2
Ascoltare un disco dalla copertina Tipografia discografica
INDICE INTRODUZIONE
1960
Strange Interlude The Rumproller Beggars Banquet Ogdens’ Nut Gone Flake
1970
Rolled Gold Main Course Go 2 The Wall Chicago 13
1980
Ghost in the machine Let’s Dance Ride the Lightning Big Thing
APPENDICE
7 21 24 27 29
35 37 39 41 44
51 53 57 60 62
INTRODUZIONE Alex Steinweiss
7
INTRODUZIONE
Il disco fonografico a piastra circolare fu inventato da Emile Berliner nel 1889, soppiantando già agli inizi del 1900 il cilindro fonografico (primo supporto audiofonico, introdotto da Thomas Edison, inventore del fonografo). La denominazione di 78 giri indica il primo tipo di disco fonografico, utilizzato per tutta la prima metà del XX secolo, e si riferisce al numero di giri al minuto necessari per l’ascolto. I primi 78 giri vennero realizzati con diversi materiali, tra cui vetro o lamina di metallo rivestita di cera, ma in seguito la resina di gommalacca
8
diventò il materiale più comune. La registrazione del segnale audio era realizzata per mezzo di un solco a spirale che, partendo dal bordo esterno del disco, raggiungeva la zona interna, occupata dall’etichetta. La forma di tale solco veniva modulata con il segnale da registrare e ne riproduceva l’andamento: l’incisione era quindi di tipo meccanico, e occupava una sola facciata del disco. Il mezzo per l’ascolto di un 78 giri era il giradischi, munito di un’adeguata puntina di zaffiro, diamante o acciaio.
Al tempo, i 78 giri venivano venduti a gruppi di 3 o 4, separati in confezioni diverse ma raccolti all’interno della stessa copertina pieghevole, che era di colore marrone, bianco o verde chiaro e come scritte presentava solamente il nome dell’artista, della casa di produzione e il titolo dell’album. Tutto cambiò nel 1939, grazie ad una geniale idea di Alex Steinweiss.
Alex nacque nel 1917 a Brooklyn. Suo padre, polacco e con una grande passione per la musica, disegnava scarpe da donna, mentre sua madre era una sarta. Sin dalle scuole superiori Alex dimostrò un talento notevole per il disegno e l’illustrazione, entrò in un programma speciale di graphic design e venne incoraggiato a progettare poster e volantini per gli eventi che la scuola organizzava. Nel 1934 vinse una borsa di studio per la Parsons School of Design di New York, e una volta terminati gli studi divenne assistente del designer viennese Joseph Binder, specializzato in poster e artefatti pubblicitari. Infine, a soli 23 anni, nel 1939 fu assunto dalla Columbia Records come primo art director della nuova sede.
9
INTRODUZIONE
Alex lavorò senza sosta sul materiale pubblicitario per la CBS Records per circa sei mesi, producendo anche cinquanta pezzi a settimana, quando improvvisamente arrivò l’illuminazione: si rese conto che la Columbia Records -al pari delle altre etichette discografiche- vendeva i suoi dischi in involucri di carta poco attraenti o evocativi e per nulla caratteristici.
Quindi propose alla società di disegnare lui per primo delle cover che fossero più d’impatto e invogliassero maggiormente le persone all’acquisto: la proposta destò delle perplessità a causa dell’aumento non indifferente dei costi di produzione, ma alla fine gli fu accordato il permesso di compiere degli esperimenti.
Il primo album su cui Steinweiss lavorò fu una raccolta di canzoni del duo Rodgers&Hart Il giovane convinse il proprietario dell’Imperial Theatre a cambiare per un attimo le lettere dell’insegna: arrivata la sera, egli sostituì i caratteri così che formassero la scritta “Smash Song Hits by Rodgers & Hart”, quindi fece accendere l’insegna. Il fotografo che era con lui scattò una foto all’edificio, e questa venne a breve utilizzata per creare la prima copertina discografica della storia.
10
INTRODUZIONE
Steinweiss lavorò anche su altre copertine, tra cui un arrangiamento della III sinfonia “Eroica” di Beethoven eseguito da Bruno Walter. Poche settimane dopo, il Newsweek avrebbe riportato un incremento di vendite dell’895% per quel disco rispetto a quanto avveniva per la versione senza packaging illustrato.
Le sue cover erano realizzate come se fossero state dei poster in miniatura, seguendo la tradizione grafica francese e tedesca dei primi anni Trenta: tinte piatte e utilizzo di forme surreali e simboli per un effetto metaforico. Questo perché Steinweiss credeva che un’iconografia musicale e soprattutto culturale avrebbe catturato l’attenzione del consumatore molto più che un classico ritratto dell’artista che aveva realizzato il disco. George Gershwin, “La Rapsodia in Blu”, eseguita da André Kostelanetz e la sua orchestra, Columbia Records, 1941
11
INTRODUZIONE
I suoi lavori migliori non erano affatto meramente decorativi, anzi in qualche modo commentavano la musica che accompagnavano, come accadde ad esempio per “Songs of Free Men” di Paul Robeson, per cui Steinweiss costruì un monumento grafico contro gli orrori della schiavitù e del potere.
Lavorare nella sede di Bridgeport -isolata dal punto di vista grafico e priva di molti mezzi e attrezzature di uso comune- influenzò molto i design di Alex. Senza i supporti adeguati, si ritrovò ad esempio nella condizione di realizzare tutti i lettering dei titoli a mano, e finì per sviluppare un proprio personale stile di scrittura, lo Steinweiss Scrawl, che venne poi licenziato dalla Photolettering Inc. nei primi anni Cinquanta.
12
INTRODUZIONE
Con lo scoppiare del secondo conflitto mondiale, Steinweiss fu costretto a lasciare il suo incarico alla Columbia Records per un impiego nella Marina, come progettista e illustratore dei manifesti di arruolamento. La guerra non solo arrestò quasi del tutto lo sviluppo dell’industria discografica, ma ebbe un’altra conseguenza su di essa, ancora maggiore: a causa degli embarghi e delle difficoltà che un conflitto comportava a livello di scambi commerciali, la ceralacca che veniva usata per rivestire le superfici dei 78 giri diventò sempre più difficile da reperire. Questo portò alla ricerca di altri materiali per sostituire la
gommalacca e, a guerra conclusa, fu proprio la Columbia Records a introdurre nel 1948 i dischi in vinile, detti anche 33 giri o LP. Come il suo antenato, il disco in vinile è una piastra circolare recante su entrambe le facce un solco a spirale, inciso a partire dal bordo esterno, in cui è codificata in modo analogico la registrazione dei suoni. Le migliori qualità tecniche di questo materiale rispetto alla gommalacca permisero di ridurre la larghezza e la profondità dei solchi, diminuire il passo della spirale e abbassare la velocità di rotazione da 78 a 33 giri per minuto, ottenendo così una maggiore durata di ascolto, che raggiunse i circa 30 minuti per lato.
