©CLIC.HÉ - Webmagazine trimestrale di fotografia e realtà visuale - All rights reserved - Editore: Associazione Culturale Deaphoto
n° 27 aprile 2017
w w w. c l i c - h e . i t
Editore: Ass. Culturale Deaphoto Responsabile area temi: Paolo Contaldo Responsabile area operativa: Niccolò Vonci
CONDIVISO
Responsabile area recensioni ed eventi: Diego Cicionesi
Presentazione alle immagini
pag. 5
Photo-editor: Giulia Sgherri Progetto grafico e impaginazione: Luca De Pasquale info@lucadepasquale.it
CONDIVISO // SERVIZI mediterraneo antirazzista - Agata Katia Lo Coco
Pag. 6
L’irrimediabile andare 2016/2017 - Angelo Zzaven
Pag. 22
alcune badanti - Francesca Loprieno
Pag. 32
contatto tra emozione e attrazione Guido De Maria
Pag. 50
napoli la città porosa - Monica Taverna
Pag. 62
Angelo Zzaven
due - Rosella Centanni
Pag. 76
Redattori:
lo spazio pubblico y su realidad - Sacha Sain
Pag. 86
proprio come te - Umberto Verdoliva
Pag. 98
Foto di copertina:
Sabrina Ingrassia Collaboratori fissi: Silvia Moretta Servizi tematici: Agata Katia Lo Coco
rubriche, recensioni ed eventi
Angelo Zzaven Francesca Loprieno Guido De Maria Monica Taverna Rosella Centanni Sacha Sain Umberto Verdoliva
aiwewei libero
Pag. 115
Presentazione alle immagini
condiviso di paolo contaldo
Agata Katia ci presenta Francesco.
Un incontro genera una reazione.
è lui, bambino del quartiere a condur-
è la nostra capacità di “farla entrare”
ci nella assolata Palermo, è primavera,
che ci concede la crescita.
siamo in Piazza Magione.
Una seduta di psicoterapia che
Ci racconta di un bel progetto antiraz-
coinvolge, apre alla condivisione.
zista, mirato a cancellare le distanze,
Grazie a Guido, anche noi abbiamo
abbattere muri, far incontrare con na-
“incontrato”.
turalezza. Sa di polvere, sole e sudore. Sa di buono.
Monica è vicina. Vicina al pieno, mosso e stretto.
Multiformi. Sovrapposte. Visioni.
Immagini danzanti tra pieno e diretto,
Siamo prima e dopo, forse non ci
ordine di un “labirinto”.
siamo.
Condiviso per forza.
Angelo ci concede la vertigine,
Napoli bella, Napoli.
condivide la velocità. Somiglianza, contrasto. Badante:
Dittici potenti, quelli di Rosella.
• agg. Che bada, che sta attento,
Storie da inventare, specchi della
sorvegliante
nostra fantasia.
• s.m. e f. Chi, per professione, accudisce persone anziane
Sacha ci conduce in atmosfere che
Il significato non basta. Le foto di
mescolano ironia e tensione.
Francesca ci colpiscono forte.
Surreale e reale, alternano uno
Ci fanno sorridere e piangere. Dentro,
sguardo serio e divertito.
si scopre.
Film del quotidiano spazio pubblico,
Due vite condivise, nuova madre,
quieto e folle.
nuova figlia... Siamo doppi. Umberto racconta di ombre colorate, che ci assomigliano. Si muovono con noi, come il suono di una campana, din don. Riflessi spontanei ben “prelevati”.
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Agata Katia Lo Coco
MEDITERRANEO ANTIRAZZISTA
CONDIVISO
mento aggregativo sociale. Le gambe dei ragazzi africani sono bianche di polvere, cipria di corse dietro al pal-
Italia. Palermo, Piazza Magione.
Ci sono due campetti di calcio, uno con
lone, i ragazzi italiani sono neri di sole
Mediterraneo antirazzista.
recinzione e terra battuta, l’altro no.
e sudore.
