Guida alle migrazioni contemporanee
2 Focus storico
La storia recente dei paesi dei profughi: l'Africa e il Medio Oriente, i regimi, il terrorismo, la povertĂ .
/vieni con me s. m. [uso sostantivato della locuzione latina vade mecum «va’, vieni con me»]
Questo è il secondo di una serie di 32esimi (libretti di 32 pagine) dedicati ai temi della migrazione umana. Una guida per orientarsi nella storia contemporanea degli spostamenti di oltre 60 milioni di persone nel mondo: a causa di conflitti, guerre, discriminazioni o disastri naturali. Ora più che mai è importante scavare in profondità nelle news, nei talk show, nei programmi di approfondimento "disinformativo" e diffidare di chiacchiere popolari e cose "dette per sentito dire": ognuno deve essere un po' maestro di sé stesso e non solo limitarsi ad apprendere le risposte dai servizi giornalistici (o da Google), ma anche imparare a porsi delle domande. Il sapere è una conquista personale. Questa guida è una raccolta di dati e report pubblicati da fonti autorevoli: le informazioni qui riassunte non sono totali, ma vogliono offrire una panoramica complessiva dei flussi migratori attraverso approfondimenti, focus storici, mappe, infografiche e testimonianze.
Indice 05
Introduzione
06-07
Panoramica
08-09
Mappa dell'Africa
10
Libia
11
Repubblica Democratica del Congo
12
Sud Sudan
13
Eritrea
14
Somalia
15
Gambia
16-17
Mali
18
Nigeria
19
Mappa del Medio Oriente
20-21
Siria
22
Iraq
23
Yemen
24
Libano
25
Iran
26
Kurdistan
27
Bangladesh
28
Mappa dell'Ucraina e della Colombia
30
Ucraina
31
Colombia
Prima edizione: febbraio 2017 Seconda edizione: luglio 2017 Un progetto di Cinzia Bongino
Nato da una tesi di laurea in Design e Comunicazione Visiva
Relatore Fabio Guida
Introduzione
La paura del terrorismo Il terrorismo si nutre di odio e paura, sentimenti che crescono in situazioni di incertezza e instabilità politica. In Africa, la maggior parte degli stati sono ex-colonie che hanno raggiunto l'indipendenza dopo la Seconda Guerra Mondiale: l'identità di ogni gruppo etnico è sempre stata molto forte e la rivendicazione della propria autonomia porta allo scontro invece che alla coesione. I neonati governi repubblicani si sono spesso trasformati in dittature e regimi corrotti che hanno rallentato il progresso locale, discriminando la libertà di parola e di culto. I gruppi armati delle tribù si sono trasformate in milizie e poi in organizzazioni terroristiche, in seguito all'espansione dei movimenti fondamentalisti islamici. Nel Medio Oriente, al termine della dominazione dell'Impero Ottomano, i paesi arabi sono stati divisi secondo accordi commerciali decisi dalle potenze mondiali, e non in base a caratteristiche culturali e territoriali consolidate nei secoli di dominazione. Le imposizioni occidentali, le trattative per il petrolio e le armi, le guerre degli anni '90, la crisi economica: sono tutti fattori che hanno contribuito alla radicalizzazione del fondamentalismo islamico, ovvero all'uso politico di alcuni concetti della religione musulmana (la Sharia contro l'Occidente). Secondo i dati del Global Terrorism Index 2016, 39 paesi al mondo hanno subito un alto numero di attacchi terroristici: Iraq, Afghanistan, Nigeria, Pakistan e Siria sono ai primi posti. Nel 2015 sono stati individuati ben 274 gruppi terroristici e quattro di questi sono i responsabili del 75% delle morti per attentati: ISIS, Boko Haram, Al Qaeda e i Talebani. Il costo del terrorismo nel mondo equivale a 13.600 miliardi di dollari, pari a 11 volte il prezzo degli investimenti dedicati a progetti esteri per il mantenimento della pace. Nonostante la globalizzazione, i fragili meccanismi e gerarchie che regolano la vita pubblica di ogni paese sono "locali", cioè hanno dinamiche diverse a seconda del contesto: la paura di un attacco da parte di un nemico spinge i governi a rinforzare il proprio arsenale militare, invece che collaborare.
5
6
Panoramica
Cosa accade nel mondo I resoconti storici riportati nelle seguenti pagine sono tratti da articoli di giornale e report: UNHCR, Migration Policy Institute, viedifuga.org, Il Post, La Repubblica, Internazionale, Limes, Panorama, Wikipedia. I dati delle infografiche sono selezionati dai seguenti siti: Worldometers, Countrymeters, UNHCR, World Data, IOM Global Migration Flows 2015, CIA - The World Factbook.
L'Italia, dopo la chiusura della rotta balcanica, è diventata il porto dell'Europa. Per la gestione del flusso migratorio il governo italiano chiede aiuto agli altri paesi europei, disponibili a fornire mezzi e personale nelle operazioni di salvataggio, ma non ad accogliere i migranti. Il Nord America registra un forte afflusso di immigrati dal Messico, Guatemala, Honduras, El Salvador e Colombia, a causa dell'alta criminalità , della disoccupazione e del narcotraffico. Il 20 gennaio 2017 Donald Trump è diventato presidente e ha da subito instaurato una politica conservatrice. Dopo aver firmato l'ordine esecutivo per la costruzione del muro con il Messico, ha emanato un bando per limitare l'accesso agli immigrati provenienti da Iraq, Iran, Libia, Somalia, Sudan, Yemen e Siria, poi bocciato dalla magistratura. Ha inoltre aumentato il numero di rimpatri degli immigrati illegali con fedina penale sporca: il presidente combatte il terrorismo fondamentalista con la forza e non con il dialogo. La Repubblica 11/02/2017
7
Le tensioni fra Russia e Ucraina sono ancora alte, anche se i media non ne parlano da un po’. Il territorio della Crimea, la penisola che galleggia del Mar Salato, è parte della Russia dal 2014, ma le proteste separatiste e gli scontri con l'esercito proseguono nelle province filo-russe al confine est. Negli ultimi 30 anni il Medio Oriente è sempre stato dilaniato da conflitti e violenze: l’Iraq di Saddam Hussein e ora dell’ISIS, l’Afghanistan di Osama Bin Laden, al-Qaida e il califfato islamico che trova alleati nelle milizie ribelli in Siria, Libia, Pakistan e Yemen. Tutti contro gli occidentali, che scambiano armi con il petrolio.
In Nigeria l’ISIS è con Boko Haram, in Somalia con Al Shabaab, mentre al-Qaida è nello Yemen con Ansar Al-Sharia. I due fronti islamici hanno messo radici anche in Africa, trovando terreno fertile nella stanchezza dei cittadini dopo anni di dittature e regimi, disorganizzazione politica e pesante crisi economica. I migranti dell'Africa subsahariana si spingono verso l'Europa e il Sudafrica attraversando prigioni e campi profughi.
