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Poinsettia 2022 - Giornata tecnica
Giornata nazionale degli alberi - Assofloro: vogliamo piante italiane, coltivate da aziende italiane, sul territorio nazionale!
Al via il meeting nazionale 2022 di Asproflor Comuni Fioriti all’EIMA International: tecnici, esperti e Comuni a confronto sui temi del verde urbano, dell’ambiente e del paesaggio
Si è svolta venerdì 2 DICEMBRE 2022 presso il Centro Sperimentale Ortofloricolo “Po di Tramontana” - Rosolina (RO), il focus sulle principali tecniche colturali, di difesa e di scelta varietale e visita guidata alle prove in serra
Un tripudio di colori e di forme, al Centro Sperimentale Ortofloricolo “Po di Tramontana” di Veneto Agricoltura. Decine di varietà e selezioni precommerciali sono pronte a fare bella mostra di sé (toccate con mano… ma con delicatezza) con tutte le loro potenzialità e attitudini.
PROGRAMMA
(moderatore Ore 9.00 Indirizzi attività in corso Ore 9.30 - FOCUS Filippo Lazzarin, Ore 10.00 - FOCUSl’esperienza del progetto Referente del progetto
Ore 10.30 - FOCUSapprestamenti protettivi: Simone Zocca, Imprenditore Ore 11.00 - FOCUS Giovanna Pavarin, Veneto Ore 11.30 - PAUSA Ore 11.45 - Visita guidata Giovanna Pavarin, Veneto
L’evento è parte del programma del corso PSR «Florovivaismo sostenibile: aggiornamento» (cod.P4-18-22). Iscrizioni e informazioni per l’accesso al corso disponibili al link http://bit.ly/3UVo3Au
Si conferma così il tradizionale appuntamento annuale, occasione per fare sintesi sulle principali tecniche colturali, di difesa e di scelta varietale per una produzione di qualità nel rispetto dell’ambiente e della salute degli operatori e dei consumatori.
Informazioni - Centro Sperimentale
alberi - Assofloro: vogliamo piante italiane, coltivate da aziende italiane, sul territorio nazionale!
Assofloro coglie l’occasione della ricorrenza dedicata agli alberi per affrontare lo spinoso problema del vivaismo forestale e non solo. L’Associazione si fa promotrice di una proposta concreta che possa portare, nel più veloce tempo possibile, alla messa in produzione di piante coltivate in Italia per rispondere alle richieste dei bandi pubblici e dei progetti sostenuti da privati
“Piante italiane e coltivate in Italia!”. Così esordisce il sistema produttivo florovivaistico di Assofloro in occasione della
Giornata Nazionale degli Alberi che diventa l’occasione per riflettere sulla produzione vivaistica forestale italiana: non
ci sono le piante ma pare si faccia fatica ad ascoltare la proposta concreta di volerle coltivarle in Italia. L’Associazione di secondo livello presente a livello nazionale nel settore del florovivaismo e del paesaggio, prende posizione, evidenziando una situazione che rischia di peggiorare ulteriormente il già complesso reperimento degli alberi per fare fronte ai bandi del PNRR e per le sempre più numerose attività di forestazione e riforestazione, e si fa promotrice di un’iniziativa per trovare una soluzione concreta nel giro di poco tempo, in modo da rispondere alle richieste che derivano dall’avvio dei progetti sostenuti da bandi pubblici e anche da soggetti privati. “Il sistema imprenditoriale florovivaistico non intende perdere l’importante opportunità data dal PNRR in materia di forestazione – afferma Nada Forbici, presidente di Assofloro – ma è certo che sarà così se non ci sarà una corretta con-
certazione tra le istituzioni e il mondo produttivo”. “Possiamo comprendere, in questa fase iniziale di avvio dei progetti di forestazione, la scelta del Mite di fare coltivare la prima tranche di alberi che andranno piantati entro dicembre 2022 a un unico Vivaio regionale, vista la totale assenza di pianificazione anche da parte della stragrande maggioranza delle Città Metropolitane ma certo non possiamo accettare che questo diventi la soluzione per le piante che andranno piantate entro il 2024 e poi 2026. E neppure accettiamo che le piante vengano colti-
vate da Vivai d’Oltralpe con i nostri semi, come pare stia accadendo”.
Le piante devono essere italiane e coltivate in Italia, con il contributo dei vivai privati che possono moltiplicare la capacità produttiva dei Vivai Regionali da cui proviene il materiale certificato utilizzato per le forestazioni. Per fare questo, sottolinea Assofloro, abbiamo bisogno di iniziare fin da subito a pianificare le coltivazioni in collaborazione con i Centri Nazionali Biodiversità dei Carabinieri, che detengono i ma-
teriali di propagazione di qualità e di provenienza certa, e con i Vivai Regionali, che hanno grande esperienza e capacità in termini di germinazione e prima coltivazione delle giovani piante, per concertare con loro l’azione di accrescimento nei nostri siti produttivi. In questo modo possiamo mettere velocemente sul mercato la pianta giusta, in salute e controllata dal punto di vista fitosanitario, con la garanzia di provenienza certificata. “Quello che chiediamo – continua Forbici – è che il Piano
Nazionale di Resistenza e Resilienza possa essere davvero utile anche al sistema vivaistico italiano, affinché le aziende possano resistere e continuare a occupare la numerosa manodopera necessaria. E oltre alla coltivazione del postime forestale, è anche necessario che la piantagione e la cura degli alberi fin dal loro impianto, venga affidata ed eseguita da aziende florovivaistiche agricole e artigiane
locali, perché purtroppo anche questa specifica non sempre è presente nei pochi Bandi fin qui usciti”. Altro aspetto importante che vogliamo portare in evidenza in questa giornata, conclude Assofloro, è il rispetto delle pratiche commerciali tra la PA e le nostre aziende, come previsto dal Dlgs 198/21, in modo particolare nel rispetto del giusto reddito e del termine di pagamento.
via il meeting nazionale 2022 di Asproflor
Fioriti all’EIMA International: tecnici, esperti e Comuni a confronto sui temi del verde urbano, dell’ambiente e del paesaggio
L’Associazione Asproflor Comuni Fioriti ha avviato il proprio meeting nazionale all’interno di EIMA International a Bologna Fiere. I primi due giorni hanno visto un “Giro d’Italia” di buone pratiche nell’ambito della gestione territoriale
Con due appuntamenti, sviluppatisi nelle giornate di giovedì 10 e sabato 12 novembre, l’Associazione Asproflor Comuni Fioriti ha avviato i lavori del proprio Meeting nazionale 2022, mettendo a confronto Comuni, tecnici ed esperti del settore sui temi del verde urbano, dell’ambiente e del paesaggio. Si è trattato di un vero e proprio “Giro d’Italia” di buone pratiche nell’ambito della gestione territoriale, che ha permesso di portare alla luce svariate esperienze positive da città e paesi, con l’obiettivo di replicarle in altre parti dello Stivale, e di stimolare l’interazione tra realtà virtuose. L’evento si è tenuto alla Fiera di Bologna, nell’ambito dell’EIMA 2022 organizzato da FederUnacoma, ed è stato moderato
da Mauro Paradisi, giudice internazionale di “Communities in Bloom” nonché socio Asproflor.
Le “buone pratiche” dei Comuni italiani I Comuni intervenuti sono stati quelli di Bellaria Igea Marina (Rimini), Limone sul Garda (Brescia), Grado (Gorizia), Alba (Cuneo), Tavagnasco (Torino), Ingria (Torino), Loreo (Rovigo), Sinagra (Messina) e Gabicce Mare (Pesaro-Urbino).
Adele Ceccarelli, assessore di Bellaria Igea Marina, ha
Relazione Adele Ceccarelli
descritto le tante peculiarità green del proprio Comune, soffermandosi innanzitutto su alcuni aspetti di educazione ambientale: dai mercatini dei giocattoli alla raccolta dei rifiuti in spiaggia (compreso il plogging), dai volontari per il decoro urbano ai laboratori. Da citare anche il nascente vivaio comunitario, un partenariato pubblico-privato con l’obiettivo di coltivare il rapporto uomo-natura.
Il sindaco di Limone sul Garda, Antonio Martinelli, ha illustrato diversi aspetti eco-friendly di questa nota località turistica lacustre, con focus sui progetti di mobilità sostenibile e sulle iniziative di coinvolgimento dei cittadini.
monio degli alberi comunali è fondamentale per pianificarne al meglio la manutenzione», è stato il suo significativo incipit.
Relazione Flavio Porro
Flavio Porro, funzionario del Comune di Alba, è intervenuto sul tema della regolarizzazione degli ecosistemi, descrivendo i due progetti Bee Street e Ladybug, realizzati nel cuore delle Langhe.
Un focus particolare è stato dedicato alle api. «Siamo partiti con la sensibilizzazione in merito alle criticità legate a questi insetti (e sul fatto che non pungono), creando habitat fioriti all’interno della città», ha raccontato.
Emiliano Facchinetti del Comune di Grado ha approfondito ill tema del censimento arboreo: «Conoscere il patri-
Giovanni Franchino, sindaco di Tavagnasco, ha parlato del vermicompostaggio, per la
produzione di un ammendante assai performante grazie ai lombrichi, descrivendo le caratteristiche del progetto sviluppato nel suo Comune.
