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SENSIBILE
Gennaio 2022
Contaldo Responsabile area temi Paolo Sabrina Ingrassia Redattrice area temi Responsabile area recensioni Diego Cicionesi Giulia Sgherri Sandro Bini Alberto Ianiro Paolo
Contaldo
Editore Progetto grafico
Immagine di copertina
Photoeditor Comunicazione Webmaster Grafica Web
Associazione Culturale Deaphoto Niccolò Vonci
Charlotte Jeanningros
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Introduzione alle immagini Me after the storm The nest XYXX Caminetto Hunting game Skinned
084 La maturità della post-fotografia
Paolo Contaldo Chiara Dondi Serena Biagini Irene Gambuzzi Giorgio Gerardi
Charlotte Jeanningros Alessandro Comandini
Davide Tatti
INTRODUZIONE ALLE IMMAGINI
Nascita. Rivelazione. Il nido è il luogo di partenza, ma diventa trappola immobile. Per Serena è tempo di “prendere il volo”. Irene scrive con immagini e parole. Inizio e interruzione. Lontano che svuota il presente. Accesa, vivida e piena. La visione che ci offre Giorgio è gioco e sperimentazione. Bi-dimensione che si estende, si evolve e prende vita. La tecnica del collage è usata in modo sapiente da Charlotte. Fiaba del reale, non a lieto fine. E’ un gioco di specchi, ma anche luogo di scoperta. Superficie e profondità, il tema della riflessione che Alessandro ci propone.
PAOLO CONTALDO
Chiara è il nostro Capitano. Ci racconta il coraggio e la determinazione, la forza di chiedere aiuto nella tempesta. Accettare il limite, comprenderlo, andare avanti.
ME AFTER THE STORM 006
CHIARA DONDI
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Nel 2018 ho iniziato una serie di autoritratti che ho chiamato “me through the storm” ed effettivamente il termine tempesta si adattava bene alla mia situazione psicologica. Come prima di una tempesta, avevo sempre creduto di essere una persona capace di calma e raziocinio soprattutto durante le difficoltà, soprattutto davanti ad un mare completamente aperto fatto di variabili. Non mi rendevo conto che invece stavo accumulando pensieri, frustrazioni e stavo usando il binocolo al contrario, cercando di guardare più in la dei miei problemi presenti e passati. Sono andata avanti così per anni, poi nel 2017 c’è stata la rottura... ed il pensiero ben definito che da questa tempesta non ne sarei mai uscita. Come il migliore dei capitani anche io mi facevo vedere sicura e tranquilla perché è questo che si chiede e che poi inesorabilmente ti porta ad affogare. In realtà l’unica cosa che mi ha salvato è stato chiedere aiuto, quell’aiuto che ero sempre stata disposta a dare io agli altri e che mi permetteva di stivare i miei pensieri da qualche parte dentro di me. A distanza di quattro anni da quel momento, ho curato la mia mente fino a poter dire che ora ho imparato a gestirmi. No, non sono guarita perché non si scappa dal proprio passato e dal proprio essere ma ci si può accettare o almeno provarci. Ora che la mia mente è salda però, mi rendo conto di aver completamente allontanato il contatto con il mio corpo. In questi anni l’ho maltrattato, riempito di medicine, gli ho chiesto di accogliere una vita e di riprendersi dalla metamorfosi che sempre ne consegue. Ora riprendo il timone di questa barca che ho usato come mezzo di salvataggio ma che in fondo sono io.
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Bio:
Nata e cresciuta a Bologna, ha studiato Disegno Industriale all’Università di Firenze. Fin da piccola ha mostrato interesse nella pittura e crescendo con l’aiuto del padre ha intrapreso i primi passi nel mondo della fotografia analogica. Negli anni il suo rapporto con tale strumento è diventato sempre più connesso al suo background di pittrice e ha iniziato a trattare la fotografia stampata come una tela da dipingere. I suoi soggetti principali sono le donne con le quali cerca di creare immagini fatte di introspezione e simbolismo.
