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Redattrice area temi
Paolo
Contaldo
Sabrina Ingrassia Diego Cicionesi
Responsabile area recensioni
Giulia Sgherri
Sandro Bini Alberto Ianiro Paolo Contaldo Associazione Culturale Deaphoto
Niccolò Vonci
Photoeditor Comunicazione Webmaster Grafica Web Editore Progetto grafico
Immagine di copertina
Romina Zanon
INTRODUZIONE
10 immagini estratte dal contenitore. Nuovo modo, nuova ricerca. Sandro indaga il cambiamento che l’utilizzo del social ci impone/ propone.
Bella la magia di Davide. Compare e scompare la sua “donna invisibile”. Lenti e specchi ritagliano e allargano la consistenza del soggetto.
Svuotate, mutate e ancora vive. Terre da leggere di nuovo. Delicata danza tra presenza e vuoto nelle foto di Romina.
Caleidoscopio e immersione. Roberta guarda in direzioni contrapposte. Ci racconta del rito, della sua ripetizione e al tempo stesso chiede di divergere. Rompe e ricompone in forma nuova.
PAOLOCONTALDO
PICTURES I TAKE PROPOSEFULLY FOR INSTAGRAM
SANDROBINI
A partire dal 2010 Instagram è divenuta un punto di riferimento per la fotografia amatoriale e professionale. La nuova app disponibile prima per IOS e poi anche per Android ha avuto una notevole influenza non solo sui modi di pubblicazione e condivisione social delle immagini fotografiche ma anche sugli stili e sulle operatività, divenendo un vero è proprio trend della fotografia contemporanea. Questa serie di 10 immagini è una selezione ponderata di fotografie da me realizzate nell’ultimo anno con lo smartphone con il principale proposito di essere pubblicate e condivise sulla piattaforma acquisita nel 2012 da Facebook e intendono riflettere soggettivamente sui condizionamenti e sulle “resistenze” che questo social è in grado di innescare in un fotografo. Parafrasando Mc Luhan, se “il social network è il messaggio”, qual è il messaggio ultimo della condivisione di una immagine su questa piattaforma? Esiste un denominatore comune degli innumerevoli motivi che spingono milioni di utenti a pubblicare e diffondere ogni giorno milioni di immagini?
Bio:
Sandro Bini, fotografo, curatore, docente di fotografia, fondatore e Direttore dell’Associazione Culturale Deaphoto di Firenze, si occupa prevalentemente dell’organizzazione e conduzione delle attività didattiche, espositive ed editoriali di Deaphoto. La sua ricerca fotografica è incentrata sopratutto sull’indagine delle relazioni fra l’uomo e il paesaggio contemporaneo e sulla dialettica critica fra percezione e fruizione dei luoghi, legata alla contestualizzazione della propria esperienza e della propria memoria. Dal 2009 è curatore del Personal Blog Binitudini / Spazio di riflessioni visive teoriche e pratiche sul gesto fotografico contemporaneo.
PREPARAZIONE DELLA DONNA INVISIBILE
DAVIDEGUALTIERI
Ho scrutato nel camerino durante la preparazione di un’amica attrice,poco prima del suo spettacolo. Lei è la donna invisibile.
Ciò mi ha portato a pensare a diverse cose, paradossali. Come prima cosa ho pensato che la macchina fotografica sia quel mezzo incredibile che mostra ciò che non c’è. Poi ho ragionato sul fatto che comunque la donna invisibile è visibilissima. Successivamente mi sono posto delle domande sul significato di donna invisibile nella società odierna.Non ho argomentazioni complesse ora da fare, ma solo questioni da porre a chi vorrà ragionarci su.
BIO:
Davide Gualtieri nasce a Roma nel 1973 dove vive e lavora. Ha iniziato la propria ricerca artistica appena ventenne con il teatro, poi laureandosi in Lettere (storia del teatro) e frequentando un master in Arti Terapie. L’approccio con la fotografia nasce dalla necessita di esplorare il mondo con una nuova poetica. Il suo percorso artistico si contraddistingue dall’amore nel cercare il dettaglio, scrutare l’irrilevabile, perdersi nell’indistinto. Sperimentare alla ricerca di una poetica è ciò che lo rende vivo. Adora fotografare le opere d’arte ma non disdegna di portare il proprio sguardo nella quotidianità caotica di Roma.
