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Maintenance and Facility Management
in questo numero
Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale 70% - CNS/AC-ROMA
Anno 2 Numero 1 Gennaio Febbraio 2008
ISSN: 1971-1735
Offerta Formativa CNIM 2008 Normazione: stato di avanzamento attività CENTC319 “Maintenance”
Manutenzione e legislazione: il settore dei lavori pubblici Manutenzione e Tutela della Responsabilità Giuridica I Contratti di Global Service della Manutenzione La Normativa Europea nel Facility Management Certificazione: incombenza od onorificenza? in evidenza
Dossier “Manutenzione: Investimento per le Imprese e Sviluppo per il Paese” a cura del CNIM sulla rivista dell’UNI “U&C - Unione e Certificazione”, numero di marzo 2008
soci del CNIM AEM CALORE & SERVIZI
GROMA
ANAS
INARCASSA
APISOISERVICE
INGEST FACILITY
ASSISTAL
MANUTENCOOP
AIPnD - Associazione Italiana Prove non Distruttive
MAPEI
AZIENDA USL 2 di LUCCA
NUOVO PIGNONE - GE ENERGY OIL & GAS
AZIENDA USL 3 di PISTOIA
PIRELLI Real Estate
CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano
RFI - RETE FERROVIARIA ITALIANA
COGNE ACCIAI SPECIALI
ROMEO GESTIONI
CONFARTIGIANATO IMPIANTI
SAMI
COMUNE di MODENA
SIRAM - gruppo DALKIA
CONSIGLIO NAZIONALE dei GEOMETRI
SI.MA.V.
DIETSMANN
UNI - ENTE NAZIONALE ITALIANO DI UNIFICAZIONE
EDISON
UNION KEY
EFFECI
UNIONE NAZIONALE AMMINISTRATORI IMMOBILI
ENI - Divisione AGIP
SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA
FONDAZIONE E.N.P.A.M.
VITROCISET
GEOCONSULT
sommario editoriale di Francesco Paolo Branca
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primo piano
5
Calendario Formazione 2008 dal CNIM
La normazione tecnica sulla Manutenzione: stato di avanzamento delle attività del Comitato Tecnico Europeo del CEN “Maintenance” tecnica
La Manutenzione nella legislazione vigente nel settore dei lavori pubblici
6 8
Marcello Mauro
Manutenzione e Tutela della Responsabilità Giuridica
11
Giovanni Ferrara ricerca
Opportunità di coordinamento nei Contratti di Global Service della Manutenzione
13
Giuseppe Aiello, Rosa Micale, Antonino D’Aguanno international
The Challenges, Possibilities and Limits of Existing and Future European Standards in the Area of Facility Management / Sfide, Possibilità e Limiti nella Esistente e Futura Normativa Europea nel Facility Management
26
Jappe Van der Zwan, Wiene Wijnstra l’analisi
Certificazione: incombenza od onorificenza?
35
Paolo Morelli
News
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Maintenance and Facility Management
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Maintenance and Facility Management Anno 2 Numero 1 Gennaio Febbraio 2008
Direttore responsabile Lorenzo FEDELE Comitato Scientifico Paolo MORELLI
STRUTTURA ORGANIZZATIVA DEL CNIM Consiglio Direttivo Aurelio MISITI
Presidente Comitato Certificazione e Orientamento Culturale del CNIM
Camera dei Deputati, Sapienza Università di Roma, Presidente Onorario del CNIM
Maria Rosaria BONI
Marcello MAURO
Sapienza Università di Roma
Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Presidente Onorario del CNIM
Angelo CARRINO ANAS
Francesco Paolo BRANCA
Duccio GHIDETTI
Sapienza Università di Roma, Presidente del CNIM
ISPESL
Ugo Nicola TRAMUTOLI
Onorato HONORATI
Presidente CEI, Vice Presidente del CNIM
Sapienza Università di Roma
Adriano BIRAGHI
Carlo MESSINA
Vice Presidente del CNIM
CONSEL
Francesco PITTONI
Michela POLA
Vice Presidente del CNIM
ATECAP
Alfonso FERRAIOLI
Giuseppe RUBRICHI
Rappresentante Ministero per lo Sviluppo Economico
AMA
Giuseppe NARDONI
Maria Teresa RUFFO
Rappresentante Ministero dell’Università e della Ricerca
CONFAPI
Gian Piero PAVIRANI Rappresentante RFI
Responsabile di Redazione Serena LICCARDI
Enrico COMELLINI
Redazione Tecnica Massimo CONCETTI, Roberto CUCCIOLETTA
Direttore Gestionale e Rappresentante UNI
Direzione e Redazione CNIM - Comitato Nazionale Italiano per la Manutenzione Via Barberini, 68 - 00187 Roma Tel. 06 4745340 / 42010534 - Fax 06 4745512 E-mail: ufficio.stampa@cnim.it http://www.cnim.it
Lorenzo FEDELE
Impaginazione e stampa EUROLIT, Roma - Tel. 06 2015137 - Fax 062005251 E-mail: eurolit@eurolit.it Hanno contribuito per questo numero Giuseppe AIELLO, Francesco Paolo BRANCA, Paolo CANNAVÒ, Antonino D’AGUANNO, Giovanni FERRARA, Rosa MICALE, Marcello MAURO, Paolo MORELLI, Jappe VAN DER ZWAN, Wiene WIJNSTRA Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 5/2007 del 19.01.2007. La raccolta dei dati personali dei destinatari della rivista è effettuata nel rispetto delle vigenti leggi sulla privacy (Dlg. 196/2003) ed è finalizzata all’invio della pubblicazione e ad eventuali comunicazioni ad essa collegate.
Rappresentante CEI
Elio BIANCHI Vitaliano FIORILLO Rappresentante Soci Ordinari Sapienza Università di Roma, Segretario Generale del CNIM
Il Comitato Nazionale Italiano per la Manutenzione è un ente senza fini di lucro costituito nel 1990, sotto l’alto Patrocinio del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, per promuovere la diffusione della cultura della Manutenzione. Il CNIM individua in una corretta e ben pianificata Manutenzione un elemento essenziale per migliorare la produttività e la competitività delle imprese. la qualità di vita e la sicurezza delle persone, la salvaguardia dell’ambiente e l’uso razionale dell’energia. Il CNIM è stato individuato nel 1999 (DM 16/12/99) come il soggetto che meglio può occuparsi di coordinare l’elaborazione di studi e ricerche nel campo della Manutenzione.
