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E' la speculazione a infiammare i prezzi del gas

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PANTERE GRIGIE

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LA FINESTRA SUL CAVEAU

CLAUDIO DI DONATO

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La crisi energetica ha messo in risalto la complessità dei meccanismi che regolano il funzionamento del mercato del gas ma anche un elevato tasso di opacità nonostante l’impegno dei regolatori internazionali e nazionali per assicurare la trasparenza. In confronto il mercato petrolifero garantisce un equilibrio molto più efficiente tra la domanda e l’offerta. La prima e più evidente particolarità del gas è che esistono diversi riferimenti per determinarne il prezzo. La novità dell’ultimo anno è che la speculazione finanziaria ha acceso i riflettori sul gas e sul complesso delle materie prime. Il grande interesse della speculazione condiziona le quotazioni del gas e delle altre materie prime, dall’acciaio al rame. Da oltre un anno non c’è una carenza di gas, nonostante una domanda in robusta crescita. Eppure il prezzo del

gas è salito di circa 7 volte, da 0,20 a 1,40 euro al metro cubo, determinando un fenomeno da mercato poco trasparente: i consumatori sono chiamati a pagare bollette sempre più care e gli operatori incassano profitti crescenti. Limitando il campo di osservazione ai paesi europei, la principale anomalia è la modalità di fissazione dei prezzi. Circa l’80% del gas che arriva in Europa è garantito da contratti a lungo termine nei quali sono definite le formule di prezzo che prevedono margini di adeguamento sulla base dell’andamento delle quotazioni del petrolio. Questo meccanismo è stato rivisto nel 2010 da parte delle autorità di regolazione europee dei mercati dell’energia. La motivazione è stata che un prezzo quasi fisso per tanti anni non tiene conto delle variazioni della domanda e dell’offerta. Ad esempio davanti a una offerta di gas molto abbondante il prezzo dovrebbe scendere, e i contratti a lungo termine non favoriscono la discesa dei prezzi. Si è deciso quindi di prendere a riferimento le quotazioni del gas nelle contrattazioni giornaliere dei mercati energetici. E in Europa i principali sono Londra e Amsterdam. Con gli anni tuttavia si è prodotta una situazione di forte squilibrio. Da qualche anno l’80% del gas consumato in Europa è prezzato in riferimento ai valori a breve termine e solo meno del 20% è rimasto indicizzato al petrolio. In sostanza il 20% di gas consumato (la quantità acquistata giornalmente sui mercati) determina il prezzo anche per l’80% di gas acquistato con contratti a lungo termine. E’ evidente che il meccanismo dovrebbe essere profondamente rivisto, se non altro per trovare soluzioni equilibrate per ridurre la volatilità dei prezzi e costi molto elevati per i consumatori mentre pochi operatori e speculatori incassano profitti da capogiro. Altro elemento che attira gli speculatori è l’orientamento dei paesi europei di ridurre la dipendenza dal gas russo, ipotizzando anche la totale cessazione degli acquisti. Rimpiazzare 150 miliardi di metri cubi di gas sarà impegnativo e molto costoso. Il solo annuncio degli Stati Uniti di vendere a breve 15 miliardi di metri cubi all’Europa ha fatto lievitare le quotazioni del GNL (Gas naturale liquido) e soprattutto dei noli marittimi (serviranno migliaia di navi per attraversare l’Atlantico). E per rinunciare al gas russo si dovranno pagare penali molto salate. I contratti a lungo termine in genere prevedono margini di flessibilità delle quantità e così come il fornitore è obbligato ad assicurare le quantità per il periodo di validità del contratto al tempo stesso l’acquirente (i paesi europei) è vincolato a ritirarle. Al netto delle considerazioni geopolitiche, in base al diritto commerciale internazionale, la Russia non può interrompere le forniture di gas e l’Europa non può smettere di acquistarlo improvvisamente.

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