Le architetture della metropoli. Analisi e strategie per il governo dei sistemi metropolitani

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Le architetture della metropoli.

Nel 1990 il parlamento italiano vara la prima norma in tema di aree metropolitane (L.142/90). Ancor prima la Regione siciliana introduce, nell’omonima Regione, la problematica metropolitana con la L.R. 9/86. Obiettivo della presente tesi di laurea è analizzare e definire un modello di governo sostenibile per il sistema metropolitano catanese, basato su una analisi territoriale fondata sullo studio di indicatori (alcuni di essi messi appunto per la prima volta in questo studio) potenzialmente generalizzabile al restante dominio delle aree metropolitane italiane che a fatica hanno seguito le disposizioni della normativa italiana e siciliana in materia proprio perché quest’ultime sono lontane dalla effettiva complessità delle aree metropolitane.

Agatino Rizzo

Le architetture della metropoli Analisi e strategie per il governo dei sistemi metropolitani: il caso catanese

Agatino Rizzo si è laureato in ingegneria edile-architettura all’Università degli Studi di Catania presso la Facoltà di Ingegneria. Nel 2008 ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in urbanistica e pianificazione territoriale presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Catania con sede a Siracusa. Dal 2008 l’autore vive e lavora all’estero. www.cityleft.blogspot.com

ISBN 978-1-4709-7475-6

9 781470 974756

Agatino Rizzo

90000


UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CATANIA FACOLTA’ DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA EDILE - ARCHITETTURA DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA E URBANISTICA

AGATINO RIZZO

Le “architetture” della metropoli. Analisi e strategie per il governo dei sistemi metropolitani: il caso catanese

TESI SPERIMENTALE DI LAUREA

Relatore: Chiar.mo Prof. PAOLO LA GRECA

Correlatore: Prof. FRANCESCO MARTINICO

ANNO ACCADEMICO 2002 - 2003


© 2006 di Agatino Rizzo. Tutti i diritti riservati. ISBN: 978‐1‐4709‐7475‐6


Indice

Introduzione

p. 4

Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia” 1.1. 1.2. 1.3. 1.4.

Un modello in corso di definizione: Barcellona La pianificazione metropolitana matura: Lione La riforma del titolo V della Costituzione Il caso nazionale: Legge 8 giugno 1990 n°142 1.4.1. L’area metropolitana di Bologna 1.5. Il caso siciliano: Legge Regionale 6 marzo 1986 n° 9 1.5.1. L’area metropolitana messinese 1.5.2. L’area metropolitana palermitana 1.5.3. L’area metropolitana catanese 1.5.4. Ulteriori considerazioni in merito alla L.R. 9/86

p. 15 p. 19 p. 28 p. 32 p. 38 p. 41 p. 44 p. 48 p. 52 p. 56

Parte II: “L’area metropolitana catanese” 2.1. Le caratteristiche dell’area metropolitana catanese 2.2. Un modello flessibile di Area metropolitana 2.2.1. Criteri morfologici 2.2.2. Criteri di omogeneità 2.2.3. Criteri di interdipendenza 2.3. Gli scenari possibili: i sub-sistemi metropolitani 2.4. Il significato del confine 2.5. I tessuti urbani liminari come verifica puntuale delle strategie per un auspicabile governo metropolitano

p. 65 p. 79 p. 85 p. 108 p. 120 p. 128 p. 134 p. 141

Bibliografia

p. 145

Appendice I: Legislazione

p. I

Appendice II: Tabelle e Database di calcolo

p. XVII

Appendice III: Elaborati grafici


Introduzione Che cos’è una area metropolitana? Quali sono le sue differenze con il tradizionale concetto di città appartenente al sentire comune? Conviene forse partire dall’ultima domanda per cercare di spiegare cosa si intende oggi per sistema metropolitano. Per la disciplina urbanistica la definizione di città è un problema metodologico che è stato affrontato largamente. La città ha innumerevoli valenze che scoraggiano definizioni settoriali e univoche da parte di enclave culturali (sociologiche, storiche, architettoniche, geografiche, economistiche) cosa per la quale ogni definizione risulta immancabilmente priva di un aspetto o di un significato indispensabile. E’ come una coperta troppo corta: la definizione inevitabilmente soddisfa le istanze di una parte e provoca le rimostranze di altre. In più a queste considerazioni bisogna sommare

il

fattore

proporzionalmente

agli

tempo

che

sviluppi

influisce,

delle

non

discipline

marginalmente, e

al

grado

di

compenetrazione con la cultura della società civile. Ratzel, geografo, nel 1891 definisce la città come la “stabile concentrazione di uomini e di residenze che coprono considerevole parte di terreno con strade commerciali al centro”. Max Weber, economista, nel 1921 la interpreta semplicemente come “sede di mercato”. Park, appartenente alla scuola sociologica di Chicago, nel 1916 afferma che la “città è un’altra cosa che un semplice raggruppamento di individui e di comodità sociali […]. La città è piuttosto uno stato d’animo, un corpo di costumi e di tradizioni […]“. Infine Luigi Piccinato, urbanista, afferma nell’Enciclopedia italiana (1938) che “ […] la città si può considerare un essere vivente in continua trasformazione.” Vivere in una città significa essere parte di un sentire comune che, tramite le radici storiche, si sostanzia in una serie di comportamenti umani peculiari da luogo a luogo. La città dagli urbanisti e dagli architetti non può essere solo vista come un insieme di fatti architettonici, frammenti (Secchi,


Introduzione

2000), che più o meno appartengono a questa o quella corrente stilistica. La città prima di tutto è il luogo dove i cittadini abitano, esplicano le loro attività, vivono una serie di esperienze personali. La città “[…] è la scena fissa delle vicende dell’uomo; carica di sentimenti di generazioni, di eventi pubblici, di tragedie private, di fatti nuovi e antichi” (Rossi, 1966). Nella società moderna si è smarrito il senso comune di vivere in un luogo. Gli spazi pubblici, sotto un certo aspetto, sono quasi spariti a causa dell’incuria istituzionale e dei disagi umani che portano al vandalismo, cioè ad un odio incontrollato verso la città e ciò che essa rappresenta. Spigai (1995) spiega che uno dei fattori che ha contribuito alla dissoluzione di un’idea condivisa di città è: La caduta del culto degli spazi architettonici rappresentativi delle funzioni vitali della città, l’anonimato e la dispersione dei luoghi e degli edifici di interesse sociale e collettivo […]

Un uso commerciale sempre più spinto di questi, aggiungiamo noi, non ha fatto altro che impoverire i valori locali ed omogeneizzare la città1. La città col tempo si è dilatata sotto la spinta di una forte crescita economica: come un’onda lunga che, dal dopoguerra fino a oggi, ha travolto il territorio sfruttandolo fino all’inverosimile. Il suolo agricolo veniva considerato come riserva amorfa di spazio e priva di valore in attesa di essere trasformata col tempo in area edificabile. La legislazione urbanistica, ovviamente, non ha saputo porre il giusto freno, qualora venisse applicata, anche nel caso di leggi visionarie il cui contenuto veniva puntualmente disatteso (Vedi la legge sui suoli L.10/77). I piani di prima generazione (Campos Venuti, 1994) hanno rappresentato il trampolino di lancio per la progressiva densificazione della città, favorendo di fatto le lobby capeggiate dalle grandi imprese edili, dai proprietari terrieri, etc. Il piano, tuttavia, veniva visto ancora come un ostacolo alla libera edificazione (Stella Richter, 2002), concetto destinato a cambiare con la Legge ponte (L. 765/67) che obbligava (sarebbe meglio 1

Sia il “contenuto”, cioè i cittadini, sia il “contenente”, cioè l’architettura della città.

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Introduzione

dire induceva visto le sue pesanti limitazioni) i comuni a redigere Piani regolatori o Programmi edificatori. Nella seconda fase generazionale (dalla fine degli anni ’60 fino agli anni ’70) i piani si preoccupano di organizzare una espansione razionale con l’introduzione di parametri standardizzati aventi lo scopo di tutelare e promuovere la qualità dell’abitare. E’ il periodo della metropoli di prima generazione (Martinotti, 1993) fortemente polarizzata sul centro cittadino. Masse di popolazioni si spostano dalle periferie verso la città per lavorare. Sono

i

pendolari

(commuters):

operai;

impiegati

della

pubblica

amministrazione2; in una società vista fortemente gerarchizzata, di tipo top-down (in cima alla piramide il patronato capitalista, alla base gli operai). In questo periodo si realizza la forte densificazione dei comuni di prima cintura metropolitana e ovviamente della città in un continuo processo

di

urbanizzazione

da

luoghi

a

minore

concentrazione

demografica (territori rurali) alle città-metropoli o periferie di città-metropoli, luoghi per definizione con un’alta concentrazione umana e funzionale (Tisdale, 1942).

Le leggi però non risolsero il problema della continua

espansione dell’edificato, che porterà, all’inizio degli anni ’80, ad una radicale urbanizzazione del territorio italiano di seconde e terze case, intaccando, inevitabilmente, proprio quella parte di territorio degno di particolare pregio che, per i suoi valori ambientali, fu potenzialmente destinatario di questo tipo di iniziative. Solo alla fine degli anni ’70, con la presa di coscienza (non ancora del tutto compiuta visto la preoccupanti statistiche che ogni anno propongono decine e decine di nuovi abusi edilizi) da parte della società italiana e l’affermarsi di concetti quali consumo insostenibile delle risorse e conseguentemente di coscienza intergenerazionale, si proposero nuovi piani che guardavano all’esistente, al già costruito, come risorsa da poter 2

E’ da ricordare che nel Mezzogiorno d’Italia, specialmente in Sicilia, per la carenza di una forte presenza industriale tra gli anni ’60 e gli anni ’80 (in realtà neanche oggi); ma le politiche governative di quegli anni hanno affrontato il problema sovradimensionando l’apparato burocratico, facendo così rientrare la crisi occupazionale.

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Introduzione

riadattare agli usi urbani. Un’azione, questa, che divenne operativa con le leggi L. 457/78 o la L.R. 71/78. Nei primi anni del decennio si notò come i tassi di crescita delle principali città metropolitane, italiane ed europee, diminuirono sensibilmente. Si manifestò un fenomeno chiamato counterurbanization (contro-urbanizzazione), termine introdotto da Brian L. J. Berry, efficacemente ripreso da Guido Martinotti (1993) in Metropoli. In effetti la popolazione delle città metropolitane, spiega Martinotti, cominciò a diminuire e molti ebbero la convinzione che i giorni delle città fossero contati. In realtà il costrutto cittadino resiste ancora oggi nonostante già da tempo si dovessero avverare le profezie dei cottage telematici e della smaterializzazione dei rapporti sociali (anni ’80). Hall (1966) si rese conto, prima ancora dell’avvento di internet, che l’aumento delle informazioni a distanza non poteva produrre il decentramento delle attività intellettuali: “Con tutta probabilità, perciò, le attività di tipo intellettuale continueranno ad aumentare nei centri metropolitani.” Il fenomeno della counter-urbanization si manifesta tutt’oggi. La popolazione urbana non è diminuita anzi, ai pendolari si sono aggiunti i city users cioè gli utenti dei servizi cittadini che però né lavorano né abitano in città. Consumatori extra-urbani che si dedicano allo shopping o alla cura del corpo, giovani coinvolti dai ritmi incalzanti della movida e così via dicendo realizzano il corpo dei city users. Questo nuova morfologia sociale e urbana Martinotti propone di chiamarla metropoli di seconda generazione. Questa struttura è multipolare3 e la fascia di comuni metropolitani si relaziona in maniera osmotica con le città. Il risultato finale della continua espansione è la realtà in cui vive oggi la stragrande maggioranza della popolazione italiana (il 60% circa), cioè le aree metropolitane.

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In realtà a Sud il fenomeno della metropoli di seconda generazione è ancora immaturo per cui il territorio catanese risulta ancora molto polarizzato sulla città capoluogo. Ciò non di meno, all’interno della sua area metropolitana, ci sono settori, quali il commercio e le istituzioni, che riescono parzialmente a contro bilanciare l’accentramento di Catania.

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Introduzione

Molti studiosi hanno investigato questi unici fenomeni urbani, soprattutto quelli di cultura anglosassone che per primi, a causa della forte sollecitazione economica e della predisposizione culturale a città di bassa densità insediativa, si sono confrontati con la rapida urbanizzazione delle aree rurali. Gottmann alla fine degli anni cinquanta si occupò di quel nuovo fenomeno urbano che stava interessando la costa atlantica degli Stati Uniti d’America4 nel suo celeberrimo e monumentale lavoro: Megalopoli. Per Gottmann Megalopoli è la grande conurbazione che da Boston si estende fino a Washington lungo la High Way U.S. 1. Quest’area ha caratteristiche

eccezionali

per

quanto

riguarda

la

concentrazione

demografica, economica e industriale: Queste aree di terreno, sebbene non ammontano a più di 10.000 miglia quadrate, ospitano più di trenta milioni di persone: un quinto della nazione americana, circa un decimo del potenziale industriale di tutto il mondo, e probabilmente circa un quinto della direzione degli affari d’importanza mondiale (Gottmann, 1961).

Proprio per la forte presenza di questi fattori dinamici della crescita urbana, Megalopoli è un laboratorio che permette di studiare le future tendenze delle restanti aree urbanizzate del mondo. Descrivendo l’ontogenesi dei contesti metropolitani rileva come il concetto di area metropolitana sia il “risultato della formazione, al di fuori delle aree urbanizzate, di una popolazione non agricola e sparsa, la quale dipende da mezzi di sussistenza urbani o suburbani […]”. Si preoccupa molto di scardinare il vecchio concetto di aree rurali e la antica contrapposizione tra queste e le urbane. Dimostra che molto del tessuto urbano recente si incardina in precedenti centri agricoli trasformandone il loro significato. La popolazione che vive in questi centri “rurali” ha ben poco a che fare con la realtà locale e lavora nelle maggiori 4

Quarant’anni dopo se ne occuperà ufficialmente l’Italia con l’emanazione di una legge per l’istituzione delle aree metropolitane.

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Introduzione

cittĂ della costa atlantica (Boston, Providence, New York, Philadelphia, Baltimore e Washington).

Figura 1: la Megalopoli di Gottmann.

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Introduzione

Il modello centroperiferico, nonostante la sua tendenza multipolare, propone un monocentrismo, della struttura territoriale, insostenibile, capolinea di flussi radiali da e verso la frontiera metropolitana. In una città fortemente diffusa i servizi di pubblico trasporto sono inevitabilmente insufficienti ed inducono gli abitanti all’utilizzo del mezzo privato. Il risultato è una segregazione funzionale che impoverisce le risorse locali e che propone dei modelli gerarchici. Riducendo la complessità dei luoghi (e ciò vale in particolare per i comuni di fascia metropolitana) si impoverisce il milieu (Magnaghi, 2000) socio culturale con un incalzante processo di globalizzazione causa principe dell’omologazione sociale, culturale, architettonica. Riferendosi, in particolare, al caso italiano si osserva che il governo di un territorio tanto vasto quanto quello delle aree metropolitane prescinde

dalle

varie

municipalità

costituenti

l’agglomerazione

intercomunale e necessita di un modello di governance di scala intermedia fra la dimensione locale e provinciale. Questo è il tentativo che la Legge 142/90 ha intrapreso e che in tredici anni non ha trovato ancora applicazione. In Sicilia, ancor prima, con la legge 6 marzo 1986 n° 9 era stato tentato, se pur in maniera molto approssimata, un analogo riordino della materia. Una area metropolitana è un tessuto urbano sovracomunale, spazio delle relazioni sistematiche fra sotto sistemi metropolitani, che rifiuta la logica burocratica dei confini amministrativi (se non subordinati a particolari caratteristiche morfologiche del territorio come nel caso di Palermo o Genova fortemente limitati da una corona montuosa che impedisce di fatto relazioni extra-comunali) e che funziona come un corpo unico, in cui gli abitanti si spostano abitualmente da una parte all’altra di essa.

I

contesti

metropolitani

sono

caratterizzati

da

una

forte

centralizzazione dei servizi istituzionali, economici e dei servizi alla produzione nella città eponima e di una periferizzazione delle residenze, che

nel

loro

continuo

espandersi

concentricamente

diminuiscono

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Introduzione

progressivamente di densità fino a polverizzarsi in una infinità di unità residenziali isolate “democratiche” (Magnaghi, 2000). Un dato rilevante, peculiare a questi contesti urbanizzati, è la mancanza di un confine ben definito (la Città diffusa). All’interno di un’area metropolitana possiamo cogliere dei subsistemi metropolitani che fanno capo ad una città metropolitana. La città metropolitana è il risultato di un processo continuo di inurbamento che porta alla costituzione di un continuo urbano esteso alla prima cintura di comuni contermini. I sub-sistemi metropolitani sono dei “grumi” addensati che individuano i sotto poli attrattori (in misura inferiore rispetto alla città metropolitana) e che possono essere distinti dal restante tessuto edificato dai caratteri quasi filamentosi e certamente diffusi. Queste sotto strutture metropolitane sono relazionate, tra loro e la città metropolitana, da flussi (veicolari, energetici, informativi, economici) di straordinaria ampiezza e che

costituiscono

il

network

relazionale

indispensabile

per

il

sostentamento della forma metropolitana. Possiamo quindi dire che un’area metropolitana è interessata da un sistema di flussi interni a ciascun sotto sistema metropolitano che funzionano in maniera capillare, diffusa (Secchi, 2000), e una serie di flussi esterni ai sistemi metropolitani che invece sostengono una logica accentratrice. Le relazioni tra i sub-sistemi metropolitani sono inevitabilmente gerarchiche

verso

il

capoluogo

metropolitano

di

appartenenza,

mantenendo però una sorta di indipendenza culturale, identitaria ed ambientale. Per questo, il governo metropolitano, così come proposto dalle leggi L.142/90 e L.R.9/86, non può che generare conflitti nel sistema di governo soprattutto a livello comunale. Giudichiamo quindi inefficace il governo del territorio in “macroblocchi” territoriali e proponiamo invece una struttura flessibile non gerarchica a geometria variabile. Ognuno dei subsistemi metropolitani (omogeneo per offerta di servizi, territorio e aspetti culturali),

ora

invece

sistema

metropolitano

di

primo

piano,

rappresenterebbe un nodo di una rete a scala regionale che, in base ai

11


Introduzione

problemi affrontati, può o meno legarsi con un altro sistema metropolitano, pure sovra provinciale. In questo modo, riprendendo coscienza della soggettività propria di ogni sistema, si valorizzerebbero le risorse locali proponendo un modello autosostenibile e autovalorizzabile: in una parola autocentrato (Magnaghi, 2000). In

questa

prospettiva

diviene

centrale,

in

una

struttura

metropolitana così individuata, Il tema del confine. Il confine non può essere pensato come una linea amministrativa priva di soggettività territoriale bensì, deve avere un vero e proprio ruolo di territorio di confine. Ricordando l’insegnamento dei primi anni di ingegneria, molte discipline affermavano, giustamente, che un problema è univocamente definito se si conoscono le condizioni al contorno. La mancanza della categoria del contorno non consente di giungere ad una soluzione. Riguardando il confine attraverso questa focale si riprende un concetto largamente trascurato e disatteso da tempo: il progetto del confine. Confortati da queste premesse nel presente studio proponiamo di associare il progetto del confine al progetto dei vuoti (Magnaghi, 1998), tentando una trasposizione di un concetto acquisito dalle materie compositive -cioè che l’architettura si fa carico di modellare lo spazio attraverso il confinamento costruttivo- alla dimensione urbanistica metropolitana, estendendo così il problema all’intero spettro del pianificatore del territorio inteso come modellatore degli aspetti urbani5, economici e ambientali. Il lavoro che qui si propone -dopo aver discusso degli intendimenti passati e dei progressi fatti dalla disciplina circa il governo delle aree metropolitane, il suo funzionamento generalizzato ed il significato che per questa tesi di laurea assume- nella prima parte analizza due esempi di aree metropolitane europee per cercare di capire i limiti e le potenzialità del modello di gestione dei fenomeni metropolitani proposto da entrambe. 5

In ultima analisi sociali e culturali come afferma lo stesso Spigai (1995).

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Introduzione

Si passa, quindi, ad osservare e definire lo sfondo legislativo italiano, vario e mutevole, per discutere più dettagliatamente delle tre aree metropolitane siciliane, così come sono state individuate dalla legislazione regionale vigente. E’ stata dunque condotta un’analisi territoriale a partire dai dati più significativi disponibili elaborando trend demografici, densità abitative e così via. Ne è emersa l’inadeguatezza di una definizione tecno-burocratica slegata dalle realtà specifiche che nei casi estremi si sostanziano in coraggiose e temerarie perimetrazioni (le aree metropolitane di Palermo e di Messina sono costituite anche dalle isole minori). Le conclusioni porteranno a ridiscutere in maniera critica definizioni che appaiono scontate e consolidate quali ad esempio il ruolo e la “forma” delle aree metropolitane di Palermo, Messina e Catania. Dalle analisi condotte si fa strada, con maggiore coerenza, una confermata dimensione metropolitana di Catania che soffre più del processo di diffusione che ne impedisce il reale governo da parte delle singole unità municipali. Nella seconda parte lo studio analizza più in dettaglio il sistema della metropoli catanese: le varie cinture concentriche di comuni metropolitani, gli eventuali sub-sistemi metropolitani e si spinge fino a proporre un modello alternativo di governo metropolitano legato alle teorie prestazionali e a geometria variabile dell’associazionismo consensuale comunale e della multipolarità. Infine vengono osservati i “confini” ed il loro significato all’interno del palinsesto metropolitano. Alcune appendici riporteranno rispettivamente una nota critica sulla legislazione vigente in materia, le tabelle e i database di calcolo utilizzati per le indagini statistiche e territoriali, e gli elaborati grafici a corredo della presente tesi di laurea.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�


“La società di domani sarà diversa da quella nella quale siamo cresciuti, soprattutto perché sarà maggiormente urbanizzata. Modi di vita non agricoli saranno seguiti da una quantità sempre più grande di gente, ed occuperanno più spazio che mai, e simili cambiamenti

non

potranno

prodursi

senza

profondamente anche la vita e la produzione agricola.” (Gottmann, 1961, Megalopolis)

modificare


Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

1.1. Un modello in corso di definizione: Barcellona

In Catalogna, tra il 1950 e il 1980 (periodo di intenso sviluppo economico senza controllo democratico), la crescita del tessuto compatto rappresenta appena il 20% del totale della nuova occupazione (10.000 nuovi ettari) mentre la crescita diffusa rappresenta l’80% (40.000 nuovi ettari) […] l’obiettivo finale del Piano territoriale metropolitano di Barcellona è l’effettiva introduzione di essenziali elementi ordinatori della forma urbana […].

Questo è l’Incipit della relazione che correda lo studio per lo schema di massima del Piano territoriale metropolitano di Barcellona (1999) e che evidenzia in maniera sintetica ed efficace l’obiettivo che un piano di questa natura si deve prefiggere per ordinare ed orientare la crescita urbana. Il concetto di area metropolitana si configura a Barcellona con la legge 23/1983 che introduce il Piano territoriale generale della Catalogna (PTGC) come strumento coordinante lo sviluppo dell’intera Regione e, all’art.12, crea le basi per un piano d’area intermedia quale il Piano territoriale metropolitano di Barcellona. Nel marzo 1990, in un periodo di piena trasformazione urbana e con la motivazione delle Olimpiadi del 1992, si approva il primo Piano strategico concentrandosi intorno a due aspetti principali: le nuove opportunità generate da un progetto come le Olimpiadi e l´ingresso della Spagna nell’Unione Europea, con le conseguenze in termini di mercato e di competitività di Barcellona rispetto ad altri importanti ambiti urbani europei. Successivamente, con lo scopo di dare seguito alle richieste di miglioramento del Piano, si formularono e approvarono, nel 1994 e nel 1999, il Secondo e il Terzo Piano strategico. Il Secondo piano si fondava sull’intenzione di accrescere la proiezione internazionale dei settori produttivi con maggiori capacità

competitive nel nuovo scenario

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

economico internazionale. Il Terzo piano, invece, dedicò in buona parte la sua attenzione ai più importanti cambiamenti delle condizioni di vita della città e dei suoi cittadini, tenendo conto dei processi migratori e dell’invecchiamento della popolazione. Nel 1995 si definì un modello indicativo per il PTGC con una proiezione, al 2026, di 7.500.000 di abitanti complessivi, di cui il 62,67% ricadono nell’ambito metropolitano di Barcellona (4,7 milioni di abitanti). Obiettivi principali del PTMB sono: a) controllare l’uso del suolo per garantire la qualità degli spazi aperti; b) delimitare gli spazi aperti considerandoli come un sistema continuo

interrelazionato

di

aree

essenzialmente

non

urbanizzate; c) favorire la mobilità e la comunicazione, elementi imprescindibili per assicurare flessibilità localizzativi e efficienza economica. Il Piano, basato sulle tecniche di concertazione fra i vari attori coinvolti nel processo di pianificazione, utilizza diversi strumenti per la determinazione delle risposte ai bisogni della comunità metropolitana: 1. elaborazione di schede che individuano per ciascuna linea strategica gli obiettivi previsti e il loro livello di realizzazione; 2. gruppi di discussione che prevedono la partecipazione degli attori implicati nella implementazione delle azioni; 3. report di valutazione globale sulle trasformazioni della città; 4. azioni di informazione sulle evoluzioni complessive sia della città che del Piano; 5. attenzione vigile verso le notizie apparse sui media. Un problema però è rimasto latente nell’implementazione del piano al governo dei processi metropolitani: la scelta dell’ambito territoriale ottimale. Tomas Font, dell’università di Barcellona, ricorda nel 2000: Si prospetta l’ipotesi di ridurre le province attribuendone le funzioni

ad

un

governo

metropolitano.

L’attuale

realtà

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

metropolitana è dunque in continuo divenire senza però giungere ad un sostanziale piano di riordino istituzionale con la riduzione dei livelli di governo intermedi e del fenomeno della parcellizzazione comunale.

Con l´obiettivo di definire una partizione di territorio e le sue strategie congiunte, è nato nel marzo 2003 il Primo Piano Strategico Metropolitano di Barcellona, che testimonia un´accresciuta capacità strategica e nuove opportunità di sviluppo. In questo modo si è definita la strategia per 36 comuni con un´estensione territoriale di 600 km2 e una popolazione di 2,9 milioni di abitanti1.

1

Nel 1999 l’ambito metropolitano comprendeva 163 comuni per una popolazione di 4,26 milioni di abitanti in una superficie complessiva di 3.235 Km2.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Figura 1: Proposta per il Piano Territoriale Generale della Catalogna elaborato nel 1999.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Figura 2: Grafico simbolico dei mezzi e degli obiettivi del Piano Territoriale Metropolitano di Barcellona.

Figura 3: Studi nello schema di massima del PTMB riguardanti le diverse tipologie di sezioni stradali.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

1.2. La pianificazione metropolitana matura: Lione

La politica del presidente francese Mitterrand è stata quella di promuovere grandi opere capaci di agire da traino al rinnovamento urbano e al progresso economico della nazione francese. I “Grands Travaux” (da Montpellier, ad opera di Boffil nel 1979, fino all’intervento di Lille, curato dall’OMA e Rem Koolhaas) sono stati caratterizzati da un massiccia promozione mediatica che non ha fatto altro che spostare l’attenzione dal rinnovamento urbano dei complessi metropolitani agli spasmi per accaparrarsi le “grandi firme” dell’architettura internazionale2. A Lione, contrariamente a quanto è in parte avvenuto in altre città europee, il processo non si è fondato sulla realizzazione di singole opere, quanto piuttosto sulla definizione di un insieme articolato di temi e sistemi di progetto, inquadrati all’interno di una struttura generale di obiettivi. La figura che più di tutti ha rappresentato la volontà di una città a rinnovare il proprio statuto, in un’ottica marcatamente metropolitana, è stata quella di Michel Noir sindaco della città di Lione e presidente della Comunità urbana dal 1989 al 1995. Egli nominò un certo Henry Chabert a presiedere gli interventi di sistemazione e di sviluppo urbano del comune di Lione e ad occupare l’ufficio della vice presidenza della Comunità urbana lionese. La struttura intercomunale nata nel 1969 prende il nome di Communauté urbaine du Grand Lyon. Comprende 55 comuni per una popolazione complessiva di 1.136.000 abitanti e una superficie di circa 50.000 ettari. La Comunità urbana produce un piano regolatore 2

Citiamo un brano tratto da Supermodernism (Ibelings, 1998): ”Questa personalizzazione dell’architettura non è la sola analogia con le celebrità POP. Il paragone va anche oltre: oggigiorno le celebrità del mondo dell’architettura sono continuamente in viaggio per partecipare a concorsi, giurie, interviste, incarichi di insegnamento, conferenze e lezioni, il tutto inframmezzato da occasionali incontri di lavoro. […] Molte città del mondo capitalista, in questi trascorsi quindici anni, appaiono impegnate in una sorta di allegro gioco per famiglie per cui sembra che tutti possiedano un edificio di un grande nome dell’architettura. […] Perfino una città relativamente piccola come L’Aia ha potuto arricchirsi delle opere, inter alia, di Alvaro Siza, Riccardo Boffil, Richard Meier, Rob Krier, Michael Graves, Cesar Pelli, e Henri Ciriani. […] La diffusione, in senso globale, del lavoro di questi e di molti altri architetti mette in evidenza come la firma personale sia l’unica qualità appetibile dell’architettura.”