8
Mappa
Africa del Nord e subsahariana A
B
15°
C
10°
D
5°
E
0°
M
20°
ie
an
EG
BE
RI
A
Abuja
Accrà
lf
o
GUINEA E Q U AT O R I A L E GABON
in
ea
Meridiano diGreenwich
O
Go
Gu
e
Circolo dell’Equatore
ad
N
LI
A ST O CO ORI AV D’
Tch
NIGERIA
C
E
A
N
SIERRA LEONE
BURKINA FASO
go
RU
O
GUINEA
Niamey
ME
Bamako
CA
Banjul AL GAMBIA
di
0°
NIGER
TOGO
d
LI
M ALI
BENIN
5°
S
GHAN A
N
Tripoli Misurata
RA LE H A N TA A S DE I CC O
M A U R I TA N I A SE
CO
Tripoli
A LGERIA
ar
C I s ole
Dakar
c
A
C RO
MAR
la
A T L A N T I C O
15°
TUNISIA
Tangeri Rabat Casablanca
a
G
10°
Tunisi
Algeri
b
F
5°
Brazzaville
9
H
15°
MEDI
20°
TER
J
K
25°
I
30°
L
35°
40°
M
N
45°
RANEO
Bengasi
Sirte
Il Cairo
B I A EGITTO Ma s os r R
o
Karthoum
S UD A N
Asmara ERITR EA
GIBUTI
N’Djamena
Kinshasa
UG
AN
DA
Dadaab
SO
M
A
LI
A
D
Giuba
Mogadiscio
O
I
KENIA lago Vit Nairobi t o RUANDA ria
N
BURUNDI
TA N Z A N I A
O
C
E
en
I A N O
ETIOPIA
A
NG
CO
REPUBBLICA D E M O C R AT I C A DEL CONGO
Addis Abeba
SUD SUDAN
O
A A LIC BB CAN U P RI F RE RA NT CE
d di A o f Gol
Assab
N
C IAD
10
Nordafrica
Libia Tripoli abitanti 6 milioni superficie lingue
6x
HDI rank 94°/188 49%
arabo, berbero
96%
51%
età media 28 anni
2 figli/donna
alfabetismo
Il primo ministro Giovanni Giolitti guidò l’Italia alla conquista della Libia nei primi decenni del ‘900; perso il controllo italiano durante la Seconda Guerra Mondiale, la ex-colonia si dichiarò indipendente come Regno Unito di Libia. Il nuovo stato ebbe molti problemi interni per quanto riguarda l’alfabetizzazione e la sanità: la Gran Bretagna inviò alcuni aiuti al governo e dal 1959, dopo la scoperta di giacimenti petroliferi, l’economia libica migliorò. In seguito ad un colpo di stato nel 1969 la monarchia venne rovesciata e salì al potere Mu'ammar Gheddafi, che nazionalizzò tutti gli impianti di estrazione petrolifera, chiuse le basi militari statunitensi e britanniche e fece espellere tutti gli italiani immigrati durante il periodo coloniale. La nuova Libia appoggiò i movimenti di liberazione nazionale arabi (anche gruppi terroristi) fino a diventare il nemico n.1 degli Stati Uniti. Dopo aver assunto la carica di Presidente dell’Unione Africana nel 2006, Gheddafi si riavvicinò all’Occidente, decidendo di schierarsi contro al-Qaeda: collaborò nel controllo dell'organizzazione in seguito alla minaccia di utilizzo di armi radioattive
religione
91%
2%
0% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
19%
e strinse accordi con Berlusconi per fermare la partenza dei migranti dalle coste libiche (Trattato di Bengasi). Nel 2011, dopo anni di politiche repressive, disoccupazione e discriminazioni, la popolazione libica inizia a dare segni di insofferenza: le forze della primavera araba protestano per una maggiore democrazia e si ribellano al regime, in Libia come nel resto del Nordafrica. Gli scontri continuano anche dopo l’uccisione di Gheddafi, avvenuta il 20 ottobre dello stesso anno ad opera dalle forze anti-regime, e l’istituzione del Consiglio Nazionale di Transizione per la guida del paese verso la democrazia. Oggi la Libia è divisa in tre centri di potere: la Cirenaica, dove si trovano le risorse petrolifere, controllato dal capo militare Khalifa Haftar; la Tripolitania, con Fayez al Sarraj, primo ministro del governo nazionale libico riconosciuto dall'ONU; il Fezzan, controllato dai Tuareg e Tobu.
La Repubblica 13/01/2017, Internazionale, Farnesina, viedifuga.org, La Stampa 1/04/2017
11
Africa Centrale
Repubblica Democratica del Congo (D.R.C.) Kinshasa abitanti 81 milioni superficie lingue
8x
HDI rank 186°/188 49%
africane, francese
10%
51%
età media 18 anni
4 figli/donna
alfabetismo
Colonia belga fino al 1960, la Repubblica Democratica del Congo fu teatro di insurrezioni represse dall’esercito nazionale e lotte politiche per la leadership del paese. Nel 1865 salì alla carica di primo ministro Mobutu Sese Seko, capo di stato maggiore dell’esercito, inaugurando un regime autoritario di oltre 30 anni in cui lo Stato (poi ribattezzato “Zaire”) era l’unica e massima autorità. Mobutu creò un unico partito per diffondere le sue idee e migliorare la vita culturale del paese: decise inoltre il doppio nome tribale per tutti i congolesi, in modo da accentuare l’appartenenza ad un unico gruppo etnico (nella D.R.C. convivono più di 250 gruppi etnici sparsi in 11 province, con una pluralità lingue equivalenti al francese come importanza). Durante la sua presidenza Mobuto strinse varie relazioni con la Romania di Ceausescu, gli Stati Uniti e la Francia. Nel 1994 ebbe luogo in Rwanda il terribile genocidio dei 100 giorni, in cui vennero massacrate circa 500.000 persone: l’etnia Hutu (agricoltori) perseguitò quella Tutsi (allevatori) per questioni economiche e razziali derivate dal colonialismo europeo.
religione
64%
50%
87% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
4%
Due anni dopo Rwanda e Uganda attaccarono il Congo: al confine si nascondevano alcuni guerriglieri Hutu che davano la caccia ai Tutsi congolesi. L'episodio diede inizio alla prima delle due guerre del Congo, combattute fino al 2003: il secondo conflitto coinvolse sei paesi africani per il controllo dei ricchi giacimenti di diamanti, oro e coltan nell’est. Nel 2004 i conflitti ripresero nella regione del Kivu per ragioni economiche legate allo sfruttamento minerario e coinvolsero non solo i congolesi, ma anche Uganda, Rwanda, Burundi e le Nazioni Unite. Nel 2008 si tentò di calmare i subbugli con un trattato di pace: tuttavia gli scontri fra l’esercito e i ribelli continuano ancora oggi, e a pagarne le conseguenze sono le città e i piccoli villaggi, dove moltissimi congolesi sono morti di malnutrizione e malattie. Da oltre 50 anni non esiste un periodo di pace: nonostante un conflitto all’attivo, il paese continua ad ospitare i rifugiati provenienti da Burundi, Rwanda e Repubblica Centrafricana.