è un pomeriggio caldo di primavera,
Gli spazi di Piazza Magione sono ogget-
Un bambino del quartiere, Francesco
come ce ne sono in Sicilia. Adulti e
to di attenzione della campagna “Sport
diventa guida consapevole del significa-
bambini, palermitani o del Gambia, da
Popolare In Spazio Pubblico”, per
to della giornata.
poco approdati, non importa. Loro sono
un’azione di riqualificazione dell’area,
M’invita a seguirlo, mi dice quanto sia
qui, a giocare contro l’odio e per la liber-
già dal 2013. I giocatori scendono in
contento di giocare lì, anche in altri
tà di essere diversi. Incontro gli operato-
campo, per dare “un calcio al razzismo”.
giorni, insieme agli altri bambini, vicino
ri sociali impegnati in una Palermo, per
Si confrontano, sudano... è giocare
ai grandi, in spazi che sono dei “fuori
nulla facile.
insieme che conta. Il calcio come mo-
campo”. ■
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cipria di corse dietro al pallone
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Agata Katia Lo Coco
BIO
Agata Katia Lo Coco. Fotografa. Videomaker. Vive tra la Sicilia e Roma. Si laurea in D.A.M.S. (Arte) con una tesi sul cinema del deseo di Pedro Almodòvar, approfondendo contemporaneamente gli studi di “Estetica” presso l’Università di Barcellona (Spagna). La sua ricerca artistica è focalizzata sull’immagine, evocata e manifesta, ma sempre “grafìa” dell’Io viandante. Numerose le mostre fotografiche, videoinstallazioni, film e pubblicazioni di foto. www.agatakatialococo.com ■
Angelo Zzaven
L’irrimediabile andare 2016/2017
CONDIVISO ...un tempo ormai avulso dal mio
Anelo una pausa, un momento, una
vivere, un tempo altro, lontano dalle
sosta alla fonte per dissetarmi,
mie cadenze, dai miei bisogni, dalle
una tregua per ricaricarmi...
m i e a t t e s e, u n a n d a r e c h e n o n
ma tutto fugge, tutto termina, tutto mi
aspetta, che va spedito verso la sua
supera, irrimediabilmente... ■
meta.
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Angelo Zzaven
BIO
Angelo Zzaven nasce nel 1961, comincia a interessarsi di fotografia in modo consapevole nei primi anni 80. Da sempre attratto dall’arte, s’interessa dell’aspetto creativo della fotografia piuttosto che da quello documentario, favorevole alle moderne tecnologie e all’elaborazione digitale, completa e condiziona la sua fotografia a un sentire personale, autobiografico e referenziale, volto alla ricerca di se stesso, delle sue emozioni, delle sue sensazioni. ■
Francesca Loprieno
ALCUNE BADANTI
CONDIVISO “Abbiamo pregato ogni sera insieme,
nate condivise insieme tra storie, cibi,
ma ognuno faceva le sue letture, la si-
culture, differenze e condivisioni di due
gnora leggeva il vangelo e accendeva il
realtà che s’incontrano e si scontrano
lumino. Anch’io usavo il lumino mentre
continuamente: la loro e quella delle
leggevo e quindi lo usavamo insieme”
persone di cui si prendono cura H24.