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THE NEST 014
SERENA BIAGINI
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The Nest è una serie che progressivamente ha svelato il suo vero significato, funzionando, per me, come una presa di coscienza.
Nata in origine come la rappresentazione di una nascita, con il suo carico di speranza, si è trasformata nella rappresentazione di quella parte buia che da molti anni accompagna la mia vita, sotto forma di ansia e di attacchi di panico. Il nido, infatti, che dovrebbe rappresentare un ambiente sicuro e accogliente in cui vivere e muoversi, si trasforma in una trappola sia fisica che mentale. Nell’esasperare la sua funzione protettiva il nido definisce un confine invalicabile che tarpa le ali alla persona che lo abita. Fotografare il mio alter ego all’interno del nido/ trappola, mi ha permesso di fare luce su qualcosa che dal livello inconscio è passato al livello visivo.
Ogni immagine fissa oggi ciò che per anni è rimasto latente.
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Bio
Serena Biagini è una fotografa contemporanea che utilizza il linguaggio della fine art come messa in scena di emozioni antiche ricreando inconsciamente un atto ripetuto di rinascita, alla ricerca continua della propria identità e posizione nel mondo.
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XYXX 026
IRENE GAMBUZZI
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Nella vita prevalgono gli errori, e la matassa di ricordi di quell’anno che sembra lontano scivola dalla mente fino al pavimento. Lo guardo lontano piegando la testa e non so niente, se non che non voglio sentirmi più come quel giorno, in cui aspettavo il sole in una giornata di pioggia. Ma le nuvole non spariscono così in fretta. Non eri con me.
E a luci intermittenti ho lasciato che l’amore si sedesse negli angoli, schivo e distratto. E per quella ragione non ho più tollerato la vita. Oggi sto da sola.
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Bio:
Classe ’97, mi sono laureata con lode nel 2019 alla Libera Accademia di Belle arti (LABA) di Firenze presentando una tesi sulla sindrome post traumatica da stress, mentre già lavoravo nel mondo della fotografia di architettura in uno studio fotografico di Firenze utilizzando Dorso Digitale e Banco ottico. Attualmente direttrice artistica nello studio più grande di Firenze lavoro ancora ai miei progetti personali, utilizzando un linguaggio delicato e velato, minimale e tendente al bianco e nero. .
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CAMINETTO 042
GIORGIO GERARDI
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Le immagini che presento fanno parte del progetto “dettagli”, iniziato lo scorso giugno. La serie che propongo, dal titolo “caminetto”, è la rielaborazione di due fotografie, ingrandite e di cui ho evidenziato dei particolari, che nell’insieme dell’immagine non si sarebbero notati. Nel risultato finale il soggetto originale si perde, e rimangono solo forme e colori, forme senza alcun senso immediato. A me non interessa rappresentare qualcosa, quanto costruire delle immagini che abbiano delle forme e dei colori che possano piacere.
Tutte le mie serie sono una continua rielaborazione di una, massimo tre immagini, che lavoro fino a ottenere un risultato che mi soddisfi.
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Bio:
Scatto fotografie da quando ero bambino, e la mia formazione è da autodidatta. Da tre anni ho ripreso una ricerca fotografica che avevo messo da parte per molto tempo; ho iniziato con il progetto “nuvole”, e poi ho continuato con “foglie” e “terra”. Ho cercato di rappresentare oggetti del nostro quotidiano (un letto, un frigorifero), e ultimamente mi sto concentrando sui particolari delle fotografie che scatto.