editoriale
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Presidente del CNIM
Qualità e Manutenzione non sono sinonimi, ma in qualche modo sono tra di esse connesse. La qualità é un pregio, un valore; la manutenzione è un insieme di attività che ha come fine quello di mantenere inalterato nel tempo il pregio e il valore di un qualsivoglia bene. Di conseguenza, la qualità costa e l’obiettivo delle attività di manutenzione è garantire che la qualità del bene si estenda e perseveri nel tempo. Nel mondo industriale il problema della qualità consiste proprio nel trovare il giusto equilibrio tra il livello che si ritiene necessario mantenere ed il corrispondente prezzo che occorre pagare. Non sfugge quindi l’importanza della manutenzione, ma dal momento che questa attività, di norma, non fornisce risultati immediatamente riscontrabili, viene spesso trascurata perchè manca la cultura della manutenzione. A titolo di esempio, è singolare che l’oggetto per il quale ciascuno di noi si augura di mantenere inalterata nel tempo la qualità, è il nostro corpo; il corpo umano - come qualsiasi altra macchina - richiede attenzioni. Si tratta, in sostanza, di una forma di manutenzione che va sotto il nome di prevenzione: prevenire é meglio che curare…recita una formula antica. Ma se è già difficile - anche nel campo della sanità - convincere ogni cittadino che occorre prevenire le malattie nonostante in Italia la sanità sia di base gratuita - si può immaginare quanto ciò sia più difficile nel mondo industriale dove la manutenzione è un costo (investimento) vivo. Qualità e manutenzione costituiscono un binomio inscindibile; il CNIM è nato dal mondo industriale nella consapevolezza della necessità di diffondere in ogni settore dell’attività umana il pregio della sua conoscenza e dei mezzi e modalità attraverso cui trarre il maggior vantaggio per l’uomo, ovvero migliorare la qualità della vita. Fin dalla sua fondazione, il CNIM ha avuto il pregio del supporto delle Istituzioni - il Ministero per lo Sviluppo Economico, il Ministero per l’Università e la Ricerca e il Ministero delle Infrastrutture hanno infatti promosso la sua nascita;
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di Francesco Paolo Branca
Maintenance and Facility Management
degli Enti - UNI e CEI sono anche attualmente soci di diritto; e delle Aziende - ENI, Ferrovie dello Stato, Fiat e Siemens sono stati, fra gli altri, i Soci fondatori del CNIM. Tutti i Soci, indipendentemente dalla fama del nome che li contraddistingue, partecipano attivamente al perseguimento della missione di diffusione della cultura manutentiva, attraverso un paziente e continuo lavoro di informazione e sensibilizzazione. Ed allo stesso tempo nel riconoscimento di ciò, il CNIM deve porsi come riferimento tecnico, tecnologico e di alta cultura in ogni ambito nazionale e internazionale - ove qualità e manutenzione evolvono, se possibile, verso mete di eccellenza. La presenza attiva del CNIM ai lavori della Commissione Manutenzione Europea del CEN e il contributo dato alla Commissione Nazionale hanno favorito e agevolato l’orientamento della normazione in manutenzione. Sul piano internazionale, il CNIM è stato il promotore e l’organizzatore della Conferenza Internazionale sulla Gestione della Manutenzione e sul Facility Management “MM” che giunge quest’anno alla quarta edizione. Tutte le precedenti edizioni della Conferenza hanno riscosso un significativo successo e hanno costituito motivo di crescita del settore in considerazione del buon livello tecnico dei contributi pervenuti, nonché di diffusione della conoscenza della normazione tecnica. Un’ulteriore iniziativa a favore delle Imprese, riguarda la promozione di gruppi di studio tematici che contribuiscono in modo significativo all’incontro fra esigenze del mercato e offerta di manutenzione. All’interno dei gruppi di studio si confrontano realtà aziendali, istituzionali e universitarie, il cui lavoro trova concretezza in pubblicazioni in grado di fornire specifiche linee guida utili agli “addetti ai lavori”. È per rispondere alle esigenze di miglioramento della qualità della vita (in senso stretto) che il CNIM si è attivato per promuovere l’informazione e il confronto sulla delicata tematica delle responsabilità connesse alla manutenzione delle apparecchiature in un ambito complesso quale quello
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editoriale
sanitario per il quale è sempre disponibile un posto nelle l’ambiente e - cosa affatto trascurabile - il benessere di tutta la collettività. prime pagine dei giornali. Nel campo della formazione ed informazione, l’obiettivo per il 2008 è ancora quello di operare in modo ancora più inUn sentito ringraziamento cisivo rispetto al passato. al Presidente Scolari La rivista MM è, in ordine di tempo, una delle più recenti Lo scorso 25 gennaio, in seiniziative di informazione che mira a costituire una sede guito ad una impietosa madi notizie e di dibattito tra Enti normatori, università e inlattia, è venuto a mancare dustria. l’Ing. Paolo Scolari, PresiSul fronte della formazione, l’offerta è altrettanto ricca, dente dell’UNI e Vice Presianche in virtù di iniziative congiunte con partners qualifidente del CNIM. canti quali “Sapienza-Università di Roma” e UNI. Il CNIM desidera ricordare L’azione del CNIM procede nella convinzione che formacon sincera riconoscenza il zione e informazione siano il requisito fondamentale per pregevole lavoro svolto in garantire che la manutenzione divenga la migliore pratica questi anni dall’Ing. Scolari a servizio delle Imprese, di prevenzione capace di assicurare la sostenibilità dei beni, delle Istituzioni e della Normazione. una strategica riduzione degli sprechi, la conservazione del-
Politica per la Qualità del CNIM anno 2008 CONCETTI GUIDA Qualità di vita, Sicurezza, Risparmio e Progresso compatibile con l’Ambiente attraverso la Manutenzione, nell’interesse della Collettività MISSION a) sensibilizzare i Cittadini sull’importanza della Manutenzione, b) promuovere lo sviluppo industriale delle Imprese di manutenzione, c) orientare i lavori di normazione a livello nazionale ed europeo, d) favorire l’identificazione della domanda di manutenzione, e) favorire l’incontro fra domanda e offerta di manutenzione. VISION Promuovere una migliore qualità di vita attraverso la diffusione della manutenzione, quale disciplina della gestione e della conservazione razionale dei beni ai fini della prevenzione dei guasti, mirando in particolare a: a) la sicurezza dei beni, degli ambienti e degli impianti, b) l’uso razionale delle risorse ambientali, c) il risparmio economico e energetico. POLITICA Rafforzare le seguenti aree: a) comunicazione e diffusione (interna ed esterna), b) formazione e aggiornamento professionale (interno ed esterno), c) professionalità delle risorse umane, d) partecipazione e organizzazione di attività a carattere internazionale, e) organizzazione, partecipazione e sviluppo di attività di ricerca applicata, f) qualità organizzativa e certificazione, g) sicurezza e verifiche di impianti tecnologici.
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Anno 2 Numero 1 Gennaio Febbraio 2008
primo piano
Calendario Formazione 2008 Programma Formazione 2008 Corso
ore
partner
Sede
Calendario
Ingegneria di Manutenzione *
24
UNI
UNI Milano
3,4,5 marzo
Ingegneria di Manutenzione *
24
UNI
UNI Roma
2,3,4 aprile
Contrattualistica di Manutenzione *
16
UNI
UNI Milano
7,8 aprile
Contrattualistica di Manutenzione *
16
UNI
UNI Roma
14,15 aprile
Sicurezza nella Manutenzione *
16
UNI
UNI Milano
13,14 maggio
Sicurezza nella Manutenzione *
16
UNI
UNI Roma
21,22 maggio
Qualità nella Manutenzione *
8
UNI
UNI Milano
6 giugno
Qualità nella Manutenzione *
8
UNI
UNI Roma
23 maggio
Abilitazione del personale di manutenzionedi ascensori e montacarichi (D.P.R. 162/99)
28
CNIM
6,13,20,27 marzo 3,10,16 aprile
SIMC - Il sistema informativo di manutenzione computerizzato
15
CNIM
17,18 aprile
Norme di Sicurezza per Eseguire Lavori Elettrici (CEI EN 50110-1 e CEI 11-27)
16
CNIM
26,27 febbraio
Ascensori. Manovra a mano: istruzioni per effettuare la manovra di emergenza (art.15 del D.P.R. 162/99)
3
CNIM
28 marzo
Finanziamenti della Comunità Europea. Modalità di Partecipazione (2007-2013)**
60
CNIM
II semestre
Soluzioni Energetiche Ecocompatibili per l'involucro Edilizio e Certificazione Energetica degli Edifici **
20
CNIM
II semestre
Gestione e Manutenzione delle Opere Civili **
40
Sapienza Università di Roma
CNIM
II semestre
Sicurezza, Gestione e Manutenzione degli Impianti Elettrici **
60
Sapienza Università di Roma
CNIM
II semestre
L’Attività di Ispezione ai fini della Verifica della Conformità **
72
Sapienza Università di Roma
CNIM
II semestre
* moduli del percorso formativo “Maintenance Expert”
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Maintenance and Facility Management
Sapienza Università di Roma Sapienza Università di Roma
** moduli professionalizzanti del master universitario di II livello in “Ecoprogettazione e Gestione delle Opere Civili”
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dal CNIM
u
La normazione tecnica sulla Manutenzione: stato di avanzamento delle attività della Commitato Tecnico Europeo del CEN “Maintenance”
Un settore delicato e strategico come quello della Manutenzione, e delle attività ad essa collegate, non può prescindere da un corpus normativo atto a stabilire adeguate linee guida comportamentali, con l’obiettivo di agevolare lo sviluppo razionale delle moderne e complesse economie industrializzate. Il CNIM, in accordo con l’UNI, negli ultimi sei anni ha specificamente promosso i lavori di normazione tecnica in ambito europeo nel campo della Manutenzione, assumendo la presidenza del Comitato tecnico “Maintenance” del CEN. Questa attività si svolge coerentemente con una politica, oramai più che largamente condivisa, che vede nel Mercato e nella Società europea il nuovo Soggetto sociale, imprenditoriale ed istituzionale a cui riferirsi. Tale impegno, non indifferente anche in termini di risorse, è stato reso possibile dal supporto dei Partners strategici del CNIM (UNI, CEI, Ministero per lo Sviluppo Economico, Ministero delle Infrastrutture, Ministero dell’Università e della Ricerca, Rete
Ferroviaria Italiana, ENI, ANAS, Cogne Acciai Speciali, Sapienza Università di Roma, Politecnico di Milano). Il lavoro nell’ambito del CEN è partito dal lungo e denso lavoro svolto - prevalentemente negli anni ’90 - dalla Commissione Nazionale Manutenzione dell’UNI, che oggi vive un periodo di minore produzione, salvo l’importante standard UNI 11136, sul global service del patrimonio immobiliare, pubblicato già nel 2004. I gruppi di lavoro europei (working group) attivi nel settore della Manutenzione sono i seguenti: WG 2: “Documentation”; WG 4: “Terminology”; WG 6: “Maintenance Indicators”; WG 7: “Maintenance of Buildings”; WG 8: “Maintenance Management”; WG 9: “Qualification of Personnel”. Nella tabella che segue si offre la fotografia aggiornata sullo stato di avanzamento dei lavori di ciascun gruppo:
I lavori del CEN TC 319 nell’ultima riunione plenaria a Roma dello scorso 26 settembre 2007
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Anno 2 Numero 1 Gennaio Febbraio 2008
dal CNIM working group
Azione
norma/documento
note
WG 2
Il gruppo ha lavorato e ha portato a termine (a fine 2007) la revisione della norma EN 13460 “Documenti per la Manutenzione”.
