri organici alla stessa o venditori semplici, gli operatori sono

scarpe eleganti, si finisce con anfibi o sneaker. A correre sono in primis i pasticcieri free lance, autentici Fregoli del cambio giacca e del multitasking. Più sono prestigiosi, più sono richiesti. Più sono richiesti, più corrono: una demo qui, un cambio di giacca e via di corsa al padiglione opposto; nuovo cambio e altra corsa a far parte di qualche giuria, poi

“ Il popolo delle fiere di settore si divide in tre categorie principali, tutte e tre indispensabili: chi sta fermo, chi corre, chi cammina

confinati entro i limiti (a volte angusti) dello stand, lavorano sotto luci violente, con temperature torride, immersi in un rumore ambientale frastornante e a un ritmo incalzante, in cui a malapena riescono a infilare qualche breve pausa igienica o alimentare. Gli uomini lo fanno in giacca e cravatta, impeccabili, almeno nei primi giorni; le donne, su tacchi che progressivamente si allargano e abbassano, come le occhiaie. Pensandoci bene, forse si potrebbe stimare la data di arrivo in fiera di una donna dalle calzature che indossa: si comincia con

a un incontro di categoria, a una tavola rotonda, e poi un’altra demo, un’ospitata… e lungo il percorso incontri, saluti, appuntamenti al volo, abbracci, selfie con amici, conoscenti e ammiratori, e via così fino a fine soggiorno, con qualche chilo in meno ma (si spera) un bel po’ di gratificazione. E poi ci sono i camminatori. La massa di visitatori, i pedoni/peones che come dannati in un girone dantesco camminano senza posa dall’orario di apertura all’annuncio della chiusura, muovendosi di padiglione in padiglione. Qualcuno

ha impostato un percorso a pettine che perde i denti e anche la costola, fino a diventare un vagare rassegnato. Altri si sono fatti un programma e dai brandelli di conversazione che si captano non si capisce bene se, con tutto quel “51 in C3” e “170 in B7”, stiano andando a seguire una demo o giocando a battaglia navale. Sguardi sempre meno a fuoco, ma ogni tanto attratti come falene dagli stand che promettono distribuzioni di qualunque cosa anche solo vagamente commestibile. Istinti merenderos a parte, è anche comprensibile, visto che bar, ristoranti e chioschi sono ingolfati da code infinite e ci vuole un mutuo per un panino e una bibita.

Di quando in quando, afrori caseari colpiscono come pugni ben assestati: vista la natura della manifestazione, l’unica spiegazione è che la popolarità di sapone e deodorante è meno universale di quanto si vorrebbe sperare.

A fine giornata, i peones si ammassano su treni e autobus, con somma gioia di germi e virus. Non è provato che l’edizione 2020 sia stata un superspreader , ma è un dato di fatto che, ogni anno, le due settimane successive al salone vedono un picco di raffreddori e influenza tra chi c’era, per non parlare dell’impiego di unguenti e medicamenti contro mal di schiena e indolenzimenti.

IN CHE ANNO SIAMO, ESATTAMENTE?

Caso 1 Graziose fanciulle in costume pseudomessicano eseguono danze “tra-

94 IL PENSIERO PENSANTE

INSETTI COMMESTIBILI GUIDA ALL’UTILIZZO

Alcune specie di insetti autorizzate per l’alimentazione umana possono essere impiegate in una vasta gamma di prodotti, anche di pasticceria. Facciamo chiarezza su quali sono le regole da rispettare, le opportunità

da cogliere e le sfide da affrontare

In principio fu la larva della farina, poi arrivarono grilli e cavallette... Non stiamo parlando di piaghe bibliche ma di insetti commestibili autorizzati nell’Unione europea. Si tratta di un settore molto promettente, che ha importanti riflessi sul piano nutrizionale, ambientale ed economico. Gli insetti rappresentano

da sempre un’importante risorsa alimentare per almeno 2 miliardi di persone che vivono in Asia, Africa e Sudamerica, e in un futuro che si sta avvicinando sempre di più potrebbero contribuire a contrastare la scarsa disponibilità di cibo per una popolazione in rapida crescita. Da oltre vent’anni la Fao (Organizzazione

delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), insieme a prestigiose realtà scientifiche, si sta occupando di valutare il potenziale degli insetti per l’alimentazione umana e animale, approfondendo anche gli aspetti legati alla sicurezza. Da allora sono stati fatti giganteschi passi avanti nella conoscenza dell’argomento, e in tutto il mondo, incluso il Vecchio Continente, sono sorte aziende che allevano insetti e li trasformano in ingredienti per prodotti alimentari innovativi. Ma quali possono essere i reali vantaggi dell’entomofagia? Quali le possibilità di utilizzo e commercializzazione previste dalla legge? Lo approfondiamo di seguito, facendo anche chiarezza su alcuni aspetti della legislazione comunitaria e nazionale.

I VANTAGGI PER UOMO E AMBIENTE

L’utilizzo di insetti nei prodotti alimentari può offrire una serie di benefici dal punto di vista nutrizionale, ambientale ed economico. Eccone alcuni:

• proprietà nutrizionali gli insetti forniscono proteine, grassi monoinsaturi e polinsaturi, vitamine e minerali. (Non riportiamo i valori dato che il contenuto e la tipologia di nutrienti varia a seconda della specie di appartenenza, dello stadio di sviluppo e del substrato di crescita. Alcuni inoltre contengono chitina, una sostanza che nel nostro organismo funge da fibra alimentare)

• alta qualità proteica le proteine presenti hanno un elevato valore biologico, contenendo tutti gli amminoacidi essenziali

• sostenibilità ambientale gli insetti convertono il cibo in biomassa in modo più efficiente rispetto agli animali da allevamento convenzionali. Ciò significa che per crescere richiedono meno cibo (e anche meno e acqua e spazio). Basti pensare che, per pro-

96 TECNOLOGIE ALIMENTARI
Foto Alia Insect Farm.

LA SCIENZA UTILE

PRESERVARE IL COLORE DEI CIBI

Esistono alcune tecnologie che permettono di trattare gli alimenti senza impiego di calore, come invece avviene con pastorizzazione e sterilizzazione. Sono le cosiddette tecnologie non termiche: alta pressione (HPP), campi elettrici pulsati (PEF), ultrasuoni, irraggiamento, plasma freddo, CO2 supercritica. Poiché

i prodotti alimentari vengono lavorati a temperatura ambiente non vi è possibilità di danneggiamento dei composti termosensibili (tra cui vitamine) e della consistenza del cibo, né di formazione di composti tossici, che si generano con il calore. Oltre a ottenere alimenti con una qualità nutrizionale più elevata, queste tecnologie permettono di preservarne il colore, attributo molto importante per l’apprezzamento dei prodotti. In letteratura sono riportati numerosi studi, condotti su svariate tipologie di alimenti e sui loro pigmenti, ossia i composti responsabili del colore, come antocianine, carotenoidi e clorofille. Se da un lato le tecnologie non termiche hanno i vantaggi esposti, dall’altro necessitano di una maggiore accettabilità presso i consumatori che, non conoscendole, sono portati a essere diffidenti e di conseguenza a rifiutarle.

(Rif.: Pandiselvam R., The influence of non-thermal technologies on color pigments of food materials: an updated review, Current Research in Food Science 6, 2023)