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HUNTING GAME 056
CHARLOTTE JEANNINGROS
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Questa serie di collage è l’incontro tra due tipologie di riviste di genere, mescolando i temi scottanti e delicati di una pratica ancestrale da un lato, e la condizione delle donne dall’altro. Il tutto si incastra in una sorta di gioco dove sensibilità, sensualità e brutalità si fondono, facendo emergere quella parte di animalità che esiste in ognuno di noi, ma che viene distorta dall’azione umana. La presente narrativa trasmette una certa vulnerabilità femminile mentre i personaggi maschili sembrano essere costantemente in una posizione di forza e vittoria. Questo lavoro denuncia la binarietà di genere presente nella nostra quotidianità, ma interroga anche metaforicamente il rapporto che il fotografo mantiene con il suo soggetto, lo sguardo che gli posa e che finisce per essere letto attraverso le fotografie
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Bio:
Charlotte Jeanningros è un’artista francese. Si è laureata al Master of Fine Art nel 2019 presso la National School of Fine Art (ENSA) di Digione. La sua pratica ruota intorno a immagini, foto e video. Interessato alla realtà della vita quotidiana che cambia, esplorando la nozione di memoria e i paradossi generati dai modelli della nostra società. Attualmente vive in Cina, candidata al programma International PhD in Fine Arts della Shanghai Academy of Fine Art. La sua ricerca verte sull’arte del documentario fotografico.
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SKINNED 066
ALESSANDRO COMANDINI
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Sensibile è la pelle, che arrossisce lambita da uno sguardo La pelle che si nasconde dietro il fard La pelle che brucia, che suda.
Sensibile è la mia pelle, sotto la quale mi nascondo. La mia pelle che cambia.
Sensibile è la mia identità, che non ha pace. Io sono tutto quello che vedi. Oppure no.
Questo lavoro approfondisce il tema dell’identità e della percezione del sè nello sguardo degli altri.
Viviamo in una società in cui l’impatto visivo è dominante, ma nella quale lo sguardo si risolve in una frazione di secondo. Una società superficiale, ove la superficie degli schermi su cui basiamo la nostra conoscenza del reale è priva di asperità, profondità e calore, al contrario della nostra superficie, la pelle. Ecco allora la volontà di accentuare, attraverso la fotografia che è per sua natura bi-dimensionale, questa irregolarità, questa fisicità, esaltandola ed evidenziandola, duplicandola, immaginando come ci guardano gli altri. Immaginando come ci guardiamo noi.
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Bio:
Ha iniziato a fotografare con una Kodak Retinette all’età di undici anni e non ha più smesso. Il tema sociale e documentale è una costante nei suoi progetti, anche quando declinati in forma di autoritratto. Con la sua fotografia è impegnato da tempo ad approfondire il tema dell’identità e dell’immagine di sé. I suoi autoritratti, declinati in chiave ironica e surreale, portano la satira e il racconto nell’ambito, spesso autoreferenziale, dell’autoritratto fotografico.