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

dell’agglomerato urbano, approvato nel 1992, chiamato Schema Direttore Lione 2010. Il documento è articolato in sei piani: 1. Plan Presqu’ ile: che mira alla conservazione e rivitalizzazione del centro storico; 2. Plan Lumiere: che si occupa della progettazione dell’illuminazione pubblica nel centro cittadino; 3. Plan Blue: che è volto alla sistemazione degli argini del Rodano della Saone; 4. Plan Vert: volto alla protezione degli spazi aperti produttivi e non; 5. Plan Couleuers: che si concentra sulla rivalorizzazione dei settori cittadini malamente sfruttati; 6. Schema d’amenagement des espaces publics: che mira alla rivalutazione degli spazi pubblici urbani. A questi si sono aggiunti specifici piani di carattere economicocommerciale ritenuti fondanti il processo di gestione territoriale. I piani sono articolati da una complessa “macchina gestionale” (Marchigiani,

2003)

organizzata

in

mission

tematiche

chiamate

congiuntamente a prendere decisioni circa la gestione territoriale della comunità metropolitana: a) Urbanisme, per la messa a punto di politiche e strumenti di pianificazione e progettazione urbana, comprendente i Service espace publics e i Service Développement social urbain preposti all’attuazione dello Schéma d’aménagement des espaces publics; b) Ecologie

urbaine,

per

la

definizione

di

politiche

di

valorizzazione e fruizione della rete di aree agricole e naturali periurbane, nell’ambito delle quali rientra la Charte de l’écologie urbaine; c) Déplacements urbains, per lo sviluppo delle reti di trasporto pubblico (tram, ferrovia, metropolitana), la riorganizzazione delle aree di parcheggio, la promozione dell’uso della

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

bicicletta e la salvaguardia del pedone (strumento preposto al

coordinamento

di

tali

operazioni

è

il

Plan

des

déplacements urbains); d) Services urbains, nell’ambito della quale è il settore Voirie che collabora attivamente con i servizi Déplacements urbains ed Espaces publics nei progetti di riqualificazione degli spazi aperti pubblici. Ed è ai materiali ecologici che si ispira l’azione della Comunità urbana e ad un massiccio intervento di paesaggisti ritenuti in grado di saper meglio rivalutare gli interstizi urbani e riconvertili a luoghi della socialità piuttosto che a costruzioni di pietra titaniche. La Comunità non si occupa solo del centro cittadino, pur realizzando per quest’ultimo una serie di piazze urbane avente la duplice funzione di luoghi di raccolta sociale e parcheggi interrati per molte centinaia di automobili, ma in particolar modo delle periferie allo scopo di rifondare lo statuto dei luoghi a partire da una migliore qualità degli spazi aperti e da un loro rapporto, informale, con gli abitanti. Dal 1994 il programma di Développement social urbain ha individuato 24 aree sensibili nelle quali, con il coinvolgimento dei residenti, hanno preso avvio progetti volti sia alla ristrutturazione degli alloggi e alla localizzazione di attrezzature e servizi, sia alla ridefinizione di una misura e di un’articolazione degli spazi aperti (Marchigiani, 2003). Per quanto riguarda nello specifico il territorio urbano, da un lato vi sono le azioni puntuali e diffuse sugli spazi aperti pubblici e sulle centralità localizzate nel cuore e nei settori periferici (Schéma d’aménagement des espaces publics; Plan lumière e Plan couleurs riguardanti la Ville de Lyon) e dall’altro quelle rivolte a riportare a sistema gli spazi aperti verdi e gli ambiti naturali che giungono fino al cuore di Lione (Plan vert; Plan Bleu). Il quadro di azioni così delineato si integra con quello prefigurato da altri strumenti preposti alla definizione di una nuova armatura di funzioni strategiche (Plan tèchnopole, Schéma d’urbanisme universitaire, Schéma

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

d’urbanisme commercial) e alla riorganizzazione dei trasporti pubblici (Plan des déplacements urbains). Lo Schéma directeur Lyon 2010 localizza i nuovi settori di sviluppo strategico nei principali punti

di accesso alla parte più densa

dell’agglomerazione lungo due direttrici, l’Arc des fleuves in direzione nord-sud e l’Axe est-oues. L’intento è assegnare ai nuovi poli della ricerca e del "terziario superiore" (funzioni direzionali e servizi avanzati alle imprese) il ruolo di elemento propulsore per la riqualificazione dei tessuti industriali e residenziali circostanti e per la loro integrazione con l’intera area metropolitana, attraverso il potenziamento delle linee di trasporto pubblico e delle attrezzature commerciali e culturali che l’insediamento di tali attività richiede. All’interno dello Schéma directeur grande importanza è stata assegnata

alla

riorganizzazione

del

sistema

della

mobilità:

dal

potenziamento delle linee di metropolitana e di trasporto pubblico in superficie, alla realizzazione di nuovi nodi di interscambio e di infrastrutture autostradali di smistamento del traffico automobilistico di attraversamento veloce. La logica di concentrare attorno ai nodi di interscambio i futuri poli di sviluppo economico e predisporre aree di parcheggio e nodi di scambio con le linee di superficie nei punti di accesso alla città hanno il fine di ridurre al minimo l’utilizzo delle auto nelle aree interne più dense. La centralizzazione, ai sistemi metropolitani, delle scelte di pianificazione a ogni livello (dai piani commerciali alla gestione degli spazi aperti) e per converso l’estensione degli interventi a tutti i livelli di realtà urbana (centro e periferia) hanno contribuito a una maggiore e migliore integrazione delle risposte ai problemi della società. Capovolgendo il paradigma verticalista delle decisioni statali, aspetto non marginale in Francia che vede nella città di Parigi la convergenza delle scelte politiche territoriali a quasi tutti i livelli, Lione propone un modello di concertazione fra i vari enti organizzando una struttura decisionale orizzontale.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

Il problem setting sviluppato dal centro di pianificazione lionese si è concentrato nella creazione di osservatori, o indicatori, della situazione urbana in grado di riproporre nuove centralità a partire da precisi studi sociologici che ne evidenzino l’aderenza ai bisogni reali della società; nella costituzione di vari livelli di pianificazione coerenti; e nella definizione di un vocabolario condiviso dei materiali urbani.

Figura 4

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

Figura 5: Planimetria del centro di Lione. La numerazione si riferisce agli interventi portati avanti dalla Communauté urbaine du Grand Lyon. L’intervento evidenziato (il numero 1) si riferisce a Place des Terreaux riportato nelle immagini seguenti.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Figura 6: Place des Terreaux.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

1.3. La riforma del titolo V della Costituzione

Nel 2001 con una legge costituzionale, del 18 ottobre n° 3 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2001, si sostituisce la precedente disciplina del Titolo V della costituzione con una nuova, volta ad innovare l’organizzazione gerarchica delle competenze statali e dei rapporti fra quest’ultima e gli enti locali. Si tratta della riforma che avvia in Italia il processo di federalizzazione dello Stato italiano. In primis l’art. 1 della su citata legge, che sostituisce il precedente art. 114 della Costituzione italiana, afferma che la Repubblica è costituita, e non “si riparte” come si affermava precedentemente nel Titolo V, in Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e dallo Stato. Cioè si sancisce la piena soggettività, non vincolata da una gerarchia “piramidale” (dal centro verso le periferie), degli enti locali che vedono “contarsi” allo stesso modo degli organi del potere centrale, cioè lo Stato e le Regioni. In più viene data piena soggettività alla Città metropolitana quale ente di scala intermedia tra la comunale e la provinciale, introdotta dalla L. 142/90, incaricata di governare i processi delle regioni urbanizzate sovracomunali interrelazionate. All’art. 3, secondo lo schema canonico di Costituzione federalista, viene invertito il precedente ordine che vedeva, nell’art. 117, l’elencazione di una serie di competenze della Regione, in alcuni compiti specifici e ristretti subordinati all’interesse nazionale, a favore di una serie di compiti affidati alla potestà esclusiva dello Stato più un’altra affidata alla potestà concorrente tra Stato e Regioni. In quest’ultima categoria ricade il “governo del territorio” argomento riguardante la nostra tesi. I restanti compiti vengono invece adempiti dalle Regioni. L’art. 119 ribadisce l’autonomia finanziaria degli enti costituenti la Repubblica avendo la legittimità di stabilire e far applicare “tributi ed entrate propri”.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

Sono state sollevate non poche polemiche per quanto riguarda i compiti esclusivi da parte dello Stato anche perché molti di essi sono trasversali (ad esempio “norme generali sull'istruzione” sono pure citate nella legislazione concorrente tra Stato e Regioni) a tutta la legislazione e compromettono quindi la capacità da parte delle Regioni di potere legiferare serenamente in materia. Altro nodo del dibattito afferente al nuovo art. 117 riguarda il riferimento all’”interesse nazionale” come strumento di intervento dello Stato nella legislazione residuale affidata alla Regione. In realtà questo punto, non espressamente citato, risulta desumibile dai successivi art. 118 e 120. Il primo di questi fa riferimento ai principi di “sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” quali strumenti attraverso i quali dedurre l’attribuzione delle funzioni legislative agli enti definiti all’art. 114. Come afferma Veronesi (2002) “ […] il principio di sussidiarietà funziona davvero (e a tutti gli effetti) ‘come un ascensore’ […] la classificazione ordinamentale degli interessi non è più basata su una rigida gerarchia [individuata una volta per tutte], bensì può trovare variabile sistemazione […]”. D’altro canto l’art. 118 introduce una flessibilità “orizzontale”, determinata

dal

comma,

che

afferma

“Stato,

Regioni,

Città

metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. La previsione di una sussidiarietà ”orizzontale” legittima il minor impiego di risorse pubbliche là dove operano, o siano in grado di operare, i privati, mediante il ricorso a forme di autofinanziamento (Veronesi, 2002). Il secondo, al 2° comma, attribuisce al Governo, e non allo Stato, la possibilità di “[…] sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni […] quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali,

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”. Il Governo, che agisce mediante atti con forza di legge, diverrebbe custode degli interessi nazionali “con buona pace di tutta una esperienza passata che […] non ha mai abbandonato l’idea che questo compito dovesse restare nelle mani del Parlamento” (Ercolano, 2002). Ricapitolando il Parlamento può porsi come garante dell’unità dell’ordinamento: 1. esercitando le proprie competenze esclusive; 2. dettando leggi di principio nelle materie di competenza concorrente (nel nostro caso nel governo del territorio); 3. trattenendo

le

funzioni

amministrative

alla

propria

competenza; 4. disciplinando l’attribuzione delle risorse finanziarie; 5. disciplinando l’esercizio del potere sostitutivo3. Organo di raccordo tra Stato e Regioni è la “Conferenza Stato – Regioni” introdotta all’art. 1 del D.L. 281/97 che, come afferma l’art. 9, ha la funzione di assumere “deliberazioni, promuove e sancisce intese ed accordi [fra Governo e Regioni] esprime pareri, designa rappresentanti in relazione alle materie ed ai compiti di interesse comune alle regioni, alle province, ai comuni e alle comunità montane.” In particolare: a)

esprimeparere: 1) sul disegno di legge finanziaria e sui disegni di legge collegati; 2) sul documento di programmazione economica e finanziaria; 3) sugli schemi di decreto legislativo adottati in base all'articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59;

b)

promuove e sancisce intese tra Governo, regioni, province, comuni e comunita' montane. Nel caso di mancata intesa o di urgenza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 3 e 4;

c)

promuove e sancisce accordi tra Governo, regioni, province, comuni e comunita' montane, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere in collaborazione attivita' di interesse comune;

3

Tratto da Groppi, Tania (2002) “La garanzia dei diritti tra stato e Regioni dopo la riforma del Titolo V”, forum internet AmbienteDiritto.it.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

d)

acquisisce le designazioni dei rappresentanti delle autonomie locali indicati, rispettivamente, dai presidenti delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, dall'ANCI, dall'UPI e dall'UNCEM nei casi previsti dalla legge;

e)

assicura lo scambio di dati e informazioni tra Governo, regioni, province, comuni e comunita' montane nei casi di sua competenza, anche attraverso l'approvazione di protocolli di intesa tra le amministrazioni centrali e locali secondo le modalita' di cui all'articolo 6;

f)

e' consultata sulle linee generali delle politiche del personale pubblico e sui processi di riorganizzazione e mobilita' del personale connessi al conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali;

g)

esprime gli indirizzi per l'attivita' dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali.

A commento finale facciamo notare da un lato le osservazioni di Tarli Barbieri (2002) che evidenzia come la Corte Costituzionale sembra “prendere la riforma sul serio” pur attingendo, in non poche occasioni, alla giurisprudenza precedente la riforma, e dall’altro quelle di Veronesi (2002) che vede disattesi i pareri della Conferenza Stato – Regioni nelle ultime leggi finanziarie (2002 e 2003) che hanno “invaso” le competenze delle Regioni e degli enti locali nelle materie sancite dall’art. 117 (quello nuovo) della Costituzione italiana. In particolar modo, nel momento in cui stiamo scrivendo, è stata varata la Legge Finanziaria per il 2004, approvata con la “fiducia” del Parlamento, che tra i tanti provvedimenti introduce nuovamente il condono edilizio, per cui non esprimiamo nessun parere in merito lasciando a chi legge la libertà di trarre le proprie conclusioni, che in quanto materia di governo del territorio attiene alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni. Ebbene, la Regione siciliana non si è mossa per far rispettare un proprio privilegio sancito dalla Costituzione e si è appiattita accettando la risoluzione governativa da parte del potere centrale. Questa posizione non lascia ben sperare, almeno in Sicilia, circa l’applicazione di questa nuova riforma concepita per venire incontro alle esigenze

dei

cittadini

costituendo

uno

Stato

flessibile

e

quindi

maggiormente vicino alle problematiche locali.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

1.4. Il caso nazionale: Legge 8 giugno 1990 n°142

In Italia il problema della gestione delle aree metropolitane (A.M.) viene affrontato nel 1990 con una legge che introduce il governo metropolitano come autorità, preordinata dalla legge, competente in materia di pianificazione e programmazione del territorio. La legge, come vedremo, riconosce all’interno dell’A.M. la città metropolitana e i comuni. Questa concezione di piano si inserisce nella categoria di quei piani chiamati reticolari e visionari come naturale evoluzione generazionale della pianificazione territoriale, giungendovi dal livello sistemico degli anni ’60 e ’70 tramite la pianificazione strategica aziendale degli anni ’80. La legge, all’articolo 17, stabilisce già da subito le città italiane che devono essere considerare metropolitane, a differenza di come vedremo per la legge analoga siciliana, lasciando comunque la porta aperta ad altre possibili A.M., a seconda della realtà di ogni singolo luogo. Questo passo denuncia un alto grado di onesta intellettuale: si rifiuta la logica dell’imposizione di rigidi parametri lasciando la competenza di stabilire se un’area è o meno metropolitana alla saggezza delle istituzioni locali (anche se ciò è un punto di debolezza come vedremo). Al punto 3 si afferma che l’A.M. deve coincidere con l’intero territorio provinciale in modo poi da potere affidare alla Provincia la competenza in materia di legislazione e amministrazione metropolitana (accennata al successivo punto 4). Qualora i due perimetri, metropolitano e provinciale, non coincidessero si passa alla riperimetrazione del territorio provinciale formando così delle nuove Province. L’articolo 18 non fa che trasporre interamente le procedure di costituzione delle Province attuali, nel nuovo governo metropolitano “, in quanto compatibili,” e riconosce la Città metropolitana e i Comuni come i due livelli di amministrazione locale. Infine all’articolo 19 si affidano alla Città metropolitana le competenze

provinciali

e

comunali

(quando

hanno

carattere

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

intercomunale) per tutta una serie di materie che vanno dalla pianificazione territoriale alla tutela dei beni culturali e ambientali, dalla difesa del suolo alla gestione della viabilità e dei trasporti, dall’economia alla gestione dei servizi legati all’istruzione, sanità e quant’altro. Ciò lascia intendere un grande potere di gestione del territorio in maniera integrata e fatto sotto il patrocinio di un’unica autorità in grado di assicurare un coordinamento di area vasta. Nulla a che vedere con le funzioni che la L.R. 9/86 affiderà alla Provincia, organo improprio in quel caso, che risultano un sottoinsieme limitato del campo di applicazione della seguente norma. Già un anno dopo l’entrata in vigore del provvedimento di istituzione delle aree metropolitane in Italia, i comuni dei nove comprensori indicati dalla legge litigano su una proroga dei termini imposti dalla stessa: Oggetto della contesa sarà soprattutto la proposta socialista, illustrata ieri da Arturo Bianco, responsabile delle dipartimento delle autonomie del Psi, che prevede uno slittamento di almeno tre anni [la legge prevedeva l’istituzione delle A.M. in non più di un anno] dalla sua entrata in vigore (art. 17 comma 2)], "coperti" da un' apposita fase di sperimentazione, dei tempi previsti per la creazione delle aree metropolitane. Un vero e proprio periodo di transizione, dunque, da attuare - ha sottolineato Bianco - attraverso una conferenza metropolitana presieduta dal sindaco del comune capoluogo dell' area interessata <che assolva tutte le funzioni da attribuire all' area metropolitana,

esercitandole

nella

forma

degli

accordi

4

programma> .

Il “problema metropolitano” si trascina dalla “prima” alla “seconda” Repubblica non trovando ancora soluzioni circa la sua applicabilità. “Il principale ostacolo che l’ipotesi della città metropolitana ha incontrato in Italia è stata la questione della delimitazione dell’area, primo passo per la legge 142/1990, su cui quasi tutte le Regioni si sono arenate. 4

Rogari, Marco “Lite tra Comuni e Governo sulle aree metropolitane”, Milano, Il Sole 24 Ore, 5-07-1991.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

Decidere, una volta per tutte, quali Comuni includere e quali escludere è un’operazione quasi impossibile […].”5 Non è un caso che in tredici anni non siano ancora riscontrati risultati in merito. Nel 1995 viene proposta la modifica della L. 142/90. Giunta al Senato della Repubblica, il provvedimento, precedentemente approvato dalla Camera, viene ulteriormente modificato acuendo, così, le già laceranti ferite politiche che, inesorabilmente, il testo si era trascinato da una rielaborazione all’altra. Il provvedimento prevedeva: Nelle nove Province saranno istituite altrettante Conferenze metropolitane, composte dal presidente della Provincia e dai sindaci dei Comuni del territorio provinciale (che potranno recedere), ma con la possibilità della partecipazione di altri enti locali confinanti. La Conferenza avrà compiti ben precisi incluso quello di delimitare, se già non esiste, l'area metropolitana e le modalità dell'esercizio delle funzioni di livello metropolitano. Entro 180 giorni dalla prima seduta la Conferenza

dovrà

deliberare

la

delimitazione

dell'area

metropolitana, altrimenti dopo sessanta giorni potrà intervenire la Regione. Se anche la Regione resterà inerte, l'area metropolitana coinciderà rigorosamente col territorio della provincia capoluogo. Delimitata l'area, saranno in ogni caso svolte < esclusivamente a livello metropolitano > le funzioni, precisate nel dettaglio dal provvedimento, che riguardano urbanistica, viabilità, traffico e trasporti, raccolta e distribuzione delle acque e delle fonti di energia, sviluppo economico e grande distribuzione commerciale. Alla Regione resterà il compito di determinare, con propria legge, le ulteriori funzioni da esercitare a livello metropolitano < in quanto abbiano precipuo carattere sovracomunale o debbano, per ragioni di economicità e di efficienza, essere svolte in forma coordinata nell'area metropolitana >. In questo caso si utilizzerà lo strumento degli accordi di programma e delle conferenze di servizi, oppure saranno creati uffici e strutture comuni. La

5

Luigi Bobbio, Elisa Rosso, “Aree metropolitane”, Urbanistica dossier n°60, agosto 2003, pag.17.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

Conferenza metropolitana potrà proporre (con maggioranza dei due terzi dei componenti e col voto favorevole dei sindaci che rappresentino almeno la metà più uno dei cittadini residenti nell'area) l'istituzione della città metropolitana. In assenza di questa proposta, potrà intervenire la Regione con propria delibera corredata però dal parere favorevole di due terzi dei Comuni dell'area. L'istituzione della città metropolitana dovrà essere sancita con legge dello Stato6.

Elemento

nuovo

è

quello

dell’istituzione

delle

conferenze

metropolitane come strumento di concertazione a scala locale nella formazione del governo metropolitano. Difatti l’A.M. non viene più individuata dalla Regione “sentiti i comuni e le province interessate” ma di concerto tra Provincia e comuni interessati, così pure per la città metropolitana. Alla Regione è lasciato il compito di eventualmente “costringere”, se le istituzioni locali risultino inadempienti circa le disposizioni di legge. Compare pure la figura dell’”accordo di programma” quale strumento consensuale nella gestione della politica sovra-comunale volto a conseguire un consensus-building dal basso. Il legislatore in effetti si era reso conto che un modello politico “calato dall’alto” non poteva raggiungere risultati significativi e introdusse delle nuove disposizioni volte ad “ammorbidire” l’impatto e l’impianto della norma stessa. La rielaborazione, alla fine, non fu varata. Quattro anni più tardi le Camere tornarono ad occuparsi del problema della definizione ed attuazione di governi metropolitani come autorità atte al governo di ambiti urbanizzati interrelazionati. Viene emanata la L. 265/99, riportata in appendice per comodità di lettura, che all’articolo 16 riscrive il capo VI della L. 142/90. La precedente dicitura, legittimava anche una concezione dell’area metropolitana

come

area

vasta,

includendo

non

solo

i

centri

immediatamente adiacenti al comune capoluogo, ma altresì quelli solo funzionalmente legati ad esso. Con la L.265/99 la contiguità territoriale 6

R.Tu. “Riforma bis per le metropoli”, Milano, Il Sole 24 Ore, 23-09-1995.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

diventa elemento imprescindibile; di conseguenza, non potranno ritenersi ricompresi nell’area metropolitana facente capo ad un comune, quei centri che, pur collegati ad esso per le interazioni economiche e funzionali, non presentano, tuttavia, quell’inserimento sul territorio che ne farebbe delle propaggini del primo. L’intervento innovatore non riguarda soltanto il profilo sostanziale, ma altresì la procedura costitutiva dell’ente metropolitano. Se, infatti, l’art. 17 della L. 142/90 attribuiva l’iniziativa legislativa alle Regioni, prevedendo che i comuni e le province interessate fossero semplicemente “sentiti”, oggi tale rapporto è stato invertito, in modo che la Regione è tenuta ad attivarsi soltanto sulla base di una “conforme proposta degli enti locali interessati” e la sua eventuale inerzia protratta per 180 giorni legittima il Governo dapprima a sollecitarla ulteriormente quindi a provvedere direttamente. Tale modifica non è di scarso rilievo: essa riporta la disciplina delle aree metropolitane entro l’alveo costituzionale; viene in particolare ripristinata la conformità all’art. 133 della Costituzione, il quale disciplina la procedura per le modifiche territoriali delle province, che appariva aggirata dal precedente testo normativo, rispetto al quale erano stati, infatti, mossi dei rilievi di incostituzionalità (Recupero Bruno, 2001). La Città metropolitana è il nuovo ente risultante dal comune capoluogo e dai comuni ad esso legati da rapporti di contiguità territoriale; essa riceve un proprio Statuto che viene adottato dall’Assemblea degli enti locali interessati, all’uopo convocata dal Sindaco del comune capoluogo e dal presidente della provincia. E’ previsto a questo punto un effettivo coinvolgimento delle comunità interessate, attraverso il referendum a cui la proposta di istituzione dell’ente metropolitano deve essere sottoposta. Non si prevede più l’attribuzione delle funzioni “normalmente affidate ai comuni, quando hanno precipuo carattere sovracomunale o debbono, per ragioni di economicità ed efficienza, essere svolte in forma coordinata nell’area metropolitana”; ma l’art.19 (esercizio coordinato di funzioni) dispone semplicemente che “la Regione, previa intesa con gli

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

enti locali interessati, può definire ambiti sovracomunali per l'esercizio coordinato delle funzioni degli enti locali, attraverso forme associative e di cooperazione”. Nell’arco

della

stessa

legislatura,

infine,

il

precedente

provvedimento viene travasato, tal quale, in un Testo Unico concernente l’ordinamento degli enti locali. E’ il D.L. 267/2000 riportato per comodità in appendice alla presente tesi di laurea. Ci rendiamo senz’altro conto che la definizione in Italia di governi metropolitani è un problema in continuo divenire che non è ancora giunto ad una sua stabile definizione. La pianificazione di area vasta, così come è quella di ambito metropolitano, ha un dimensione “fluida e confini imprecisi, che possono variare a seconda del problema o della funzione considerata. Sono entità policentriche e poco compatte. Perché non accettare allora che le istituzioni che le governano possano assumere una geografia variabile o mutevole? Questo è uno dei vantaggi che i modelli istituzionali morbidi hanno nei confronti di quelli rigidi” (Bobbio, 2003). Riprenderemo questo argomento nella seconda parte del presente studio affermando come sia troppo rigido il governo di un territorio attraverso l’istituzione di macro aree e proporremo un modello associativo a geometria variabile (Magnaghi, 2000), in grado di saper meglio modellare i fenomeni metropolitani: strutture dissipative caotiche e lontane dall’equilibrio.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

1.4.1. L‘area metropolitana di Bologna Ogni giorno 72.000 persone si riversano dalla provincia nel comune capoluogo: tra 15 anni le proiezioni danno una città ridotta dagli attuali 400 a 300 mila abitanti, ma con un afflusso quotidiano dalla provincia superiore a 100.000 persone. 7

A Bologna, in questi anni, si sono fatti grandi passi in avanti nella proposizione del modello metropolitano tramite la istituzione dei Servizi metropolitani, primo esperimento di integrazione intercomunale. Ma anche qui il maggiore ostacolo che si è opposto alla istituzione delle città metropolitane

è

dato

dall'atteggiamento

di

sostanziale

diffidenza sia dei Comuni che delle Province alla costituzione di un ente locale "calato dall'alto". Comuni e Province, in questo processo di riordino istituzionale hanno svolto un ruolo secondario e sono stati, di fatto, esclusi dal dibattito sulle scelte istituzionali, che pure mettono in gioco il loro stesso modo di essere. (Lombardi, 1996)

Partendo dalla constatazione che il problema prioritario da affrontare nell’istituzione della Città metropolitana non è la delimitazione dell'area ma una puntuale definizione delle funzioni sovra-comunali da svolgere su area vasta e che il processo per la costituzione dell'autorità metropolitana deve necessariamente affondare le sue radici nell'iniziativa degli enti locali, il Comune e la Provincia di Bologna hanno promosso la sottoscrizione, da parte di tutti i Comuni della Provincia, di un accordo per la Città metropolitana di Bologna. Lombardi (1996) afferma ancora “solamente con un processo consensuale si può giungere ad una reale e leale collaborazione tra gli enti interessati, abbandonando i tradizionali campanilismi ed avendo come obbiettivo comune l'interesse generale dell'intera comunità provinciale.” L’accordo prevede la costituzione di una conferenza metropolitana avente la funzione di adozione di “linee di

7

Brano tratto dal dépliant di presentazione della Città Metropolitana di Bologna.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

prevalente orientamento”. Nei primi tre anni la Conferenza ha prodotto accordi tra i quali quelli riguardanti l’Alta Velocità. Nel 1995 la Regione provvide alla “delimitazione territoriale dell’area metropolitana di Bologna e attribuzione di funzioni”. L’area individuata coincide con l’intero territorio provinciale. Nel 1996 vengono istituiti i servizi metropolitani suddivisi in quattro settori: 1. Servizio schema direttore8; 2. Servizio mobilità e trasporti; 3. Servizio VIA; 4. Servizio sviluppo economico. Il 30 Gennaio 1995 il Consiglio Regionale vara una norma che disciplina i contenuti del PTCP. Conclusa la Conferenza di Pianificazione il 1 luglio 2002, sono stati redatti gli elaborati conclusivi presentati, durante la seduta consigliare del 28 gennaio 2003. Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale è stato adottato con delibera del Consiglio Provinciale n° 3 dell' 11 febbraio 2003. Le conclusioni che possiamo trarre dall’esperienza bolognese confermano la rigidezza del modello iniziale proposto dalla L. 142/90 e suffragano la tesi che il modello metropolitano deve essere costruito dal basso tenendo conto degli aspetti locali. Bologna è comunque un modello per tutte quelle città italiane che, afflitte dall’impotenza metropolitana dei fenomeni che le coinvolgono, vogliono implementare un modello di governance metropolitano.

8

“Lo ‘Schema’ non è un nuovo piano urbanistico che si aggiunge a quelli comunali e provinciali ma è di fatto la trama che unisce i piani comunali tra loro e fra questi e quello provinciale. E’ un accordo volontario tra la Provincia e una gran parte dei comuni del territorio bolognese che impegna i contraenti ad una gestione dei piani regolatori generali coerente con alcuni obiettivi di sostenibilità ambientale, di infrastrutturazione del territorio e di cooperazione sovracomunale.” (Rabboni, 2000).