- Lia - (70 anni, Giordania, badante in
Tra gioie e dolori le nostre badanti trac-
Italia). Conosciute durante un proget-
ciano una lucida visione sul significato
to d’indagine visivo-antropologica sul
del prendersi cura dei nostri cari, con
tema della “cura come forma di rela-
grande tolleranza e silenzio e con la
zione”, Lia e Petronela si dischiudono
speranza tutta legittima di un possibile
come rose in un flusso d’immagini e
ritorno a casa dove, e sicuro, c’è qual-
testimonianze raccolte durante le gior-
cuno ad aspettarle. ■
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Francesca Loprieno
Francesca Loprieno è un’artista italiana che vive e lavora a Parigi. Laureata presso l’Accademi di Belle Arti di Roma in fenomenologia dell’arte contemporanea. È in questo momento una ricercatrice presso l’Istituto IHEAP di Parigi. La sua ricerca artistica si concentra sull’analisi dello spazio sulle problematiche del viaggio e ai mutamenti dell’identità personale, collettiva ed emotiva. Perdita della percezione e della consapevolezza del tempo diventano nelle sue opere una condizione essenziale di vita che si manifesta in una nuova contemplazione dello spazio riorganizzato e rappresentato. Il suo progetto “Soi meme pourtant” è stato selezionato per l’esposizione al Museo della Storia dell’Immigrazione a Parigi nel 2010. Nel giugno 2011 ha esposto un suo lavoro intitolato “Identi-kit” alla 54° Esposizione Internazionale d’Arte “Biennale di Venezia”. Partecipa a numerose esposizioni collettive e personali in gallerie e istituzioni di varie città d’Italia e all’estero (National Gallery di Cetinje/Montenegro, Piramida di Tirana/Albania, Museum of Contemporary Art di Rijeka/Croazia). ■
Guido De Maria
Contatto tra emozione e attrazione
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CONDIVISO Il progetto che ho creato in collabo-
L’incontro è iniziato facendo sedere i
razione con Gestalt Firenze e lo psi-
partecipanti e invitandoli a pronunciare
cologo Nicola Simonetti si sviluppa
il proprio nome e il motivo che li por-
durante una seduta di psicoterapia al
tava qui oggi perché ogni persona è
quale sono stati invitati tramite i social
un mondo, un mistero, un enigma con
network facebook e what’s app alcuni
le sue esperienze passate, le sue ca-
utenti ed al quale hanno aderito 8 per-
ratteristiche e le sue paure: le relazioni
sone che non avevano alcun legame di
con gli altri quindi sono un mistero, un
conoscenza se non con o psicologo.
enigma. ›››
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Lo psicologo ha iniziato a parlare ai
cercare un punto in comune con altri
schiena fanno pensare ad un’apertu-
partecipanti descrivendo il contatto e
soggetti. Ogni persona responsabile
ra al dialogo.
il suo concetto di condivisione, stes-
di un incontro collabora con un gesto
Dopo la formazione delle coppie ai
sa cosa per emozione e attrazione
o col silenzio: comunichiamo in ogni
partecipanti è stato chiesto di acco-
passando poi ai concetti di crisi in un
momento ma non sempre questa ric-
modarsi ai loro posti sempre a coppie
relazione e di scelta personale in am-
chezza viene percepita.
e di parlare tra loro di cosa volevano,
bito di coppia in quanto ciò che è un
Che l’incontro sia piacevole o spia-
compreso quanto si stavano anno-
mistero un enigma attira la curiosità a
cevole influisce sulla nostra persona,
iando se era quello che provavano:
spingersi oltre e a mettersi in discus-
starà poi a noi metabolizzare tale in-
dopo qualche minuto lo psicologo in-
sione e provare a stabilire una relazio-
contro in senso positivo o negativo.
terveniva nella coppiua chiedendo di
ne. Condividere con gli altri ha come
La coppia che ho selezionato è sta-
scambiarsi un gesto, ed il risultato è
primo step relazionarsi con se stessi.
ta la prima che si è scelta: come si
stato un abbaccio spontaneo.