EN 13460: 2002 Maintenance - Documents for Maintenance
/
WG 4
Il gruppo di lavoro si è attivato per la revisione terminologica della norma EN 13306. Il completamento del processo di revisione e di aggiunta di nuovi termini è previsto per la fine di febbraio 2008. Seguirà poi l’iter per l’inchiesta pubblica.
EN 13306:2001 Maintenance Terminology
/
WG 6
Il gruppo ha lavorato per la stesura della norma sugli Indicatori di Performance di Manutenzione. la norma pubblicata prevede tre tipologie di indicatori: - 24 di tipo economico; - 21 di tipo tecnico; - 26 sull’efficienza organizzativa. Gli indicatori sono articolati in tre livelli successivi - 1, 2 e 3 - classificati in base al principio che quelli di livello 1 sono i più generali, mentre quelli di livello successivo (2 e 3) scompongono o dettagliano quelli dei livelli precedenti (1 e 2 rispettivamente).
UNI EN 15341:2007 Maintenance Key Performance Indicators
I lavori del WG6 si sono svolti e conclusi a tempo record, essendo passati due anni dalla prima riunione di valutazione (giugno 2003), alla formalizzazione dello studio (aprile 2005) e altrettanti fino alla pubblicazione (luglio 2007), che è avvenuta con più di un anno di anticipo rispetto ai tempi standard e alle aspettative dello stesso CEN.
WG 7
Il gruppo sta lavorando affinchè la specifica tecnica CEN TS 15331 divenga una vera e propria norma europea (EN15331). Inoltre, il gruppo si sta attivando per fare adottare alcune norme internazionali riguardanti il ciclo di vita degli edifici, attualmente sviluppate dall’ISO TC 59 SC14.
CEN TS 15331:2005 Criteria for design, management and control of maintenance services for buildings
/
WG 8
Il programma attuale del Comitato Tecnico 319 e in particolare del WG8 è quello di valutare la documentazione interna e di proporre, nell’ambito della gestione della manutenzione, una linea guida, un report o una specifica tecnica in grado di fornire un supporto all’aggiornamento della IEC 60300-3-14.
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/
CEN/TR 15628:2007 Qualification of Maintenance Personnel
Il Technical Report è stato approvato dagli Enti Normatori Nazionali durante l'Assemblea plenaria a Parigi dello scorso 23 aprile 2007 ed è quindi ufficialmente riconosciuto come il documento europeo guida per la qualificazione del personale che opera nel settore della Manutenzione
WG 9
Il gruppo ha lavorato alla stesura di un Technical Report sulla Qualificazione del Personale di Manutenzione a livello Europeo. Il documento individua tre diversi livelli - Maintenance Manager, Maintenance Supervisor e Maintenance Technician - di esperto di manutenzione a seconda delle competenze ottenute e di esperienza accumulata nel settore.
Il Comitato tecnico europeo “Maintenance”, inoltre, ha formalizzato rapporti di collaborazione e scambio tecnico con altre realtà internazionali: a) IEC TC 56 “Dependability” (comitato di normazione che opera all’interno della Commissione elettro tecnica internazionale - IEC), che ha contribuito con i propri esperti alla redazione della nuova norma terminologica (EN 13306) oltre alla predisposizione dei documenti sulla gestione della manutenzione per il WG 8. A sua volta il TC 319 sta contribuendo al TC 56 per migliorare le prossime edizioni della IEC 60050-191 (terminologia) e della IEC 60300-3-14 (gestione). b) CEN TC 348 “Facility Management” ha pubblicato fino a questo momento due norme di interesse anche per il TC 319. Il TC 348 sta prendendo in considerazione l’aspetto degli indicatori di performance e i processi, essenziali nella gestione della manutenzione. c) Il WG 7, infine, è in contatto con il sotto comitato ISO TC 59 SC14 per lo studio di alcune norme ISO nell’ambito del ciclo di vita degli edifici.
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Maintenance and Facility Management
Il CNIM infine, insieme a UNI e CEN, con il supporto culturale di Sapienza Università di Roma e del Politecnico di Milano, oltre al contributo di Cogne Acciai Speciali, ha avviato la conferenza annuale internazionale sulla manutenzione e sul facility management “MM”, la cui prima edizione si è svolta a Venezia nel 2005 (www.mm2005.it); la seconda a Sorrento nel 2006 (www.mm2006.it); la terza edizione si è svolta a Roma nel 2007 (www.mm2007.it). Tutte le edizioni hanno riscosso un significativo successo e hanno costituito motivo di crescita del settore in considerazione del buon livello tecnico dei contributi pervenuti, nonché di diffusione della conoscenza della normazione tecnica. È attualmente in fase di organizzazione la quarta edizione dell’iniziativa. Tenuto conto dell’alto numero di norme prodotte e del loro rilievo internazionale, che peraltro fa lustro al nostro Paese, il CNIM si propone di completare il suo ciclo di presidenza del Comitato tecnico europeo 319 con l’obiettivo di lasciare un’eredità articolata ai Paesi che in futuro si candideranno all’importante ruolo di coordinamento di tale organismo tecnico.
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tecnica Marcello Mauro Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Presidente Onorario del CNIM
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La manutenzione nella legislazione vigente nel settore dei lavori pubblici
Sempre più di frequente le cronache quotidiane di stampa, radio e TV riportano episodi di incidenti, più o meno gravi, nelle varie sedi e nei diversi settori delle attività umane, le cui cause sono da attribuire a carenza di manutenzione. La manutenzione, in effetti, consiste, come può leggersi da qualsiasi vocabolario della lingua italiana, ad esempio dal vocabolario Treccani, nell’insieme delle “operazioni che vanno effettuate per tenere sempre nella dovuta efficienza funzionale, in rispondenza agli scopi per cui è stato costruito, un edificio, una strada, una nave, una macchina, un impianto, ecc”. Una carenza di manutenzione - legata a volte a carenza di finanziamento, a volte alla scarsa consapevolezza della sua importanza, a volte trascuratezza - costituisce la causa principale di un accelerato degrado dell’opera, della macchina, del manufatto o dell’impianto, con le conseguenze sul piano umano e sul piano economico sopra ricordate. Nel settore edilizio, il primo concreto segnale di attenzione nei riguardi della manutenzione si è manifestato, sul piano legislativo, verso la fine degli anni ’70, quando all’impegno profuso nel periodo della ricostruzione, durante il quale era risultato inevitabilmente prevalente l’aspetto quantitativo, era subentrata l’esigenza di una maggiore cura della qualità della residenza e dei relativi servizi e del recupero dell’edificato il cui degrado, per effetto del mancato finanziamento delle attività manutentive, determinava l’incremento della richiesta di nuova edificazione, con conseguenti gravosi oneri ambientali ed economici. È la legge n. 457 del 5 agosto 1978, “Norme per l’edilizia residenziale”, nota anche come “piano decennale per l’edilizia”, che per la prima volta ha affrontato il tema del “recupero” del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, per rispondere all’esigenza di porre un argine al progressivo degrado del patrimonio esistente, di un riutilizzo degli immobili degradati e di una difesa delle caratteristiche ambientali del territorio. Il titolo IV della legge n. 457/78 prevede, in effetti: 1) l’individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente (art. 22);
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2) la formazione. di “piani di recupero del patrimonio edilizio esistente” (art. 28); 3) l’utilizzazione, da parte dei comuni, dei fondi appositamente destinati al recupero previsti dall’art. 4 della stessa legge (art. 29); 4) la possibilità, anche per i privati, di proporre piani di recupero (art. 30); 5) la definizione del contenuto degli interventi (art. 31); 6) ulteriori disposizioni di carattere urbanistico e finanziario relative ad agevolazioni creditizie per gli interventi di recupero. Ciò che in particolare interessa, ai fini dell’argomento oggetto delle presenti note, è proprio l’art. 31, per l’importanza delle definizioni che ha introdotto, alle quali ha fatto poi riferimento tutta la legislazione successiva, che pertanto non appare superfluo riportare: “Gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente sono così definiti: a) interventi di manutenzione ordinaria, quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti; b) interventi di manutenzione straordinaria, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché‚ per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso; c) interventi di restauro e di risanamento conservativo, quelli rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio;
Anno 2 Numero 1 Gennaio Febbraio 2008
