ANNO IX - N° 4 - Dicembre 2010 - Sped. in abb. post. Legge 662/96, art. 2, Comma 20/c D.C./D.D./Asti - Copia Omaggio
Mondo Mond o
Adozione Insieme
invia Dicembre 2010 ini mb Dal 20 al 26 ba i dale per ro un SMS soli ogia al nume mb Ca a ll de
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Sostegno a distanza: un regalo prezioso a pagina 9
ne, e TIM, Vodafo da cellular o Dona 1 Euro pure 2 Euro chiamand Wind e 3, op ssa Telecom Italia da rete fi
Dalle Filippine al Vietnam a pagina 31
Ma quanto sei grande? a pagina 39
Traguardi e prospettive: 30 anni di Cifa 1
EDITORIALE PRIMOPIANO COOPERAZIONE ADOZIONE RUBRICHE
Editoriale: In cammino verso il domani. Primo piano: “Cambiamenti e prospettive”. Genitori ieri, genitori oggi. Il ruolo dei tribunali Cooperazione: Il sostegno a distanza. Perù: storie di NATs. Etiopia, HIV: un’intervista Adozione: Filippine e Vietnam. La storia di Fanli. La Convenzione dell’Aja Rubriche: Psicologa: adottare i bambini grandi. Letture: “Nati altrove”
EDITORIALE PRIMOPIANO COOPERAZIONE ADOZIONE RUBRICHE
Sommario
Anno IX - N° 4 Dicembre 2010 Direttore Editoriale Gianfranco Arnoletti
EDITORIALE In cammino verso il domani ..............................pag. 3
Direttore Responsabile Elena Volponi
PRIMO PIANO “Cambiamenti e prospettive” ...........................pag. 5 Genitori ieri, genitori oggi .................................pag. 6 Adozione: il ruolo dei tribunali .........................pag. 8
Redattori e Collaboratori Gianfranco Arnoletti, Luigi Bisceglia, Melita Cavallo, Daniele De Florio, Ambra Enrico, Caterina Ghislandi, Leonardo Luzzatto, Marco Pastori, Laura Piacenti, Paola Strocchio; Lucia, Emilio, Mariella, Stefano, Channeang e Fanli
COOPERAZIONE Un regalo prezioso: il sostegno a distanza .......pag. 9 Il dovere... di farli guardare lontano ...............pag. 11 Julio, Carlos, Raquel: bambini lavoratori .......pag. 15 Bambini con disabilità: vincere le barriere .....pag. 18 Da Nias a Mentawai: bambini ed emergenze ...pag. 19 Progetto HIV: intervista alle operatrici ..........pag. 25 Tutti i progetti in corso .....................................pag. 26
Fotografie Daniele De Florio, Ambra Enrico, Beatrice Gemma, Marco Pastori, Marco Scarpati, Cifa Cambogia, Ifejant, IFSO, TOPS Progetto grafico e impaginazione Daniele De Florio
ADOZIONE
Stampa Berrino Printer - Torino
Viaggio a Sud-Est: dalle Filippine al Vietnam ...pag. 31 La storia di Fanli ..................................................pag. 33 Convenzione dell’Aja: come cambia l’adozione ...pag. 37
Editore CIFA Onlus - Organizzazione Non Governativa Via Ugo Foscolo, 3 - 10126 Torino Tel. 011.433.80.59 - 011.430.88.53 Fax 011.433.80.29 E-mail: press@cifaong.it Sito web: www.cifaong.it
RUBRICHE Ma quanto sei grande? .....................................pag. 39 Letture: “Nati altrove” .....................................pag. 42
Autorizzazione Tribunale di Torino n. 3633 del 25/02/1986. Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa richiesta in data
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27/04/1998. Spedizione in abbonamento postale Legge 662/96, articolo 2, comma 20/c - C.R.P. Asti C.P.O.
TORINO Via Ugo Foscolo, 3 - 10126 Torino Tel. 011.433.80.59 - 011.430.88.53 Fax 011.433.80.29 E-mail: cifa.torino@cifaong.it
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La foto di copertina è di Daniele De Florio.
ROMA Via Machiavelli, 60 - 00185 Roma Tel. 06.444.09.91 Fax 06.49.38.27.99 E-mail: cifa.roma@cifaong.it
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In cammino verso il domani
vani, e se tanto è stato fatto, lungo è il cammino verso il domani. Pensare al futuro dell’adozione nel nostro paese senza ampliare il ragionamento ad un ambito europeo sarebbe una visione parziale. Molteplici sono le diversità di approccio e di gestione, le modalità di attuazione delle adozioni internazionali. E se, in diversi altri ambiti, da quello monetario-economico a quello del movimento di merci e persone, l’Unione Europea si è dotata di normative comuni nel tentativo di un’armonizzazione tra i vari attori in campo, l’universo delle adozioni pare non godere ancora della stessa sorte.
Cari amici,
Compie 30 anni questo nostro Cifa, che passa dagli anni giovanili all’età adulta, che stila un bilancio e si guarda alle spalle. Tante cose fatte, sorrisi regalati, sfide vinte, alcune ancora da vincere, tante lacrime, di gioia e di rabbia, versate. Cifa si affaccia al futuro con una spinta e un dinamismo dato dalla forza della propria storia, che è storia di donne, uomini, e soprattutto bambini. Tanti bambini. E se questo sarà sempre il perno di ogni “La grande sfida degli enti nostro ragionamento, ci del futuro dovrà essere quelsarà sempre un bambino che sorriderà in qualche la di creare una vera cultura angolo del mondo, quali dell’adozione, di far conosceche siano le difficoltà che ci troveremo ad affrontare i principi etici che stanno re. 30 anni di storia sono alla base dell’istituto adottivo.” molti ma si è ancora gio-
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In Europa, ad oggi, solo l’Italia esclude l’iter del “fai da te”, e prevede, per legge, che siano solo gli enti preposti a gestire l’intero percorso dell’adozione. In tutti gli altri paesi, infatti, la strada delle trattative private è ancora aperta, dunque qualche
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Editoriale
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sentano soli e smarriti davanti alle sfide che l’essere genitore adottivo comporta.
volta più “facile”. Le coppie possono infatti giungere all’adozione senza doversi assoggettare alle regole imposte dal sistema e l’ente non rappresenta obbligatoriamente il trait d’union tra il bambino e la sua futura famiglia.
E se da un lato il futuro dell’ente sarà sempre più legato alla sua capacità di creare rete attorno alla coppia che accoglie i bambini in adozione, dall’altra dovrà sempre più fare i conti con paesi dove non sarà possibile effettuare centinaia di adozioni, ma numeri decisamente inferiori. È il caso dell’Africa che, nonostante sia potenzialmente il paese del futuro, culturalmente non rappresenterà mai i numeri che sono stati, e sono tuttora, quelli dell’Asia e dell’Est Europeo. Il contesto sociale africano rende infatti la sussidiarietà dell’adozione internazionale un fatto non strutturato e sancito da percorsi legislativi, ma gestito dalla società stessa.
La competenza degli enti autorizzati in Italia inizia invece a seguito del rilascio da parte del Tribunale dei Minori del decreto di idoneità, e prevede l’accompagnamento delle coppie nel percorso di comprensione della realtà dei paesi di origine dei bambini, il supporto totale nell’iter burocratico, il percorso formativo, fino all’autorizzazione rilasciata dalla CAI, la Commissione Adozioni Internazionali, e l’accompagnamento verso il viaggio all’estero. E se la futura famiglia è obbligata a rivolgersi ad un ente, questo dovrà essere a sua volta garanzia di prospettive di adozione. Dovrà verificare, insomma, se le aspettative della coppia possono trovare concreta realizzazione nei paese di origine, come previsto dalla legge 476/98, senza mai scordarsi che il protagonista di tutto ciò deve essere il bambino, che dovrà poter godere di quella famiglia a cui ha diritto.
Un’altra sfida è quella rivolta alla CAI e al Governo, che dovranno diventare sempre più attivi negli accordi di collaborazione con i Paesi di origine dei bambini, nel tentativo di far sì che le pratiche non vadano ad arenarsi in percorsi burocratici impossibili, come spesso invece accade, ma che divengano sempre più fluide a vantaggio Va da sé che, con questi delle coppie, e, lo ribadiapresupposti, la grande mo, soprattutto dei bam“Per la tutela dei diritti dei bamsfida degli enti del futubini. E se in un mondo ro dovrà essere quella di perfetto ogni bambino dobini nel mondo l’adozione intercreare una vera cultura vrebbe essere aiutato nel nazionale e la cooperazione sono dell’adozione, di far coproprio paese d’origine, noscere i principi etici che la nostra sfida più grande, facce della stessa medaglia, enstanno alla base dell’istiin quanto Organizzazione trambe con pari forza e dignità.” tuto adottivo, di far comnon Governativa, dovrà prendere che i nuovi aressere quella di aiutare rivati non sono individui 100 bambini direttamente da plasmare ad immagine e somiglianza dei nuonel proprio paese d’origine per ogni bimbo adottato, vi genitori, a prescindere dall’età di adozione, ma attraverso progetti sanitari, educativi e scolastici che bambini che con le loro personalità arricchiranno seguano i dettami dei più nobili principi della sussinon solo le famiglie ma anche il contesto in cui andiarietà. In questo senso ci stiamo attivando, da temdranno a vivere. Troppo spesso, infatti, i genitori po ormai, con progetti di cooperazione internazionavorrebbero avere a che fare con bambini neonati o le di importanza strategica, che forniscono risultati poco più, spaventati dall’idea di affrontare le queincoraggianti. Se leggete le pagine di questo numero stioni di un figlio di 6, 7 e 8 anni con una storia di potrete accorgervi di come, per tutelare i diritti dei abbandono alle spalle. bambini, l’adozione internazionale e la cooperazione siano facce della stessa medaglia, entrambe con pari Del resto, i bambini dati in adozione sono sempre forza e dignità. più grandi anche perché i loro Stati di origine rieE per finire una riflessione, che ben si accompagna al scono, meglio che in passato, a far fronte al probleNatale imminente (per cui voglio porgervi i miei mima dell’abbandono. Ciò comporta che nel circuito gliori auguri). I progetti di Cifa sono possibili grazie a delle adozioni internazionali giungano appunto qualcuno che non possiamo fare a meno di ringraziabimbi più grandi, e con problemi sanitari maggiori, re: voi tutti. Chiunque ha infatti la possibilità, anche che non è stato possibile risolvere attraverso idonee con pochi Euro, di migliorare la vita dei bambini in cure nel paese d’origine. In questo senso l’ente dodifficoltà in ogni angolo del mondo. Vi ricordo un imvrà impegnarsi sempre più affinché cresca la cultuportante appuntamento con la solidarietà: dal 20 al 26 ra dell’accoglienza di un figlio, qualunque esso sia dicembre sarà attivo l’sms solidale a favore dei nostri a prescindere dall’età e dalla situazione sanitaria. bimbi cambogiani di Neak Loeung. Tenete a mente Non solo, l’ente dovrà ricoprire un ruolo fondaquesto numero e ricordate che, con un solo Euro, pomentale nel post adozione, interagire con i servizi tremo fare grandi cose. sociali, con la scuola, con le realtà dove i bambini Gianfranco Arnoletti dovranno inserirsi, affinché i nuovi genitori non si
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“Cambiamenti e prospettive”
E’ infatti al legislatore italiano che viene sottoposta una serie di questioni sul futuro dell’adozione internazionale, sul ruolo dei tribunali dei minori, su come si concilia il rapporto tra Stato e famiglia, ma anche fra Stato e bambino, in un momento storico in cui la stessa famiglia va cambiando, dal momento che cambia quella società che contribuisce a plasmare e legittimare il ruolo e le caratteristiche delle sue componenti: il padre, la madre e i figli.
Il giorno 4 novembre 2010, il Cifa ha scelto di chiudere il suo primo trentennale e di aprire, non solo simbolicamente, una nuova prospettiva per i trent’anni futuri della sua attività a favore dei bambini con un convegno a Roma dal titolo “30 anni di adozione. Cambiamenti e prospettive”.
In questo contesto, Cifa non può che porsi come intermediario tra la società civile e il legislatore (di Come sede di questo interessante dibattito, che ha vicui, ricordiamo ancora una volta, la Commissione sto partecipare un alto nuAdozioni Internazionali mero di addetti ai lavori è un’espressione), lavoma anche una fetta rapprerando costantemente per “Cifa non può che porsi come sentativa della società cirealizzare la propria misintermediario tra la società civile interessata all’istituto sion incentrata sui diritti dell’adozione, tra cui molinviolabili dell’infanzia, vile e il legislatore, lavorando ti genitori adottivi, è stata in Italia come all’estero, costantemente per realizzare la scelta non casualmente sul diritto del bambino la cornice di Palazzo Maad avere una famiglia e propria mission incentrata sui rini, a pochi passi dalla su come questo diritto diritti inviolabili dell’infanzia.” Camera dei Deputati. possa essere coniugato al
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Primo piano
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Genitori ieri, genitori oggi
bisogno e al desiderio di una coppia di poter abbracciare e veder crescere il proprio figlio, giorno dopo giorno. Tra i vari interventi che, su queste premesse, hanno arricchito il contenuto del convegno e dato nuova forza e nuovi strumenti al Cifa per rinnovare e proseguire il proprio impegno, scegliamo di riportare quello dello psicologo Leonardo Luzzatto, incentrato sui cambiamenti della genitorialità avvenuti nel corso degli ultimi anni, e quello di Melita Cavallo, già presidente della CAI, su come il tribunale dei minori possa migliorare le “condizioni” delle famiglie che intendono adottare un bambino.
La mia attività di psicologo nel settore delle adozioni risale a circa 30 anni fa, in coincidenza con la nascita del Cifa. Dopo tanti anni di lavoro, mi chiedo come siano cambiate le coppie e le famiglie adottive, e in merito posso dire qualcosa che non si basi su una ricerca specifica ma soprattutto su una sensibilità clinica, su un’abitudine al lavoro. Nel guardarsi indietro e cercare il senso e i cambiamenti del proprio percorso, che riguarda Cifa ma anche tutti i bambini adottati e i loro genitori, una prima questione può riguardare come fossero le coppie adottive di trent’anni fa da un punto di vista psicologico, ma soprattutto pratico. Sicuramente, in passato, le famiglie adottive erano molte meno rispetto a quelle odierne e più auto-selezionate di quanto non lo siano oggi per livello sociale e culturale (tendenti verso fasce socio-economiche alte, composte da persone temprate e avventurose).
Oltre che ai citati Luzzatto e Cavallo, un nostro particolare ringraziamento va a Daniela Bacchetta e Maria Burani Procaccini per la loro partecipazione e i loro interventi.