13
INTRODUZIONE
Steinweiss venne convocato dallo stesso presidente della Columbia, Ted Wallerstein, il quale gli mostrò uno degli LP della prima serie andata in stampa. Wallerstein tuttavia gli comunicò che si erano presentati dei seri problemi di packaging, dal momento che gli involucri di carta da pacchi usati sino a quel momento erano troppo pesanti e lasciavano dei segni sulla superficie del disco quando impilati uno sull’altro, rovinandone la qualità. Steinweiss quindi sviluppò il prototipo per una sorta di tasca di cartone più leggero, contenuta all’interno di una copertina pieghevole. La parte più difficile fu trovare un fornitore che avesse la volontà di investire all’incirca 250.000$ in nuovi
14
macchinari per stampare, foderare e incollare le nuove cover: in questo si fece aiutare dal suo genero. Il rivestimento sottile di cartone, stampato in quadricromia sul fronte e in bianco e nero sui lati, divenne così lo standard per l’industria degli LP. L’invenzione di Steinweiss influenzò non solo i dischi stessi, ma permise anche una maggiore varietà artistica per quanto riguarda i design delle cover. Le tecniche di stampa sempre più avanzate incoraggiarono l’uso di fotografie, piuttosto che di illustrazioni minimali come quelle introdotte da Alex, il quale continuò a lavorare nell’industria e preferì sempre e comunque un approccio di tipo illustrativo e tipografico.
INTRODUZIONE
All’età di 55 anni, Steinweiss -in maniera un po’ riluttante- decise di ritirarsi dal business, pur continuando a progettare packaging di vario genere sino al suo trasferimento a Sarasota, in Florida, dove si dedicò alla pittura e alla realizzazione di poster per vari enti locali, tra cui l’orchestra sinfonica. Steinweiss ha inventato un vero e proprio campo, una nuova disciplina, e in un certo senso le coper-
tine che ha realizzato per i dischi visualizzavano la musica nello stesso modo in cui, decenni dopo, avrebbero fatto i video musicali, portando a loro volta una prospettiva completamente nuova. Nonostante abbia poi abbandonato il campo, il suo apporto al mercato e alla cultura pop americana (e mondiale) è stato indubbiamente enorme. Alex Steinweiss è morto proprio a Sarasota, nel 2011, all’età di 94 anni.
Chain Gang, Joshua White and his carolinians. Columbia, 1940 “Concerto per piano numero 5”, Ludwig van Beethoven. Columbia, 1941 “Don Chisciotte”, Richard Strauss. Columbia, 1942
“Robin Hood” interpretato da Basil Rathbone. Columbia, 1945 “Sinfonia numero 4”, Gustav Mahler. Columbia, 1945-46 “Concerto per violino numero 3”, Frederick Delius. Columbia, 1947
“Sinfonia numero 2”, Johannes Brahms. Columbia, 1948 “Concerto numero 3” Béla Bartók, Decca Records, 1950 Moody Woody, Woody Herman, Everest Records, 1959
15
1960
“
REID MILES
Credo che la tipografia nei primi anni cinquanta fosse in pieno rinascimento. Lo abbiamo notato prima nel settore delle copertine discografiche semplicemente perché non è restrittivo come quello della pubblicità.
”
17
In un contesto di Guerra fredda che divide il mondo in due blocchi, la situazione si aggrava improvvisamente quando a Cuba una rivoluzione rovescia il regime filoamericano, e il nuovo leader Fidel Castro cerca il sostegno diplomatico dell’Urss. Questo porterà alla crisi missilistica nell’area cubana, sventata per poco dall’azione diplomatica del presidente Kennedy. È il 1963, anno in cui Martin Luther King tiene il discorso passato alla storia come “I have a dream”. Il presidente, in visita ufficiale a Dallas, nel Texas, verrà ucciso da un cecchino con un colpo alla testa. Dopo l'assassinio di Kennedy, si inasprisce la conflittualità dello scenario mondiale. Gli Stati Uniti, con i presidenti Johnson e Nixon, entrano in conflitto con i guerriglieri filocomunisti del Vietnam, ipotizzando una rapida vittoria. Nel frattempo in Italia il “miracolo economico” arriva tra il 1959 e il 1960. Un’ondata di euforia attraversa il paese negli anni compresi tra il 1955 e il 1963. Tra gli indici di più diffuso benessere,
18
la crescita dell’industria automobilistica e l’aumento di consumi legati agli elettrodomestici. Tuttavia la rapidità con cui si verificarono i cambiamenti socio-economici, fece sì che il paese non riuscisse a risolvere quei problemi strutturali che si portava dietro da prima della guerra. Verso la fine del decennio poi, negli Stati Uniti le contestazioni contro il conflitto vietnamita s’intrecciano con le contestazioni contro il sistema capitalistico, dando origine a rivolte che culminano nel 1968 e si diffondono in tutto il mondo, vedendo nei giovani e negli studenti i protagonisti principali. In seguito, il movimento giovanile si scinderà tra scelte pacifiste e prosecuzione violenta della lotta, inaugurando la stagione del terrorismo.
1960
In Nord America e in Europa questo decennio fu particolarmente rivoluzionario in termini di musica pop e rock. I primi anni Sessanta videro proseguire i trend che avevano caratterizzato il pop e il rock and roll di metà anni Cinquanta; ciononostante, il rock and roll già esistente iniziò a fondersi in una forma più eclettica e internazionale, grazie alle influenze del pop rock, del beat, del rock psichedelico, del blues e del folk rock. In particolar modo lo stile country-folk dei tardi anni Sessanta vide crescere una generazione di famosi cantanti e cantautori, che scrivevano e suonavano da sé le proprie opere (un esempio su tutti: Bob Dylan). Al di là dei conosciutissimi generi rock e R&B, anche la musica latino-americana, giamaicana e cubana raggiunsero un buon grado di popolarità nel corso del decennio. Inoltre i Sessanta furono degli anni molto importanti, dal momento che seguirono lo sviluppo di musica più sperimentale, come il jazz e la musica classica contemporanea, noti per il loro minimalismo e improvvisazione.
I Beatles festeggiano il Grammy, Billboard, pg. 15, 1965 Bob Dylan nel suo appartamento a New York, 1963
19
1960
Gli anni Sessanta furono un decennio di sperimentazione culturale e di ribellione e, così come in tanti altri aspetti della vita, tutte le regole riguardo alla tipografia precedentemente stabilite furono cambiate. Questo periodo di innovazione condusse all’invenzione della tipografia psichedelica, che parve catturare al meglio lo spirito dell’epoca. Quel che una volta veniva considerato tabù, diventò la norma: i designer accolsero con entusiasmo caratteri illeggibili e colori fluorescenti.
Catalogo della Photo-Lettering, Inc., copertina a cura di Dan Benguiat, 1968
20
Una rivoluzione coinvolse la composizione tipografica in quegli anni: la fototipografia, ovvero un procedimento che permetteva di ottenere matrici da stampa in rilievo per mezzo della fotografia dell'originale. Questa nuova tecnica rese i caratteri più flessibili, permettendo di ridurre l’interlinea tra le righe di un testo senza comprometterne la leggibilità. Usando la fototipografia, i designers poterono sperimentare combinazioni di diversi caratteri e variare la relazione spaziale fra testo e immagini.
Libro di cucina, pubblicato da David White, Inc., New York, 1969. Copertina a cura di Loretta Trezzo
1960
Copertina a cura di S. Neil Fujita
Autore
Lew Davies
Casa discografica Command Records
Anno 1961
Nel 1961 viene prodotto dalla Command Records l’album jazz “Strange interlude”, una collezione di brani suonati da Lew Davies e la suo orchestra con l’utilizzo sia di vari strumenti classici che di alcuni più e esotici. Anche se né l’autore né il disco sono cosiderati cult, il trattamento grafico riservato alla copertina ad opera di S. Neil Fujita è particolarmente apprezzato ancora oggi. 21
1960
La scelta di colorare gli spazi tra le lettere è probabilmente derivata dal significato di “interlude” fuori dall’ambito musicale. I colori usati, in netto contrasto con i toni ipersaturi contemporanei, servono ad indicare che l’album è particolare e “strano” come da titolo.