GEL DI CARRAGENINA-K PIÙ FORTI CON IL SORBITOLO

Le carragenine sono una famiglia di polisaccaridi ricavati da alghe rosse, classificati dalla normativa europea come additivi (E407). Ne esistono tre tipologie: kappa, in grado di formare gel rigidi; iota, che forma gel più morbidi; lambda, che non gelifica ma ha proprietà addensanti. Un gruppo di ricercatori cinesi è riuscito a sviluppare un nuovo approccio per rendere più forti i gel di carragenina-k attraverso l’utilizzo di sorbitolo (E420), un poliolo con funzione dolcificante, emulsionante e umettante. Il rafforzamento della struttura del gel è dovuto all’instaurarsi di numerosi legami idrogeno tra i gruppi ossidrilici (-OH) del sorbitolo e le molecole di carragenina, dando luogo alla formazione di una rete tridimensionale continua. I risultati hanno dimostrato che l’aggiunta di sorbitolo migliora la capacità di rigonfiamento, la forza e la capacità di ritenzione idrica del gel. Anche la stabilità al riscaldamento e a cicli di congelamento-scongelamento risulta migliore. Gli studiosi hanno testato l’efficacia di questi gel come carrier di composti bioattivi per lo sviluppo di prodotti funzionali, ma gli scenari applicativi sono molto ampi.

(Rif.: Wang Y. et al., Development of κ-carrageenan hydrogels with mechanically stronger structures via a solvent-replacement method, Food Innovation and Advances 2023, 2(4):313−323)

ALTERNATIVA ALL’OLIO DI PALMA

Nel Centro per lo sviluppo e l’innovazione alimentare dell’Università Queen Margaret, a Edimburgo, è stato sviluppato un nuovo sostituto delle margarine a base di olio di palma da impiegare nei prodotti da forno. La sfida era trovare un’alternativa altrettanto economica e funzionale sul piano tecnico, che fosse anche a basso tenore di grassi saturi, più sostenibile, vegana e clean label Palm-Alt, questo il nome del sostituto, è una miscela se-

misolida di olio di colza, fibre e proteine di avena e semi di lino. Rispetto all’olio di palma contiene il 30% di grassi totali e l’84% di saturi in meno. Sono state provate più di un centinaio di formulazioni prima di giungere a quella finale, ottenendo risultati soddisfacenti nei test condotti su torte, biscotti e panificati, nei quali sono state valutate sia le prestazioni tecnologiche che le caratteristiche sensoriali. In altri prodotti, come i pasticcini da banco, è invece risultato troppo morbido. Va detto che, per via del suo contenuto di acqua, Palm-Alt necessita della catena del freddo e ha shelf life più breve del grasso di palma, oltre a costare un po’ di più.

100 DAL MONDO DELLA RICERCA SCIENTIFICA
Catriona Liddle e Julien Lonchamp, responsabili del progetto Palm-Alt alla Queen Margaret University a Edimburgo, Scozia (foto Malcolm Cochrane).

4.0

NOI X VOI

Brillante direttore di SigepGiovani, formatore e divulgatore, Samuele Calzari risponde a dubbi e quesiti, giunti a info@pasticceriainternazionale.it

Buongiorno Samuele, per anni nella mia pasticceria ho utilizzato la stessa ricetta per il pan di Spagna, che mi avevano tramandato i miei ex titolari, ma ora non la reputo più adatta, perché devo bagnarlo parecchio per non farlo risultare troppo “stopposo”. Quali sono le tendenze attuali?

Buongiorno a lei, la sua è un’ottima domanda perché consente di prendere in considerazione un aspetto dell’evoluzione che la pasticceria ha subito negli anni. Cambiano i gusti, cambiano gli stili e cambia la mentalità e, infatti, in passato si usava bagnare il pan di Spagna in maniera molto più abbondante di oggi. I motivi erano, da un lato, avere un risultato più morbido in degustazione e, dall’altro, un peso maggiore, per una resa economica migliore. Erano diverse anche le ricettazioni, ecco perché bisogna analizzare il concetto di massa. Ne esistono 3 tipologie – pesante, media e leggera – e la differenza è data dal rapporto tra zucchero/farina e uova: l’alveolatura del pan di Spagna dipende da questo.