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GRAVITA’
DEADLINE 15 MARZO
Invia un servizio composto da un minimo di 5 a un massimo di 15 immagini* con titolo, breve testo di presentazione, liberatoria e bio dell’autore a temi@clic-he.it *Formato Jpeg Lato Lungo 2500 Pixel
Peso Rilevanza Valore
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LA MATURITÀ DELLA POSTFOTOGRAFIA 084
DAVIDE TATTI
Arriva alla terza edizione il Premio New Post Photography inserito nell’ambito delle attività connesse a MIA Fair, nell’edizione prevista per il 2022, la giuria del premio è ancora presieduta da Gigliola Foschi. La post-fotografia, che formalmente si produce con la progressiva conversione in digitale dei materiali fotografici analogici, iniziata nell’ultimo ventennio del Novecento e portata a maturità in questi anni Venti del Duemila, introduce forti contraddizioni. Da un lato insistono delle forti spinte individualistiche e narcisistiche nella raffigurazione dei soggetti, in particolare nelle varie forme di ritratto e autoritratto a uso commerciale e nei social-media. Dal lato opposto si accresce un sistema di controllo tecnologico sulle nostre società reali dove la fotografia digitale è solo uno dei tanti strumenti adoperati per monitorare e condizionare i comportamenti collettivi in modo pervasivo; tra questi ci sono i sistemi di video sorveglianza, di scansione tridimensionale, riconoscimento biometrico, localizzazione geografica. Fra questi poli di interessi opposti si trovano invece i sistemi sempre più ramificati di ipertesti in cui i flussi di fotografie prodotte vengono inserite, a vantaggio della possibilità di connettere dati, informazioni e documenti tra loro disomogenei anche da parte di un semplice utente finale. Ma in che modo la post-fotografia influenza l’ambito delle arti visive, e la fotografia intesa come strumento di espressione culturale ed estetica? A questa domanda cerca di dare risposta il premio New Post Photography, individuando dei fotografi che nei loro progetti mantengono una coerenza tematica. Nel complesso dei lavori proposti nelle due edizioni, il punto di vista adottato dagli autori si sposta “a favore di una lettura poetica, evocativa, più emotiva che conoscitiva, dove prevalgono immagini che si rimandano le une alle altre come in un palinsesto da interpretare. La figura del fotografo-autore, con uno stile preciso, tende a volte a dissolversi per lasciare spazio al fotografo-ricercatore, che basa il suo lavoro su lunghi e precisi approfondimenti e che è disposto a cambiare il suo modo di
operare sulla base del tema che s’impegna ad indagare”, come riporta il testo del terzo bando1. Un orientamento frequente è quello della segmentazione dell’opera-progetto a cui viene tolta una visione d’insieme coesa: “vari autori trasformano le loro opere in palinsesti visivi frammentati”2. Questo metodo della catena di segmenti accomuna la fotografia ad una caratteristica spesso considerata indispensabile anche nella narrativa: “la necessaria frammentazione a cui i testi letterari vanno incontro nell’intento, oggi, di arrivare a tutti, di essere democratici” come indica Walter Siti3, che si appoggia a delle definizioni di Gino Roncaglia: “in presenza di contenuti complessi il digitale procede a operazioni di selezione e di ritaglio, per ottenere contenuti più semplici e suscettibili di ricombinazione”4. In ultima analisi il premio mette in evidenza che: “molte opere sembrano voler stimolare nello spettatore un altro modo di vedere, non più giocato su uno sguardo rapido e passivo, ma coinvolto fino ad includerlo nell’opera o basato su un vedere lento, progressivo nel tempo”2. In questo periodo post-fotografico, la ricerca di un’alternativa alla rapidità di visione e all’imposizione di un unico punto di vista, è un tema che la curatrice Gigliola Foschi aveva già sviluppato nel suo saggio Fotografie del silenzio: “Nel tempo della fretta e degli sguardi distratti, ecco quindi che la fotografia può a sua volta rivelarsi un esercizio nel nome della lentezza e del silenzio 5 (…) La fotografia - quando evita di voler suggerire a tutti i costi un senso univoco, un significato unidirezionale – può dunque dare vita a scenari segreti e rarefatti. Non si pone come un approdo di senso sicuro e immediato, ma attiva un gioco di rimandi e suggestioni in cui, nella trama del montaggio visivo, si aprono momenti di sospensione, incertezza e ambiguità”6. Tra tutti gli autori compresi nelle due edizioni già svolte del premio, abbiamo scelto un caso esemplare che radicalizza la condivisione, il riutilizzo e la manipolazione del materiale fotografico: Leonardo Magrelli con il progetto West of here7. Magrelli ricava le immagini dal videogioco Grand Thelt Auto V, 085
digitali, e soprattutto stampando le diapositive, che sono in stato di deterioramento chimico avanzato, in lastre acriliche e teli in seta e cotone. Il deterioramento che assume un cangiante spettro di colori, superando la traccia fotografica originale, diventa il soggetto dell’immagine della nuova stampa digitale e richiama, più di quanto possa fare una fotografia perfettamente conservata, le esplosioni vitali delle serate trascorse nel Plastic.