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Figura 7: Tavola di analisi dei sistemi ambientali e delle risorse naturali e storico - culturali.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

1.5. Il caso siciliano: Legge Regionale 6 marzo 1986 n° 9

In Sicilia la legislazione sulle aree metropolitane risale al 1986 con l’emanazione di una legge per l’epoca visionaria. Da sempre l’Assemblea Siciliana si è fatta promotrice di provvedimenti che anticipano di molto i tempi legislativi del resto d’Italia (vedi le norme emanate in materia di sicurezza sui cantieri e così via), ma la forza delle proposte è stata sempre smorzata da trasposizioni burocratiche miopi che, di fatto, ne inficiano la loro efficacia. Ritornando al caso delle aree metropolitane ci accorgiamo, nel testo della norma, di alcune forti limitazioni al governo di questo tipo d’area intermedia (tra la provinciale e la comunale). L’articolo 19 fissa quattro criteri per la determinazione, in Sicilia, delle aree metropolitane. Il primo criterio, cioè “[le zone] siano ricomprese nell'ambito dello stesso territorio provinciale”, risulta arbitrario perché esclude i casi in cui la suddivisione provinciale, lascito di antichi assetti feudali9, non coincide con le sinergie che negli ultimi cinquant’anni, a causa del rapido processo di sviluppo, le municipalità, una volta distanti culturalmente e fisicamente, hanno stretto. Per ragioni legate al turismo o alla grande distribuzione i comuni si sono legati tra loro per far valere il proprio potere decisionale e influire sulle scelte economiche. Il secondo parametro (il punto b)) può essere accettato intendendolo come volontà potestativa del legislatore di fissare una soglia al di sotto della quale il coordinamento comunale e provinciale può bastare al governo dei processi relazionali. Il terzo criterio esprime una verità di fondo e cioè la continuità comunale che un’area metropolitana deve esprimere perché conseguenza delle relazioni intercomunali fra le varie municipalità; la scelta dei 200.000 abitanti, nei fatti, indica le città di Palermo, Catania e Messina come candidate all’accorpamento metropolitano con gli hinterland 9

La provincia di Catania si istituisce con la promozione della città a Capovalle da parte del governo borbonico nei primi decenni dell’ottocento.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

locali. L’ultimo criterio è sostanzialmente coerente con il concetto di continuo urbano espresso nel punto c) esteso al resto del dominio delle relazioni sistematiche fra i nuclei metropolitani (relazioni economiche e sociali). All’articolo 20 si afferma che la delimitazione di tale aree metropolitane spetta alla Regione con la facoltà di essere promosse dagli enti locali. Ciò significa che comunque l’aggregazione intercomunale è una scelta fatta dall’alto, con un basso grado di concertazione con gli organi istituzionali locali. Difatti alla fine il testo recita: “Decorso infruttuosamente tale termine, si prescinde dal parere [delle istituzioni locali].” Su questo punto si scontrano i Comuni, vedendo surclassato il loro libero arbitrio associativo così come afferma l’articolo 15 dello statuto speciale della Regione10. L’articolo 21 ci mostra come sia limitato il concetto di pianificazione del territorio metropolitano inteso dalla legge solo come disciplina delle principali vie di comunicazioni terrestri, destinazione di aree da riservare all’edilizia convenzionata, sovvenzionata e agevolata, e scelta delle localizzazione di impianti di interesse sovracomunale; e poi redazione di altri piani tematici che comunque prescindono da un processo integrato di pianificazione intercomunale non considerando, tra l’altro, l’aspetto ambientale. Infine lo stesso articolo 21 affida i poteri di gestione del territorio metropolitano alla Provincia rinunciando alla istituzione di una autorità specifica in grado di trattare esclusivamente le competenze dell’A.M.. La Provincia quindi, composta da Consiglieri e Assessori eletti al di fuori della realtà metropolitana, si fa carico di scelte che ricadono in un

10

Filippo Gravano (1998) ricorda che “I comuni di Catania, Acicastello, Paternò e S. Gregorio, promuoveranno, un ricorso costituzionale volto all’annullamento degli artt. 19, 20, e 21 della L.R. 9/86, sostenendo che essi sono in contrasto con lo statuto speciale della Regione, con l’art.l28 della Costituzione e l’art.19 della L. 142/90. L’art. 15 dello statuto individua, infatti, i poteri delle autonomie locali regionali nei comuni dell’isola e nei loro liberi consorzi. Da ciò dovrebbe discendere una figura istituzionale dell’area metropolitana data come ‘il risultato di una spontanea e libera determinazione dei comuni inclusi nei rispettivi comprensori”.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

contesto improprio, proprio perché coinvolge un organo non adatto, per costituzione e formazione, al governo dei sistemi metropolitani. Nei successivi paragrafi studieremo le aree metropolitane siciliane così come sono state individuate in applicazione della Legge regionale 9/86, mettendo in evidenza lo scarto esistente tra come la disciplina urbanistica attuale intende le “aree metropolitane” e l’interpretazione, che il testo di legge fa, dei fenomeni metropolitani. Il metodo utilizzato fa riferimento alle basi di dati ISTAT 2001 (provvisori) nonché a dati spaziali (PTPR) allo scopo di calcolare le densità insediative territoriali. Sono stati estrapolati i trend demografici nel periodo di riferimento considerato. Dopodiché le singole informazioni ricavate per le tre A.M. siciliane sono state messe a sistema allo scopo di trarne le dovute conclusioni riportate al paragrafo 1.5.4.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

1.5.1. L’area metropolitana messinese

Con riferimento alla tabella 1, riportata nell’apposita appendice, l’A.M. messinese comprende 51 comuni (figura 8) caratterizzati da una bassa popolosità. La popolazione metropolitana complessiva è stabile, nel periodo di riferimento considerato e si attesta intorno alle 460.000 unità. Pure la popolazione residente nel capoluogo è stagnante dal 1961 fino ad oggi (circa 235.000 abitanti). Questo conferma la staticità dell’A.M. denunciando la mancanza di relazioni, e quindi di metropolitanità, della città con l’hinterland. La popolazione media del comune metropolitano, escluso il capoluogo di appartenenza è di 4580 ab, secondo l’ultimo censimento (anno 2001), a fronte di una popolazione insediata nella città capoluogo di 236.621 ab con uno scarto, o deviazione, di 232.041 ab cioè del 98% sul valore di picco (figura 9). La crescita demografica quarantennale relativa dimostra come l’incremento totale metropolitano sia poco più dell’1% (figura 10), molto modesto nel paragone con le altre due aree metropolitane siciliane, con periodi di rovinoso svuotamento demografico nel decennio 1981/1991 imputabile alla perdita di competitività del capoluogo. La densità dell’hinterland metropolitano al 2001 è di 0,65 ab/ha, un ordine di grandezza più bassa rispetto all’A.M. catanese e palermitana, e la sua evoluzione diacronica è stabile. Ciò avvalora le ipotesi di mancanza di un continuo urbano e il carattere di indipendenza delle varie municipalità perpetuato nel tempo. In

ultimo

è

stato

analizzato

il

dato

della

composizione

occupazionale comunale considerando il numero di addetti nei quattro settori individuati dal Censimento ISTAT Industria e Commercio (figura 11).

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

Tabella 1 1 Alì 2 Alì Terme 3 Antillo 4 Barcellona Pozzo di Gotto 5 Casalvecchio Siculo 6 Castelmola 7 Castroreale 8 Condrò 9 Fiumedinisi 10 Forza d'Agrò 11 Furci Siculo 12 Furnari 13 Gaggi 14 Gallodoro 15 Giardini-Naxos 16 Gualtieri Sicaminò 17 Itala 18 Leni 19 Letojanni 20 Limina 21 Lipari 22 Malfa 23 Mandanici 24 Merì 25 Messina 26 Milazzo

27 Monforte San Giorgio 28 Mongiuffi Melia 29 Nizza di Sicilia 30 Pace del Mela 31 Pagliara 32 Roccafiorita 33 Roccalumera 34 Roccavaldina 35 Rometta 36 San Filippo del Mela 37 San Pier Niceto 38 Sant'Alessio Siculo 39 Santa Lucia del Mela 40 Santa Marina Salina 41 Santa Teresa di Riva 42 Saponara 43 Savoca 44 Scaletta Zanclea * 45 Spadafora 46 Taormina 47 Terme Vigliatore 48 Torregrotta 49 Valdina 50 Venetico 51 Villafranca Tirrena

Figura 8: L’A.M. di Messina.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Popolazione media dei comuni dell’hinterland metropolitano

Figura 9

Figura 10

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Figura 11

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

1.5.2. L’area metropolitana palermitana

Con riferimento alla tabella 2 l’ A.M. palermitana comprende 27 comuni (figura 12). La popolazione metropolitana complessiva attraversa un forte periodo di crescita nel ventennio 1961/81 che si ridimensiona nel successivo decennio 1981/91 per poi decrescere discretamente nell’ultimo periodo di rilevamento demografico 1991/01 attestandosi sulle 980.000 unità. Il modello di crescita di Palermo si può riassumere in tre tappe successive: 1. rapida crescita demografica fino al 1981; 2. un tratto costante che termina nel 1991; 3. rapida decrescita fino ad oggi. La popolazione media del comune metropolitano, escluso il capoluogo di appartenenza è di 36.556 ab, secondo l’ultimo censimento (anno 2001), a fronte di una popolazione insediata nella città capoluogo di 652.640 ab con uno scarto, o deviazione, di 616.084 ab cioè del 94% sul valore di picco (figura 13). La crescita demografica quarantennale relativa dimostra come l’incremento totale metropolitano sia quasi del 19% (figura 14), in calata nell’ultimo intervallo temporale (1991/01) dell’1,43%; un dato sicuramente significativo rispetto all’A.M. di Messina, mentre se consideriamo solo l’hinterland metropolitano la percentuale sale al 38%. Con una superficie di 123.781 ha la densità insediativa dell’A.M. escluso la città capoluogo, al 2001, è di 2,70 ab/ha con una crescita costante fino ai giorni nostri. In ultimo il dato occupazionale esteso all’intera A.M. (figura 15) ci mostra il forte impiego di addetti nel settore industriale per comuni quali Termini Imprese, Isola delle Femmine e Carini; un forte peso istituzionale di Palermo, soprattutto valutando il numero assoluto degli addetti (60.800 unità), che invece risulta minimale per il comune di Bagheria.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Tabella 2 1 Altavilla Milicia 2 Altofonte 3 Bagheria 4 Balestrate 5 Belmonte Mezzagno 6 Bolognetta 7 Borgetto 8 Capaci 9 Carini 10 Casteldaccia 11 Cinisi 12 Ficarazzi 13 Giardinello 14 Isola delle Femmine

15 Misilmeri 16 Monreale 17 Montelepre 18 Palermo 19 Partinico 20 Santa Flavia 21 Termini Imerese 22 Terrasini 23 Torretta 24 Trabia 25 Trappeto 26 Ustica 27 Villabate

Figura 12: L’A.M. di Palermo.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Popolazione media dei comuni dell’hinterland metropolitano

Figura 13

Figura 14

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Figura 15

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

1.5.3. L’area metropolitana catanese

Con riferimento alla tabella 3 l’ A.M. catanese comprende 27 comuni così come quella palermitana (figura 16). La popolazione metropolitana complessiva dal 1961 al 2001 cresce (dal ’61 all’’81 in maniera maggiore che nel ventennio successivo), con un dato finale di 720.000 unità. La popolazione media del comune metropolitano, escluso il capoluogo di appartenenza è di 26.765 ab, secondo l’ultimo censimento (anno 2001), a fronte di una popolazione insediata nella città capoluogo di 306.464 ab con uno scarto, o deviazione, di 279.669 ab cioè del 91% sul valore di picco (figura 17). La crescita demografica quarantennale relativa è straordinaria per l’hinterland metropolitano toccando quota 107% (figura 18); si raddoppia in meno di quarant’anni. In generale però l’A.M. cresce in misura minore (quasi il 30%), ciò vuol dire che Catania si svuota a favore dei comuni periferici. Con una superficie di 77.231 ha la densità insediativa dell’A.M. escluso la città capoluogo, al 2001, è di 5,39 ab/ha con gradienti di crescita superlativi a partire dal 1971, cioè dopo l’entrata in vigore del piano regolatore generale di Catania redatto da Luigi Piccinato e approvato nel 1969 che di fatto tagliava gli indici di edificabilità fino ad allora utilizzati per la città e che comportò uno spostamento degli investimenti speculativo - edilizi nei comuni contermini (vedi Gravina, Tremestieri, S. Agata Li Battiati). E’ ancora il comune capoluogo ad avere un elevata percentuale di addetti nelle istituzioni (figura 19), a maggior ragione se andiamo a guardare il valore assoluto del numero di impiegati, mentre nel settore industriale primeggiano Belpasso e Camporotondo. Misterbianco assorbe, invece, la quota più rilevante di addetti nel comparto commerciale soprattutto nella grande distribuzione.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

Tabella 3 1 Aci Bonaccorsi 2 Aci Castello 3 Aci Catena 4 Acireale 5 Aci Sant'Antonio 6 Belpasso 7 Camporotondo Etneo 8 Catania 9 Gravina di Catania 10 Mascalucia 11 Misterbianco 12 Motta Sant'Anastasia 13 Nicolosi 14 Paternò

15 Pedara 16 Ragalna 17 San Giovanni la Punta 18 San Gregorio di Catania 19 San Pietro Clarenza 20 Sant'Agata li Battiati 21 Santa Maria di Licodia 22 Santa Venerina 23 Trecastagni 24 Tremestieri Etneo 25 Valverde 26 Viagrande 27 Zafferana Etnea

Figura 16: L’A.M. di Catania.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Popolazione media dei comuni dell’hinterland metropolitano

Figura 17

Figura 18

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Figura 19

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

1.5.4. Ulteriori considerazioni in merito alla L.R. 9/86

I dati appena visti per le singole aree metropolitane, come vedremo mettendoli a sistema tra loro, ci portano a dubitare circa il comportamento metropolitano della perimetrazione di comuni che fanno capo alla città di Messina.

Risulta

infatti

difficile

pensare

Mongiuffi

Melia

come

conurbazione della città di Messina, così come gli altri comuni che invece costituiscono, per motivi economici, storici, turistici e commerciali delle realtà separate dalla città capoluogo. Persino Palermo che rappresenta una grande realtà demografica siciliana non può arrogarsi il diritto ad essere città metropolitana, per almeno due ordini di motivi. Il primo è dovuto alla morfologia locale che vede Palermo incuneata in una corona montuosa, “la conca d’oro”, favorendo così il distacco fisico dagli altri comuni contermini e rendendo vana la proposta di coordinamento intercomunale che, in questo caso non porterebbe benefici significativi al comune capoluogo. Il secondo è l’elevato peso della città sulle conurbazioni adiacenti. In realtà l’A.M. di Palermo coincide proprio con Palermo. E poi, come si possono considerare conurbazioni le isole? Tra l’altro questo ultimo passo è in contrapposizione con la norma all’art. 19 punto c) della L.R. 9/86 che afferma: [le aree metropolitane] siano caratterizzate dall'aggregazione, intorno ad un comune di almeno 200 mila abitanti, di più centri urbani

aventi

fra

loro

una

sostanziale

continuità

di

insediamenti.

Confrontando i trend demografici delle tre aree metropolitane (figura 20) ci accorgiamo come l’A.M. messinese sostanzialmente ha un comportamento nettamente differente rispetto alle altre due e cioè di stasi cronica, perpetuata nel tempo, della popolazione. I meccanismi di crescita palermitano e catanese sono pressoché identici a differenza del fatto che nell’ultimo decennio Palermo, o meglio la sua area metropolitana, ha mostrato segni di flessione che fanno dubitare circa la sua competitività attuale. Se poi confrontiamo la crescita dell’hinterland metropolitano si

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

vede come i comuni del “ventaglio” catanese, partendo da un dato demografico simile a quello di Messina, ancora slegati, in corrispondenza del decennio 1971/81 superano i comuni del palermitano e si attestano, nel 2001, ad una quota appena sopra le 400.000 unità; circa il doppio di dell’ A.M. messinese e una volta e mezza di quella palermitana. Precedentemente

abbiamo

visto

le

deviazioni

demografiche

metropolitane dalla città capoluogo e anche questo dato ci può dare un utile chiave interpretativa delle caratteristiche metropolitane. Catania è risultata essere l’area conurbata avente una distanza demografica minore dal livello medio dell’hinterland (91%), ciò vuol dire che i comuni di cintura hanno una rispettabile ampiezza insediativa (vedi ancora una volta Gravina e Tremestieri, ma anche Acireale e Paternò), come vedremo dovuta all’elevatissima densità residenziale. Messina (98%) e Palermo (94%) si differenziano di molto dalle loro realtà a questo punto pseudo metropolitane. Sappiamo dalla teoria sulle A.M. e dei modelli centroperiferici (Gottmann, 1961; Hall, 1966; Sassen, 1997; Martinotti, 1993) che gli agglomerati centrali della città sono si popolosi ma in misura inferiore alle periferie adiacenti che, a causa del processo di “concentrazione”, secondo Burgess, terziaria del centro metropolitano, hanno visto crescere la loro competitività economica circa i valori immobiliari locali provocando la migrazione del ceto medio verso queste ultime. Pure il modello della villetta

democratica

(Magnaghi,

2000)

tipico

dell’area

di

frangia

metropolitana contribuisce alla crescita periferica ma in questo caso diffusamente, cioè con quote rilevanti di territorio consumato. Ora se associamo a questo dato la densità demografica dell’A.M. escluso i capoluoghi di appartenenza (figura 21) vediamo: 1. Se effettivamente l’A.M. messinese può essere esclusa dalla categoria delle città metropolitane, Palermo presenta dei gradienti di crescita irrisori rispetto alla realtà catanese (una crescita che negli anni quindi risulta contenuta);

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia”

2. I valori attuali assoluti della densità dell’hinterland di Catania sono doppi nei confronti di Palermo e dieci volte il dato messinese, ancor più sproporzionati rispetto alla crescita demografica. Ciò costringe i catanesi, cioè gli abitanti dell’area metropolitana, a vivere in spazi più ridotti (più a contatto) e come vedremo sui confini comunali vanificando un’operazione di pianificazione intracomunale come quella ancora proposta dal P.R.G.. Nella figura 22 si può osservare l’evoluzione della crescita (sarebbe meglio dire decrescita) della densità abitativa. Si nota subito che Catania risente il fenomeno della metropolitanizzazione delle aree ad essa gravitanti prima ancora di Palermo. Il fenomeno ha inizio nel 1971 guarda caso in linea con gli studi fatti da Guido Martinotti per le maggiori città italiane ed europee. Palermo invece accusa il colpo solo vent’anni dopo, se escludiamo il tratto costante 1981/91. Se ancora si avessero dubbi circa l’inadeguatezza della definizione, burocratica, di A.M. trasposta nella L.R. 9/86 è il dato relativo al peso demografico delle città rispetto alle proprie A.M. (figura 23). Palermo rappresenta i 2/3 del totale metropolitano, Messina il 50%, Catania poco più del 40%. Riconsiderando la medesima questione da un punto di vista funzionale otteniamo una definizione dei tre sistemi maggiormente performante. Infatti nell’area metropolitana di Palermo se la distribuzione industriale e pressoché equa così non si può dire per quella commerciale dei servizi e istituzionale che spostano di molto (oltre l’80%) il baricentro verso il centro città (figura 24). Nell’area metropolitana catanese invece i settori risultano maggiormente “spalmati” sul territorio mettendo quindi in luce la componente policentrica propria degli spazi relazionati (figura 25). A Messina i valori potrebbero trarre in inganno coloro che non conoscono bene il territorio metropolitano individuato in attuazione della L.R. 9/86 (figura 26). Infatti si potrebbe dedurre un grado di policentrismo più maturo rispetto persino alla realtà centrata su Catania. In effetti, come abbiamo

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

visto in precedenza, i comuni sono stati compresi nella perimetrazione metropolitana in maniera del tutto arbitraria, anzi finalizzata solamente al soddisfacimento dei parametri stabiliti dalla legge regionale.

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Figura 20

Figura 21

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Figura 22

Figura 23

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Figura 24

Figura 25

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Parte I: “La pianificazione metropolitana in Europa e la legislazione italiana in materia�

Figura 26

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”


“Se toccando terra a Trude non avessi letto il nome della città scritto a grandi lettere, avrei creduto d’essere arrivato allo stesso aeroporto da cui ero partito. I sobborghi che mi fecero attraversare non erano diversi da quegli altri, con le stesse case gialline e verdoline. Seguendo le stesse frecce si girava le stesse aiole delle stesse piazze. Le vie del centro mettevano in mostra mercanzie imballaggi insegne che non cambiavano in nulla. Era la prima volta che venivo a Trude, ma conoscevo già l’albergo in cui mi capitò di scendere; avevo già sentito e detto i miei dialoghi con compratori e venditori di ferraglia; altre giornate uguali a quella erano finite guardando attraverso gli stessi bicchieri gli stessi ombelichi che ondeggiavano. Perché venire a Trude? mi chiedevo. E già volevo ripartire. - Puoi riprendere il volo quando vuoi, - mi dissero, - ma arriverai a un’altra Trude, uguale punto per punto, il mondo è ricoperto da un’unica Trude che non comincia e non finisce, cambia solo il nome all’aeroporto.” (Calvino, 1993, Le città invisibili)


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

2.1. Le caratteristiche dell’area metropolitana catanese

L’area metropolitana di Catania comprende, in applicazione della L.R. 9/86, 27 comuni per una regione metropolitana che si estende da Paternò ad Acireale. In questo studio faremo riferimento, in molti casi, ad un’area più vasta comprendendo i comuni gravitanti su Giarre in quanto anch’essi costituiscono un sistema metropolitano in una certa misura relazionato col capoluogo catanese grazie alle importanti vie di comunicazione a carattere regionale (A 18, SS 114, tratta ferroviaria Catania-Messina) che permettono rapidi spostamenti. La

densità

insediativa

media

dell’intera area

metropolitana

compreso il sistema di comuni gravitanti su Giarre, su base comunale e riferita al censimento ISTAT 2001, è di 731 abitanti a chilometro quadrato. Gli aspetti geografici più rilevanti, nell’area metropolitana catanese, sono due: la presenza del vulcano Etna e gli oltre 50 Km di costa jonica (figura 1). Queste due “emergenze” sono gestite, la prima, da un ente parco di natura regionale, la seconda, da una serie di riserve alcune di esse facenti capo all’Università di Catania. Queste due risorse fanno, dell’ecosistema metropolitano catanese, un grande punto di accumulazione turistica potenzialmente sviluppabile se non in grado di sostituire l’attuale sistema economico basato sul commercio (Sanfilippo, 1990). Una presa di coscienza circa queste due emergenze ambientali non è secondaria all’indirizzo verso una politica di gestione sostenibile del territorio metropolitano. La rifondazione delle comunità urbane a partire dal ridisegno dei confini che separino in maniera netta un centro dall’altro passa dalla considerazione di questi due enormi “giacimenti” di risorse in grado di poter essere messi a sistema, cioè relazionando un ambiente mediterraneo delle coste con quello proprio di un edificio vulcanico alto più di 3000 m. La vegetazione è per questo varia e passa da una configurazione a deserto lavico in blocchi e frammenti scoriacei con

superfici aspre e tormentate, oltre i 2.000 metri, attraverso gli estesi

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

boschi pedemontani, di Pino laricio, Castagno, Faggio e Betulla

compresi tra i 2.000 e 1.500 metri, e le prodigiose agricolture intesive dei vigneti, frutteti e del pistacchio tra i 1.500 e i 500 metri, fino ad una flora mediterranea che si estrinseca con la timpa acese e le colture di agrumi della Piana catanese e del comprensorio che va da Acireale fino a Giarre1. Le temperature medie giornaliere oscillano dai 5°C, nei mesi più freddi, ai 30°C e più, nei mesi più caldi. L’84% del territorio è interessato da terreni di origine vulcanica, di cui il 26% di tipo arido e la restante parte utilizzato o utilizzabile per fini produttivi, mentre la restante quota è di tipo argilloso-alluvionale. Le suddivisione amministrative si sono evolute dalle Comarche arabo-normanne alle Intendenze dal 1818 al 1861 fino alle attuali Province. Il sistema vincolistico è articolato in P.R.G. ed in P.F. integrati dai provvedimenti Bottai del 1939 (L. 1089 e 1497), Galasso del 1985 (L. 431) e le disposizioni attinenti alla L.R. 15/91 oltre che alla L.R. 78/76.

Figura 1 1

AA. VV (1996), Linee guida per il Piano Territoriale Paesistico Regionale, Palermo, Arti

grafiche siciliane

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

La storia della regione urbana catanese è riconducibile ad una serie di eventi strutturali che hanno determinato l’attuale configurazione urbanizzata. Il terremoto del 1693 ha posto le basi per una ricostruzione colta della città di Catania. Gli assi viari intra-cittadini non sono più plasmati dalla configurazione topografica del territorio, così come avveniva in epoca medievale, ma impongono essi stessi una geometria forte che si estrinseca in forme riconoscibili come la linea retta, il quadrato e così via. Questi assi, poi, sono considerati in proiezione come strade di tipo extraurbano conducenti ad esempio ai paesi etnei (via Etnea), alla piana catanese e verso la città di Siracusa (via Garibaldi). Non esiste quindi una frattura, come avveniva prima del terremoto quando erano presenti le mura di fortificazione, tra viabilità urbana ed extra-urbana e ciò ha favorito la crescita del tessuto urbano in maniera ordinata lungo queste principali direttrici peraltro di elevata istanza estetica grazie alle tipologie su di esse affacciate e sull’organizzazione degli spazi pubblici in particolar modo delle piazze che, non dobbiamo dimenticare, a Catania avevano soprattutto un ruolo di “collettori” di raccolta umana in caso di eventi sismici sopravvenuti. In questo istante storico che possiamo collocarlo e dimensionarlo pari a quasi tutto il settecento i comuni immediatamente contermini alla città fungono da avamposti agricoli e assumono, come gli altri paesi etnei, una configurazione morfologica nucleare (figura 2), cioè separata fisicamente dagli altri centri contermini. I paesi etnei, soprattutto quelli di frangia, costituivano, invece, un immenso deposito di ricchezza basato sulla produzione agricola e boschiva. Le terre laviche, che dalla forma sciarrosa nel tempo si trasformano in rena, consentono un’alta produttiva dei suoli agricoli coltivati per la produzione delle più svariate colture (dalle tradizionali vigne e oliveti alla coltivazione di alberi di gelso, per esempio a Nicolosi, che venivano impiegati per la produzione della seta poi confezionata nei centri manifatturieri cittadini). Il suolo in questo contesto ha un alto valore economico, dato dal suo impiego agricolo, e

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

GIARRE

ACIREALE

PATERNO’

CATANIA

Figura 2: configurazione urbana al 1860 (fonte PTPR)

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 3: configurazione urbana al 1955 (fonte PTPR)

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 4: configurazione urbana al 1968-75 (fonte PTPR)

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 5: configurazione urbana al 1994 (fonte PTPR)

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

quindi si ha tutto l’interesse a preservarlo. Questo vedremo è un aspetto fondamentale; l’obsolescenza del valore dei suoli agricoli a causa della mutata situazione economica dalla rivoluzione industriale in poi porterà a considerare il suolo come “nulla” e quindi passibile di essere trasformato in discarica piuttosto che in distretto industriale2. Dall’ottocento in poi la città diventerà sede di numerose fabbriche per

la

trasformazione

dello

zolfo.

I

territori

agricoli

perderanno

progressivamente di valore e, nella città, verranno trasformati in eccezionali lottizzazioni, per speculazione, atti a soddisfare la domanda di insediamenti delle popolazioni emigrate dai comuni contermini la grande città (figura 3). Queste popolazioni, per lo più povere, hanno così determinato l’aspetto tipologico scarno di questi grandi insediamenti (Picanello). Le espansioni urbane vengono collocate in un più generale piano di ampliamento ad opera del Gentile Cusa (1888) che propone una griglia indifferenziata ordinante la forma della città. La costruzione di grandi infrastrutture veicolari, come la ferrovia e le strade costiere per Messina, rilancia Catania come grande centro di trasformazione industriale e favoriranno nel tempo la formazione di tessuti a nastro che si trasformeranno in conurbazioni cittadine. Aldo Rossi (1966) afferma infatti che “ […] dobbiamo ammettere che all’interno della struttura urbana vi siano alcuni elementi di natura particolare che hanno il potere di ritardare o accelerare il processo urbano e che siano per loro natura assai rilevanti.” La via Messina di fatto favorirà la continua estensione del continuo urbano verso nord. I comuni immediatamente confinanti con la città si svuotano e perdono di alcun significato economico. Questi territori saranno nella successiva fase sede di imponenti speculazioni edilizie che in ultima

2

“Al contrario di quanto accadeva nella città del passato dove gli erano considerati agli altri indispensabili e perciò veniva loro rivolta pari considerazione, nella città contemporanea i vuoti non sono considerati per niente. Questo credo dipenda dal fatto che, a partire della seconda metà dell’ottocento, la città è diventata allo stesso tempo sistema di produzione e merce e quanto produce e commercia è lo spazio costruito, mentre lo spazio aperto è visto come un niente […]” (Giancarlo De Carlo, 1992).