tecnica d) interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, la eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti; e) interventi di ristrutturazione urbanistica, quelli rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.” A tale fondamentale innovazione effettuata sul piano legislativo per l’introduzione di una cultura del recupero, non ha purtroppo corrisposto nelle leggi di bilancio e nella concreta azione amministrativa la dovuta attenzione, in particolare agli interventi di manutenzione ordinaria, dal momento che tutte le ulteriori disposizioni relative ai finanziamenti pubblici hanno riguardato esclusivamente manutenzione straordinaria, restauro e risanamento, ristrutturazione edilizia e ristrutturazione urbanistica. Si è quindi attivato quel meccanismo perverso per effetto del quale la mancanza di fondi per la manutenzione ordinaria ha comportato un crescente degrado che è andato ad incrementare gli interventi di manutenzione straordinaria e di ristrutturazione. Soltanto a distanza di 16 anni, finalmente, la legge n. 109/94, “Legge quadro in materia di lavori pubblici”, nell’introdurre l’obbligo di prevedere nei bilanci degli enti istituzionali una programmazione triennale anche per i lavori pubblici, ha espressamente disposto, al comma 3 dell’articolo 14: “Il programma triennale deve prevedere un ordine di priorità tra le categorie dei lavori, nonché un ulteriore ordine di priorità all’interno di ogni categoria. In ogni categoria sono comunque prioritari i lavori di manutenzione, di recupero del patrimonio esistente, di completamento dei lavori già iniziati, nonché gli interventi per i quali ricorra la possibilità di finanziamento con capitale privato maggioritario”. Per la prima volta, pertanto, è divenuto cogente l’obbligo, all’interno della programmazione triennale delle pubbliche amministrazioni, di inserimento prioritario degli interventi di manutenzione da realizzare con i finanziamenti pubblici: disposizione confermata dall’articolo 128, comma 3, del Codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs n. 163 del 12 aprile
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Maintenance and Facility Management
2006, che ha abrogato la legge n. 109/94, ma ne ha recepito quasi integralmente i contenuti. Si è ritenuto opportuno rammentare l’inizio e lo sviluppo di questo particolare aspetto della normativa sui lavori pubblici che attiene alla manutenzione, per evidenziare quale sia l’importanza di conservare la memoria storica della relativa evoluzione allo scopo di comprenderne compiutamente contenuti e finalità. A conferma dell’importanza che la legge 109/94 ha attribuito al problema della manutenzione, va evidenziato l’articolo 16, relativo alle “Attività di progettazione”, integralmente confermato dall’articolo 93 del Codice: “Il progetto esecutivo deve essere altresì corredato da apposito piano di manutenzione dell’opera e delle sue parti da redigersi nei termini, con le modalità, i contenuti, i tempi e la gradualità stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 3.” La disposizione trova la sua motivazione nell’acquisita consapevolezza, almeno a livello legislativo, dei problemi relativi alla manutenzione delle opere e delle loro parti, che sono correlati: - alla necessaria conoscenza delle modalità di uso; - alla informazione del tipo di intervento da effettuare - alla conoscenza di quali dei suddetti interventi possono essere effettuati, e in che modo, dall’utente diretto e quali da personale specializzato; - alla periodicità dei controlli da effettuare per un preventivo accertamento dell’esigenza o meno di intervenire, per la conservazione dei requisiti prestazionali delle varie parti. Sulla base di tale disposizione, il regolamento di attuazione della legge 109/94, emanato con DPR n. 554 del 21 dicembre 1999 e in vigore dal 29 luglio 2000 fino all’entrata in vigore del nuovo regolamento di esecuzione del Codice, specifica, all’articolo 40, quale debba essere il contenuto del “piano di manutenzione”, tenuto conto delle necessarie differenziazioni in relazione alle tipologie di intervento, alle disposizioni contrattuali, alla dimensione dell’intervento ed al rapporto con il contesto in cui si colloca. In sintesi, il “piano di manutenzione” deve essere costituito dai seguenti documenti, di carattere strettamente operativo: 1) il manuale d’uso, che “contiene le seguenti informazioni: a) la collocazione nell’intervento delle parti menzionate; b) la rappresentazione grafica; c) la descrizione; d) le modalità di uso corretto.”
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tecnica 2) il manuale di manutenzione, che per ciascuna delle parti dell’opera specifica, anche sulla base delle istruzioni e delle condizioni di garanzia dei vari prodotti utilizzati, quali siano le anomalie riscontrabili, quali gli interventi da effettuare e con quali risorse, quali interventi possano essere effettuati, e con quali accorgimenti, direttamente dall’utente e quali richiedono invece l’intervento di personale specializzato; 3) il programma di manutenzione, che in relazione alla specificazione delle prestazioni che le varie parti dell’opera devono essere in grado di fornire nel corso della prevista rispettiva vita utile, stabilisce la cadenza e il tipo delle verifiche da effettuare, sulla base del cui esito prevedere gli opportuni progressivi interventi manutentivi da effettuare. Il nuovo regolamento, di imminente pubblicazione, la cui entrata in vigore è prevista decorsi 180 giorni dalla data della sua pubblicazione, ha confermato integralmente, all’articolo 35, il contenuto dell’articolo 40 del DPR n. 554/99, recependo anche la proposta di chiarimento formulata dal Consiglio Superiore dei lavori pubblici in occasione del prescritto parere, a proposito del comma 8, che si ritiene utile riportare letteralmente: “In conformità di quanto disposto all’articolo 11, comma 4, Il programma di manutenzione, il manuale d’uso ed il manuale di manutenzione redatti in fase di progettazione, in considerazione delle scelte effettuate dell’appaltatore in sede di realizzazione dei lavori e delle eventuali varianti approvate dal direttore dei lavori, che ne ha verificato validità e rispondenza alle prescrizioni contrattuali, sono sottoposte a cura del direttore dei lavori medesimo al necessario aggiornamento, al fine di rendere disponibili, all’atto della consegna delle opere ultimate, tutte le informazioni necessarie sulle modalità per la relativa manutenzione e gestione di tutte le sue parti, delle attrezzature e degli impianti.” L’opera realizzata acquista in tal modo un valore aggiunto, costituito dalla disponibilità delle più ampie informazioni per i relativi uso, gestione e manutenzione nel corso della vita utile delle sue parti, per il più efficace mantenimento delle rispettive prestazioni. Va tenuto altresì conto che il “piano di manutenzione” viene anche a costituire uno strumento che determina l’acquisizione di una maggiore conoscenza e consapevolezza della incidenza delle scelte progettuali sul piano qualitativo, gestionale e dei costi.
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Analoga opportunità di una maggiore conoscenza della correlazione tra manutenzione ed esigenze di sicurezza, è costituita dall’introduzione, all’articolo 4 del decreto legislativo n. 494/96, relativo alle prestazioni minime di sicurezza e di salute dei lavoratori, per tutti gli interventi pubblici o privati, della disposizione secondo cui il progettista del piano di sicurezza deve predisporre anche un “fascicolo contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori”, da prendere in considerazione “all’atto di eventuali lavori di manutenzione successivi sull’opera”. Altre disposizioni finalizzate a favorire l’attenzione sulla manutenzione, in gran parte integralmente riprese da analoghi disposti della legge n. 109/94 e del DPR n. 554/99, sono previsti in vari articoli del Codice, quali, ad esempio: a) nell’articolo 83, che nel caso di appalti da aggiudicare sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa, include, tra i criteri di valutazione, i costi di gestione e manutenzione; b) nell’articolo 93, comma 6, secondo cui “In relazione alle caratteristiche e all’importanza dell’opera, il regolamento, con riferimento alle categorie di lavori e alle tipologie di intervento e tenendo presenti le esigenze di gestione e di manutenzione, stabilisce criteri, contenuti e momenti di verifica tecnica dei vari livelli di progettazione”; c) nell’articolo 125, che prevede la possibilità di ricorso alla procedura negoziata per lavori di manutenzione di opere e impianti di importo entro il limite di 200.000 euro; d) nell’articolo 112 dello schema di nuovo regolamento, che, riprendendo integralmente il contenuto dell’articolo 154 del DPR n. 554/99, conferma l’introduzione di “contratti aperti”, intendendo, come tali, “appalti in cui la prestazione è pattuita con riferimento ad un determinato arco di tempo, per interventi di manutenzione non predeterminati nel numero, ma resi necessari secondo le necessità della stazione appaltante”. A conclusione delle presenti note, non si può fare a meno di rilevare come la ancora persistente scarsa considerazione per la manutenzione non può ascriversi a disposizioni legislative, ma piuttosto al permanere di una insufficienza consapevolezza culturale sul fondamentale ruolo della prevenzione, con la conseguenza che, come per tanti altri eventi della vita sociale, si interviene soltanto quando il danno si è già verificato.