I partecipanti sono stati invitati a chiu-
può vedere dalla foto in cui si guarda-
In conclusione se siamo consapevoli
dere gli occhi per ascoltare le proprie
no si nota da subito complicità, nello
delle possibilità di imparare e cresce-
emozioni, le proprie paure e le proprie
sguardo e nel sorriso, un po’ imba-
re nella vita nessun incontro ci lascerà
ambizioni, perché solo così possiamo
razzato, e nella postura: la testa e la
indifferenti ■
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Guido De Maria
BIO
Nato e cresciuto a Livorno (classe 1984). Ho conseguito la laurea in Economia e Commercio presso l’università degli studi di Pisa. Fin da piccolo i dettagli sono sempre stati al centro della mia attenzione e per questo per la mia comunione quando mi fu regalata una Pentax automatica analogica, ero il bambino più felice del mondo e presi contatto col mondo della fotografia. La vera e propria inclinazione è iniziata più tardi, all’università, quando mi sono comprato la mia prima Pentax compatta digitale per fare le foto durante le vacanze: dopo qualche anno ho voluto fare un successivo scalino e sono passato alla reflex. Al tempo stesso però ho iniziato a lavorare come spedizioniere internazionale in un’azienda di Livorno, e il tempo per scattare naturalmente si è ridotto, ma la passione è rimasta: ho iniziato a scattare fotografie di scena durante i concerti di musica classica e dei miei amici che suonavano in un gruppo locale. Nel 2014 sono rimasto senza lavoro, e invece di cercare una posizione affine ho tentato frequentando un corso base presso la galleria Gianluca Savi per prendere contatto con le foto in studio (in particolare ritratto) e definitivamente a fine 2015, dopo una breve parentesi lavorativa con un’agenzia d’import export, iscrivendomi alla scuola Internazionale di fotografia APAB di Firenze dove ho affinato la mia tecnica in ritratto e still life e ho iniziato a pensare non più per singole foto ma per progetti (il mio grande sogno, infatti, è quello di vivere di reportage in continuo contatto con le persone), qui sono iniziate le prime soddisfazioni, mi hanno ingaggiato come assistente fotografo di scena presso Estate Fiesolana, estate al Bargello e musica dei popoli. Da lì è nata la mostra di fotografia di scena ancora in corso al Teatro delle Arti a Lastra a Signa insieme con altri tre miei colleghi della scuola. L’amicizia fraterna con lo psicologo Nicola Simonetti mi ha portato a concepire questo progetto ed affacciarmi ad un ramo della fotografia fino ad allora sconosciuto, la fotografia psicologica, la quale si nutre di dettagli nei gesti, nelle posture, negli sguardi e che può essere molto utile in alcune branchie della psicoterapia. Dopo questa parentesi. Poi è arrivata la chiamata al Lucca film Festival (appena terminato) che mi ha permesso di interfacciarmi con persone di spicco nel mondo del cinema quali Willem Defoe, Valeria Golino, Sergio Castellitto e Oliver Stone. Faccio parte di un gruppo fotografico chiamato GSS a Livorno e collaboro con associazioni no profit. ■
Monica Taverna
Napoli la cittĂ porosa
CONDIVISO
fanatismi e stereotipi culturali. Superando la logica della cartolina e quella di solare mediterraneità, Napoli si pre-
La spontaneità che caratterizza la citta di Napoli mostra un esempio di condizione urbana contemporanea poco convenzionale dove liberamente trionfa il non definito e la naturale porosità di un ambiente urbano; nella sovrapposizione e nell’accrescimento urbano lontano da un chiaro principio organizzatore, le micro cellule abitative sono nella maggior parte dei casi troppo piccole, insalubri e claustrofobiche per la vita di tutti i giorni. In una società strutturata principalmente sulle relazioni sociali, è
ovvia conseguenza che l’asfittico spazio privato cerchi soluzione invadendo lo spazio esterno, cancellando qualsiasi chiaro confine: il privato esplode nel pubblico, che ha sua volta, definisce e imbeve il privato. Ecco quindi che la supposta razionalità urbana finisce per popolarsi di nicchie dove vivono coloro che reinterpretano soggettivamente lo spazio e che si aprono una propria strada di accesso all’esperienza urbana, costruendosi la propria citta e la propria identità, a volte trasmettendo