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

analisi devasteranno il territorio proprio per la straordinaria densità insediativa che a Gravina oggi supera le 5.000 unità a chilometro quadro3. Ultimo evento strutturale è il secondo dopoguerra. La città debole dal punto di vista industriale cercherà la ricchezza nella produzione edilizia. I vari piani che si succedono dal ’50 al ’60 non faranno altro che rendere possibile, colpevolmente, questo sviluppo (figura 4). Solo nel 1961, col programma di fabbricazione preventivo al futuro piano regolatore, l’intervento di Piccinato a Catania cercherà di arginare l’eccessiva crescita edilizia sul territorio. Piccinato proporrà nel suo piano di riordino della città un’asse, attrezzato, in grado di svincolare l’eccessiva polarizzazione delle funzioni sul centro città peraltro inadeguato ad ospitare volumi di traffico veicolare in continua crescita. Quest’asse avrebbe dovuto proiettare la città in una dimensione propriamente metropolitana favorendo quello che già si delineava l’espansione nord-sud (Faro, 1990). Da questo punto di vista, cioè quello dell’asse, risultano legittimi gli interventi di espansione urbana verso sud (Librino), anche se dobbiamo non dimenticare l’eccessivo sovradimensionamento di tali insediamenti che si affidavano ad una logica di continuo sviluppo, e dei centri direzionali a nord. La mancata realizzazione dell’asse vanificherà gli intenti pianificati e aggraverà i rapporti centro-periferia soprattutto perché gli interventi di espansione residenziale verranno comunque realizzati a dispetto della mancanza dei servizi urbani più elementari4. Il blocco degli indici di edificabilità nella città favorirà la saturazione dei comuni contermini formando una cintura urbana compatta, che da Gravina si estende fino a San Gregorio di Catania, fortemente urbanizzata e relazionata (vedi flussi di pendolarità) col centro città. Via via che la città si trasforma in metropoli cade la definizione netta della differenza tra città e campagna e attorno ai nuclei 3

Questo valore è risibile nei confronti dell’effettiva densità insediativa calcolata considerando solo la superficie urbanizzata al netto degli spazi aperti e che, come vedremo, supera le 10.000 unità a chilometro quadrato. 4 Franz Faro (1990) definirà queste distorsioni urbanistiche, in parte favorite dal piano, “ectoplasmi urbani”.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

urbani originari si forma una ampia area indistinta, un < nonluogo urbano >. E’ nei comuni minori di questa area […] che si concentra la crescita urbana degli ultimi anni. (Martinotti, 1993)

Oggi stiamo assistendo invece ad una sub-urbanizzazione del territorio che si estrinseca in un tessuto urbano a “maglia larga” (Busacca, 1990) che invade il territorio colonizzandolo di villette e case a schiera in non più di tre piani (figura 5). Se

questa

tendenza

dovesse

continuare

senza

una

pianificazione o una regolazione, un numero sempre più grande di strade taglierebbe le zone di territorio ora verde, suddividendole e producendo alla fine un disegno irregolare ma relativamente fitto di case circondate da giardini. (Gottmann, 1961)

Il riflusso della popolazione urbana su territori prima rurali, sta determinando la saldatura tra i comuni etnei di fascia esterna (Nicolosi, Pedara, Trecastagni, Mascalucia, ecc.) snaturando il milieu socio-culturale dei luoghi e proponendo un modello di sviluppo assolutamente insostenibile. La metropoli […] è stata interessata da un processo di crescita urbana e demografica che, in una fase iniziale, si è attestato lungo gli assi stradali di collegamento e che progressivamente, ha interessato porzioni di territorio sempre più ampie, acquisendo una configurazione insediativa a macchia d'olio, fino ad investire, in alcuni casi, interi territori comunali. Queste aree, più di altre, risultano prive di uno sviluppo pianificato: in esse, la forza centripeta esercitata dal centro egemone ha prodotto i danni più rilevanti sul tessuto urbano e sociale. Il risultato è stato quello di aver creato periferie urbane diffuse, caotiche e invivibili. (Losco, 2003)

Questa regione urbanizzata che si estende, abbiamo detto, da Paternò a Giarre benché metropolitana, e quindi in un certo qual modo sede di decentramenti del centro cittadino, risulta fortemente gerarchizzata verso il capoluogo su cui gravita.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

La creazione di un governo metropolitano favorirebbe una migliore e maggiore gestione del territorio facendo cadere l’inetta visione comunale dei fenomeni urbani. Ma i fatti ci hanno dimostrato che l’Italia è ancora ben lungi da introdurre questa nuova istituzione al governo del territorio (vedi parte I capitolo 1.4.). Difficilmente i comuni intendono aggregarsi in queste macro aree geografiche sospettando in esse un omogenizzazione del territorio imposta dalla più forte, economicamente, città capoluogo. E’ per tali motivi che in questo studio su Catania, o meglio sull’area metropolitana catanese, affermeremo l’esistenza di sub-sistemi metropolitani, condizione secondo noi necessaria per favorire un maggiore consenso nelle politiche di implementazione di un governo sovra-comunale dei fenomeni urbani. Come osserva Losco (2003) nello studio dell’area metropolitana di Napoli simile, per certi versi, alla situazione catanese le problematiche inerenti alla forma metropoli del sud sono: •

la popolazione dell’area napoletana cresce in maniera modesta;

l’esigenza di fornire una casa alla popolazione è quantitativamente risolta in quanto esiste un surplus di abitazioni;

anche nell’area metropolitana di Napoli, che è la più densamente abitata dell'intero Paese, gli indici di affollamento per stanza sono quasi ovunque al di sotto della soglia di un abitante per stanza;

la corsa all’industrializzazione ha subito un forte rallentamento, una prima fase del programma di grandi interventi infrastrutturali sul territorio è stata completata mentre se ne sta avviando una seconda i cui effetti territoriali non sono ancora facilmente valutabili;

sono mutati i presupposti che hanno generato il processo di addizione continua verificatosi dal dopoguerra fino agli anni ottanta. Dopo quarant’anni di sfruttamento del territorio, si dovrebbe passare

da

una

pianificazione

urbano-centrica

ad

una

pianificazione ambientalmente orientata. Il sistema dei trasporti è per lo più incentrato su una rete viaria su gomma che nella situazione attuale risulta inadeguata ad ospitare le

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

migliaia di veicoli che ogni giorno vi transitano. La gestione di questa rete è subordinata a diversi enti non relazionati (Regione, Provincia, Comune). La mancata integrazione si fa più stridente tra le arterie comunali e provinciali che non tengono conto della dimensione metropolitana del problema veicolare. Non è raro quindi imbattersi in importanti strade di smistamento verso i comuni periferici che ripiegano all’interno dei propri confini comunali per l’impossibilità di una sinergia sovra-comunale. O all’estraneità verso una politica di differenziazione delle strade provinciali in relazione al carattere di metropolitanità. In un’area metropolitana la presenza di una aerostazione è un fattore non marginale rispetto al suo stesso sviluppo urbano. Nel caso di Catania, Fontanarossa è il quarto aeroporto d’Italia per traffico passeggeri (fonte ENAC). Risulta collegato alla città dalla tangenziale ovest che in una certa misura serve l’intera regione metropolitana. L’importanza attuale che oggi ha il trasporto aereo si manifesta a Catania nei continui interventi di ingrandimento e sistemazione dell’aerostazione che però, risultando a ridosso del litorale cittadino, ha fatto sorgere l’ipotesi di una nuova stazione continentale situata nella piana catanese. L’aeroporto che diviene porta della città, sostituendo l’antica funzione che era delle stazioni ferroviarie, diventa una città nella città. Hotels, ristoranti, centri direzionali si vanno a legare a doppio nodo con questa super-frequentata linea di mobilità, che permette allo stesso tempo, immediatezza di accessibilità per chi proviene da fuori tramite aerovettore e per chi proviene dal centro cittadino (tramite tangenziali e autostrade). L’aeroporto diventa quindi nuovo centro urbano alternativo a quello secolarmente consolidato. Il trasporto ferroviario risulta assolutamente marginale rispetto a quello su gomma anche perché la rete infrastrutturale è sostanzialmente rimasta immutata dalla sua fondazione. Oggi la ferrovia potrebbe riacquistare

una

maggiore

soggettività

soprattutto

nel

trasporto

metropolitano ma ciò richiederebbe una serie di interventi, come lo spostamento della stazione centrale di Catania e una sinergia con il

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

debole sistema della metropolitana, che sembra non trovare riscontri nel medio periodo. A Catania non esistono linee tranviarie e il trasporto pubblico e limitato ai bus su gomma che servono solo il territorio comunale a parte qualche eccezione. E’ proprio nel trasporto collettivo dove il punto di vista metropolitano potrebbe favorire un miglioramento dell’attuale situazione di congestione automobilistica. Favorire i trasporti collettivi, resi efficienti e sinergici da un ente comune a tutte le realtà metropolitane, scaricherebbe le arterie stradali

e

migliorerebbe

la

condizione

ecologica

della

regione

metropolitana catanese riducendo le emissioni inquinanti prodotte dall’utilizzo dei singoli autoveicoli che peraltro risultano sotto sfruttati perché presentano un tasso di occupazione, cioè il numero di posti a sedere utilizzati per il trasporto, non superiore a due su, invece, quattro posti disponibili, raddoppiando, quindi, la quantità di autoveicoli in circolazione.

Rendendo,

invece

sinergiche

ferrovia,

metropolitana,

circumetnea e eventuali linee tranviarie o trasporti leggeri collettivi si riuscirebbe a creare un network relazionale sostenibile. Ma ciò potrebbe risultare enormemente costoso e “impattivo” sull’ambiente se invece non si mirasse a un intervento più strutturale. Bisogna decentrare le funzioni centro cittadine e invertire, per quanto è possibile, i flussi umani che giornalmente attraversano la città con le sue periferie. Bisogna dare soggettività a sub-sistemi metropolitani in grado di riequilibrare il ruolo della città metropolitana. Bisogna impedire la specializzazione funzionale degli spazi e implementare invece una complessificazione (Magnaghi, 2000) dei luoghi. Il governo metropolitano non può prescindere da queste unità fondamentali, i sub-sistemi metropolitani, che possono rappresentare la differenza, in senso positivo, nei confronti di un governance metropolitano proposto dalle leggi prima regionale e poi nazionale, rigido. La geometria

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Parte II: “L’area metropolitana catanese�

variabile di un sistema amministrativo impostato in sotto sistemi metropolitani permetterebbe di meglio modellare i fenomeni regionali. Nelle pagine seguenti ipotizzeremo un possibile modello di governance della metropoli per sub-sistemi componenti la regione urbana catanese. Analizzandoli sotto i tre aspetti proposti da Martinotti (1993) nella definizione dei sistemi metropolitani (criteri morfologici, criteri di omogeneitĂ , criteri di interdipendenza) produrremo dei possibili scenari. Gli

elaborati

posti

in

appendice

comprendono

grafici

e

mappe

supplementari circa gli argomenti analizzati.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

2.2. Un modello flessibile di Area metropolitana

Non vi è dubbio che dall’emanazione della L.142/90, che introduce il governo metropolitano come autorità competente nella gestione dei fenomeni sovra comunali, fino ad oggi in Italia non esiste alcun governo metropolitano. E nell’arco di questi tredici anni di inadempienza legislativa non sono stati pochi i tentativi di correzione o riforma della su citata legge (vedi in proposito parte I capitolo 1.4.). Se dapprima infatti era la Regione a perimetrare le suddette aree ora, invece, sono gli enti locali a fornire motivata proposta all’Ente regionale che di fatto vincola il legislatore preposto alla perimetrazione a tenere conto delle motivazioni locali. La stessa istituzione della Città metropolitana, con la L. 265/99, è subordinata ad un referendum popolare atto verificare la volontà dei cittadini nel processo di integrazione amministrativa tra questi e i comuni contermini. Ma anche con queste modifiche la legge non ha funzionato. A Torino e Bologna, per esempio, si è cercato di muoversi nella direzione indicata dalla legge e sono stati fatti grandi passi in avanti nella implementazione del modello metropolitano. Si deve però rilevare che a Torino le iniziative metropolitane ogni volta coinvolgono perimetri sempre diversi dell’area metropolitana. Per determinate iniziative, infatti, alcuni comuni si dissociano e preferiscono andare per la loro strada. A noi ora non interessa il motivo, locale, perché questo avvenga ma tale situazione è significativa anche perché si ripresenta ogni qual volta ci si sforzi di integrare i meccanismi politici-amministrativi in senso metropolitano di un sistema interrelazionato di comuni contermini. Difatti, a Bologna, i comuni dell’imolese si rifiutano di rientrare nella perimetrazione metropolitana vedendo in quest’ultima una minaccia alla propria autonomia. Quando si è capito che il referendum poteva anche fruttare un no, si è deciso di non farlo più", accusano molti imolesi, ricordando la trafila dei rinvii della mai avvenuta consultazione popolare (entro l'estate '94, poi il 18 dicembre, poi il 29 gennaio

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

'95). Ma quali sono le ragioni di questa resistenza ad aderire all'area metropolitana? Certamente il timore di perdere buona parte dei poteri e dei servizi in materia di sanità (in particolare si paventa la perdita del Pronto Soccorso e del 118), poi il rischio di diventare area di smaltimento dei rifiuti prodotti nel bolognese. Non piace nemmeno l'idea che in futuro il piano regolatore debba sottostare agli indirizzi emanati da Bologna, come pure che i poteri del Sindaco di Imola siano parificati a quelli di un solo Quartiere di Bologna5.

D’altro canto, almeno nel territorio catanese, possiamo individuare nel continuo urbano degli elementi di distinzione e soggettività di alcuni sistemi urbani all’interno della più vasta area metropolitana. E’ innegabile che accanto al polo di Catania esistono dei poli, più piccoli, che definiscono dei sistemi di gravitazione intercomunali (vedi in proposito i successivi paragrafi della presente parte II). Magnaghi, dal canto suo, propone un modello, Ecopolis, reticolare dove ogni nodo della rete è autocentrato, nel senso antropico e ambientale nonché economico. L’obbiettivo è quello di riequilibrare la forma metropoli contemporanea fortemente gerarchizzata e dissipativa delle risorse locali. E tale ipotesi vengono oggi supportate da molti studiosi che vedono nella rigidità del modello proposto dalla legge la principale causa del suo stesso fallimento. Luigi Bobbio ed Elisa Rosso (2003) scrivono sulle pagine di Urbanistica Dossier del 2003: Le recenti riflessioni dei geografi, dei sociologi e degli economisti urbani tendono a sostenere che le metropoli hanno una dimensione territoriale fluida e confini imprecisi, che possono variare a seconda del problema o della funzione considerata. Sono entità policentriche e poco compatte. Perché non accettare allora che le istituzioni che le governano possano assumere una geografia variabile o mutevole? Questo è uno dei vantaggi che i modelli istituzionali “morbidi” hanno nei confronti di quelli “rigidi”. 5

Evangelisti, Silvano (1995) “Autonomia metropolitana”, Il Mosaico n°3, marzo-aprile, pp. 7-10

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

[…] Se è difficile rintracciare una logica specifica in ciascuna di queste aggregazioni, la logica complessiva che risulta dal quadro d’insieme risulta invece abbastanza chiara, poiché la partecipazione dei Comuni alle aggregazioni metropolitane si dirada man mano che ci si allontana dal centro. […] Si tratta di un quadro abbastanza plausibile di relazioni a geografia variabile, in cui la flessibilità delle aggregazioni territoriali potrebbe addirittura costituire un vantaggio di lungo periodo.

Mettendo insieme tutte queste informazioni sembra a questo punto logico puntare su modelli reticolari fondati da sub-sistemi areali della realtà metropolitana. Ciò da innumerevoli vantaggi: 1. Definire i sub-sistemi spazialmente permette di implementare delle azioni di contenimento della forma urbana differenziata a seconda se ci troviamo all’interno di un sub-sistema o nella frontiera di contatto tra due o più sub-sistemi contermini; 2. Si prende coscienza e conoscenza del luogo in cui si abita e si impara convivere in armonia con esso; 3. Si tenta di “biforcare” i flussi radiali che convergono sulla Città metropolitana verso i sub-sistemi tramite il decentramento dei servizi rari (Magnaghi, 2000) su di essi con un notevole vantaggio sul riequilibrio delle funzioni metropolitane; 4. In proiezione diminuisce la quota di pendolari e il carico sulla Città con vantaggi che vanno da una maggiore salute per i cittadini alla riduzione dell’inquinamento (atmosferico, acustico, paesaggistico); 5. La gestione reticolare della forma metropolitana favorisce le politiche di consensus building e permette di superare i vincoli provinciali nella gestione dei fenomeni urbani. E’ chiaro che, in ordine a quest’ultimo punto, determinati problemi non trovano lo stesso grado di interesse e coinvolgimento in tutta l’area metropolitana. Probabilmente l’interesse è funzione del sub-sistema

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 6: In rosso i poli metropolitani che, come vedremo, sono stati evidenziati dalle ricerche fatte. In giallo viene schematizzato il comportamento a rete fondato sui sub-sistemi metropolitani gravitanti sui poli prima menzionati. In questo modo la rete può essere parzializzata in base agli argomenti di competenza. Questo modello, “morbido” o a geometria variabile, meglio rappresenta la realtà locale. D’altro canto risulta così favorita l’implementazione di una politica di decentramento dei servizi complessi da Catania con notevoli vantaggi. La rete d’altro canto è estendibile, vedere le frecce rosse, ad altri sistemi urbani ricadenti anche all’esterno dell’area metropolitana. In questo modo si by-passano i vincoli amministrativi della Provincia e si concepisce il governo della Regione come una grande rete dove ai nodi si trovano i sub-sistemi che centralizzano, o sarebbe meglio dire ridistribuiscono, le funzioni in modo da migliorare la sostenibilità (ambientale, economica, storico-culturale) del complesso metropolitano.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

territoriale. Scindere l’interesse per aree di gravitazione permette con buona approssimazione di modellare i comportamenti metropolitani. Partire dal “basso”, nella costruzione di un modello di gestione della forma metropoli compatibile col territorio, è indispensabile per garantire la fattibilità del programma. Nell’ultimo convegno dell’INU a Milano6 Ornella Segnalini e Marco Tamburini affermano: Le esperienze della “nuova programmazione” e i programmi complessi

hanno

provato

che

è

possibile

disegnare

aggregazioni istituzionali a partire dal basso, e come spesso sia proprio la pratica della co-pianificazione a conferire valore aggiunto e fattibilità ai singoli progetti e programmi di intervento.

Se

indispensabile

la per

capacità il

di

lungo

prefigurazione periodo,

il

è

fattore

grado

di

infrastrutturazione e la qualità dello sviluppo nell’immediato dipendono soprattutto dall’abilità di coinvolgere una rete di attori pubblici e privati, contando non solo sulle risorse dell’Amministrazione locale.

Che poi non è altro che il comma 4 dell’art. 118 della Costituzione, così come è stato riscritto dalla legge di riforma del Titolo V (L.C. 3/2001) che dice: Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

Nei paragrafi seguenti si è studiata l’area metropolitana catanese seguendo un metodo oggettivo basato su dati numerici ed indici, nonché da valutazioni empiriche che si sostanzieranno nella definizione di quattro modelli di aggregazione per sub-sistemi. I risultati sono stati riassunti al capitolo 2.3. oltre che dagli elaborati grafici posti in appendice che meglio sintetizzano i risultati raggiunti. Il metodo di individuazione dei possibili scenari è schematizzato nel flowchart seguente.

6

XXIV Congresso INU, “Città e Regioni Metropolitane in Europa” , Milano, Teatro dell'Arte (Triennale di Milano) 26-27 giugno 2003.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

MODELLO i+1

DEFINIZIONE DI UNA POSSIBILE CONFIGURAZIONE PER SUBSISTEMI METROPITANI MODELLO i-esimo

REPERIMENTO DEI DATI ANALISI DEI DATI

SI PARZIALMENTE

CONFERMA MODELLO DEDOTTO?

MODELLO SBAGLIATO

MANCANO DATI

NO

SI FINE

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

2.2.1. Criteri morfologici

Analizziamo a questo punto l’aspetto della contiguità spaziale degli edificati appartenenti a municipalità contermini. Possiamo notare, osservando la cartografia, la presenza di quattro strutture edificate con propaggini filamentose-compatte di una certa consistenza: Acireale, Catania ed a monte l’agglomerato Pedemontano e Giarre. Queste strutture non sono separate tra loro ma interconnesse da fasce edificate rarificate (diffuse) tendenti all’allineamento lungo i principali assi viari. Mentre ad ovest una serie di comuni dall’impianto “nucleare” (compatto) completano il quadro metropolitano. Se osserviamo il polo acese (figura 7) ci accorgiamo come la struttura compatta si allinea, o polarizza, lungo tre direzioni: la strada provinciale che da Acireale conduce a Viagrande (sede di numerosi centri storici), l’“orientale sicula” (SS. 114) che congiunge Acireale alle frazioni di Santa Maria Ammalati e della SP 101 che polarizza un sistema più rarificato dei primi due (che non ha quasi nessun centro storico di una determinata estensione fisica e quindi economica) che da Acireale attraverso Piano D’Api giunge al sistema Aci Sant’Antonio-Zafferana. Quest’ultimo allineamento ha origini storiche recenti; se leggiamo i colori della mappa, indicanti la data di rilevamento dei perimetri urbani, ci accorgiamo come questa propaggine e quasi tutta coeva agli anni ’80 e ’90 ed è sede non solo di insediamenti residenziali ma anche di importanti stabilimenti industriali. Sempre con riferimento a questa struttura più recente notiamo come in corrispondenza della A18, che si manifesta con una cesura netta nella propaggine storica, essa gli si addensa sfruttando il fatto che proprio in quel punto c’è lo svincolo di uscita verso Acireale e poi si riunisce con la struttura a nastro orientato dalla SS 114. Proprio in questo spazio si è concentrata la zona commerciale e industriale acese che negli ultimi anni ha avuto una rapida ascesa con le recenti costruzioni di nuovi centri commerciali, fast food e imponenti stazioni di servizio. Gli

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

shopping malls situati lungo la grandi arteria di traffico territoriale, al margine delle periferie, formano un tessuto a nastro che, senza soluzione di continuità, accompagna l’occhio del viaggiatore lungo il suo tragitto. Queste nuove piazze pubbliche, con orario di apertura e di chiusura, sono diventate, in questi ultimi anni, i nuovi spazi dell’intrattenimento dove è possibile allo stesso tempo parcheggiare7, ascoltare musica, guardare film e mangiare.

Sempre in questa zona il nuovo ospedale Santa Marta di

Acireale ha scelto la sua collocazione. Tornando al primo braccio di espansione del sistema acese, quest’ultimo non ha nessun rapporto con la grande arteria autostradale e si affida molto al commercio locale. Aci Sant’Antonio ha conosciuto un rapido sviluppo che lo ha portato a più che triplicarsi, dal 1861 al 2001, per estensione e popolazione e, guardando i dati della tabella sull’A.M. di Catania (appendice II), dal 1981 al 1991, gran parte dell’importante aumento (il doppio della popolazione in meno di dieci anni) è dovuto al riflusso di popolazione dal polo metropolitano di Acireale verso i comuni periferici. Il processo qui di metropolitanizzazione si è quindi manifestato a partire dal 1981. La restante parte del tessuto a monte di Acireale è di tipo nebulare, addensata solo in corrispondenza dei grossi comuni quali Zafferana. Infine possiamo notare una netta linea di distacco con gli altri sub-sistemi coareali (con la presenza di una struttura diffusa al confine,ma debole, col sistema economicamente più forte cioè quello catanese) cosa che permetterebbe un progetto degli spazi aperti delimitante e stellare, nel senso di penetrazione capillare sul sistema stesso. Unico punto di contatto, o di cerniera, “solido” è col sistema di comuni del versante sud etneo tramite Viagrande che rappresenta un “comune intersezione” cioè soggetto all’attrazione di più sistemi (catanese e appunto acese). Il sistema gravitante su Paternò (figura 8) è quello che più di tutti dimostra la sua natura policentrica (complementare) aiutato anche da una 7

Non è secondaria questa funzione visti i noti problemi di congestione veicolare a cui sono soggette le grandi città metropolitane.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

economia che punta sull’agricoltura e quindi valorizza gli spazi aperti. I comuni sono molto compatti, ad eccezione di Ragalna, e non presentano sintomi di contiguità fisica e assenza percettiva dei confini. Sono presenti strutture urbane di confine, rilevanti solo nel caso di Belpasso e Motta Sant’Anastasia verso Misterbianco e sarebbe bene indagare il loro trend di crescita per capire se queste rappresentino una potenziale espansione della città ad ovest. Ragalna, come abbiamo accennato prima, non ha un centro definito ed è una struttura nebulare fortemente dipendente dalla città di Paternò, non dimentichiamoci che l’ISTAT rileva Ragalna come comune indipendente solo nel 1991, e il dato dell’inefficienza edilizia, come vedremo in seguito, è qui molto elevato perché sede di villeggiatura estiva. Questo sub-sistema può contare su molte risorse non ancora espresse (come quella del turismo) e, la presenza di eventuali decentramenti della città catanese sul sistema, porterebbero ad un maggiore indipendenza territoriale e favorire nel contempo una struttura policentrica e non gerarchizzata del capoluogo etneo sull’A.M. Hall (1966) ci ricorda che a proposito di decentramenti “basterebbe che una parte del meccanismo governativo francese o inglese [in quel caso] fosse decentrato ad un’ora di distanza dalla capitale perché ne derivasse […] un nuovo orientamento […] verso la struttura del Randstad.” Considerata l’economia catanese la distanza temporale potrebbe essere più corta. La Città metropolitana (figura 9) è una struttura più addensata rispetto al caso acese e presenta uno sviluppo radio centrico a nord, verso il sistema pedemontano, e filamentoso ad ovest, sull’arteria commerciale verso Paternò (SS 110), e nord-est , sul sistema costiero lungo Aci Castello (SS 114)) sede di numerose abitazioni residenziali di ceto medio alto a volte associate in residence gentrificati. Anche qui l’autostrada ha prodotto una cesura nel tessuto urbano ma meno netta e soprattutto sfruttata

nel

caso

di

Misterbianco

come

sistema

di

captazione

commerciale dei comuni etnei. Non ci sono strutture rarificate se non in sporadici casi (a nord di Misterbianco in San Pietro Clarenza) questo

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

perché gli spazi urbanizzabili, concessi dagli strumenti urbanistici, sono potenzialmente stati sfruttati e se incrociamo questo dato con la densità insediativa ci accorgiamo che questa è sede di un elevatissima presenza umana con un elevato impatto sulla struttura ambientale (assenza di parchi) e su quella sociale (anonimato dei contesti e assenza di servizi che spingono gli abitanti verso la città per completare l’offerta mancante). I nuclei storici su cui si appoggia questa struttura sono pochi e coincidono quasi completamente col comune di Catania. Il valore agricolo del suolo è qui minimale potendo contare su una struttura economica commerciale e dei servizi che nel tempo è stata preferita a quella rurale. In conclusione il sistema catanese ha un tessuto edificato continuo con assenza di particolari spazi e risulta estremamente polarizzato “ad imbuto” sulla città capoluogo. Passando all’insieme di comuni del versante sud etneo non possiamo

non

notare

l’intensa

macchia

continua

di

marrone

rappresentante l’edificato rilevato al 1994 (figura 10). Non dobbiamo però pensare che questo tessuto sia denso, infatti, incrociando la mappa col dato sulla densità insediativa vediamo che questa è lungi dall’essere elevata e se prendiamo quella parte di tessuto che maggiormente si trova sul comune di Pedara, notiamo che il valore tende a poco più di 500 ab/Km2 valore dieci volte inferiore ai comuni di prima cintura catanese. Quindi quando osserviamo questa carta dobbiamo pensare ad un tessuto poco denso costruito con tipologie unifamiliari isolate o schiera di altezza non superiore ai due, tre, piani. E’ qui che si manifesta quel fenomeno che Gottmann rilevava quarant’anni prima nella Megalopoli Bowashinghton: la sub-urbanizzazione. La tendenza sociale a vivere in spazi più aperti favorita dalle aumentate capacità economiche e dalle rinnovate vie di comunicazione su gomma che favorirono l’ascesa del mezzo privato si è qui manifestata in ritardo ma indiscutibilmente ha monopolizzato l’aspetto territoriale di gran parte dell’area metropolitana. Quest’area è racchiusa all’interno di un quadrilatero immaginario dove, situati sul suo perimetro,

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

si trovano i principali centri storici, fra cui i più estesi sono quelli a Nord potendo contare, negli anni addietro, su una prospera economia agricola e boschiva che nel tempo si è andata svalutando cedendo il passo alla società dei consumi di massa. Questo insieme di comuni è debole, per certi versi, nei confronti della più solida economia catanese nonostante possa contare, allo stato attuale, di un grosso potenziale turistico, produttivo, ambientale che è l’Etna amministrato dall’ente parco omonimo. La presenza di alcuni servizi statali di grande importanza (come il Polivalente di San Giovanni La Punta: struttura scolastica superiore) e di un motore economico individuabile, in base alle caratteristiche attuali, nei comuni di San Giovanni La Punta e Mascalucia, potrebbe, se efficacemente sviluppato e sede di decentramenti di servizi rari (Magnaghi, 2000), favorire il policentrismo dell’A.M. catanese fondata sui sub-sistemi metropolitani di Catania, Paternò, Acireale, Giarre. Sicuramente il problema più rilevante dei comuni pedemontani è quello dell’inefficienza edilizia che ha portato alla saturazione di spazi centrali all’area ma, affrontare il problema, anche aggressivamente, tramite un processo di razionalizzazione dell’edificato, favorirebbe la penetrazione ambientale delle risorse del Parco dell’Etna in corridoi ecologici che insieme al progetto dei confini, intesi come luoghi cuscinetto sede di servizi di qualità alla popolazione, formerebbero la controstruttura8 policentrica degli spazi aperti. In Giarre (figura 11) la presenza delle istituzioni e dei servizi rari è in misura molto inferiore rispetto agli altri sistemi metropolitani, questo pure favorito dalla distanza col capoluogo etneo9, anche se negli ultimi anni è diventata sede di un corso di laurea appartenente all’Università di Catania.

8

La chiamiamo contro-struttura perché in pratica è un negativo dello spazio urbano metropolitano costruito. Ci ispiriamo qui alla complementarietà delle due nature del sistema metropolitano, non contrapposte quindi, e produttrici di ricchezza economica, culturale e sociale. 9 E’ da notare che il sistema giarrese è l’unico a non confinare con quello catanese. Questo è un vantaggio nell’implementazione di un sistema autocentrato sui luoghi ma comporta uno sforzo maggiore per promuovere un’efficace decentramento terziario.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

La struttura urbana è simile a quella acese, cioè di tipo filamentosa a due “braccia” individuata dalle strade comunali di Giarre e Riposto e dalla “orientale sicula” cioè la Statale 114 che dirige per Mascali e Fiumefreddo. A Nord-Ovest si trova il tessuto maggiormente diffuso (ipotesi confortata dalla mappa della densità insediativa) ma l’incidenza di quest’ultimo sul totale è meno forte che nel sistema metropolitano acese. La presenza di spazi aperti favorisce una pianificazione volta al policentrismo della struttura ambientale e ad una comunicazione col sistema marittimo. Anche qui il rapporto con L’autostrada si focalizza in corrispondenza dei caselli di ingresso/uscita verso Giarre con la presenza di rilevanti strutture commerciali di interesse sovracomunale (pensiamo qui al centro commerciale Emmezeta).

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

ZAFFERANA ETNEA

SANTA VENERINA

ACIREALE VIAGRANDE ACI SANT’ANTONIO

ACI BONACCORSI ACI CATENA VALVERDE

Figura 7: Il sistema metropolitano acese (colore ciano). Fonte PTPR.

RAGALNA

SANTA MARIA DI LICODIA

PATERNO’ BELPASSO

MOTTA SANTA ANASTASIA

Figura 8: Il sistema metropolitano paternese (colore blu). Fonte PTPR.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

SAN GREGORIO DI CATANIA

ACI CASTELLO

TREMESTIERI ETNEO SANT’AGATA LI BATTIATI MISTERBIANCO

GRAVINA DI CATANIA

CATANIA Figura 9: Il sistema metropolitano catanese (colore lilla). Fonte PTPR.

PEDARA

NICOLOSI

MASCALUCIA

TRECASTAGNI

SAN GIOVANNI LA PUNTA

SAN PIETRO CLARENZA CAMPOROTONDO ETNEO

TREMESTIERI ETNEO

Figura 10: Il sistema metropolitano pedemontano (colore verde). Fonte PTPR.

93


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

MASCALI

SANT’ALFIO

MILO RIPOSTO GIARRE

Figura 11: Il sistema metropolitano giarrese (colore giallo). Fonte PTPR.

94


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

La morfologia della struttura urbana, inoltre, è stata studiata quantitativamente a partire da determinate caratteristiche della forma urbana deducibili. In primo luogo abbiamo estrapolato i nuclei urbanizzati per ogni comune dell’area metropolitana in analisi, dati che ci sono stati forniti dai rilevamenti per il Piano Territoriale Paesistico Regionale, considerando l’inviluppo della forma urbana al 1994. Per ogni nucleo sono stati calcolati Area e Perimetro. Dopodiché sono stati calcolati due indicatori: uno attinente alla forma del perimetro di ogni nucleo; l’altro, invece, riferito al peso delle componenti urbanizzate per estensione territoriale, cioè sono state create tre classi discernendo l’urbanizzato puntiforme, da quello di dimensioni intermedie e da quello di grandi dimensioni. La forma del perimetro di un nucleo urbanizzato, indubitevolmente, incide sul consumo del suolo. Perimetri irregolari comportano un maggiore spreco di suolo; viceversa, perimetri più compatti, permettono una maggiore efficienza sull’utilizzo del suolo (figura 12).

Pp

Pc

A

A

Figura 12

A parità di area il cerchio ha un perimetro minore rispetto a qualsiasi forma poligonale. E’ possibile, quindi, calcolare il rapporto tra il perimetro effettivo del nucleo e quello teorico di un cerchio avente la medesima area del poligono.

95


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

CF =

Pp Pc

=

Pp 2 ⋅π ⋅ r

=

Pp 2 ⋅π ⋅

A

π

Questo coefficiente, che chiameremo Coefficiente di Forma (La Rosa, 2002), varierà tra 1 e +∞. In corrispondenza del valore unitario avremo un nucleo corrispondente ad un cerchio e quindi avente il minore perimetro possibile: la sua forma è compatta. L’estremo massimo è non limitato in quanto idealmente potremmo avere un nucleo urbano frattale avente, quindi, un perimetro infinito. Per quanto riguarda la struttura rappresentativa dell’urbanizzato comunale (La Rosa, 2002) sono state create tre classi corrispondenti a tre diversi campi di superficie urbanizzata:

Da 0,110 ad 1 ha: è l’urbanizzato puntiforme quello che più incide nello sprawl urbano in quanto tessuto isolato privo di struttura urbanizzata;

Da 1 a 15 ha: sono i nuclei di medie dimensioni sede di assembramenti di precedenti tessuti puntiformi che si organizzano dando vita a strutture urbane separate dai centri comunali o comunque isolate rispetto ad un più esteso tessuto urbano;

Superiori a 15 ha: sono i nuclei urbani consolidati, ma non solo: fra questi si possono annoverare anche grandi lottizzazioni sub-urbane.