Cifa alla Firenze Marathon La città di Firenze e Cifa confermano anche quest’anno l’impegno a favore dei bambini cambogiani di Neak Loeung coinvolti nel progetto “Anch’io so leggere e scrivere!”.
Le coppie di un tempo avevano meno supporto, ed erano caratterizzate da un atteggiamento più naif e istintivo. Erano convinte che la genitorialità adottiva dovesse coincidere con quella biologica e sostituirla: dopo l’adozione, spesso, si fingevano genitori biologici. Spesso trascuravano le componenti estere della provenienza, cultura e abitudini dei figli. Erano abituate ad adottare bambini molto più piccoli rispetto ad oggi.
Prosegue l’intesa tra una delle più importanti maratone d’Italia e la nostra organizzazione, che dopo tre anni ha visto rinnovata la collaborazione attraverso la partecipazione del Cifa all’Expo di Firenze e la domenica in diretta su RAI Sport.
Anche gli psicologi di trent’anni fa ragionavano diversamente: per esempio, consigliavano di non parlare al bambino della sua adozione, ma di farlo solo con quelli più grandi, coi quali non si potevano dire bugie od omettere particolari. Una mia paziente mi chiese se e come rivelare alla figlia Camilla, di sei anni, la sua adozione, angosciata dall’idea che questo potesse farle perdere la sua unicità di madre e che Camilla potesse instaurare un legame affettivo anche con la madre biologica. Dopo un po’ di chiacchierate con me, finalmente la mamma di Camilla si sentì pronta e all’uscita da scuola disse alla figlia della sua adozione. La bimba, rimasta in silenzio per un po’, disse: “Non preoccuparti, io ti voglio bene come se fossi la mia vera mamma.”
È lo stesso presidente della Federazione Italiana Atletica Leggera nazionale, Francesco Arese, a sottolineare sul magazine della Maratona di Firenze come “la solidarietà con Cifa affermi un valore costante di cui l’atletica va orgogliosa”. Quello che nelle pagine di questo giornale vorremmo però sottolineare è soprattutto l’impegno delle nostre famiglie e dei nostri sostenitori in Toscana che, ancora una volta, ci hanno seguiti e supportati nel corso della tre giorni dell’Expo, dimostrando quanto forte sia il legame con l’ente e quanto il gruppo territoriale stia diventando attivo.
I bambini, a volte, hanno un compito gravoso da sopportare: curare le ansie dei genitori. E riescono a farlo, perché desiderano vedere i genitori in buona salute tanto quanto i genitori desiderano la salute dei figli. Forse, trent’anni fa, i genitori erano poco attenti alla questione della continuità dell’esperienza del bambino, cioè sul come creare un ponte tra il prima e il dopo. Raramente i genitori adottivi chiedevano aiuto agli operatori professionisti, e anche quando
Davvero grazie di cuore a quanti sono stati con noi in questi giorni e grazie per tutte le belle idee nate, insieme a loro, per il futuro.
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Le prospettive future, secondo il punto di vista di uno psicologo, implicano un incremento costante delle adozioni internazionali. Anche quelle nazionali riguardano sempre più bambini con genitori biologici di origini non italiane: il relativismo culturale e l’apertura alle differenze sono ormai le peculiarità dell’adozione attuale e futura. Bisogna, adesso, rendersi consapevoli che non solo i bambini ma anche i loro genitori adottivi hanno bisogni speciali. È necessario aumentare i servizi (infatti nelle relazioni genitori-figli si è notato che un piccolo supporto erano in difficoltà tendevano a reputare la genitoai genitori può evitare fallimenti), valorizzarli non rialità un fatto privato. Si rivolgevano ai servizi solo solo nella prima fase di diagnosi pre-adottiva, come quando la situazione era seriamente problematica prescrivono le leggi, ma anche potenziarli nella se(comunque, gli operatori qualificati erano pochi). conda fase post-adottiva. Io, da operatore dei servizi pubblici, mi chiedo se la collaborazione tra enti Oggi le normative sono cambiate, ci sono molti più e servizi non dovrebbe essere più stretta in questa accertamenti, si chiede ai genitori di essere prepaseconda fase, e se gli enti rati, c’è un maggior inteautorizzati non possano resse e controllo sociale riprevedere una parziale spetto alle adozioni. Oggi “È necessario potenziare i sertrasformazione facendo si sottolinea che i bambini nascere strutture di aiuto adottati, proprio perché vizi sociali, valorizzarli non per le famiglie adottive, hanno già subito un absolo nella prima fase di diagnobenché su queste ultime bandono, un distacco e un graverebbero spese più nuovo processo di attacsi pre-adottiva, come prescriingenti. L’interesse dei camento ai genitori adotvono le leggi, ma anche nelbambini adottati non è tivi, hanno bisogni speciaun taglio con il passato, li e particolari attenzioni. la seconda fase post-adottiva.” tra la nascita e l’adozione, Si lascia molto più spazio bensì un continuum che che in passato alla “diarichiede di salvaguardare gnosi” degli eventuali geil senso di continuità della loro esistenza, lasciannitori, tenendo in considerazione il fatto che oggi le do uno spazio mentale che includa la presenza dei coppie sono più fragili, la coniugalità è in crisi e ci genitori biologici nei loro pensieri (una “adozione sono molte coppie di fatto che ricorrono alla genitoaperta”). rialità in sostituzione del vincolo matrimoniale. C’è una maggiore vulnerabilità agli elementi di lutto rispetto a 30 anni fa, non solo in relazione alla perdita di un caro ma anche al lutto della propria sterilità, per cui oggi si riscontra un maggiore ricorso all’adozione. Le coppie sono più consapevoli della differenza tra la genitorialità biologica e quella adottiva, nonchè della gradualità nel tempo che implica il processo adottivo (cioè del lungo processo di costruzione della genitorialità nonostante l’impulso affettivo sia immediato e intenso già al primo incontro con il bambino).
Nonostante ci siano molti bambini da adottare in Italia, molte coppie vanno all’estero. Perché? Ciò accade perché così si tagliano i legami tra il passato ed il futuro, anche se poi quei genitori, una volta adottato il bambino, si rendono conto che una simile operazione non si può realizzare. Secondo me ci vuole un maggiore riconoscimento al diritto dei bambini di conoscere la propria storia. Le convenzioni internazionali dovrebbero prevedere che il Paese d’origine fornisca ai bambini una storia dettagliata, in modo che il “buco nero” delle origini si colmi e non pesi totalmente sulle spalle dei genitori adottivi. Leonardo Luzzatto
I bambini adottati, oggi, sono più grandi di età, e le coppie sono più attente agli elementi di differenza tra chi adotta e chi è adottato, e sono più aperte alle loro origini. Una recente legge riconosce, a chi è stato adottato, il diritto di presentare al giudice la richiesta di conoscere l’identità dei genitori biologi-
Leonardo Luzzatto, psicologo, è stato Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Roma e consulente della Commissione Adozioni Internazionali.
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ci. Tale norma, però, non riconosce agli adottati il diritto di possesso della propria storia, delle cause e delle origini degli eventi, del diritto di appropriarsi della propria identità, perché sottopone il tutto al vaglio di un tribunale.
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Adozioni: il ruolo dei tribunali
per le Adozioni, formati da assistenti sociali, psicologi e dal personale delle A.S.L.] Bisogna tuttavia ricordare che in molte regioni d’Italia non esiste l’integrazione socio-sanitaria che c’è nel Lazio, infatti è frequente che si operi a livello sociale e sanitario separatamente. Tutti i Tribunali dovrebbero spingere in direzione di tale integrazione.
Mi si chiede cosa può fare un Tribunale dei Minori per migliorare le condizioni adottive delle famiglie che intendono adottare un bambino. Inizierei con un fatto: rispetto a quanto previsto dalla Legge, i tempi per il rilascio del decreto di idoneità risultano talvolta raddoppiati o triplicati. Alcuni tribunali, dopo 2 anni di attesa del certificato, si giustificano adducendo come motivazione la carenza di personale. Garantire il rilascio del certificato di idoneità nei tempi previsti, entro 7-10 mesi, è invece un dovere dei tribunali per minori. Oggi la coppia adottiva, dal momento di presentazione dei documenti, riceve immediatamente la data del colloquio con il giudice onorario che si effettua entro un mese, in modo da ottenere il certificato di idoneità il mese successivo.
La valutazione sull’adeguatezza di una coppia all’adozione, riferita ad un bambino di un paese estero, spetta al Tribunale sulla base di elementi che provengono dai servizi. In linea di massima tali elementi sono di buon livello, e permettono al tribunale di rilasciare il decreto di idoneità. I problemi che si pongono al rilascio del certificato sono però molteplici. I Tribunali, per esempio, possono condizionare l’adozione per quanto riguarda l’età e il numero dei bambini. Per esempio possono essere restii a concedere l’adozione di tre bambini. Dopo aver ascoltato di bambini grandi restituiti in seguito all’adozione o in condizioni adottive critiche, si è infatti deciso di essere rigorosi nel rilascio del decreto per bambini che abbiano superato una certa età, in particolare quella prescolare di 5-6 anni.
Una novità recentemente introdotta riguarda il fatto che la coppia, prima di presentare la documentazione, deve aver fatto uno o due colloqui per ottenere informazioni sull’adozione nazionale ed internazionale, e deve inserire l’attestato di avvenuto colloquio insieme alla documentazione: ciò ha prodotto un decremento tra il 15% e il 18% delle disponibilità ad adottare. Si è verificato un vero e proprio processo di autoselezione, poiché un conto è sentire parlare di adozione in televisione o dagli amici, un conto è fare un colloquio ricevendo informazioni specifiche, rendendosi poi conto di non essere in grado di gestire tale situazione.
D’altro canto, la permanenza media dei bambini nelle case famiglia si è protratta. Gli stessi bambini di 10-15 anni ivi istituzionalizzati si sono accorti che non è possibile tornare nella famiglia d’origine e chiedono di essere adottati, così come i bambini “special needs” con problemi sanitari che non trovano coppie disposte ad accoglierli: invece di andare all’estero, si potrebbe trovare una collocazione a questi bambini. Un altro ruolo importante ha il sostegno post-adottivo, che è previsto solo se richiesto dalla coppia (il Legislatore ha dovuto limitarne l’attivazione a causa delle pressioni delle famiglie, stanche di essere sottoposte a colloqui e controlli). Ma il sostegno post-adottivo è molto utile, in particolare perché il target di età dei bambini si è innalzato e il percorso familiare tra la coppia e il bambino è difficoltoso e richiede un supporto specifico (per esempio questi bambini hanno un pregresso culturale, alimentare e sociale diverso rispetto a noi).
I G.I.L. del Lazio, per esempio, devono promuovere ed esigere qualità, professionalità, aggiornamento ma anche quantità, nonostante lamentino la carenza di personale [i G.I.L. sono Gruppi Integrati di Lavoro
Personalmente ritengo migliore, nei confronti dei bambini che vivono all’estero, di favorire per quanto sia possibile la pratica del supporto (o sostegno) a distanza. E ritengo sia necessario favorire un supporto, di altro tipo, alle famiglie che accolgono bambini “special needs”, i cui genitori adottivi possono avere difficoltà nel far fronte alle loro condizioni psicologiche e sanitarie. Melita Cavallo Consigliere giuridico del Ministro per le Pari Opportunità in materia di adozioni, già Presidente della CAI dal 2001 al 2005.
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Un regalo prezioso: il sostegno a distanza
bilità. Tanto che l’idea di dono, accostata a quella di soddisfacimento dei bisogni di base, sembra quasi stonare. Ma stona davvero? Noi pensiamo di no. Ricevere un dono, così come fare un dono, è un atto magico. Quel dono a cui tutti noi dovremmo restituire lo straordinario valore originario, senza sminuirlo in una marea di regali piccoli e grandi di cui, molto spesso, ricopriamo i nostri figli. Arrivando a far sparire dal loro volto la sorpresa in momenti che vorrebbero essere magici, e mai ripetitivi o banali.
In occasione del numero di Natale di Mondo Cifa, che avete tra le mani, mi è stato chiesto di scrivere un articolo sul sostegno a distanza. Il Natale, in effetti, si presta perfettamente a raccontarvi cosa significhi per noi ciò che molti conoscono sotto la sigla “SAD”, o magari “adozione a distanza”. Perché tutti voi che siete genitori, nonni, fratelli e sorelle, zii, cugini o anche solo amici e amiche di bambini e bambini, sapete benissimo come il Natale sia, nell’immaginario di grandi e piccini, sinonimo di doni. Il sostegno a distanza, invece, è da sempre sinonimo di cibo, salute e scuola. Cibo, salute e scuola da una parte. Doni dall’altra. In mezzo, un oceano di diversità. Di mancanza di possi-
Cibo, salute e scuola: tre diritti fondamentali per la vita di qualsiasi bambino. A noi però, garantire questi bisogni non basta più. Vogliamo che i bambini del sostegno a “Ricevere un dono, così come fardistanza abbiano molto di più. Vogliamo prolo, è un atto magico. E per molti teggerli e vogliamo che bambini del mondo, il dono più siano felici. Le risorse che il sostegno a distanprezioso è vedere soddisfatti i za mette a disposizione propri bisogni di base: alimensono esigue. Ecco perché abbiamo inserito i bamtarsi, studiare, essere curati.”
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EDITORIALE E EDITOR DITOR PRIMOPIANO COOPERAZIONE ADOZIONE RUBRICHE
Cooperazione
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bini del sostegno a distanza all’interno di progetti che garantiscano loro molto più del cibo, della salute, della possibilità di studiare. Grazie al vostro preziosissimo contributo tutto questo è sempre stato loro garantito, grazie al nostro impegno – e a quello delle numerose persone e organizzazioni che collaborano con noi in tutto il mondo – abbiamo iniziato a fare molto di più.
insieme a migliaia di bambini che diventeranno artisti, ingegneri, operai, agricoltori, avvocati, operatori sociali, medici. Bambini che possono scegliere oggi per essere uomini e donne liberi domani. Bambini che vi porteranno sempre nel cuore. Anche quando saranno adulti. E che porterete sempre nel cuore. Bambini per i quali rappresentiamo una speranza: la possibilità di condurre una vita dignitosa, finanche normale. Bambini che saranno il futuro dei loro Paesi.
Stiamo prendendoci cura di questi bambini e di queste bambine offrendo loro la possibilità di avere centri di aggregazione e scuole (nelle Filippine, in Cambogia, in Etiopia, in Perù e in India) in cui sentirsi protetti, in cui esprimere le loro potenzialità artistiche, in cui i genitori vengono sensibilizzati sull’importanza di tutelare e proteggere i loro figli, in cui vengono somministrati pasti con il giusto apporto nutrizionale, in cui i bambini si possono esprimere liberamente. Abbiamo creato luoghi di incontro e di discussione in cui poter giocare, in cui trovare libri da leggere; luoghi in cui i bambini e le bambine possono parlare dei loro problemi tra pari o con gli adulti, e dove possono ricevere un’assistenza legale, sanitaria o psicologica in caso di bisogno.