LA VASTITÀ CHE S’INCURVA A LIMITE DI CIELO
ROMINAZANON
Non vi trovi le movenze maturate nel dinamismo di forze primordiali. Si stende nel ferace verde ed è lo spirito a coglierne la vastità semplice che s’incurva a limite di cielo.
Teresa Girardi
(San Bernardo di Rabbi – Trento, 1908 - 2004)
Seguendo il corso del fiume Po nel territorio mantovano, il paesaggio agrario che ivi si attraversa si svela gradualmente nella sua intima identità di spazio in precario equilibrio tra vuoto e prosperità, tra passato e presente. Ampie e grigie distese di terra costellate da casali dimessi, all’apparenza avvolte nell’abbandono, sono in realtà terreno produttivo, fonte di vita per l’uomo che vi abita.
Bio:
Romina Zanon (1988, Caldes-Trento) si avvicina alla fotografia nel 2015 sviluppando un linguaggio espressivo di stampo evocativo basato sulla concertazione di svariate figure visive (ritratto, still life, paesaggio, fotografia d’archivio). I suoi lavori fotografici indagano principalmente i temi dell’identità, della memoria privata e collettiva, del vissuto quotidiano e familiare. Ha all’attivo esposizioni personali e collettive in Italia e all’estero (Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, OnArt Gallery di Firenze, Nucleika Gallery di Catania, Galleria Fogolino di Trento, Centro Culturale Italiano di Cluj, Dorfkirche di St. Moritz, Galerie90 di Rio Pusteria, Spazio “Collettivo 42” di Viterbo, Festival DiecixDieci di Gonzaga, Festival Riaperture di Ferrara etc)
IL MONDO DI SOPRA E IL
ROBERTACASADEI
Il rito o rituale celebrativo, come atto eseguito secondo norme codificate, offre dei comportamenti stereotipati, modelli da seguire, che costituiscono in parte la tradizione. Il rito si evolve nel tempo per non perdere di significato poiché necessita di profonda partecipazione emotiva.
Come cambieranno i rituali celebrativi e le festività? Come trasformeremo le nostre tradizioni? Nasceranno nuovi riti?
Nel marzo 2019 partecipai ai festeggiamenti del Carnevale barbaricino, celebrazione popolare sarda che rievoca la ciclicità della terra.
Ad oggi, riflettendo sul nostro presente, ho deciso di utilizzare alcune fotografie che scattai in quel periodo per realizzare una serie di collage analogici. Metto in scena una realtà doppia, talvolta multipla, in cui esiste un mondo “di sopra”, quello in cui siamo abituati a vivere, e un mondo “di sotto”, quello in cui c’è possibilità di trasformazione del nostro modo di tramandare riti e festività.
Bio:
Roberta Casadei nata a Forlì nel 1985, si diploma al Liceo Artistico P.L. Nervi di Ravenna e consegue la laurea all’Accademia di Belle Arti di Bologna, indirizzo restauro.
Si avvicina alla fotografia nel 2016, approfondendo nel corso del tempo la materia attraverso corsi e workshop. Partecipa a residenze artistiche e le sue opere sono state esposte in mostre collettive e progetti online.
DEADLINE
ITALIA IN
TV DEL
DAVIDETATTI
Il concetto di simulacro richiama i significati di immagine e rappresentazione esteriore, modello che tiene conto più della forma esterna che della complessità interna. Nella cultura popolare italiana degli anni Settanta, si è diffusa una pratica simulacrale come emulazione di quanto già consolidato all’estero, che è quella di realizzare le miniature di luoghi e paesaggi estesi, allo scopo di gratificare il pubblico, il quale con uno sforzo minimo può venire a contatto con ambienti distanti nello spazio e nel tempo. Inaugurato nel 1970 e ancora attivo, il parco Italia in miniatura, fu ideato da Ivo Rambaldi a partire dal 1968, che sul modello di altri
parchi di miniature in Europa, progetta l’omologo italiano a Viserba di Rimini. Rambaldi tra la documentazione che adopera, si serve ampiamente di fotografie che scatta per migliorare la fedeltà delle riproduzioni. Il maggiore afflusso di turisti verso Italia in miniatura arriva nel 1978, grazie allo strumento che nel periodo era il maggior produttore di materiale audiovisivo: la televisione, che usa i luoghi iconici del parco come sfondo, nel video della canzone il cui ritornello dice “com’è bello far l’amore da Trieste in giù”. Risulta evidente Il richiamo all’ampiezza nazionale del parco, che la televisione usa, perché vuole
proporsi come il principale mezzo comunicativo su tutta l’Italia per forte capacità persuasiva. La televisione negli anni Settanta mirava ad un forte impatto sociale e politico, riuscendo a inglobare e usare per le proprie finalità le varie forme di arte popolare, mentre l’interesse commerciale al momento non è ancora prioritario, perché si consoliderà negli anni Ottanta.