ambientato in una virtuale Los Angeles, i frame che lo compongono sono stati ricavati da fotografie scattate dagli stessi utenti del gioco. Magrelli ha rieditato alcuni frame in bianco e nero, per far somigliare il suo risultato finale ad una sequenza fotografica dove il vero e la falsificazione si equivalgono, prendendo a modello le fotografie tradizionali di autori come Garry Winogrand, Lee Friedlander, che hanno contribuito a realizzare l’immagine di Los Angeles conosciuta a metà del Novecento. Uscendo dall’ambito del premio, un progetto che ricopre l’ampiezza temporale dall’inizio degli anni Ottanta, precedenti l’insorgere della post-fotografia, fino al 2020, è quello di Nicolò Quaresima dal titolo: Dusk to Dawn,Fragments from the Plastic Archive8. Tramite il rinvenimento di materiale d’archivio del noto club Plastic di Milano, Nicolò Quaresima, in una mostra che si è tenuta presso Futurdome9 dal 15 giugno al 30 ottobre 2021, presenta fedelmente l’archivio di cartoline, poster, fotografie, video, diapositive degli anni 1980-1995. Interviene poi interpretando le scene vissute nel club con collages 086
Entrambi gli autori e artisti menzionati non hanno scattato le fotografie ma attinto a degli archivi, questa è una pratica consolidata anche se minoritaria. In un territorio dove saper operare delle scelte spesso è più significativo e determinante che avere alte competenze tecniche, il ruolo dell’artista si sposta da produttore a “assegnatore” o “prescrittore” di significati, secondo i termini già indicati nel 2016 da Joan Fontcuberta, che precisa: “La scala di valori più decisiva nella creazione non risiede più nel fabbricare immagini nuove, ma nel saper gestire le loro funzioni, sia nuove che vecchie. Perciò l’autorialità, l’artisticità, non affonda più le radici nell’atto fisico della produzione, ma nell’atto materiale di normare i valori che possono contenere o raccogliere
le immagini: valori che sono sottesi o che le sono stati conferiti.”10 Già nel 2009 Fred Ritchin definì questo spostamento di competenze e attitudini: “il fotografo digitale è potenzialmente legato in modo molto profondo a una molteplicità di media sia come ricettore sia come produttore, tanto che la comunicazione, di qualsiasi tipo, diventa più importate dell’unicità della visione fotografica”11. Inoltre, in ambiente digitale il punto di vista del fotografo si trova necessariamente a confrontarsi, non solo con quello di agenzie e editori, ma anche con quello dei soggetti fotografati, che possono pubblicamente esprimere valutazioni su come la fotografia li abbia rappresentati. I fenomeni post-fotografici hanno una forte integrazione con il complesso dei media, tanto che il ruolo dei fotografi, autori e artisti, appare come una nicchia di interesse; la quale viene riposizionata nella generica produzione di immagini soggetta a raccolta e analisi da parte delle piattaforme on line per la trasmissione e condivisione dei contenuti. L’uso delle informazioni ricavate dall’interazione di tutte le attività che si svolgono on line, fotografia compresa, a scopi commerciali, economici e sociali è un’attività che necessita di nuove regole condivise, come ha recentemente scritto Denis Curti: “L’utilizzo dei Big Data rappresenta l’altra faccia della medaglia di questa storia, senz’altro quella più inquietante. È necessario elaborare nuovi paradigmi politici che siano in grado di ab-