Stiamo sostenendo insieme 6.000 progetti di vita unici ed irripetibili. Vorremmo che fossero molti di più. E che chissà che il SAD non possa essere, tra i tanti bei regali che sceglieremo quest’anno per noi e per i nostri figli, qualcosa di nuovo da mettere sotto l’albero. Per molti anni. Per un progetto di vita. Qualcosa di nuovo come l’anno che verrà, e che auguro a tutti possa essere sereno e pieno di straordinarie occasioni. Marco Pastori
A Grugliasco... si continua a giocare! Giochi di ogni tipo, palloncini e milioni di bolle di sapone. Ecco come centinaia di bambini, lo scorso 19 novembre, hanno festeggiato a Grugliasco (TO) la giornata mondiale per i diritti dei bambini, in compagnia di Cifa e della cooperativa CISV.
A voi, che sostenete un bambino a distanza con Cifa, va il nostro ringraziamento. Sappiate che non state semplicemente sostenendo un bambino. State sostenendo il suo progetto di vita. Un progetto che ha l’ambizione di farlo diventare un adulto consapevole, responsabile, maturo. Stiamo sostenendo
Quest’anno la festa, ormai giunta alla sua quarta edizione, è stata dedicata al diritto dei bambini al gioco. «Riscoprire come Città il diritto al gioco – ha commentato l’Assessore all’Istruzione della città di Grugliasco - vuol dire prendere molto sul serio i diritti dei bambini e anche quelli di ogni persona. Vuol dire anche proporre il gioco come terreno di incontro interculturale».
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Phnom Penh, Cambogia, 3 settembre 2010
Finalmente arriviamo in Cambogia. Riprendiamo contatti con la città: è tutto come due anni fa, gli stessi odori, gli stessi rumori, gli stessi colori, il traffico che sembra impazzito, i motorini che sfrecciano Riportiamo il racconto di Lucia ed Emilio, una ovunque. Arrivati in albergo incontriamo Sophorn “coppia Cifa” che, lo scorso settembre, ha avuto... – la nostra musa – oltre ad alcune famiglie italiane due buoni motivi per tornare in Cambogia! del Cifa che, dopo momenti difficili e un’attesa di più di un anno dall’abbinamento con i loro bamIn volo per Parigi, 2 settembre 2010 bini [causata dalla sospensione delle adozioni in Cambogia per la ratifica della Convenzione dell’Aja, NdR] Siamo sul volo 9845 dell’Air France per Parigi. Fifinalmente hanno potuto conoscere e abbracciare i nalmente iniziano le nostre vacanze… Ma la meta loro figli. Qualcuno ci chiede consigli, pareri, e ci non è Parigi, per quanto meravigliosa possa essere. scambiamo opinioni: dopotutto noi siamo già geniLa nostra destinazione è la Cambogia. Dopo due tori, e certamente ne sappiamo di più! C’è la solita anni di sogni e di attesa allegria, la confusione, finalmente torniamo in le lingue che si mescolaCambogia, e questa volta no, bimbi che giocano, si con un biglietto in più già rincorrono, ridono, pian“Sarà un viaggio a ritroso, per dall’andata: è per la nogono o fanno i capricci. vivere le stesse emozioni di due stra piccola Channeang, Ci ritroviamo in tutto, splendida rappresentanemozioni comprese, ma anni fa. Ma questa volta abbiamo te di questo incredibile e tutto questo lo abbiamo altre due bambine da incontrare, stupendo paese. Sarà un già vissuto e oggi abbiaviaggio a ritroso, per rimo un altro compito: noi due sostegni a distanza che, introvare e rivivere le stesse siamo qui per “chiudere sieme a nostra figlia Channeang, emozioni di due anni fa, il cerchio”, per ringraziaquando siamo venuti a re questo Paese, perché hanno catturato il nostro cuore!” conoscerla per iniziare la ce lo ha chiesto Channostra vita insieme, ma neang. E per conoscere con un animo più leggero Sreyneang e Kunthea! e gioioso, senza le ansie, i dubbi e le paure che hanAllora ci organizziamo: i primi giorni li trascorriano accompagnato il nostro primo viaggio. mo riprendendo confidenza con la città, andiamo a cena in tutti i nostri ristorantini, andiamo in giro per È stata la nostra piccola a dirci che era pronta a ritornare nel suo Paese “per fare le stesse cose che abbiamo fatto insieme due anni fa, ma per ritornare poi a casa nostra”. Questa volta, ci ha detto Channeang, avrebbe deciso lei cosa mangiare, perché finalmente potevamo parlare la stessa lingua e quindi poteva scegliere! Così ha avuto inizio la nostra avventura: siamo riusciti a prenotare la stessa camera, la 205, nello stesso Hotel, il Goldiana. Abbiamo ricontattato perfino lo stesso autista di tuk tuk che due anni fa ci aveva portato in giro per la città. Questa volta abbiamo avuto anche due altri ottimi motivi per tornare a Phnom Penh: due bambine da incontrare e conoscere personalmente. Due sostegni a distanza che, insieme a Channeang, hanno catturato il nostro cuore. Una delle due bambine, Sokchea Kunthea, ha 10 anni, una mamma, un papà, una sorella e un fratellino, ed è sostenuta da una nostra cara amica che purtroppo non è riuscita a venire di persona. La nostra figlioccia si chiama invece Touch Sreyneang, ha 13 anni, un papà, una mamma e un fratellino, e ha bisogno del nostro sostegno per continuare gli studi, e provare ad avere una vita meno difficile di quanto normalmente abbia.
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Il dovere... di farli guardare lontano
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mercati, visitiamo il Palazzo Reale, i parchi con le diano, giocano e a sera rientrano dalle loro famiglie. scimmie e gli elefanti, il museo, facciamo passeggiaUn luogo assolutamente allegro, colorato, rumorote sul lungofiume, compriamo ricordi e regali per so, pieno di disegni e di visi sorridenti, certamengli amici e i familiari. Inte incuriositi da questa contriamo Chhiv [il refefamiglia con una piccola rente di Cifa per le adozioni cambogiana al seguito in Cambogia, NdR], andiache, a differenza loro, è “Loro sono più forti di noi. Hanmo a cena con lui e con potuta venir via con noi. no poco o nulla ma ti augurano, a Sophorn. Poi conosciamo Gigi, un “esperto” di proAndiamo via da questi mani giunte, una vita felice. Abgetti, un ragazzo straorluoghi con una ricchezza biamo il dovere sacrosanto di aiudinario che ci racconta i in più: questi bambini, suoi sogni nel cassetto, con la loro quieta rassetarli, di consentire loro di guari progetti del Cifa che gnazione e i loro occhi dare un pò più avanti nel futuro già hanno avuto inizio e tristi, ci hanno dato una quelli che verranno. Non lezione di vita e di umildi quanto possano fare adesso” puoi non innamorarti di tà. Loro sono più forti di persone così, sempre con noi, loro che nel presente la valigia pronta e la vohanno poco o nulla, a cui glia di dare oltre che di fare, persone che mettono e si prospetta un futuro precario, che ancora lottano da parte la propria vita privata in nome del benesper le cose più ovvie e per i diritti primari. Loro che sere di bambini indifesi, e i cui diritti sono ancora ti augurano, senza invidia alcuna, a mani giunte, calpestati. una vita felice ed una buona salute. Loro sono forti, certamente, ma noi abbiamo il dovere sacrosanto di Prek Pra e Prey Veng, Cambogia, 7 settembre 2010 farli guardare un po’ più avanti di quanto facciano ora, con più fiducia e più speranza. Il 7 settembre, in compagnia di Sophorn, ci rechiamo a Prek Pra, a circa mezz’ora di viaggio da Phnom Che dire di più? Grazie mille a Channeang per Penh, a conoscere Sreyneang, e poi a Prey Veng, a quello che ci dà ogni giorno, grazie a Chhiv per la circa 3 ore di macchina, a conoscere Kunthea. È in sua costanza, grazie a Sophorn per la sua preziosa quest’occasione che ci rendiamo conto di ciò che e affettuosa collaborazione e per le sue attenzioni, possiamo fare per i bambini straordinari che vivograzie a tutti i Gigi del mondo e a tutti gli amici no in questo paese: comprendiamo che, per quanto del Cifa, e grazie a tutte le Sreyneang e le Kunthea poco riusciamo a fare per loro, i nostri sacrifici sono della Cambogia e del mondo per quello che ci inseassolutamente ripagati. Lo capiamo dai loro sorrisi, gnano. È stato un onore e un privilegio conoscervi. un po’ malinconici e tristi ma anche radiosi. Lo caArrivederci a presto, Cambogia! piamo dai loro sguardi, come quello di Sreyneang - che incontriamo insieme alla sua maestra in una Lucia, Emilio e Channenang scuola ormai deserta, perché in Cambogia è tempo di vacanza - quando apre i piccoli regali che le portiamo, tra cui un piccolo portafortuna che era mio e che volentieri le ho regalato, perché porti la stessa sorte anche a lei. È sorpresa e felicità quando le proponiamo di venire da noi, due giorni dopo, a trascorrere un giorno insieme a pranzo, in piscina, e di comprarle qualcosa. Quanto piacere vedere nostra figlia e Sreyneang, che ormai parlano una lingua diversa, giocare in maniera così complice tra loro! Quanta partecipazione in Channeang, che pure aveva già vissuto gli stessi disagi, nel condividere i giochi, il tempo, il cibo, i genitori con la sua piccola sorella! Riscontriamo la stessa gioia in Kunthea quando apre i suoi doni, e insieme le facciamo conoscere, attraverso le foto, i suoi padrini italiani e i suoi due fratelli. Di Kunthea ricordiamo con piacere il centro dove è stata accolta: un luogo che avevamo già visitato due anni fa insieme a Chhiv, dove decine di bambini si incontrano e vivono tutto il giorno, mangiano, stu-
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Carlos ha 10 anni e vive a Jaen, cittadina della Selva Nord del Perù. È l’ultimo di quattro fratelli. Vive con i nonni, ha perso la mamma due anni fa e il padre è in carcere. Carlos fa il lustrascarpe in piazza. Ha un solo lucido, nero come la notte, e lo usa per tutti i tipi di scarpe. A scuola, due volte a settimana, dirige la defensoria, si occupa di placare i dissidi interni alle classi, promuovere la tolleranza e il gioco di squadra. “Cosa farò da grande? Non lo so. Il medico, magari. O l’insegnante. Ma mi piace molto giocare a pallone, quindi magari farò il calciatore”.
Julio ha nove anni, vive con la mamma e due fratellini in una stanza in affitto alla periferia di Lima e non ha mai conosciuto suo padre. Julio, tutte le mattine, prepara colazioni insieme alla mamma in un piccolo chiosco a un angolo di strada: salchipapas, tripas, sandwich, sopa de pollo. Le colazioni, in Perù, sono pranzi. A scuola, Julio fa parte della commissione “mensa” e decide insieme alle mamme e agli insegnanti qua“Carlos lavora come lustrascarpe li piatti preparare, aiuta a ordinare gli alimenti e dirige la defensoria nella sua per la dispensa e dà una scuola, promuovendo la tolleranza mano nella distribuzione dei pasti. Per il suo futue il gioco di squadra tra compagni. ro, Julio ha un sogno ben Cosa vuol fare da grande? L’insepreciso: “Da grande, voglio fare il cuoco!” gnante. O magari il calciatore.”
Nel mondo sono più di 250 milioni (trecentomila solo in Italia) i bambini che lavorano. Molti lo fanno in condizioni di sfruttamento, esposti ai pericoli della strada, vittime di violenza e abusi; molti non vanno a scuola.
Julio, Raquel e Carlos sono bambini lavoratori ma, a differenza dei loro coetanei che sono vittime dello sfruttamento, conoscono i propri diritti e sanno come esercitarli, vanno a scuola tutti i giorni e sognano, come dovrebbero fare tutti i bambini del mondo, un futuro di avventura e benessere. Come altri 600 bambini, Julio, Raquel e Carlos frequentano tre delle sette scuole rivolte ai bambini lavoratori dove il Progetto “NATs: scuola, lavoro, diritti” promosso da Cifa e dall’associazione locale Ifejant, da più di tre anni, giorno dopo giorno, promuove il diritto all’educazione, al cibo e alla salute.
Raquel, 12 anni, vive sulle isole galleggianti degli Uros, sul lago Titicaca, nell’aria sottile dei 4000 metri. Parla aymara, quechua e anche inglese: ha dovuto impararlo per poter comunicare con i turisti. Raquel fa piccoli souvenir di totora (una canna acquatica galleggiante con cui sono intrecciate le stesse isole Uros). Li fa e li vende ogni mattina – come molti dei suoi amici - ai turisti che arrivano sulla sua isoletta per visitarla. E questo lavoro le piace perché, dice, “è creativo”. Nella sua scuola, Raquel siede nel comitato di supervisione del programma di microcredito: controlla chi, fra i compagni che hanno ottenuto un piccolo credito per le proprie attività, non ha rispettato le scadenze di restituzione del prestito. Nei suoi sogni c’è una barca da condurre e figli da allevare.