La parola è quindi andata a un altro piemontese, il vicesindaco di Ingria, Walter Perardi, Comune che di recente ha ottenuto la menzione speciale al concorso Communities in Bloom: è stato descritto il progetto “Le Mazon i contiont” (Le case raccontano), museo a cielo aperto realizzato sugli edifici del paese recuperando immagini d’epoca, che si aggiunge ai progetti di rigenerazione urbana, tramite murales a tema naturalistico, sviluppati negli scorsi anni.
Loreo, nel Delta del Po- è intervenuta sul tema del decoro urbano tramite la Street Art. «Abbiamo sempre avuto grande ricchezza naturalistica, ma questo veniva sottovalutato: abbiamo quindi scelto di puntare sui murales per rendere visibile la bellezza del nostro territorio e riqualificare le aree degradate». Da qui è nato un museo a cielo aperto di arte ‘di strada’, con il coinvolgimento attivo della popolazione.
Relazione Enza Mola
Anche Sara Forzato -assessore alla cultura del Comune di
In continuità Enza Mola, presidente della Pro Loco di Sinagra in Sicilia, “Perla dei Nebrodi” e paese degli innamorati, ha presentato alcuni progetti realizzati nel suo Comune: il Giardino delle Meraviglie per la scuola dell’infanzia, il Giardino Fatato, il Giardino Segreto e il Giardino dell’Amore. Infine il sindaco di Gabicce Mare, Domenico Pascuzzi, ha presentato il progetto di rico-
struzione del municipio post sisma, che ha permesso di costruire un edificio a consumo energetico pressoché nullo. Ai lavori ha partecipato anche l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Marco Protopapa: che ha ricordato che «il verde non deve essere visto come il “decoro finale” delle scelte urbanistiche, ma un aspetto fondamentale per la qualità della vita», rinnovando pieno sostegno alle iniziative di Asproflor.
la qualità vivaistica è fondamentale -ha dichiarato- Allo stesso modo è importante rivolgersi, per la pianificazione, a professionisti che abbiano le adeguate conoscenze e competenze».
La parola agli esperti L’agronomo Renato Ferretti (CONAF) è intervenuto sull’importanza della pianificazione del verde in città, sottolineando come gli alberi siano uno strumento per garantire sostenibilità ambientale e sociale. «Occorre fare attenzione a utilizzare le piante corrette, meglio se coltivate allo scopo:
Alberto Testa, della Fondazione Albero Gemello Onlus, ha illustrato le diverse iniziative portate avanti per promuovere la cultura degli alberi in Italia, concentrandosi sull’importanza della Festa nazionale dell’Albero e della piantumazione di una pianta per ogni nuovo nato. Ha anche lanciato la proposta di indire un concorso nazionale (“La quercia d’oro”) per premiare le scuole più attive, anche nel coinvolgimento di soggetti svantaggiati, con attenzione alle ricadute sul territorio e alla sostenibilità delle piantumazioni.
Un altro agronomo, Enrico Leva, ha parlato di gestione
delle malerbe in città. «Calore, illuminazione artificiale e maggiore CO2 favoriscono le piante infestanti, che danneggiano il decoro urbano, ma possono anche creare problemi a manufatti e alla viabilità, oltre a generare pollini -ha dichiarato, fornendo poi una carrellata di esempi pratici per il contrasto - Si deve innanzitutto fare prevenzione, ad esempio scegliendo un terreno privo di semi, compost ben processato e facendo pacciamatura».
biamo realizzato tutto a mano, inclusa un’area picnic aperta a tutti, piantando 30 mila bulbi a creare filari e figure con i fiori». Una realtà sicuramente instagrammabile, ma soprattutto finalizzata ad avvicinare le persone alla Natura e aumentare la biodiversità. L’obiettivo per il 2023 è triplicare i bulbi piantati nonché aprire un nuovo campo, in cui prevedere fioriture per il periodo estivo (es. dalie, peonie).
Pierluigi Strada
La parola è quindi passata a Elisa Ficcadenti, fondatrice del progetto Tulipandia, campo di tulipani e altre bulbose “you pick” (tu cogli) a Grottammare, nelle Marche. «Ho visto un campo incolto dietro casa e me lo sono immaginato pieno di colori - ha raccontato - Ab-
Pierluigi Strada di Plantec ha sottolineato la presenza di varietà ibride di tappeti erbosi, ottimali per l’ambiente urbano: resistenti nel tempo, senza necessità di fitofarmaci, a basso costo ed ambientalmente sostenibili (anche grazie alla possibilità di usare acque residuali). Da considerare anche la scelta della specie in base al clima e alla funzione attribuita al tappeto erboso.
Massimo Zanchetti (Tecnologia Ambiente) è intervenuto sul tema della messa a dimora di alberi in aree pubbliche, di grande attualità visti i recenti impegni presi dall’Italia con il PNRR. «Occorre valutare, fin dal progetto, le caratteristiche del terreno, lo sviluppo della pianta e le manutenzioni necessarie in futuro», ha ricordato.
Le fioriere a bassa manutenzione, specifiche per gli spazi pubblici, sono state al centro dell’intervento di Alessandro Guglielmi di Energy Green: «L’obiettivo del fiore è emozionare, staccando dal contesto urbanizzato -ha dichiarato - Serve però utilizzare contenitori professionali, studiati apposta per minimizzare tempi e costi di gestione, realizzati con materiali e design che non danneggino fiori e radici».
Alberto Peyron (Vivai Purpurea di Piobesi Torinese) ha quindi illustrato alcuni accorgimenti operativi per favorire l’impiego di erbacee perenni nel verde pubblico, passando in rassegna diversi esempi ed esperimenti condotti negli ultimi anni, a partire dalla scelta delle specie. Le sperimentazioni hanno previsto anche il coinvolgimento diretto della popolazione.
Gli alberi monumentali sono stati i protagonisti della relazione di Sergio Guidi, presidente dell’Associazione Patriarchi della Natura, definiti “un patrimonio da tutelare e da salvare”. «Sono piante che
hanno i geni della resilienza, fondamentali anche per il futuro, e ci permettono di conservare la biodiversità».
Altea, rappresentata da Stefano Signorini, ha descritto alcuni benefici derivanti dall’utilizzo dei concimi organici, biostimolanti, micorrize e ritentori idrici nella creazione e gestione delle aree verdi urbane.
Infine Maurizio Arbusti, consulente del Gruppo Padana, è intervenuto su un tema di attualità: le novità di settore e gli accorgimenti utili per gestire le aiuole cittadine in estate molto calde.
Nella giornata del venerdì, le delegazioni partecipanti al meeting hanno preso parte
a una giornata di visita della città-giardino di Cervia, con ulteriori momenti di confronto “sul campo”. «Asproflor vuole essere un catalizzatore di esigenze, opportunità, conoscenze: questi eventi sono nati proprio con l’obiettivo di mettere insieme Enti e professionisti per trovare soluzioni innovative -ha dichiarato il presidente nazionale, Sergio Ferraro, sottolineando il forte legame tra il Florovivaismo (e l’Agricoltura in generale) e il TurismoSiamo nel Paese più bello del mondo, ma occorre lavorare sodo per far continuare a passare il messaggio della bellezza: speriamo che l’entusiasmo e la passione presenti nei Comuni partecipanti al meeting possano essere contagiosi in tutto lo Stivale».
É stato firmato il protocollo d’intesa tra Asproflor Comuni Fioriti e Actitalia (Associazione Campeggiatori Turistici d’Italia) con l’obiettivo di collaborare per promuovere il turismo itinerante e valorizzare le aree verdi.
“La diffusione e l’incremento del turismo itinerante ed intelligente, che scopra e valorizzi i piccoli centri italiani, la loro economia, le loro tradizioni culturali e le loro produzioni tipiche, nel rispetto per l'ambiente”: questi sono gli obiettivi comuni di Asproflor e Actitalia - Associazione Campeggiatori Turistici d’Italia, che hanno firmato un protocollo d’intesa proprio per portare avanti al meglio la loro opera.
É stato firmato il protocollo d’intesa tra Asproflor Comuni Fioriti e Actitalia (Associazione Campeggiatori Turistici d’Italia) con l’obiettivo di collaborare per promuovere il turismo itinerante e valorizzare le aree verdi
Actitalia è promotore del progetto “Bandiera Gialla”, un riconoscimento destinato alle strutture e alle località che si distinguono per investire in accoglienza e servizi a favore del “Turismo del movimento” Asproflor invece, con il marchio di qualità “Comune Fiorito”, stimola le amministrazioni comunali, anche quelle più piccole, a “far fiorire” il proprio territorio, valorizzando le aree verdi pubbliche e sensibilizzando le comunità al rispetto dell’ambiente
“La diffusione e l’incremento del turismo itinerante ed intelligente, che scopra e valorizzi i piccoli centri italiani, la loro economia, le loro tradizioni culturali e le loro produzioni tipiche, nel rispetto per l’ambiente”: questi sono gli obiettivi comuni di Asproflor e Actitalia - Associazione Campeggiatori Turistici d’Italia, che hanno firmato un protocollo d’intesa proprio per portare avanti al meglio la loro opera.
In Italia molti Comuni che hanno ottenuto la “Bandiera Gialla” sono anche “Comuni Fioriti”; questa sinergia consentirà quindi alle due associazioni di operare con azioni combinate, segnalando alle amministrazioni interessate l’opportunità di entrare in entrambi i circuiti, accrescendo la visibilità e l’interesse per il territorio.