UNHCR, Internazionale, viedifuga.org, Wikipedia
12
Africa orientale
Sud Sudan Juba
HDI rank 169°/188 49%
abitanti 41 milioni superficie lingue
2x
arabo, inglese
animismo 80%
51%
età media 19 anni
4 figli/donna
alfabetismo
In seguito alla dominazione dell'Impero Ottomano, il territorio a nord del Sudan venne conquistato nel 1820 dall'Egitto, allora indipendente dal sultano di Istanbul grazie alla Campagna di Napoleone nel 1799. Il controllo egiziano ebbe fine con l'occupazione britannica nel 1882: gli inglesi intervennero per sedare le rivolte contro la corruzione e l'inefficienza del governo. Il Sudan si dichiarò indipendente dalla Gran Bretagna solo nel 1955. Nei 20 anni successivi i contrasti mai sopiti fra le regioni del sud e nord esplosero soprattutto a causa di una costituzione per eleggere l'Islam come religione di Stato e l'arabo come lingua ufficiale. Tutto il Sud rivendicò la propria indipendenza e le proprie caratteristiche culturali: è infatti una regione popolata da oltre 60 gruppi etnici, ciascuno con lingue, culture e territori propri. Nonostante alcuni tentativi di accordi ufficiali fra le due regioni negli anni '70, vari scioperi e manifestazioni, le riforme decise dal presidente continuarono a sfavorire il sud. L'introduzione di sanzioni penali prese dalla Sharia fu la miccia che fece esplodere due guerre civili. I conflitti causarono milioni di sfollati
religione
27%
10%
0% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet - no data
e rifugiati in tutto il Sudan. La pace arrivò solo nel 2004, con il trattato di Naivasha, che regolava l'ordinamento democratico del Sud stabilendo il percorso governativo per arrivare alla scissione dal Nord. Il Sud Sudan ottenne l'indipendenza con un referendum nel 2011 (il 96% si reca alle urne e ben il 98% vota a favore). La situazione non è ancora risolta: ci sono molte tensioni fra il presidente ed il suo vice, di due etnie diverse. Nel 2013 bastano alcune schermaglie fra gli eserciti per far nascere una guerra civile che sconquassa il neonato stato: ha termine solo nel 2015, con un governo di transizione, ma si riaccende ancora nel luglio 2016, a causa di nuovi scontri per il petrolio ed il controllo di acqua e terre mai coltivate. La popolazione è inoltre piegata da una forte carestia: le ONG faticano ad aiutare i locali perché il governo non garantisce la sicurezza degli operatori (questo per danneggiare le zone in cui ci sono i ribelli). Il problema di questo paese è il forte senso di appartenenza ad un gruppo: appartenere ad un'etnia diversa è come essere nemici. UNHCR, Internazionale 14/07/2016, viedifuga.org, La Stampa 12/07/2017
13
Africa orientale
Eritrea Asmara
HDI rank 186°/188 50%
abitanti 5,4 milioni superficie lingue
30%
arabo, tigrino
50%
50%
età media 18 anni
5 figli/donna
alfabetismo
Prima colonia italiana, protettorato britannico dopo la Seconda Guerra Mondiale e poi inglobata dall’Etiopia dal 1962, fino a quando due movimenti indipendentisti iniziarono a combattere per rivendicare l'autonomia del paese: uno musulmano, appoggiato economicamente dagli Stati Uniti ed uno di ideologia marxista, supportato da Cuba e URSS. Il periodo di instabilità terminò nel 1991, quando il gruppo filo-musulmano riuscì a scacciare il popolo etiope dai propri confini, e l’Eritrea divenne ufficialmente indipendente. Nel 1998 scoppiò un secondo conflitto con l’Etiopia a causa della militarizzazione dell’Eritrea: terminò solo con l’intervento delle Nazioni Unite, che negoziarono la pace attraverso una ridefinizione dei confini territoriali, decisione comunque non rispettata dall’Etiopia, che continua ad occupare alcune città dell’Eritrea e a lanciare offensive. Oggi gran parte della popolazione soffre di malnutrizione, aggravata dalla pesante carestia del 2011. I giovani sono costretti alla leva obbligatoria per rinforzare le difese militari del paese: i militari compiono addirittura delle retate per trovare nuove reclute.
religione
70%
40%
0% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
47%
Anche con il rischio di essere giustiziati se scoperti a tentare la fuga, l’Eritrea rimane uno dei paesi con il maggior numero di migranti in uscita (nonostante sia impossibile ottenere visti per lasciare il paese legalmente): nel 2015 il maggior numero di arrivi in Italia è stato proprio di provenienza eritrea. Ad Asmara, la capitale (patrimonio UNESCO da luglio 2017), c’è un presidente in carica da 22 anni, non esiste stampa libera (l’ultimo giornale non governativo è stata chiuso nel 2001 e i giornalisti imprigionati) e solo l’1% della popolazione è online (le linee di connessione della EriTel, provider unico, utilizzano gateway controllati dal governo).
La Repubblica 23/08/2016, UNHCR, Internazionale, viedifuga.org, openmigration.org 04/07/2017
14
Africa orientale
Somalia Mogadiscio
HDI rank — /188 49%
abitanti 18 milioni superficie lingue
2x
arabo, somalo
99%
51%
età media 18 anni
6 figli/donna
alfabetismo
Sul finire dell’800 la Somalia venne divisa in 3 protettorati, ognuno colonizzato da Francia, Italia e Inghilterra. Anche dopo aver ottenuto l’indipendenza nel 1964, la Repubblica di Somalia non riuscì a riunificarsi: la parte britannica, il Somaliland, dichiarò la propria secessione, mentre il resto del paese venne assediato da continui attacchi al nuovo regime dittatoriale. Nel 1969, grazie ad un golpe, salì al comando il generale Siad Barre e rimase al potere fino al 2016. Dagli anni ’90 comparvero sulla scena i “Signori della guerra”, capi-clan senza scrupoli in continua lotta contro il Governo Federale di Transizione: si allearono per contrastare al-Qaeda e l’ISIS, che cercava proseliti fra le fazioni in lotta soprattutto nel clan Al Shabaab, gruppo filo-jihadista formato da giovanissimi. Questa situazione di insicurezza, aggravata da una pesante carestia, fece sì che moltissime persone fuggissero in Yemen o Kenia: proprio in questo paese, a 80 km dal confine somalo, si formò uno dei più grandi campi profughi del mondo, il Dadaab. Nel 2012 ebbe luogo un’operazione congiunta fra Somalia e Kenia per la liberazione dal sud del paese dei
religione
—
—
0% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
2%
ribelli islamisti: grazie alla buona riuscita dell'operazione nasce ufficialmente la Repubblica Federale di Somalia, dove l'85% della nazione è controllato dal governo centrale. A ottobre 2016 si sono svolte le prime elezioni dopo oltre quarant'anni di disordini politici. Oggi la vita continua ad essere precaria per la maggior parte della popolazione: oltre 2 milioni di persone e 50.000 bambini continuano a soffrire di malnutrizione (causata da forti siccità) e hanno assoluta necessità di aiuti umanitari.