Il design, anche se più a livello grafico che concettuale, è stato riutilizzato varie volte soprattutto dopo il 1970
Egbe Omo Nago, Music Of Golden Africa, 1977 The Dave Clark Five, 1971 Matisse, uma vida, 2012 British Painting in the Sixties (mostra), 1963
22
1960
Il carattere di partenza è l’Aurora Neue, una rivisitazione della fonderia C.E Weber datata 1960 del più classico Aurora extracondensed.
Per far assumere la forma quadrata alla scritta, la spaziatura dei caratteri è stata eliminata quasi del tutto. In alcuni punti le lettere sono state modificate per migliorare la legibilità.
Gli intermezzi tra le lettere sono stati colorati, le tonalità scelte sono piuttosto peculiari ed assolutamente non comuni nei lavori contemporanei.
23
1960
Copertina a cura di Reid Miles
Autore
Lee Morgan
Casa discografica Blue Records
Anno 1965
“The Rumproller” è un LP jazz del trombettista Lee Morgan pubblicato nel 1965 dalla blue records. Pur non essendo arrivato al successo del precedente “The Sidewinder” l’album, con i suoi ritmi veloci e le sfumature blues rimane tra i cult del genere hard bop.Ad accompagnare la qualità sonora dei dischi prodotti dalla blue records c’è 24
senza dubbio la direzione artistica di Miles, che, occupandosi di tutte le cover art dell’etichetta, ha definito uno stile unitario, riconoscibile e copiato ancora oggi. Reid Miles viene assunto dalla Blue records come art director nel 1955 dando vita nel corso di quindici anni a più di 500 copertine.
1960 Dippin’ , Hank Mobey, 1960 In ’n out, Joe Henderson, 1964 It’s time!, Jackie McLean, 1965 Happy frame of mind, Horace Parlan, 1989
Nel corso della sua carriera come art director in blue records, Reid Miles ha creato cover per tantissimi musicisti, eppure ogni copertina, pur mantenendo alcune caratteristiche comuni come foto in bianco e nero, palette limitata e uso della tipografia, risulta unica. Felix Cromey scrive nel volume “The Cover Art of Blue Note Records” che attraverso il lettering Miles riesce a trasmettere cosa si cela all’interno degli album. Negli anni cinquanta, con l’industria del design in piena rivoluzione, Reid Miles è all’avanguardia nell’arte della composizione tipografica attraverso l’uso di font freschi e audaci, forti contrasti e asimmetrie.
Durante gli anni di direzione artistica Reid Miles instaura con successo un rapporto di collaborazione e amicizia con Andy Wharol che si concretizzera nella realizazzione di varie copertine a quattro mani.
Trombone by Three, 1956 Kenny Burrel Vol.2, 1957 Blue Lights Vol.1, 1958 The congregation, 1958
25
1960
Il font da cui Reid Miles parte per creare la copertina dell’album è un sans condensed non noto, simile ad Impact per ingombro.
La scritta, allineata a destra, ha subito delle modificazioni nella crenatura in modo da avere le ultime due righe della stressa lunghezza.
Non è noto se il font sia stato modificato manualmente o se sia stata usata una tecnica fotografica. Attraverso le guide si può notare come parte della scritta si deformi in modo diverso a causa dell’elaborata distorsione.
26
1960
Copertina a cura di Artista sconosciuto
Autore Rolling Stones Casa discografica Decca Records
Anno 1968
“Beggars Banquet” pubblicato nel 1968 dai Rolling Stones è il settimo album della discografia inglese e il nono di quella statunitense. L’album segna un ritorno alle radici Blues e R&B, dopo la parentesi psichedelica dell’anno precedente. Qui gli Stones accantonano definitivamente le sonorità pop rock inglesi, acquisendo un linguaggio musicale prettamente
americano. Il titolo del disco è stato ideato dall’artista Christopher Gibbs, che stava decorando la casa di Mick Jagger a Chelsea. Egli suggerì di intitolare l’opera “Beggars Banquet” (in italiano “Il banchetto dei mendicanti”) forse in riferimento alla blasfema cena dei mendicanti presente nel film Viridiana di Luis Buñuel. 27
La copertina del disco doveva essere in origine una foto di un muro all’interno di un bagno pubblico ricoperto di graffiti opera di Barry Feinstein, ma le due case discografiche inglese ed americana rifiutarono la foto proposta per la cover dell’album. La copertina, scarata al tempo, comparirà nella ristampa dell’album su CD del 1984 ed in tutte le successive ristampe.
Beggars Banquet, copertina originale, 1984
Dopo qualche mese, esattamente in dicembre, la band decide di pubblicare l’album con una copertina somigliante ad un invito per un matrimonio. Attraverso l’uso di una tipografia opposta a quella che generalmente si associa al rock’n’roll, i Rolling Stones riescono in modo creativo a rispondere alla censura.
Michael Joseph, Beggars Banquet,1964
28
1960
Copertina a cura di Nick Tweddell Pete Brown
Autore
Small Faces
Casa discografica Immediate Records
Anno 1968
“Ogdens’ Nut Gone Flake” è il quarto album del gruppo musicale rock inglese Small Faces, pubblicato nel 1968 su etichetta Immediate Records. Il disco, un concept album, ha raggiunto il primo posto della classifica inglese nel giugno dello stesso anno. Pur essendo arrivato a ricoprire la prima posizione nelle classifiche in patria per sei
settimane, l’album non ebbe successo fuori dall’Inghilterra. Il disco è contenuto in una custodia di metallo progettata da Nick Tweddell e Pete Brown parodia del tabbacco Ogden’s Nut-brown Flake.
29
Dopo lo straordinario impatto culturale e commerciale avuto da “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles l’anno precedente, si diffuse la moda di esplorare nuovi territori musicali e di concetto. Domandandosi se sarebbero stati in grado di mantenere alta l’attenzione e l’interesse degli ascoltatori per entrambe le facciate dell’album, gli Small faces decisero di riservare solo il secondo lato dell’LP al “concept” vero e proprio, narrando la storia di “Happiness Stan” e della sua ricerca del lato nascosto della luna. The Beatles, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts, 1967
La tipografia presente sulla copertina è di ispirazione Vittoriana, il lettering è disegnato a mano ed ogni linea di testo ha un font ed un trattamento diverso. A differenza di molte copertine che basano stile e tipografia sul lettering ornato vittoriano, “Ogdens’ special Nut Gone flake” mantiene uno stile molto pulito nelle decorazioni e nei colori, evitando complessi tratteggi per definire le ombre a favore dell’uso di tinte piatte e sfumature; la scelta è probabilmente dipesa dal uso del metallo in sostituzione della carta per la cover.