“Abbiamo sottoscritto questo importante accordo di collaborazione con Actitalia per implementare e condividere un percorso comune nella promozione del turismo lento, di prossimita e di qualità, nei comuni italiani aderenti al circuito nazionale dei comuni fioriti e a quello delle bandiere gialle –commenta il presidente di Asproflor Sergio Ferraro- Un primo tangibile segno della collaborazione sara l'istituzione di un riconoscimento speciale per l'amministrazione che realizzerà un'area sosta ben ombreggiata utilizzando gli alberi, certificando così la valorizzazione del patrimonio verde e l'attenzione per la qualità della vita dei turisti itineranti"
“La collaborazione con Asproflor-Comuni Fioriti ci permette di aggiungere ai nostri criteri di valutazione, per l’ammissione al circuito Bandiere Gialle delle aree sosta comunali, anche l’aspetto naturalistico, proponendo strutture di qualità con la valorizzazione, oltre che dei servizi essenziali, anche delle risorse verdi di ogni Comune –aggiunge Guido Chiari, presidente di Actitalia- Nel nostro "turismo lento" apprezziamo quelle amministrazioni che offrono una elevata ospitalità incorniciata in un sistema
Actitalia è promotore del progetto “Bandiera Gialla”, un riconoscimento destinato alle
strutture e alle località che si distinguono per investire in accoglienza e servizi a favore del “Turismo del movimento”. Asproflor invece, con il marchio di qualità “Comune Fiorito”, stimola le amministrazioni comunali, anche quelle più piccole, a “far fiorire” il proprio territorio, valorizzando le aree verdi pubbliche e sensibilizzando le comunità al rispetto dell’ambiente. In Italia molti Comuni che hanno ottenuto la “Bandiera Gialla” sono anche “Comuni Fioriti”; questa sinergia consentirà quindi alle due asso-
ciazioni di operare con azioni combinate, segnalando alle amministrazioni interessate l’opportunità di entrare in entrambi i circuiti, accrescendo la visibilità e l’interesse per il territorio. “Abbiamo sottoscritto questo importante accordo di collaborazione con Actitalia per implementare e condividere un percorso comune nella promozione del turismo lento, di prossimita e di qualità, nei comuni italiani aderenti al circuito nazionale dei comuni fioriti e a quello delle bandiere gialle – commenta il presidente di Asproflor Sergio Ferraro- Un primo tangibile segno della collaborazione sara l’istituzione di un riconoscimento speciale per l’amministrazione che realizzerà un’area sosta ben ombreggiata utilizzando gli alberi, certificando così la valorizzazione del patrimonio verde e l’attenzione per la qualità della vita dei turisti itineranti”. “La collaborazione con Asproflor-Comuni Fioriti ci permette
di aggiungere ai nostri criteri di valutazione, per l’ammissione al circuito Bandiere Gialle delle aree sosta comunali, anche l’aspetto naturalistico, proponendo strutture di qualità con la valorizzazione, oltre che dei servizi essenziali, anche delle risorse verdi di ogni Comune –aggiunge Guido Chiari, presidente di ActitaliaNel nostro “turismo lento” apprezziamo quelle amministrazioni che offrono una elevata ospitalità incorniciata in un sistema ambientale accattivante e con impianti urbanistici elevati. Questo accordo consentirà alle due Associazioni di lavorare sempre più in sinergia con nuove proposte e idee da proporre ai Comuni più attenti a questa tipologia di turismo.”
Il genere é composto da circa 120 specie originarie delle zone temperate e subtropicali di Europa, Asia e Africa. Le foglie sono basali o alterne, intere o dentate; le infiorescenze a capolino, singole o disposte in corimbi o pannocchie, sono di colore giallo e con ligule sottili.
Inula magnifica (Inula afghanica)
Originaria del Caucaso, con ampie foglie basali, ovali, lunghe fino a 100 cm, robuste, verde scuro lucido sulla pagina superiore e leggermente pelose su quella inferiore; gli steli, alti 150-200 cm, robusti, tomentosi e macchiati di porpora, portano un corimbo terminale di capolini con un diametro di 12-15 cm; i fiori del disco sono di colore giallo arancio, quelli ligulati molto sottili, lunghi 5-7 cm, di colore giallo oro, fioritura in giugnoagosto.
Inula magnifica (foto Jelitto)
Inula helenium é originaria dell’ Asia centrale e Orientale, dell’Europa del sud-est, naturalizzata in America; ha grandi foglie, robuste, lunghe fino a 1 m, ellittiche, a bordi dentati, coperte da un fine tomento argentato sulla pagina inferiore; quelle basali hanno un lungo picciolo, quelle caulinari superiori sono sessili. Gli steli, alti 180-200 cm, sono
rigidi, solcati e portano capolini singoli o a gruppi di 2-3, con un diametro di 8-10 cm e di colore giallo; i fiori ligulati sono sottili e spaziati. Fioritura in luglio-agosto. Il notevole valore ornamentale della specie viene compromesso dalla breve durata della fioritura; le radici hanno impiego medicinale. Inula orientalis (Inula glandu-
losa), originaria dell’ Asia Minore e del Caucaso, ha foglie sessili, lanceolate, tomentose, lunghe 15 cm, dentate; gli steli, alti 50-60 cm, portano un capolino del diametro di 9 cm, di colore giallo arancio; fioritura di breve durata in giugno-luglio; viene coltivata la cv `Grandiflora’.
Inula hookeri, originaria del Sikkim, con foglie sessili, sot-
tili, lanceolate, lunghe 15 cm, finemente dentate, tomentose; gli steli lunghi 60-100 cm, tomentosi, portano numerose foglie e gruppi terminali di capolini, del diametro di 8 cm, con disco piccolo e brunoarancio e fiori ligulati stretti, di colore giallo chiaro; fioritura in giugno-luglio, invasiva. La cv `Grandiflora’ ha fiori più grandi del tipo.
Inula royleana (foto Web) sessili; gli steli, alti 40-60 cm, fogliati, portano capolini singoli di colore bruno allo stadio di bocciolo, del diametro di 12 cm, di colore giallo oro; i fiori ligulati sono molto sotti-
Inula royleana (Inula macrocephala) originaria dell’ Himalaya, porta foglie basali, ovali, tomentose, con piccioli alati, quelle superiori sono
ensifolia (foto web)
li, fioritura in luglio; preferisce terreni molto profondi e climi freschi ed umidi.
Inula ensifolia, originaria dell’Italia e dell’Europa centrale; le foglie sono sessili, dure, lanceolate, verde scuro; gli steli, lunghi 50-60 cm, rigidi, sottili, portano capolini singoli, di colore giallo oro, duraturi. Questa specie fiorisce in giugno-luglio per oltre 6 settimane; é resistente al caldo estivo; la varietà `Compacta’, alta 20 cm, é adatta alla formazione di aiuole e bordure; `Golden Beauty’, alta 40-60
Inula ensifolia (foto Jelitto) cm, produce capolini più grandi delle specie.
Normalmente si ricorre alla propagazione generativa per ottenere grandi quantità di piante, la semina viene effettuata da aprile a maggio, sotto cassone; le piante sono pronte al trapianto in piena terra dopo 12-16 settimane.
La germinazione richiede 3-4 settimane e i semenzali vanno trapiantati, in vasi da 8 cm o in contenitori alveolari, dopo altre 4-6 settimane.
Semina: quantità di seme Per ottenere 1000 piante bisogna prevedere 1,5 gr di semente per Inula ensifolia e 3 per Inula orientalis. Per Inula magnifica e Inula orientalis e per abbreviare il ciclo si preferisce ricorrere alla divisione dei ceppi, effettuata dopo la fioritura o prima della vegetazione primaverile.
Inula orientalis (foto web)
Inula magnifica (foto web)
Inula hookeri (foto web)
La Inula non ha esigenze specifiche di terreno; é tollerante verso un ampio intervallo di pH, ma prospera in terreni profondi, ben drenanti e sciolti; solo Inula hookeri preferisce terreni umidi.
Per la raccolta del fiore reciso piantare Inula magnifica a 100 x 120 cm e Inula orientalis a 50 x 50 cm.
Per la decorazione del giardino prevedere, per ogni mq di aiuola, 6 piante di Inula ensifolia, 1 pianta di Inula helenium e Inula magnifica, 2 piante di Inula hookeri, 4 piante di Inula orientalis, 3 piante di Inula royleana e 1 pianta ogni 2 mq per Inula racemosa.
Concimazione
A causa del forte sviluppo vegetativo la nutrizione deve essere piuttosto abbondante: spargere annualmente 150200 g/mq di concime complesso granulare intervenendo prima della germogliazione, ad inizio dell’allungamento dello stelo e della formazione dei boccioli.
Si tratta di piante abbastanza resistenti alla siccità. ma sono necessarie abbondanti irrigazioni durante la fioritura e, an-
Inula helenium (foto web)
che dopo, nel caso della Inula helenium. Durata dell’impianto
La durata economica di un impianto da fiore reciso é di 3-4 anni. Le Inula sono piante che contrastano efficacemente l’inerbimento grazie al notevole sviluppo vegetativo; é preferibile eliminare le infestanti
NB. In Rosso sono segnalati i prodotti REVOCATI mentre in Verde quelli AUTORIZZATI, in ARANCIONE i prodotti in scadenza o alcuni formati autorizzati.
perenni al momento dei lavori di preparazione e distribuire, prima della vegetazione primaverile e su terreno libero da malerbe, Venzar alla dose di 20 gr per 100 mq in 10 litri d’acqua oppure Kerb 50 alla dose di 40 gr per 100 mq e con temperature inferiori a 10°C.