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senta con il suo volto senza trucco, mostrandosi nello stesso tempo come teatro, labirinto e prigione. Gli edifici residenziali napoletani, troppo alti e troppo vicini tra loro, ospitano al loro interno micro cellule abitative, spesso scarsamente illuminate e troppo piccole per le famiglie residenti. La labirintica caoticità urbana sembra trovare sfogo e allo stesso tempo respiro nel suo incontro con il mare. Uno spazio pubblico ampio, aperto alla colonizzazione e alla contaminazione. ■
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ilmostrandosi suo volto senza trucco, nello stesso tempo come teatro, labirinto e prigione
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Monica Taverna
BIO
Sono nata a Belluno nel 1986. Mi sono trasferita a Firenze nel 2006 per frequentare la facoltà di Architettura concludendo il mio percorso di studi nel 2012. Sono sempre stata affascinata dal processo progettuale inteso come sviluppo e compimento di una idea e questo approccio che amo applicare in diversi ambiti creativi. Sono interessata all’osservazione e allo studio delle dinamiche sociali che abitano il contesto urbano delle relazioni che intercorrono e si generano spontaneamente tra cittadino necessita azione di modifica del proprio intorno. Amo utilizzare il mezzo fotografico come strumento d’indagine di questa realtà. ■
Rosella Centanni
DUE
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CONDIVISO Il portfolio DUE è composto di tre coppie d’immagini che hanno in comune elementi di associazione, somiglianza o contrasto come il tempo, la luce, la materia... Il lettore può individuarne delle minime storie o quant’altro le coppie d’immagini suggerisce. ■
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Rosella Centanni
BIO
Rosella Centanni è nata e vive ad Ancona. Ha iniziato ad appassionarsi di fotografia dagli anni ’90. Ha partecipato a corsi riguardanti la progettazione di un lavoro fotografico, la tecnica del bianconero, la luce, il ritratto, il reportage e la manipolazione di pellicole Polaroid. Ha realizzato, oltre a varie iniziative fotografiche, diverse mostre personali, tra le quali “Nello Yemen” (2001), “Il vivere..”(2003), “Oltre lo schermo e sulla scena”(2004), “Sviluppi in scena” (2005), “Al Passetto... un lungo giorno d’estate” (2008), “Suk-ki di fiaba”(2009), “Sguardi” (2011), “Respiri”(2011), “Oltre lo sguardo” (2012), “N (u)ove donne in salotto” (2014), “Ri – tratti” (2014), “L’incanto del distacco” (2016). Nel 2010 ha curato la mostra fotografica “Tra miseria e splendore” nell’ambito del Festival Internazionale Adriatico – Mediterraneo ad Ancona. ■
Sacha Sain
Lo spazio pubblico y su-realidad
CONDIVISO
Il collettivo fotografico “La Bussola” annunciavano nel suo manifesto “...anche con l’obiettivo si può trasformare la re-
Una selezione fotografica che cerca
scoperto che la mia narrativa cerca di
altà in fantasia che è l’indispensabile e
di esprimere una visione personale
fare visibile l’invisibile. Immagini che na-
prima condizione dell’arte, la necessità
sull’universo reale e immaginario, del-
scono dalla reale quotidianità ma che
di allontanare la fotografia, che abbia
lo spazio pubblico e della gente che lo
nascondono un oceano di momenti
pretese di arte, dal binario morto della
condivide.
surrealistici, di giochi concettuali e rap-
cronaca documentaria”.
Rappresenta il desiderio di ricerca di
presentazioni della nostra contempo-
Credo io, che il mio vero sviluppo sarà
un’arte immediata, che possa toccare
raneità.
trovare il modo di condividere la mia
tutti, come passanti di una strada, e
Un modo di documentare i nostri tem-
forma di documentare, non solo una
uscire dai circoli chiusi dei cultori e de-
pi tra piccoli gesti, elementi e attitudini
strada o quello che un luogo è, ma
gli intenditori d’arte: l’idea di opere che
nascosti nello spazio condiviso e attra-
piuttosto mostrare quello che una stra-
parlano da sole, senza nessun com-
verso il mio sguardo, la mia comicità, la
da o un luogo è secondo la mia espe-
mento necessario, attraverso la propria
mia rivelazione dell’istante assurdo però
rienza, le mie sensazioni, alla fine ciò
forza espressiva. Nel mio percorso ho
reale, di un’atmosfera a volte onirica.