L’ispirazione per la copertina deriva dal tabbacco Ogden’s Nut-brown Flake prodotto a Liverpool a partire dal 1899 da Thomas Ogden. L’innovativa custodia in metallo non venne apprezzata a causa del suo eccessivo costo, inoltre la forma tendeva a farla rotolare sugli scaffali, provocando disagi ai venditori. Scatola di tabacco Pedro Cut Plug 1890-1903
30
1970
“
GERALD SCARFE
Dal mio punto di vista, è stata un’accoppiata vincente, perché Roger non ha provato in alcun modo a imporsi sul mio lavoro. Era dell’idea che se si assume un artista, non bisogna cercare di cambiare quel che crea. Lavoravamo in due campi diversi -musica e arte- eppure siamo riusciti ad aiutarci a vicenda.
”
31
1970
I primi anni di questo decennio sono caratterizzati da un forte ottimismo generale: l’economia mondiale sembra essersi definitivamente riassestata dopo le travagliate vicissitudini della prima metà del secolo, e pare essersi indirizzata verso un circolo virtuoso che vede la crescita della produttività andare di pari passo con l’aumento dei salari, anche grazie alle numerosi rivendicazioni dei movimenti operai. Trent'anni di sviluppo economico tumultuoso avevano radicato nella mentalità comune la convinzione che l'economia ormai avesse trovato la ricetta di una crescita infinita, ma la realtà si rivelerà ben diversa. A interrompere questi racconti interviene improvvisa la crisi del 1973-74, causata dalla brusca carenza di petrolio e il conseguente aumento a livelli stellari dei prezzi dell'energia. Tuttavia la crisi di quel biennio fu l'ultima tappa di un processo di svuotamento degli elementi che avevano sostenuto i miracoli economici post bellici. La fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 hanno espresso un momento di forza operaia e di crescente difficoltà per l'economia capitalista all'interno del Primo mondo: ciò aveva portato ad avere dei salari paradossalmente sbilanciati rispetto ai profitti. Inoltre, la dispendiosa guerra in Vietnam pose gli Stati Uniti
nella condizione non solo di stampare più cartamoneta, ma addirittura di slegare il valore del dollaro rispetto alle riserve di oro custodite a Fort Knox: questo generò mancanza di stabilità economica. Infine la conclusione dell'epoca dei mercati di riempimento (quelli dei beni comprati ex novo) a favore dei mercati di sostituzione (assai meno redditizi a causa della concorrenza spietata) portò ad una crisi della sovrapproduzione. Insomma gli anni Settanta si sono ritrovati ad abbandonare le illusioni per fronteggiare una realtà molto più dura e carica di conseguenze. Nel corso del decennio hanno preso piede numerosi movimenti per i diritti non solo delle persone -come ad esempio il movimento femminista, che rivendicava i diritti delle donne- ma anche dell’ambiente, dal momento che le due crisi petrolifere del 1973 e del 1979 avevano portato l’opinione pubblica a riflettere per la prima volta in maniera profonda sulle risorse del pianeta e sul loro impiego per uno sviluppo più sostenibile. Per quanto riguarda l’Italia, in questo periodo inizia il triste fenomeno del terrorismo politico, che con l’azione delle Brigate Rosse fra attentati, rapimenti e assassinii, inaugura i cosiddetti “anni di piombo”.
Leon Mill spray-paints a sign outside his Phillips 66 station in Perkasie, Pa., 1973
32
1970
Negli anni Settanta ci fu una varietà di generi musicali come mai prima di allora: funk, soul, R&B, pop, hard rock, soft rock, disco, ciascuno di loro trovò il suo spazio nel mondo della musica di quegli anni. In più sul finire del decennio si verificò la nascita di un genere completamente nuovo: l’hip-pop. Questa fu l’epoca d’oro dei vinili: erano economici, alla portata di tutti, e tutti avevano gli strumenti necessari per ascoltarli. D’altro canto i supporti musicali, tecnicamente più avanzati, diedero agli artisti la possibilità di lavorare su più di 4 tracce per volta, consentendo ancora più sperimentazioni. Tuttavia il 1970 segnò per molti versi la fine di un’era: non solo il pop-rock perse i suoi rappresentanti più famosi -i Beatles infatti si sciolsero in quegli anni a causa di conflitti interni al gruppo- ma moltissime band rinnovarono il proprio repertorio musicale, cambiando totalmente genere rispetto a prima. In linea di massima comunque, i Settanta videro l’ascesa della disco, che diventò forse il genere più rappresentativo dell’epoca, specialmente verso la fine del decennio. Il rock giocò un ruolo di fondamentale importanza nella scena musicale occidentale, portando alla ribalta il punk rock, il progressive rock e l’heavy metal. La crescita della musica sperimentale portò numerosi contributi anche all’elettronica, un genere in continuo sviluppo in quegli anni grazie alle continue innovazioni tecniche dei sintetizzatori e degli armonizzatori: sempre più compositori accolsero questo tipo di musica, guadagnandosi l’attenzione di ascoltatori sempre più desiderosi di nuovi sound.
Steve Wonder durante un’esibizione, 1973 Il gruppo dei Ramones suona al New York Theater durante una tappa del loro tour, 1976
33
1970
Per quanto riguarda la tipografia, nel corso degli anni Settanta si affiancarono due tendenze opposte: da un lato delle palette neutre sui toni del cuoio e del beige, affiancate a scritte classiche e dal sapore ottocentesco; dall’altro colori sgargianti e d’impatto e fon esagerati, eccentrici e sperimentali. La prima categoria venne largamente utilizzata per quanto riguarda la pubblicizzazione di capi d’abbigliamento, calzature, prodotti per capelli e in alcuni casi automobili (Ford è l’esempio più classico).
Una pagina di Motor Trend, October 1973
34
La seconda categoria invece trovò il suo impiego in tutto ciò che riguardava l’intrattenimento, dai manifesti cinematografici alle copertine dei dischi. In particolar modo, la crescita della disco music portò alla creazione e sperimentazione di font sgargianti ed esagerati, con un effetto simil-tridimesionale e dalle forme estreme. Questo genere di innovazioni venne inoltre facilitato enormemente dalla possibilità di reperire senza troppi problemi delle stampanti offset in quadricromia, che consentirono a tutti di rivestire i propri annunci delle tonalità più disparate.
La copertina per Black Holes & Bug-Eyed-Monsters di Asimov, llustrazione di copertina di Frank Kelly Freas G.H. Scithers, 197I
1970
Copertina a cura di Artista sconosciuto
Autore
The Rolling Stones
Casa discografica Decca Records
Anno 1975
“Rolled Gold: The Very Best of the Rolling Stones” è un album compilation rilasciato nel 1975 dalla precedente casa discografica della band, senza la loro autorizzazione: il progetto originario infatti prevedeva tracce in più, illustrazioni e altri extra insieme al disco, ma venne bloccato in fase di lavorazione. Per questa ragione, il nome dei Rolling Stones non compare sulla copertina. Questo album venne studiato da Decca esclusiva-
mente per il mercato inglese -infatti non venne mai rilasciato in America- raccogliendo tutte le hits che lì avevano ottenuto più successo. Al suo interno, la custodia contiene 4 diversi vinili con meno di una decina di tracce ciascuno. Nel 2007 ne è stata creata una versione rimasterizzata per UMTV, a cui sono state aggiunte numerosissime tracce e per cui è stata commissionata una nuova copertina. 35
1970
Sulla copertina del vinile sono ritratti i vari componenti che hanno fatto parte della band sin dal suo anno di nascita, il 1962. Il gruppo ha poi subito nel tempo non poche variazioni, a causa della morte o dell’abbandono dei suoi membri. Al centro vi è Mick Jagger, uno dei fondatori e cantante principale. Attorno a lui, da destra verso sinistra: Keith Richards, Mick Taylor, Bill Wyman, Brian Jones, Ian Stewart.