Il grande Dadaab Con 350.000 persone sparse in cinque baraccopoli lunghe 50 km, il campo profughi del Dadaab è la terza “città” del Kenia, dopo Nairobi e Mombasa. Qui i rifugiati sopravvivono tra colera, fame e sporcizia, annebbiando la loro esistenza masticando foglie di Qat, una pianta che contiene i principi attivi della chetamina (analoga all’anfetamina). Gli effetti sono euforia, eccitazione, inibizione della fame e aumento delle pulsioni sessuali; chi vive qui arriva a consumarne anche 1 kg al giorno. Le conseguenze non ricadono solo su chi ne abusa, ma anche sulle donne del campo (a cui è proibito farne uso), che diventano vittime di stupri. dadaabstories.org, VIta 14/06/2016, UNHCR, Internazionale, Wikipedia
15
Africa occidentale
Gambia Banjul abitanti 2 milioni superficie lingue
4%
HDI rank 175°/188 51%
arabo, lingue africane
94%
49%
età media 17 anni
5 figli/donna
alfabetismo
Il Gambia è un piccolo stato che si sviluppa lungo il fiume omonimo, completamente circondato dal Senegal: abitato da circa 2 milioni di abitanti, le due maggiori fonti di guadagno sono i soldi delle rimesse e il turismo. È il quinto paese di origine dei rifugiati in Italia, anche se le richieste di asilo vengono spesso respinte perché considerato un paese stabile. Nonostante il rischio di terrorismo sia considerato basso (la maggioranza del paese è di religione islamica), il pericolo peggiore viaggia sul fiume Casamance, che nasce in Senegal e attraversa il Gambia: qui i trafficanti commerciano droga, medicinali contraffatti, petrolio, sigarette. Colonia portoghese e inglese fino al 1965, dopo una parentesi monarchica divenne Repubblica Islamica del Gambia nel 1970: i successivi decenni sono tracorsi con una forte instabilità politica. Da 20 anni, grazie ad un golpe, è al potere il presidente Yahya Jammeh: il suo regime tirannico reprime qualsiasi tentativo di protesta o ribellione con la morte e notizie di desaparecidos e torture sono quotidiane.
religione
55%
4%
33% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
17%
Nel 2013 il Gambia è uscito dal Commonwealth e l'anno successivo ha introdotto l'arabo come lingua ufficiale al posto dell'inglese, anche se non è radice di alcuna delle lingue africane parlate nel paese: una scelta decisa per avvicinare lo stato ai paesi arabi alleati più potenti (Libano e Giordania) e all'Islam, religione professata dal 90% dei cittadini Il 3 dicembre 2016, in seguito alle elezioni presidenziali di due giorni prima, Jammeh ha perso la carica ed è stato sostituito da Adama Barrow, un imprenditore di 51 anni sostenuto dai principali partiti di opposizione. La sua vittoria ha dell’incredibile: per la prima volta un piccolo paese è riuscito a deporre un leader autoritario attraverso una votazione democratica.
Il Post 12/03/2016, La Repubblica 26/07/2016, Panorama 27/05/2016, UNHCR, Internazionale, Wikipedia
16
Africa occidentale
Mali Bamaku abitanti 18 milioni superficie lingue
4x
HDI rank 179/188 50%
africane, francese
94%
50%
età media 16 anni
6 figli/donna
alfabetismo
Dal 1864 al 1895 il territorio del Mali, era parte di una colonia francese conosciuta come Sudan Francese, insieme a Sudan e Senegal. Nel 1960 la Repubblica Sudanese e il Senegal si proclamarono indipendenti come Federazione del Mali, nome rimasto per identificare la sola Repubblica dopo l’allontanamento del Senegal. Nel 1992 furono indette le prime elezioni democratiche e vinse Alpha Oumar Konaré, presidente fino al 2002, a cui gli succedette Amadou Toumani Touré, anche lui rieletto una seconda volta: entrambi i governi si batterono contro la corruzione e attuarono riforme economiche che migliorarono la vita nel paese. Nel 2012 ebbe luogo un colpo di stato che diede origine all’attuale guerra in Mali. I territori a nord del paese (l’Azawad) hanno sempre voluto maggiore autonomia dal governo di Bamako e nel 1988 diedero vita al Movimento Nazionale di Liberazione dell'Azawad, un’organizzazione militare e politica formata da diverse etnie (soprattutto tuareg), combattenti libanesi anti-Gheddafi e disertori dell’esercito, che accesero diverse rivolte negli anni ’90. Nel 2006, con la scoperta del petrolio
religione
38%
2%
55% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
10%
nella regione dell’Azawad, i rapporti fra tuareg e governo peggiorarono anche a causa del sospetto di una ramificazione del gruppo “al-Qaeda nel Maghreb islamico”: idea fondata, perché fu proprio il gruppo jihadista a guidare il MNLA contro il governo nel 2012, invadendo le città del sud per affermare la propria potenza, causando più di 100.000 sfollati interni e 139.000 rifugiati. L’Aqim, come l’Isis e i talebani, è “salafita”, la corrente più feroce del fondamentalismo islamico: l’organizzazione demolisce templi e luoghi di culto perché iconoclasta. Nel 2013 la Francia (con il supporto logistico di Italia, UK, USA, Spagna e Germania) interviene nel conflitto per aiutare la riconquista della capitale e distruggere la sede magrebina di al-Qaeda a Timbuctu. L’operazione si conclude a favore del governo maliano nel 2014: i rifugiati e gli sfollati iniziarono a fare ritorno, anche se a maggio 2015 nuovi attacchi hanno causato 53.000 nuovi profughi. L’Azawad si è autoproclamato indipendente (anche se non riconosciuto) con capitale Gao. Panorama 27/05/2016, OIM, UNHCR, Internazionale, Wikipedia
17
Africa occidentale
Nigeria Abuja abitanti 190 milioni superficie
3x
HDI rank 152°/188 49%
lingue £ inglese, lingue africane
50%
51%
età media 18 anni
5 figli/donna
alfabetismo
Colonia britannica fino al 1960, dopo alcuni tentativi di governo repubblicano interrotti da complotti, colpi di stato, conflitti e violenze, oggi la Nigeria è uno stato in difficoltà. Il gruppo jihadista Boko Haram (in tigrino “L’educazione occidentale è proibita”), fondato nel 2002 e diretto dal leader Mohammad Ysuf, è fautore di episodi di violenze, massacri ed esecuzioni contro l’esercito nazionale e civili. Un triste esempio è quello di Chibok, nell’aprile 2014, quando sono state sequestrate 276 studentesse di una scuola secondaria considerata insurrezionalista. A maggio 2017 sono state rilasciate 82 ragazze che hanno potuto riabbracciare i genitori; durante questi anni alcune hanno avuto figli dai rapitori, altre sono apparse in alcuni video online. Dal 2015 Boko Haram è alleato con l’ISIS (Stato islamico dell’Iraq e del Levante) e porta avanti una guerra in nome della Sharia, uccidendo la popolazione cristiana (presente soprattutto nel sud del paese) o troppo occidentalizzata. Il petrolio estratto lungo il delta del Niger è un'altra importante causa dei conflitti fra i gruppi militari organizzati: i guerriglieri locali (i
religione
60%
48%
62% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
47%
Niger Delta Avengers) intervengono organizzando sabotaggi e sequestri di persona a favore delle famiglie ridotte in miseria dallo sfruttamento del terreno. Il governo attuale non gode della fiducia dei nigeriani a causa delle continue sconfitte dell’esercito e della corruzione che dilaga al suo interno, delle discriminazioni contro le donne e le forti limitazioni alla libertà di parola e stampa, oltre che della disorganizzazione politica e della forte crisi economica che sta attraversando il paese, conseguente alla caduta del prezzo del petrolio. Negli ultimi due anni, a mano a mano che l’esercito nigeriano strappava il controllo di Boko Haram sulle città nel nordest del paese, migliaia di persone affamate provenienti dai villaggi colpiti si sono riversate nelle città: è probabile che la causa sia una forte carestia, ma la maggior parte delle agenzie umanitarie è riluttante all’idea di distribuire cibo nelle aree controllate dai jihadisti.