Sappiamo che lo zucchero ha la caratteristica di assorbire l’acqua e che essa fa da facilitatore e miglioratore della montata (seppur indirettamente proporzionale alla stabilità). Di conseguenza, più zucchero avrà la ricetta e più acqua verrà assorbita, meno ne sarà disponibile e meno risulterà montato il pan di Spagna. Quindi, meno zucchero andrò ad inserire in ricettazione, maggiore sarà la montata d’uovo. L’alveolatura è la caratteristica che permette al pan di Spagna di assorbire più o meno acqua – oltre che, naturalmente, di conferire l’effetto “stopposo” o “areato” – e possiamo immaginarlo come una spugna La presenza di alveoli eccessivamente grandi e irregolari non consente di inzupparla d’acqua, perché questa uscirebbe e non rimarrebbe all’interno; viceversa, con alveoli piccoli e regolari, la spugna è in grado di assorbire un alto quantitativo di acqua. Quindi, dato che il principio della spugna vale per il pan di Spagna, toccherà a lei stabilire quale tipologia di massa più si addice alla sua preparazione e quanto vorrà inzupparla.

Massa leggera

uova 50%

zucchero 25%

farina 25% (eventualmente con sostituzione parziale di fecola) Peso corrispondente uova g 500 zucchero g 250 farina g 250

In questo caso, il pan di Spagna risulta molto montato, con alveolatura grossa e non particolarmente adatto ad essere bagnato.

Massa pesante

uova 33,3%

zucchero 33,3%

farina 33,3% (eventualmente con sostituzione parziale di fecola)

Peso corrispondente

uova g 500

zucchero g 500 farina g 500

Pan di Spagna con alveolatura molto piccola, adatto ad una inzuppitura abbondante.

Massa media

uova 40%

zucchero 30%

farina 30% (eventualmente con sostituzione parziale di fecola)

Peso corrispondente

uova g 500 zucchero g 375 farina g 375

Questo è, per eccellenza, il pan di Spagna la cui struttura regge meglio l’inzuppitura.

Queste sono considerazioni generali e vanno sempre considerate rispetto al quantitativo di bagna previsto, alla dolcezza e alla struttura finale che si vuole ottenere. Ricordo che il pan di Spagna massa leggera è quello che risulterà meno dolce, per le proporzioni di zucchero sul peso totale della ricetta.

Samuele Calzari samuelecalzari.com

102 Pasticceria Internazionale n.347

NOTIZIARIO

Camel

Diversificazione e servizio per l’artigiano contemporaneo

È nel 1943 che Bepi Tosolini realizza il sogno di creare un’azienda per esaltare le tradizioni artigianali della distillazione a vapore applicate alla produzione di bagne per l’alta pasticceria. Dalla passione per quest’arte antica nasce a Marsure di Povoletto, in provincia di Udine, Camel Distillerie, dal 2002 presieduta da Giovanni, figlio di Bepi, insieme ai suoi tre figli Giuseppe, Bruno e Lisa. Tutti consci di avere in mano un’eredità preziosa da rinnovare con costanza, come avvenuto in questi 80 anni che hanno portato l’azienda ad essere oggi un punto di riferimento nella produzione artigianale dolciaria italiana. Un anniversario importante, festeggiato lo scorso gennaio in una serata speciale presso il Grand Hotel di Rimini, con oltre 200 ospiti, compresi forza vendite, importatori e distributori, coronata dalla presentazione della nuova Evolinea, espressa in un grande e goloso buffet dei dolci. Un’innovazione che oggi si articola in più attività per servire a tutto tondo il comparto, mantenendo solidi i tre assunti - qualità, artigianalità e ricerca -, sempre più tradotti in un’ottica internazionale. Grandi visioni senza perdere la tradizione delle origini che, unita alla tecnologia e all’ascolto del comparto, allarga il ventaglio dell’offerta, specialmente grazie ad un impianto di ultima

generazione dedicato alla produzione di semilavorati UHT.

Per capire a fondo filosofia operativa e obiettivi, coinvolgiamo proprio Giovanni Tosolini (nella foto) che spesso, in questi decenni, ha collaborato con “Pasticceria Internazionale”, anche per eventi che hanno nobilitato il settore, come il Trofeo Camel per le scuole professionali e il concorso Torta del Giubileo-Millennio Dolce Millennio. Pietre miliari che denotano l’etica fondante di Camel.

Dalle acqueviti ai semilavorati

UHT: da dove prende forma questa diversificazione?