Per questi tre campi sono stati calcolate le incidenze percentuali sul tutto l’urbanizzato comunale ed infine il valore globale, o aggregato, per

10

Il campo parte da 0,1 e non da 0 perché nella procedura di estrapolazione degli urbanizzati, effettuata mediante Arcview, alcuni pezzetti di urbanizzato di un comune ricadevano su quello adiacente per contiguità ma siccome la base di indagine è comunale questi pezzetti venivano considerati come urbanizzato puntiforme. E’ stato osservato che statisticamente l’urbanizzato puntiforme rilevato dal PTPR aveva dimensioni superioi ai 1000 m2 e da ciò si spiega l’assenza dei primim valori da 0 a 0,1 ha.

96


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

comune, considerando la somma delle aree e dei perimetri dei nuclei costituenti l’intero urbanizzato comunale. Tabella 1 COD. COM. 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001 001

COMUNE ACI BONACCORSI ACI BONACCORSI ACI BONACCORSI ACI BONACCORSI ACI BONACCORSI ACI BONACCORSI ACI BONACCORSI ACI BONACCORSI ACI BONACCORSI ACI BONACCORSI TOT

AREA PERIMETRO 9536 419 13579 482 8623 493 2846 245 5592 310 8341 377 50980 1269 186296 2993 344939 7040 4140 258 634872 13886

CF 1,21 1,17 1,50 1,30 1,17 1,16 1,59 1,96 3,38 1,13 4,92

0,1 - 1 1,50% 0,00% 1,36% 0,45% 0,88% 1,31% 0,00% 0,00% 0,00% 0,65% 6,16%

1 - 15 0,00% 2,14% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 8,03% 0,00% 0,00% 0,00% 10,17%

> 15 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 29,34% 54,33% 0,00% 83,68%

I valori aggregati per comune sono stati assemblati in unica tabella. Se considerassimo solamente la superficie urbana incorreremo in un errore di fondo: considerare le superficie ugualmente dense. Cioè, un tessuto compatto, con un’alta densità insediativa sulla carta avrebbe lo stesso aspetto di un tessuto sub-urbano quindi a maglie larghe. Per correggere tale distorsione è stata quindi considerata l’effettiva densità insediativa; effettiva perché calcolata non sull’intero territorio comunale ma bensì solo su quello urbanizzato11. Nella pratica abbiamo normalizzato il contributo relativo alla densità tramite la nota formula di normalizzazione: y=

y − y min y max − y min

dove: y = valore normalizzato;

y = valore da normalizzare; y min = valore minimo della variabile da normalizzare;

y max = valore massimo della variabile da normalizzare.

11

I dati relativi alla densità sono poi stati studiati a se nel capitolo riguardante il criterio di omogeneità degli aggregati metropolitani.

97


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Il contributo relativo alla densità incide in misura inversamente proporzionale e quindi è stato considerato il suo complemento al 100%, ovvero sia all’unità. Quest’ultimo valore è stato utilizzato come parametro di smorzamento della struttura rappresentativa. Analogamente è stato normalizzato il contributo relativo al coefficiente di forma in modo da renderlo compatibile ad un valore percentuale. Dopodiché sono stati "pesati” tutti i contributi, relativi al CF ed alla struttura rappresentativa12. Il risultato finale è l’indice di sprawl che ha un campo di variabilità da 0 a 0,6013. 0 per sprawl nullo 0.6 per sprawl massimo. E’ stato riportato in percentuale solo allo scopo di renderlo più leggibile.

I sprawl = p1 ⋅ CFnorm. + S 0,1−1 ⋅ (1 − Dnorm. ) ⋅ p 2 + S1−15 ⋅ (1 − Dnorm. ) ⋅ p3 + S >15 ⋅ (1 − Dnorm. ) ⋅ p 4 dove:

I sprawl = indice globale di sprawl; p1, p2, p3, p4 = sono i pesi dei quattro contributi considerati (p1+p2+p3+p4=1);

Dnorm. = è la densità normalizzata; Si = sono le tre componenti della struttura rappresentativa. Questa formulazione ha in se un certo grado di flessibilità datagli dalla scelta dei pesi di ponderazione che tengono conto della realtà locale a giudizio dell’urbanista. Peraltro è da considerare come uno dei tanti parametri su cui fondare le scelte successive e certo non si ha qui la pretesa di raccontare con un solo numero l’intera complessità dei fatti urbani. D’altro canto la scientificità del metodo di studio della città è oggi indispensabile per fugare ogni aleatorietà nel processo di formazione del piano causa principe della sua mancata attuazione (Stella Richter, 2002).

12

Escluso la densità che ricordiamo che ha assunto la funzione di moltiplicatore di smorzamento: valore 0 per alte densità valore unitario per quelle basse. 13 Si dimostra che l’estremo inferiore è indipendente dai pesi scelti mentre non è così per l’estremo superiore che dipende da p1, p2.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 13

Figura 14

99


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Valore medio

Figura 15

Figura 16

100


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 17

Figura 18

101


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 19

Figura 20

102


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Tabella 2

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

I primi due diagrammi sono facili da commentare perché ci propongono in maniera disaccopiata due variabili morfologiche facilmente riscontrabili sulle carte topografiche. Comuni come Paternò o Motta Santa Anastasia hanno valori bassi di CF (figura 13) in quanto molto compatti e senza strutture di confine significative. Belpasso, invece, che è vero si che possiede un solido nucleo compatto ma pure, per converso, e dotato di consistenti strutture diffuse sul confine, ha già un valore altissimo, più del doppio, rispetto ai primi due comuni considerati e simile al tessuto a “macchia di leopardo” del sub-sistema acese. Catania e Mascalucia hanno tessuti urbani molto grandi e in assenza di vuoti urbani, nel diagramma dei pesi delle strutture urbane (figura 14), ma densità insediativa di sicuro differenti. I paesi di frangia urbana hanno un’elevata percentuale di tessuto puntiforme. Il diagramma sintesi (figura 15), cioè l’indice globale di sprawl, riassume e interseca le due caratteristiche considerate e ci da informazioni circa i comuni che più degli altri risentono dell’effetto “città diffusa”. I picchi (figura 16), ovviamente, si trovano a Ragalna o a Belpasso, così come nell’acese o nel sistema pedemontano, perché morfologicamente irrisolti; mentre i minimi riguardano Paternò piuttosto che Aci Catena o Gravina di Catania: la prima per un forte risparmio nel consumo degli spazi aperti; le seconde perché periferie fortemente dense e consolidate, almeno statisticamente. Gli ultimi quattro diagrammi (da figura 17 a 20) ripropongono i risultati ottenuti in maniera aggregata, cioè ricalcolando i parametri in funzione

dei

comuni

compresi

all’interno

della

sottostrutturazione

metropolitana (tabella 2). Si vede come separando la città metropolitana dall’insieme pedemontano si hanno valori si sprawl totalmente differenti a testimonianza della diversa forma metropoli dei due sistemi.

104


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Il fenomeno della città diffusa è deducibile in via oggettiva manipolando il dato riferito alle abitazioni occupate. Operando, quindi, il rapporto tra il numero di abitazioni effettivamente occupate (dati riferiti al censimento ISTAT del 1991 e del 2001) e il totale comunale si ottiene un numero puro, esprimibile in percentuale, che ci indica l’efficienza, o inefficienza, edilizia comunale. Il campo di valori ottenibili è stato suddiviso in cinque step (figura 21 e 22) Possiamo considerare i primi due livelli, da 0 al 60%, come un alto spreco di risorse non giustificabile e gli ultimi due livelli, dal 70 al 100%, come un differenziale accettabile (frizionale) nella disparità tra alloggi occupati e alloggi non occupati continuativamente nell’arco delle stagioni. A questi ultimi in realtà dovremmo togliere una quantità di immobili effettivamente non utilizzati perché obsoleti ed in cattivo stato, percentuale non esigua in quei comuni, come Catania, con un esteso centro storico. Compiendo questa operazioni sicuramente vedremmo convergere i suddetti comuni (fra cui anche Acireale e Paternò) verso un efficienza quasi unitaria. Ma ciò non toglierebbe il fatto che solo per il fatto di esistere questa cubatura rimane inespressa e favorisce il consumo di suolo nelle frange metropolitane. Se effettivamente si proponessero serie iniziative di riqualificazione urbana dei centri storici o degli antichi slums si potrebbe in parte contrastare l’espansione centrifuga della metropoli migliorando la qualità della vita della popolazione che vi abita attualmente. D’altro canto un’eccessiva velocità di svalutazione degli immobili deve essere combattuta per favorire il riadattamento degli stessi a nuove funzioni più redditizie. Questo vale pure per i centri storici opponendoci seriamente alla politica della conservazione a “tutti i costi” a scapito del benessere culturale di una comunità stanziata. Siamo peraltro consci che un estremizzazione di questo concetto porterebbe, ed ha portato, alla snaturalizzazione dei luoghi ridotti a semplici fondali. Maschere di logiche di mercato aggressive e omologanti.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Ritornando all’analisi dei dati notiamo subito che i comuni oggetto di un elevata inefficienza edilizia sono proprio quelli di frangia sede di villeggiatura estiva. In particolare il comune di Ragalna che per le sue caratteristiche morfologiche, ci riferiamo al suo tessuto urbano, è fortemente rarificato ed ha una percentuale di case occupate inferiore alla metà del totale (49%), e Pedara, con addirittura il 48% di case occupate, cioè più di cinque case su dieci sono libere durante l’arco dell’anno e si riempiono solo nei tre mesi estivi (Luglio, Agosto e Settembre) sottoponendo il comune ospite ad un elevato carico urbano che si traduce in un eccessivo approviggionamento di risorse quale corrente elettrica e soprattutto acqua. A questi picchi estremamente negativi si affiancano comuni quali Nicolosi (52%), Trecastagni (54%), Viagrande (60%) e Zafferana (59%). Nella fascia di mezzo, tra il 60 e il 70 percento, si collocano Paternò (64%), Santa Maria di Licodia (69%), Mascalucia (67%), Aci Castello (69%), Acireale (69%) e Santa Venerina (65%). Quindi i comuni restanti sono abbastanza efficienti soprattutto Catania (81%) e i comuni di prima cintura catanese e acese, con i picchi di Gravina di Catania (91%), Sant’Agata li Battiati (93%) e Tremestieri Etneo (86%) che ovviamente non sono comuni di villeggiatura visto il forte degrado paesaggistico e ambientale comune a tutte le periferia del mondo che troppo in fretta si sono sviluppate e soprattutto in assenza di una opportuna pianificazione e programmazione temporale. In totale il numero di case non occupate o eccedenti, seconde e terze case e abitazioni fatiscenti potenzialmente riconvertibili, è di 81.588 unità pari a circa 32.636.000 m3 vuoto per pieno di costruito per una popolazione insediabile di circa 300.000 persone pari al 41% della popolazione totale dell’intera area metropolitana di Catania. Dal 2001 si omogeneizzano la gran parte dei valori analizzati precedentemente. I comuni periferia della città catanese e acese tendono tutti ad una maggiore efficienza edilizia. Per converso diminuisce

106


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

l’efficienza del comune di Belpasso mentre aumenta quella di Paternò. Nel frattempo fra i comuni di frangia metropolitana Pedara migliora di due step il suo precedente dato. Ciò significa che il comune è stato sede di numerosi cambi di residenza verso di esso; difatti la popolazione dal 1991 al 2001 aumenta di più di 2000 unità. Ciò contribuisce alla suburbanizzazione della regione metropolitana ed in definitiva al maggiore consumo di suolo ed a una più esasperata gerarchizzazione funzionale dei comuni nonché al carico urbano a cui sono sottoposti (pensiamo soprattutto agli approvvigionamenti e alla raccolta dei rifiuti). Nel subsistema giarrese perdono effcienza i comuni di Mascali e Milo.

107


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

ACIREALE

PATERNO’ CATANIA

Figura 21: Carta dell’efficienza edilizia. Dati ISTAT 1991.

ACIREALE

2

PATERNO’

CATANIA

Figura 22: Carta dell’efficienza edilizia. Dati ISTAT 2001.

108


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

2.2.2. Criteri di omogeneità

L’analisi volta a studiare la densità insediativa all’interno dei limiti metropolitani, individuati in attuazione della L.R. 9/86, ci mostra come il polo catanese conurbato (figura 25) con la prima cintura di comuni contermini ha densità rilevanti (tra 1800 e 5500 ab/ Km2). Questi sono i comuni che hanno la più alta densità insediativa insieme al comune di Aci Catena che ricade nel sistema gravitante su Acireale (figura 5). Possiamo, con le dovute proporzioni, caratterizzare i sub-sistemi metropolitani in base a questo parametro e riconoscere una logica di fondo che empiricamente è molto chiara. In ogni sub-sistema metropolitano c’è un polo fortemente addensato tanto grande quanto maggiore è la forza commerciale dello stesso e una corona di comuni di piccole dimensioni con densità via via decrescenti quanto più ci si allontana dal core metropolitano. Qui il fenomeno è dimostrato con i dati oggettivi e ci permette di discernere dalla macro area catanese microaree che rispecchiano in piccolo questa caratteristica che è schematizzata nella figura 2314. E’ da notare in questo schema che le frecce sono tutte orientate verso il polo principale rendendo quindi esplicita la forte tendenza gerarchizzante il territorio eccezion fatta per il sub-sistema catanese dove l’insieme di comuni pedemontani riescono, in qualche modo, ad invertire i flussi (figura 24).

2a CINTURA

Figura 23

1a CINTURA

14

Questo dato è da considerare unitamente ai successivi studi sull’indice di pendolarità nel paragrafo riguardante i criteri di interdipendenza.

109


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

SUB

CATANESE

SISTEMA PEDEMONTANO

CITTA' METROPOLITANA

SISTEMA Figura 24: Il sistema pedemontano è in grado di invertire i flussi grazie ad un notevole grado di autocentramento. I paesi etnei costituiscono un forte attrattore dal punto di vista turistico e dei servizi. Gli esercizi commerciali sono qui numerosi ed offrono un ampia gamma d’offerta. La seconda cintura (Mascalucia, San Giovanni La Punta, etc.) è dotata di alcuni servizi rari come ad esempio la struttura polivalente, dedicata all’istruzione secondaria, di San Giovanni La Punta e di complessi commerciali non indifferenti. Ciò determina una ripartizione orizzontale dei flussi che non è presente nella prima cintura in quanto fortemente dipendente dai servizi del polo metropolitano di Catania.

110


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

ACIREALE

PATERNO’ CATANIA

Figura 25: Carta della densità abitativa comunale. Dati ISTAT 2001.

Figura 26

111


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Così Paternò avrà la densità più alta rispetto a Belpasso, Ragalna, Santa Maria di Licodia. Acireale e la prima cintura (Aci Catena e Aci Sant’Antonio Aci Bonaccorsi, Valverde) avranno una densità superiore alla corona esterna rappresentata da Viagrande, Zafferana e Santa Venerina. Il sistema pedemontano centrato sui comuni di Mascalucia Tremestieri e San Giovanni La Punta avranno una densità maggiore dei comuni di Nicolosi, Pedara e Trecastagni. Lo stesso vale per Giarre e Riposto. Catania si presenta come un tutt’uno con la prima cintura conurbata. In definitiva solo Paternò ha un differenziale di densità minore col suo sistema gravitante rispetto agli altri tre sotto sottosistemi a conferma del policentrismo di quest’area retta ancora da un’economia parzialmente agricola. I comuni che non sono influenzati da questo settore produttivo e vivono più sul commercio sentono invece l’esigenza di occupare spazio, che comunque non ha valore economico. I valori di densità fin qui calcolati comprendono pure le superficie libere non urbanizzate in quanto è stata scelta l’intera area comunale come base di calcolo. Andando a rilevare l’effettiva area urbanizzata si ottiene invece l’effettiva densità insediativa. Con riferimento alla tabella 4 posta in appendice si può notare che i valori in giallo della densità effettiva sono quelli che superano il valore della densità totale dell’intera area metropolitana (dati ISTAT 1991). Questi comuni non sono altro che le prime cinture dei poli e sub-poli metropolitani. La popolazione al 1994 è stata ricavata per interpolazione lineare col dato ISTAT 1991 e 2001. Il comune più denso è Paternò con più di 12.000 ab/Km2 seguito dalle super popolate periferie urbane di Catania ed Acireale. Sono stati messi a confronto le due densità calcolate una, quella comunale, in base all’intera superficie del territorio comunale (spazi urbanizzati più spazi aperti), l’altra, quella effettiva, in base al solo perimetro urbanizzato. A fianco a queste due colonne è stato calcolata la concentrazione urbana intendendo che per percentuali prossime all’unità si ha una minima

112


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

presenza di spazi aperti non urbanizzati rispetto alla superficie comunale, mentre per percentuali via via decrescenti si può supporre una compattezza dell’edificato e quindi una buona presenza di spazi aperti all’interno del territorio comunale. Quindi sono stai prodotti i seguenti grafici15.

Figura 27

15

In maiuscoletto sono indicati i comuni del sub-sistema giarrese, quest’ultimo non compreso nell’area metropolitana catanese individuata da i cinque saggi (Giuliano, Leone, Andrea Piraino, Alberto Di Blasi, Francesco Leonardi ed Eugenio Caratozzolo) nominati dall'assessore agli Enti locali, Luciano Ordile, in applicazione della L.R. 9/86.

113


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 28

E’

significativo

l’istogramma

relativo

alla

concentrazione

percentuale della superficie urbanizzata sull’intera superficie comunale (figura 28). Gli estremi sono Mascalucia con il 52% e Paternò con appena il 3% di suolo urbanizzato rispetto all’intero territorio comunale. Il valore di soglia individuato dalla retta tratteggiata di colore rosso corrisponde ad uno scarto dell’20%. La retta divide il diagramma in due parti. In alto si trovano i comuni prossimi alla saturazione territoriale, cioè con la superficie urbanizzata prossima a quella complessiva, in alto si trovano invece i comuni con ancora un’elevata presenza di spazi aperti. Fra questi ultimi riconosciamo i comuni gravitanti su Paternò, retti ancora in buona parte da un’economia agricola, e i comuni di frangia urbana, per capirci quelli dove la città da compatta-filamentosa si trasforma in diffusa. Nella rappresentazione cartografica riportata in appendice si evince bene l’esistenza di una “spina di mezzo” (Pedara, Mascalucia, Tremestieri Etneo, San Giovanni La Punta, Gravina di Catania, Sant’Agata li Battiati) che rende difficile l’attraversamento trasversale, est-ovest, dei flussi veicolari.

114


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Un altro aspetto utile, nell’ambito dei criteri di omogeneità, è la percentuale di addetti nell’agricoltura sul numero di abitanti insediati, su base

comunale.

Questo

parametro

ci

permette

di

sondare

la

composizione, in base a un criterio occupazionale, della popolazione comunale e verificare i possibili accorpamenti per sotto sistemi metropolitani come proposto ad inizio capitolo. Tanto più i valori di tale parametro saranno simili all’interno dello stesso sistema sub-metropolitano tanto più la nostra costruzione istituzionale sarà aderente alla realtà. Non dobbiamo dimenticare, però, che alcuni comuni in realtà appartengono a più sistemi metropolitani e rappresentano, in taluni casi, dei punti singolari che però non sconfortano le ipotesi sottese da tale studio. Infatti a seconda del parametro che utilizziamo per consolidare una base submetropolitana comunque troveremo dei comuni che si distanzieranno dalla media del sistema di appartenenza questo perché la dimensione metropolitana è fluida e difficilmente definibile a priori o in maniera meccanica. Tutti i sistemi reali, che non siano dunque mere speculazioni astratte, trovano particolari problemi ad essere piegati ad un modello logico, ciò non di meno si deve desistere dalla possibilità di descriverli e implementarli in un sistema che ha come suo fine il governo dei fenomeni reali metropolitani. Nella

tabella

3

abbiamo

individuato

tre

campi

colorati

rispettivamente di giallo, salmone e rosso via via che la percentuale di addetti nell’agricoltura su la popolazione totale aumentava. L’escursione associata al rosso varia da 0% al 3%. Questi sono comuni avviati ad una stabile struttura metropolitana che vede nel commercio e nei servizi le principali fonti di sostentamento. Fra questi riconosciamo quasi tutti i comuni costituenti la città metropolitana e buona parte dei comuni del versante sud etneo. Sono anche i comuni più “saturi”, come abbiamo visto, che valorizzano il territorio edificandolo a scopi quasi esclusivamente residenziali, dando luogo ad una “spina di mezzo”.

115


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

L’escursione associata al salmone varia dal 3% al 5%. Questi sono comuni intermedi, di transizione, verso un uso più produttivo del territorio. L’escursione associata al giallo varia dal 5% in su. In queste municipalità il territorio viene visto come fonte di sostentamento non secondario agli altri settori produttivi. Fra questi comuni riconosciamo quasi tutti i comuni formanti il sub-sistema paternese ed alcuni del subsistema acese. Da questa serie di dati è stato estrapolato il diagramma di figura 29 che mostra la distribuzione per comune delle percentuali di addetti nell’agricoltura ordinati in maniera crescente. Ora verifichiamo che effettivamente la composizione dei subsistemi è, in una certa misura omogenea, nel parametro considerato e ordiniamo i dati per sub-sistema di appartenenza riferendoci a quello che abbiamo chiamato modello 1. Infine per essi calcoliamo il valore medio degli addetti in modo da avere un indice globale per sotto struttura relazionale. Il sistema metropolitano catanese (tabella 3) è omogeneo nel campo di valori individuati. Il sistema acese, invece, risulta vario, avendo al suo interno tutte e tre le classi isolate precedentemente. Ciò riteniamo dipenda da due ordini di motivi. Il primo è che i comuni di ultima cintura nel settore ovest sono comuni che in via relazionale si intersecano con i sistemi pedemontano e particolarmente con la città metropolitana. Catania, abbiamo detto, è un polo di primissima grandezza all’interno dell’area metropolitana medesima e in vicinanza della stessa i valori di qualsivoglia parametro si isoli convergono verso di essa. Comuni come Viagrande e Valverde per forze di cose dipendono, per una parte del loro sviluppo, dalle qualità intrinseche della metropoli. Il secondo è che, per converso, il settore nord compreso il polo di appartenenza vedono una florida attività di coltivazione degli agrumi, che in questa zona è molto radicata. Specialità come il “verdello” occupano un’area relativamente vasta, soprattutto a Santa

116


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Venerina, e hanno la possibilità di essere inserite nel mercato in maniera proficua. Alcune industrie che operano nella zona ed hanno rilevanza nazionale nella distribuzione dei loro prodotti vedono, nella trasformazione di questa materia prima, l’oggetto del loro mercato. Il sistema paternese è omogeneo nella vocazione agricola di una parte del suo sistema produttivo. Solo Belpasso se ne distanzia sensibilmente,

ma

comunque

quest’ultimo

appartiene

alla

classe

adiacente rispetto a quella predonimante il sistema. Ricordiamo che dalle analisi fatte nella parte prima della presente tesi di laurea, a proposito del sistema metropolitano catanese, Belpasso è risultato avere un’elevata percentuale di addetti nell’industria (più del 40%) rispetto agli altri comuni che appartengono al medesimo areale considerato. Infine il sistema giarrese è quello che risulta maggiormente uniforme,

secondo

il

parametro

prefissato,

denunciando

un’alta

specializzazione nel settore agricolo, con un valore medio areale quasi doppio rispetto quelli della restante area metropolitana catanese. Questo è forse l’elemento di maggiore dissonanza dal contesto catanese I valori medi delle distribuzioni comunali per ogni sub-sistema metropolitano, in ultimo, sono stati diagrammati (figura 30) quali indicatori sintetici, fortemente aggregati, di una situazione, quella degli addetti nel settore

agricolo,

metropolitana.

che

forse

Ricordiamo

più

che

di nella

tutti

discrimina

definizione

l’omogeneità

delle

Standard

Metropolitan Areas, negli Stati Uniti d’America, uno degli elementi necessari ad indicare l’appartenenza o meno di una contea ad un sistema metropolitano è il numero e la percentuale di addetti nei settori extragricoli, così come nella definizione di Cafiero e Busca, indicata da Martinotti (1993) come la più performante i fenomeni metropolitani, per l’Italia.

117


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Tabella 3: Modello 1 (fonte ISTAT 1991)

codice comunale

015 029 019 045 042 002

COMUNI

% DI ADDETTI IN AGRICOLTURA

VALORE MEDIO

VALORE MEDIO

SUB-SISTEMA CATANESE CITTA' METROPOLITANA 1,72% Catania Misterbianco 1,68% Gravina di Catania 2,37% 2,19% Sant'Agata li Battiati 2,04% San Gregorio di Catania 2,40% Aci Castello 2,91%

SISTEMA METROPOLITANO DI RIEQUILIBRIO PEDEMONTANO

012 044 024 051 041 034 050 031

004 003 005 001 052 053 048 055

Camporotondo Etneo San Pietro Clarenza Mascalucia Tremestieri Etneo San Giovanni la Punta Pedara Trecastagni Nicolosi

2,66% 3,95% 2,35% 2,10% 1,63% 2,88% 3,85% 4,81%

2,67%

3,03%

SISTEMA METROPOLITANO ACESE 6,00% Acireale Aci Catena 3,90% Aci Sant'Antonio 2,62% Aci Bonaccorsi 4,92% 4,75% Valverde 2,15% Viagrande 2,81% Santa Venerina 7,17% Zafferana Etnea 8,46%

SISTEMA METROPOLITANO PATERNESE 8,42% 033 Paternò 047 Santa Maria di Licodia 9,77% 007 Belpasso 3,83% 6,81% 058 Ragalna 6,29% 030 Motta Sant'Anastasia 5,75%

033 047 007 058 030

SISTEMA METROPOLITANO GIARRESE GIARRE 5,28% MASCALI 9,49% MILO 11,46% 9,35% RIPOSTO 6,10% SANT'ALFIO 14,41%

118


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 29

Figura 30: Aggregazione secondo il modello 1

119


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

2.2.3. Criteri di interdipendenza

In ultimo affrontiamo il criterio di interdipendenza tramite l’analisi degli spostamenti pendolari. Dai dati ISTAT 1991 sono state estrapolate le colonne riguardanti gli spostamenti lavorativi. Operando il rapporto tra il numero di abitanti che si spostano per lavoro o per motivi scolastici e il totale comunale di lavoratori e di studenti si ottiene un indice di pendolarità (P) che svela tre livelli di distribuzione (figura 31): 1.

P ≤ 60%: solo i poli metropolitani maggiori che hanno

un indice di pendolarità più basso del 60%, ciò significa che buona parte degli abitanti lavorano e studiano nella città, perché offre servizi e posti di lavoro a sufficienza. E’ da ritenere, induttivamente, che l’offerta di servizi (per l’istruzione o quant’altro) coinvolga pure i paesi limitrofi, cioè il polo del sub-sistema funziona da magnete rispetto al proprio sistema. Possiamo affermare che per ogni punto in percentuale in meno di pendolarità si offrano proporzionalmente maggiore offerta di servizi e di domanda di lavoro ai paesi che ricadono nel bacino di stretta relazione sistematica con il polo (o sotto-polo). 2.

60% ≤ P ≤ 70%: sono comuni, nella prima parte del

range, abbastanza indipendenti dai poli attrattori perché hanno risorse interne pregiate (vedi il turismo e quindi il commercio per Nicolosi), o perché sono essi stessi dei poli (Giarre, Paternò), e spazialmente si trovano a una distanza più elevata dal core metropolitano ed hanno quindi una connotazione meno intensiva dal punto di vista dei flussi che le attraversano.. Nella seconda parte del range troviamo alcune periferie metropolitane, soprattutto della seconda cintura. 3.

70% ≤ P ≤ 80% Sono comuni fortemente dipendenti

dai poli metropolitani. Rappresentano la riserva di residenze per

120


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

coloro che in realtà lavorano in città. Morfologicamente assumono l’aspetto di grandi comuni periferia, iper-densi, indistinti con un basso indice di qualità ecologica (mancano gli standard più essenziali: verde, parcheggi, opere di urbanizzazione in qualche caso). E’ qui che in realtà si vive il fenomeno (negativo) della metropolitanizzazione. Alte portate di traffico nelle ore di punta. Alto grado di inquinamento. Omologazione sociale. Mancanza di servizi per la collettività (anziani, minori, portatori di handicap). E’ facile capire che i maggiori volumi di traffico verso la città metropolitana derivano dal primo tipo di Comuni cioè quelli fortemente conurbati16. In conclusione il parametro di pendolarità enuclea quelle municipalità che sono di testa per i flussi transitanti nei sistemi metropolitani (Paternò, Giarre, Acireale e Catania) all’interno di un contesto più ampio che è l’Area Metropolitana. Ci mostra dei comuni risorsa (dal punto di vista ambientale e culturale) che si trovano generalmente ai margini dell’area metropolitana o contingenti a grandi riserve ambientali (il Parco dell’Etna) e che possono essere utilizzati come sistemi di.

16

O agglomerati come suggerisce Chabot in quanto fortemente relazionati (dipendenti) dalla città metropolitana.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 31: Distribuzione dell’indice di pendolarità.

Possiamo ancora manipolare il dato e riordinare gli indici di pendolarità in base alla dislocazione spaziale per cinture concentriche, iniziando dal core metropolitano, attraverso la cintura metropolitana, verso i comuni di frangia (modello 3). Si ottengono così i seguenti risultati.

Figura 32

122


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Notiamo subito che la distribuzione dell’indice di pendolarità è, qualitativamente, ad U rivolta verso il basso (figura 32); in pratica il massimo degli spostamenti verso il polo metropolitano si hanno proprio in quei comuni di cintura fortemente urbanizzati (Martinotti, 1993). Questa proprietà si conferma se estrapoliamo dall’area metropolitana catanese la città metropolitana e i sub-sistemi acese e paternese17. Il sistema centrato su Catania e quello su Acireale sono delle strutture, dal punto di vista metropolitano, mature mostrando una linea tendenziale della pendolarità ad “U” rovescia (figure 33 e 34). Acireale ha in realtà un massimo spalmato sulle prime due cinture concentriche in quanto fortemente assimilabili fra loro. C’è da dire che la seconda cintura del suddetto sistema è anche molto influenzata dal “dominio” catanese ed i comuni che la costituiscono possono essere considerati “comuni intersezione” tra sub-sistemi metropolitani adiacenti. Tendenzialmente, però, l’indice di pendolarità dei comuni gravitanti è più alto rispetto al subsistema di Paternò quindi il sistema è fortemente percorso da flussi di spostamento parte dei quali ricadono su Acireale che ha un indice di pendolarità paragonabile a quello di Catania (lo scarto è di tre punti percentuali). Per il sistema gravitante su Paternò (figura 35) si rilevano comunque basse percentuali di spostamento, confrontabili con quelle del sub-sistema giarrese, perché le municipalità contermini riescono ad assorbire, in una certa misura, al loro interno la domanda di lavoro e di istruzione (anche qui vale la precisazione fatta all’inizio del capitolo). Questo si può spiegare anche dal punto di vista morfologico: infatti i comuni che costituiscono quello che noi abbiamo chiamato sub-sistema paternese sono disuniti e la distanza che li collega è molto più elevata rispetto agli altri sub-sistemi dell’A.M. di Catania.