LUCE
Richiede una posizione soleggiata, al limite ombreggiata solo nelle ore di maggiore insolazione.
Non esistono indicazioni specifiche; in generale a causa dell’origine, le specie di Inula prosperano nelle zone a clima continentale con un abbassa-
mento notturno della temperatura mentre hanno una vita piuttosto corta nelle zone a clima caldo. Durante la germinazione mantenere 18-20°C, la coltivazione successiva, sotto protezione viene condotta a 15°C.
Gli steli sono pronti alla raccolta quando i fiori sono a metà apertura; vanno privati delle grandi foglie basali e immersi rapidamente in acqua; la durata é piuttosto limitata e le grandi foglie sono un limite all’impiego della Inula come fiore reciso anche se hanno un notevole effetto ornamentale nei mazzi misti di grandi dimensioni.
Mal bianco
Erysiphe cichoracearum
Sintomi: le foglie e gli steli vengono ricoperti da un rado feltro miceliare bianco e polveroso; i tessuti sottostanti si necrotizzano e le foglie seccano.
Difesa: durante i periodi di forti oscillazioni della umidità relativa trattare ripetutamente con Saprol, Nimrod, Bayfidan, Topas e altri antioidici specifici.
Macchie fogliari
Ramularia spp.
Sintomi: sulle foglie si manifestano delle macchie irregolari, di colore da verde giallastro a bruno, delimitate da un margine scuro; in corrispondenza della pagina inferiore, in condizioni di elevata umidità relativa, si sviluppano le fruttificazioni fungine di colore bianco.
Difesa: evitare densità eccessive e le zone umide; trattare ripetutamente con Benlate, Daconil, Saprol e altri fungicidi di copertura.
I metodi di difesa indicati sono frutto dell’esperienza dell’autore, delle informazioni raccolte presso gli operatori del settore e dei riscontri bibliografici, tuttavia le condizioni di applicazione, la condotta delle colture, lo stato delle piante, la sensibilità varietale ed il clima condizionano pesantemente i risultati, per cui i trattamenti riportati (prodotto commerciale, concentrazione, modalità di applicazione) devono essere intesi dal lettore come una indicazione di larga massima, per la quale non è possibile accettare alcuna responsabilità. Sarà cura del lettore effettuare delle prove di validazione nelle proprie condizioni per accertare eventuali controindicazioni. Nella formulazione degli interventi di difesa, non si inteso dare alcuna particolare
evidenza ai prodotti commerciali indicati, ne per quelli non riportati deve intendersi alcuna esclusione pregiudiziale; semplicemente per ragioni di spazio, è stato indicato un solo formulato per ciascun principio attivo.
Alcuni dei prodotti commerciali indicati non sono registrati in Italia, potrebbero non essere più registrati al momento della pubblicazione, non essere registrati sulle colture ornamentali o per le coltivazioni sotto protezione o per quella particolare applicazione.
La loro menzione in questo volume, dovuta all’efficacia dimostrata, serve a completare l’informazione fornita.
La decisione di un loro eventuale impiego spetta unicamente al coltivatore che deve essere consapevole delle conseguenze legali che ne potrebbero derivare.
Il materiale nella sua forma più pura
I vassoi Pristine di Modiform sono realizzati in polistirolo (PS) 100% riciclato, senza coloranti. Eliminando l’additivo colorato, è il materiale riciclato stesso a determinare il colore del vassoio. Pristine diventerà lo standard di Mo-
diform per tutti i vassoi da trasporto. John van der Maarel (direttore vendite Modiform) dice: “Siamo orgogliosi di questa innovazione. Ci siamo decisi a intraprenderla per conseguire l’ambizioso obiettivo Horizon2025. Con i vas-
soi Pristine di standard compiremo un notevole passo avanti verso un’orticoltura sostenibile”.
Puro
Pristine significa puro, intatto. Un nome davvero appropriato, in quanto i vassoi sono realizzati in un materiale riciclato nella sua forma più pura. Se, in passato, a un nuovo vassoio veniva aggiunta una piccola quantità di colorante, Modiform ha deciso di eliminare questa operazione. Po-
tranno verificarsi variazioni di tonalità durante le varie fasi della produzione, non in un ciclo della stessa. Il vassoio apparirà generalmente nero, ma potrà anche sembrare grigio (scuro). Lisa van Koningsveld (team leader della gestione prodotti Modiform) spiega: “Il colore nero intenso uniforme
non è più la norma, è l’eventuale scostamento minimo a mostrare che si tratta di un prodotto sostenibile. Non significa che i vassoi abbiano dei difetti. Prevedibilmente, con il passare del tempo, il colore diventerà più chiaro. I vassoi Pristine sono gli stessi che i nostri clienti conoscono bene: buona qualità, ora senza lo
strato lucido, allo stesso prezzo, ma molto più sostenibili!”
Transizione Già da marzo Modiform aveva puntato sui vassoi Pristine, allora ancora provvisti di strato lucido, nel sistema dei resi TrayC in Germania. In futuro verranno prodotti anche altri vassoi da trasporto senza coloranti, né strato lucido, poi seguiranno i vassoi da coltivazione. Se i coltivatori vogliono fare da apripista in questa transizione sostenibile, possono passare su richiesta ai vassoi di coltivazione Pristine prima del previsto. Il periodo di transizione per la realizzazione di tutti i vassoi in Pristine durerà prevedibilmente un anno. Pristine rende più facile
agli orticoltori fare impresa in modo sostenibile, in automatico. Impegno a chiudere il ciclo |Un vassoio Pristine non contiene né plastica nuova, né coloranti aggiunti. I vassoi in PS usati sono ritirati pres-
so gli orticoltori che possono ricevere un rimborso conforme al mercato. I vassoi in PS sono riciclati internamente da Modiform e lavorati per ricavarne nuovi prodotti riciclati e riciclabili. In questo modo il ciclo dei materiali risulta chiuso completamente.
La primula (P.vulgaris - P. acaulis) è una pianta molto conosciuta come vasetto fiorito o come pianta da aiuola. Si adatta bene alla coltivazione nei mesi più freddi dell’anno, grazie alle sue basse esigen-
ze termiche. Le prime note colturali raccomandavano di abbassare la temperatura a 5-10°C per sei settimane per indurre a fiore la primula. Di fatto l’induzione si è avuta anche senza l’abbassamento di
temperatura e, a volte, i bocci fiorali erano già differenziati quando si è abbassata la temperatura. Comunque, sebbene non sia indispensabile, un abbassamento di temperatura può essere necessario per interrompere una certa dormienza dei bocci fiorali. Nell’ambito di questa ricerca abbiamo voluto studiare i fattori climatici che determinano l’induzione. Per determinare se l’induzione a fiore si era verificata o meno ci siamo serviti di un microscopio elettronico, in modo da individuare il momento esatto dell’iniziazione fiorale, cioè il momento in cui si possono osservare quei cambiamenti anatomici dell’apice del germoglio che precedono la differenziazione dei bocci fiorali.
In particolare abbiamo voluto studiare l’eventuale influenza della lunghezza del giorno e del livello di luminosità, e se questi fattori modificano l’effetto della temperatura sull’induzione.
Primula vulgaris è stata considerata specie a giorno corto, sebbene ci siano risultati sperimentali contraddittori a questo proposito. Le temperature oltre i 28°C risultano dannose per la primula, per
cui va ombreggiata nei periodi di alta luminosità naturale.
Materiali e metodi Abbiamo studiato tre parametri climatici e le loro interazioni: temperatura, intensità luminosa, lunghezza del giorno, o meglio abbiamo studiato come questi fattori influiscano nell’induzione della Primula “Dania giallo-limone”.
La germinazione e la crescita delle piantine è stata fatta a 16°C. Dopo 30 giorni dalla semina le piantine sono state invasate in vaso 10 utilizzando il substrato Sunshine
Mix n. 1. La concimazione è cominciata allo stadio di prima foglia vera fertirrigando con una soluzione all’ 1 % di concime 15-16-17, mentre dall’invaso in poi si è fertirrigato con una soluzione al 2% avente il medesimo titolo.
Le primule sono state sottoposte alle diverse condizioni climatiche dall’invaso in poi.
Si sono ottenute 36 situazioni diverse combinando insieme 4 temperature (8-12-16-20°C), 3 lunghezze del giorno (8-1114 ore) e 3 livelli di luminosità (2-10-18 mol/m2/giorno). La luminosità era diversa a seconda della lunghezza del giorno, poiché si voleva dare alla pianta la stessa quantità di luce per giorno. Quindi con lunghezza del giorno di 8 ore i tre livelli luminosi erano circa 4.000-20.000-35.000 lux; circa 3.000-15.000-27.000 con lunghezza del giorno di 11 ore e circa 2.300-11.00020.000 con una lunghezza del giorno di 14 ore. La più bassa quantità di luce per gior-
no corrisponde a una giornata nuvolosa di inverno negli Stati Uniti occidentali; la quantità intermedia corrisponde a un giorno soleggiato d’inverno e la quantità più alta corrisponde a una giornata nuvolosa d’estate.