Posta così, in effetti, il latte è l’antidoto dell’alcol! Battute a parte, dalla nostra distilleria originaria, grazie a distillati e bagne per la pasticceria, abbiamo conosciuto a fondo il settore, capendone le necessità e aggiungendo altre linee, dagli aromi con ingredienti naturali, non di sintesi, alle gelatine e confetture. E ora il passo più grosso, come entità di investi-

mento, ovvero oltre 10 milioni di euro, grazie anche al contributo della Regione e al supporto dello Stato: ci sono voluti 4 anni e ora l’impianto consente il completamento di una gamma che ci mette in condizione di essere importanti agli occhi di distributori, grossisti e clientela, offrendo soluzioni di qualità ai problemi pratici in laboratorio e alla mancanza di personale.

Come siete organizzati sul fronte distributivo?

L’obiettivo è un’offerta completa da fornire alla preziosa rete vendita. Noi crediamo in un rapporto fiduciario e manteniamo una situazione mista, con oltre 110 agenti di vendita sul territorio nazionale, coadiuvati da 6 capi area. E poi c’è tutta la rete internazionale. È a loro che proponiamo questa diversificazione, che oggi contempla anche la frutta candita, avendo disponibilità di uno stabilimento di produzione, in cui opera il nostro

personale, con un nostro responsabile di canditura.

Qual è la scintilla che ha generato la nuova linea?

Proteggere il prodotto italiano: io sono un patriota e lavoro per la tutela del Made in Italy. Da qui lo slogan che contraddistingue Evolinea: 100% dell’Italia in tutti i nostri prodotti. Desideriamo offrire prodotti di altissima qualità, non trattando sul prezzo, e allargando il raggio di azione, per rivolgerci a tut-

NOTIZIARIO
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APRO ANCH’IO

200 anni di Marchesi

Da due secoli la pasticceria Marchesi 1824 resta fedele alla tradizione, impregnata di contemporaneità, a suggellare uno stile milanese e cosmopolita al contempo. Dal 2014 parte del Gruppo Prada, conta oggi tre insegne nel capoluogo lombardo e una londinese nel quartiere di Mayfair. Per celebrare i 200 anni è stato creato un percorso che si sviluppa per tutto l’anno, attraverso quattro ingredienti che ne hanno fatto la storia: cioccolato, caffè, vaniglia e marron glacé, declinati in offerta dolce, prodotto retail e di

ristorazione, con le torte in edizione limitata del pastry chef Diego Crosara e i menu dello chef Maurizio Sarigu, in Galleria Vittorio Emanuele II, ed Emanuele Ruiu ,in Monte Napoleone. pasticceriamarchesi.com

Dialogo fra Venezia e Parigi

Proprietario del Fondaco dei Tedeschi nella città lagunare e de La Samaritaine nella capitale francese, LVMH è in grado di proporre delle passerelle infinite tra la Penisola e l’Esagono. Orchestrata da DFS Group, il ramo travel retail del gruppo di lusso francese, l’iniziativa ha immaginato richiami incrociati tra i due grandi magazzini di alta gamma. Che si vada a Parigi o a Venezia, i visitatori possono

immergersi in una storia a cavallo tra due mondi. Seguendo l’incontro romanzesco di due ragazzi, parigina lei e veneziano lui, ci si cala in un decoro che evoca le architetture delle due città. Grazie anche all’artista Irene Cattaneo, che ha realizzato l’opera Carpe(t) diem (tappeto di nuvole che rappresentano il cielo parigino al tramonto in vetro soffiato di Murano), e del The Anonymous Project di Lee Shulman, che ha riunito una collezione di immagini degli anni ’70, La Samaritaine e il Fondaco dei Tedeschi invitano alla scoperta di marchi ed esperienze, tra assaggi, materie e incontri letterari. Anche il dolce ha un suo spazio incarnato da Pasticceria Simona, di Simona Vignolo Proprietaria del negozio aperto nel 2021 in rue Mandar, insieme al pasticciere Francesco Vescio, formatosi con Alessandro Dalmasso,

hanno concepito una gamma per l’operazione, che varierà con l’avanzare del calendario. Tra le proposte, la Veneziana, brioche morbida e glassata, con guarnitura di crema, ma anche la Delizia al limone, che richiama il giallo, colore simbolo de La Samaritaine, Un’operazione in programma fino al 23 aprile a Parigi e fine giugno a Venezia, che sta già portando conferme a questa piccola ma affermata pasticceria italiana a Parigi, con un effetto decuplicante in termini di immagine. D.B. dfs.com/fr/samaritaine