Titolo e sottotitolo dell’album possiedono un font di creazione originale, ma che si ispira fortemente ad una delle tendenze cardine di quel periodo, che vede la nascita di font estremamente affusolati o tondeggianti.
Nessuna delle lettere subisce una particolare deformazione, con l’eccezione della R e della G, le cui code vengono allungato così da creare un effetto di sottolineatura al di sotto del titolo.
36
1970
Copertina a cura di Pacific Eye & Ear
Autore
Bee Gees
Casa discografica Polydor
Anno 1975
“Main Course” è un album di transizione per i Bee Gees, che attraverso la sua pubblicazione cercano sia di riaffermare la loro popolarità nella scena Americana, che di avvicinarsi al movimento disco in voga in quegli anni. Per completare la transizione dall’ R&B alla disco, la band sceglie di affidare la creazione dell’album art alla Pacific Eye & Ear, agenzia di
comunicazione fondata da Ernie Cefalu, Designer specializzato in Album art e creatore del logo “lips and tongue” dei Rolling Stones. La copertina, di ispirazione art noveau e art deco, ha come protaginista il nome della band in un font disegnato da Cefalu stesso, che diventerà poi il logo del gruppo. 37
1970
Il lettering, disegnato a mano da Ernie Cefalu, prende ispirazione da molti stili diversi, tra cui l’art noveau e la scrittura gotica. Le legature tra maiuscole e aluni tratti distintivi del font vennero copiati da band come Blind Guardian Bliind Guardian, Nightfall in Middle-Earth, 1998
L’illustrazione che contorna il lettering è di Drew Struzan, diventato poi molto popolare a partire dal 1977 dopo la realizzazione del manifesto pubblicitario di Guerre Stellari. Il pesante contorno nero ai bordi e lo svolazzante nastro sono sicuramente di stampo Muchano, tuttavia la completa nudità del soggetto raffigurato, la posa e lo sguardo vanno in totale contraddizione con i temi e lo stile d’ispirazione all’autore.
Alphonse Mucha, danza, 1898
38
1970
Copertina a cura di Studio Hipgnosis
Autore XTC
Casa discografica Virgin Records
Anno 1978
“Go 2” è il secondo album della band rock XTC e l’ultimo in cui figura Barry Andrews alla tastiera. Nel momento di piena espansione del movimento punk, il gruppo propone una miscela di funk, punk, ska e reggae. L’album entra nelle classifiche arrivando al 21° posto in Inghilterra, tuttavia l’apice della pololarità arriva nel 1980 quando la band si avvicinana a sonorità meno sperimentali.
La cover art dello studio Hipgnosis, si distingue attraverso l’impiego di una “meta-narrazione”: sulla copertina infatti è stampato un saggio che spiega come le cover dei dischi siano usate per attirare l’attenzione e spingere all’acquisto. Il font utilizzato è un mono-space simile a quello delle macchine da scivere e l’effetto “muro di testo” spinge l’utente a leggere con più attenzione. 39
Lo studio Hipgnosis, specializzato nella creazione di copertine per album musicali, era fortemente orientato alla fotografia, e furono pionieri nell’uso di molte tecniche innovative dal punto di vista visuale e del packaging (in particolare attraverso surreali ed elaborate manipolazioni fotografiche). La notorietà dello studio arriva con l’album “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd.
Pink Floyd -The Dark Side of the Moon, 1978 Led Zeppelin -Houses of the Holy, 1971
Il post-punk è un movimento musicale nato verso la fine degli anni Settanta, che fonde il punk rock con elementi sperimentali; esso non è da intendersi come un genere musicale vero e proprio, ma piuttosto come un’etichetta utilizzata per quei gruppi che intorno al 1980 iniziarono ad unire il punk rock con vari altri generi musicali.
Joy Division, Unknown Pleasures, 1979 Killing Joke, compilation, 1971 Cabaret Voltaire, The Voice of America, 1980 Ultravox!, Ha! Ha! Ha!, 1977
40
1970
Copertina a cura di Gerald Scarfe
Autore
Pink Floyd
Casa discografica
Harvest Records (UK) Columbia Records (USA)
Anno 1979
“The Wall” è l’undicesimo album della rock band inglese Pink Floyd. Roger Waters lo concepì nel corso del tour di “In the Flesh”, nel 1977. Tutto ebbe origine da un sentimento di profondo disagio nel suonare di fronte ad audience sempre più vaste, che lo portò a riflettere sulla sua sempre crescente esigenza di isolarsi, di creare un muro tra la band e il pubblico. Così nasce Pink, il protagonista dell’album, che Waters modellò su di sé e
Syd Barrett, il leader originario della band. La sua storia ha inizio durante la Seconda Guerra Mondiale, con la perdita del padre, e continua tra gli abusi di insegnanti severi e di una madre troppo protettiva, sino a giungere al fallimento del suo matrimonio. Tutto ciò contribuisce al senso di isolamento auto imposto del protagonista rispetto al resto del mondo e alla società, comunicato attraverso un muro metaforico. 41
1970
Gerald Anthony Scarfe è un illustraore e animatore inglese. Per i Pink Floyd, ha lavorato alla cover di “The Wall”, oltre che al tour (198081) e alla trasposizione animata(1982) ad esso relativi. La scelta della band fu motivata innanzitutto dallo stile e dall’approccio di Rogers alla vita, estremamente cinico, satirico, caricaturale. In secondo luogo la band venne impressionata dalla capacità di Rogers di veicolare emozioni molto forti attraverso il suo
stile di disegno, in cui corpi e oggetti mutavano a seconda delle emozioni che l’autore desiderava raffigurare. L’artista, in primo luogo titubante in quanto non esattamente fan della band, cambiò idea in seguito alla visione live di “The Dark side of the Moon” a Finsbury Park: rimase assolutamente impressionato dalla teatralità del concerto, e si disse ansioso di vedere se si potessero trovare dei progetti su cui lavorare insieme.
vari personaggi della storia di Pink, Interno della copertina pieghevole di “The Wall”, 1979
42
1970
Originariamente, la custodia del vinile era stata pensata per raffigurare solamente il muro bianco di mattoni, ovvera la metafora più importante attorno alla quale l’intero album si struttura. Vi è quindi una relazione molto stretta fra il soggetto della copertina e il contenuto dell’album, tanto che Scarfe ammette che “lui e Rogers erano quasi terrorizzati al pensiero di rovinarla apponendole un logo sopra”.