La scuola diventa così il luogo centrale di una comunità, uno spazio di incontro, confronto, crescita e protezione. Qui i bambini ricevono un’educazione adatta alle loro esigenze: le metodologie didattiche sono pensate apposta per loro e integrano elementi della quotidianità dei piccoli, valorizzando il loro ruolo e interpretando la loro condizione di bambino lavoratore come un’opportunità di crescita e dignità. Nelle scuole, ricevono tutti i giorni un’alimentazione equilibrata che valorizza i prodotti locali, quelli che i bambini conoscono bene e che possono avere
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Julio, Carlos, Raquel: bambini lavoratori
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e preparare anche nelle proprie case. Nella stessa scuola, i bambini vengono sottoposti a visite odontoiatriche, oculistiche e di salute generale, perché fra la malnutrizione, la vista e l’igiene dentale c’è un nesso strettissimo e perché solo risolvendo questi problemi i bambini potranno godere della forza necessaria per potersi concentrare, studiare, leggere e giocare. I docenti si preparano e si formano sulle tematiche dei diritti dei bambini e sulle metodologie alternative di insegnamento; così facendo, sviluppano anche loro nuove sensibilità. Il professor
Pedro, pochi mesi fa, raccontava l’inizio di questa esperienza: “Grazie al progetto mi sono accorto che moltissimi dei bambini che frequentavano la scuola erano bambini lavoratori… Non li avevo mai considerati tali”. Si inizia da qui, con il loro riconoscimento, a dare una risposta concreta ed efficace alle loro esigenze. Si inizia da qui, e chiamandoli per nome: Julio, Raquel, Carlos. Caterina Ghislandi
Le ricette... della cooperazione: il ceviche Il ceviche è un piatto sudamericano a base di pesce, estivo e costiero, tipico del Perù, anche se i cileni ne rivendicano una versione migliore. Gli ingredienti sono: pesce fresco (meglio se freschissimo), succo di lime, peperoncino, sale, cipolla rossa, sedano, coriandolo, mais e camote. Preparazione. Si fa marinare il pesce tagliato a pezzetti con limone, sale, peperoncino e cipolle tagliate finissime. Si condisce infine con il coriandolo e si serve accompagnato da mais tostato, camote (una patata dolce di color arancione) e una foglia di insalata. A Lima e in alcune regioni si è soliti prepararlo e servirlo all’istante, in modo che il gusto del pesce non si amalgami troppo con quello del limone. Secondo la tradizione, il ceviche non deve essere servito a cena ma solo a pranzo: l’origine di questa credenza è probabilmente legata al fatto che, in assenza di frigoriferi, i frutti di mare e i pesci dovevano essere mangiati appena pescati (solitamente al mattino). Per la stessa ragione è meglio gustare il ceviche, che può essere trovato quasi a ogni angolo
di strada, in ristoranti di provata qualità o consigliati da amici. Considerazioni. Il ceviche è uno di quei piatti che, tranne rare eccezioni, non viene mai consumato nelle mense delle scuole che Cifa sostiene a Lima, in Perù. È una ricetta che richiede un certo tipo di elaborazione e un apporto di pesce fresco il quale, per arrivare sulle alture polverose dove si trovano le scuole di Nassae e San José Obrero, richiederebbe un dispendio troppo elevato di denaro e risorse. Sicuramente sono stati questi i ragionamenti che, prezzi del cibo e menù della mensa alla mano, hanno fatto i bambini lavoratori (NATs) delle scuole di Lima.
Perchè, nelle scuole per i NATs, sono gli stessi alunni a poter intervenire nella composizione dei menù per le mense. Solo merendine e cioccolato, quindi? Niente affatto. Insieme ai loro insegnanti, i bambini frequentano corsi di educazione alimentare in cui vengono spiegati gli apporti calorici e vitaminici di tutti i cibi. Il senso di responsabilità che porta questi bambini a coniugare il lavoro con l’istruzione, inoltre, è lo stesso che fa preferire loro alimenti equilibrati rispetto a snacks, torte e coca cola. Recentemente, per esempio, sono stati i NATs a chiedere di ridurre i dolci in mensa in cambio di un maggior apporto di verdure. Cose dell’altro mondo? No, diritto alla partecipazione!
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Bambini con disabilità: vincere le barriere
Cifa a “In piazza s’impara”, Torino Durante i mesi di settembre, ottobre e novembre 2010, a Torino, lo staff di Cifa ha partecipato all’iniziativa “In piazza s’impara”, svoltasi durante varie domeniche, volta a valorizzare la multiculturalità nel quartiere di Porta Palazzo. La presenza di Cifa si è orientata al coinvolgimento dei bambini presenti in giochi, disegni e lettura di fiabe, come forme di sensibilizzazione sui diritti dell’infanzia.
Ti sei mai sentito escluso/a? I bambini, gli adolescenti e gli adulti che hanno difficoltà a vedere, ad apprendere, a camminare o a sentire, spesso si sentono esclusi. Ci sono molte barriere che possono impedire la partecipazione al pari delle altre persone, e molte di queste barriere sono create dalla società. Un bambino o un adolescente su una sedia a rotelle che, per esempio, vuole andare a scuola, a volte non può farlo perché la scuola non ha una rampa e il preside o gli insegnanti non gli offrono sostegno. Perché tutti possano essere coinvolti, dobbiamo cambiare le regole, gli atteggiamenti e persino gli edifici.
tirsi e a vivere una vita felice nella loro comunità. È importante ricordare che i diritti elencati in questa Convenzione non sono diritti “nuovi”. Sono gli stessi diritti riconosciuti nella Dichiarazione UniIl 13 dicembre del 2006, l’Assemblea Generale delversale dei Diritti Umani, nella Convenzione sui dile Nazioni Unite ha approvato la Convenzione sui ritti dell’infanzia e dell’adolescenza e in altri trattati diritti delle persone con internazionali sui Diritti disabilità, che è entrata Umani. La Convenzione in vigore il 3 maggio del sui diritti delle persone “Nella Convenzione sui diritti 2008 (l’Italia l’ha ratificata con disabilità garantisce delle persone con disabilità, apil 3 marzo del 2009). che questi diritti siano rispettati per le persone provata nel 2006, è stato dato Persone con disabilità con disabilità. un particolare rilievo ai bambini differenti, provenienti da diversi paesi del mondo, Particolare rilievo è dato e agli adolescenti, considerando hanno lavorato insieme ai bambini e agli adolei loro bisogni come prioritari.” con i loro Governi per scenti con disabilità; l’Art. creare questa Conven7 prevede, infatti, che “I zione. Si sono ispirate a Governi sono d’accordo iniziative efficaci e alle sull’adottare ogni misura leggi che stavano aiutando le persone con disabilità possibile per assicurare a bambini e adolescenti con ad andare a scuola, a ottenere un lavoro, a diverdisabilità il pieno godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali. Garantiranno che bambini e adolescenti con disabilità possano esprimere le loro opinioni liberamente. Ciò che è meglio per loro deve essere sempre preso in considerazione in modo prioritario”. È importante, quindi, che ognuno di noi si impegni a cambiare atteggiamenti e regole perché i bambini e gli adolescenti con disabilità possano andare a scuola, giocare e prendere parte alle attività che ogni bambino o ragazzo desidera. Luigi Bisceglia
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insegnanti, poi, hanno potuto frequentare corsi di pedagogia, di informatica e di inglese. Infine, tutta la comunità ha partecipato ad attività di sensibilizzazione sui diritti dell’infanzia, volte soprattutto a spiegare agli adulti quanto sia importante proteggere i bambini. Per i bambini e i ragazzi, invece, è stato creato un meccanismo di denuncia degli abusi subiti che si basa sulla cosiddetta “peer education”, ovvero è gestito dai ragazzi più grandi che si prendono cura di quelli più piccoli.
Sono passati ormai quasi 6 anni dallo spaventoso tsunami che, il 26 dicembre 2004, ha colpito il Sud Est Asiatico, portando dietro di sé distruzione e morte. Per Cifa e PKPA (il nostro partner indonesiano), è tempo di bilanci, dal momento che tutti i progetti a favore della piccola e sfortunata isola di Nias sono terminati alla fine di ottobre.
È con grande piacere, quindi, che possiamo ritenerci molto soddisfatti degli interventi a favore dei bambini e dei ragazzi “Grazie alla generosità di tutdi Nias, ma soprattutto siamo fieri dei nostri colti voi, sull’isola di Nias abbialeghi di PKPA che ogni mo permesso a 300 bambini di giorno sono in prima linea per portare conforto tornare a studiare in un ame aiuto ai bambini in difbiente totalmente rinnovato, ficoltà, a causa dei continui terremoti e dei consee più a misura di bambino.” guenti più o meno gravi tsunami.
Grazie alla generosità di tutti voi e al significativo contributo di alcuni donatori pubblici (il centro di Protezione Civile della Regione Veneto), siamo riusciti a ricostruire e ampliare una scuola frequentata da più di 300 bambini e ragazzi. Abbiamo permesso loro di tornare a studiare in un ambiente totalmente rinnovato, e più a misura di bambino. Abbiamo allestito un laboratorio informatico, una biblioteca fruibile da tutti i bambini della comunità, un campo da calcio e una sala polifunzionale attrezzata anche per il teatro e la danza tradizionale indonesiana.
A conferma di tutto ciò, segnaliamo il forte terremoto che, lo scorso 25 ottobre, ha colpito le isole del distretto di Mentawai nella Provincia Ovest di Sumatra. Al terremoto è seguito uno tsunami con onde che sono arrivate a tre metri di altezza, che hanno causato la morte di decine di persone e danni seri a edifici e abitazioni. I primi dati che ci sono stati forniti parlano di almeno 113 morti e di più di 3000 persone che sono state costrette a fuggire dalle loro case, per raggiungere luoghi sicuri nelle zone più lontane dalla spiaggia. Almeno altre 500 persone risultano disperse.
Sapevamo, però, che un bell’edificio non sarebbe stato sufficiente a migliorare la qualità dell’offerta formativa per i bambini di Nias. Perciò, grazie a un’ottima collaborazione con le autorità locali e grazie alla bravura degli educatori di PKPA, abbiamo coinvolto le direzioni scolastiche e tutti i docenti in un percorso che permettesse loro di elaborare un programma triennale specifico per ogni singolo istituto, e ogni singola classe. Tali nuovi programmi sono interamente focalizzati sui bambini e i ragazzi che sono stati direttamente coinvolti e interpellati durante la progettazione. Grazie a questo nuovo approccio, accanto alle materie curriculari tradizionali sono state inserite nuove attività artistiche, culturali e sportive. Gli
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Da Nias a Mentawai: bambini ed emergenze
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I nostri colleghi di PKPA si sono subito mobilitati e hanno fatto parte del primo gruppo di soccorritori che hanno raggiunto le isole colpite. Una squadra composta da 4 esperti (un medico, un’infermiera, uno psicologo e un coordinatore) si è recata sul posto per constatare rapidamente quale fosse la situazione dei bambini e per fornire loro assistenza sanitaria di base, cibo, supporto psicologico, vestiti e protezione. Lo staff di PKPA ha inoltre organizzato e poi formato un gruppo di volontari in loco in modo da estendere, il più velocemente possibile, la rete di protezione per i bambini e i ragazzi.
ManipolAzioni a Torino: una festa nel nome dei diritti dei bambini Tanti bambini che disegnano e dipingono su una grande tela, che riscoprono le loro capacità artistiche e sensoriali, che giocano e si divertono. Non è un semplice laboratorio artistico, ma... il compleanno di tutti loro. E di tutti i bambini del mondo.
In Indonesia, dunque, le emergenze non finiscono mai, ma grazie a persone preparate e piene di passione gli interventi a favore delle vittime, e in particolare dei bambini, diventano sempre più efficaci. Sarà nostra cura tenervi aggiornati sulla situazione dei bambini sulle isole del distretto di Mentawai. Luigi Bisceglia Responsabilità sociale d’impresa: Cifa a Lucca
Il 20 novembre, anniversario della ratifica della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, è infatti un secondo compleanno per ogni bambino: un evento da festeggiare, in quanto sancisce il ruolo fondamentale del bambino nella società e i suoi diritti fondamentali.
La responsabilità sociale rappresenta una nuova e interessante frontiera per le aziende. Adottando procedure e comportamenti che abbiano una ricaduta positiva nel sociale, le imprese possono infatti riscoprire una serie di vantaggi che risultano determinanti per la stessa competitività aziendale.
A Torino, Cifa ha scelto di celebrare il 20 novembre con l’evento ManipolAzioni, consentendo il pieno protagonismo dei bambini che hanno partecipato.
Presso la sede di Assindustria a Lucca, lo scorso 19 novembre, Cifa ha illustrato come la tutela dei diritti dei bambini sia una strada che può essere percorsa, fianco a fianco, da enti profit ed enti non profit. In questo senso, la reale partecipazione dell’azienda nella realizzazione di progetti per l’infanzia disagiata nel mondo può costituire un’opportunità preziosa, e interessante, di crescita. Una crescita della stessa azienda, del volume dei progetti realizzati, dei bambini che possono trovare un pasto caldo in più, un medico che li possa curare o una scuola in cui poter studiare. Vogliamo ringraziare in modo particolare Andrea Guidi, Presidente di Assindustria Lucca, e Franca Severini, Presidente del Coordinamento per l’Imprenditoria Femminile. Ringraziamo inoltre Andrea Frascati, HR manager di Smart p@per, Alessandro Beda, consulente della Fondazione Sodalitas, e tutti coloro che hanno partecipato.
Cifa ringrazia per la collaborazione la Casa del Quartiere di San Salvario, che ci ha ospitati, e il Consorzio ONG piemontesi, che ha allestito per l’occasione i pannelli della mostra “Insieme per i diritti dell’infanzia”. Ringraziamo inoltre tutte le persone e i volontari che hanno contribuito alla realizzazione dell’evento.
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Muna, Kalkidan, partiamo da una domanda che potrebbe essere banale. I bambini coinvolti nel progetto sanno di avere l’AIDS?
Dipende. Per legge, l’età in cui può essere detto ai bambini che sono affetti dal virus HIV è 15 anni. Muna e Kalkidan sono due ragazze che vivono ad In realtà questo limite è fittizio, sia perché molti Addis Abeba, in Etiopia. Hanno circa 25 anni, hanno genitori scelgono di dirlo ai propri figli appena ne terminato da poco l’università e parlano un inglese vengono a conoscenza, sia perché i bambini, molto incredibilmente fluente. Non sono diverse da molti spesso, affrontano discriminazioni da parte dei coedei loro coetanei che vivotanei e degli adulti prima no in Europa o nel resto ancora di esserne persodel mondo: escono con gli nalmente al corrente. Ci “Il vero problema dei retroviamici, hanno un profilo sono poi tante altre eccerali è che devono essere affianFacebook e preferiscozioni. Una ragazza di 16 no mangiare spaghetti e anni coinvolta nel progetcati a un’alimentazione ricca e coca-cola piuttosto che i to, per esempio, è ancora corretta, a cui spesso i bambini piatti della tradizione loall’oscuro di tutto perché cale, come l’injera. Kalkii genitori vogliono che beneficiari non possono accededan è assistente sociale, termini i corsi di avviare a causa delle condizioni ecoMuna è infermiera. mento professionale che sta attualmente frequennomiche delle loro famiglie.” Nonostante la giovane tando: hanno paura che la età, sono impegnate in un consapevolezza di essere lavoro di alta responsabilità, che stanno svolgendo malata possa portarla ad abbandonare i corsi. egregiamente: le due ragazze fanno parte dello staff del nostro partner locale IFSO, che ci aiuta nella reaQuali sono le loro condizioni di salute, in generalizzazione del progetto “Insieme contro l’AIDS”. Lavole? I farmaci retrovirali hanno effetti collaterali? rano sempre insieme, passando le giornate tra il conIn generale stanno abbastanza bene, a condizione sultorio per famiglie e bambini (counseling center) e che continuino a prendere regolarmente i farmaci le visite alle case dei beneficiari del progetto. Abbiamo [pillole che vanno assunte due volte al giorno, per tutta deciso di intervistarle per sapere qualcosa di più sul la vita, NdR]. All’inizio queste medicine possono problema dell’HIV in Etiopia, sulla loro attività con i causare sfoghi cutanei, certo, ma niente che, in libambini, ma anche per vedere e capire il progetto di nea di principio, possa impedire a questi bambini Cifa attraverso gli occhi e le parole di chi, giorno dopo di andare a scuola, giocare, studiare e vivere norgiorno, si impegna per realizzarlo concretamente.