17

Possiamo dire che i sub-sistemi metropolitani sono delle configurazioni frattali del sistema più generale, che è l’A.M. catanese, in quanto riproducono la stessa distribuzione indifferentemente se consideriamo l’intero o il particolare.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Per il sistema metropolitano giarrese, Giarre e Riposto sono stati considerati come un unico polo (figura 36) . Questa ipotesi è suffragata dai gradienti temporali di crescita estrapolabili dalle carte a corredo dell’analisi morfologica ad inizio capitolo elaborate secondo i dati del PTPR che vedono gia nel 1955 i due comuni formanti un unico sistema a differenza delle altre conurbazioni, che si rilevano solo nel 1994. Artificialmente è stata creata una prima cintura, nell’elaborazione fatta su EXCEL, per differenziare Mascali, con struttura filamentosa-compatta verso Giarre, da Milo e Sant’Alfio che rappresentano una realtà di frangia urbana a tessuto diffuso. Questo sistema è sicuramente immaturo, si vede dall’entità degli indici, come sistema metropolitano. La struttura bi-polare di Giarre e Riposto ha un indice di pendolarità paragonabile, lo scarto è di un solo punto percentuale, a Paternò quindi molto dipendente dal polo preminente metropolitano, cioè Catania.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Comune

Pop.res.che studia o lav.in com.residenza

Pop.res.che studia o lav.fuori com.resid.

TOT

% fuori/tot (pendolarita')

COLLOCAZIONE MEDIA SPAZIOPENDOLARITA' RELAZIONALE

015 029 019 045 042 002 012 044 024 051 041 034 050 031

SISTEMA METROPOLITANO CATANESE Catania 133.963 151.607 285.570 53% POLO Misterbianco 9.210 19.366 28.576 68% I CINTURA Gravina di Catania 4.562 14.618 19.180 76% I CINTURA Sant'Agata li Battiati 2.041 6.472 8.513 76% I CINTURA San Gregorio di Catania 1.441 5.391 6.832 79% I CINTURA Aci Castello 3.199 10.022 13.221 76% I CINTURA Camporotondo Etneo 404 975 1.379 71% II CINTURA San Pietro Clarenza 875 1.864 2.739 68% II CINTURA Mascalucia 3.480 9.942 13.422 74% II CINTURA Tremestieri Etneo 2.605 9.456 12.061 78% II CINTURA San Giovanni la Punta 4.387 10.119 14.506 70% II CINTURA Pedara 1.582 3.958 5.540 71% III CINTURA Trecastagni 1.570 3.532 5.102 69% III CINTURA Nicolosi 1.506 2.650 4.156 64% III CINTURA

004 003 005 001 052 053 048 055

Acireale Aci Catena Aci Sant'Antonio Aci Bonaccorsi Valverde Viagrande Santa Venerina Zafferana Etnea

SISTEMA METROPOLITANO ACESE 15.417 19.293 34.710 56% POLO 4.526 10.358 14.884 70% I CINTURA 2.912 6.460 9.372 69% I CINTURA 459 1.057 1.516 70% II CINTURA 1.185 2.940 4.125 71% II CINTURA 1.224 2.710 3.934 69% II CINTURA 2.012 3.161 5.173 61% III CINTURA 1.940 3.328 5.268 63% III CINTURA

033 047 007 058 030

SISTEMA METROPOLITANO PATERNESE Paternò 11.798 17.849 29.647 60% POLO Santa Maria di Licodia 1.820 3.022 4.842 62% I CINTURA Belpasso 4.851 8.800 13.651 64% I CINTURA Ragalna 471 1.009 1.480 68% I CINTURA Motta Sant'Anastasia 2.341 3.733 6.074 61% II CINTURA

017 039 023 026 046

GIARRE RIPOSTO MASCALI MILO SANT'ALFIO

SISTEMA METROPOLITANO GIARRESE 8.924 13.935 22.859 61% POLO 4.134 6.577 10.711 61% POLO 2.340 4.655 6.995 67% I CINTURA 244 473 717 66% II CINTURA 354 691 1.045 66% II CINTURA

53%

75%

72%

68%

56% 69% 70% 62%

60% 65% 61%

61% 67% 66%

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SISTEMA DI RIEQUILIBRIO PEDEMONTANO

codice comunale

Tabella 4: Modello 3


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 33

Figura 34

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 35

Figura 36

127


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

2.3) Gli scenari possibili: i sub-sistemi metropolitani

Dalle analisi fin qui svolte tenendo conto dei tre criteri di definizione dei sistemi metropolitani indicati da Guido Martinotti (1993) in Metropoli si è giunti a 6 risultati: 1. Tutte le analisi individuano Catania, Acireale, Paternò e Giarre come poli della struttura urbana catanese; 2. Accanto a questi poli esiste una struttura urbana concentrica dipendente dai primi; 3. Questa corona concentrica per alcuni sub-sistemi è più definita di altri. Ad esempio nel caso di Paternò, Ragalna, Santa Maria di Licodia, Belpasso e Motta Santa Ananastasia oppure di Giarre, Riposto, Mascali, Milo, Sant’Alfio; 4. Le analisi hanno evidenziato la presenza di una “spina di mezzo” individuata dai comuni di Mascalcia, Tremestieri Etneo, San Giovanni la Punta con i comuni di Nicolosi, Pedara e Trecastagni. Questa “spina” ha un determinato grado di autosufficienza dovuto alla presenza di struttura scolastiche secondarie, poli commerciali. D’altro canto questi comuni hanno un’elevato tasso di residenzialità emergente dai flussi di pendolarità molto ampi, dall’efficienza edilizia e dalla densità abitativa; 5. Nella definizione di possibili sub-sistemi metropolitani non si può non tenere conto di questa “spina” che comunque è dipendente in parte dal polo di Catania ed in parte da quello di Acireale; 6. Ancora in questi comuni di mezzo è elevato il valore calcolato dell’indice di sprawl. I possibili scenari per una organizzazione in rete dell’area metropolitana catanese sono quindi quattro e tengono conto della media forza dei

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

comuni della “spina di mezzo” (figura da 37 a 40). Le carte e gli studi sono riportati nella apposita appendice dedicata agli elaborati grafici. Nelle due tabelle in basso, in maniera schematica, sono stati riportati i vantaggi e gli svantaggi della configurazione attuale del governance metropolitano e della configurazione proposta al capitolo 2.2. di questa II parte. Inoltre sulla base delle analisi condotte, in appendice, sono riportate tre tavole progettuali-simboliche (15 16 17) che individuano le linee di indirizzo per un auspicabile piano strategico di assetto metropolitano.

129


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

MODELLO ATTUALE

VANTAGGI

SVANTAGGI

• • comunale

coordinamento

Modello

sovracomunale

collaudato

Pianificazione

Assenza di

Ampio consenso

Impossibilità di sfruttare al

politico

meglio le risorse (sinergie)

MODELLO PROPOSTO

VANTAGGI

• Pianificazione sovracomunale a rete

Maggiore possibilità di

costruzione del consenso

Sinergie

SVANTAGGI

Implementazione del modello

Consenso politico?

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 37: Modello 1

Figura 38: Modello 2

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 39: Modello 3

Figura 40: Modello 4

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

2.4. Il significato del confine

Il confine, limen, è un concetto molto sottile nella organizzazione dei sistemi istituzionali ed una corretta definizione degli stessi è una buona premessa per un architettura istituzionale solida in grado di poter governare il territorio. Qui vogliamo riprendere cosa oggi si intende per territorio supportati dalla definizione che Magnaghi (2000) ne dà a proposito delle caratteristiche locali dei sistemi territoriali. Il territorio è la somma, non aritmetica, di tre aspetti fondamentali nella vita di un sistema ecologico: 1.

Aspetto economico. Motore dello sviluppo culturale di

una popolazione stanziata in un territorio definito. Sottolineiamo che per economia non intendiamo solo quella che comunemente viene insegnata nelle facoltà di Economia italiane e straniere. L’economia coinvolge ogni aspetto della nostra vita. Le idee così come la cultura, la natura come anche i comportamenti di ogni singolo essere vivente sono permeati dal principio economico che ne garantisce l’armonia con ciò che li circonda e gli permette di autoriprodursi. Gli sprechi in natura non sono ammessi. Per una società possono essere letali. 2.

Aspetto ambientale. E’ la “casa” in cui tutti abitiamo in

cui ognuno di noi scambia informazioni di tipo affettivo o generalmente sensoriali. L’ambiente urbano è oggi il luogo in cui abita la maggior parte della popolazione della terra (in Italia più del 60% della popolazione) e le cifre sembrano incoraggiare questa tesi anche per gli anni futuri (Martinotti, 1993), soprattutto in riguardo le metropoli dei Paesi in via di sviluppo. La città offre protezione per chi vi abita (Gottmann, 1961) e permette di compiere esperienze che ci mettono a contatto simultaneamente con una moltitudine di individui. Internet oggi si appropria di un una buona fetta di questa

133


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

millenaria funzione appartenuta alla città ma è certo che non potrà sostituirla del tutto. 3.

Aspetto

culturale.

Sono

tutte

le

trasformazioni

materiali ed immateriali che gli individui operano per la costruzione di un mondo civilizzato. I prodotti culturali permettono di essere consapevoli dell’ambiente in cui siamo immersi e con cui continuamente scambiamo informazioni sotto forma di energia o quant’altro. Il territorio quindi ha delle ampie valenze e la sua conoscenza abbraccia campi del sapere scientifici e mistici: ma perché confinarlo? Ma perché se siamo in grado di tracciare dei contorni significa che in qualche modo ci stiamo ponendo il problema di comprendere, anche difficoltosamente, il meccanismo che governa i processi che si svolgono su di esso ed in relazione con esso. Baricco (1993) direbbe in sintesi: “Se uno capisce i limiti, capisce come funziona il meccanismo. Tutto sta nel capire i limiti.” Il fatto di scegliere cosa comprendere all’interno di una regione confinata e cosa tenere fuori dimostra che abbiamo approntato una metodologia, più o meno idonea, che servirà da strumento di osservazione dei fenomeni metropolitani. Categorizzare permette di analizzare il problema sotto un punto di vista scientifico e proporre, di conseguenza, delle soluzioni scientifiche che con un certo grado di approssimazione possono essere verificate a monte del processo decisionale e just in time una volta implementate al governo dei fenomeni complessi e non lineari quali sono quelli che governano una città e nel nostro caso un’Area Metropolitana. Vedete dunque che dalla scienza, anche quando è più arida, possiamo sempre ricavare ordine e sistematicità, e ricordate che il lavoro di catalogazione richiede idee chiare, e chiarisce le idee. (Geddes, 1915)

Bisogna quindi agire nei pochi spazi aperti che rimangono per contrastare l’avanzata dilagante dello sprawl urbano. “Ciò significa che il

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

‘progetto’ dei vuoti diviene la struttura morfogenetica dell’insediamento antropico” (Magnaghi, 1998). Allo stesso tempo quei confini sono anche il luogo dove si può provare a strutturare l’incontro tra i diversi gruppi [sociali]. Quando l’interazione si realizza significa che si è creato uno spazio comune. Si è quindi riusciti a costruire un insieme di regole condivise […]. (Zanini, 1997)

Superare la concezione di confine quale linea amministrativa e considerarla invece come luogo, quindi con un proprio “statuto” (Magnaghi, 2000). Si tratta di pensare i confini come “[…] vere e proprie soglie […] che garantiscono, una volta entrati, la possibilità di provare qualcosa di diverso senza il timore di mettere a repentaglio la propria identità” (Zanini, 1997) Poi dobbiamo considerare un’altra categoria di confini che sono quelli amministrativi che nulla hanno a che fare con la realtà osmotica dei comprensori metropolitani. La redistribuzione delle attività lavorative e della popolazione insediata che ha interessato l’area metropolitana all’apice del suo sviluppo non ha fatto che trasformare i comuni contermini, con una progressione concentrica verso i comuni via via più esterni. Da aree sub-urbane, i comuni, sono diventati estensioni della città stessa. La densità si è andata concentrando nella prima cintura di comuni contermini18 e la forte pressione ha fatto saturare tutti gli spazi a disposizione dei comuni a scapito della qualità della vita offerta. In prossimità del confine comunale si ha infine la sensazione di essere ancora all’interno della città metropolitana stessa senza soluzione di continuità. Ma non è sempre così, perché in corrispondenza del confine si vivono i maggiori contrasti di questo tipo di sviluppo centro-periferico. Si sono formate aree di risulta di una certa estensione libere o occupate, temporaneamente, da discariche abusive o da attività anch’esse non autorizzate frutto di una politica territoriale discorde e non integrata dei 18

Gravina, Sant’Agata li Battiati, San Gregorio di Catania, e così via.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

comuni immediatamente contigui. Questi “controsensi urbani” sono però potenzialmente utilizzabili a favore di atti di riterritorializzazione delle periferie metropolitane. E’ lavorando sul confine come spazio [e non come linea amministrativa] che si può trovare la strada per tentare di costruire quella nuova identità solidale che permetterà a tutti di muoversi […] all’interno di uno spazio comune. (Zanini, 1997)

I comuni che si trovano nell’anello più esterno dell’area metropolitana, la cosiddetta fascia di frangia urbana,

sono cresciuti

anch’essi a dismisura ma in una maniera più incoerente, sfaldata verso i suoi bordi. La gentrificazione di questi luoghi ha richiesto una maggiore quantità di spazio da consumare. Il modello della casa isolata ha colonizzato il territorio senza nessun coordinamento. Questi insediamenti non hanno forma. Sono diffusi. Per urbanizzarli si sostengono costi eccessivi e non sempre si riesce a garantirli. La popolazione che abita queste zone di frontiera possono però supplire a queste deficienze urbane in maniera propria ma senza una programmazione integrata generando quindi esternalità negative (spillover). E’ una sorta di ipertesto o meglio di “Ipercittà” come suggerisce Corboz (1994). L’ipercittà è la risultanza di una moltitudine di scelte, che sono tutte razionali o aspirano ad esserlo, ma che obbediscono a logiche differenti, in antagonismo le une con le altre.

In questa cornice, di confini o presunti tali, si muove “l’uomo metropolitano”. L’uomo metropolitano abita nella sua villetta sub-urbana o slum di periferia, lavora in città e consuma nel tessuto intermedio fra questi due stati. In mezzo cosa ci sta? Le vie di comunicazione che per forza di cosa sono ipertrofiche e spesso insufficienti ad ospitare gli enormi flussi di traffico transitanti. In queste strade egli passa, progressivamente nel tempo, una buona parte della sua esistenza. In un’area metropolitana da più di 720.000 persone, qual è quella catanese, il problema non è indifferente soprattutto se si pensa che la stragrande portata automobilistica giornaliera si riversa sul capoluogo

136


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

metropolitano. Un termometro più o meno significativo delle ossessioni trasportistiche quotidiane nella metropoli è senza dubbio il suo quotidiano provinciale che non sapendo più a che “santo votarsi”, nell’affrontare l’annoso problema della congestione veicolare, si affida così alle teorie matematiche. Autunno, ripresa della scuola, traffico in aumento, le città intasate. Come al solito. Qualcuno ha provato a valutare quanto tempo della nostra vita trascorriamo in coda. Un paio di anni a Milano, ancora di più a Napoli, dicono le statistiche. Possibile che la scienza e la tecnologia non possano far niente? Se non ad eliminare il problema del traffico, la matematica - e in particolare quel ramo della matematica chiamato Teoria delle code - ci aiuta però a comprendere come le code si formano e quali proprietà hanno, come evolvono. Il che è già una consolazione.

Tutti

facciamo

esperienza

di

un

fatto

semplicissimo: basta talvolta uscire da casa dieci minuti dopo il solito e si arriva venti o trenta minuti dopo. Cosa è successo? Se il traffico in arrivo ad un semaforo aumenta oltre il limite che può essere smaltito normalmente tra un verde e il successivo, si inizia a formare una coda che si allungherà ad ogni ciclo. Se in un ciclo di verde riescono a passare 20 auto e ne arrivano 30, 10 resteranno in coda aspettando il verde successivo. Ma al ciclo successivo resteranno in coda 20 auto, e così via. Al terzo ciclo le auto che arrivano dovranno aspettare due scatti successivi del verde prima di poter passare. Tutto questo avviene già in condizioni normali, ma basta un ostacolo imprevisto (un’auto ferma, un’interruzione per lavori, ...) e le cose si complicano matematicamente ancor di più. Il semplice rallentamento di un’auto può produrre - anche in autostrada - un ingorgo, con una sorta di impulso che si propaga indietro lungo la catena di auto che sopraggiungono, e che si smaltisce poi lentamente quando l’auto in testa riprende la sua velocità. La teoria matematica delle code permette di affrontare, ad un livello molto approfondito, la formazione e l’evoluzione delle code di attesa di qualunque natura, dal flusso di auto lungo una strada a quello dei dati inviati da più utenti verso mia

137


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

stampante, ai tempi di attesa per le riparazioni. Le prime ricerche sulla teoria delle code furono fatte tra il 1910 e il 1920 dal danese Agner Erlang, un ingegnere dell’azienda telefonica di Copenhagen. Il problema era quello di eliminare la congestione del traffico telefonico che si verificava con le centraline automatiche. I risultati di questa analisi, in buona misura validi ancora oggi, trovano ampie applicazioni in tutte quelle situazioni in

cui

le

code

possono

divenire

problematiche

per

il

funzionamento di un sistema. Insomma lo scopo delle ricerche in questo campo non è solo quello di comprendere il funzionamento del sistema, ma anche quello di ottimizzarne le prestazioni. E il traffico delle nostre città? Se da un lato si può dubitare che l’organizzazione del traffico cittadino da parte dei responsabili della cosa pubblica sia stata improntata ad una sofisticata analisi matematica del problema, sembra dall’altro lato che neppure i modelli matematici più avanzati riuscirebbero a riprodurre il comportamento degli automobilisti locali. Questi, lungi dal seguire regole di tipo deterministico o probabilistico, sembrano, infatti, sfuggire a qualsivoglia tentativo di essere razionalizzati. Non ci resta dunque che rimanere in coda, divertendoci magari a calcolare il numero medio di auto che passano ad ogni ciclo di verde, o osservando incuriositi quella sorta di “Ola” che si propaga fino a noi iniziando dalla prima macchina della coda, sperando di rientrare stavolta nel ciclo fortunato di quelli che riusciranno a passare19.

Gia nel 1961 Gottmann metteva in guardia circa questo stato di disagio che interessava la popolazione di Megalopolis. “[..] Una parte sempre più grande di quello che dovrebbe essere il tempo dedicato al riposo viene trascorso ora viaggiando in condizioni più o meno confortevoli da casa al lavoro, dal lavoro a casa, ai luoghi di svago e così via.” Difatti a ben guardare la congestione veicolare non riguarda solo lo spostamento dei pendolari, che a Catania secondo alcune stime dalle 7 alle 9,30 raggiungono quota 22.000 in senso entrante (70.000 in totale durante 19

Riggi, Francesco (7 ottobre 2003) “Le code ai semafori? Macché traffico, è una questione matematica”, La Sicilia.

138


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

l’arco del giorno in entrambe le direzioni), ma anche quella creata dai city users durante le ore notturne e che per certi versi risulta più caotica per l’insufficienza del personale di irrigimentazione della stessa. Non è raro per l’uomo metropolitano attraversare più comuni per recarsi a lavoro o per consumare, la redistribuzione di alcuni servizi commerciali favorisce ciò. In

ultima

analisi

lo

sforzo

che

si

richiede

alla

pubblica

amministrazione è una razionale definizione della forma urbana basandosi magari sui parametri che nella seconda parte della presente tesi abbiamo indicato, seppur migliorabili e ampliabili a piacere, e una capacità politica di ridurre i flussi di spostamento mediante le redistribuzioni dei servizi rari e l’investimento sulle risorse locali, invece che sulle grandi catene di commercializzazione20, per creare ricchezza locale.

20

E’ persino troppo ovvio che “l’industria del commercio”, cioè le grandi catene commerciali, sottraggono la ricchezza locale monetaria, oltre che ambientale e socio culturale, per trasferirla in altri luoghi che nulla hanno a che fare con il sud. L’urbanista deve sapere interpretare tali fenomeni in maniera critica non considerando i centri commerciali come il problema ma piuttosto focalizzando l’attenzione sulla domanda locale che ritiene quest’ultimi appetibili. Forse è venuta l’ora di riaggiornare la “cassetta degli attrezzi” del pianificatore urbano a favore di strumenti più flessibili e meno deterministici del passato (Secchi, 2000).

139


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

2.5. I tessuti urbani liminari come verifica puntuale delle strategie per

un auspicabile governo metropolitano Nell’ambito del nostro programma di ricerca ci proponiamo di studiare e classificare le aree di confine come verifica di dettaglio delle linee di indirizzo per un piano strategico metropolitano riportate nell’apposita appendice grafica alle tavole 15, 16, 17. Il nostro scopo è : I.

Quello di definire, una volta per tutte, le frontiere dei

sub-sistemi individuati e caratterizzarle da spazi aperti collegati a formare una sorta di “costellazione” (figura 41 e 42) che, senza soluzione di continuità, costituisca l’esatto negativo della struttura urbanizzata; capire dove finisce un mondo e ne inizia un altro è indispensabile

per

sfuggire

dall’omologazione

e

dalla

gerarchizzazione territoriale, oltre che sociale. Questi sono anche i corridoi in cui insediare le strutture di mobilità collettiva (aste del ferro, e strade) che si devono sostituire, progressivamente, al mezzo di trasporto individuale. II.

Quello di completare le “bolle”, o “zone d’ombra”, della

pianificazione all’interno dei sub-sistemi metropolitani. Ci teniamo a precisare che qui parliamo di completamento progettuale e non di saturazione speculativa edilizia; abbiamo più volte ripetuto e sottointeso, nei capitoli precedenti, che i vuoti urbani, generati da una incoerenza intercomunale nella gestione del territorio, sono i punti da cui partire per ridare qualità alla città; queste zone che paradossalmente sono di confine (confine amministrativo e non percettivo) costituiscono delle centralità in un sistema di riferimento metropolitano, o intercomunale relazionato appunto, e la loro riterritorializzazione (Magnaghi, 2000) è condizione necessaria per riequilibrio della gerarchia urbana.

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Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Figura 41: Gli spazi aperti tra ogni sub-sistema devono essere collegati a formare una struttura reticolare che coinvolge e avvolge la città.

Figura 42: A sua volta gli spazi aperti si devono fare largo attraverso il tessuto urbano consolidato dei sub-sistemi metropolitani per portare al suo interno la qualità ambientale costruita dall’esterno; questi corridoi urbani individuano un insieme discreto di punti che rappresentano i fuochi dell’urbanità, vale a dire i luoghi di raccolta sociale e di manifestazione della civiltà di un popolo.

141


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

Abbiamo tipizzato quattro modalità di relazionamento tra tessuti urbani e confini amministrativi (tabella 5), dapprima dedotti e poi verificati sulle carte topografiche. Il parametro discrimine utilizzato per produrre le quattro classi riguarda le caratteristiche intrinseche del tessuto urbano e cioè la sua compattezza. Un tessuto poco compatto è di tipo sub-urbano e quindi produce un forte spreco di territorio a scapito della qualità degli spazi aperti. Inoltre abbiamo differenziato in base alla quantità di territori comunali

interessati, cioè

un

tessuto

che

interessa

tre

comuni

metropolitani lo abbiamo chiamato tre volte connesso. Quest’ultima specificazione è dovuta al fatto che più comuni sono interessati alla gestione di processi urbani comuni più è difficile, con l’attuale assetto istituzionale, governarli. Inoltre per ciascuna delle quattro tipologie abbiamo, tramite una tabella, messo in evidenza i problemi principali delle stesse e le possibili soluzioni attuabili all’interno di un palinsesto effettivamente metropolitano. Le elaborazioni sono riportate nell’apposita appendice grafica. La prima tipologia riguarda i tessuti edificati compatti che si estendono sovrapponendosi alla linea amministrativa di confine. La seconda, invece, si interessa della relazione tra tessuti suburbani e tessuti compatti. La terza tipologia riguarda i tessuti sub-urbani adiacenti a gli spazi aperti di confine. Ed infine la quarta tratta dei tessuti sub-urbani che continuano oltre la linea di confine (tabella 6).

142


Parte II: “L’area metropolitana catanese”

X X

X X X

SPAZI APERTI

SUBURBANO

COMPATTO SUB-URBANO SPAZI APERTI

COMP ATTO

Tabella 5

Per ciascun tipo sono stati analizzati tre casi differenziati, qualora si presentasse l’occasione, per pluri-connessione. Il governo per sub-sistemi metropolitani permette di annullare le linee di confine interne per poter efficacemente governare i tessuti urbani di confine.

Tabella 6

TIPO 1 COMPATTO <> COMPATTO

TIPO 2 COMPATTO <> SUBURBANO

TIPO 3 SUB-URBANO <> SPAZI APERTI

TIPO 4 SUB-URBANO <> SUBURBANO

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Appendice I: Legislazione


Appendice I: Legislazione

1. Legge cost. 3/2001; 2. D.L. 281/97; 3. L. 142/90; 4. L. 265/99; 5. L.R. 9/86. E’ inutile qui riprendere una critica sulle leggi riportate già affrontata e conclusa ai capitoli 1.3., 1.4., 1.5. Nella presente appendice riportiamo gli estratti della legislazione precedentemente analizzata evidenziando, in giallo, le parti significative fondanti la critica dei precedenti capitoli. La 1. è la legge di modifica del Titolo V della costituzione. La 2. è il decreto che istituisce la conferenza Stato-Regioni. La 3. è la legge in materia di aree metropolitane in Italia. La 4. è la legge di riforma della 142/90. La 5. è la legge regionale per il territorio siciliano in materia di aree metropolitane.

II


Appendice I: Legislazione

1. Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 "Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2001 Art. 1 1. L'articolo 114 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 114. - La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento". Art. 2 1. L'articolo 116 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 116. - Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale. La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol ècostituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano. Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata". Art. 3 1. L'articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 117. - La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea; b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull'istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere

III


Appendice I: Legislazione

regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato". Art. 4 1. L'articolo 118 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 118. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarieta'". Art. 5 1. L'articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 119. - I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite. Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti". Art. 6 1. L'articolo 120 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 120. - La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.

IV


Appendice I: Legislazione

Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione". Art. 7 1. All'articolo 123 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma: "In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali". Art. 8 1. L'articolo 127 della Costituzione è sostituito dal seguente: "Art. 127. - Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione. La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente valore di legge". Art. 9 1. Al secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione, dopo le parole: "Si può, con" sono inserite le seguenti: "l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante". 2. L'articolo 115, l'articolo 124, il primo comma dell'articolo 125, l'articolo 128, l'articolo 129 e l'articolo 130 della Costituzione sono abrogati. Art. 10 1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite. Art. 11 1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali. 2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e all'articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l'Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti.

V


Appendice I: Legislazione

2.

Decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281

"Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 202 del 30 agosto 1997 (Rettifica G.U. n. 217 del 17 settembre 1997) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa; Visto in particolare l'articolo 9 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che conferisce al Governo la delega ad adottare apposito decreto legislativo per la definizione e l'ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e la sua unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali; Vista l'intesa intervenuta tra il Ministero degli affari esteri ed i presidenti delle regioni e province autonome il 23 gennaio 1997, circa le modalita' del concorso delle regioni in vista della definizione della politica nazionale in sede Unione europea; Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; Sentita la Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunita' montane; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 5 agosto 1997; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali; Emana il seguente decreto legislativo: Capo I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 1 Ambito della disciplina 1. In attuazione dell'articolo 9 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e ferme restando le competenze ad essa attribuite, il presente decreto disciplina le attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata "Conferenza Stato - regioni", e la sua unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune, con la Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali. 2. Ulteriori compiti e funzioni potranno essere attribuiti contestualmente alla definitiva individuazione, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, delle procedure e degli strumenti di raccordo fra i livelli di governo. Capo II CONFERENZA STATO – REGIONI Art. 2 Compiti 1. Al fine di garantire la partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano a tutti i processi decisionali di interesse regionale, interregionale ed infraregionale, la Conferenza Stato - regioni: a) promuove e sancisce intese, ai sensi dell'articolo 3; b) promuove e sancisce accordi di cui all'articolo 4; c) nel rispetto delle competenze del Comitato interministeriale per la programmazione economica, promuove il coordinamento della programmazione statale e regionale ed il raccordo di quest'ultima con l'attivita' degli enti o soggetti, anche privati, che gestiscono funzioni o servizi di pubblico interesse aventi rilevanza nell'ambito territoriale delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;

VI


Appendice I: Legislazione

d) acquisisce le designazioni dei rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nei casi previsti dalla legge; e) assicura lo scambio di dati ed informazioni tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano secondo le modalita' di cui all'articolo 6; f) fermo quanto previsto dagli statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, determina, nei casi previsti dalla legge, i criteri di ripartizione delle risorse finanziarie che la legge assegna alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, anche a fini di perequazione; g) adotta i provvedimenti che sono ad essa attribuiti dalla legge; h) formula inviti e proposte nei confronti di altri organi dello Stato, di enti pubblici o altri soggetti, anche privati, che gestiscono funzioni o servizi di pubblico interesse; i) nomina, nei casi previsti dalla legge, i responsabili di enti ed organismi che svolgono attivita' o prestano servizi strumentali all'esercizio di funzioni concorrenti tra Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano; l) approva gli schemi di convenzione tipo per l'utilizzo da parte dello Stato e delle regioni di uffici statali e regionali. 2. Ferma la necessita' dell'assenso del Governo, l'assenso delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per l'adozione degli atti di cui alle lettere f), g) ed i) del comma 1 e' espresso, quando non e' raggiunta l'unanimita', dalla maggioranza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, componenti la Conferenza Stato - regioni, o da assessori da essi delegati a rappresentarli nella singola seduta. 3. La Conferenza Stato - regioni e' obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano che si pronunzia entro venti giorni. Resta fermo quanto previsto in ordine alle procedure di approvazione delle norme di attuazione degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano. 4. La Conferenza e' sentita su ogni oggetto di interesse regionale che il Presidente del Consiglio dei Ministri ritiene opportuno sottoporre al suo esame, anche su richiesta della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. 5. Quando il Presidente del Consiglio dei Ministri dichiara che ragioni di urgenza non consentono la consultazione preventiva, la Conferenza Stato - regioni e' consultata successivamente ed il Governo tiene conto dei suoi pareri: a) in sede di esame parlamentare dei disegni di legge o delle leggi di conversione dei decreti legge; b) in sede di esame definitivo degli schemi di decreto legislativo sottoposti al parere delle commissioni parlamentari. 6. Quando il parere concerne provvedimenti gia' adottati in via definitiva, la Conferenza Stato regioni puo' chiedere che il Governo lo valuti ai fini dell'eventuale revoca o riforma dei provvedimenti stessi. 7. La Conferenza Stato - regioni valuta gli obiettivi conseguiti ed i risultati raggiunti, con riferimento agli atti di pianificazione e di programmazione in ordine ai quali si e' pronunciata. 8. Con le modalita' di cui al comma 2 la Conferenza Stato - regioni delibera, altresĂŹ: a) gli indirizzi per l'uniforme applicazione dei percorsi diagnostici e terapeutici in ambito locale e le misure da adottare in caso di mancato rispetto dei protocolli relativi, ivi comprese le sanzioni a carico del sanitario che si discosti dal percorso diagnostico senza giustificato motivo, ai sensi dell'articolo 1, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; b) i protocolli di intesa dei progetti di sperimentazione gestionali individuati, ai sensi dell'articolo 9bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni; c) gli atti di competenza degli organismi a composizione mista Stato - regioni soppressi ai sensi dell'articolo 7. 9. La Conferenza Stato - regioni esprime intesa sulla proposta, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, del Ministro della sanita' di nomina del direttore dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali. Art. 3 Intese 1. Le disposizioni del presente articolo si applicano a tutti i procedimenti in cui la legislazione vigente prevede un'intesa nella Conferenza Stato - regioni. 2. Le intese si perfezionano con l'espressione dell'assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. 3. Quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non e' raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato - regioni in cui l'oggetto e' posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata.