conflictmap.org, internal-displacement.org, Limes 15/05/2015, La Repubblica 18/05/2016, Panorama 27/05/2016, OIM, UNHCR, Internazionale 14/04/2017
18
Mappa
Il Medio Oriente 20°
I
30°
J
35°
K
40°
K A L
45°
UZ
Mar Nero
pi as r C
Istanbul
TU
o
25°
H
25°
Ma
b
G
RK
TURCHIA
BE
ME
K U R D I S TA N
SIR
L
IBAN O MAR M E D I T E R R A N E O Beirut
Baghdad
IRAN
AN
LE
IA
AQ
AR
G
AB
IA
SA
ol
fo
Pe
IT
A
o
AN
os r R
so
YE
e
ME
Sana’a
Golf 10°
ic
TI IRA I EM NIT U BI A R A
Riyad
UD
rs
Ma
15°
Teheran
RD
AE
IO
ISR
G
d
IR
Damasco
Gerusalemme
20°
IA
OM
c
o
N
d di A
en
N
19
M ONG OLIA
AZA KIS TAN M
50°
65°
P
Q
70°
R
75°
80°
AN
N
AFG
I HAN
S TA
TA J I
N
Kabul
PA
KIST
Islamabad
K
I
A ST
N Nuova Dehli
NE
PAL
BUTHAN
I N D I A
BA
Dacca
NG
DE
MAR ARABICO
Go SRI LANKA
lf
o
de
l
SH
AR
LA
la
dell’Oman
M YA N M
Golfo
CINA
AN
ga
TA
O
en
NIS
ST
60°
B
KI
N
55°
Nayp
20
Penisola araba
Siria Damasco abitanti 18 milioni superficie lingue
50%
HDI rank 134°/188 49%
arabo, inglese, francese
87%
51%
età media 24 anni
2 figli/donna
alfabetismo
Lo stato siriano è dilaniato da conflitti e violenze: dopo l’indipendenza dalla Francia nel 1946, la Siria ottenne rifornimenti militari dai Russi e sancì la sua alleanza con l’Egitto partecipando al secondo conflitto arabo-israeliano contro Israele, che occupava dal 1967 le Alture del Golan, una regione montuosa al confine con la Giordania. Dal 1970 prese il potere Hafez al Assad, esponente della minoranza sciita, che durante il suo mandato represse le proteste della popolazione sunnita ed estese la sua influenza in Libano, approfittando della situazione di instabilità causata da una guerra civile interna. Negli anni ’80-’90 la Libia si schierò contro l’Iraq di Saddam Hussein, avvicinandosi all’Occidente. Dopo la sua morte, nel 2000, scoppiarono una serie di rivolte nel nord del paese, ad opera degli indipendentisti curdi che, in seguito alla spartizione dei loro territori fra Iran, Iraq, Turchia e Siria con il trattato di Saadabad del 1937, volevano riformare un unico stato. Le manifestazioni anti-regime cominciarono a gennaio 2011, in risposta al continuo controllo della popolazione da parte del governo attraverso repressioni e censure: dai
religione
86%
13%
2% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
30%
social network ai cortei nelle piazze agli in scontri fra manifestanti e forze di polizia. La guerra civile ha ufficialmente inizio il 15 marzo 2011, il giorno delle proteste in piazza a Deraa contro il regime di Bashar al Assad, figlio del vecchio presidente. Le forze in campo sono tre: l’esercito regolare siriano, le forze dei ribelli alleati sotto il nome di Esercito Siriano Libero e i Curdi. I ribelli però sono divisi in varie milizie ed ogni giorno nascono nuovi gruppi fondamentalisti auto-organizzati arricchiti anche da volontari stranieri di paesi vicini, come il Fronte Al-Nusra (formato da giovani kamikaze affiliati ad al-Qaeda) e l’ISIS (Stato Islamico dell’Iraq e del Sol Levante). Con l’uso di armi chimiche su civili nel 2013, il conflitto diventa di interesse mondiale: Russia e Iran sostengono il governo siriano, mentre USA ed Europa i ribelli siriani moderati. Ogni giorno ci sono bombardamenti e scontri per la conquista e riconquista delle città.
UNHCR, Internazionale, Wikipedia
21 All'inizio di marzo 2013 il Fronte di al-Nusra conquista la città pacifica di Raqqa, centro strategico che garantisce un buon controllo sulla Siria centrale e settentrionale: al Fronte si contrappone l'Esercito Siriano Libero mentre i Curdi contrastano l'avanzata dell'ISIS nel nord-est del paese (fronte di Kobane, liberata nel 2015). Nel 2014 l'ISIS proclama la nascita del Califfato nella città irachena di Mosul. Per tutto il 2015 continuano gli attacchi: la coalizione guidata dagli USA combatte l'ISIS mentre la Russia appoggia l'esercito siriano nella riconquista di Aleppo, ormai divisa fra forze ribelli e il regime siriano. A febbraio 2016 l’Onu, Russia, Siria e Iran firmano una dichiarazione di cessate il fuoco per diminuire il numero di attacchi e portare gli aiuti attraverso i corridoi umanitari. Oltre metà della popolazione del paese è sfollata e il 60% dei siriani è di religione sciita: di certo il governo di Assad alleato all’Iran sunnita sarà contrastato senza riserve. A dicembre 2016 i bombardamenti si intensificano e a metà mese Aleppo est è caduta, conquistata dall’esercito di Assad, mentre i ribelli mantengono il controllo di piccoli territori della città. A gennaio 2017 l'ISIS continua a lanciare offensive nella parte orientale del paese ancora governata dalle forze siriane. Dopo bombardamenti chimici siriani e attacchi aerei da parte degli USA, Mosul e Raqqa vengono riconquistate dall'esercito siriano a luglio 2017.
Il regime del presidente Bashar Al Assad, carica ereditata dal padre Hafiz al-Assad subito dopo la sua scomparsa nel 2000, è repressivo verso ogni forma di opposizione nei confronti del governo. Secondo il rapporto pubblicato il 7 febbraio 2017 da Amnesty International, oltre 13.000 persone sono state impiccate tra il 2010 e il 2015 nel carcere di Saydyana, con una procedura che di regolare ha ben poco. Sovraffollamento, torture, violenze sessuali e poi impiccati secondo scelte arbitrarie: il governo siriano nega e al contrario accusa UE e Nato di essere dalla parte dei terroristi.
