SPECIALE GELATO

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Luca Caviezel

Carlo Pozzi

GELATO CALDO & GELATO ALTO L’idea del Gelato Caldo nacque probabilmente, molti anni addietro, in forma di divertissement con la famosa Omelette Norvegienne. Una non comune sorpresa che vedeva un gelato appena estratto dal forno, portato a tavola e dato alle fiamme. Improvvisata di grande effetto che altro non era se non una semplice mat-

Omelette norvegienne tratta da “I gelati del pasticciere”, Chiriotti Editori.

2009 - pasticceria internazionale - n. 220

tonella di un buon gelato (ben congelato, oggi diremmo ben indurita), adagiata alla base e ricoperta in superficie con pan di Spagna a sua volta bagnato di liquore (Grand-Marnier, rum...) ed infine interamente ricoperta e decorata con uno strato consistente di meringa all’italiana. Al momento del servizio si disponeva l’Omelette, sostenuta da un vassoio in ceramica o pirofila, per qualche minuto in forno a 230°C ed alla sua estrazione, cosparsa di altro liquore preventivamente riscaldato, data alle fiamme. Di gelato caldo non vi era quindi proprio nulla, mentre molto calde saranno state quelle fiamme sprigionate dal flambé. Anche il gelato caldo dei nostri giorni non potrebbe che confermare l’eufemismo di tanti anni addietro. Volendo essere più pragmatici dovremmo impiegare al posto dell’aggettivo caldo il termine meno freddo, ma... va bene anche così. Andando indietro nel tempo di parecchi decenni ricordiamo come, il gelato, quello delle cassate gelate, dei pezzi duri..., era veramente… freddo! La sua conservazione avveniva direttamente o indirettamente per mezzo della salamoia, (cloruro di calcio), che raggiungeva temperature vicine ai – 25°– 30°C. Infatti, la durezza dei famosi pezzi duri non poteva che essere causata da quelle bassissime temperature di conservazione; però, fortunatamente una presenza considerevole di zucchero (sino al 30-33%) ne permetteva un rapido rinvenimento e quindi una consumazione accettabile. Infatti, l’invenzione dei famosi cucchiaini a paletta non fu un semplice caso ma una necessità. La storia ci informa anche come già nell’Ottocento si sentiva il bisogno di rendere il prodotto meno freddo; nacque infatti il sorbetto spongato. Ne scrive, per primo, in un suo testo del 1822, Vincenzo Agnoletti, credenziere e liquorista presso S.M.I. Maria Luisa, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla, seconda moglie di Napoleone I, specificandone la preparazione attraverso una energica spatolazione della miscela, in fase di congelamento, previa aggiunta di albume. Questo processo incorporava dell’aria e realizzava un prodotto più o meno montato e soprattutto meno freddo. Verso la metà dell’Ottocento, compare nelle pasticcerie di Parigi un dolce al cucchiaio, servito in coppe di cristallo, il parfait, un preparato di particolare eccellenza, composto da schiuma di tuorlo al caffè delicatamente incorporata a panna montata zuccherata. Il gelatiere francese trasforma poi questo prodotto in parfait glacé rispettando la delicatezza di quello d’origine. Furono questi i primi tentativi di adottare certi tipici prodotti di pasticceria (il parfait, la pate-à-bombe, la mousse, il soufflé) anche in gelateria. A questo tipico prodotto francese venne affiancato in Italia il semifreddo all’italiana che ha come elemento principale la crema pasticcera. Anche da noi, quindi, si ebbe l’adozione di certi tipici prodotti da pasticceria in gelateria come, ad esempio la cassata gelata proveniente dalla cassata di ricotta. Oggi, il nostro artigiano gelatiere prepara i vari tipi di semifreddi adottando sia l’uno che l’altro sistema produttivo. In ogni modo si tratta di un prodotto a cavallo tra la pasticceria e la gelateria, ben montato, molto leggero, da conservare e da consumare a temperature negative. Vi è chi lo conserva e lo serve alle solite temperature del gelato (a


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