che sono io nella realtà. ■
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Sacha Sain
BIO
Mi chiamo Sacha Sain, sono un fotografo argentino di ventiquattro anni nato nel Maggio del 1992 nel quartiere popolare de La Matanza Villa Madero. Circa quattro anni fa, mentre finivo i miei studi universitari per diventare laureato in Comunicazione Pubblicitaria e Propaganda, ho iniziato il mio percorso fotografico. Il piacere della fotografia mi ha accompagnato lungo l’adolescenza, ma la mia attività, il mio percorso attivo di sperimentazione fotografica, inizia all’età di venti anni in seguito ad un viaggio nell’Argentina del nord. Adesso mi trovo da due anni lungo le rotte europee in un altro viaggio che, partito da Buenos Aires, porta alla ricerca di un punto d’incontro tra un diario di bordo e lo sviluppo di una mia personale espressività narrativa. Due anni di stimolo dove le mie idee, emozioni, percezioni, ma soprattutto sensazioni, cercano di esprimersi e materializzarsi in immagine, avendo sempre come scenario di creazione lo spazio pubblico e come materia prima la situazione nate nella realtà urbana. La mia formazione fotografica è data dal lavoro come assistente di diversi fotografi in diversi ambiti. Fotografia di moda con Javier Alvarez per la rivista ELLE e col collettivo The Rabbit STUDIO. Altre diverse assistenze in fotografia pubblicitaria e di propaganda con Martin Murcia. In Europa le mie strade mi hanno portato a prendere parte di diversi lavori e mostre non sempre unicamente fotografiche. Per esempio assieme al collettivo Epoke No Teatro in Spagna presentando diverse performance interartistiche, o ancora, più recentemente a Palermo presentando una parte del mio progetto fotografico “Sulla Mia Strada” con l’aiuto concettuale di Bartolomeo Pampaloni, film director fiorentino e Carlos Riboty regista teatrale professore dell’università di Palermo. Per me la fotografia non è più un oggetto o un prodotto, per me la fotografia è quell’insieme di sensazioni che scorre dentro di me in gioco con quello che il caso, il destino o come lo vuoi chiamare mi mette davanti. La fotografia e quell’istante che mi sfida a esprimere con la luce la mia più profonda ironia, la mia più oscura melancolia o la mia. ■
Umberto Verdoliva
Proprio come te
La strada è un flusso continuo di spunti
rafforza e fa percepire all’altro il segno
ed è lì che ho sviluppato questo lavo-
di amicizia e di legame che intendiamo
ro, dove nel tempo ho raccolto e unito
trasmettere alle persone con cui ci tro-
in una serie, attimi che evidenziano, a
viamo bene. Ho prelevato dal quotidia-
parer mio, un atteggiamento di condivi-
no tale atteggiamento tra genti attraver-
sione, di unione, di legame che spesso
so la similitudine.
avviene inconsapevolmente tra due o
“Proprio come te” è in fondo un segno
più persone anche apparentemente
di avvicinamento tra noi, tra persone
senza legami tra loro, attraverso gesti,
amiche o che condividono spazi co-
modi di fare e di vestire, sguardi e altro.