Musa per il The Lana

La Dorchester Collection ha da poco inaugurato il suo decimo hotel, il The Lana a Dubai, al servizio di 225 camere e suite, con opere d’arte contemporanea, la prima Spa Dior negli Emirati Arabi Uniti e otto concetti di ristorazione. Tra questi, 4 sono in collaborazione con nomi celebri, mentre gli altri quattro sono gestiti dalla squadra interna. Jean Imbert ha ideato Riviera, ispirato all’eredità mediterranea dei suoi viaggi, e High Society, sul tetto dell’albergo e con vista mozzafiato. Martin Berasategui è invece il creatore di Jara, primo ristorante a Dubai che propone cucina basca, e Txakolina, cigar lounge speakeasy che serve più di 45 tipologie di sigari da Cuba e Repubblica Dominicana, Nicaragua e Honduras con

125 Pasticceria Internazionale n.353 APRO ANCH’IO

26 VOLTE IKA

Ottima prestazione dell’Italia alle Olimpiadi Culinarie di Stoccarda, con il racconto della coppia Moffa-Capuano

In febbraio la città tedesca di Stoccarda ha accolto oltre 1.200 cuochi, incluse 88 squadre, per un totale di 55 nazioni rappresentate, per competere alle IKA/ Olimpiadi Culinarie, giunte alla 26ª edizione e svoltesi in contemporanea con il salone biennale Intergastra (messe-stuttgart.de/intergastra/en/), nel nome “dell’unione pacifica della comunità mondiale degli chef”. Per la seconda volta la VKD (Associazione Tedesca degli Chef) ha organizzato questo evento, che si svolge ogni 4 anni ed è il più antico a livello internazionale, che in questa edizione è stato animato da oltre 88.000 visitatori, con 17 cucine professionali per far fronte alle numerose categorie di gara, fra menu da 7 portate, servizi di catering, pièce montée di vario genere, sculture in ghiaccio, tutte giudicate da oltre 70 giudici, capitanati dal presidente Frank Widmann

L’ITALIA A STOCCARDA

Oro per l’Italian Taste, a cura della Nazionale Italiana Cuochi Senior, conquistato al Restaurant of Nations, che ha visto in azione 24 nazioni, 6 al giorno, a

contendersi la vittoria nella preparazione di un menu di tre portate per 110 ospiti, tra pubblico pagante e 5 giudici internazionali. A gareggiare nel box italiano, sfruttando al massimo le 6 ore di tempo, sono stati Francesco Cinquepalmi e Keoma Franceschi, per lo starter; Marco Tomasi e Francesco Locorotondo, per il main course; Giorgia Ceccato e Andrea Serale per il dessert. A gestire le comande dal ristorante e il servizio diretto, il

GIUSEPPE MOLINARO de Il Bacio Bar a Bagheria, Pa, ha conquistato la medaglia d’oro con la sua scultura in zucchero artistico, che riproduceva le fattezze di Capitan Uncino, il celebre pirata antagonista di Peter Pan, convincendo i giurati per la precisione, i colori, le forme e i dettagli dai fiori ai nastri. Un argento e gli apprezzamenti da parte della giuria internazionale sono giunti alla squadra ufficiale dell’Unione Regionale Cuochi Siciliani per il tavolo di cucina fredda, con piatti realizzati utilizzando eccellenze di Sicilia.

coach Fabio Mancuso, con il supporto di Angelo Biscotti, Francesco Gotti e Antonio Dell’Oro; assistente in cucina, Luigi D’Antonio