La Repubblica 7/02/2016, Il Corriere della Sera 3/09/2015, The Post, Internazionale 13/12/2016, Wired 9/09/2015, Studenti.it 7/4/2017, Il Fatto Quotidiano 14/7/2017
22
Penisola araba
Iraq Baghdad
HDI rank 121°/188 49%
abitanti 38 milioni superficie lingue
1,3x
arabo, curdo
99%
51%
età media 19 anni
4 figli/donna
alfabetismo
Conquistato da arabi, mongoli, turchi e colonizzato dai britannici, l'Iraq ottenne l'indipendenza dopo la Seconda Guerra Mondiale sotto il regime del partito arabo nazionalista di cui prese le redini Saddam Hussein nel 1979. L’economia del paese crebbe negli anni ’70 grazie alla nazionalizzazione degli impianti di estrazione e distribuzione del petrolio. Dieci anni dopo l’Iraq occupò il Kuwait per il petrolio, oggi ormai indipendente anche se legalmente ancora sotto il suo controllo, scontrandosi con l’ONU e la NATO, che imposero forti sanzioni, restrizioni alla vendita del greggio e lo smantellamento delle armi chimiche (gas nervini e vescicanti). Il conflitto è conosciuto come prima Guerra del Golfo. L’area a nord del paese, dopo 30 anni di guerre interne, venne data in autonomia alla popolazione curda sparsa fra Iran, Turchia e Siria. La situazione instabile contribuì alla crescita dell’ISIS, che non trovò ostacoli nell’espandersi nei territori circostanti. Dopo l’attentato alle Torri gemelle le ostilità fra USA e Iraq salirono fino a sfociare nella seconda Guerra del Golfo del 2003, conflitto promosso da USA e Gran Bretagna per
religione
80%
―
4% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
17%
fermare Saddam Hussein, sospettato di aver contatti con Bin Laden e di possedere armi chimiche (accuse del tutto infondate). L’attacco fu accompagnato da una coalizione di 38 paesi (tra cui l’Italia) e sostenuto dai curdi: Hussein si diede alla fuga dopo aver perso Baghdad, ma venne subito catturato e poi impiccato nel 2006. Dal 2004 è stato istituito un governo provvisorio. Gli americani, come altri paesi coinvolti nel conflitto, non abbandonarono il territorio fino al 2011: gli attacchi nel paese proseguirono fra i gruppi sciiti e sunniti, governo iracheno e truppe straniere. Dal 2012 gli effetti della guerra civile siriana si ripercuotono anche sull’Iraq: l’ISIS avanza da nord, e stabilisce il Califfato Islamico nella città di Mosul. Qui ha inizio nell’ottobre 2016 un’offensiva da parte delle forze speciali irachene (addestrate da Turchia e USA, che guidano la coalizione) e i peshmerga curdi (l’esercito del Kurdistan Iracheno). Mosul viene liberata a luglio 2017: restano macerie, migliaia di civili uccisi e più di un milione di sfollati. Il Post 26/10/2016,-20/08/2016, UNHCR, Internazionale, La Repubblica 14/07/2017
23
Penisola araba
Yemen Sana abitanti 28 milioni superficie lingue
30% arabo
HDI rank 160°/188 49%
99%
51%
età media 17 anni
4 figli/donna
alfabetismo
Lo Yemen è uno Stato all’estremità inferiore della penisola araba: dopo la fine della dominazione ottomana nel 1918 e la proclamazione a Repubblica Indipendente Araba dal 1962, salì al governo Allah Saleh, dal 1978 al 2012: durante il suo mandato vide lo Yemen del sud e del nord dividersi e riunirsi nella Repubblica Democratica dello Yemen. Negli anni ’90, infatti, alcuni politici di ideologia marxista tentarono una secessione del sud, anche se non riconosciuta a livello internazionale: le rivalità fra le due regioni non si erano mai sopite e le rivolte della Primavera Araba contribuirono a minare la fiducia nel governo. Saleh di dimise in favore di Rabbih Hadi, sostenuto dagli Stati Uniti e dagli stati del Golfo Persico, ma non riuscì ad attuare le riforme volute: venne contrastato dai ribelli sunniti Huthi, i quali difendevano il sud dello Yemen. Dal 25 marzo 2015, la coalizione araba formata da Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi, Marocco, Egitto e Qatar, sostenuti militarmente da USA, Regno Unito, Francia e Spagna, bombardò con raid aerei le città, i campi profughi, i luoghi di raduno e le fabbriche
religione
70%
―
10% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
25%
controllate dagli Huthi. In campo è presente anche al-Qaeda, alleato del gruppo Ansar al Sharia ("Ausiliari della Sharia"), organizzazione jihadista ramificata in diversi paesi arabi, che da qui rivendicò l’attacco al giornale Charlie Hebdo. La guerra civile ha raggiunto ormai oltre le 26.000 vittime e 17.000 feriti, provocando oltre 2 milioni di profughi che da aprile 2016 hanno iniziato ad arrivare sulle coste italiane. La crisi umanitaria è di proporzioni simili, se non superiori, a quelle siriane: la coalizione araba ha infatti deciso il blocco navale, impedendo così gli aiuti umanitari e la distribuzione dei prodotti alimentari. La FAO calcola che ci siano oltre 17 milioni di persone (2/3 della popolazione) che soffrono di fame, di cui 7 milioni addirittura sull'orlo della carestia. Inoltre si sta diffondendo anche una pericolosa epidemia di colera, che ha già causato 1.700 morti e più di 300.000 contagiati (il 41% sono bambini): le risorse del paese sono scarse e meno della metà degli ospedali del paese sono attivi. Il Corriere della Sera- Esteri Reportages sullo Yemen, UNHCR, Internazionale 14/04/2017, onuitalia.com 13/07/2017
24
Striscia di Gaza
Libano Beirut abitanti 18 milioni superficie lingue
31%
HDI rank 67°/188 49%
arabo, francese
44%
51%
età media 28 anni
2 figli/donna
alfabetismo
La stretta lingua di terra che si affaccia sul Mar Mediterraneo, culla della civiltà fenicia, che fece parte del regno di Alessandro Magno e degli Imperi Romano e Ottomano, ebbe lunghi secoli di dominazioni che terminarono solo dopo la Prima Guerra Mondiale. Nel 1918, infatti, la Francia assunse il controllo del Libano fino al 1943, anno dell’affermazione della propria indipendenza grazie all'aiuto dell’Inghilterra. Il periodo successivo fu instabile: il paese contribuì militarmente all’esercito arabo nel conflitto con Israele, che non volle sottostare alla divisione dei territori palestinesi decisa dall’ONU nel 1948. Il Libano accolse molti dei rifugiati palestinesi in fuga, che, scontrandosi con i cristiani, causarono una guerra civile interna tra il 1975 e il 1990. Nel 1982, per contrastare la forza armata palestinese, intervenne lo stato di Israele supportato dalle forze americane, italiane e francesi, che si ritirano però l’anno successivo, dopo aver subito un attentato rivendicato da Hezbollah. L'organizzazione paramilitare libanese, di orientamento sciita, nacque proprio in questo periodo, e col passare degli anni incrementò il numero di
religione
93%
56%
0% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
74%
affiliati al punto di essere considerata più potente dell'esercito regolare. Il conflitto terminò nel’89 grazie al trattato di Ta’if: Algeria, Marocco e Arabia Saudita, di comune accordo con il Libano, ratificarono il disarmo delle milizie cristiane e musulmane. Ciò incontrò la resistenza di Hezbollah e la guerra ebbe veramente fine solo grazie ad un’offensiva dell’esercito siriano. La milizia sciita di Hezbollah non fu definitivamente sconfitta e nel 2006 attaccò una pattuglia dell’esercito israeliano, provocando altri 36 giorni di conflitti, terminati poi con un cessate il fuoco proclamato dalle Nazioni Unite. Nel 2011 la guerra civile siriana è sconfinata anche qui: l’esercito libano fa da cuscinetto tra le fazioni sunnite che sostengono i ribelli e quelle sciite (Hezbollah) pro-Siria. Il paese continua ad accogliere le migliaia di profughi siriani ed iracheni nonostante gli squilibri demografici, economici, politici interni: il Libano ospita infatti il maggior numero di rifugiati al mondo in rapporto alla popolazione locale (1 ogni 6 abitanti).