Tuttavia, alla fine Rogers e Scarfe considerarono il fatto che, senza un logo o qualcosa che lo rendesse riconoscibile, l’album non sarebbe stato acquistato. La soluzione che trovarono fu di stampare il nome della band e dell’album (in rosso o in nero) su di un pezzo di cellophane all’interno della pellicola protettiva, in modo che una volta scartato, il vinile tornasse bianco come era in origine. Le lettere sono state scritte dallo stesso Scarfe secondo la sua grafia, di getto e senza un particolare studio, proprio perché il fulcro di tutto è il muro bianco di mattoni. 43
1970
Copertina a cura di Artista sconosciuto
Autore Chicago
Casa discografica Columbia Records
Anno 1979
“Chicago 13” è l’undicesimo album studio della rock band americana Chicago, ed è anche l’unico -insieme a “Chicago 7”- in cui tutti i membri del gruppo hanno preso parte alla stesura dei testi delle canzoni. Questo è inoltre l’ultimo album che vede la partecipazione di Donnie Dacus, il primo chitarrista, il quale venne licenziato in seguito al tour promozionale per motivi che ancora oggi 44
rimangono ignoti. Nel 2003 questo album ha ricevuto un’edizione rimasterizzata per Rhino Records, nonostante al tempo dell’uscita abbia riscosso poco successo, e anzi fu accolto molto criticamente non solo dai recensori, ma anche dagli stessi appassionati della band.
1970
La peculiarità della copertina di questo album è la raffigurazione dall’alto del complesso Marina City situato per l’appunto sulla riva nord del fiume Chicago, nella città omonima in Illinois. Tale complesso urbano venne costruito tra il 1959 e il 1964, secondo il progetto dell’architetto Bertrand Goldberg. Le due torri gemelle, dalla caratteristica forma a pannocchia, contengono nella parte inferiore dei parcheggi, mentre nella parte superiore gli spazi ad uso residenziale o commerciale. Il complesso si affaccia inoltre su di un piccolo porto turistico.
Wilco, Yankee Hotel Foxtrot, 2012
Marina City è stato inoltre raffigurato come protagonista anche nella copertina del quarto album della rock band Wilco, “Yankee Hotel Foxtrot” (2012). 45
1970 Il logo della band venne creato nel 1969, secondo un’idea di John Berg -l’allora art director della Columbia Records- e poi perfezionato da Nicholas Fasciano, che materialmente lo disegnò e si occupò anche della realizzazione grafica delle
Chicago
successive copertine del gruppo. L’intento era di voler richiamare lo spirito della città e di trascendere l’individualità dei singoli membri della band, che infatti non compariranno mai ritratti in una copertina.
L’ispirazione del logo deriva da un font che si rifà allo Spencerian script, uno stile di scrittura diffuso in America nella seconda metà dell’Ottocento e che servì da base anche al design del logo della Coca Cola.
La composizione del logo risulta interessante principalmente per il senso di continuità che si percepisce (nonostante sia la C che la O non siano direttamente connesse alle altre lettere). Ciò è dovuto senz’altro anche all’ascendente della g che si collega alla coda della o finale, e alla grazia della C maiuscola che arriva a sostituire il puntino della i.
In “Chicago 13” il logo della band viene distorto prospetticamente per restituire visivamente l’impressione del grattacielo visto dall’alto. I due edifici di Marina City sono stati uniti per adattarsi alla scritta, e il complesso si riflette anche nello specchio d’acqua dell’illustrazione.
46
1980
“
MICK HAGGERTY
Durante il periodo più creativo del design di album la sfida era andare contro ogni restrizione imposta dal mercato. Credo che le immagini commerciali create per l’industria musicale abbiano dato forma al linguaggio visivo della società anche più dell’arte.
”
47
1980
Indubbiamente molti degli avvenimenti, politici così come culturali, che hanno lasciato il segno in quei dieci anni sono riconducibili all’America di Ronald Raegan. La Nuova Destra raccolse quel che era rimasto del Paese dopo la tremenda sconfitta del Vietnam, e riportò gli Stati Uniti in primo piano sullo scenario mondiale, anche se ad un costo non indifferente. Le politiche di Raegan si basavano principalmente su di una forte liberalizzazione e deregolamentazione del mercato, con un controllo statale meno opprimente, in aggiunta alla riduzione dei sussidi per favorire i tagli alla spesa pubblica (nonostante le più che ingenti spese militari attuate per il riarmo statunitense e l’appoggio persistente a Paesi e piccole potenze antisovietiche). Terminata l’era degli hippy con la fine dei Settanta, giunse l’era degli “yuppies” (Young Urban Professional), giovani lavoratori urbani, ambiziosi e spudorati, affamati di fama e di soldi. L’immagine che gli yuppy diedero di sé mutò presto in quell’immaginario eccentrico che spesso viene associato agli anni Ottanta: fu un periodo
48
di consolazione e di rivalsa dopo le difficoltà del decennio precedente. Esso tuttavia è stato segnato anche da un incredibile progresso tecnologico -destinato solo ad aumentare ulteriormente negli anni a venire. Si ha la nascita dei primi microprocessori moderni, dei primi telefoni cellulari, l’ulteriore sviluppo della televisione e delle videotrasmissioni e, più importante ancora, di internet. Proprio verso la conclusione del decennio, i primi -pochi- Paesi del mondo, in via sperimentale si connettono ad una rete comune. Ma dall’altro lato della medaglia, in Italia l’espressione “Milano da bere”, dedicata al capoluogo lombardo dell’era craxiana e del Partito socialista italiano, identifica perfettamente le debolezze e le vacuità del decennio. Agguerrito, pronto a tutto, con un benessere percepito su vasta scala e quindi origine di una propensione a spendere (spesso più del possibile) anche solo per apparire. Lo slogan divenne, allo scoppio di Tangentopoli, il cavallo di battaglia per evocare la spregiudicatezza di politici e imprenditori oggetto dell’inchiesta Mani pulite.
Michael Jackson agli American Music Awards, 1980
Gli anni Ottanta videro la diffusione della “dance music”, dopo il declino della disco all’inizio del decennio. Il rock mantenne intatta la sua popolarità, affiancato dal soft rock, glam metal e trash metal, caratterizzati da pesanti distorsioni, picchi armonici e potenti vibrati. Ci fu un incremento nell’utilizzo di strumenti di registrazione digitale, associati ai sintetizzatori già sviluppatisi nella decade precedente: il synth-pop, la musica elettronica e altri generi che implementavano l’uso di strumenti non tradizionali guadagnarono sempre maggiore popolarità. Questo portò quindi allo sviluppo dei generi elettronici come il techno, l’house, il freestyle e l’Eurodance, che insieme ad
Madonna durante un’esibizione del suo tour mondiale Who’s that girl, 1987
altri generi prettamente urbani come l’hip-pop vedranno la loro massima fioritura nel corso degli anni Novanta. Questi anni di eccesso e stravaganza inoltre videro il fiorire di numerose personalità in ambito musicale, vere e proprie superstar che rientrarono (e rientrano ancora al giorno d’oggi) nel pieno della cultura pop di tutto il mondo. A ciò contribuì senz’altro la nascita dell’americana MTV, il primo network di sola musica, che introdusse nel mondo il concetto di video musicale, apportando un ulteriore stravolgimento di prospettiva al modo di intendere le canzoni e gli artisti. 49
1980
In campo tipografico si possono osservare le stesse tendenze che hanno influenzato il resto della cultura del tempo: il decennio degli Ottanta fu interamente improntato sul catturare l’attenzione, con i suoi caratteri grassettati, i colori sgargianti, la tipografia seghettata. La cultura urbana divenne estremamente popolare e diffusa attraverso i film cult, come “Breakin” e “Krush Groove”, e la moda e il design divennero parte integrante della cultura pop e della pubblicità. Grossomodo, si possono dividere i caratteri tipografici appartenenti a questo periodo in due categorie principali: quelli tondeggianti, e quelli più geometrici. Ma nonostante le loro forti differenze stilistiche, entrambi venivano accompagnati da colori estremamente vividi e brillanti, in contrasto con fondali scuri, dal sapore futuristico e metropolitano.