VII


Appendice I: Legislazione

4. In caso di motivata urgenza il Consiglio dei Ministri puo' provvedere senza l'osservanza delle disposizioni del presente articolo. I provvedimenti adottati sono sottoposti all'esame della Conferenza Stato - regioni nei successivi quindici giorni. Il Consiglio dei Ministri e' tenuto ad esaminare le osservazioni della Conferenza Stato - regioni ai fini di eventuali deliberazioni successive. Art. 4 Accordi tra Governo, regioni e province autonome di Trento e Bolzano 1. Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalita', economicita' ed efficacia dell'azione amministrativa, possono concludere in sede di Conferenza Stato - regioni accordi, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attivita' di interesse comune. 2. Gli accordi si perfezionano con l'espressione dell'assenso del Governo e dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Art. 5 Rapporti tra regioni e Unione europea 1. La Conferenza Stato - regioni, anche su richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, si riunisce in apposita sessione almeno due volte all'anno al fine di: a) raccordare le linee della politica nazionale relativa all'elaborazione degli atti comunitari con le esigenze rappresentate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano nelle materie di competenza di queste ultime; b) esprimere parere sullo schema dell'annuale disegno di legge che reca: "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea". 2. La Conferenza Stato - regioni designa i componenti regionali in seno alla rappresentanza permanente italiana presso l'Unione europea. Su richiesta dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e col consenso del Governo, la Conferenza Stato regioni esprime parere sugli schemi di atti amministrativi dello Stato che, nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano, danno attuazione alle direttive comunitarie ed alle sentenze della Corte di giustizia delle comunita' europee. 3. La Conferenza Stato - regioni favorisce e promuove la cooperazione tra la Cabina di regia nazionale e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, al fine della piena e tempestiva utilizzazione delle risorse comunitarie destinate all'Italia. Art. 6 Scambio di dati e informazioni 1. La Conferenza Stato - regioni favorisce l'interscambio di dati ed informazioni sull'attivita' posta in essere dalle amministrazioni centrali, regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano. 2. La Conferenza Stato - regioni approva protocolli di intesa tra Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, anche ai fini della costituzione di banche dati sulle rispettive attivita', accessibili sia dallo Stato che dalle regioni e dalle province autonome. Le norme tecniche ed i criteri di sicurezza per l'accesso ai dati ed alle informazioni sono stabiliti di intesa con l'Autorita' per l'informatica nella pubblica amministrazione. 3. I protocolli di intesa di cui al comma 2 prevedono, altresi', le modalita' con le quali le regioni e le province autonome si avvalgono della rete unitaria delle pubbliche amministrazioni e dei servizi di trasporto e di interoperabilita' messi a disposizione dai gestori, alle condizioni contrattuali previste ai sensi dell'articolo 15, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Art. 7 Organismi a composizione mista 1. Ferma restando ogni altra competenza dell'amministrazione centrale dello Stato, gli organismi a composizione mista Stato - regioni di cui all'allegato A sono soppressi e le relative funzioni sono esercitate dalla Conferenza Stato - regioni. 2. La Conferenza Stato - regioni puo' istituire gruppi di lavoro o comitati, con la partecipazione di rappresentanti delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e delle amministrazioni interessate, con funzioni istruttorie, di raccordo, collaborazione o concorso alla attivita' della Conferenza stessa. Capo III CONFERENZA UNIFICATA Art. 8. Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali e Conferenza unificata 1. La Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali e' unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunita' montane, con la Conferenza Stato - regioni.

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Appendice I: Legislazione

2. La Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali e' presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali; ne fanno parte altresi' il Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanita', il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunita' ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI. Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le citta' individuate dall'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonche' rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici. 3. La Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali e' convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessita' o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM. 4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 e' convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non e' conferito, dal Ministro dell'interno. Art. 9 Funzioni 1. La Conferenza unificata assume deliberazioni, promuove e sancisce intese ed accordi, esprime pareri, designa rappresentanti in relazione alle materie ed ai compiti di interesse comune alle regioni, alle province, ai comuni e alle comunita' montane. 2. La Conferenza unificata e' comunque competente in tutti i casi in cui regioni, province, comuni e comunita' montane ovvero la Conferenza Stato - regioni e la Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali debbano esprimersi su un medesimo oggetto. In particolare la Conferenza unificata: a) esprime parere: 1) sul disegno di legge finanziaria e sui disegni di legge collegati; 2) sul documento di programmazione economica e finanziaria; 3) sugli schemi di decreto legislativo adottati in base all'articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59; b) promuove e sancisce intese tra Governo, regioni, province, comuni e comunita' montane. Nel caso di mancata intesa o di urgenza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 3 e 4; c) promuove e sancisce accordi tra Governo, regioni, province, comuni e comunita' montane, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere in collaborazione attivita' di interesse comune; d) acquisisce le designazioni dei rappresentanti delle autonomie locali indicati, rispettivamente, dai presidenti delle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, dall'ANCI, dall'UPI e dall'UNCEM nei casi previsti dalla legge; e) assicura lo scambio di dati e informazioni tra Governo, regioni, province, comuni e comunita' montane nei casi di sua competenza, anche attraverso l'approvazione di protocolli di intesa tra le amministrazioni centrali e locali secondo le modalita' di cui all'articolo 6; f) e' consultata sulle linee generali delle politiche del personale pubblico e sui processi di riorganizzazione e mobilita' del personale connessi al conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali; g) esprime gli indirizzi per l'attivita' dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali. 3. Il Presidente del Consiglio dei Ministri puo' sottoporre alla Conferenza unificata, anche su richiesta delle autonomie regionali e locali, ogni altro oggetto di preminente interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunita' montane. 4. Ferma restando la necessita' dell'assenso del Governo per l'adozione delle deliberazioni di competenza della Conferenza unificata, l'assenso delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunita' montane e' assunto con il consenso distinto dei membri dei due gruppi delle autonomie che compongono, rispettivamente, la Conferenza Stato - regioni e la Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali. L'assenso e' espresso di regola all'unanimita' dei membri dei due predetti gruppi. Ove questa non sia raggiunta l'assenso e' espresso dalla maggioranza dei rappresentanti di ciascuno dei due gruppi. 5. La Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali ha compiti di: a) coordinamento nei rapporti tra lo Stato e le autonomie locali; b) studio, informazione e confronto nelle problematiche connesse agli indirizzi di politica generale che possono incidere sulle funzioni proprie o delegate di province e comuni e comunita' montane. 6. La Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali, in particolare, e' sede di discussione ed esame: a) dei problemi relativi all'ordinamento ed al funzionamento degli enti locali, compresi gli aspetti relativi alle politiche finanziarie e di bilancio, alle risorse umane e strumentali, nonche' delle iniziative legislative e degli atti generali di governo a cio' attinenti; b) dei problemi relativi alle attivita' di gestione ed erogazione dei servizi pubblici;

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Appendice I: Legislazione

c) di ogni altro problema connesso con gli scopi di cui al presente comma che venga sottoposto, anche su richiesta del Presidente dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNCEM, al parere della Conferenza dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Presidente delegato. 7. La Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali ha inoltre il compito di favorire: a) l'informazione e le iniziative per il miglioramento dell'efficienza dei servizi pubblici locali; b) la promozione di accordi o contratti di programma ai sensi dell'articolo 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498; c) le attivita' relative alla organizzazione di manifestazioni che coinvolgono piu' comuni o province da celebrare in ambito nazionale. Art. 10 Segreteria 1. L'attivita' istruttoria e di supporto al funzionamento della Conferenza unificata sono svolte congiuntamente dalla segreteria della Conferenza Stato - regioni e dalla segreteria della Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali. 2. La segreteria della Conferenza Stato - regioni opera alle dirette dipendenze e secondo gli indirizzi del presidente della Conferenza stessa. Ad essa e' assegnato personale dello Stato e, fino alla meta' dei posti in organico, da personale delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, il cui trattamento economico rimane a carico delle amministrazioni di appartenenza. 3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, sono disciplinati l'organizzazione ed il funzionamento della segreteria della Conferenza Stato - regioni ed individuati gli uffici di livello dirigenziale. 4. Per lo svolgimento dei propri compiti, la Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali si avvale di una segreteria collocata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. 5. La composizione della segreteria della Conferenza Stato - citta' ed autonomie locali e' stabilita con successivo provvedimento di organizzazione. Con il medesimo provvedimento potra' essere previsto che fino alla meta' dei posti in organico possa essere coperto da personale delle province, dei comuni e delle comunita' montane, il cui trattamento economico rimane a carico delle amministrazioni di appartenenza. I restanti posti in organico sono coperti con personale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Puo' essere altresi' assegnato alla segreteria anche personale del Ministero dell'interno. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Allegato A (previsto dall'articolo 7, comma 1) - Commissione centrale per l'impiego: articolo 3 del decreto - legge 6 luglio 1978, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1978, n. 479; - Comitato per le aree naturali protette e Gruppo di lavoro per la carta della natura: articolo 3 della legge 6 dicembre 1991, n. 394; - Comitato nazionale difesa del suolo: articolo 6 della legge 18 maggio 1989, n. 183; - Commissione permanente interministeriale per il conto nazionale dei trasporti: decreto del Ministro dei trasporti n. 70 T in data 15 maggio 1991.

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Appendice I: Legislazione

3. LEGGE 8 giugno 1990, n. 142 Ordinamento delle autonomie locali pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 135 del 12 giugno 1990 Supplemento Ordinario n. 42 La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPPUBLICA Promulga la seguente legge: Capo I. PRINCIPI GENERALI Art. 1. (Oggetto della legge) 1. La presente legge detta i principi dell'ordinamento dei comuni e delle province e ne determina le funzioni. 2. Le disposizioni della presente legge non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione. 3. Ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione, le leggi della Reppublica non possono introdurre deroghe ai principi della presente legge se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni. […] Capo VI. AREE METROPOLITANE Art. 17 (Aree metropolitane) 1. Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione in ordine alle attivita' economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonche' alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali. 2. La regione procede alla delimitazione territoriale di ciascuna area metropolitana, sentiti i comuni e le province interessate, entro un anno dalla data di entrata in vigore dalla presente legge. 3. Quando l'area metropolitana non coincide con il territorio di una provincia si procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali o all'istituzione di nuove province ai sensi dell'articolo 16 considerando l'area metropolitana come territorio di una nuova provincia. 4. Nell'area metropolitana la provincia si configura come autorita' metropolitana con specifica potesta' statutaria ed assume la denominazione di "citta' metropolitana". 5. In attuazione dell'articolo 43 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (statuto speciale per la Sardegna), la regione Sardegna puo' con legge dare attuazione a quanto previsto nel presente articolo delimitando l'area metropolitana di Cagliari. Art. 18 (Citta' metropolitana) 1. Nell'area metropolitana, l'amministrazione locale si articola in due livelli: a) citta' metropolitana; b) comuni. 2. Alla citta' metropolitana si applicano le norme relative alle province, in quanto compatibili, comprese quelle elettorali fino alla emanazione di nuove norme. 3. Sono organi della citta' metropolitana: il consiglio metropolitano, la giunta metropolitana ed il sindaco metropolitano. 4. Il sindaco presiede il consiglio e la giunta. Art. 19 (Funzioni della citta' metropolitana e dei comuni) 1. La legge regionale, nel ripartire fra i comuni e la citta' metropolitana le funzioni amministrative, attribuisce alla citta' metropolitana, oltre alle funzioni di competenza provinciale, le funzioni normalmente affidate ai comuni quando hanno precipuo carattere sovracomunale o debbono, per ragioni di economicita' ed efficienza, essere svolte in forma coordinata nell'area metropolitana, nell'ambito delle seguenti materie: a) pianificazione territoriale dell'area metropolitana; b) viabilita', traffico e trasporti;

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Appendice I: Legislazione

c) tutela e valorizzazione dei beni culturali e dell'ambiente; d) difesa del suolo, tutela idrogeologica, tutela e valorizzazione delle risorse idriche, smaltimento dei rifiuti; e) raccolta e distribuzione delle acque e delle fonti energetiche; f) servizi per lo sviluppo economico e grande distribuzione commerciale; g) servizi di area vasta nei settori della sanita', della scuola e della formazione professionale e degli altri servizi urbani di livello metropolitano. 2. Alla citta' metropolitana competono le tasse, le tariffe e i contributi sui servizi ad essa attribuiti. 3. Ai comuni dell'area metropolitana restano le funzioni non attribuite espressamente alla citta' metropolitana. Art. 20 (Riordino delle circoscrizioni territoriali dei comuni dell'area metropolitana) 1. Entro diciotto mesi dalla delimitazione dell'area metropolitana, la regione, sentiti i comuni interessati, provvede al riordino delle circoscrizioni territoriali dei comuni dell'area metropolitana. 2. A tal fine la regione provvede anche alla istituzione di nuovi comuni per scorporo da aree di intensa urbanizzazione o per fusione di comuni contigui, in rapporto al loro grado di autonomia, di organizzazione e di funzionalita', cosi' da assicurare il pieno esercizio delle funzioni comunali, la razionale utilizzazione dei servizi, la responsabile partecipazione dei cittadini nonche' un equilibrato rapporto fra dimensioni territoriali e demografiche. 3. I nuovi comuni, enucleati dal comune che comprende il centro storico, conservano l'originaria denominazione alla quale aggiungono quela piu' caratteristica dei quartieri o delle circoscrizioni che li compongono. 4. Ai nuovi comuni sono trasferiti dal comune preesistente, in proporzione agli abitanti ed al territorio, risorse e personale nonche' adeguati beni strumentali immobili e mobili. Art. 21 (Delega al Governo) 1. Il Governo e' delegato ad emanare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, appositi decreti legislativi per la costituzione, su proposta delle rispettive regioni, delle autorita' metropolitane nelle aree di cui all'articolo 17. 2. I decreti, tenendo conto della specificita' delle singole aree, si conformeranno ai criteri di cui ai precedenti articoli. 3. In mancanza o ritardo della proposta regionale il Governo provvede direttamente. 4. Qualora la regione non provveda agli adempimenti di cui all'articolo 20, il Governo con deliberazione del Consiglio dei ministri invita la regione ad adempiere. Trascorsi inutilmente sei mesi, il Governo e' delegato a provvedere con decreti legislativi, osservando i criteri di cui all'articolo 20, sentiti i comuni interessati e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. […]

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Appendice I: Legislazione

4. Legge 3 agosto 1999, n. 265 "Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonche' modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 183 del 6 agosto 1999 Supplemento Ordinario n. 149 […] CAPO II AREE METROPOLITANE Art. 16 (Modifiche alla legge 8 giugno 1990, n 142, in materia di aree e citta' metropolitane). 1. Il Capo VI della legge 8 giugno 1990, n.142, e' sostituito dal seguente: "Capo VI - AREE METROPOLITANE. - ART. 17. (Aree metropolitane). - 1. Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attivita' economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonche' alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali. 2. Su conforme proposta degli enti locali interessati la regione procede entro centottanta giorni alla delimitazione territoriale dell'area metropolitana. Qualora la regione non provveda entro il termine indicato, il Governo, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, invita la regione a provvedere entro un ulteriore termine, scaduto il quale procede alla delimitazione dell'area metropolitana. 3. Restano ferme le citta' metropolitane e le aree metropolitane definite dalle regioni a statuto speciale. Art. 18. (Citta' metropolitane). - 1. Nelle aree metropolitane di cui all'articolo 17, il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguita' territoriale e da rapporti di stretta integrazione in ordine all'attivita' economica, ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali, alle relazioni sociali e culturali possono costituirsi in citta' metropolitane ad ordinamento differenziato. 2. A tale fine, su iniziativa degli enti locali interessati, il sindaco del comune capoluogo e il presidente della provincia convocano l'assemblea degli enti locali interessati. L'assemblea, su conforme deliberazione dei consigli comunali, adotta una proposta di statuto della citta' metropolitana, che ne indichi il territorio, l'organizzazione, l'articolazione interna e le funzioni. 3. La proposta di istituzione della citta' metropolitana e' sottoposta a referendum a cura di ciascun comune partecipante, entro centottanta giorni dalla sua approvazione. Se la proposta riceve il voto favorevole della maggioranza degli aventi diritto al voto espressa nella meta' piu' uno dei comuni partecipanti, essa e' presentata dalla regione entro i successivi novanta giorni ad una delle due Camere per l'approvazione con legge. 4. All'elezione degli organi della citta' metropolitana si procede nel primo turno utile ai sensi della legge 7 giugno 1991, n.182, e successive modificazioni. 5. La citta' metropolitana, comunque denominata, acquisisce le funzioni della provincia; attua il decentramento previsto dallo statuto, salvaguardando l'identita' delle originarie collettivita' locali. 6. Quando la citta' metropolitana non coincide con il territorio di una provincia, si procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali o all'istituzione di nuove province, anche in deroga alle previsioni di cui all'articolo 16, considerando l'area della citta' come territorio di una nuova provincia. Le regioni a statuto speciale possono adeguare il proprio ordinamento ai principi contenuti nel presente comma. 7. Le disposizioni del comma 6 possono essere applicate anche in materia di riordino, ad opera dello Stato, delle circoscrizioni provinciali nelle regioni a statuto speciale nelle quali siano istituite le aree metropolitane previste dalla legislazione regionale. ART. 19. - (Esercizio coordinato di funzioni). - 1. Fino all'istituzione della citta' metropolitana, la regione, previa intesa con gli enti locali interessati, puo' definire ambiti sovracomunali per l'esercizio coordinato delle funzioni degli enti locali, attraverso forme associative e di cooperazione, nelle seguenti materie: a) pianificazione territoriale; b) reti infrastrutturali e servizi a rete; c) piani di traffico intercomunali; d) tutela e valorizzazione dell'ambiente e rilevamento dell'inquinamento atmosferico; e) interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica; f) raccolta, distribuzione e depurazione delle acque; g) smaltimento dei rifiuti;

XIII


Appendice I: Legislazione

h) grande distribuzione commerciale; i) attivita' culturali; l) funzioni dei sindaci ai sensi dell'articolo 36, comma 3. ART. 20. (Revisione delle circoscrizioni territoriali). - 1. Istituita la citta' metropolitana, la regione, previa intesa con gli enti locali interessati, puo' procedere alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei comuni compresi nell'area metropolitana". Art. 17 (Norme transitorie) 1. Previa deliberazione favorevole dei consigli comunali interessati, sono fatti salvi gli atti e i procedimenti posti in essere, ai fini della delimitazione di aree metropolitane e della istituzione di citta' metropolitane, dalle regioni e dagli enti locali sulla base delle norme vigenti fino alla data di entrata in vigore della presente legge. 2. Le procedure concernenti il riordino territoriale e l'attribuzione di funzioni gia' iniziate alla data di entrata in vigore della presente legge sono ultimate osservando la disciplina di cui alla legge medesima. 3. La legge istitutiva della citta' metropolitana stabilisce i termini per il conferimento, da parte della regione, dei compiti e delle funzioni amministrative in base ai principi dell'articolo 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n.59, e le modalita' per l'esercizio dell'intervento sostitutivo da parte del Governo in analogia a quanto previsto dall'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112. […]

XIV


Appendice I: Legislazione

5.

Legge regionale 6 marzo 1986, n. 9 Istituzione della provincia regionale

supplemento ordinario g.u.r.s. 8 marzo 1986, n. 11 Regione Siciliana l'Assemblea Regionale ha approvato il Presidente Regionale promulga la seguente legge: Titolo I Caratteri dell'amministrazione Art. 1 Principi generali L'attività della Regione, degli enti locali territoriali e degli enti da essi dipendenti è ispirata ai principi di autonomia, di decentramento, di partecipazione ed al metodo della programmazione. Gli enti locali partecipano alla formulazione della programmazione economica e sociale regionale e ne attuano gli obiettivi. […] Titolo IV Aree metropolitane Art. 19 Caratteri delle aree metropolitane Possono essere dichiarate aree metropolitane le zone del territorio regionale che presentino le seguenti caratteristiche: a) siano ricomprese nell'ambito dello stesso territorio provinciale; b) abbiano, in base ai dati ISTAT relativi al 31 dicembre dell'anno precedente la dichiarazione, una popolazione residente non inferiore a 250 mila abitanti; c) siano caratterizzate dall'aggregazione, intorno ad un comune di almeno 200 mila abitanti, di più centri urbani aventi fra loro una sostanziale continuità di insediamenti; d) presentino un elevato grado di integrazione in ordine ai servizi essenziali, al sistema dei trasporti e allo sviluppo economico e sociale. Art. 20 Individuazione e delimitazione dell'area metropolitana L'individuazione dell'area metropolitana e la relativa delimitazione è effettuata, anche su richiesta degli enti locali interessati, con decreto del Presidente della Regione, previa delibera della Giunta regionale, adottata su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali. A tal fine la relativa iniziativa è preventivamente sottoposta - a cura dell'Assessore regionale per gli enti locali - all'esame degli enti locali interessati che non abbiano promosso la richiesta di cui al comma precedente, i quali possono esprimere il proprio parere entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento. Decorso infruttuosamente tale termine, si prescinde dal parere. Art. 21 Funzioni dell'area metropolitana Le province regionali comprendenti aree metropolitane, oltre alle funzioni indicate negli articoli precedenti, svolgono, nell'ambito delle predette aree, le funzioni spettanti ai comuni in materia di: 1) disciplina del territorio, mediante la formazione di un piano intercomunale, relativo: - alla rete delle principali vie di comunicazione stradali e ferroviarie e dei relativi impianti; - alle aree da destinare ad edilizia pubblica residenziale, convenzionata ed agevolata; - alla localizzazione delle opere ed impianti di interesse sovracomunale. Le previsioni del suddetto piano intercomunale costituiscono variante agli strumenti urbanistici comunali; 2) formazione del piano intercomunale della rete commerciale; 3) distribuzione dell'acqua potabile e del gas;

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Appendice I: Legislazione

4) trasporti pubblici; 5) raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani. Per l'esercizio delle funzioni di cui ai punti 3, 4 e 5 la provincia regionale può avvalersi delle aziende municipalizzate esistenti, ovvero promuovere la costituzione di gestioni comuni ai sensi dell'art. 15 o la stipula di convenzioni ai sensi dell'art. 17, secondo comma.

XVI


Appendice II: Tabelle e Database di calcolo


1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45

codice provinciale

083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083 083

codice comunale

002 003 004 005 012 015 016 018 021 024 027 028 029 031 032 035 036 037 038 040 041 043 045 047 048 049 054 055 061 064 065 071 072 073 076 077 080 085 086 087 089 092 093 094 096

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sigla provincia

N° progressivo

Alì Alì Terme Antillo Barcellona Pozzo di Gotto Casalvecchio Siculo Castelmola Castroreale Condrò Fiumedinisi Forza d'Agrò Furci Siculo Furnari Gaggi Gallodoro Giardini-Naxos Gualtieri Sicaminò Itala Leni Letojanni Limina Lipari Malfa Mandanici Merì Messina Milazzo Monforte San Giorgio Mongiuffi Melia Nizza di Sicilia Pace del Mela Pagliara Roccafiorita Roccalumera Roccavaldina Rometta San Filippo del Mela San Pier Niceto Sant'Alessio Siculo Santa Lucia del Mela Santa Marina Salina Santa Teresa di Riva Saponara Savoca Scaletta Zanclea * Spadafora

Comune

Denominazione del

2.771 1.020 20.257 2.351 1.007 7.613 1.125 3.123 1.873 2.030 545 1.901 2.891 1.836 1.647 1.782 21.639 1.048 1.251 103.443 10.241 3.001 1.938 2.010 1.255 469 2.316 2.397 3.856 2.825 4.683 5.746 2.455 3.402 2.025 1.240 -

1861

2.582 1.101 20.464 2.446 1.143 7.660 1.152 3.153 1.978 2.300 661 2.279 3.098 1.885 1.778 1.866 12.020 1.058 1.348 111.854 12.060 3.277 1.799 2.121 1.224 402 2.475 2.661 3.787 3.001 4.841 6.281 3.039 3.196 2.035 1.109 -

1871

3.101 1.182 21.101 2.965 1.188 8.818 1.313 3.403 2.096 2.625 690 2.795 3.284 1.941 1.978 1.883 12.265 1.062 1.433 126.449 13.699 3.607 1.761 2.426 413 3.657 2.837 4.116 3.347 5.063 7.185 3.665 3.502 1.929 1.214 -

1881

4.022 1.654 24.133 3.413 1.421 10.196 1.274 3.866 2.606 3.335 973 3.664 3.518 2.308 2.541 2.330 15.451 1.258 1.501 147.106 16.214 4.218 2.243 3.022 463 5.594 3.217 5.042 4.160 5.450 8.910 5.061 4.476 2.315 1.683 -

1901

2.146 1.941 1.928 26.172 4.046 1.353 10.205 1.258 3.627 2.579 4.014 1.215 3.742 3.432 2.437 1.261 2.648 2.456 16.310 1.449 1.273 1.521 127.398 17.587 3.915 2.229 3.333 501 6.403 3.330 4.805 4.738 4.616 10.042 1.590 6.277 3.942 2.336 1.632 -

1911

1.857 2.266 1.714 24.935 4.130 1.219 10.955 1.541 3.330 2.664 3.190 1.666 4.215 3.566 2.276 1.036 2.683 2.534 15.280 1.366 1.439 1.523 176.704 20.573 5.139 2.110 3.131 513 6.361 4.405 4.691 5.098 5.148 10.080 1.396 7.003 4.128 2.507 1.535 -

1921

11.403 1.267 3.194 2.578 3.912 3.584 1.457 5.131 3.447 936 2.812 2.547 14.276 1.362 1.429 1.708 179.994 19.064 5.132 2.370 3.298 2.092 8.162 1.844 4.963 4.792 5.250 7.129 1.291 11.340 5.656 6.842

-

1.779 25.808

3.921

1931

4.026 1.904 27.134 12.240 1.143 3.166 2.686 3.865 3.704 1.379 5.204 3.539 891 2.901 2.472 14.156 1.304 1.417 1.756 192.051 19.800 4.740 2.308 3.466 2.009 8.268 1.863 5.116 4.589 5.246 7.345 1.346 11.368 5.695 7.182

1936

1.584 2.230 2.045 30.755 3.057 1.324 9.587 1.034 2.994 1.337 3.327 3.752 1.370 5.850 3.278 2.349 779 2.912 2.191 11.799 1.187 1.339 1.963 220.766 22.013 5.105 1.693 3.234 3.900 2.339 425 4.609 1.677 4.932 5.048 4.733 1.388 7.163 1.017 6.010 2.226 3.167 4.933

1951

1.382 2.309 1.825 32.138 3.028 1.175 8.506 939 2.616 1.193 3.234 3.396 1.432 636 5.726 3.068 1.976 746 2.213 1.663 11.037 1.072 1.188 2.035 254.715 24.137 4.301 1.584 3.086 3.802 2.108 448 4.664 1.590 4.838 4.745 3.847 1.343 6.337 919 6.625 4.636 2.002 2.870 4.792

1961

1.159 2.291 1.633 34.469 2.299 1.124 3.653 643 2.133 1.033 3.133 2.894 1.534 597 6.425 2.901 1.820 672 2.287 1.508 10.037 762 1.040 1.925 250.656 27.204 4.001 1.310 2.717 3.879 1.854 379 4.283 1.362 4.289 4.775 3.380 1.202 5.643 759 7.449 4.279 1.566 2.854 4.696

1971

1.087 2.276 1.346 38.171 1.702 1.133 3.394 576 2.040 989 3.102 3.166 1.900 486 8.130 2.472 1.766 652 2.355 1.322 10.547 823 932 1.831 260.233 30.607 3.611 1.125 3.130 4.729 1.537 330 3.938 1.208 4.939 5.264 3.213 1.193 5.218 762 8.079 4.049 1.408 2.625 4.986

1981

Popolazione residente nei comuni siciliani ai censimenti dall'Unità d'Italia (valori assoluti)

Tabella 1: Area metropolitana di Messina (Fonte ISTAT).