Stesso schieramento anche per la Chef’s Table, che è valsa al team azzurro la medaglia d’argento, con temi floreali proposti sia nelle preparazioni che nell’addobbo del tavolo e nella pièce artistica di pasticceria, con la collaborazione del campione del mondo di gelateria Antonio Capuano e della miglior pasticcera al mondo 2018 Carmela Moffa Le opere sono state anche giudicate singolarmente e questa italiana si è aggiudicata una medaglia d’oro con un punteggio altissimo. Le preparazioni, eseguite in 5 ore e dedicate a 12 ospiti, inclusi i giudici, spaziavano fra condimenti per il pane, finger food, piatto festivo di pesce, starter vegano, main course di carne e dessert.

La competizione riservata ai Community Catering and Military Teams, che per la prima volta ha visto in gara una squadra

130 OLIMPIADI CULINARIE

Per il cremoso leggero al caffè caffè espresso g 100 panna 35% mg g 100 gelatina g 4 cioccolato bianco g 80 mascarpone g 40

Scaldare caffé e panna e sciogliervi la gelatina reidratata. Sciogliere il cioccolato. Emulsionare i liquidi con il cioccolato

e stabilizzare l’emulsione con il mixer, senza incorporare aria. Aggiungere il mascarpone ed emulsionare.

Montaggio

Una volta che il dolce è perfettamente congelato, liberarlo dalla cornice. Passare la lama di un coltello affilato sotto l’acqua calda, quindi asciugarla e tagliare il dolce in rettangoli di 12,5 cm di lunghezza x 3 cm di larghezza. Porre i rettangoli in

congelatore coperti con pellicola per 1 ora. Infilzare la punta di un coltellino al centro della ganache montata e immergere nella glassa croccante a 30/35°C. Inserire la ganache montata in una sac à poche e decorare. Ultimare con fiori eduli e dischetti di cioccolato bianco temperato.

Sophie Varotto foto Saverio Pisano ifse.it

133 Pasticceria Internazionale n.353 LA RICETTA DI IFSE

ALBUM DEI LETTORI

Nicola Ravone è titolare de La Nuova Capannina a Brindisi sin dal 2014.

La pasticceria, aperta nel 1977, viene rilevata dal padre Teodoro nel 1980 e quindi condotta da lui con la moglie Elena affiancati dai figli fino al 1995, anno della sua scomparsa. L’attività è proseguita con successo negli anni seguenti e attualmen-

te, oltre a mamma Elena - che, “nonostante abbia superato gli 80 anni tutte le mattine viene ancora in laboratorio!” -, vi operano Annamaria, moglie di Nicola, e la figlia Jlenia. La produzione spazia dai dolci da colazione alle golosità per spuntini salati, oltre al gelato, servito sia in cono che in coppetta, a cui si aggiungono

spumoni, zuccotti, torte gelato e tranci. La Nuova Capannina produce tutto l’anno pasticceria fresca, torte da ricorrenza, mousse e semifreddi,e nei periodi delle festività vi si possono trovare i classici panettoni a Natale, le colombe artigianali a Pasqua oltre alle uova in cioccolato di vario genere.

138 DIALOGO DIRETTO
Mia madre ed io in giovane età. La famiglia quasi al completo: papà, mamma, io e mia sorella Mariangela (mancano i due fratelli Fabio e Antonio). Panettoni… mmmmhhhhh che bontà! Mio padre Teodoro mentre sforna dei bignè. Anno 1980 circa. Con Jlenia a Pasqua. Mamma Elena e mia figlia Jlenia: la storia continua!

MOSTRE, SALONI & CO

IL CONSORZIO SIPAN ANNUNCIA IL MIPPP 2025

Dopo la nomina di Andrea Gaibazzi come presidente, affiancato dai vice presidenti Stefano Salvadori (AD di Sigma) e Benedetta Martini (consigliere di STM Products), il consiglio direttivo del Consorzio SIPAN , che rappresenta le 70 maggiori aziende italiane nel campo del bakery , sta definendo linee guida importanti nell’ottica di accompagnare il comparto verso un cambiamento in chiave più contemporanea, siglando anche un accordo pluriennale con Fiera Milano per la realizzazione di una nuova e specifica fiera di settore di orientamento internazionale, denominata MIPPP , che sarà organizzata nel contesto di HOST, dall’edizione dell’ottobre 2025, con cadenza biennale.