bracciare e comprendere la visione artificiale, sapendo che non possiamo più assumere come dato di fatto quello che era stato il punto di vista univoco e universale per eccellenza della fotografia, ovvero la prospettiva antropocentrica”. Per orientarci nella comprensione delle produzioni di immagini in questa epoca post-fotografica può essere utile riferirsi anche ad altri ambiti disciplinari, altri modelli interpretativi che si collocano “post”, dopo e a ridosso di ciò che aveva regole certe e valide, per affrontare le necessità di un cambio di paradigma. Recentemente si è discusso, durante l’ultima rassegna BookCity a Milano, di post-antropocentrismo termine caro a Timothy Morton, docente alla Rice University di Houston e teorico dell’ambientalismo, che definisce il termine come la necessità di porre l’esistenza umana al pari delle altre forme viventi, per mitigare l’effetto del progressivo esaurimento delle risorse naturali del pianeta. Altro termine dibattuto nel BookCity è stato quello di post-democrazia, coniato dal sociologo britannico Colin Crouch già dall’inizio degli anni Duemila, che viene definita come “una condizione in cui la pratica democratica perde di consistenza, garantendo solo libertà formali svuotate di contenuto. II tutto è presentato subdolamente come normalità, mentre di fatto la politica smarrisce il contatto con i cittadini”14. 087
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1
Premio New Post Photography, bando per la terza edizione 2022, a cura di Gigliola Foschi. (sito web)
2
Premio New Post Photography, bando per la seconda edizione 2021, a cura di Gigliola Foschi. (sito web)
3
Walter Siti, Contro l’impegno, riflessioni sul bene in letteratura, Milano, Rizzoli, 2021, p. 46
4
Gino Roncaglia, L’età della frammentazione, cultura del libro e scuola digitale, Bari, Laterza, 2018
5
Gigliola Foschi, Le fotografie del silenzio, forme inquiete del vedere. Milano, Mimesis, 2018, p. 43
6
Gigliola Foschi, ibidem, p. 44
Leonardo Magrelli, West of here, 2021 Yoffypress, edizione in 400 copie, http://www.yoffypress.com/catalog/ west-of-here sito personale: www.leonardomagrelli.com
7
Nicolò Quaresima, Dal tramonto all’alba: frammenti dall’archivio del Plastic, sito personale https://www.niccoloquaresima.com
8
9 Futurdome, museo indipendente, l’edificio fu sede delle avanguardie storiche italiane a Milano https://www.futurdome.org/dusk-to-dawn/
Joan Fontcuberta, La furia delle immagini, note sulla post fotografia. Traduzione di Sergio Giusti. Torino; Einaudi 2018. pag. 48; titolo originale: La furia de las imàgenes, notas sobre la post fotografia. 2016
10
11
Fred Ritchin, Dopo la Fotografia. Torino, Einaudi, 2012; pag. 161. Titolo originale: After Photography. 2009
12
Denis Curti, Capire la fotografia contemporanea, 2020, Marsilio Editori, Venezia; pag. 354
13
Post umanismo, articolo di Alessia Rastelli, in: La Lettura, Corriere della Sera, 14 novembre 2021, pag. 11
Post democrazia, conversazione tra Carlo Bordoni e Colin Crouch, in: La Lettura, Corriere della Sera, 14 novembre 2021, pag. 13 14
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Didascalie delle immagini: 001_Leonardo_Magrelli_West_Of_Here_4 002_Leonardo_Magrelli_West_Of_Here_10 003_Leonardo_Magrelli_West_Of_Here_Libro 004_post-fotografia_saggi_G.Foschi_D-Curti_J.Fontcuberta_F.Ritchin_ph_Davide Tatti 005_Niccolò-Quaresima_Dusk-to-Dawn-Diapositive_archivio_Plastic_Milano 006_Niccolò-Quaresima_Dusk-to-Dawn_C04_stampa digitale da diapositiva su lastra acrilica 007_Niccolò-Quaresima_Dusk-to-Dawn_F05_stampa digitale da diapositiva su lastra acrilica 008_Niccolò-Quaresima_Dusk-to-Dawn_stampa digitale da diapositiva su tessuto_ph_Davide Tatti 093