Discussione dei risultati Il tempo trascorso dal momento dell’invaso all’inizia-
zione fiorale è variato, nelle diverse condizioni, da 28 a 200 giorni. Lo sviluppo più lento si è avuto a 8°C, con durata del giorno di 8 ore e 2 mol/m2/giorno. Lo sviluppo più rapido è stato ottenuto a 16°C, con durata del giorno di 14 ore e 10 mol/ m2/giorno.
Temperatura
L’induzione fiorale è stata più veloce a 12°C e 16°C piuttosto che a 8°C o 20°C in qualsiasi condizione di luminosità e lunghezza del giorno. L’induzione è risultata particolarmente lenta a 8°C in combinazione con il giorno corto e un basso livello di luminosità. A parità di temperatura lo svi-
luppo è stato via via più rapido col crescere del livello di luminosità e della lunghezza del giorno, anzi le piante tenute a 8°C, 14 ore di luce e 10 o 18 mol hanno prodotto l’induzione a fiore circa 30 giorni dopo l’invaso, al pari di piante tenute a 12°C o 16°C. A 20°C l’iniziazione avveniva circa due settimane dopo le piante tenute a 12°C o 16°C a parità delle altre condizioni. Come già detto, di solito si consiglia di tenere le piante a 5-10°C per 6 settimane per avere una buona fioritura. In questo studio si evidenzia che tenere le piante a 8°C ritarda l’ iniziazione rispetto alle alte temperature (12-16-20°C).
I risultati indicano che le temperature sotto i 10°C non sono necessarie per ottenere l’induzione a fiore in primule “Dama” e “Danova”. Abbiamo invece constatato che nelle piante tenute sotto ai 10°C l’induzione è stata più veloce in condizioni di giorno lungo e buona luminosità.
Lunghezza del giorno A tutte le temperature e a tutti i livelli di luminosità, si è avuta una induzione più veloce passando da 8 a 12 a 14 ore di luce. Sebbene alcuni
suggeriscano di tenere le primule in condizioni di giorno corto per accelerare l’induzione e lo sviluppo del fiore, da questo lavoro si evince che, in primule Dama, l’induzione è stata più veloce con 14 ore di luce piuttosto che con 11 o 8 ore. Probabilmente la lunghezza del giorno ottimale per una veloce induzione in Dania è poco oltre le 14 ore.
Quantità di luce Nonostante la primula sia considerata una pianta con basse esigenze di luminosità, in
questo studio si è constatato che il livello di luminosità intermedio (10 mol/m2 per giorno) ha provocato una veloce induzione in tutte le combinazioni di temperatura e lunghezza del giorno. Solo con la temperatura più bassa (8°C) si è avuta una induzione più veloce con un livello luminoso più alto (18 mol/m2/giorno); a 12°C e 16°C si è ottenuto un risultato simile con 10 o 18 Mol/m2/giorno e a 20°C l’in-
duzione era nettamente più veloce a 10 mol/m2/giorno. Con un livello di luminosità più alto è stato possibile notare che l’iniziazione si è verificata 35 giorni dopo l’invaso a 8-12-16°C e a 42 giorni dopo l’invaso a 20°C.
Numero di foglie Secondo alcune ipotesi, l’iniziazione fiorale si ha solo dopo la comparsa di un certo numero di foglie. Durante lo
studio abbiamo rilevato che, al momento dell’iniziazione, il numero di foglie per pianta variava da 6 (in piante a 8°C, 11 ore di luce e 10 mol/ m2/giorno) a 26 (in pianta a 20°C, 8 ore di luce e 2 mol/m2/ giorno). A 8-12-16°C il numero delle foglie per pianta variava da 7 a 10 nel momento del l’iniziazione (ad eccezione delle piante tenute a 8°C, 8 ore di luce, 2 mol/m2/giorno, le quali avevano 18 foglie). A 20°C il numero di foglie per pianta era almeno 12 e a questo alto numero di foglie si accompa-
gnava un alto numero di fiori per pianta, che era maggiore di quello rilevato alle temperature più basse.
Le piante sono state tenute nelle diverse combinazioni di temperatura, luminosità e lunghezza del giorno per 56 giorni (= 8 settimane) e poi sono state messe tutte in ambiente con 16°C, 11 ore di luce e 10 mol/m2/giorno. E’ stata registrata la data in cui è sbocciato il primo fiore e si è così potuto constatare che le primule con induzione più veloce
hanno impiegato circa 30 giorni per arrivare alla fioritura, mentre le piante con induzione più lenta hanno avuto anche un periodo più lungo per arrivare a fiore, nonostante il fatto che le piante fossero tutte nelle medesime condizioni climatiche. In questa seconda fase si è notato che il ritmo di sviluppo fino alla fioritura era condizionato poco dalla lunghezza del giorno, ma era soprattutto da mettere in relazione alla quantità di luce che le piante avevano avuto nella prima
fase. Era molto evidente che le piante tenute per 8 settimane a 2 mol/m2/giorno hanno fiorito più tardi rispetto a quelle tenute a 10 o 18 mol/ m2/giorno.
Per quanto riguarda le temperature si deve dire che piante tenute a 20°C nella prima fase e a 16°C nella seconda fase hanno differenziato normalmente i bocci e hanno dato una buona fioritura, dunque non è necessario esporre le piante al freddo per ottenere una buona fioritura.
Qualità dei fogliame La lunghezza delle foglie era maggiore in presen-
za di una luminosità elevata, alte temperature e giorno lungo. La lunghezza media delle foglie variava da 4 cm a 8°C, 8 ore di luce e 2 mol/m2/giorno fino a 10 cm con 16°C, 14 ore e 10 mol/m2/giorno. In nessuna combinazione le foglie erano talmente lunghe da diminuire eccessivamente la qualità della pianta.
Il fattore climatico più importante per ottenere una pronta induzione della primula è la lunghezza del giorno. Questo è particolarmente evidente in periodi di scarsa luminosità e con temperature sotto i 10°C. Di conseguenza quando si hanno meno di 12 ore di luce naturale si può allungare il giorno con l’illuminazione supplementare o interrompere la notte.
È bene mantenere una temperatura inferiore a 20°C e
aumentare l’intensità luminosa nei giorni nuvolosi d’inverno. In condizioni di alta luminosità naturale è invece opportuno ombreggiare per abbassare la temperatura poiché in questo studio abbiamo potuto confermare che il migliore livello luminoso diminuisce all’aumentare della temperatura.
Questa ricerca è stata portata avanti su primule Dania. In altre prove preliminari abbiamo verificato che altre varietà di Primule acaulis, come Danova, Duest, Crayon, Pageant, Saga, hanno una reazione a temperatura, luminosità, lunghezza del giorno, molto simile a quella di Dania.
Durante la produzione delle erbacee perenni fiorite può capitare che le piante siano diventate più alte del programmato. Alcune di esse sono naturalmente alte, ma altre lo diventano in maniera eccessiva a causa delle con-
dizioni ambientali o colturali. Dato che i consumatori sono più attratti dalle piante fiorite che da quelle verdi e vegetative, il controllo dell’altezza diventa essenziale. Ciò richiede la conoscenza dei fattori che contribuiscono all’allunga-
mento dello stelo e l’adozione di varie strategie che permettano di produrre delle perenni con un’altezza che rispetti i limiti prefissati.
Genetica
All’interno di ogni specie esiste una variabilità genetica per cui alcune varietà sono nettamente più alte di altre, p.e. Gaillardia x grandiflora ‘Burgundy’ e ‘Soblin’ si allungano molto di più di ‘Baby Cole’. La selezione verso varietà naturalmente basse elimina la necessità di controllare l’altezza. Alcune specie a crescita allungata non hanno selezioni basse, ma sono richieste dal mercato, per cui vanno adottate altre strategie.