Insieme al neo presidente Gaibazzi, già AD di Tagliavini Forni , facciamo il punto sugli obiettivi del Consorzio, specie in merito al Progetto Fiere. Come si concretizza l’accordo pluriennale con Fiera Milano?

Erano diversi anni che reciprocamente ci attenzionavamo e solo lo scorso anno abbiamo raggiunto l’accordo. Da una prima sensazione posso dire che sono dei professionisti di altissimo livello e che le strutture interne ed esterne alla loro organizzazione possono garantire l’implementazione di un evento di assoluto successo. Il tema vero da parte dei soci è quello di ottimizzare l’investimento fieristico, che sempre di più rappresenta un costo pesante sui bilanci delle singole società. Dovremo arrivare a selezionare solo alcuni eventi di caratura elevata, tralasciando per contro tutti quelli minori che comunque riservano alle aziende molti costi e impiego di risorse.

tanto altro). Il concambio prezioso di questi servizi gratuiti sono la raccolta dei dati di ciascun visitatore e la possibilità di scambiare –anche a distanza di migliaia di km – informazioni rispetto al business e alle opportunità. Sul fronte dell’internazionalità è giusto ricordare che siamo nel grembo di Host, che è a tutti gli effetti la fiera internazionale mondiale dell’HoReCa. Il nostro settore sta diventando sempre più trasversale e abbraccia spessissimo questo mondo. Quindi contiamo che l’alto livello di internazionalizzazione di Host possa contaminare ed allargarsi sempre di più al nostro MIPPP. Quanto è cruciale dare forma ad un evento mondiale che valorizzi il comparto dei costruttori italiani?

In vista dell’appuntamento con la MIPPP, quali sono le azioni che si stanno portando avanti per promuoverne verticalità e internazionalità?

Come tutti progetti contemporanei, alla base del successo del prossimo MIPPP ci saranno le “relazioni” e le collaborazioni. A questo proposito abbiamo intenzione di coinvolgere tutte le associazioni di categoria che gravitano intorno alla galassia del bakery, come Italmopa (che rappresenta le aziende molitrici), Assipan e Fippa (che rappresentano il mondo dei panificatori e pasticcieri), Assitol (che rappresenta le aziende produttrici di prodotti lievitanti e oli). È inoltre obiettivo comune coinvolgere anche le associazioni paritetiche estere. Altri punti cruciali?

L’interconnettività: raccogliere su App dedicate ogni informazione legata alla fiera. Ogni visitatore potrà consultare l’elenco degli espositori per categoria, nome e posizione fieristica, oltre che interagire con decine di altri servizi messi a disposizione (a titolo esemplificativo l’offerta ristorativa in zona e

Io amo definire il patrimonio di panificazione italiano “Bake in Italy”. La Panificazione Moderna nel Mondo, infatti, risiede prevalentemente in Europa, dove Italia, Francia e Germania sono i Paesi più rappresentativi. Senza voler stilare classifiche campanilistiche, posso serenamente affermare che l’Italia, a differenza delle altre due nazioni citate, offre storicamente un numero di qualità e varianti di pani enorme. Le nostre abitudini alimentari sui panificati cambiano ogni 50 km e questo è il bello e, al tempo stesso, la complessità, del nostro Paese. Quindi, penso che in mezzo a queste centinaia di tipologie di prodotti, il Mondo possa prendere spunto e apprezzare quanto il “Bake in Italy” sia un plus imprescindibile. Come si evolverà il settore?

È difficile dirlo perché tutto è ormai così veloce e frenetico, ma la tendenza di questi ultimi

141 Pasticceria Internazionale n.353 DOVE ANDIAMO

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