Piccolo dizionario Retrovirali: farmaci che riducono e contengono la replicazione del virus dell’HIV. Malattie opportunistiche: infezioni trasmesse da microrganismi che non sono abitualmente causa di malattia, ma che in certe circostanze (come quando, a causa dell’HIV, le difese immunitarie sono molto basse), possono portare a gravi complicazioni. Injera: piatto tipico etiope; è una focaccia sottile e spugnosa preparata con il teff, che spesso viene servita insieme a carne o verdure. Teff: tipologia di frumento, simile al miglio, che cresce solamente in Etiopia.
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Etiopia, progetto HIV: intervista alle operatrici
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malmente. Il vero problema è che i retrovirali devono essere affiancati a un’alimentazione ricca e corretta, a cui spesso questi bambini non possono accedere a causa delle condizioni economiche delle loro famiglie.
Il decalogo per la tutela degli orfani dell’AIDS 1. Rafforzare la tutela e l’assistenza dei bambini orfani all’interno della famiglia allargata e delle comunità, inclusa la loro titolarità a ereditare i beni dei genitori defunti. 2. Migliorare la condizione economica delle famiglie coinvolte. 3. Aumentare le capacità delle famiglie e delle comunità di rispondere ai bisogni psicosociali degli orfani e dei bambini vulnerabili. 4. Collegare la tutela degli orfani a tutti gli altri interventi di prevenzione e cura dell’HIV/AIDS. 5. Focalizzare gli interventi su tutti i bambini a rischio, non solo sugli orfani. 6. Prendere in considerazione le differenze di genere e le relative discriminazioni. 7. Considerare bambini e adolescenti parte della soluzione, non parte de problema, e coinvolgerli di conseguenza. 8. Rafforzare il sistema scolastico ed estendere l’accesso all’istruzione (formale e non). 9. Contrastare lo stigma e la discriminazione sociale. 10. Far circolare le informazioni e le esperienze maturate sul campo. 11. Creare alleanze a tutti i livelli tra strutture pubbliche, agenzie internazionali, ONG, organizzazioni comunitarie e religiose, imprenditoria, media, etc. 12. Fare in modo che l’assistenza esterna non crei dipendenza: famiglie, comunità e bambini devono essere protagonisti attivi degli interventi in loro favore.
Chi fornisce questo tipo di farmaci? Sono messi a disposizione gratuitamente dal governo. A volte lo stato contribuisce, ma non sempre, a finanziare altri mezzi per la prevenzione del virus, tra cui i preservativi per quelle famiglie che non possono permettersi di acquistarli. Ultimamente, in via sperimentale, sta iniziando una campagna di educazione sessuale nelle scuole che comprende la distribuzione di preservativi ai ragazzi. Farmaci retrovirali, da prendere per tutta la vita. Vengono sempre accettati, dai bambini e dai genitori? All’inizio qualche genitore è dubbioso, ma quando si spiega bene che questi farmaci possono salvare la vita e bloccare l’avanzata del virus, non c’è più alcuna resistenza nell’assumerli. Questo succede ad Addis Abeba, naturalmente, che è una grande città. Purtroppo ci sono ancora zone molto arretrate del nostro paese dove, per curare ogni tipo di malattia, la gente preferisce utilizzare l’acqua santa ai medicinali, anche nel caso dell’HIV. Ultimamente, per fortuna, la Chiesa locale [in Etiopia la religione dominante è quella cristiana copta, NdR] si è esposta, esortando ad utilizzare le medicine moderne a fianco dei rimedi tradizionali. Al giorno d’oggi, i bambini affetti da HIV vengono emarginati oppure riescono a stare serenamente con gli altri bambini?
Fonte: Documento finale della XIII Conferenza Internazionale sull’AIDS, Durban (Sudafrica) luglio 2000
Dipende. Alcune famiglie tendono ad isolare i propri bambini dai loro coetanei per paura del giudizio sociale, vergognandosi di far sapere che il proprio figlio è malato di AIDS. Viceversa, i genitori di alcuni bambini sani impediscono ai propri figli di giocare e avere a che fare con i bambini malati. Sempre più spesso, però, una conoscenza del problema e delle reali dinamiche della malattia fa sì che il livello di discriminazione diminuisca, e che i bambini possano socializzare tra loro indipendentemente dal fattore HIV. Sono tutti bambini, sono tutti uguali, è giusto che vivano insieme!
Naturalmente, ci sono sempre molte più richieste di quelle che si possono accettare… Però noi inseriamo tutti quanti in una specie di lista d’attesa, in modo da non vanificare la speranza di entrare nel progetto. E la lista, inoltre, funziona sul serio. Quando qualche bambino esce dal progetto, per qualsiasi ragione, al suo posto subentra chi era in lista dopo di lui, nel limite dei 100 beneficiari.
Nel progetto sono coinvolti circa 100 bambini. Molti altri che vivono ad Addis, naturalmente, sono affetti da HIV, e i mezzi del progetto non consentono di aiutarli tutti. È una domanda difficile ma… come vi regolate nei confronti di “chi resta fuori”, e magari chiede aiuto?
Finora abbiamo parlato dei bambini, ma il progetto “Insieme contro l’AIDS” comprende anche benefici per i loro genitori. Per esempio l’avvio di attività generatrici di reddito, per cercare di togliere le famiglie dalla povertà. Come sta andando quest’aspetto del progetto?
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Come aiutarli? Insieme a Cifa, puoi offrire un aiuto concreto ai bambini di Addis Abeba affetti da HIV e in particolari condizioni di povertà. Ecco come: 1 - Sostieni il progetto “Insieme contro l’AIDS”. In questo modo contribuirai alla realizzazione delle nostre attività in loco e potrai garantire una vita migliore a 100 bambini e alle loro famiglie. 2 - Sostieni a distanza un bambino affetto da HIV, e scegli di accompagnarlo verso la vita adulta. Cerca, all’interno di questo giornale, il modulo per aderire al programma SAD o per sostenere il progetto. Puoi anche aderire online, sul nostro sito www.cifaong.it
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adulti ricade pesantemente sui bambini. Un altro Molto bene, davvero! Noi proponiamo alle famipunto debole sono i costi per gli alimenti extra, che glie, che di solito sono molto povere e totalmente a volte risultano indispensabili. Se un bambino va sfiduciate nei confronti della vita, un prestito iniin ospedale, magari a causa di una malattia opporziale per cominciare un lavoro, solitamente tra le tunistica correlata all’HIV, nel momento in cui viemura di casa. Sono le stesse famiglie a suggerire ne dimesso avrebbe bisogno di mangiare più del quello che vorrebbero fare: per esempio creare solito per un consistente piccoli oggetti di artigianumero di giorni. Ma nato, preparare injera dal stiamo parlando di bamteff e rivenderla, vendere “Noi proponiamo un prestito inibini che, a casa propria, uova e verdure, fare puziale per cominciare un lavoro, hanno solo lo stretto indilizie nel vicinato. Viene spensabile. così iniziata una nuova che viene scelto dalle stesse famiattività commerciale, che glie. Quando l’attività è avviata, Muna, Kalkidan, grazie serve a sostenere il nuper averci concesso un cleo familiare. Dopo un ci si aspetta che il prestito venpo’ del vostro tempo! certo periodo di tempo, ga restituito. L’obiettivo è creil prestito iniziale viene Di nulla. Il progetto sta restituito. Lo scopo delare sviluppo, non dipendenza.” dando alcuni risultati le attività generatrici di davvero positivi, e spereddito è infatti proprio riamo che Cifa continui a questo: evitare di creare supportarlo. dipendenza e stimolare l’intraprendenza di ciascuno. Il progetto sta effettivamente dando i risultati sperati. Quasi tutti i bambini fanno un uso corretto dei Ci dite se, secondo voi, il progetto può essere mifarmaci retrovirali, e migliora anche l’integrazione gliorato in qualche suo aspetto? Se ha dei punti tra bambini “malati” e i loro coetanei. Nelle scorse deboli? settimane, anche grazie alla segnalazione di Kalkidan e Muna riportata nell’intervista, sono state Per esempio… a parte le attività generatrici di redallocate nuove risorse nel progetto per garantire dito, che coinvolgono l’intero nucleo familiare, il alimenti supplementari ai bambini che ne hanno progetto è focalizzato più sui bambini e meno sugli bisogno, ed è stato potenziato il programma di senadulti. Molto spesso, però, quello che accade agli sibilizzazione sulle tematiche della prevenzione a beneficio delle famiglie. Daniele De Florio
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Tutti i progetti in corso
mento al diritto al nome, a beneficio di 60mila bambini in diversi villaggi della Cambogia. Il progetto è finanziato dalla CAI, e realizzato insieme alla Comunità di S. Egidio, Aipa, Ariete, Famiglie e minori, Lo Scoiattolo.
Cifa si è impegnato in vari paesi del mondo nella realizzazione di progetti di emergenza, progetti di cooperazione di medio-lungo termine e programmi di sostegno a distanza. Oggi abbiamo progetti e sostegni a distanza in corso in Asia, in America Latina e in Africa.
ETIOPIA Fiori che rinascono Il progetto, realizzato nella capitale Addis Abeba, è finalizzato alla tutela di 182 bambini, ragazzi e ragazze che sono stati vittime di abusi sessuali. L’obiettivo è di riuscire gradualmente a reinserirli nella società, superando i traumi subiti. Il progetto è realizzato in collaborazione con Il Sole Onlus.
CAMBOGIA Anch’io so leggere e scrivere! Il progetto assicura l’istruzione primaria a 85 bambini di strada o ad alto rischio di emarginazione sociale. Ai beneficiari vengono assicurate cure mediche e alimentazione adeguata. Adottando forme di educazione informale, si previene l’abbandono scolastico e si facilita il reinserimento nelle scuole.
Insieme contro l’AIDS Il progetto intende migliorare le condizioni di vita di 100 bambini e ragazzi affetti da virus HIV appartenenti a famiglie povere, le quali non possono sostenere le spese per le cure dei figli né tantomeno per la loro istruzione scolastica.
Via del Campo Il progetto vuole migliorare le condizioni di vita di 50 bambini a Poum Thmey, quartiere a luci rosse alla periferia di Sihanoukville. Ai bambini beneficiari viene garantita protezione, assistenza medica e programmi di educazione alternativa, proteggendoli dal rischio di un ingresso nel mercato della prostituzione minorile.
FILIPPINE Ogni bambino ha diritto a una famiglia! La presenza di un nucleo familiare è essenziale per la crescita e lo sviluppo di un bambino. Per questo motivo il progetto di Cifa si impegna a trovare genitori affidatari per 105 bambini di strada, oppure a riprendere i contatti con le loro famiglie d’origine.
Vite da riprendersi Il progetto interviene su 30 donne sessualmente sfruttate che operano nella capitale Phnom Penh, aprendo un consultorio psicosociale a loro beneficio e un asilo nido per ospitare e tutelare i loro bambini. Il progetto è frutto della collaborazione con Ecpat Italia e Il Sole Onlus.
PERÙ NATs: scuola, lavoro, diritti Il progetto offre un percorso educativo informale e di qualità a 670 bambini che non hanno mai frequentato la scuola o che l’hanno abbandonata. Ai bambini è inoltre offerto pieno sostegno alimentare e sanitario. Il Cifa si relaziona con i NATs, organizzazioni di bambini e adolescenti peruviani che si tutelano e sostengono vicendevolmente.
Diritto al nome Il progetto realizza una campagna di sensibilizzazione sui diritti dell’infanzia, con particolare riferi-
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SOSTIENI UN PROGETTO Cognome ............................................................ Nome..................................................................... Denominazione (se azienda, classe, ente o gruppo)............................................................................. Codice Fiscale o Partita IVA............................................................................................................... Data di nascita ................................................... Nazionalità........................................................... Indirizzo ............................................................................................................................................... CAP ............................... Città........................................................................... Prov ....................... Tel. ....................................................................... Cell......................................................................... E-mail .................................................................................................................................................... Professione: Lavoratore autonomo Dipendente Pensionato Libero professionista
Studente Casalinga Altra attività .......................................
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CAMBOGIA - Anch‘io so leggere e scrivere! CAMBOGIA - Via del Campo CAMBOGIA - Vite da riprendersi ETIOPIA - Fiori che rinascono (Foster Homes) ETIOPIA - Insieme contro l’AIDS FILIPPINE - Ogni bambino ha diritto a una famiglia! PERU’ - Scuola, lavoro, diritti Dove c‘è più bisogno (equivalente a donazione liberale)
EFFETTUO IL VERSAMENTO DELL’IMPORTO DI EURO ................................................... A MEZZO:
Versamento su C/C POSTALE N° 38588711 BONIFICO su BANCO POSTA IBAN IT 19 Q 07601 10300 000038588711 Importante: leggi le note relative alla causale di pagamento sul retro di questa scheda
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SOSTIENI UN PROGETTO Attenzione: tutti i versamenti sono da intestare a CIFA Onlus. Inserire nella causale: “Donazione Libera” oppure “Donazione a favore del progetto...(indicare il nome del paese) La presente scheda, compilata in ogni parte e firmata, con allegata copia della ricevuta del versamento o del bonifico, deve essere INVIATA VIA FAX al numero 011.4338029 o via e-mail all’indirizzo sad@cifaong.it o a mezzo posta al seguente indirizzo: CIFA Onlus - Direzione Cooperazione Via Ugo Foscolo, 3 10126 Torino DEDUCIBILITA’ Le tue donazioni a CIFA Onlus sono deducibili dalle tasse Persone fisiche Art. 14, Legge 80/05: le donazioni alle ONLUS sono deducibili dalle tasse nel limite del dieci per cento del reddito complessivo dichiarato, e comunque nella misura massima di 70.000 euro annui. Art. 15, comma 1, lettera i-bis D.P.R. 917/86: dall’imposta lorda si può detrarre un importo pari al 19 per cento delle erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 2.065,83 EUR (4 milioni di lire), a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus). Imprese Art. 14, decreto legge n. 35/2005: le liberalità in denaro o in natura erogate dalle persone fisiche e da enti soggetti all’imposta sulle società in favore delle O.n.l.u.s. sono deducibili fino al 10% del reddito complessivo e comunque non oltre 70.000 EUR/anno. Art. 100, comma 2, lettera a) d.P.R. 917/86: sono deducibili le erogazioni liberali a favore di organizzazioni non governative, per un ammontare complessivamente non superiore al 2% del reddito d’impresa dichiarato. Art. 100, comma 2, lettera h) d.P.R. 917/86: sono deducibili le erogazioni liberali in denaro, per un importo non superiore a 2.065,83 EUR o al 2% del reddito d’impresa dichiarato, a favore delle O.n.l.u.s. Art. 27, legge 133/99 e d.p.c.m. 20/06/2000: sono deducibili le erogazioni liberali in denaro (o in natura) in favore delle popolazioni colpite da eventi di calamità pubblica o da altri eventi straordinari anche se avvenuti in altri Stati, per il tramite (anche) delle organizzazioni non governative (non vi sono limiti massimi di deducibilità).