Fotoperiodo Parecchie perenni richiedono il fotoperiodo lungo per la induzione fiorale con una durata del periodo luminoso variabile da 12 a 16 h. In condizioni di giorno corto naturale l’illu-
minazione artificiale consente di ottenere periodi di luce sostanzialmente più lunghi di
quelli richiesti per fiorire. In alcune specie l’allungamento dello stelo e l’altezza delle piante aumentano col crescere del fotoperiodo (Fig.1) La limitazione del fotoperiodo necessario per l’induzione fiorale può aiutare a controllare l’allungamento dello stelo. Il controllo della durata del giorno é più facile ad inizio primavera quando il giorno é naturalmente corto perché basta agire sul periodo di luce artificiale. L’oscuramente può essere usato durante l’estate
ma il sistema non é disponibile per tutti i coltivatori e le temperature ambientali possono diventare troppo elevate. Un fotoperiodo induttivo limitato può ridurre l’allungamento durante la levata. Quando viene utilizzato l’oscuramento durante i giorni lunghi estivi o quando la forzatura viene effettuata in primavera sotto giorno corto naturale, la esposizione delle piante al giorno corto dopo l’induzione
a fiore può consentire di controllare l’allungamento in alcune specie, come Coreopsis x grandiflora. Secondo questa tecnica, chiamata fotoperiodo induttivo limitante (FIL), le piante vengono esposte al giorno lungo per un periodo sufficiente a indurre la fioritura, in genere per 2-3 settimane, poi riportate sotto fotoperiodo corto, con 9-10 h di luce. Il processo di fioritura continua fino all’antesi, ma l’allungamento dello stelo risulta ridotto. Però il FIL può portare a fioriture ritardate e meno abbondanti; non é efficace in tutte le specie (p.e. Asclepias tuberosa) perché i fiori cessano di svilupparsi o abortiscono sotto giorno corto. Per quanto 2-3 settimane di giorno lungo, usando il FIL, siano adeguate per indurre la fioritura in molte specie, é preferibile usare il fotoperiodo lungo fino alla visibilità del primo bocciolo. Le piante vanno, a quel punto, rimesse sotto il giorno
corto naturale se in inverno o sotto quello artificiale, ottenuto con l’oscuramento, dopo la metà di marzo. Corte interruzioni della notte possono controllare l’altezza della Echinacea. Il controllo dell’altezza della Echinacea,
può essere difficile. Un sistema possibile prevede l’esposizione alla rottura della notte, con brevi periodi di luce, delle piante coltivate sotto giorno corto. L’illuminazione, per 15-20 minuti e a bassa illuminanza (100 lux) a metà della notte, é sufficiente per indurre la fioritura sotto giorno corto, ma le piante sono lunghe solo la metà di quelle esposte alla tradizionale interruzione di 4 h (Fig. 2). La fioritura può essere ritardata di 1-2 settimane rispetto alle piante con una interruzione della notte più lunga. Sfortunatamente la maggior parte delle perenni a giorno lungo non fiorisce con una così breve interruzione della notte per cui questa tecnica ha dei limiti di applicazione.
La luce incandescente stimola l’allungamento L’illuminazione artificiale può sostituire efficacemente il fotoperiodo lungo naturale in condizioni di giorno corto ; quella incandescente é la più diffusa perché più economica e più facile da installare. Sfortunatamente la luce incandescente é ricca di radiazioni rosso-lontane che stimolano l’allungamento dello stelo. Le piante esposte al giorno lungo ottenuto con luce incandescente sono, spesso, più lun-
ghe di quelle illuminate con altre lampade come quelle a luce fluorescente bianco fredda, ad alogenuri metallici o al sodio ad alta pressione (Fig.3) o alle luci a LED specifiche oggi disponibili. É consigliabile usare lampade ad alta pressione di sodio o lampade a LED per allungare il fotoperiodo, nonostante siano di installazione costosa; però il consumo elettrico é minore e le piante restano più corte rispetto alla luce incandescente.
Lo stress idrico ha un potenziale ridotto Lo stress idrico é usato comunemente per controllare l’altezza delle piante annuali, specialmente, durante l’inizio primavera quando l’evotraspirazione é bassa. Piccole quantità di acqua vengono apportate per mantenere vive le piante che rimangono stressate. Lo stress idrico limita l’allungamento dello stelo delle perenni ma é di applicazione complicata. Il dosaggio
della irrigazione é più difficoltoso con i vasi che con i contenitori alveolari. Quando molte perenni vengono forzate a fine primavera e in estate, l’intervallo fra due ridotte irrigazioni deve essere corto; se l’acqua non viene data quando é necessario si possono causare gravi danni al fogliame o anche la morte della pianta. Per quanto il dosaggio dell’acqua sia un potente mezzo di regolazione dell’allungamento, diventa certamente molto rischioso se associato a un clima luminoso, caldo e secco.
Nutrizione La limitazione delle sostanze nutritive, tipicamente azoto e fosforo, é stata usata per controllare l’altezza delle piante. Poco azoto non riduce l’altezza. Una nutrizione con poco azoto é stata usa-
ta spesso per limitare la taglia delle piante annuali. Non é stato osservato alcun effetto sull’altezza delle perenni in risposta alla fertirrigazione continua con un dosaggio di azoto variabile da 62 a 250 ppm. In effetti é avvenuto il contrario. Le piante concimate con la concentrazione più bassa (62 ppm) avevano la stessa altezza o erano più alte di quelle più concimate
(Fig.4). Inoltre la bassa nutrizione azotata ha causato una crescita più ridotta di alcune specie, facendo ottenere piante meno attraenti rispetto a quelle concimate con più azoto. Questi risultati indicano che la limitazione degli apporti di azoto non porta a controllare l’allungamento in parecchie perenni.
Evitare l’allungamento
Spaziatura. La strategia ecologica di sopravvivenza delle perenni, quando competono con altre piante, é quella di allungarsi. Le piante troppo vicine si allungano ponendosi in una posizione più competitiva per intercettare la luce. Quando le piante che amano il pieno sole sono spaziate abbondantemente, si allungano lentamente e si allargano per ottimizzare l’esposizione alla luce.
Quindi uno dei più efficaci nanizzanti per le perenni é una spaziatura larga. Per quanto la spaziatura non vada di
pari passo con la produttività massima, rimane tuttavia una efficace strategia di controllo dell’altezza.
I filtri del rosso-lontano possono ridurre l’allungamento. Le piante percepiscono la competizione come variazione del rapporto fra la luce rossa e quella rossa-lontana.
Quando le piante sono molto spaziate, le foglie e gli steli sono esposti ad eguali quantità di luce rossa e rossa-lontana. Quando le piante sono vicine sono esposte a una maggior quantità di luce rossa-lontana che stimola l’allungamento dello stelo. Se la luce rossa-lontana viene rimossa dalla luce solare, allora il rapporto fra la luce rossa e quella rossa-lontana non cambia notevolmente aumentando la densità e l’allungamento dello stelo non viene stimolato. É stato dimostrato che un filtro sperimentale, sviluppato dalla Università di Reading (U.K.) e dalla Visqueen, riduce efficacemente l’altezza (fig.6) di qualche specie. Altri filtri per la luce
rossa-lontana sono stati sviluppati da parecchie società nel mondo. Temperatura Secondo una convinzione diffusa fra molti coltivatori, più la serra é calda e più le perenni si allungano. Questa affermazione é solo parzialmente vera. Temperature più elevate accelerano lo sviluppo della pianta, compresa l’altezza (Fig.7a). L’altezza finale della pianta fiorita non vie-
ne aumentata dalla forzatura a temperature più calde. Negli esperimenti effettuati sono state coltivate dozzine di specie perenni a temperature da fresche a calde, dall’inizio della forzatura fino alla fioritura. In ogni caso le piante coltivate con le temperature più elevate avevano la stessa altezza o erano più corte di quelle coltivate con temperature medie (Fig. 7b). Le temperature elevate non devono essere considerate l’equivalente di piante alte come l’impiego di temperature fresche non é un sistema a lungo termine di controllo dell’allungamento. Il DIF può ridurre l’allungamento. Parecchie piante fiorite in vaso e annuali rispondono al
DIF, differenza fra la temperatura del giorno e della notte. L’allungamento dello stelo aumenta col crescere della differenza fra la temperatura del giorno e quella della not-
te. Campanula carpatica ha risposto al DIF allo stesso modo di tante altre specie. Il DIF controlla l’allungamento dello stelo in parecchie piante perenni. Notti fresche e giorni caldi (DIF positivo) fanno allungare le piante; quelle coltivate con un DIF eguale a zero (temperatura diurna e notturna eguali) o negativo (notte più calda del giorno) sono più corte. I nanizzanti riducono l’allungamento Per parecchie perenni l’uso dei nanizzanti é il solo sistema per contenere l’altezza entro certi limiti. Prodotti come A-Rest (Reducymol), B-Nine (daminozide), Bonzi (paclobutrazolo), Cycocel (chlormequat) e Sumagic (uniconazolo) sono stati testati su oltre 40 specie. Nessun formulato ha controllato l’altezza in tutte le specie; i due che hanno dimostrato uno spettro più ampio sono stati B-nine e Suma-
gic mentre Cycocel ha avuto quello più ridotto. Per molti coltivatori Sumagic a 10-15 ppm é il trattamento più efficace e il più usato. Spesso diventa necessario effettuare una seconda e terza applicazione a seconda della crescita della pianta. La concentrazione ed il numero dei trattamenti devono essere basati sulla esperienza del coltivatore. Inoltre l’applicazione del trattamento durante il periodo di massimo allungamento é fondamentale per ottenere il controllo dell’altezza.