Poster del film Moonwalker, tratto dall’omonimo album di Michael Jackson, 1988. Design a cura di Bill Gold
Artwork pubblicitario per il Philips Videopac G7200, 1982. Design a cura dello studio Industries
50
1980
Copertina a cura di Mick Haggerty
Autore
The Police
Casa discografica A&M Records
Anno 1981
“Ghost in the machine” è il quarto LP della band rock inglese The Police. L’album si distingue dai lavori precedenti del gruppo grazie al massiccio uso di corni, sintetizzatori e sassofono, che avvicinano il sound alla realtà new wave. I testi sono ispirati al lavoro del filosofo Arthur Koestler autore del libro “The Ghost in the
Machine”, da cui è stato preso il nome dell’album. La copertina, a cura di Mick Haggerty, stravolge completamente lo stile delle precedenti cover utilizzate dal gruppo.
51
A partire dagli anni ‘80 l’utilizzo di caratteri similari alla grafica dei display a sette segmenti diventa molto comune sia nelle copertine musicali sia in altri artefatti grafici.
Nel 1967 Wim Crouwel disegna il New Alphabet, un font ideato per essere adoperato su display a sette segmenti, che normalmente riescono a far visualizzare correttamente solo cifre e qualche lettera. Il font adopera glifi creati appositamente, compromettendo spesso la legibilità. Anche se il font viene raramente usato se non in alcune album art, è considerato un pezzo del design contemporaneo, tanto da essere stato acquistato dal MoMA George Clinton, Computer games, 1982 Joy Division, Substance, 1980 Wim Crouwel, New Alphabet, 1967
La particolarità della copertina dei The Police risiede nell’uso di una composizione che imita i Display a sette segmenti usati spesso per orologi e calcolatrici. L’utilizzo dei segmenti come espediente per la creazione del ritratto dei tre musicisti è fortemente legato al titolo e alla teoria filosofica presente nell’album.
52
1980
Copertina a cura di
Mick Haggerty
Autore
David Bowie
Casa discografica EMI Records
Anno 1983
“Let’s Dance” è il quindicesimo album studio di David Bowie, e rappresenta il suo più grande successo commerciale. L’artista interruppe il suo lavoro con il produttore Tony Visconti per poter collaborare con Nile Rodgers, il chitarrista dei Chic. Questa scelta, rivelerà Rodgers in futuro, è stata dettata dalla volontà di Bowie di creare delle canzoni che po-
tessero diventare delle hit. Come anche lo stesso Bowie ha ammesso, nonostante l’album fosse pensato come un unicum, il successo che riscosse lo colse alla sprovvista, portandolo negli anni successi a cavalcare l’onda e rilasciarne altri sullo stesso stile. Questo periodo venne poi considerato da Bowie il punto più basso della sua carriera, da cui fece di tutto per riprendersi. 53
1980
Derek Boshier è un artista inglese che nel corso della sua carriera ha lavorato con diversi media, tra cui pittura, scultura, illustrazione e fotografia. La sua collaborazione con Bowie ebbe inizio nel 1979 grazie al fotografo Brian Duffy, che li fece conoscere, scorgendo nei due delle affinità. Il primo lavoro dell’artista per Bowie fu la progettazione e realizzazione della cover per “Lodger”, alcum uscito nel 1979.
Disegni preparatori e bozzetti per la copertina di “Lodger”, 1979
54
1980
Per quanto riguarda il nome del cantante, per scriverlo sono stati utilizzati due font: Bank Gothic per il nome e PL Tower Condesed per il cognome. Entrambi sono stati disegnati da Morris Fuller Benton per American Type Founders: il primo nel 1930, il secondo nel 1934.
Per ottenere il risultato finale alla scritta “DAVID” in Bank Gothic sono state apportate delle modifiche: - alla spaziatura fra i caratteri - all’inclinazione - alla scala orizzontale
Il font PL Tower Condensed è stato solo il punto di partenza: pur mantenendo intatte le proporzioni dei caratteri, i tratti sono stati inspessiti e alla W sono state aggiunte delle grazie. Le lettere sono infine stet deformate per ottenere un effetto spigoloso, ma regolare, creando un gioco visivo di linee continue.
DAVID D AV I D
D AV I D DAVID
BOWIE 55
1980
Per il titolo dell’album è invece stato utilizzato il fon Berthold Akzidenz Grotesk, disegnato da Gunter Gerhard Lange e Ferdinand Theinhardt nel 1898. Esso è stato utilizzato nella sua variante bold per la seguente composizione, senza subire variazioni o alterazioni di alcun genere.
56
1980
Copertina a cura di Autore sconosciuto
Autore
Metallica
Casa discografica Megaforce
Anno 1984
“Ride the lightning”, pubblicato dalla Megaforce nel 1984, è il secondo LP dei Metallica, nonché uno dei più famosi. L’album, grazie a velocità dei pezzi, tecnicismi strumentali ed aggressività, porta la band ad entrare nei “Big Four” del thrash metal, accanto a Slayer, Megadeth ed Anthrax. A differenza di molti gruppi simili, i Metallica
lavoravano con canzoni dal contenuto più maturo e profondo, fattore che determinerà il successo commerciale furi dalla nicchia metal, diventando una delle maggiori realtà musicali del periodo. Il concept della copertina, ideato ancora prima di registrare, è della band, mentre l’autore è sconosciuto. 57
1980 Pantera, I am the night, 1985 Judas Priest, British Steel, 1980 Motörhead, Overkill, 1979 Megadeth, Killing is my Business... And Business is Good!, 1985
Il thrash metal è un sottogenere dell’heavy metal, che trae origine ddal generedi origine incorporando caratteristiche dell’hardcore punk. La sua definizione deriva dal verbo to thrash (battere, percuotere). Le copertine metal e trash metal sono di solito illustrate, i colori saturi vanno in netta contrapposizione con i toni macabri del soggetto e spesso scritte e oggetti sono renderizzati come metallo in modo da creare un parallelo con il nome del genere.
58
1980
Il primo logo della band è stato disegnato dal cantante James Hetfield, e seppur siano visibili vari errori dovuti alla non professionalità dell’autore, il logo si sposa bene con il carattere trash metal e hardcore punk del gruppo agli esordi.
A partire dal 1996 con l’album “Load” vengono create varie iterazioni del logo principale, ma nessuna riesce a surclassare la popolarità del primo lettering.
Nel 2008 in occasione dell’uscita dell’album “Death magnetic” l’immagine coordinata della band viene affidata allo studio Turner Duckworth, che decide di ritornare al vecchio concept migliorandone però bilanciamento, leggibilità e prospettiva.
59
1980
Copertina a cura di Hans Arnold
Autore
Duran Duran
Casa discografica EMI Records
Anno 1988
Nel 1988 esce “Big Thing”, un album di passaggio per i Duran Duran, che si spostano dal synth-pop a sound più dance e groove, allontanadosi al contempo dai giovanissimi, il loro pubblico di riferimento. “Big Thing” viene considerato l’album dei contrasti: il fallimento è clamoroso, tuttavia con la sua uscita il gruppo riesce a svincolarsi dall’immagine 60
da idoli dei teenager. Come il sound, anche il trattamento visivo traghetta il gruppo in una nuova era attraverso un uso audace della tipografia che ricorda un po’ le copertine jazz di Reid Miles (pg.21).