Informativa ai sensi dell’ art. 13, d.lgs. 196/2003 I dati saranno trattati da CIFA Onlus, titolare del trattamento, Via Ugo Foscolo, 3 10126 Torino, per le operazioni connesse alla donazione, per informare su iniziative e progetti realizzati anche grazie al contributo erogato e per inviare il giornalino ed il materiale informativo riservati ai sostenitori e per campagne di raccolta fondi. Previo consenso, le informazioni potranno essere inviate anche via e-mail. I dati saranno trattati esclusivamente dalla nostra associazione e dai responsabili preposti a servizi connessi a quanto sopra; non saranno comunicati né diffusi né trasferiti all’estero e saranno sottoposti a idonee procedure di sicurezza. Gli incaricati del trattamento per i predetti fini sono gli addetti a gestire i rapporti con i sostenitori ed i sistemi informativi, all’organizzazione campagne di raccolta fondi, a preparazione e invio materiale informativo. Ai sensi dell’art. 7, d.lgs. 196/2003, si possono esercitare i relativi diritti fra cui consultare, modificare, cancellare i dati od opporsi al loro trattamento per fini di invio di materiale informativo rivolgendosi al titolare al suddetto indirizzo, presso cui è disponibile, a richiesta, elenco dei responsabili del trattamento.
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Viaggio a Sud-Est: dalle Filippine al Vietnam
Sociale, signora Gina Escalante, hanno avuto parole di apprezzamento e di stima nei confronti del Cifa e del lavoro svolto nella preparazione delle coppie adottive. Soprattutto, è stata apprezzata la disponibilità di accoglienza delle nostre coppie per bambini anche di 7 o 8 anni di età.
Dal 2002 ad oggi sono arrivati in Italia circa sessanta bambini filippini adottati da famiglie Cifa, ma mai prima d’oggi ci eravamo presentati in modo ufficiaL’ICAB ci ha tenuto a sottolineare come sia per le all’autorità centrale filippina, l’ICAB (Internatioloro importante l’onesta compilazione della checknal Country Adoption Board), per farle conoscere list, quale indicazione della reale disponibilità delle il Cifa e i diversi modi con cui il nostro ente tutela coppie verso problematiche sanitarie e psicosociali. i diritti dei bimbi filippini: Hanno infatti confermal’adozione e la cooperato il loro diverso approczione. È stato un incontro cio rispetto ad alcune “In Vietnam, la realtà dell’adocordiale dove lo scambio problematiche sanitazione internazionale sta per camdi informazioni ha dimorie che, per esempio in Cina, rendono i bambini strato come la competenbiare radicalmente. Questo paese parte di una lista speciaza dell’ICAB in materia di del Sud-Est asiatico si apprele, mentre “per noi sono procedure adottive e Convenzione dell’Aja non sia bambini normali”, come sta a ratificare la Convenzione da loro direttamente riseconda a nessuno. dell’Aja del 1996 e quindi tutto ferito. La Direttrice Esecutiva, sicambierà presto, anche se non Dopo l’ICAB ho visitato gnora Bernadette Abejo, possiamo ancora sapere come.” la Holt Foundation, un e la responsabile dell’area
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Adozione
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Ente privato che si occupa di minori abbandonati e/o in difficoltà. I bambini non sono ospiti in istituto ma presso famiglie affidatarie, alcune volontarie e altre che ricevono un compenso per l’accoglienza dei minori.
Non lontano da qui, a Calauan Laguna, sta sorgendo un “ghetto” vero e proprio: casette fatte di una sola stanza, dieci metri per dieci, dove vivono famiglie di 6, 8 e anche 10 persone, sotto il sole cocente, senza un albero che renda più sopportabile la calura. Qui, ai piedi di una montagna che sta franando, È stata poi la volta del Reception and Study Center vivono oggi circa 25.000 persone. Quando questa for Children (NCR) a Manila e poi dell’Hospicio de nuova città avrà terminato la sua crescita, probabilSan Jose and Kaisahang mente senza aver svilupBuhay Foundation. Sono pato scuole o altre strutdue realtà molto diverse ture sociali, ospiterà più “Manila è un inferno di smog, per dimensioni ma non di 25.000 famiglie per un per la sostanza: bambini, totale previsto di 100.000 traffico e code interminabili: forse tanti bambini, tutti abpersone. Qui ho incontraquesta è la parte della mia visita bandonati, orfani e non, to Padre Salvador Pablo alcuni con gravi problemi dei Salesiani di Don Boalle Filippine che ricordo meno vosanitari e quindi con nessco. Padre Pablo è la sola lentieri. Ma tutto il resto mi è risuna speranza di un futufigura ufficiale del luogo; ro migliore o di una familui si occupa delle anime masto nel cuore, come sempre, dai glia adottiva. La pulizia ma anche della sicurezza, sorrisi dei bambini alla gentilezza e la cura, l’attenzione e e infatti viaggia su una l’amore che circonda quemotoretta con tanto di delle persone con cui ho parlato.” sti bambini sono notevoli lampeggiatore, come un e riscaldano il cuore, renpoliziotto che si rispetti. dendo meno angosciante vederli, abbracciarli e poi doverli lasciare. In questi giorni Suor May mi è stata fedele guida e compagna di viaggio. Il suo volto sorridente e il suo Ho anche visitato il progetto di Cifa a Victoria Laguitaliano dal dolce accento, ricordo di un noviziato na “Ogni bambino ha diritto ad una famiglia”, un centro lontano nel tempo ma sempre vivo nei suoi ricorche accoglie bambine e ragazze abbandonate offrendi, sono il legame più vivo fra le Filippine e l’Italia. do loro scolarizzazione e una prospettiva per il futuSuor May ricorda ogni bimbo, il suo nome, il luogo ro. Il progetto è strutturato in piccoli gruppi di 7/9 da cui proviene e i suoi nuovi genitori. Alcuni la ragazze per ogni casetta, dove le più grandi si prenrichiamano, anche solo per un saluto, gli auguri di dono cura delle più piccole e tutte vivono una vita Natale o per sapere come sta, altri sono già tornati a familiare in cui ciascuna ha il proprio ruolo. Immerso trovarla mentre riportano i loro bambini a rivedere nel verde, il centro è una vera oasi di pace in una realil paese in cui sono nati. Anche questo mi ha fatto tà di povertà e degrado, a volte dai tratti drammatici. molto piacere. Mi rendo conto di non aver fatto nemmeno accenno a Manila, una dimenticanza involontaria o forse voluta. Manila è un inferno: smog, colonne di auto senza fine, un traffico infernale in cui 7 chilometri possono voler dire due ore di coda. Ecco, questa è la parte delle Filippine che dimentico volentieri, mentre tutto il resto mi è rimasto nel cuore, come sempre: nostalgia e tristezza per i bambini che incontro e che lascio, specchi viventi dei loro paesi e dell’umanità che questi racchiudono, sempre fonti di grandi insegnamenti.
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La storia di Fanli, una bambina di 8 anni nata in Cina, è una storia di adozione come tante altre, con le sue gioie, le sue difficoltà, le attese, il momento magico dell’incontro e della formazione di una nuova famiglia, e tutto ciò che ne segue. Grazie a Mariella e Stefano, genitori della bambina, ripercorriamo insieme le ultime tappe di questo percorso dal momento della partenza per la Cina, avvenuto lo scorso mese di Luglio, ad oggi. Alla narrazione si aggiungono i commenti della psicologa Laura Piacenti, di Cifa. L’incontro con Cifa è stato più o meno casuale, come succede nel genere di cose dove il cuore occupa uno spazio maggiore rispetto alla ragione. Certo è che, in men che non si dica, ci siamo trovati a firmare l’incarico dando la nostra disponibilità per la lista speciale dei bambini di età maggiore di 7 anni e ad avere la segnalazione della bambina di 8 anni che ci stava aspettando ad Harbin, città del nord-est della Cina. Con la sensazione di essere del tutto impreparati e con una quantità infinita di cose da fare, il 2 luglio 2010 siamo partiti.
Un volo, uno scalo e poi sono ad Hanoi. Sempre la stessa o forse no, forse molto diversa, parata a festa per festeggiare i suoi mille anni di storia. La realtà dell’adozione internazionale in questo paese sta per cambiare radicalmente: il Vietnam si appresta a ratificare la Convenzione dell’Aja e quindi tutto cambierà presto, anche se non sappiamo come. Il Vietnam è un paese sorprendente: francesi e americani ne hanno calpestato il suolo e hanno provato a fare lo stesso con i suoi abitanti: questi, però, sono ancora lì, nella terra che difendono da secoli, piccoli e magri, con un bel sorriso sul volto e le donne, eleganti nel loro Hoa Dai, che ti accolgono in casa con gentilezza e cordialità.
Partenza da Fiumicino venerdì sera, come da prassi, per essere a Pechino sabato e ripartire domenica mattina per Harbin, accompagnati dai referenti locali che, con discrezione, ci hanno seguiti e sostenuti durante tutto il nostro soggiorno. Parlare di cuore in fibrillazione non è sufficiente per descrivere le infinità di emozioni che dirompevano dentro di noi! Abbiamo subito riconosciuto le diverse abitudini di un luogo straniero nei due letti singoli della stanza, un poco triste, dell’hotel; ma la vista sulla piazza e sul fiume ha permesso a luci e atmosfere di questa terra così lontana di penetrare nel nostro mondo.
Il Vietnam è, da sempre, un paese molto amato dalle coppie adottive, i bambini e le bambine che ne provengono sono sempre stati molto piccoli e per questo desiderati e sognati. Ci auguriamo che tutto possa riprendere al più presto ma siamo sicuri che le cose saranno diverse. La ratifica della Convenzione dell’Aja porta con sé più trasparenza e correttezza nelle procedure adottive: quindi anche tempi più lunghi e bambini più grandi? Ambra Enrico
Lunedì: giorno dell’incontro! Sempre in compagnia del nostro referente Cifa, siamo andati al Centro Adozioni della provincia: un ufficio in cui avvengono gli incontri che cambiano la vita. Tutto era preparato con cura e Fanli era già lì, che ci aspettava con le sue assistenti! È bastato un cenno e Fanli si è lanciata tra le nostre braccia, e da quel momento non ci siamo più lasciati! A pranzo, in hotel, sollecitati da nostra figlia, abbiamo festeggiato con una serie di brindisi che suggellavano il nostro incontro, il nostro “sodalizio”!
Sul nostro sito...
E da lì ha veramente preso il via la nostra nuova vita familiare! Il primo giorno Fanli ci ha chiamati e nominati un miliardo di volte, quasi avesse bisogno di sentire la sua voce a conferma di ciò che stava succedendo: avere una mamma e un papà! Prima di partire, fra le tante cose, ci chiedevamo come avremmo fatto a capirci. Noi avevamo provato a imparare un po’ il cinese, ma ovviamente il nostro vocabolario si era arricchito solo di qual-
Vieni su www.cifaong.it per conoscere il nostro progetto nelle Filippine “Ogni bambino ha diritto a una famiglia” e contribuire alla sua realizzazione, oltre che per ottenere informazioni sulle procedure adottive in Vietnam e nelle Filippine.
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La storia di Fanli
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do, ma che continua ancora oggi. Distratta da mille stimoli, abbiamo sempre avuto la sensazione che la cosa più importante fosse contenerla e porle dei limiti, oltre a dimostrarle il nostro affetto (cosa semplicissima!) Fanli stessa ci ha detto che nelle notti insonni prima del nostro incontro pensava, probabilmente cercando di consolarsi da sola, alle molte bambole che avrebbe avuto. Il suo desiderio di avere è continuo; a volte momento Fanli è ancora convinta di aveè stata chiara sia nel manifestare troppo poco, rispetto agli altri bambini. Questa re la sua gioia che i suoi bisomisto di ansia, agitaziogni: dopo il ‘rito iniziatico’ del ne, paura, gioia e curiosità ci ha accompagnati pranzo hanno preso il via le rifino ad oggi e non ci ha chieste, che sono state continue ancora lasciati!
che parola. Per questo motivo, con l’aiuto dell’insegnante, avevamo preparato una serie di biglietti cinese-italiano che ci hanno aiutato nella comunicazione del primissimo periodo. Fanli si è subito rivelata una bambina intelligente e intuitiva, dotata di quell’intuizione che consente ai bambini di capire tutto senza bisogno di parole. Di fatto, per quelle che erano le nostre necessità, possiamo dire che ci siamo capiti benis“Fin dal primo simo!
“L’incomprensione linguistica è spesso temuta dai genitori adottivi, soprattutto quelli che accoglieranno un bambino grandicello… Come e pressanti: gelati, caramelle, Ricordiamo ancora la folse la comunicazione giochi. Questa è una condizione lia di quando siamo enavvenisse solamente trati in un grande magazcon la comprensione che lentamente va migliorando, zino a comperare qualche linguistica! I modi ma che continua ancora oggi..” vestito: lei si muoveva per capirsi con le pacon la massima disinvolrole sono tanti, certo, tura e comunicava con ma sono altrettanto tutti, chiedendo vestiti, scarpe e accessori Barbie. In importanti l’intonazione, il linguaggio non verquella situazione ci siamo subito trovati ad essere bale e la mimica facciale. Ultimo, ma forse più genitori, con naturalezza, e subito impegnati a conimportante, è il gioco: la lingua universale di tenere, contenere, contenere... tutti i bambini.” Fin dal primo momento Fanli è stata chiara sia nel manifestare la sua gioia che i suoi bisogni: dopo il rito iniziatico del pranzo siamo usciti e lì hanno preso il via le richieste, che sono state continue e pressanti: dai gelati, alle caramelle, ai giochi. Questa è una condizione che lentamente va miglioran-
“Talvolta i bambini adottivi sollecitano prepotentemente i genitori sulla fermezza educativa chiedendo continuamente acquisti di giochi, di vestiti e di tante altre cose che, come spiega bene questa bambina, fanno anche parte del sogno di avere, come per colmare vuoti che si sono fatti sentire nel tempo. Ma è proprio la presenza di genitori attenti, affettivi e contenitivi che può lenire questa mancanza.” Sia in Cina che in Italia, Fanli non resisteva in hotel troppo a lungo: aveva bisogno di muoversi, di entrare a contatto con la gente, con cui si faceva delle gran chiacchierate. È una bambina molto socievole e allegra e tutti le vogliono bene. Se, con la mamma, il momento della cura personale (lavarsi, vestirsi, pettinarsi), ha permesso di stabilire un contatto di complicità o di duro confronto non mediato dalle parole, con il papà la creazione della relazione è avvenuta soprattutto attraverso il gioco, la lotta, i salti e le corse. A Pechino, con noi, c’erano altre due famiglie adottive con bambini più piccoli. La relazione con loro è stata bella, un po’ perché Fanli - probabilmente abituata ad accudire i bambini più piccoli - si trovava a suo agio, un po’ perché poteva allargare le sue relazioni con l’esterno, che si rivelavano importanti come l’intimità familiare.