L’unità per la ricerca scientifica e agronomica applicata alla floricoltura (U.M.R. Sagah) sta conducendo una serie di esperimenti sugli arbusti in contenitore destinati a descrivere la cinetica di ridistribuzione dell’azoto, del carbonio e del fosforo in corrispondenza della ripresa della crescita delle piante dopo la quiescenza, nonché le interazioni esistenti tra queste importanti sostanze nutritive. L’obiettivo è quello di individuare il periodo ottimale per la ripresa della fertilizzazione in primavera
La crescita degli arbusti avviene durante l’estate. Durante l’autunno buona parte dell’azoto (N) e del fosforo (P)
prelevato dalle radici, e del carbonio (C) fissato dalle foglie viene canalizzato verso gli organi permanenti (radici, tronco, rami e fogliame non caduco). L’azoto viene conservato sotto forma di aminoacidi e di proteine a basso peso molecolare, il carbonio sotto forma di zuccheri solubili e di amidi ed il fosforo sotto forma di molecole organiche e minerali (ortofosfati). Una parte del carbonio viene utilizzata durante il periodo invernale per la respirazione, ma la maggior parte di questi elementi rimane più o meno disponibile una volta ripresa la crescita della pianta in primavera. Questi elementi vengono utilizzati sia all’interno degli organi permanenti (ad esempio l’apparato radicale) in corrispondenza della ripresa dell’attività metabolica, sia
instradati verso le gemme per garantirne la germogliazione e favorire in toto o in parte la crescita di nuovi organi. Questi dati possono essere presi in considerazione allorquando si ragiona sull’opportunità o meno di avviare la fertilizzazione, ritardando la ripresa degli apporti nutritivi in primavera. Questa pratica migliorerebbe l’efficacia dei fertilizzanti poiché limiterebbe le perdite
di elementi nutritivi per dilavamento e di conseguenza le quantità da integrare in un processo di riciclo. Per determinare il momento esatto in cui la ripresa della fertilizzazione diviene necessaria per non rischiare di alterare la crescita dell’arbusto o la sua perennità è necessario cono-
scere la cinetica di ridistribuzione delle principali sostanze nutritive (N, C, P) una volta ripresa la fase di crescita, nonché le interazioni tra queste sostanze nutritive al fine di individuare uno o più indicatori pertinenti. L’UMR Sagah studia queste problematiche di ridistribu-
zione delle sostanze nutritive utilizzando come supporto di studio piante di Ligustro (Ligustrum ovalifolium) coltivate in contenitore su substrato di torba-perlite per un periodo di 2 anni. L’irrigazione e la fertilizzazione avvengono localmente per mezzo di “spaghetti”. Queste piante di ligustro hanno subito trattamenti fertilizzanti durante la primavera e l’autunno del primo anno per consentire rispettivamente una crescita importante e l’accumulo di scorte di sostanze nutritive organiche e minerali. Lo studio ha ana-
lizzato la ridistribuzione delle riserve di sostanze nutritive nella primavera del secondo anno, in base alle differenti modalità di fertilizzazione utilizzate (fig.1, foto 2):
• con la ripresa della fertilizzazione 17 giorni dopo l’inizio della germogliazione (nella fattispecie il giorno 8 marzo), periodo in cui si è soliti ricominciare il trattamento con fertilizzanti delle piante in contenitore (Modalità 1);
• senza apporto di fertilizzanti;
• con una ripresa tardiva del trattamento con fertilizzanti
(modalità 3); una volta conclusa la prima germogliazione, ovvero 86 giorni dopo l’inizio di quest’ultima (nella fattispecie il 16 maggio).
Quest’ultimo trattamento ha lo scopo di determinare le eventuali conseguenze di una ripresa tardiva della fertilizzazione in primavera sulla crescita e sullo sviluppo dell’arbusto.
Al termine della prima germogliazione, ovvero 3 mesi dopo l’inizio della stessa, la fertilizzazione non ha influenzato in alcun modo la lunghezza (risultato non mostrato) e la biomassa dei nuovi ramoscelli (fig. 2). Nelle piante di ligustro che hanno ricevuto solo acqua la ridistribuzione delle sostanze nutritive dagli organi permanenti della pianta è stata sufficiente a garantire, senza limitazioni di crescita, la prima germogliazione. Inoltre, questi ligustri non fertilizzati presentavano, al termine della prima fase di germogliazione, una mas-
sa radicale più importante (fig. 3) ed una quantità di carbonio disponibile (sotto forma di zuccheri solubili e amidi) a livello dell’apparato radicale superiore rispetto a quella delle piante trattate con fertilizzanti (fig. 4). In effetti, nelle piante trattate con fertilizzanti le riserve di carbonio sono state utilizzate per fornire alla pianta l’energia e
le strutture a base carbonio necessarie rispettivamente per l’assorbimento, l’assimilazione ed il trasporto delle sostanze nutritive fornite dalla fertilizzazione verso gli organi aerei della pianta. Questo utilizzo importante delle riserve di carbonio della pianta è già stato menzionato nell’ambito di studi specifici sul melo.
Effetti sulla seconda germogliazione Durante la prima germogliazione le piante di ligustro fertilizzate a partire dall’inizio della primavera hanno assorbito e canalizzato verso gli organi aerei le sostanze nutritive fornite dai fertilizzanti (fig. 5 per l’azoto). Nel contempo, durante la fioritura e in occasione della seconda germogliazione il quantitati-
vo di azoto (fig. 5) e di altre sostanze nutritive (lo stesso vale per il fosforo (P) anche se i risultati non sono mostrati) contenute nelle piante di ligustro trattate con fertilizzanti fin dall’inizio della primavera, non subisce praticamente alterazioni o aumenti apprezzabili, malgrado il trattamento giornaliero o plurigiornaliero con soluzioni fertilizzanti. Questo scarso assorbimento
è dovuto ad un livello troppo basso di carbonio trasferibile nell’apparato radicale (fig. 4) per consentire l’assorbimento e l’assimilazione delle sostanze nutritive fornite per mezzo della fertilizzazione. A causa dello scarso volume nell’ambito del quale può svilupparsi l’apparato radicale nelle piante in contenitore, la valorizzazione dell’apporto di sostanze nutritive garantito dai fertilizzanti può essere di fatto limitato da un livello troppo basso di scorte di carbonio disponibili a livello della radice. Per questo sistema di coltiva-
zione si può dunque utilizzare il livello di amidi nelle radici come indicatore della capacità di una determinata coltura di valorizzare l’apporto di fertilizzanti in primavera. La biomassa prodotta dalla crescita annuale varia poco nel corso della fioritura; tende a diminuire alla fine della fioritura con la caduta dei fiori (fig. 2). Questa diminuzione prosegue ulteriormente in assenza di fertilizzazione poiché il contenuto di azoto delle piante di ligustro non fertilizzate è troppo basso per favorire una seconda germogliazione (fig. 5). D’altro canto, nel caso di
piante trattate precocemente o tardivamente con fertilizzante, l’arbusto inizia una seconda crescita facendo germogliare e crescere i boccioli generati dai ramoscelli cresciuti durante anno (fig. 2).
Gli arbusti trattati tardivamente con fertilizzanti sono in grado di avviare una seconda crescita assorbendo, assimilando e dislocando le sostan-
ze nutritive garantite dalla ripresa della fertilizzazione a livello degli organi aerei grazie al carbonio disponibile a livello della radice impiegato dalla pianta per fornire l’energia e le molecole necessarie ai diversi processi fisiologici (fig. 4).
Preferire una fertilizzazione tardiva
Una ripresa tardiva della fer-
tilizzazione in primavera (circa 3 mesi dopo l’inizio della germogliazione) consente di valorizzare la tendenza degli arbusti ad una ridistribuzione delle riserve nutritive senza alterarne il potenziale sviluppo futuro. Cinquantasei giorni dopo la ripresa della fertilizzazione (ovvero 140 giorni dopo l’inizio della germogliazione) gli arbusti fertilizzati tardivamente sono caratterizzati da:
• una biomassa di ramoscelli prodotti durante l’anno (figura 2) ed un contenuto di sostanze nutritive (figura 5 per l’azoto) paragonabile a quello degli arbusti trattati con fertilizzanti fin dalla prima fioritura;
• una biomassa radicale (figura 3) e un quantitativo di carbonio radicale (figura 4) più elevato rispetto a quello degli arbusti trattati preco-
cemente con fertilizzanti fin dalla prima fioritura, caratteristiche che conferiscono a queste piante la capacità di valorizzare i futuri apporti di fertilizzante o la ripresa dopo il trapianto. La ripresa tardiva del trattamento con fertilizzanti in primavera ha consentito di ridurre l’uso di fertilizzanti di 2,1 g/pianta
per l’azoto e di 0,6 g/pianta per quanto riguarda il fosforo (quantità equivalente a 127 kg N/ha e 73 kg P2O5/ha). Queste quantità di fertilizzante sarebbero andate perse per dilavamento o avrebbero diminuito la possibilità di riciclaggio delle acque reflue sovraccaricandole di sostanze minerali.
Vengono qui presentate l’efficacia dello zolfo e la descrizione dei primi risultati sul suo impiego nell’abbassare il pH dei substrati. Il suo uso non é
ancora ben sperimentato nella pratica.
L’aumento del pH mediante la calcitazione del terreno e al momento della lavorazio-
ne dei substrati é per i floricoltori e i produttori di terricci commerciali. Mentre sull’impiego calibrato di sostanze acidificanti non sono disponibili conoscenze. Per contrastare un valore troppo elevato di pH si può ricorrere all’impiego di concimi ad effetto acidificante o all’impiego di acqua piovana o addolcita. L’acidificazione, così ottenuta, spesso non é sufficiente soprattutto quando si tratta di terricci poveri di torba e contenenti compost o fibra di legno il cui pH durante la coltivazione, può salire, spesso rapidamente, a valori critici. Una possibilità é offerta dall’impiego dello zolfo la cui reazione acidificante può essere più efficace. L’efficacia ed i primi risultati sulla possibilità di impiego dello zolfo per abbassare il pH
dei substrati vengono descritti qui di seguito.