muni, momenti, uniformandosi senza
Probabilmente un comportamento che
accorgersene tra loro... ■
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atteggiamento tra genti attraverso la similitudine
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Umberto Verdoliva
BIO
Umberto Verdoliva (Castellammare di Stabia - 1961) si avvicina alla fotografia nel 2006. La fotografia di strada è il suo principale campo di ricerca e attività. È membro dal 2010 del collettivo internazionale “ViVo” e nel 2013 fonda “SPONTANEA” collettivo italiano dedicato alla street photography. Espone nel 2013 al palazzo degli Scalzi a Sassoferrato (An) nell’ambito del Face Photo News e nel Febbraio 2016 ad Abano Terme, Villa Roberto Bassi Rathgeb, con la mostra “An ordinary day” curata dal gruppo Mignon di Padova che ne realizza anche il suo primo libro fotografico. La stessa mostra è replicata a Portogruaro ad Aprile 2016 presso la galleria d’arte “Ai Molini”. Nel 2015 ha partecipato al progetto “VIA” commissionato dal Goethe institute. Il lavoro sviluppato in un anno è stato esposto al museo di Trastevere a Roma nel gennaio 2016 e fa parte di una mostra itinerante che collega, attraverso la fotografia di strada, città italiane e tedesche. Tra i principali riconoscimenti conseguiti, si segnala: Finalista al Sony World International Photography 2009; finalista della 10°edizione del premio CIFA 2013 “Crediamo ai tuoi occhi”; finalista e vincitore premio del pubblico al Miami street photography festival 2014; finalista allo streetfoto San Francisco contest 2016; e ancora finalista al Miami street photography festival 2016. Ha curato nel 2013 la mostra collettiva “Non in posa” presso il cassero medievale di Prato e nel settembre 2016 la mostra collettiva 100 Attimi-Fotografia di strada presso il museo casa dei Carraresi a Treviso. Cura laboratori, mostre e letture di portfolio, presentazioni, scrive articoli e approfondimenti sulla street photography, ha ricevuto numerose pubblicazioni sulle principali riviste di fotografia italiane e internazionali. Le sue immagini sono presenti nell’archivio storico del F.C. La Gondola di Venezia e presso la Stivers School for the Arts in Dayton city, Ohio (USA) e nell’archivio storico della FIAF. ■
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DIEGO CICIONESI Innamorato da sempre della fotografia, ho ripreso dopo una lunga inattività solo qualche anno fa con un nuovo e totale approccio al mondo digitale. Collaboro come membro dello Staff con l’Associazione Deaphoto per i corsi di Progettazione e partecipo agli eventi organizzati sul territorio. Individualmente studio i paesaggi urbani con predilezione per la foto di strada e la vita in periferia, in una scelta compositiva geometrica e tendenzialmente minimalista. Sono attratto dalle reciproche relazioni tra fotografia e psicologia e studio l’interazione tra soggettività, interiorità e spazi urbani. Da poco sto giocando ad esplorare le potenzialità delle mobile photography. Vivo con curiosità e un po’ di caos tutte le cose della mia vita, integrando il medium visivo con letture di ogni genere e musica, prediligendo il jazz. L’essenza del mio vivere si concretizza nei viaggi, di qualsiasi durata e distanza.
recensione Fotografie: Diego Cicionesi
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mostra
AIWEWEI: LIBERO a cura di diego cicionesi
Si è svolta a Firenze dal 23 settembre
L’artista è Ai Weiwei, cinese con un
2016 al 22 gennaio 2017 la mostra
lungo trascorso di vita negli USA e la
che rappresenta la trentennale opera di
mostra è quella di Palazzo Strozzi a Fi-
uno dei più importanti e contraddittori
renze, dal titolo “Libero.
artisti del nostro tempo.
In realtà la mostra non è stata unica in
E’ unanimemente considerato tra i più
Italia, accompagnata da altre iniziative
grandi e capaci di rappresentare il pro-
che hanno completato la diffusione dell
prio pensiero e la propria espressività
pensiero e l’opera dell’Artista.
attraverso un sistema multiforme di
Tra le varie mi preme ricordare l’esposi-
opere che hanno come filo conduttore
zione e le istallazioni video/fotografiche
e rappresentativo l’urgenza di denun-
al Museo “Camera” di Torino, anche
ciare ogni forma di sopruso e violazio-
queste aperte al pubblico sino al 12
ne dei diritti umani.
febbraio 2017 ›››
L’artista, dissidente cinese, da oltre 30
flusso di profughi affluiti verso l’Europa.