Appendice II: Tabelle e Database di calcolo

1.050 2.425 1.279 40.544 1.447 1.123 3.126 519 1.912 948 3.321 3.457 2.384 474 8.640 2.357 1.813 682 2.283 1.141 10.382 871 843 1.984 231.693 31.541 3.226 975 3.539 5.471 1.428 266 4.050 1.259 6.113 6.606 3.122 1.352 4.858 848 7.824 3.945 1.518 2.677 5.119

1991

XVIII

933 2.565 1.130 41.569 1.152 1.091 2.894 517 1.676 860 3.285 3.290 2.692 409 8.715 2.021 1.692 641 2.476 1.006 10.240 851 762 2.186 236.621 29.792 3.087 755 3.521 6.072 1.237 254 4.032 1.159 6.306 6.952 3.085 1.335 4.700 807 8.897 4.051 1.675 2.578 5.238

2001


46 47 48 49 50 51

083 083 083 083 083 083

097 106 098 103 104 105

ME

ME

ME

ME

ME

ME

tot am - me perc pop me /tot Densità metropolitana ME (ab/ha) Densità metropolitana - ME (ab/ha) Densità ME (ab/ha)

Tot am

Taormina Terme Vigliatore Torregrotta Valdina Venetico Villafranca Tirrena 235.630

2.926 640 1.052 -

239.910

3.004 708 1.064 -

265.056

3.189 687 1.187 -

315.072

4.110 834 1.490 -

369071 347725 21346

ha ha ha

363.599

899 1.612 -

811 1.574 -

309.013

5.181

4.941

Appendice II: Tabelle e Database di calcolo

379.694

7.110 2.317 8.497

396.223

7.580 2.481 8.883

426.204

6.690 2.691 1.095 1.997 9.310

453.380

9.106 4.434 3.625 1.326 2.590 5.790

475.709

10.209 5.374 4.659 1.322 3.026 6.737

225.016 50,73% 1,24 0,65 10,85

456.709

10.120 5.941 6.052 1.292 3.497 7.372

PERIODO DI RIFERIMENTO

202.614 202.724 215.476 55,70% 55,29% 54,70% 1,24 1,23 1,29 0,58 0,58 0,62 11,93 11,74 12,19

457.329

3.127 1.332 2.367 4.859

7.722

XIX

226.017 51,15% 1,25 0,65 11,09

462.638

9.902 6.438 6.546 1.206 3.691 8.048


1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27

codice provinciale

082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082 082

codice comunale

004 005 006 007 009 011 013 020 021 023 031 035 038 043 048 049 050 053 054 067 070 071 072 073 074 075 079

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

PA

sigla provincia

N° progressivo

tot am -pa perc pop pa /tot Densità metropolitana PA (ab/ha) Densità metropolitana - PA (ab/ha) Densità PA (ab/ha)

Tot am

Altavilla Milicia Altofonte Bagheria Balestrate Belmonte Mezzagno Bolognetta Borgetto Capaci Carini Casteldaccia Cinisi Ficarazzi Giardinello Isola delle Femmine Misilmeri Monreale Montelepre Palermo Partinico Santa Flavia Termini Imerese Terrasini Torretta Trabia Trappeto Ustica Villabate

Comune

Denominazione del

351.010

2.730 3.551 12.346 2.110 3.605 1.943 6.011 2.498 12.689 2.506 6.740 1.473 461 1.352 7.460 15.756 4.297 197.244 19.106 3.145 26.374 5.680 3.722 3.391 2.382 2.438

1861

366.646

3.236 4.055 11.651 2.413 3.886 1.935 6.019 2.634 9.585 2.013 6.600 2.103 678 1.657 7.380 16.211 5.076 219.398 20.154 3.342 19.739 4.978 3.318 4.618 1.446 2.521

1871

413.194

3.531 4.606 14.077 3.388 4.297 1.978 6.818 2.909 11.797 2.927 5.484 2.984 814 1.927 10.748 19.702 5.484 241.618 21.452 3.699 22.649 6.131 4.033 5.192 1.793 3.156

1881

500.340

3.568 4.725 18.329 5.153 4.931 2.053 7.859 3.387 13.887 3.905 6.086 3.661 1.069 1.002 13.247 23.556 5.732 305.716 23.668 4.789 20.633 7.781 4.000 5.592 1.916 4.095

1901

139788 123781 16007

531.494

3.714 4.687 21.212 5.633 4.684 2.096 7.247 3.109 13.586 4.261 7.806 3.959 867 1.038 12.043 20.064 7.858 336.148 21.762 5.679 20.131 7.697 3.838 5.209 1.576 5.590

1911

ha ha ha

608.179

3.441 5.271 21.734 5.505 4.906 2.040 10.468 3.273 15.060 4.748 9.447 3.830 1.173 1.247 12.168 24.507 5.601 393.519 21.137 6.479 29.451 6.609 3.723 5.236 1.195 6.411

1921

571.438

3.527 4.957 23.622 6.462 4.977 2.161 6.179 3.581 13.873 4.721 6.932 4.091 1.191 1.350 11.582 18.318 5.727 379.905 22.022 5.335 18.776 6.169 3.422 5.087 1.050 6.421

1931

623.282

3.779 4.947 25.820 6.589 4.718 2.335 6.216 3.843 14.762 5.043 7.115 4.390 1.212 1.386 12.176 19.802 5.184 411.879 22.960 5.881 29.845 6.401 3.409 5.457 1.141 6.992

1936

723.465

4.391 5.363 31.161 8.088 5.899 2.722 6.927 4.570 16.307 6.107 7.641 5.134 1.373 1.770 13.143 22.526 5.206 490.692 24.673 7.489 25.292 7.986 3.696 5.963 1.249 8.097

1951

885.758

3.953 6.044 35.482 4.753 7.431 2.347 5.865 5.469 15.572 6.580 7.106 5.446 1.344 2.568 14.900 23.720 5.190 642.814 25.542 7.412 24.611 8.437 3.063 6.342 2.328 1.086 10.353

1971

4.789 8.276 47.085 5.651 9.601 3.112 5.873 10.610 21.076 8.098 8.994 8.005 1.681 4.697 20.072 26.256 5.733 698.556 27.182 8.545 26.571 10.544 3.147 8.067 3.059 1.188 14.877

1991

266.721 72,46% 6,93 2,15 43,84

987.005

5.257 9.176 50.321 5.686 10.305 3.391 6.240 10.129 25.752 8.913 10.253 9.415 1.891 6.118 22.950 31.343 6.123 652.640 30.604 9.525 26.290 10.544 3.468 8.198 2.771 1.330 18.372

2001

302.789 334.365 69,76% 66,12% 7,16 7,06 2,45 2,70 43,64 40,77

968.503 1.001.345

4.295 6.930 40.076 5.162 8.252 2.532 5.694 7.923 16.320 7.418 8.049 6.472 1.371 3.471 16.686 23.874 5.099 701.782 27.931 7.850 25.668 8.736 3.030 6.947 3.126 1.150 12.659

1981

XX

PERIODO DI RIFERIMENTO

241.725 242.944 70,87% 72,57% 5,94 6,34 1,95 1,96 36,73 40,16

829.710

4.632 5.681 34.201 5.546 6.522 2.621 6.608 4.467 16.723 6.439 7.639 5.374 1.284 2.318 14.069 23.670 5.072 587.985 26.119 7.842 23.690 8.547 3.602 6.115 2.469 1.262 9.213

1961

Popolazione residente nei comuni siciliani ai censimenti dall'Unità d'Italia (valori assoluti)

Tabella 2: Area metropolitana di Palermo (Fonte ISTAT).

Appendice II: Tabelle e Database di calcolo


087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087

087 087

087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087

14 15

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27

codice provinciale

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

codice comunale

058 041 042 044 045 047 048 050 051 052 053 055

033 034

001 002 003 004 005 007 012 015 019 024 029 030 031

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

CT

sigla provincia

N° progressivo

tot am -ct perc pop ct /tot Densità metropolitana CT (ab/ha) Densità metropolitana - CT (ab/ha) Densità CT (ab/ha)

Tot am

178.625

2.894 3.648

3.038 1.139

1.631 1.673 990 519 2.786

15.201 3.346

Paternò * Pedara

Ragalna * San Giovanni la Punta San Gregorio di Catania San Pietro Clarenza Sant'Agata li Battiati Santa Maria di Licodia Santa Venerina Trecastagni Tremestieri Etneo Valverde Viagrande Zafferana Etnea

1.222 2.016 4.597 34.678 4.608 7.362 713 69.602 1.373 3.293 6.279 3.224 2.793

1861

Aci Bonaccorsi Aci Castello Aci Catena Acireale Aci Sant'Antonio Belpasso Camporotondo Etneo Catania Gravina di Catania Mascalucia Misterbianco Motta Sant'Anastasia Nicolosi

Comune

Denominazione del

184.326

2.922 3.683

2.984 1.132

1.802 1.486 897 507 2.831

3.097 4.824

1.324 2.280 4.876 35.787 5.934 7.620 599 84.397 1.429 3.071 3.279 2.656 4.909

1871

222.547

3.285 4.064

3.238 1.254

2.062 1.592 951 560 3.158

17.354 3.325

1.492 2.573 5.444 38.611 6.165 7.854 637 100.108 1.514 3.230 7.508 3.687 2.881

1881

284.155

3.797 5.480

3.917 1.475

2.698 1.877 976 708 4.110

22.857 3.953

1.614 3.494 6.521 35.203 6.280 9.734 712 146.504 1.764 3.569 9.203 4.243 3.466

1901

95177 77231 17946

355.941

3.533 5.741

4.215 1.460

3.041 2.008 1.126 676 4.874

29.088 4.237

1.651 3.999 7.125 35.587 5.691 10.035 812 206.609 1.858 3.308 10.962 4.439 3.866

1911

ha ha ha

407.160

3.341 5.944

3.988 1.617

3.373 2.154 1.161 668 5.211

34.152 3.827

1.614 5.137 7.177 34.672 6.010 10.374 752 251.618 1.970 3.426 10.080 5.294 3.600

1921

379.996

3.367 6.224

3.474 1.722

3.125 2.114 1.173 756 5.277

30.160 3.493

1.694 6.081 7.804 37.296 5.991 10.093 820 225.169 2.182 3.006 10.773 4.858 3.344

1931

409.738

3.568 5.128

3.366 2.125 1.272 759 5.179 6.472 3.468 1.801

32.179 3.577

1.739 6.513 8.088 36.871 6.194 10.281 829 244.972 2.321 3.058 11.387 5.223 3.368

1936

476.843

3.694 5.319

3.626 2.281 1.331 933 5.615 6.193 3.581 2.021

36.423 3.692

1.693 7.804 8.233 39.439 6.326 11.075 790 299.629 2.557 3.176 12.703 5.316 3.393

1951

201.023 64,42% 5,94 2,60 20,28

564.951

4.884 2.883 1.469 1.031 6.484 6.316 3.957 2.550 1.920 3.926 5.856

42.935 3.658

1.910 9.293 8.771 43.752 4.953 11.871 888 363.928 2.972 3.580 15.554 5.909 3.701

1961

687.008

13.762 8.043 2.444 9.319 6.458 6.604 4.699 13.538 4.684 4.807 6.402

45.457 5.387

2.223 14.020 12.950 48.493 6.270 14.220 1.337 380.328 23.930 10.547 29.858 6.731 4.497

1981

722.661

3.103 20.862 10.331 5.858 10.289 6.745 7.891 8.139 20.167 7.245 6.553 8.119

44.670 10.035

2.536 17.854 26.920 48.601 15.664 20.323 2.937 306.464 27.312 24.141 43.464 10.233 6.205

2001

XXI

376.021 416.197 46,97% 42,41% 7,45 7,59 4,87 5,39 18,56 17,08

709.096

2.591 18.858 9.169 4.025 10.856 7.096 6.972 6.960 16.695 5.717 5.688 7.361

44.266 8.034

2.360 17.927 20.760 46.199 12.459 19.183 2.066 333.075 26.627 19.286 40.785 8.716 5.365

1991

PERIODO DI RIFERIMENTO

230.762 306.680 63,42% 55,36% 6,63 7,22 2,99 3,97 22,29 21,19

630.810

7.446 3.680 1.579 4.329 6.217 6.489 4.090 6.872 3.004 4.037 5.796

43.733 4.076

2.048 10.437 9.793 47.122 5.318 12.353 913 400.048 8.537 4.446 18.836 5.749 3.862

1971

Popolazione residente nei comuni siciliani ai censimenti dall'Unità d'Italia (valori assoluti)

Tabella 3: Area metropolitana di Catania (Fonte ISTAT).

Appendice II: Tabelle e Database di calcolo


COMUNE

1 ACI BONACCORSI 2 ACI CASTELLO 3 ACI CATENA 4 ACIREALE 5 ACI SANT'ANTONIO 6 BELPASSO 7 CAMPOROTONDO ETNEO 8 CATANIA 9 GRAVINA DI CATANIA 10 MASCALUCIA 11 MISTERBIANCO 12 MOTTA SANT'ANASTASIA 13 NICOLOSI 14 PATERNÒ 15 PEDARA 16 RAGALNA 17 SAN GIOVANNI LA PUNTA 18 SAN GREGORIO DI CATANIA 19 SAN PIETRO CLARENZA 20 SANT'AGATA LI BATTIATI 21 SANTA MARIA DI LICODIA 22 SANTA VENERINA 23 TRECASTAGNI 24 TREMESTIERI ETNEO 25 VALVERDE 26 VIAGRANDE 27 ZAFFERANA ETNEA 28 GIARRE 29 MASCALI 30 MILO 31 RIPOSTO 32 SANT'ALFIO

ORDINE

87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87 87

COD. PROV.

AREA

1 634872 2 2514914 3 2040447 4 10436879 5 4043492 7 6564012 12 566065 15 43668335 19 2561475 24 8497586 29 6460242 30 1898686 31 3910706 33 3686349 34 7856834 58 2316644 41 3855157 42 1666547 44 980894 45 1520480 47 955140 48 3529030 50 4072381 51 2366247 52 1099745 53 2652145 55 4486011 17 5857876 23 4391443 26 1086425 39 2456071 46 1074317 mq

COD. COM.

0,1 - 1

1 - 15

> 15

0,50

0,20

PESI DI PONDERAZIONE

0,10

0,20

4,92 6,16% 10,17% 83,68% 8,13 3,32% 6,19% 90,43% 7,50 2,52% 28,93% 68,54% 15,57 3,51% 23,08% 73,38% 9,77 4,77% 33,20% 62,00% 15,60 7,61% 38,43% 53,92% 6,34 9,92% 51,00% 39,08% 14,16 0,60% 6,71% 92,69% 7,25 1,81% 14,39% 83,78% 10,41 1,68% 9,14% 89,17% 11,24 3,70% 22,28% 74,02% 5,92 1,70% 26,41% 71,89% 8,10 3,98% 24,06% 71,92% 6,10 2,53% 14,83% 82,64% 8,59 1,97% 6,18% 91,84% 14,59 15,92% 34,65% 49,42% 11,16 4,58% 18,34% 77,06% 8,11 5,51% 30,04% 64,40% 7,63 9,66% 42,30% 48,00% 6,89 2,28% 31,62% 66,06% 8,07 25,54% 12,18% 62,10% 11,75 7,95% 33,50% 58,52% 8,03 2,40% 25,66% 71,88% 8,18 1,44% 25,12% 73,36% 7,68 7,78% 32,00% 60,21% 9,18 6,79% 31,17% 62,03% 12,71 4,88% 29,13% 65,94% 11,34 4,85% 17,47% 77,62% 12,52 8,70% 34,29% 57,00% 6,54 7,29% 23,70% 68,99% 8,29 6,78% 15,18% 77,92% 6,56 12,45% 18,71% 68,76%

CF 3.800 7.120 11.080 4.496 3.319 2.975 4.111 7.445 10.475 2.441 6.438 4.830 1.436 12.041 1.099 1.185 5.048 5.711 4.664 7.028 7.319 2.054 1.796 7.496 5.615 2.243 1.692 4.561 2.315 1.030 5.664 3.289 ab/Kmq

DENS. EFF.

Tabella 4: Misura dello sprawl urbano (Fonte PTPR).

13886 45720 37970 178351 69616 141640 16908 331600 41149 107543 101303 28896 56764 41539 85373 78741 77662 37108 26794 30128 27969 78231 57437 44625 28534 52975 95451 97314 93038 24183 46071 24107 m

PERIM.

Appendice II: Tabelle e Database di calcolo

0,00% 30,12% 24,18% 99,79% 45,42% 100,00% 13,33% 86,52% 21,88% 51,42% 59,25% 9,36% 29,79% 11,11% 34,42% 90,62% 58,45% 29,90% 25,43% 18,51% 29,56% 63,97% 29,15% 30,60% 25,84% 39,89% 73,01% 60,17% 71,24% 15,25% 31,62% 15,40%

CF NORM. 25,16% 55,30% 91,27% 31,47% 20,79% 17,66% 27,98% 58,25% 85,78% 12,81% 49,11% 34,51% 3,69% 100,00% 0,62% 1,40% 36,49% 42,51% 33,00% 54,47% 57,11% 9,29% 6,95% 58,72% 41,64% 11,01% 6,01% 32,07% 11,67% 0,00% 42,09% 20,51%

DENS. EFF.NORM. 0,0000 0,0301 0,0242 0,0998 0,0454 0,1000 0,0133 0,0865 0,0219 0,0514 0,0592 0,0094 0,0298 0,0111 0,0344 0,0906 0,0584 0,0299 0,0254 0,0185 0,0296 0,0640 0,0291 0,0306 0,0258 0,0399 0,0730 0,0602 0,0712 0,0153 0,0316 0,0154

CF PESATO

16,35% 12,39% 4,23% 24,40% 21,51% 28,34% 17,88% 17,07% 5,11% 23,02% 16,67% 14,37% 23,38% 1,11% 23,90% 33,49% 19,42% 15,43% 17,88% 11,26% 14,80% 26,69% 22,19% 11,49% 15,62% 23,60% 27,47% 20,59% 27,09% 23,71% 15,91% 20,39%

XXII

0,1635 0,0938 0,0181 0,1442 0,1697 0,1834 0,1655 0,0842 0,0292 0,1787 0,1074 0,1343 0,2040 0,0000 0,2046 0,2443 0,1357 0,1244 0,1534 0,0941 0,1185 0,2030 0,1927 0,0843 0,1303 0,1961 0,2017 0,1457 0,1997 0,2219 0,1275 0,1885

STRUTT. URB. PESATA SPRAWL


90.497.863 1.060.114 28.922.621 555.014 15.420.831 318.785 14.866.132 284.713

75.757.687 22.978.077 20.684.720 15.420.831 14.866.132

3 modello CITTA' METROPOLITANA SUB-SISTEMA ACESE SUB-SISTEMA PATERNESE SUB-SISTEMA GIARRESE

4 modello CITTA' METROPOLITANA SUB-SISTEMA PEDEMONTANO SUB-SISTEMA ACESE SUB-SISTEMA PATERNESE SUB-SISTEMA GIARRESE

889.074 348.000 526.480 318.785 284.713

889.074 726.054 318.785 284.713

75.757.687 43.662.797 15.420.831 14.866.132

2 modello CITTA' METROPOLITANA SUB-SISTEMA ACESE SUB-SISTEMA PATERNESE SUB-SISTEMA GIARRESE

587.008 473.106 555.014 318.785 284.713

58.391.993 32.105.870 28.922.621 15.420.831 14.866.132

PERIM.

1 modello CITTA' METROPOLITANA SUB-SISTEMA PEDEMONTANO SUB-SISTEMA ACESE SUB-SISTEMA PATERNESE SUB-SISTEMA GIARRESE

AREA

28,82 20,48 23,45 22,90 20,83

31,44 29,11 22,90 20,83

28,82 31,00 22,90 20,83

21,67 23,55 29,11 22,90 20,83

CF

1,78% 3,51% 4,50% 8,03% 7,03%

1,84% 4,89% 8,03% 7,03%

1,78% 3,98% 8,03% 7,03%

1,29% 2,84% 4,89% 8,03% 7,03%

0,1 - 1

11,89% 20,04% 27,02% 29,12% 22,61%

12,30% 27,91% 29,12% 22,61%

11,89% 23,35% 29,12% 22,61%

10,06% 16,36% 27,91% 29,12% 22,61%

1 - 15

86,32% 76,42% 68,46% 62,83% 70,31%

85,84% 67,16% 62,83% 70,31%

86,32% 72,65% 62,83% 70,31%

88,63% 80,77% 67,16% 62,83% 70,31%

> 15

6.133 1.653 4.950 5.670 3.372

5.165 4.287 5.670 3.372

6.133 3.301 5.670 3.372

7.369 3.511 4.287 5.670 3.372

DENS. EFF.MEDIA

100,00% 0,00% 6,64% 29,04% 4,21%

100,00% 78,09% 19,51% 0,00%

78,54% 100,00% 20,36% 0,00%

10,14% 32,88% 100,00% 24,99% 0,00%

CF NORM.

100,00% 0,00% 73,59% 89,67% 38,37%

78,02% 39,83% 100,00% 0,00%

100,00% 0,01% 83,66% 2,51%

100,00% 3,49% 22,90% 57,49% 0,00%

DENS. EFF.NORM.

Tabella 5: Sprawl ricalcolato per i quattro possibili sub-sistemi metropolitani (tabella di sintesi).

Appendice II: Tabelle e Database di calcolo

10,00% 0,00% 3,56% 2,90% 0,42%

10,00% 7,81% 1,95% 0,00%

7,85% 10,00% 2,04% 0,00%

1,01% 3,29% 10,00% 2,50% 0,00%

CF PESATO

0,00% 21,05% 5,64% 2,31% 13,62%

4,52% 12,91% 0,00% 22,10%

0,00% 21,19% 3,66% 21,55%

0,00% 20,12% 16,55% 9,52% 22,10%

STRUTT. URB. PESATA

XXIII

10,00% 21,05% 9,20% 5,22% 14,04%

14,52% 20,72% 1,95% 22,10%

7,85% 31,19% 5,70% 21,55%

1,01% 23,41% 26,55% 12,02% 22,10%

SPRAWL


40785

Misterbianco

2591

Pedara

Ragalna

7096

6972

6960

Sant'Agata li Battiati

Santa Maria di Licodia

Santa Venerina

Trecastagni

7361

Zafferana Etnea

TOT

2.536

782.728

7.891

762.568

13.595

1.104

11.075

26.402

8.119

6.553

7.245

20.167

8.139

7.891

6.745

10.289

5.858

10.331

20.862

3.103

10.035

44.670

6.205

10.233

43.464

24.141

27.312

306.464

2.937

20.323

15.664

48.601

26.920

17.854

1.666

ab

POPOLAZIONE 2001

14.048

1.126

MILO

RIPOSTO SANT'ALFIO

9.779

MASCALI

26.853

5688

Viagrande

GIARRE

5717

Valverde

16695

10856

San Pietro Clarenza

Tremestieri Etneo

9169

4025

San Gregorio di Catania

18858

8034

Paternò

San Giovanni la Punta

5365

44266

Nicolosi

8716

19286

Mascalucia

Motta Sant'Anastasia

26627

Gravina di Catania

Catania

ab

Belpasso

2066

19183

Aci Sant'Antonio

Camporotondo Etneo

46199

12459

Acireale

20760

Aci Catena

2360

17927

333.075

POPOLAZIONE 1991

Aci Castello

Aci Bonaccorsi

COMUNI

ab

325.092

POPOLAZIONE 1994

2.413

768.616

3.534

13.912

1.119

10.168

26.718

7.588

5.948

6.175

17.737

7.314

7.248

6.991

10.686

4.575

9.518

19.459

2.745

8.634

44.387

5.617

9.171

41.589

20.743

26.833

2.327

19.525

13.421

46.920

22.608

17.905

mq

1.070.751.935

25.107.164

12.568.333

16.794.959

37.323.650

27.188.289

78.772.600

9.330.550

5.398.900

6.313.300

17.653.700

18.790.830

25.552.280

3.345.650

6.043.291

5.883.950

10.295.300

39.053.660

20.081.100

144.599.900

42.618.830

35.843.850

38.361.790

16.209.250

5.146.450

179.455.800

6.247.319

164.553.200

13.757.200

39.658.790

8.532.300

8.498.950

1.770.800

AREA TOTALE

mq

149.707.447

1.074.317

2.456.071

1.086.425

4.391.443

5.857.876

4.486.011

2.652.145

1.099.745

2.366.247

4.072.381

3.529.030

955.140

1.520.480

980.894

1.666.547

3.855.157

2.316.644

7.856.834

3.686.349

3.910.706

1.898.686

6.460.242

8.497.586

2.561.475

43.668.335

566.065

6.564.012

4.043.492

10.436.879

2.040.447

2.514.914

634.872

AREA URBANIZZATA 1994

ab/Kmq

712

66

1.118

67

262

988

93

610

1.059

2.644

394

371

278

3.245

666

1.558

1.832

66

400

306

126

243

1.063

1.190

5.174

1.856

331

117

906

1.165

2.433

2.109

1.333

DENSITA' COMUNALE 1991

Tabella 6: Misura della densità abitativa effettiva (Fonte ISTAT e PTPR).

Appendice II: Tabelle e Database di calcolo

ab/Kmq

718

141

1.107

67

272

983

96

637

1.144

2.809

414

386

274

3.194

757

1.618

1.890

70

430

307

132

256

1.084

1.280

5.214

1.812

373

119

976

1.183

2.650

2.107

1.363

DENSITA' COMUNALE 1994

ab/Kmq

731

314

1.082

66

297

971

103

702

1.342

3.194

461

420

264

3.075

969

1.756

2.026

79

500

309

146

285

1.133

1.489

5.307

1.708

470

124

1.139

1.225

3.155

2.101

1.432

DENSITA' COMUNALE 2001

ab/Kmq

XXIV

5.134

3.289

5.664

1.030

2.315

4.561

1.692

2.243

5.615

7.496

1.796

2.054

7.319

7.028

4.664

5.711

5.048

1.185

1.099

12.041

1.436

4.830

6.438

2.441

10.475

7.445

4.111

2.975

3.319

4.496

11.080

7.120

3.800

DENSITA' EFFETTIVA 1994


codice comunale

001 002 003 004 005 007 012 015 019 024 029 030 031 033 034 058 041 042 044 045 047 048 050 051 052 053 055 017 023 026 039 046

codice provinciale

087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087 087

Aci Bonaccorsi Aci Castello Aci Catena Acireale Aci Sant'Antonio Belpasso Camporotondo Etneo Catania Gravina di Catania Mascalucia Misterbianco Motta Sant'Anastasia Nicolosi Paternò Pedara Ragalna San Giovanni la Punta San Gregorio di Catania San Pietro Clarenza Sant'Agata li Battiati Santa Maria di Licodia Santa Venerina Trecastagni Tremestieri Etneo Valverde Viagrande Zafferana Etnea GIARRE MASCALI MILO RIPOSTO SANT'ALFIO

COMUNI

26.853 9.779 1.126 14.048 1.666

2.360 17.927 20.760 46.199 12.459 19.183 2.066 333.075 26.627 19.286 40.785 8.716 5.365 44.266 8.034 2.591 18.858 9.169 4.025 10.856 7.096 6.972 6.960 16.695 5.717 5.688 7.361

POPOLAZIONE

4 24 22 85 8 18 2 316 24 26 23 11 3 41 6 6 13 6 4 21 9 9 8 23 8 5 26 38 14 1 32 8

Imp.rend. e lib. profess. agric.tot.

54 182 137 523 81 358 13 1.090 120 84 181 112 83 642 63 79 75 46 31 32 136 74 67 72 26 46 129 208 149 13 183 35

Lavoratori in proprio agric.tot.

8 5 5 38 6 13 0 73 8 6 3 9 12 63 2 2 3 7 1 7 2 5 6 5 1 1 6 12 13 0 7 5

Coadiuvanti agric.tot.

Tabella 7: Addetti nell’agricpoltura (Fonte ISTAT 1991).

Appendice II: Tabelle e Database di calcolo

0 18 3 134 3 6 2 157 23 5 23 18 3 24 3 2 17 10 8 27 5 6 11 21 3 8 9 21 10 2 15 0

Dirig. direttivi quadri agric.tot.

4 40 17 126 18 38 4 397 52 36 33 27 5 127 15 3 20 21 8 17 41 24 16 27 13 12 29 48 56 3 52 10

Impiegati agricoltura totali

46 253 626 1.868 210 302 34 3.688 405 297 421 324 152 2.829 142 71 180 130 107 117 500 382 160 203 72 88 424 1.092 686 110 568 182

Lavoratori dipendenti agric.tot.

116 522 810 2.774 326 735 55 5.721 632 454 684 501 258 3.726 231 163 308 220 159 221 693 500 268 351 123 160 623 1.419 928 129 857 240

TOT.

4,92% 2,91% 3,90% 6,00% 2,62% 3,83% 2,66% 1,72% 2,37% 2,35% 1,68% 5,75% 4,81% 8,42% 2,88% 6,29% 1,63% 2,40% 3,95% 2,04% 9,77% 7,17% 3,85% 2,10% 2,15% 2,81% 8,46% 5,28% 9,49% 11,46% 6,10% 14,41%

% DI ADDETTI IN AGRICOLTURA

XXV


Appendice II: Tabelle e Database di calcolo

015 004 033 017 048 039 030 047 055 031 007 026 046 023 029 044 058 053 005 050 003 001 041 012 052 034 024 002 045 019 051 042 MASCALI Misterbianco San Pietro Clarenza Ragalna Viagrande Aci Sant'Antonio Trecastagni Aci Catena Aci Bonaccorsi San Giovanni la Punta Camporotondo Etneo Valverde Pedara Mascalucia Aci Castello Sant'Agata li Battiati Gravina di Catania Tremestieri Etneo San Gregorio di Catania

SANT'ALFIO

Catania Acireale Paternò GIARRE Santa Venerina RIPOSTO Motta Sant'Anastasia Santa Maria di Licodia Zafferana Etnea Nicolosi Belpasso MILO

Comune 133963 15417 11798 8.924 2012 4.134 2341 1820 1940 1506 4851 244 354 2.340 9210 875 471 1224 2912 1570 4526 459 4387 404 1185 1582 3480 3199 2041 4562 2605 1441

Pop.res.che studia o lav.in com.residenza

151607 19293 17849 13.935 3161 6.577 3733 3022 3328 2650 8800 473 691 4.655 19366 1864 1009 2710 6460 3532 10358 1057 10119 975 2940 3958 9942 10022 6472 14618 9456 5391

Pop.res.che studia o lav.fuori com.resid.

285570 34710 29647 22.859 5173 10.711 6074 4842 5268 4156 13651 717 1.045 6.995 28576 2739 1480 3934 9372 5102 14884 1516 14506 1379 4125 5540 13422 13221 8513 19180 12061 6832

TOT

Tabella 8: Calcolo dell’indice di interdipendenza (Fonte ISTAT 1991). codice comunale

53% 56% 60% 61% 61% 61% 61% 62% 63% 64% 64% 66% 66% 67% 68% 68% 68% 69% 69% 69% 70% 70% 70% 71% 71% 71% 74% 76% 76% 76% 78% 79%

% fuori/tot

XXVI

























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