Azione microbica
I batteri ossidanti dello zolfo, soprattutto quelli appartenenti al genere Thiobacillus, ossidano lo zolfo (i cosiddetti fiori di zolfo) elementare producendo acido solforico (H2SO4). Grazie all’azione dei protoni (H+) dell’acido viene neutralizzato il carbonato di calcio (CaCO3), mentre lo ione carbonato (CO3 ) dà origine ad acqua (H2O) e anidride carbonica (CO2); contemporaneamente il calcio (Ca++) e il solfato (SO4 ) reagiscono formando il gesso o solfato di calcio (CaSO42H2O)
Tab. 1 - Piano delle prove effettuate con lo zolfo
Coltivazione Terriccio (% in volume)
Impatiens N. Guinea
Surfinia
Zolfo (g/litro Terriccio) Concime pH a fine coltura
30% compost +70% fibra di legno 1-3 Florymonid 1) 4,0 - 6.6
composti diversi in percentuale di 20, 40 e 60% + fibra di egno in percentuale di 40, 60 e 80% 0,5-2 Florymonid 5,5 - 6,9
Surfinia 20% compost + 80% fibra di legno 2-12 Florymonid 4,9 - 7,0
Surfinia
40% compost +60% altri componenti (torba, torba/argilla, cocopeat, fibra di cocco, trucioli di legno, fibra di legno, perlite, humus di corteccia
3-6 Florymonid 5,5 – 6,5
Surfinia
50% compost +50% fibra di legno 50% compost +25% fibra di legno +25% humus di corteccia
4-12 4-12
Florymonid Florymonid
3,7 - 7,4 3,8 - 6,7 Primula vulgaris 30% compost +70% fibra di legno 1-5 Florymonid 4,0 – 6,4
Gerbera 33 % compost +33% fibra di legno +33% torba 12 Osmocote N2) 5,4 (4) Piante sensibili al calcare p.e. Scaevola, Citrus, Bouganville
33 % compost +33% fibra di legno +33 % torba 12 Osmocote N 5,2(4) Thunbergia grandiflora 33 % compost +33 % frammenti laterizi + 33 % torba 15 Osmocote N 5,5(4)
Calluna
compost diversi in percentuale di 20 e 40% + torba in pecentuale di 60 e 80% 1-6 Flory 1) 3) 3,5-4.5(4)
Irrigazione di tutte le colture con acqua durezza 16°dKH
1)Florimonid : 34,8 % N rispettivamente 17,4 % come nitrato e ammonio - N)
2)Osmocote N : 39% N da urea
3)Flory 1 : 20 % N (8,5% come nitrato-N; 11,5% come ammonio-N)
4)dopo circa 5 mesi
(Tabella 1). La riduzione del pH deriva
quindi dalla trasformazione del carbonato di calcio, ad
azione basica, in solfato di calcio che non ha azione sul pH e non danneggia la crescita delle piante. I rapporti quantitativi dei componenti della reazione si possono calcolare stechiometricamente.
Quindi dalla completa ossidazione di 1 g di zolfo si formano 3 g circa di acido solforico (con un pKs= 3 é uno degli acidi più forti) che corrispondono ad un acidificazione equivalente alla perdita di 3,13 gr di CaCO3. In confronto con 1 g di solfato di ammonio [(NH4)2 SO4] si ottiene una riduzione di solo 1,13 g di CaCO3.
Primi risultati delle prove Le prove sull’abbassamento del pH sono state condotte nell’Istituto di Scienza del Suolo e di Nutrizione delle Piante di Weihenspephan nell’ambito di una tesi di diploma. I risultati erano incoraggianti e deludenti nello
stesso tempo: veniva dimostrata la possibilità di ottenere una riduzione del pH mediante l’uso dello zolfo, però rimaneva incerta la procedura per determinare la quantità di zolfo da impiegare per ottenere il pH voluto in un determinato substrato. Il calcolo della quantità di zolfo basa-
Prove
Dosaggio mirato determinazione di un metodo veloce ed affidabile per misurare una quantità di zolfo proporzionata al fabbisogno
Nessuna fitotossicità
valutazione degli effetti sulla crescita vegetale della variazione delle caratteristiche chimiche del terriccio p.e.: -variazione delle disponibilità degli elementi nutritivi (soprattutto microelementi e fosforo) - aumento della salinità sotto forma di gesso
Qualità dello zolfo valutazione dell’efficacia dello zolfo di diverse provenienze e granulometria
Durata dell’effetto studio degli effetti della composizione del terriccio, della concimazione, della qualità dell’acqua sulla stabilità della riduzione del pH
Correzione supplementare del pH
determinazione delle modalità e dei prodotti più adatti per la correzione di un apporto sovra- o sottodimensionato di zolfo e della loro efficacia
Apporto dello zolfo in diversi sistemi di coltivazione valutazione degli effetti di diversi sistemi di irrigazione (flusso riflusso, ricircolo) sulla riduzione del pH
Momento dell’apporto dello zolfo
Ulteriori applicazioni dell’apporto di zolfo)
prova dei diversi tempi dell’intervento con zolfo. P.e. prima della coltivazione (miscelazione dello zolfo) al substrato qualche tempo prima dell’inizio della coltura. Riduzione del pH conclusa completamente. Durante la coltivazione (miscelazione dello zolfo indipendentemente dall’inizio della coltura oppure apporto sulla superficie del substrato; riduzione del pH durante la coltivazione)
prove sulla riduzione del pH: - di piante legnose o perenni poco tolleranti – nell’impianto dei giardini (substrati per fioriere, verde pensile, barriere antirumore, impianto di piante calcifughe in zone calcaree) - nelle frutticolture (mirtillo)
to su certi parametri come il contenuto di CaCO3, il potere tampone ed il pH iniziale del terriccio in esperimento non hanno permesso di raggiungere lo scopo. Le quantità di zolfo, indicate in letteratura, per abbassare
il pH del terreno, sono disformi, variano, secondo l’autore, da 110 Kg/ha a oltre 20 t/ha e, quindi, non costituiscono un riferimento per un apporto mirato di zolfo. Quindi é raccomandabile, prima di apportare lo zolfo, di
procedere ad una prova in cui quantità progressivamente più elevate di zolfo vengono mescolate al terriccio e poi vengono misurati i corrispondenti valori del pH. Così pure é necessario prevedere un tempo di reazione di alcune settimane per permettere una completa trasformazione microbica dello zolfo e quindi la sicura conclusione dell’azione acidificante. Nonostante queste raccomandazioni poco praticabili, l’impiego dello zolfo, grazie alla sua elevata efficienza, ha avuto un nuovo impulso nel nostro Istituto con le prove condotte sui succedanei della torba (compost e altri materiali organici alternativi).
I terricci poveri o privi di torba, per il contenuto di compost, mostrano di regola un evidente aumento del pH durante la coltivazione. Questo fatto può essere fatto risalire, spesso, ad un elevato contenuto di calce del com-
post ma può derivare anche dal ridotto potere tampone dei componenti del terriccio (p.e. fibra di legno) nei confronti dell’aumento del pH. L’aumento del pH, mediante l’impiego di una concimazione acidificante o di irrigazione con acqua addolcita, non può essere tenuto sotto controllo. Di conseguenza spesso si verificano carenze di microelementi (soprattutto di ferro), talora anche di fosforo sulle piante coltivate. Le prove finora condotte (vedi tab.1) hanno mostrato dei risultati in maggioranza positivi che possono essere riassunti, per le piante annuali e da vaso più interessate dagli esperimenti, come segue: • anche con i substrati, acidificati con elevate quantità di zolfo (15 gr/l), non si sono verificati danni alla chioma o alle radici (la reazione di acidificazione era, all’inizio della coltivazione, in gran parte conclusa, in quanto lo zolfo era stato miscelato alcune
settimane prima);
• inoltre l’abbassamento del pH nella zolla é stato tollerato. La miscelazione dello zolfo al substrato é stata effettuata prima della invasatura, lo svolgimento della reazione é avvenuto durante la radicazione (fig.2); anche una riduzione del pH chiaramente sotto il livello raccomandabile veniva per lo più tollerata dalle piante;
• anche con terricci, in origine ricchi di carbonato di calcio (fino al 12% di CaCO3 sul secco),
• non sono comparsi sintomi di carenza di ferro anche su piante poco tolleranti del calcare come Bougainvillea, Scaevola, Surfinia o Citrus;
• la disponibilità di microelementi veniva aumentata dalla acidificazione.
Nonostante questi risultati impressionanti e per noi talvolta sorprendenti, l’impiego dello zolfo per il momento non é una pratica proponibile: a nostro parere mancano i parametri corretti secondo i quali possa essere calcolato l’esatto quantitativo di zolfo per ottenere una riduzione mirata del pH del substrato. L’impiego principale della futura attività di ricerca su questo argomento sarà quindi quello di rendere calcolabile l’impiego dello zolfo di cui
esistono già le premesse (Tab.2).
La riduzione del pH con lo zolfo elementare (fiori di zolfo) si basa su un batterio ubiquitario. La trasformazione microbica dello zolfo in acido solforico é molto efficiente per quanto riguarda l’azione di riduzione del calcare. Quindi anche le piante acidofile possono essere coltivate in terricci ricchi di calcare in origine. Prima di poter rendere praticabile l’apporto di zolfo é ancora necessario un notevole lavoro di ricerca con il quale vengono eliminate le difficoltà di misurare una adeguata
dose di zolfo. Riteniamo che l’abbassamento del pH mediante l’uso dello zolfo possa avere un grosso significato. Anche la ricaduta sulle aziende floricole, vivaistiche e produttrici di terricci é elevato per cui le ricerche verranno proseguite presso il nostro Istituto.
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