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L'INTERVISTA

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IL RACCONTO

IL RACCONTO

TREVISO, VIRUS FUORI DALLE RSA DELL'I.S.R.A.A. SALVI 800 ANZIANI

Il Presidente Michielon: “La fase 2 è un'altra prova di fuoco pericolosissima. Servono subito un Piano nazionale, direttive e organizzazione”

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LIVIA PANDOLFI

Ringrazia anche la divina provvidenza che, secondo lui, ha contribuito a salvare la pelle agli ospiti delle case di riposo dell’I.S.R.A.A. di Treviso. La bella cifra di 800 vecchietti, nessun contagiato, un solo dipendente positivo, per altri motivi, ma già in quarantena dalle tre settimane precedenti. Quattro residenze e due deceduti per altre cause. Tutti in salvo dal Coronavirus. Il Presidente dell’Istituto per servizi di ricovero e assistenza per gli anziani di Treviso, Mauro Michielon, un uomo possente e dai modi gentili, non desidera fare l’eroe, ma il caso vuole che la sua struttura rappresenti una vera e propria mosca bianca nella lotta al Covid 19, per numero di ospiti e assoluta impermeabilità all’epidemia. La ricetta applicata della Regione Veneto nella lotta al Coronavirus ha infatti trovato casa anche qui. E anzi si è potenziata grazie al buon senso e alla capacità di decidere il da farsi senza tanti indugi che ha seguito una sola stella polare: la prudenza. Ora, però, la fase 2 diventa il nuovo fronte di battaglia, delicato, insidioso, impegnativo più che mai. Domanda. Presidente Michielon, sapere che qualcuno ha trovato il modo di difendere gli anziani più fragili dalla strage che questa epidemia ha rappresentato per loro fa bene al cuore. Come avete fatto? Risposta. La nostra parola d’ordine è stata, da subito, massima prudenza. Abbiamo chiuso alle visite dei parenti sin dal 24 gennaio, proprio nei giorni in cui scoppiava il caso Codogno nella bassa lodigiana. Avevamo capito che non c’era da scherzare ben prima del DPCM dell’8 marzo del Governo che ha disposto misure restrittive per tutti e la possibile chiusura delle RSA. D. E poi? R. Poi abbiamo seguito direttrici di grande attenzione. Per esempio. Misurazione della

febbre degli anziani due volte al giorno e isolamento immediato alla prima alterazione in attesa di analisi e tampone. Abbiamo mandato a casa subito il personale a rischio sia quelli con alterazioni minime che i conviventi di sanitari in forze agli ospedali. E infatti una nostra dipendente si è ammalata proprio per questo motivo, ma era già a casa da tre settimane. D. Tamponi ne avete effettuati? R. Assolutamente sì, a tutti. O meglio abbiamo fatto test sierologici e poi anche il tampone. Il tampone, in particolare, è stato effettuato a tutti i 750 nostri addetti, medici, infermieri, personale delle pulizie. D. Ma i test sierologici non erano indisponibili e/o inaffidabili come si dice da settimane? R. Guardi noi li abbiamo avuti e usati. Anzi, abbiamo fatto un primo screening a tutti gli ospiti proprio con il test del sangue con il sistema della punturina al dito, poi, in caso di sospetto, il tampone. L’ultimo giro è stato effettuato il venerdì santo prima di Pasqua. D. Avete avuto supporto dalla Asl in questo senso? R. Si certo. C’è da dire che anche qui in Veneto abbiamo avuto all’inizio dell’epidemia problemi con i tamponi per la carenza di reagenti, ma siamo riusciti a sopperire, per fortuna. Oggi come regione siamo autosufficienti perché è stata acquistata una macchina apposita e li produciamo da soli. D. Una ricetta, quella Veneta, che ha salvato la vita agli anziani, a differenza di altre regioni italiane in cui sono state fatte scelte scellerate come mettere i pazienti Covid o post Covid - cioè in fase di ripresa dalla malattia - nelle RSA. Che ne pensa? R. Non voglio assolutamente fare l’eroe. Anzi posso dire che in siamo stati salvati anche dalla divina provvidenza che evidentemente ci ha aiutato. D. Non sia modesto… R. Come ho detto abbiamo seguito alla lettera una regola basilare: massima prudenza. Per cui appunto, niente parenti, isolamento degli ospiti con alterazioni, dipendenti a rischio a casa immediatamente, assolutamente niente volontari che pure erano preziosissimi nella cura degli anziani. A questo proposito ringrazio molti nostri dipendenti che si sono prestati a tornare dopo i turni per dare da mangiare ai ricoverati particolarmente fragili che hanno bisogno di essere imboccati. Sono stati encomiabili. Poi, certo, ci vuole organizzazione. Abbiamo avuto riunioni fra i dirigenti delle 4 case di riposo 3 volte a settimana, estendendo le idee e le buone pratiche gli uni agli altri. D. Dopo il 4 maggio parte la fase 2. Come avete intenzione di organizzarvi? R. Questo è un problema importantissimo. Capisco che si parli di ripartire e di riprendere le attività. Ma per noi ora comincia una seconda sfida cruciale. Qui serve un Piano, una strategia anche nazionale che metta in condizioni le case di cura per anziani di non esporsi a un pericolo che continua a essere presente e molto forte. D. Voi cosa farete? R. Molte cose che già facciamo continueremo a farle: protezioni, mascherine, misurazione della febbre in ingresso del nostro personale, igienizzazione delle mani e della persona. Tutto questo dovrà essere esteso ai parenti che torneranno a trovare gli anziani. Non possiamo certo isolare gli ospiti per sempre, anzi sono loro stessi che ci chiedono di vedere di nuovo i propri cari. Tuttavia, ad esempio, saremo costretti a evitare baci e bracci e praticare il distanziamento. D. Crede che le associazioni come CNA Pensionati possano aiutare a fermare la strage degli anziani nelle case di riposo e a mettere in condizione questo Paese di evitare che si ripeta una tragedia simile? R. Guardi io credo sia necessario un Tavolo fra Governo, Regioni, parti sociali come CNA Pensionati che metta in piedi un piano dedicato al problema delle RSA e più in generale degli anziani, anche e soprattutto quelli fragili e non autosufficienti. Serve, da una parte, una riforma del sistema sanitario pubblico che rafforzi la medicina di prossimità territoriale e dall’altra un Piano per gestire l’invecchiamento progressivo della popolazione restituendo, fra l’altro, fiducia nelle RSA che in questo periodo sono state lasciate sole e sono apparse agli occhi di tutti luoghi non sicuri.

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