Anno 2 Numero 1 Gennaio Febbraio 2008
tecnica
Manutenzione e tutela della responsabilità giuridica
Giovanni Ferrara Procuratore Capo della Repubblica di Roma
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Le fonti normative che regolano la materia della sicurezza sul lavoro e, più in generale, la salute delle persone anche fuori del campo lavorativo si rinvengono innanzitutto nella Carta Costituzionale, che contiene due norme fondamentali: Art 41 - L’iniziativa economica privata non deve svolgersi in modo da recar danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Art 32 - La Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della comunità. Quest’ultimo articolo costituisce la base giuridica della tutela dell’integrità del lavoratore in senso prevenzionale, mentre la salute è qualificata come un diritto fondamentale del cittadino e come un interesse della collettività ed è considerata sotto il duplice profilo individuale e collettivo. Nel codice civile si rinvengono, poi, due norme particolarmente significative: L’art. 2087, che dispone l’obbligo tassativo dell’imprenditore di adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica fanno ritenere necessarie alla tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore. Essa impone che locali e strumenti di lavoro siano tali da permettere al lavoratore di adempiere la prestazione senza pericolo per l’incolumità personale. L’adeguatezza delle misure deve essere determinata secondo le esigenze oggettive della scienza e della tecnica. L’art. 2104 impone al lavoratore di osservare le disposizioni normative e le misure disposte dall’imprenditore, di usare con cura i dispositivi di sicurezza, di non rimuovere o modificare i dispositivi e gli altri mezzi di protezione, di non compiere operazioni e manovre non di competenza che possano compromettere la sicurezza propria o di altri, di segnalare immediatamente le deficienze dei dispositivi di sicurezza, di adoperarsi direttamente in caso di urgenza e nell’ambito delle proprie competenze e possibilità per eliminare deficienze o pericoli. Vi sono, poi, nel codice penale, gli articoli 437 e 451: il primo che prevede il reato di omissione dolosa del collocamento di impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o
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il Presidente del CNIM, il Presidente del Consiglio Superiore dei LL.PP. e il Procuratore Capo della Repubblica di Roma
infortuni sul lavoro ed. il reato di rimozione o danneggiamento doloso degli apparecchi stessi; il secondo articolo che concerne l’omissione o il danneggiamento di apparecchi destinati a ridurre le conseguenze degli infortuni. Senza dimenticare, infine, gli articoli 589 e 590 del codice penale, che prevedono aggravanti per l’omicidio e le lesioni colpose se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Questo il quadro normativo, abbastanza rigoroso, apprestato dal nostro ordinamento giuridico. Ma vediamo brevemente le regole che governano i reati colposi. Il codice penale definisce (art. 43) colposo il delitto, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. La negligenza si realizza quando non si osserva una regola di condotta. L’imprudenza consiste nella trasgressione di una regola di condotta. L’imperizia è l’inosservanza di regole tecniche. In tutti e tre i casi si parla di colpa generica perché le regole non sono predeterminate dalla legge o da altra fonte giuridica, ma sono ricavate dalla esperienza della vita sociale, nel senso che si tratta di giudizi ripetuti nel tempo sulla pericolosità di determinati comportamenti.
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tecnica Negli altri casi si parla di colpa specifica, perché si tratta di inosservanza di regole scritte di condotta. Il giudizio prognostico sul pericolo è compiuto dall’autorità che detta la regola. Nasce, quindi, il problema di identificare il criterio per verificare se sono state rispettate le regole di esperienza nel caso di colpa generica. La più recente dottrina e la consolidata giurisprudenza identifica questo criterio in quello dell’ “agente modello”, ovvero dell’ “homo eiusdem professionis et condicionis”, sul presupposto che se un soggetto intraprende un’attività ha l’obbligo dì acquisire le conoscenze necessarie per svolgerla senza porre in pericolo i beni dei terzi. Il parametro di riferimento non è ciò che usualmente viene fatto, ma ciò che dovrebbe essere fatto. È questo il contenuto dei concetti di prevedibilità ed esigibilità, che comunemente si ritengono connotare la colpa. Sotto il primo profilo c’è colpa solo se l’agente non ha tenuto conto delle conseguenze della sua condotta che conosceva o era tenuto a conoscere in base alla sua professione ed alla sua condizione (agente modello). Se quella conseguenza non era prevedibile non vi è colpa. Ma quale è il parametro di riferimento? Si ritiene quello della “migliore scienza ed esperienza”. La valutazione del rischio deve essere fatta in relazione alle conoscenze tecniche che costituiscono patrimonio diffuso a partire da una certa data: Non deve farsi riferimento alle conoscenze diffuse nella cerchia degli specialisti e tanto meno a quelle avanzate dei centri di ricerca, con l’avvertenza che l’agente ha un obbligo di informazione in relazione alle più recenti acquisizioni scientifiche. Sotto il secondo profilo rammento il contenuto dell’art. 4 della legge 626 del 1994, che prevede l’obbligo del datore di lavoro di aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione. Si può dire che si è recepita l’esigenza di puntare alle più avanzate acquisizioni della scienza e dell’esperienza del momento e quindi verso la sicurezza assoluta piuttosto che verso un sistema “ragionevolmente praticabile”. Questo vuol dire forse che l’imprenditore deve aggiornare i suoi impianti e le sue macchine in concomitanza con le continue evoluzioni teonologiche? La questione è stata recentemente posta all’attenzione della Corte di Cassazione, che ha ritenuto non possibile
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pretendere il rinnovo di tutte le macchine dovendosi procedere ad una complessiva valutazione su tempi, modalità e costi dell’innovazione, purchè i sistemi già adottati siano comunque idonei a garantire un livello elevato di sicurezza (Cass. 2 1.12.2006 n. 41944). La decisione della Cassazione muove, evidentemente, dalla difficoltà di trovare un giusto punto di equilibrio tra l’esigenza, costituzionalmente garantita, di tutela della salute pubblica e quella del rispetto di regole economiche nella gestione di una impresa: è chiaro che nella valutazione comparativa tra le due esigenze deve prevalere la prima, ma anche la valutazione delle risorse economiche non è estranea all’interesse collettivo, tanto più se trattasi di servizi resi da strutture che si nutrono di danaro pubblico. Pretendere che l’ente pubblico renda al meglio il servizio rispettando il principio di economicità è sicuramente l’optimum, ma occorre trovare l’equilibrio tra i fondi disponibili e la doverosa predisposizione dei mezzi migliori e più sicuri. Ecco perché la Corte di Cassazione ha enunciato un principio che appare condivisibile: l’imprenditore non è costretto a continui aggiornamenti tecnologici, ma deve verificare che quelli esistenti forniscano un “elevato” livello di sicurezza. Trattasi di un principio di diritto che può apparire di carattere troppo generico e quindi poco risolutivo e poco soddisfacente per l’imprenditore, ma è in linea con le funzioni del giudice di legittimità. È chiaro che nell’applicazione specifica al caso concreto il giudice di merito dovrà valutare, nel contraddittorio delle parti e magari con l’ausilio di un tecnico, la rispondenza dell’impianto non rinnovato all’esigenza di tutela della salute, considerata comunque prioritaria. Sarà compito del tecnico riferire se siano state o meno osservate le regole di buona tecnica (specifiche tecniche) e se l’impegno economico profuso dall’imprenditore nella realizzazione e conduzione dell’impianto e/o costruzione della macchina abbia costantemente tenuto conto della rispondenza all’esigenza della tutela della salute nella corretta manutenzione dell’impianto stesso. In tale valutazione è di rilievo il poter affermare (o avere gli elementi obiettivi per affermare) che l’impianto (o la macchina) sia stato correttamente mantenuto e condotto come, ad esempio, viene richiesto per il conseguimento della certificazione di qualità conforme alla norme UNI EN ISO 9000 e rilasciata da Organismi accreditati.