Limes, UNHCR, Internazionale, Wikipedia
25
Golfo Persico
Iran Teheran
HDI rank 69°/188
abitanti 80 milioni superficie lingue
6x
49%
persiano, turco
98%
51%
età media 28 anni
4 figli/donna
alfabetismo
L’Iran fu governato dal 1779 al 1925 dalla dinastia dei Qajar, che guidarono il regno incentrando il governo sull’assolutismo e la religione. Nel ’900 l'impero britannico e quello russo si scontrarono per la spartizione del territorio, dopo la scoperta del petrolio nel 1908. Il greggio generò ricche entrate per l’Iran e il nuovo Scià Reza Khan favorì lo sviluppo del paese, aprendo al commercio con la Germania, ma ciò ne causò il coinvolgimento nella Seconda Guerra Mondiale: gli Stati Uniti aiutarono la ricostruzione del paese dopo il conflitto e la loro presenza influì molto sull’opinione pubblica, tanto da far organizzare un colpo di stato nel 1953 per deporre il Primo Ministro Mossadeq, che intendeva nazionalizzare le industrie iraniane degli idrocarburi. Durante gli anni ’60 e ’70 i cittadini iniziarono a protestare contro il regime a causa di alcune riforme per la realizzazione di nuove imprese meccanizzate ai danni degli agricoltori: il malcontento serpeggiò fino ad esplodere in scioperi e proteste in piazza. L’11 marzo 1979 l’esercito si dichiara neutrale suggellando così la definitiva vittoria
religione
87%
2%
2% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
44%
dei rivoluzionari e l’inizio della Repubblica Islamica dell’Iran, con una serie di cambiamenti importanti nel sistema istituzionale e nel ruolo politico dei religiosi (alla guida attuale del paese è in carica l’Ayatollah Alì Khamenei, esponente del clero sciita). Dal 1980 al 1988 l’Iran venne attaccato dall’Iraq di Saddam Hussein, per la conquista di una delle province molto ricche di petrolio. Il conflitto, durato 8 anni, si trasformò in una guerra di posizione: a favore dell’Iraq era schierata gran parte dell’Europa, America e Cina, mentre Corea del Nord, Libia e Siria si alleano con l'Iran. I rapporti con l'Occidente si incrinarono, soprattutto dopo che il paese annunciò di voler sviluppare un programma nucleare per non essere più dipendenti dall'estrazione del petrolio. Oggi l'Iran è in pace. Va reso noto tuttavia che il governo è uno dei più severi al mondo: è ancora legale la pena di morte, le donne non hanno gli stessi diritti degli uomini e la libertà di associazione ed espressione è limitata.
Il Post 6/02/2016 - 20/09/2016 UNHCR, Internazionale, Wikipedia
26
Anatolia
Kurdistan ARM
Siriano TURCHIA
EN
IA
Iraniano Turco
SIR
IA
IR AN IR AQ
Iracheno
I curdi sono il popolo più numeroso al mondo senza uno stato: sono riuniti in un’area vasta 450 mila km2, tra Turchia, Siria, Iran ed Iraq, mentre alcune comunità curde si trovano anche in alcune ex repubbliche sovietiche, come l’Armenia e l’Azerbaijan. Dopo la Prima Guerra Mondiale il territorio curdo venne spartito fra gli stati confinanti a causa del trattato di Losanna del 1923, firmato dalle grandi potenze europee e fortemente voluto dalla nascente Repubblica Turca. La ribellione curda inizia nel 1946, con l'appoggio russo nel formare il primo partito democratico in Iran. Da allora, circa 20/30 milioni di curdi, soprattutto islamici, lottano ogni giorno per l'indipendenza. Negli ultimi anni, oltre a resistere alla repressione del governo turco (la maggior parte vive nel 30% del loro territorio), devono fronteggiare anche l'avanzata dell'ISIS. Recep Tayip Erdogan, il primo ministro turco, non riconosce infatti la loro indipendenza a causa dell’alto numero di riserve petrolifere presenti nei territori sotto il loro controllo.
Oggi il Kurdistan sta vivendo un embargo economico stabilito dalla Turchia: non è consentito importare né esportare prodotti o cibi perché con la Siria c’è il blocco degli aiuti umanitari. I curdi sono organizzati in Partiti Democratici addestrati militarmente, in attività da circa 40 anni (PDK e PKK in Turchia, PJAK in Iran, UPK in Iraq). Durante la guerra civile in Siria nel 2011, i curdi siriani hanno autoproclamato indipendente il Rojava, una piccola striscia di terra al nord della Siria. Qui resistono all’ISIS le YPG (Unità di Protezione del Popolo) e YPJ (Unità di Protezione delle Do, la brigata femminile). Il Rojava si autogoverna con un contratto sociale basato sulla convivenza etnica e religiosa, l’emancipazione della donna e l’equa distribuzione delle ricchezze. Con la caduta di Mosul, il 25 settembre 2017 il Kurdistan iracheno terrà un referendum per decidere sulla sua indipendenza dall’Iraq.
uikionlus.com, Kobane Calling, Zerocalcare - 2016, Limes, UNHCR, Internazionale, La Stampa 7/006/2017
27
Subcontinente indiano
Bangladesh Dacca abitanti 164 milioni superficie lingue
ঙ
50%
HDI rank 142°/188 49%
bengalese, inglese
89%
51%
età media 18 anni
2 figli/donna
alfabetismo
Nel 1757 la Compagnia delle Indie Britannica prese possesso dei territori del Bengala (la regione occidentale dell’India) e ne rimase a capo fino al 1947, anno in cui venne divisa in due: l’ovest rimase sotto l’India, mentre l’est musulmano si congiunse al Pakistan (chiamato appunto Pakistan orientale) con capitale Dacca. L’operazione causò uno degli esodi più grandi della storia (l'emergenza rifugiati durò ben 30 anni): i bengalesi indù si spostarono da est a ovest e viceversa le persone di religione musulmana. Nel 1966 nacque la Lega Awami (Lega Popolare Bengalese), un movimento che si batté per ottenere riconoscimenti culturali e politici della popolazione bengalese, che continuarono però ad essere ignorati dal governo del Pakistan centrale. Il popolo, insoddisfatto dell’indifferenza mostrata verso le vittime del ciclone abbattutosi nel 1970 sul Pakistan orientale, del boicottaggio delle elezioni presidenziali vinte dal partito bengalese e delle operazioni militari per far tacere qualsiasi nucleo di resistenza, diede inizio ad una guerra di liberazione.
religione
61%
9%
43% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
14%
Nel 1971, con l’appoggio del governo indiano, il Bangladesh riuscì a conquistare l’autonomia ed ottenere una democrazia parlamentare al governo. Tra il 1975 e il 1990 il paese subì numerosi colpi di stato: ciò causò la nascita di alcune dittature comuniste. Dopo il 1990 subentrarono al governo due donne come primo ministro, e per 20 anni combatterono duramente la forte corruzione e i numerosi disordini politici. Dal 2016 il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi è alla guida del paese. Sono numerosi i profughi che dal Bangladesh emigrano in India a causa di disastri ambientali, inondazioni e povertà (circa 40 milioni negli ultimi 20 anni). Da ottobre 2016 è cominciata una violentissima repressione contro i rohingya, una popolazione molto simile a quella bengalese e omogenea per lingua, tradizioni e religione: immigrati clandestini da generazioni, senza documenti per legge, trovano rifugio nei campi profughi al confine con la Birmania.