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“Il silenzio, come l’angoscia e il timore verbalizzati, sono modalità espressive diverse di stati d’animo che, difficilmente, vengono tradotti in parole. Sono emozioni mute che hanno bisogno di trovare nel contenimento affettivo ed emotivo dei genitori la possibilità di una rielaborazione dei vissuti connessi.” Quando siamo arrivati a Roma, per Fanli è veramente “cambiata la musica”: i suoni della nostra città e della nostra lingua sono veramente diversi. Così come noi, a volte, percepivamo la diversa musicalità del cinese, sicuramente lei ha sentito l’italiano come troppo poco musicale, e a volte la diversità dei toni è stato motivo di fraintendimenti. Se con noi si preoccupava di non vederci arrabbiati, con gli estranei era eccessivamente affettuosa e compiacente, bisognosa di piacere a tutti.
I primi mesi sono stati un’iniziazione alla vita, Fanli non sapeva nulla di questo mondo e si muoveva come un uccellino, cercando riferimenti che le potessero far capire come muoversi. Per fortuna, nel piccolo campeggio al mare, abbiamo incontrato due bambine austriache che, ancora una volta senza la mediazione linguistica, le hanno impartito le prime lezioni di vita giocando. Ora quell’uccellino si è rinforzato: basti pensare che da luglio è cresciuta di 8 centimetri, e incomincia a sostituire i silenzi con le rispostacce!
Questo atteggiamento è andato via via scemando, ora è più sicura di sé e ha meno bisogno di conferme dall’esterno. La paura del buio rimane, e per il primo mese abbiamo dovuto dormire con lei nella sua cameretta. Le era veramente impossibile dormire da sola, abituata a condividere il sonno con altri 10 bambini e il letto con un’altra bambina. Ora le piace addormentarsi al racconto delle favole e la notte, a volte, scivola nel lettone, ma le rimane an“I primi mesi sono stati un’inicora la paura che mamma ziazione alla vita, Fanli non sae papà possano andarsene, sparire. peva nulla di questo mondo e si
“Un tempo che permette alle emozioni di trovare finalmente parola.”
Fanli è stata inserita in quarta elementare in una scuola a tempo piemuoveva come un uccellino, cer“La notte è un mono, con una grande dimento particolare sponibilità da parte delcando riferimenti che le potesdove la realtà perde le maestre di dedicare sero far capire come muoversi.” i contorni e i semplia lei molte ore, per ragci timori assumono giungere quanto prima forme terrifiche. Il l’obiettivo della lettura e sonno è anche il momento in cui si è indifesi, si scrittura. Anche con il programma di matematiperde il controllo della realtà. I bambini temoca Fanli è indietro, però sta recuperando facendo no che di notte si possano concretizzare le loro passi da gigante: la sua tenacia e la sua volontà paure. Il loro bisogno è quello di essere rassisono veramente ammirevoli. La relazione con i curati, protetti, di vedere che le loro esigenze coetanei si è rivelata effettivamente importante vengono riconosciute, di sentire i genitori acper la crescita linguistica e relazionale di Fanli. canto, come nel caso di Fanli. Essere confortata L’intervento corale di insegnanti e genitori, favodalla vicinanza fisica allontana la paura che i rito dalla sua allegria e simpatia, ha reso possibile genitori possano svanire ancora una volta.” l’integrazione in un gruppo fortemente struttu-
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Ai rimproveri, Fanli reagiva chiudendosi nel silenzio; non ci sono mai state reazioni rumorose e anche nel difficile momento di lasciare la Cina, Fanli non ha urlato né strepitato, ma pronunciava nervosamente solo la sua parola d’ordine: “no”. Ancora oggi la prendiamo in giro, dicendole che comunque è meglio dire di no, e poi si può trattare! Questo ci fa capire quante siano state e sono ancora oggi le difese messe in atto dalla bambina e le sue paure!
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rato, ma a volte la sua testardaggine fa capolino e anche con i compagni non mancano gli scontri.
Adozioni in Togo: prime informazioni
“Per i genitori adottivi, la scuola è fonte di preoccupazione. Ma è importante non essere eccessivamente richiedenti verso i bambini appena entrati in famiglia: chiedendo loro di adattarsi alla nuova famiglia, e al nuovo paese così diverso da quello di origine, si sta chiedendo già tanto.”
Siamo stati autorizzati dalla Commissione Adozioni Internazionali a portare avanti procedure di adozione in Togo, secondo paese africano per Cifa. Le autorità togolesi hanno ribadito come non intendano accreditare enti stranieri privati, ma solo trattare direttamente con le autorità centrali dei paesi di accoglienza: nel caso dell’Italia, con la CAI.
Dall’istituto dove viveva prima del nostro incontro, Fanli ha portato con sé ricordi belli e brutti di cui parla raramente. Nel venire via ha lasciato tutto, anche il bel vestito rosso che indossava. Ha potuto portare con sé solo il suo vecchio astuccio, a volte si legge nel suo sguardo la nostalgia dei suoi amici e ci chiede di tornare a Harbin, magari per prendere un bambino che le possa fare compagnia. La nostra impressione è che quando Fanli è partita, l’emozione, le paure e i dubbi non le hanno permesso di congedarsi dal mondo in cui è vissuta fino a quel momento. Ora, che è più sicura e che il suo sogno si è realizzato, è normale che le venga il desiderio di ritornare, per salutare tutti come si deve. “Salutare il mondo in cui questi bambini hanno vissuto fino a pochissimo tempo prima non è mai facile, è sempre doloroso e faticoso; i bambini vi lasciano molte cose che per loro sono state importanti, a cui erano affezionati. Molti sono i ricordi, e solo con il tempo e dopo aver acquisito una certa serenità nella nuova famiglia riescono a condividerli con i genitori adottivi.”
Le informazioni generali a nostra disposizione sulle procedure per adottare bambini in questo paese sono ancora molto scarse; si riassumono in una lista di documenti da produrre e tre requisiti necessari per i futuri genitori: essere sposati, non avere figli (adottivi o biologici) e un’età di trent’anni compiuti per almeno uno dei due futuri genitori. Forse troppo poco per cominciare, ma di una cosa siamo certi: anche qui ci sono bambini che aspettano dei genitori; quanti anni abbiano, non lo sappiamo, come stanno di salute nemmeno, ma questa è la grande incognita dell’adozione internazionale.
Non sappiamo se siamo stati particolarmente fortunati nell’incontrare una bambina con un carattere così aperto e solare, che già dal primo momento ha fatto dissolvere tutte quelle paure che normalmente assalgono chi si approccia all’adozione. L’adozione, per di più, di una bambina già cresciuta e formata, dato che l’età di Fanli si avvicina ai 10 anni. Possiamo dire che non ci è mancata e non ci manca la soddisfazione di accompagnarla nella scoperta di tutte quelle cose che per lei sono totalmente nuove o solo vagamente immaginate, al pari di bambini ben più piccoli, condividendone tutte le emozioni.
I futuri genitori devono essere sempre più preparati e più forti, e i bambini li mettono sempre di più alla prova. In un mondo in cui è sempre più difficile trovare il proprio posto o il proprio ruolo, essere genitori adottivi non è una delle cose più facili. Ma lo sguardo di un bambino che abbraccia il suo papà e la sua mamma, anche se venuti da lontano, può ripagare tutti gli sforzi compiuti.
Mariella, Stefano e Fanli
Ad oggi, più di 65 bambini e bambine come Fanli, nati in Cina, hanno potuto abbracciare il loro papà e la loro mamma in Italia, con l’aiuto di Cifa.
Ambra Enrico
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priorità di quest’ultima. Ma tutto ciò, molto spesso, è quasi avveniristico in contesti totalmente privi di servizi sociali o altre forme di aiuto alle famiglie.
I due primi dati rilevanti nei paesi che hanno ratificato la Convenzione sono stati l’aumento dell’età Anche il Vietnam ha sospeso le adozioni per rendedei bambini adottabili e il loro stato di salute. I temre operativa la ratifica della Convenzione dell’Aja. pi più lunghi per certificare lo stato di abbandono Si chiude momentaneamente uno degli ultimi paehanno fatto sì che i bambini rimangano più a lungo si in cui si potevano ancora adottare dei neonati. E negli orfanotrofi. Laddove i servizi sociali sono efdopo? Sarà tutta un’altra storia. fettivamente nati, i tempi per verificare l’abbandono o la rinuncia sono lunghi, perché al contempo La Convenzione dell’Aja è ormai più che maggiovengono fatti dei tentativi di aiuto alle famiglie di renne e, in quasi 20 anni, origine per rendere posil suo cammino è stato sibile l’eventuale reinselungo. La Convenzione rimento dei minori all’in”I primi dati rilevanti nei paesi che sancisce dei diritti inalieterno delle stesse. È una nabili per i bambini ma procedura che richiede hanno ratificato la Convenzione questi diritti, nella realtà tempo, un’attesa che per sono stati l’aumento dell’età dei dei fatti, vanno a cozzare le coppie italiane è percontro i desideri e le aspicepita come troppo lunga bambini adottabili e il loro stato razioni di chi si avvicina (anche se sono abituate di salute. I tempi più lunghi per all’adozione internazioai tempi della burocrazia nale. nel nostro paese). certificare l’abbandono, inoltre,
fanno sì che i bambini rimangaLa realtà di oggi vede In contesti sociali di estresolo poco più del 2% di ma povertà, in cui la sanino più a lungo negli orfanotrofi.” coppie che adottano in tà è sempre un costo che presenza di figli biologile famiglie più indigenti ci, mentre la stragrande non possono affrontare, maggioranza sono coppie senza figli, molte delle la salute è un altro fattore che aumenta il numero quali deluse da anni di tentativi di inseminazione degli abbandoni. Un figlio, da piccolo, è considerato artificiale e medicalmente assistita. Coppie frustrate un peso per la famiglia povera. Verso i 7/8 anni, nel loro desiderio di genitorialità, che vedono pasetà in cui nei paesi in via di sviluppo si comincia sare inesorabilmente gli anni senza che il loro sogno a lavorare, potrebbe diventare una risorsa, un aiusi realizzi. to per l’economia familiare. Ma se questo bambino presenta delle malformazioni o è affetto da patoloQuando finalmente optano per l’adozione, ecco che gie, magari anche curabili, ecco che la soluzione più si apre davanti a loro un mondo ignoto ai non adsemplice è quella di abbandonarlo alle istituzioni. detti ai lavori: altri anni di attesa, senza nemmeno la certezza della luce alla fine del tunnel. Questa è la prima grande delusione: non si sa quanto si deve ancora aspettare e non si è certi che, alla fine, ci sia veramente un bambino. Le ragioni sono molte e le coppie le scoprono lungo il cammino. La ratifica della Convenzione dell’Aja nei paesi di origine non ha significativamente aumentato il numero dei bambini adottabili ma ha cambiato le regole per farlo, puntando alla sussidiarietà dell’adozione e non alla 37
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Convenzione dell’Aja: come cambia l’adozione
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frontiere si riaprono, tutti “scoprono” con meraviglia che i bambini sono sempre lì ad aspettare. Alcuni hanno superato l’età adottabile, altri sono sempre più malati. Una realtà, insomma, fortemente lontana dal sogno iniziale del genitore adottivo: un bebé nella culla o al massimo che fa i primi passi, e che chiama noi e solo noi “mamma” per la prima volta.
Cifa e le adozioni in Europa Il 16 e il 17 settembre scorsi il Cifa è stato presente al II Congresso Internazionale dell’Adozione di Ginevra. Una presenza importante perché costituisce ulteriore conferma al ruolo internazionale del nostro ente, impegnato a promuovere i diritti dell’infanzia e i temi dell’adozione internazionale anche all’estero, oltre che nel nostro paese.
La Convenzione è come un bel vestito, fatto da un sarto famoso a cui si è dimenticato di dare le misure del cliente. Lui fa l’abito ma alla fine è un po’ largo o è troppo stretto, e allora si cominciano le modifiche fino a che calza “quasi a pennello” sul cliente. Ma rimane differente dall’immagine iniziale che si aveva dell’abito, o addirittura può essere totalmente diverso.
L’intervento di Cifa: “Il ruolo degli Enti autorizzati in Italia: come viene portato avanti rispetto alle coppie e ai paesi di origine” ci ha permesso di far conoscere il lavoro che stiamo facendo per aiutare le coppie a diventare genitori dei bambini che oggi vengono dati in adozione internazionale, ovvero i bambini più grandicelli e i bambini appartenenti a liste “special needs”.
Purtroppo, tutte queste cose vengono scoperte dalle coppie aspiranti all’adozione “strada facendo”, in fasi avanzate del loro percorso, magari dopo essersi cullate per anni nel loro sogno “irreale”. Anche la reazione può essere diversa: o si accetta tutto gradualmente, oppure si reagisce con una rabbia che non è altro che sofferenza, la quale diviene ostilità verso le istituzioni, prima, e verso gli enti autorizzati, poi.
Ancora una volta è stato possibile verificare come l’adozione internazionale in Italia poggi su basi solide, e come le coppie siano molto preparate ad accogliere bambini più grandi o con patologie sanitarie, anche rispetto agli standard europei. Si delinea, insomma, una situazione che fa ben sperare rispetto all’applicazione dell’Articolo 4 della Convenzione dell’Aja, che sancisce come l’adozione internazionale debba essere sussidiaria e applicata solo dopo un’attenta ricerca di possibilità di vita nel paese di origine.
Tutti sembrerebbero uniti contro la coppia sterile per farla sentire inferiore, di serie B. In realtà, nessuno pensa nulla di simile. Ognuno, con le sue modalità e competenze, cerca di trasmettere gli enunciati della legge 476/1998 e della Convenzione dell’Aja: norme “buone” che costituiscono un’ossatura notevole per l’adozione internazionale, anche se cominciano ad avere la loro età e ad essere statiche, sotto certi aspetti, mentre il mondo e l’adozione cambiano di giorno in giorno.