Luigi Ghirri, come fotografo, grafico, editore, curatore
è stato un contrappunto critico al coevo sistema delle comunicazioni e alla cultura commerciale, ma fu interessato a Italia in miniatura come simulacro dei luoghi storici, e come dispositivo che produce nell’osservatore delle percezioni artefatte, che semplificano estremamente la conoscenza del mondo reale. Ghirri realizza varie sessioni fotografiche nel parco in un arco di dieci anni circa (dal 1975 al 1985 ). Come suggerisce Vanni Codeluppi,
Ghirri fotografa Italia in miniatura perché costituisce «un mondo che simula quello esistente, ma che, allo stesso tempo, si presenta anche come qualcosa di differente. Vale a dire, svela la capacità delle rappresentazioni d’ingannarci. E Luigi cerca con le sue scelte d’inquadratura di enfatizzare ancor di più la natura simulacrale di queste architetture».1
Per intraprendere una conoscenza più ampia di tutta la produzione fotografica di Ghirri su Italia in miniatura, un’istituzione di Reggio Emilia, quale Palazzo dei Musei, la espone al pubblico integralmente con un allestimento aperto da aprile al prossimo gennaio 2. Il perno dell’interesse di Ghirri è rintracciabile nel carattere che accomuna la fotografia alla
miniatura: entrambe sono delle rappresentazioni in scala, che mostrano la divergenza tra esperienza e sua raffigurazione. L’indagine condotta sull’archivio di Ghirri, collocato presso la Biblioteca Panizzi a Reggio Emilia, ha rilevato nel materiale fotografico 220 unità su vari tipi di pellicola. Lo stesso Ghirri aveva suddiviso il progetto con una prima serie chiamata: In scala, alla quale appartengono i negativi di formato 24X36 millimetri, realizzati nella seconda metà degli anni Settanta. Una selezione di trenta fra queste foto è stata messa in mostra
presso CSAC di Parma nel
1979, con un testo scritto da Ghirri, che individua nella miniaturizzazione il gesto folle di colui che vuole ridurre spazi e tempi storici distanti in un unico sguardo, ma in questa estrema finzione si produce un nuovo interesse per il mondo reale:
«La celebrazione dei miti, dei luoghi delegati ad una “identità territoriale”, induce ad una immediata ironia sulla follia di questo viaggio, di questo vedere tutto contemporaneamente, distruggendo con lo sguardo i tempi storici, le distanze chilometriche contemporaneamente. Se
le analogie con un colossale fotomontaggio sono evidenti, piazza del Palio di Siena con Monte Bianco sullo sfondo, se il tramonto deposita le luci sulle guglie del Cervino e rende rosa le Dolomiti, inizialmente prendono e divertono, piano piano non si riesce a nascondere un dubbio.
È proprio in questo spazio di totale finzione che forse si cela il vero; è qui e solo qui che vedendo San Pietro non sommiamo le immagini mentali, ma riandiamo alla percezione avvenuta nella realtà. Paradossalmente la coppia che si fotografa davanti alla piazza svela il cliché, la copia e lo stereotipo. Camminando riconosciamo gli stili, evochiamo viaggi compiuti realmente, riandiamo al reale e al suo doppio e non viceversa».3
Alcune fotografie della serie In scala vengono inserite da
Ghirri anche
nel libro Kodachrome, dove l’autore nel suo scritto, distinguendo i metodi fotografici di riduzione dello spazio in scala, riduzione del tempo ad un unico livello, selezione della realtà percepita, li colloca in un processo di produzione visiva di tipo surreale e non documentale: «La fotografia è già surreale, sempre, nella sua variazione di scala, nella sua sovrapposizione di più anni, nel suo essere immagine conscia, e inconscia del reale cancellato».4
Ennery Taramelli, nel suo commento a una fotografia della serie In Scala, contenuta in Kodachrome, con una lettura psicologica, individua nella figura umana inserita nel paesaggio la presenza speculare del fotografo che
da sguardo esterno si cala all’interno dell’ambiente raffigurato: «una volta chiamati a presenza, che i due io tornino a impersonare i loro ruoli, l’uno come spettatore esterno alla scena, l’altro come attore recitante nello spazio mitico e simbolico della finzione narrativa, pare avvalorato dall’apparizione di quest’ultimo, seduto in cima alla vetta di una montagna, voltato di spalle e in posa meditante e contemplativa».5
In questa fotografia di Ghirri del 1977 l’inquadratura seleziona una parte dello spazio: lo scorcio con una finta vetta alpina, attraversata in cima da una donna che voltandosi guarda l’orizzonte non visibile dal fotografo. Come non è dato sapere dove vada l’attenzione del soggetto rappresentato, così la fotografia non può raffigurare l’esperienza di chi la realizza, ma solo la modalità con cui osserva porzioni di ambiente. Nell’immagine della
sigla televisiva del 1978, l’inquadratura tende invece ad essere onnicomprensiva, la totalità della piazza viene occupata dalla soubrette che, allargando le braccia verso il pubblico, amplifica il significato di totalità rappresentabile dal mezzo televisivo. In questo caso l’immagine virtuale sostituisce il reale, perché il pubblico viene persuaso che attraverso questa nulla può sfuggirgli, quando l’esperienza diretta appare carente.