Internazionale 9/01/2017, Wikipedia
28
Mappa
Ucraina e Colombia Tallin
D
E
10°
F
15°
ti
M
a
Ba
ar
BI
VA
UNG
H CC
IA
Budapest
HER
IA
SIA
R U S S I A
M O L D A V I A Chisinau
ROMANIA
Bucarest
NICARAGUA
Sebastopoli
CRIMEA Mar Nero
BULGARIA Sofia
Ma
C
re d ell 70°
Tegucigalpa
Managua
Luhans’k Donetsk
IA
H80° O N D U RB A S 75°
Tunisi
US
UCR AINA
RB
5°
Minsk
R ELO
SE
A
M
e A Dn t i 65° lle
DEI AR
CO
I IF
a
C
OCE
b
PANAMA
Equatore
60°
F
Caracas
VENEZUELA
Golfo di Panama
PA ANO
0°
E
CARAIBI
C O S T A R I C A Panama S. Josè
I
Kiev
REPUBBLICA CECA
b
30°
Mosca
Vilnius
Varsavia
SLO
H
25°
LITUANIA
l
POLONIA
30°
G
20°
Riga LETTONIA
co
35°
ESTONIA
Bogotà
COLOMBIA
BRASILE
Quito
ECUADOR PERÙ
29
Europa
Ucraina Kiev
HDI rank 81°/188 54%
abitanti 44,5 milioni superficie
2x
lingue й ucraino, russo
atei 89%
46%
età media 18 anni
1,5 figli/donna
alfabetismo
La penisola della Crimea, un limbo di terra nel Mar Nero, è la principale causa del conflitto che si sta combattendo dal 2014 nell'Ucraina orientale. Colonizzata da Greci, Bizantini, Mongoli e Russi dal 1783 al 1954, venne trasferita all’Ucraina da Nikita Krushov al termine della Guerra Fredda. Gli abitanti di Sebastopoli, la capitale, non furono d’accordo e mantennero una propria autonomia. Il 2013 è l'anno degli accordi segreti fra il presidente ucraino Viktor Janukovyč e Vladimir Putin. Il presidente russo è contro le trattative fra l’Ucraina e l'Europa per la formazione di una speciale area per il libero commercio. Vorrebbe invece creare una lega euroasiatica per il monopolio sulla distribuzione del gas (il 30% del gas europeo viene importato attraverso condotti ucraini), e soprattutto per il controllo della Crimea, poiché Sebastopoli è base militare sia ucraina che russa: secondo gli accordi di Krushov, infatti, i russi avrebbero continuato ad avere lo sbocco sul Mar Nero per le esercitazioni militari, in cambio di obbligazioni ucraine e sconti sul prezzo del gas. La situazione degenera nel novembre 2013 dopo le
religione
99%
38%
0% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
50%
proteste dell’Euromaidan e le rivolte a Kiev. Il presidente Janukovyč ordina all'esercito di fermare le manifestazioni, provocando morti fra i civili manifestanti. Febbraio 2014: il governo viene rovesciato e Janukovyč fugge. Pochi giorni dopo la Russia occupa militarmente la penisola e viene dichiarata l’indipendenza della Crimea (non riconosciuta dall’UE). L’esercito ucraino combatte anche gli attacchi dei separatisti filo-russi al confine orientale: le province di Donetsk e Luhansk si sono autoproclamate Repubbliche Indipendenti a maggio 2014, dopo un referendum popolare. A settembre, secondo gli accordi di Minsk, Kiev garantisce il cessate il fuoco e maggiore autonomia alle province. Anche se i media internazionali non seguono gli sviluppi, gli scontri non si arrestano e a gennaio 2017 sono ripresi i bombardamenti, forse a causa dell'inizio della carriera presidenziale di Donald Trump, che intende collaborare con la Russia per eliminare le sanzioni imposte dall'Ucraina per l'annessione della Crimea. Focus 4/03/2013, Il Post 5/12/2015-1/02/2017, Panorama 7/02/2017, UNHCR, Internazionale, Wikipedia
30
Sudamerica
Colombia Bogotà abitanti 49 milioni superficie lingue
ñ
3,5x spagnolo
HDI rank 97°/188 51%
90%
49%
età media 30 anni
2 figli/donna
alfabetismo
La Colombia è stata in guerra per 40 anni: negli anni ’50 il partito liberale governò per circa 10 anni, fino a quando, con le nuove elezioni, ci furono accordi segreti durante la campagna elettorale fra i candidati che portarono all’assassinio del favorito dal popolo. Il fatto diede il via al Bogotazo, una serie di proteste civili che manifestavano la rabbia verso le politiche repressive dello Stato. Per reprimere i rivoltosi il governo decise di dare all’esercito il potere di creare delle milizie paramilitari (FARC): queste compirono ogni genere di violenze fisiche (torture, abusi sulle donne, mutilazioni), violando tutti i diritti umani. In questo clima di tensione, nacquero i primi gruppi di guerriglieri, assoldati da diversi agricoltori comunisti in cerca di maggiore autonomia, preoccupati soprattutto per le coltivazioni di cocaina e gli attacchi dei coltivatori rivali (la Colombia è il primo produttore al mondo): questi gruppi armati vennero rinforzati dalle milizie ormai allo sbando. Le forze in campo furono quindi tre: milizie paramilitari, esercito dello Stato e gruppi armati. I civili che abitavano nelle zone di conflitto o in aree appartenenti ai
religione
94%
5,6% vive sotto la soglia di povertà < $1.25/gg
accesso a internet
56%
clan, sono stati costretti a riunirsi in comunità di pace, attori neutrali allo scontro: da soli avrebbero rischiato la vita durante gli attacchi, colpiti indistintamente come nemici. Nel 2004 il piano di smobilitazione delle milizie paramilitari avviato dal Presidente Uribe avrebbe dovuto essere concluso, ma solo 5 milizie hanno riconsegnato le armi. Nell’agosto 2016, dopo il negoziato durato 4 anni, è stato firmato il trattato di pace tra il nuovo presidente Juan Manuel Santos e le FARC. Secondo i termini dell'accordo, i guerriglieri che accettano di dichiararsi colpevoli non andranno in prigione, ma potranno scontare una pena più leggera con "lavori a favore della comunità". L'accordo prevede anche l'impegno del governo a favore delle zone rurali e maggiori diritti per i partiti politici più piccoli, come richiesto dalle Farc, che garantiscono il disarmo delle guerriglie e la cooperazione per contrastare la produzione ed esportazione di cocaina.
La Stampa 27/09/2016, Il Fatto Quotidiano 4/02/2017, Internazionale, Wikipedia
/vieni con me La collana di 32esimi dedicata alle migrazioni umane
1 Migrare
Sfollati, profughi, clandestini, rifugiati: gli aiuti umanitari, il diritto di asilo, le protezioni internazionali, i paesi che li accolgono.
2 Focus Storico
La storia recente dei paesi dei profughi: l'Africa e il Medio Oriente, i regimi, il terrorismo, la povertĂ .
3 Il viaggio
Le rotte per il Mediterraneo e i Balcani, i trafficanti, gli abusi, le frontiere, i morti e i dispersi di un viaggio della speranza.
4 Benvenuti in Italia
I soccorsi in mare, le storie, i centri di accoglienza e i rifugi informali, i minori stranieri non accompagnati, le vittime di tratta.
5 L'integrazione
Gli immigrati ci rubano il lavoro? Quanto siamo "open mind"? Il razzismo sui social e alcune proposte di design sociale.
6 S.A.R.
Search and Rescue Activities: chi e come salva la vita ai migranti nel Mediterraneo.