L’esposizione torinese, come già detto
anni appunto si prodiga attraverso un
Nel capoluogo toscano il filo condutto-
centrata sul medium fotografico, è ca-
ventaglio di iniziative realmente multi-
re di ogni installazione, dislocata nelle
ratterizzata da una ricca selezione del
mediale (tradizionale e innovativo) per
monumentali stanze del rinascimentale
suo periodo americano e del suo pe-
rivendicare la tutela dei diritti dell’uomo
Palazzo Strozzi, non può non far rife-
riodo cinese, arrivando fino alle vicen-
con particolare attenzione a quelle for-
rimento al debito e tributo che questo
de attuali dove, per 81 giorni, l’artista è
me che costringono qualunque citta-
autore ha nei confronti del movimento
stato detenuto nelle carceri cinesi per
dino a comprimere le proprie libertà di
dadaista, di Marcel Duchamps e del
presunti reati con un ancora più lungo
parola e pensiero.
suo concetto di arte concettuale e re-
sequestro del passaporto.
Chiaramente il percorso artistico dell’ar-
adymade. Ai Weiwei a mio parere è la
Fotografia come racconto di se ma –
tista tocca corde e momenti di partico-
naturale continuazione ed esaltazione
implicitamente – sottolineatura visiva e
lare dolore e intensità quando la sua
di questo concetto: l’artista è il selettore
concettuale della sua opera, in cui si
attività si rivolge al suo paese natio e a
degli oggetti che devono diventare ope-
ribadisce fortemente il ruolo che l’imma-
tutte quelle manifestazioni che il pote-
ra d’arte. Li decontestualizza, li manipo-
gine ha, in un momento storico dove il
re ha messo in pratica per comprime-
la, li trasforma ma – soprattutto – li ri-
meccanismo di condivisione “social” e
re fino quasi ad eliminare ogni forma di
colloca in un contesto diverso da quello
l’ossessiva ripetizione e diffusione delle
espressione e libertà.
originario in cui acquisiscono un nuovo
immagini (anche di particolare urgenza
Mentre l’esposizione fiorentina, cerca
e spesso dirompente significato.
e drammaticità) rischia di sprofondare
di dimostrare con diverse rappresenta-
Ai Weiwei ha saputo interpretare tutto
nel rumore e nell’anonimato.
zioni e installazioni la varietà dell’opera
questo, ampliando il concetto origina-
L’artista tende a riappropriarsi degli spa-
di Ai Weiwei, l’esposizione torinese si
rio (qualsiasi opera e qualsiasi epoca
zi vuoti lasciati da questi meccanismi,
focalizza sul tema fotografico, metten-
passata è la base) ed ha inserito tutti i
inserendo se’ stesso nelle immagini
do in risalto sia le opere narrative che
nuovi e moderni medium comunicativi,
sottolineatura del suo attivismo, prima
rappresentano in modo autobiografico
piegandoli e facendoli convergere verso
di tutto politico e sociale.
l’autore nel suo percorso di vita attraver-
la sua poetica e sa sua idea politica.
L’essere lì a stretto contatto con que-
so la Cina e i periodi di soggiorno negli
L’artista è nell’opera e nelle cose (basta
ste masse di persone sofferenti, con
USA, sia invece i progetti anche recenti
pensare alle installazioni i cui strumenti
un atteggiamento al limite del voyeuri-
che questo ha realizzato allo scopo di
sono prelevati dal quotidiano) e la sua
smo, produce l’effetto di restituire una
denunciare episodi e atti di violenza e di
attività è con le persone, facendo di-
dichiarazione nitida di chi (raro tra molti)
sofferenza umana, non ultima la piaga
ventare l’oggetto della sua rappresen-
dichiara apertamente di essere “in quei
dei conflitti in medio oriente e l’enorme
tazione e lo spettatore un’unica entità.
luoghi” in quel preciso momento. ■
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«l’uso della luce è orientato a delimitare uno spazio geometrico rarefatto ed inconsistente, così da diventare il logos che racconta il comporsi della forma.»
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