Il progetto su Italia in miniatura prosegue per Ghirri negli anni Ottanta con la produzione di negativi in medio formato di 6X7 cm. Dell’intero corpus di 220 fotografie quelle stampate dall’autore dal 1978 al 1989, in occasione di mostre e pubblicazioni, sono circa novanta. Le stampe esposte sono tutte coeve a Ghirri, ad eccezione di due edizioni contemporanee; la qualità modesta delle stampe vintage solleva il problema della conservazione come sottolineato in un convegno
del 2013 da Arturo Carlo
Quintavalle, che richiedeva la scansione digitale di tutti i negativi, per averne stampe di qualità e non dover manipolare i negativi analogici originali danneggiandoli6.
L’esposizione presso Palazzo dei Musei mette in relazione la serie di Ghirri con il materiale preparatorio prodotto da Ivo Rambaldi, i quali con chiara evidenza mantengono due approcci alla fotografia opposti e divergenti: «mentre Ghirri se ne serve come dispositivo per mettere in discussione il nostro rapporto con la realtà, Rambaldi la utilizza come strumento di lavoro. Allo sguardo consapevole di Ghirri, interessato proprio agli aspetti problematici sollevati dal mezzo, fa da contrappunto l’approccio “ingenuo”, ma comunque autentico, di Rambaldi, che vede nell’istantanea la garanzia di una fedele registrazione della realtà», come indicato nelle tavole dell’allestimento.
Per instaurare invece un confronto con l’ampia portata
della lezione di Ghirri la mostra espone gli esiti di un workshop tenutosi nel 2019 da Matteo Guidi e Joan Fontcuberta con gli studenti dell’ISIA di Urbino. I lavori prodotti indagano le modalità di ricezione visiva dell’ambiente urbano, attraverso dei sopraluoghi fotografici preso il parco Italia in miniatura, che negli anni si è esteso con maggior apporto tecnologico, rispetto agli anni Settanta e Ottanta di Ghirri. L’idea di fotografia restituita dal workshop è quella di un medium sempre più integrato con le tecnologie grafiche e visive, perché le procedure fotografiche, di fronte alle quantità crescenti di dati da gestire, hanno dovuto abbandonare la separazione delle competenze tipica della produzione analogica.
1 Vanni Codeluppi, Vita di Luigi Ghirri. Roma, Carocci editore, pag. 43
2 In scala diversa, Luigi Ghirri, Italia in miniatura e nuove prospettive. Reggio Emilia, Palazzo dei Musei, dal 29 aprile 2022 all’ 8 gennaio 2023
3 Luigi Ghirri, In scala. 19771978. In Niente di antico sotto il sole. Scritti e interviste 1973 -1991. Introduzione di Francesco Zanot. Quodlibet, 2021. Pag. 59-60
4 Luigi Ghirri, Kodachrome, 1970-1978. in Niente di antico sotto il sole; pag. 35
5 Ennery Taramelli, Memoria come infanzia. Il pensiero narrante di Luigi Ghirri. Parma, Edizioni Diabasis. 2017; pag 125.
6 Carlo Arturo Quintavalle, intervento al “Ghirri Research Project 2013-2015” https://www.youtube.com/ watch?v=hjs_q0gOOFU