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ricerca
Opportunità di coordinamento nei contratti di global service della manutenzione
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I recenti sviluppi nella pianificazione e gestione della manutenzione dimostrano che la definizione di una politica di manutenzione ottimale può drasticamente migliorare le prestazioni e ridurre i costi operativi degli impianti. L’esternalizzazione di un servizio quale la manutenzione, può risultare uno strumento efficace in tal senso, in quanto consente il conseguimento di validi risultati economici ed operativi ed al contempo permette alle aziende di concentrare le proprie risorse sulle attività che costituiscono il core business. Una corretta gestione di relazioni di outsourcing deve essere opportunamente regolamentata da appropriate forme contrattuali per risultare vantaggiosa. Sebbene tale tema non sia nuovo alla letteratura scientifica, pochi studi valutano nel dettaglio le performance del servizio, i costi, i benefici e le responsabilità delle parti. Lo scopo del presente lavoro è quello di fornire una metodologia per affrontare tali questioni e proporre un framework per la definizione delle variabili contrattuali che garantiscano un efficace coordinamento tra i contraenti. Introduzione Le attività manutentive sono frequentemente relegate ad un contesto meramente tecnico/operativo, e la mancanza di un approccio strutturato alla gestione di tali attività spesso introduce delle inefficienze che inevitabilmente si traducono nella incapacità di garantire il buon funzionamento delle strutture produttive a costi contenuti. Tali inefficienze infatti a lungo andare determinano un progressivo incremento dei costi operativi e nasce così la necessità di individuare adeguate strategie e politiche di gestione che garantiscano il miglioramento dei livelli di performance. Poiché le attività di manutenzione tipicamente non costituiscono core business aziendale, la decisione che solitamente si assume per una loro gestione strategica è quella di ricorrere all’outsourcing. L’esternalizzazione dell’attività di manutenzione può infatti agevolmente tradursi
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Giuseppe Aiello, Rosa Micale DTMPIG Università di Palermo
Antonino D’Aguanno SOA Consulting
in considerevoli vantaggi di carattere economico, finanziario e operativo. Una corretta gestione dei processi di outsourcing può essere implementata solo se supportata da un’adeguata base contrattuale e, sebbene tale tema non sia nuovo alla letteratura scientifica, pochi studi focalizzano l’attenzione sulla determinazione delle variabili contrattuali quali le performance del servizio, i costi, le penali e i premi, nonché le responsabilità delle parti contraenti. In tale contesto, il presente lavoro vuole fornire una metodologia atta a valutare gli aspetti strategici e contrattuali legati alla terziarizzazione del servizio manutentivo. Vengono affrontate nel dettaglio le problematiche connesse al Global Service (GS) della manutenzione che è una particolare forma contrattuale in cui il fornitore del servizio di manutenzione ha il compito di gestire il funzionamento delle attrezzature in modo da soddisfare parametri di performance prestabiliti, cosicché il committente possa contare su livelli di servizio garantiti. Il Global Service è un contratto atipico a causa mista, in quanto lo svolgimento della gamma di prestazioni previste comprende servizi eterogenei. Tali servizi possono spaziare dall’intervento necessario alla riparazione di un guasto, al mantenimento a scorta delle parti di ricambio ed alla fornitura di consulenza qualificata. Attraverso tale contratto una parte detta provider o assuntore, si impegna, a fronte del pagamento di un corrispettivo, a fornire un complesso di servizi, con la responsabilità del raggiungimento degli obiettivi di performance concordati da ambo le parti. L’istituzione di tali livelli di prestazioni comporta la definizione di specifici Service Level Agreements (SLAs) che a loro volta implicano la definizione di opportuni indicatori misurabili (Key Performance Indicators, KPIs), atti a valutare ai fini contrattuali l’efficienza e l’efficacia del servizio, delle politiche adottate, delle tecnologie e delle risorse impiegate. Vista l’importanza che tale aspetto riveste ai fini contrattuali è opportuno che tanto gli obiettivi quanto il set di indicatori di misura vengano concordati e condivisi tra le parti alla stipula del contratto.
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ricerca A tal fine risulta spesso indispensabile l’implementazione di un sistema informativo della manutenzione (SIM) che consenta ad entrambe le parti di monitorare in maniera oggettiva il livello di performance raggiunto. In base ai valori che gli indicatori di performance assumeranno sarà possibile valutare eventuali premi o penali da assegnare al provider. Il mancato raggiungimento delle prestazioni fissate per contratto espone il fornitore al pagamento di penali, il che è garanzia che questi si impegnerà per ottenere il massimo livello di efficienza possibile. Nella definizione di un rapporto contrattuale ciascuna delle parti tende a perseguire i propri interessi, i quali sono tipicamente in contrasto e questo impedisce il conseguimento del miglior risultato possibile. In particolare, nella definizione delle variabili contrattuali per un contratto di Global Service della manutenzione, è interesse del fornitore minimizzare i costi di manutenzione, e del committente di massimizzare l’affidabilità dell’impianto. L’obiettivo dello studio è definire, attraverso l’analisi delle funzioni profitto, le variabili contrattuali che nell’ambito della manutenzione coordinano il rapporto tra le parti. A tal proposito si utilizzano dei meccanismi contrattuali finalizzati ad allineare le funzioni di utilità in modo da coordinare le attività delle parti (Groves and Loeb, 1975; Holmstrom, 1974). Come detto in precedenza, nel caso in cui chi fornisce il servizio di manutenzione non riesce a garantire la performance contrattata sarà esposto al pagamento di una penale. Evidentemente lo schema di penale è anch’esso una variabile contrattuale che va relazionata al livello di performance richiesto ed al compenso pagato dal committente. Vengono infine evidenziate le condizioni contrattuali che mediante l’approccio proposto garantiscono un efficace coordinamento tra le parti in un rapporto di Global Service della manutenzione. Politiche di Manutenzione L’evoluzione che il concetto di manutenzione ha subito in pochi decenni ha determinato il passaggio dal concetto di “manutenzione” come “riparazione”, con una connotazione quindi negativa dell’evento manutentivo, al concetto di manutenzione come “prevenzione e miglioramento”. In questa ottica la manutenzione va vista come un’opportunità tecnica di miglioramento delle prestazioni di un sistema produttivo durante il suo ciclo di vita. Questa sostanziale evoluzione ha dato vita a politiche organizzative e operative assai differenti. Il termine politica di manutenzione esprime l’insieme dei criteri tecnici ed economici alla base delle attività di manutenzione. La selezione della politica manutentiva più opportuna è dunque frutto di un’attenta analisi degli aspetti di natura sia tecnologica che organizzativa legati al funzionamento degli impianti. Alcune delle più comuni politiche di manutenzione sono descritte di seguito. Manutenzione Correttiva. La manutenzione correttiva consiste di tutte le attività di riparazione, ripristino o sostituzione, necessarie per ristabilire le condizioni di funzionamento delle attrezzature dopo un guasto. La manutenzione correttiva è una delle prime politiche implementate nelle aziende ed è tuttora l’unica strategia possibile quando non si hanno informazioni riguardo alle caratteristiche di guasto del sistema. Secondo tale politica l’intervento è innescato esclusivamente dall’evento di guasto, e ciò può risultare molto costoso per la perdita di produzione che ne può conseguire, per il rischio di danneggiamento della macchina e di infortunio per il personale. Per tali motivi questa politica può essere considerata una scelta appropriata solo se applicata su parti d’impianto non critiche e poco costose. Manutenzione Preventiva. È definita come la manutenzione eseguita a intervalli predeterminati o in accordo a criteri prescritti e volta a ridurre le probabilità di guasto o la degradazione del funzionamento di un’entità (UNI 10147). La manutenzione preventiva si basa quindi su una sostituzione programmata di un determinato componente ancora funzionante, con uno nuovo, in modo da prevenirne il cedimento incontrollato. La programmabilità dell’intervento garantisce una migliore organizzazione del lavoro di manutenzione e consente di schedulare i fermi macchina in maniera conveniente. Questa politica richiede la conoscenza statistica del fenomeno di guasto, e quindi, la descrizione di un comportamento “medio” atteso sulle ore di funzionamento del componente sul quale si intende effettuare l’intervento in funzione della sua vita attesa. Evidentemente la scelta di un intervallo di manutenzione troppo breve o troppo lungo rispetto alle caratteristiche intrinseche di guasto dei macchinari porta ad un aumento dei costi e ad una riduzione della disponibilità dell’impianto.
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ricerca Manutenzione Predittiva. È una forma di manutenzione effettuata a seguito dell’individuazione e della misurazione di uno o più parametri e dell’estrapolazione, secondo modelli appropriati, del tempo residuo prima del guasto (UNI 10147). Secondo tale politica, gli interventi sono tipicamente pianificati sulla base delle reali condizioni di funzionamento verificate attraverso attività di ispezione o monitoraggio. La decisione sull’intervento ha come discriminante il superamento di uno o più valori di soglia della variabile controllata. Si può affermare che l’aspetto predittivo è legato alla possibilità di individuare un legame tra un valore misurabile e la vita residua del componente. Alcuni esempi di tecniche che possono dare informazioni su un potenziale guasto incipiente sono la misura delle vibrazioni, le misure acustiche o con ultrasuoni, la misura delle pressioni e della temperatura. Manuatenzione Proattiva. Contrariamente alla manutenzione preventiva, che è basata su intervalli di tempo, e alla manutenzione predittiva, che è basata sul monitoraggio delle condizioni, la manutenzione proattiva si concentra sulla rimozione delle cause prime dei guasti. Applicando questa politica di manutenzione si ha il superamento della concezione della manutenzione intesa solo come ripristino e/o prevenzione del guasto. Costi della Manutenzione Il principale obiettivo di una efficace politica di manutenzione è la minimizzazione dei costi e la garanzia di un’adeguata disponibilità. Gli interventi manutentivi generano molteplici elementi di costo quali la manodopera, i pezzi di ricambio, i materiali di consumo, i costi di fermo impianto, i costi di start-up, i costi per la mancata produzione, etc. Il costo totale del singolo intervento di riparazione può quindi essere calcolato come: (1) Dove Csp = costo dei pezzi di ricambio, Cm = costo del materiale di consumo, Cl = costo della manodopera, Cp = costo del fermo impianto (compresa perdita di produzione, startup, etc.). Un sistema complesso è tipicamente soggetto a molteplici condizioni di guasto (modi di guasto), ognuno dei quali richiede un’azione specifica di manutenzione e genera dei costi diversi. Per sistemi complessi, dunque, la valutazione dei costi di intervento dovrebbe prevedere una preliminare analisi FMEA (Failure Mode and Effect Analysis), al fine di analizzare le modalità di guasto e le conseguenti ripercussioni sul sistema. Gli elementi di costo sopra citati vanno valutati per ciascun tipo di guasto. Tale valutazione in generale è abbastanza immediata per alcune voci quali ad esempio i pezzi di ricambio, ma può risultare più complessa per altre quali ad esempio la manodopera. In particolare, il costo della manodopera, deve essere riferito al tempo medio di riparazione (Mean Time To Repair, MTTR) e può essere valutato sulla base di un costo orario: (2) Essendo MTTR il tempo medio richiesto per effettuare l’attività di manutenzione valutato tenendo conto di tutti i tempi di riparazione, smontaggio e rimontaggio dei componenti e di approvvigionamento dei ricambi, e Ch il costo orario della manodopera. Analogamente il costo del downtime, tempo in cui l’impianto è fermo per guasto o riparazione, deve comprendere sia il costo della mancata produzione che i costi fissi di impianto. Esso può essere valutato sulla base di un parametro orario secondo la seguente formula: (3) Con dh = costo orario del downtime Il costo atteso annuale di una generica politica di manutenzione può quindi essere calcolato come: (4) Dove MDT è il downtime medio atteso in un anno e N è il numero totale di azioni di manutenzione effettuate ogni anno.