1980
BIG THING
Il font di partenza è un Impact leggermente modificato nella forma della G e della B
BIG THING
Se allineati ad epigrafe, si nota che la “I” divide il titolo in due parti dallo stesso ingombro.
BIG THING
Per rispettare il form factor quadrato dell’album, la parola “thing” viene rimpicciolita ed i caratteri avvicinati.
Per aumentare il movimento della composizione, la “I” (composta ora da spazio negativo) viene spostata verso sinistra, le lettere vengono scalate orizzontalmente di conseguenza.
61
APPENDICE Intorno alla fine degli anni Ottanta i vinili iniziano a venire sostituiti dalle musicassette, le quali a loro volta cedono il passo negli anni Novanta ai Compact- Disc. I temi e gli stili che hanno dato forma alle copertine dei vinili tuttavia hanno aperto le porte al design delle cover sino ai nostri giorni. Non è infatti impossibile trovare ancora delle copertine che risultino interessanti, sia dal punto di vista tipografico che artistico.
62
APPENDICE
“Blood sweat & tears” è una collezione dei più grandi successi della band omonima uscita nel 1998. La tipografia in copertina unisce un font “a palloncino” tipico degli anni ‘70 ad una proiezione renderizzata come argilla; L’utilizzo congiunto del 3D e del font riesce a veicolare l’idea che all’interno dell’album ci sia il meglio di entrambi i mondi.
“Renegades” è il quarto e ultimo album in studio della band californiana Rage Against the Machine. In questo album, composto esclusivamente di brani cover, la band propone reinterpretazioni di vari artisti rock. La copertina è una parodia dell’icona pop LOVE di Robert Indiana.
Blood sweat & tears, Blood sweat & tears, 1998 Rage Against the Machine, Renegades, 2000 Robert Indiana, LOVE, 1970
63
APPENDICE
L’’album “Nixon” utilizza come copertina un dipinto commissionato dalla band americana Lambchop all’artista e amico Wayne White. Il lavoro di Wayne è molto particolare in quanto parte da litiografie d’epoca inserendo lettering tridimenzionale, colori e aumentndone la scala.
“Discovery” è il primo concept album del duo francese Daft punk, dal disco è stato tratto un film animato musicale. Il trattamento del logo a cura di Mitchell Feinberg si rifà all’aspetto del mercurio. Sul metallo si riflette un arcobaleno ad indicare la natura giocosa dell’album.
Wayne White, Fuck that 2016 Lambchop, Nixon, 2000 Daft Punk, Discovery, 2001 Toei animation, Interstella 5555, 2003
64
APPENDICE
Per la cover del loro terzo album, il Duo Soulwax si è affidato allo studio di Richard Robinson, che ha creato per la copertina una illusione ottica; la scelta è poi diventata segno distintivo delle copertine del gruppo. L’illusione fa in modo che il titolo sia visibile solo da alcune angolazioni e distanze.
Nel 2004 i The chemical brothers pubblicano l’album “Push the Button”. L’illustrazione, a cura di Tappin Gofton (che diventerà tra i designer di cover più in vista grazie alle collaborazioni con i Coldplay) unisce una illustrazione a china ad un lettering fatto a mano in maiuscolo sans serif che si distorce in base all’andamento del disegno.
Soulwax, Any minute now, 2004 Soulwax, Nite versions, 2005 The chemical brothers, Push the button, 2005 The chemical brothers, Galvanize, 2005
65
APPENDICE
La copertina dell’album di debutto del trio rock Parmore é ispirata ad una scritta disegnata a mano dalla band su un muro ad uno shoot fotografico in vista della pubblicazione. La composizione tipografica è di Mark Obriski.
“Guns babes Lemonade” è l’album di debutto del musicista electro-Pop Chris Copulos, in arte Muscles. Ogni album dell’artista ha sempre la cover art con il suo nome in 3D trattato ogni volta con il rendering di un materiale diverso.
Paramore, Riot!, 2007 Muscles,Guns babes Lemonade, 2007
66
APPENDICE Rolling Stones, Rolled Gold, 2007 Alex Trochut, G, 2013 Third day, Revelations, 2008 Leonard Knight, Salvation Mountain, 1980
Nel 2007 viene pubblicata la collezione di hits Rolled Gold (pg.31) rimasterizzata. La Universal Records si è rivolta al gruppo Zip Design per la copertina, che ha a sua volta commissionato l’illustrazione ad Alex Trochut. Il design finale è stato scelto perché restituiva molto bene l’impressione che la scritta fosse letteralmente composta da oro arrotolato.
L’ispirazione maggiore per la cover art di “Revelations” della band christian rock Third day proviene da Salvation Mountain, una collina artificiale costruita da Leonard Knight nei pressi di Slab city in onore di Dio. La collina presenta scritte tratte da passi della bibbia ed è colorata con acrilici.
67
APPENDICE
“21st Century Breakdown” è l’ottavo album in studio del gruppo musicale statunitense Green Day. La copertina è ispirata ad uno stencil dell’artista Sixten mentre la copertina finale sia per quanto riguarda il font che l’illustrazione sono state realizzate da Chris Bilheimer.
Mylo Xyloto è un concept album dalla band pop rock Coldplay. La copertina, pubblicata in più varianti, mostra il titolo dell’album con dei graffiti dell’artista Paris sullo sfondo, mentre il lettering ed il packaging sono a cura di Tappin Gofton.
Green Day ,21st century breakdown, 2009 Coldplay, Mylo Xyloto, 2011 Paris, painting, 2015
68
SITOGRAFIA https://inspiredm.com/ typography-covers/
http://www.monotype.com/
blog/articles/artonoursleeve-the-best-typographic-album-covers-of-all-time/
https://design.tutsplus.com/
articles/50-years-of-typography-in-album-covers--psd-11446
https://www.behance.net/
gallery/26116329/FYfluid gallery/46666651/A-Trak-In-The-Loop gallery/13712475/A-Study-Album-Cover-Typography-Artwork-1960s gallery/13880209/A-Study-Album-Cover-Typography-Artwork-1970s
https://inspiredology.com/
35-inspiring-examples-of-typography-in-album-covers/
https://www.vdcgroup.co.uk/
blog/the-importance-of-text-and-font-in-the-design-of-your-album-cover/
https://www.noupe.com/
inspiration/showcases/album-covers-with-eye-catching-typography.html
http://lpcoverlover.com/ 2009/03/15/the-rumproller/
http://www.alexsteinweiss.com/ misc/JUXTAPOZ_Steinweiss.pdf
https://musiceureka.wordpress.com/ 2018/01/13/typography/
http://typophonic.com/
70
Progetto a cura di: Claudia Quagliarini Federica Laurencio Tacoronte Docente: James Clough Cultore della materia: Beatrice D’agostino
Politecnico di Milano, Scuola di Design Laurea Triennale in Design della Comunicazione Corso di Typographic Design Sezione C3 A.A. 2017/2018 Finito di stampare nel: 2017 Prima edizione Font utilizzati: Paragrafi: Crimson Text Titoli: Fjalla One Copertina: Burford AdellePE Neue Droschke Halbfett Pristina Sovraccoperta: TrixieText Stampatore: SEF di Mainardi Massimiliano, via Candiani, 124 - 21058, Milano (MI) TEL: 02.3761828