Ecco perché, fra i minori dichiarati adottabili, una Aldilà del legittimo desiderio di avere un figlio, inbuona percentuale ha problemi sanitari: questi ultisomma, oggi il figlio adottivo, ancora più di ieri, non mi hanno quasi sempre un decorso positivo, ma coè la perfetta sostituzione di quello biologico che non è munque richiedono una arrivato: è un bambino da preparazione e un’acamare ma che ha già viscettazione più ampia di suto in una qualche parte ”Laddove i servizi sociali sono efquella che le coppie, di del mondo, che ha sofferto fettivamente nati, i tempi per vesolito, posseggono all’inimolto e che porta i segni zio del percorso adottivo. visibili e invisibili di querificare l’abbandono sono lunghi, sta sofferenza. È un bambiperché al contempo vengono fatti La Convenzione dell’Aja no che porterà un’immenprevede delle procedure sa gioia ma anche dolore: dei tentativi di aiuto alle famiglie che devono essere seguiè nostro figlio ma, almeno di origine per rendere possibite, ma ancora prima preall’inizio, è certamente un vede degli adeguamenti figlio difficile. Tutto quele l’eventuale reinserimento dei legislativi nei paesi che sto nelle leggi non è scritminori all’interno delle stesse.” la ratificano. I tempi di to. Le leggi sono l’abito adeguamento, a seconda prodotto dal sarto, il resto dei paesi, possono essere sono le modifiche che dobanche molto lunghi. Spesso questo tempo si traduce biamo fare per poterlo portare con gioia e orgoglio, in una sospensione parziale o totale delle adozioni perché opera nostra. Ambra Enrico per uno o più anni. E alla fine? Alla fine, quando le
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...Ma quanto sei grande?
Le coppie che incontro quotidianamente mi esprimono la loro difficoltà ad accogliere un bambino grandicello per il timore di bambini dalla personalità già formata, e magari “poco malleabili”, come vengono talora definiti.
Educare e crescere un figlio non significa tuttavia Ogni coppia che si apra al desiderio di figli, iniplagiarlo e forgiarlo, ma consentirgli di sviluppare zialmente si immagina madre e padre di un figlio le risorse necessarie e accompagnarlo all’individuabiologico, quindi naturalmente piccolo. Quando zione delle stesse attraverso l’amore, l’accudimenla maternità e la paternità biologica non riescoto, la pazienza e il tempo, affinchè interiorizzi validi no a concretizzarsi la coppia, dopo aver riflettuto modelli affettivi di riferimento. a lungo ed essersi rivolta all’adozione, continua a immaginarsi, almeno inizialmente, l’arrivo di un Altre volte, di questi bambini, spaventa la storia bambino in tenera età. Spesso il confine d’età del preadottiva, considerata bambino oltre il quale la come un fardello tropcoppia fatica a pensare di po gravoso, o un trauma poterlo accogliere è di sei “Educare e crescere un figlio troppo pesante. Questa anni circa, età dell’inserinon significa tuttavia plagiarpaura induce quindi a mento a scuola. pensare che bambini più lo e forgiarlo, ma consentirgli piccoli abbiano sofferenL’accoglienza di un bamdi sviluppare le risorse necessaze e traumi abbandonici bino di età maggiore di di più lieve entità, perché 6/7 anni è certamente dirie accompagnandolo con amohanno ricordi più scarversa rispetto a quella di re, accudimento e pazienza.” un bambino di 3/4 anni. si. Questo ragionamento
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Rubriche
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non è però corretto: se è vero, infatti, che tali bambini possono avere pochi o nessun ricordo, occorre pensare che hanno anche un tipo di memoria differente da quella di noi adulti. I piccoli fino ai tre anni hanno una memoria di tipo sensoriale: memorizzano odori, sapori, modi di essere accarezzati e toccati, presi in braccio. Una memoria che assorbe le esperienze vissute attraverso il corpo e che vive l’assenza della figura di riferimento affettivo principale, come può essere una madre, una maman, un’educatrice come un potenziale pericolo vitale, un vuoto incolmabile che risucchia tutto e provoca nei piccoli un’angoscia davvero perturbante.
Cifa alla V Conferenza della Donazione Gli scorsi 22 e 23 ottobre si è svolta, a Venezia, la Quinta Conferenza della Donazione, organizzata dall’Istituto Italiano della Donazione. Cifa è stato presente tra i partecipanti, essendo diventato socio aderente dell’IID dal 19 febbraio 2010. La Conferenza ha costituito un utile momento di confronto tra i vari soci dell’Istituto al fine di valutare criticamente l’operato svolto nell’anno in corso e anche per imbastire le direttive strategiche lungo le quali articolare l’attività per l’anno entrante.
Nei bambini in età prescolare la memoria, da sensoriale, diventa anche “visiva”. È esperienza di tutti noi che i ricordi di quell’età si strutturino in flash, immagini di situazioni, visi, espressioni, luoghi senza alcun nesso narrativo. Nonostante il linguaggio si stia sviluppando e affinando sempre più, infatti, manca proprio la strutturazione di base che consente la capacità narrativa di eventi passati. Viceversa, con i bambini in età scolare, ci confronteremo con una memoria semantica che è più familiare a noi adulti. Quando ci si apre alla genitorialità adottiva ci si apre dunque al confronto con la storia abbandonica dei bambini, che è presente in tutti e non solo in quelli più grandi, ma che troverà tempi e modalità espressive diversi a seconda dell’età del bambino stesso.
Nella giornata di sabato 23 ottobre la Conferenza è stata arricchita dal Convegno aperto al pubblico intitolato: “Terzo settore: un mondo del lavoro dimenticato?”, durante il quale si è analizzata la realtà del mondo del lavoro nell’economia sociale. Tra i dati più interessanti, la costruzione di un profilo del lavoratore medio nel settore non profit (a prevalenza di sesso femminile, con una forte concentrazione d’età tra i 30 e i 45 anni), e alcune osservazioni sul rapporto tra retribuzione media, coinvolgimento dei lavoratori e conciliazione tra tempo speso per il lavoro e per la vita privata (da cui risulta un’alta soddisfazione lavorativa, unita però a un turnover piuttosto elevato).
Accogliendo un bambino già in età scolare, uno dei punti critici che spaventa i futuri genitori è l’inserimento scolastico. Un momento importante e delicato che coinvolge tutti i bambini, ma che interessa i più grandicelli dopo poco tempo dal loro
L’Istituto Italiano della Donazione è un’associazione senza fine di lucro nata nel 2004 che ad oggi raggruppa 56 organizzazioni non profit; la sua missione è quella, da una parte, di diffondere tra le organizzazioni comportamenti di eccellenza etica, dall’altra quella di rassicurare il donatore nelle sue scelte di destinazione delle risorse.
ingresso in famiglia. La scuola è sempre fonte di preoccupazione per i genitori, ma per coloro che crescono un bambino piccolo è un problema che si sposta più avanti nel tempo. Inoltre, per tutti i figli, l’inserimento scolastico è anche uno dei primi svincoli importanti dai propri genitori. Questo significa che, nel momento in cui questi bambini stanno cercando di inserirsi in una famiglia, tornando “un po’ più piccoli” e diventando nuovamente dipendenti da figure genitoriali valide, chiediamo contemporaneamente loro di inserirsi in un contesto scolastico in cui si viene valutati per le nozioni apprese. La valutazione implica anche un confronto con il gruppo dei pari, dove le esperienze di vita dei bambini adottivi e di quelli cresciuti in famiglia
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Se la situazione lavorativa e familiare lo consente, sarebbe davvero importante trascorrere qualche mese insieme prima di affrontare la scuola. Talvolta i genitori mi raccontano di avere iscritto il proprio figlio adottivo a scuola, anche precocemente, su pressione del bambino stesso. Per questi bimbi, paradossalmente, la dimensione familiare è estranea, mentre è familiare una dimensione comunitaria dove conoscono regole analoghe, seppur diverse da quelle del paese d’origine. Ricordiamo che, almeno nel primo anno in Italia, è prioritario per questi bambini stare in famiglia, essere piccoli, tornare dipendenti, riappropriarsi di fasi evolutive che in passato non hanno avuto modo di vivere e comunque non facilmente. Se i bambini hanno acquisito una certa serenità e riconquistato una buona autostima, sarà decisamente più facile aprire la mente all’apprendimento, che sarà meno disturbato dalle emozioni negative (timori, ansie, malinconie), ma anche da quelle positive che accompagnano l’inserimento in famiglia.
viamo anche a metterci nei panni di questi bambini, che vedevano andare in adozione i bimbi più piccoli ma per loro non arrivava mai nessuno, perché erano “troppo grandi”. Bambini che incontrano due adulti e cominciano a sperare in una famiglia che li possa crescere, che li desidera e che può amarli, anche se sono grandi. Chissà quali timori li attraversano: come saranno? Mi “Quando accogliamo un bambisgrideranno? Mi picchieranno? Come mi accarezno di 7 o 8 anni, non dovremmo zeranno? Mi daranno il sentire la fretta di inserirlo subito bacio della buonanotte? Dove andrò? Mi abbana scuola per recuperare ‘il tempo doneranno anche loro? E perduto’: la vita dei nostri figli non molte altre domande che non riusciamo nemmeno è mai stata tempo perso, in qualad immaginare.
siasi modo l’abbiano vissuta.”
In fin dei conti, il desiderio di essere amati e la paura di essere lasciati non è certo solo dei grandi, ma è anche dei bambini piccoli. E i bambini grandi, talvolta, esprimono vergognosamente il desiderio di essere ninnati per addormentarsi, di accarezzare il seno materno, di sentire un’intimità talvolta nemmeno immaginata, e magari nello stesso tempo di poter andare al cinema con gli amici o al campo scout. I bambini “grandi per l’adozione” sono in realtà bimbi piccoli nel cuore, e questa è la loro vera grandezza. E una delle sfide più grandi, e nello stesso tempo più belle per i suoi genitori, è quella di essere il papà e la mamma di un bambino piccolo e grande allo stesso tempo.
Quando chiediamo a una coppia la disponibilità ad accogliere un bambino in età scolare non la stiamo esponendo ad una situazione adottiva più complessa, ma semplicemente diversa da quella che caratterizza un bambino più piccino. Chiediamo alla coppia di riflettere sulla loro capacità di accogliere e confrontarsi con ricordi vivi, racconti di una vita diversa, talvolta dolorosa. Di confrontarsi con una storia che non possiamo leggere su un documento ma che viene raccontata dal figlio stesso, magari mentre i genitori sono impegnati in incombenze domestiche. Chiediamo a questi futuri genitori di cominciare a pre-occuparsi della scuola e di riflettere sulle proprie aspettative verso i figli come scolari. Ma pro-
Laura Piacenti
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sono molto diverse. È facile comprendere la fatica che devono affrontare questi bimbi, anche perché sono ben consapevoli dell’importanza della scuola per i nuovi genitori. Il desiderio di rendere papà e mamma orgogliosi di loro li spinge ad impegnarsi oltre misura, con costi elevati. Ecco perché, quando accogliamo un bambino di 7 o 8 anni, non dovremmo sentire la fretta di inserirlo a scuola per recuperare “il tempo perduto”: la vita dei nostri figli non è mai stata tempo perso, in qualsiasi modo l’abbiano vissuta. Sta a noi lasciare ai nostri figli il tempo necessario per potersi abituare alla nuova famiglia, ai nuovi ritmi, al nuovo paese ecc…
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Letture: Nati altrove
Utili, naturalmente per i genitori, le “interruzioni” dei racconti che gli autori hanno inserito con l’aiuto dello staff di psicologi del Cifa. Non spezzano affatto il ritmo, ma danno una spiegazione oggettiva a quello che può essere un comportamento o un atteggiamento particolare del figlio.
Chi ha adottato un figlio o sta per farlo è solito “fagocitare” qualunque libro si affacci sul mercato editoriale. Si legge per sentirsi preparati per il grande momento, per condividere emozioni, per cercare “Nati altrove” è anche una di comprendere meglio sorta di bilancio di questi quello che c’è dietro primi trent’anni di vita del l’adozione. “Nati altro“C’è chi racconta del sogno anCifa e di adozioni interve” però è un libro specora irrealizzato di visitare e conazionali. E il pollice pare ciale, che ho divorato in alzato, non verso. Questo pochi giorni. È la raccolta noscere al più presto la propria naturalmente non sta a - vera e reale, due aggetterra d’origine, mentre c’è chi significare che non esiste tivi che possono suonare differenza tra “adottato” e simili, ma che lasciano sa con certezza che quel Paese “biologico”. Significa però intendere una differenza sarà un luogo come tanti, anche al di là delle diversità non da poco per chi sa somatiche, di inizio storia cogliere le sfumature - di che se è il posto in cui è nato.” e di tante altri aspetti, la una serie di esperienze genitorialità è ugualmente adottive raccontate dal intensa. Probabilmente si è punto di vista del protaancora lontani da una società davvero multietnica, con gonista: il figlio. Quel figlio che la Legge e il diritto un presente troppo carico di contraddizioni e un passi premurano di mettere sempre al primo posto, al sato ancora troppo giovane, ma si è sulla buona strada. centro di ogni interesse, ma che a volte finisce ineviE mi piace pensare, a fine lettura di questo libro, che tabilmente in secondo piano, complice il desiderio arriverà un giorno in cui la diversità sarà interpretata - peraltro sano - di un uomo e di una donna che solo ed esclusivamente come un arricchimento. sognano di diventare papà e mamma. “Nati altrove” racconta come hanno vissuto l’adozione interPaola Strocchio nazionale trenta bambini di un tempo, oggi adulti. Un numero scelto non a caso: trenta, come gli anni di attività di Cifa. Come è naturale e giusto che sia, ciascuno ha la propria storia e la propria individualità. E c’è chi racconta del sogno ancora irrealizzato di visitare e conoscere al più presto la propria terra d’origine, mentre c’è chi sa con certezza che quel Paese sarà un luogo come tanti, anche se è il posto in cui è nato. Lo vedrà forse un giorno, da turista, magari in occasione del viaggio di nozze. E poi il razzismo, una delle paure più grandi di noi genitori. C’è chi l’ha vissuto e ne ha sofferto, c’è chi non ricorda di averlo vissuto, chi l’ha vissuto e ha reagito. Ma c’è soprattutto chi è stato aiutato dalla famiglia, che ha saputo creare nel proprio figlio una sorta di corazza che gli ha permesso di superare gli ostacoli. E poi la mamma biologica. Chi la chiama “madre”, quasi per risultare più asettico, chi invece la chiama “quella mamma là” per distinguerla da quella che invece sta “qua”, facendo quasi confusione. Merito, spesso, dei genitori adottivi, se il figlio non ha sviluppato rancore e rabbia nei confronti delle proprie origini. Ancora, l’aspetto scolastico: ci sono bambini adottivi – oggi adulti – che sono riusciti a mettere in cascina addirittura due lauree e altri che invece hanno faticato a trovare la propria strada, professionalmente parlando, e ancora vagano in cerca di una destinazione sicura.
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Amico di Cifa 2010
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