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ricerca Coordinamento e Contratti di Global Service Il contratto è un meccanismo di coordinamento tra due o più parti che può essere analizzato tramite due differenti approcci (Debande et al, 1996). L’Agency Theory (Jensen e Meckling 1976) mira a risolvere i problemi di coordinamento tra due contraenti: un principale che affida il lavoro ad un’altra parte (l’agente) che lo esegue. La teoria si concentra sulla determinazione del contratto più efficiente in grado di governare la relazione tra il principale e l’agente, date le condizioni al contorno. In letteratura, Guesnerie & Laffont (1984a; 1984b), hanno definito dei contratti ottimali di incentivazione degli agenti economici, che possiedono informazioni diverse. Il secondo approccio, quello dei Transaction Cost si fonda sulla nozione della razionalità limitata degli agenti. I transaction cost sono costi di coordinamento delle organizzazioni nelle loro interazioni con l’ambiente esterno e nell’interscambio tra i soggetti interni all’organizzazione. Tale approccio si pone l’obiettivo di ricercare la modalità di governance migliore al fine di minimizzare i costi di transazione, mirando alla massimizzazione dell’efficienza. L’outsourcing o terziarizzazione è un rapporto tra due parti, l’outsourcer e il provider che hanno interessi in conflitto. Tenendo conto degli interessi di entrambe le parti, raggiungere una condizione di coordinamento consente di massimizzare il profitto ottenibile. Il contratto deve quindi essere uno strumento mediante il quale il profitto totale può essere suddiviso arbitrariamente tra l’utente e il subcontraente così che entrambi ottengano risultati migliori rispetto all’assenza di coordinamento. In questo ultimo caso ogni soggetto tende ad ottimizzare la propria funzione di utilità a prescindere dall’impatto che la sua decisione individuale ha sulla performance globale del sistema. Tale situazione introduce delle inefficienze e conduce ad una performance sub-ottimale del sistema nonché ad una inefficace allocazione delle risorse. L’argomento trattato in questo studio riguarda le modalità di coordinamento tra i contraenti per il conseguimento dell’ottimalità globale del sistema. In particolare vengono prese in considerazione le funzioni di utilità dei singoli contraenti al fine di allinearle alla funzione di utilità globale del sistema (Groves and Loeb, 1975; Holmstrom, 1979). L’attività di contrattazione consiste nella esplorazione dello spazio dei possibili contratti al fine di determinare una forma accettabile per entrambe le parti. Secondo la teoria della razionalità limitata, se lo spazio dei possibili contratti viene esplorato in modo esaustivo e le funzioni di utilità individuali presentano un singolo ottimo per ogni agente, il sistema può essere semplicemente ottimizzato. In un tale contesto infatti la strategia razionale per ogni agente consiste nel tendere a un contratto ideale e concedere attraverso la proposta di scambio iterativo, un margine appena sufficiente per l’accettazione da parte dell’altro attore. Quando le funzioni di utilità sono semplici, è possibile per un agente effettuare deduzioni circa la funzione di utilità dell’avversario e attraverso l’iter delle concessioni, aumentare l’utilità dell’avversario, fino all’accettazione. Un contratto di Global Service di manutenzione coinvolge due contraenti, un outsourcer e un fornitore in un accordo orientato alla performance. L’innovazione portata dai contratti di Global Service rispetto ad una tradizionale forma contrattuale consiste nel passaggio dalla fornitura di una prestazione alla garanzia di un risultato, e nel conferimento al fornitore della autorità e responsabilità sull’organizzazione operativa del servizio. Un tipico vantaggio nell’utilizzo del global service consiste nella possibilità di ridurre la polverizzazione dei contratti e delle attività, che tipicamente si manifesta nei tradizionali contratti di outsourcing, snellendo in tal modo i processi gestionali e migliorandone l’efficienza. Un tipico svantaggio invece è la possibile perdita di visibilità sui processi ed il conseguente trasferimento di know-how dal cliente al fornitore. Un altro aspetto negativo di tale forma contrattuale è il fatto che essa stabilisce un legame di dipendenza per il committente che risulta poi difficile risolvere. La durata tipicmante pluriennale del contratto a tal proposito costituisce un ulteriore svantaggio. Infine una delle maggiori difficoltà nella realizzazione di un buon contratto di global service risiede nella stesura delle opportune modalità per valutare oggettivamente il raggiungimento o meno del risultato atteso. Si ha infatti l’esigenza di definire nel contratto i livelli di servizio e i conseguenti indicatori di prestazione (KPIs) relativi al “risultato” che l’attività di manutenzione deve garantire. La verifica del conseguimento da parte del fornitore di Global Service dei livelli di servizio concordati è messa in atto tramite opportuni strumenti e modalità di controllo, che a loro volta devono fornire i parametri capaci di rilevare in modo oggettivo i risultati, sia per la qualità del servizio reso (in-
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ricerca dicatori di livello di servizio), sia per le prestazioni (indicatori tecnici e di costo). Un valido aiuto in questo senso può essere l’utilizzo di un Sistema Informativo di Manutenzione (SIM). Da quanto detto segue che un contratto di Global Service che prevede la definizione di una molteplicità parametri e variabili è una forma contrattuale complessa e articolata. Alcuni dei parametri fondamentali da definire alla stipula del contratto sono di seguito riportati. Avviamento e Durata del contratto. Stipulando per la prima volta un contratto di GS, specialmente se relativo a beni complessi, è prassi per entrambe le parti prevedere una fase di avviamento durante la quale si redige un verbale di rilevazione dello stato dei beni e si analizzano tutte le condizioni pattuite allo scopo di perfezionarle di comune accordo. Le peculiari caratteristiche di miglioramento continuo di un contratto GS lo rendono tipicamente un contratto di durata pluriennale. A seconda delle caratteristiche intrinseche di guasto delle attrezzature mantenute, la durata del contratto può essere un argomento critico per il fornitore per stabilire la politica di manutenzione idonea poiché il degrado delle attrezzature varia con l’età e/o con l’utilizzo. Inoltre il contratto deve contenere i termini e le condizioni in base alle quali entrambe le parti possono prematuramente risolvere il contratto stesso. Servizio, materiali, luoghi di intervento. Con il contratto global service, il provider si assume pienamente l’incarico di progettare, gestire ed effettuare le diverse attività connesse alla manutenzione, con la responsabilità del raggiungimento degli obiettivi fissati da ambo le parti. Gli accordi contrattuali devono esplicitamente indicare se e quali materiali sono inclusi nel servizio e chi si assume il carico della loro gestione (approvvigionamento, sollecito, ricevimento, distribuzione, controllo e gestione delle scorte): per un contratto di GS è preferibile che la gestione dei materiali sia effettuata direttamente dal provider. I servizi saranno effettuati nella località pattuite alla stipula, che tipicamente sono quelle in cui le attrezzature vengono utilizzate. Eventuali spostamenti devono essere comunicati dall’outsourcer al provider che dovrà a sua volta approvarli. Requisiti sulla performance. Tali requisiti possono includere diversi parametri, come ad esempio il massimo downtime, il massimo numero di guasti in un periodo di tempo, l’intervallo di tempo minimo tra due guasti successivi, il tempo massimo per riparare ogni guasto e così via. Quando questi parametri non sono rispettati il fornitore può incorrere in penalità se queste sono esplicitate nel contratto. Tutti questi parametri concorrono in ultima analisi alla definizione del limite minimo di disponibilità del sistema che il provider deve garantire. Servizi inclusi e non inclusi. I contratti di GS devono anche definire i servizi che sono esclusi dal contratto. Tali servizi saranno eseguiti dal fornitore sulla base di un contratto separato e di un distinto pagamento. Un tipico problema in tali casi è la gestione dei pezzi di ricambio, che possono essere a carico dell’outsourcer o del fornitore. Rimangono tipicamente a carico dell’outsourcer tutti gli interventi sulle parti guaste non per usura, ma a causa di influenze esterne, uso improprio, interventi da parte di terzi, circostanze che non possono essere attribuite al fornitore. Personale. Nei contratti di global service tipicamente l’outsourcer richiede che le operazioni di manutenzione siano effettuate da personale esperto ed addestrato. Per tale ragione il fornitore può essere autorizzato a subappaltare i lavori di manutenzione a una terza parte, tuttavia tali subcontratti non sollevano il fornitore dalle obbligazioni contrattuali nei confronti dell’outsourcer. Tempo di manutenzione. Il fornitore concorda con l’outsourcer un tempo massimo per l’intervento di manutenzione. Quando l’outsourcer subisce un danno e può provare che esso è conseguenza di un ritardo nella prestazione del provider, può avviare un’azione di risarcimento. Pagamento. Le modalità di pagamento in un contratto di GS possono prevedere il saldo di un canone (ad esempio annuale) oppure in funzione del numero di ore pattuite contrattualmente. L’outsourcer deve sostenere i costi addizionali se il lavoro di manutenzione non può essere eseguito entro i termini per motivi a lui imputabili. Il compenso può tuttavia variare in funzione di incentivi e penali. È possibile prevedere un premio monetario se il contraente supera un livello stabilito di performance, mentre è soggetto al pagamento di una penale se la performance scende al di sotto di una soglia minima. La definizione di opportune forme incentivanti e penalizzanti è fondamentale per indurre il provider a rispettare i livelli di performance previsti per contratto.
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notazione
ricerca
L............................................................ore annue di funzionamento dell’impianto T............................................................intervallo di manutenzione preventiva σ ...........................................................indicatore di performance CV .....................................................costo di manutenzione sostenuto dal provider CO ....................................................costo dell’indisponibilità del sistema sostenuto dall’outsourcer I..............................................................ricavo dell’outsourcer W .........................................................pagamento del fornitore R ...........................................................affidabilità corrispondente al livello di prestazioni f(t)......................................................funzione densità di guasto. F(t)...................................................Cumulata della funzione di guasto f(t) MDT..............................................valore atteso di downtime MTTRf ........................................tempo medio di riparazione per una operazione di manutenzione correttiva
MTTRp .......................................tempo medio di riparazione per una operazione di manutenzione preventiva MTBR .........................................tempo medio di sostituzione Ch ........................................................costo orario di manutenzione Cp = MTTRp . Ch .....costo della manutenzione preventiva Cf = MTTRf . Ch......costo della manutenzione correttiva t ..............................................................costi di transazione e.............................................................costi di monitoraggio Πo .......................................................profitto dell’outsourcer Πv .......................................................profitto del provider Πtot ....................................................profitto globale del sistema p ............................................................profitto marginale dh .........................................................costo orario di downtime Av .........................................................disponibilità del sistema k.............................................................compenso fisso per il provider a ............................................................coefficiente di penale
Informazioni/Cooperazione. Al fine di consentire al fornitore di effettuare le necessarie operazioni di manutenzione, l’outsourcer deve rendere disponibili le attrezzature per la manutenzione nei tempi concordati. La cooperazione tra provider e outsoucer può addirittura prevedere la cessione di parte del personale dall’azienda cliente all’azienda fornitrice del servizio, ad esempio di tecnici che hanno una specifica conoscenza delle attrezzature. Si possono realizzare così dei trasferimenti di know-how che dal committente passa al fornitore. Da parte dell’outsourcer, infine, deve essere messa a disposizione tutta la documentazione tecnica sulle apparecchiature da manutenere. Misure di Performance Il passaggio da un contratto manutentivo tradizionale ad un contratto di GS è incentrato sulla definizione e sul monitoraggio di indicatori di performance del sistema, detti KPIs, che devono offrire un’effettiva misura della prestazione del servizio (Forni et al, 2003). La loro funzione è quella di verificare l’efficacia globale delle attività di manutenzione svolte dal provider e quindi calcolare eventuali bonus o malus che competono a tali attività, secondo le modalità previste da contratto. Appare chiaro, quindi, che la selezione dei KPIs sia un aspetto di grande importanza per l’efficacia di un contratto global service, ma che al tempo stesso ne complica la stesura. Tale complessità deriva anche dalla necessità di trovare un accordo tra provider e committente per l’individuazione dei KPIs più adatti a descrivere una specifica realtà aziendale. Ad esempio, per un impianto che funziona 24 ore al giorno, o in contesti particolarmente critici quali quello sanitario, l’elevata disponibilità è un aspetto fondamentale per l’outsourcer. Alcuni dei più comuni indicatori di performance considerati nei contratti di GS della manutenzione sono descritti di seguito. Disponibilità/Requisiti Correlati. Il numero di guasti del sistema e le loro conseguenze sono determinate da diversi fattori, quali l’affidabilità intrinseca di tutti i componenti, la ridondanza, la riserva, l’efficacia della manutenzione, etc. Quando si verifica un guasto o quando si procede ad una azione di manutenzione preventiva, lo scopo della attività manutentiva è ripristinare lo stato di funzionamento del sistema il più rapidamente possibile. Il downtime relativo ai lavori di manutenzione riduce la disponibilità globale del sistema e si traduce in un costo per l’outsourcer. La disponibilità è dunque un parametro fondamentale per valutare la performance della politica manutentiva. Una misura della disponibilità può essere data dal Massimo downtime riferito all’anno di funzionamento. Un altro indicatore di performance frequentemente utilizzato è il Massimo tempo per ripristinare il servizi (Mean Time to Restore MTTRS). L’MTTRS riguarda il tempo medio necessario per ripristinare il sistema in conseguenza ad un evento di guasto. Questo parametro impone un limite massimo al fermo macchina tollerabile per l’impianto nel singolo intervento, e consegue dalla considerazione che fermi macchina prolungati generalmente comportano un costo maggiore per l’azienda.
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ricerca Infine, oltre che gli indicatori tecnici di performance sono importanti anche le condizioni economiche. Si presume che l’appalto di fornitura del GS sarà attribuito a colui che possa fornire la manutenzione e il livello di prestazioni richieste alle condizioni più vantaggiose, considerando non solo il corrispettivo pattuito ma tutti i costi sostenuti nell’arco della durata del contratto. Il Modello Nel presente paragrafo viene presentato il modello di coordinamento proposto. La necessità di un coordinamento si pone ogni volta che due o più soggetti con obiettivi tra loro in conflitto sono coinvolti nella stessa opportunità economica. Sotto l’ipotesi che gli attori abbiano un comportamento razionale, ogni soggetto persegue il proprio obiettivo di massima utilità, e questo generalmente impedisce al sistema di raggiungere il massimo profitto globale possibile. Con un opportuno coordinamento, è possibile infatti raggiungere il massimo profitto il quale poi può opportunamente essere ripartito tra l’outsourcer e il provider, in modo tale che entrambe le parti possano trarre il massimo beneficio. Al fine di realizzare il coordinamento, un tipico approccio consiste nel paragonare la soluzione centralizzata con quelle decentralizzate, analizzando nel primo caso il profitto globale del sistema e nel secondo l’utilità individuale dei contraenti. Il successivo step consiste nel modificare la funzione di utilità dei contraenti per allineare le loro strategie e ottenere il massimo profitto raggiungibile. Una volta che questa analisi è stata eseguita, il coordinamento può essere raggiunto mediante la stipula di un contratto adeguato che modifica le utilità individuali adottando procedure di revenue-sharing (ripartizione del profitto). In questo senso il contratto rappresenta lo strumento attraverso cui si attua la strategia collaborativa tra committente e fornitore. Per raggiungere la condizione di coordinamento un contratto deve: (1) conseguire un livello ottimale del sistema; (2) suddividere arbitrariamente il profitto tra i contraenti. Al fine di realizzare il coordinamento, un contratto di GS deve essere connesso a una misura di performance σ, e ad un livello di performance richiesta dall’outsourcer in corrispondenza del quale il provider dovrebbe stabilire il compenso W. Indicando con L il numero di ore lavorative in un anno, CV il costo totale della politica di manutenzione sostenuto dal fornitore, I il ricavo e CO il costo totale dell’indisponibilità sostenuto dall’outsourcer, le funzioni di profitto del fornitore e dell’outsourcer sono date dalle seguenti eq. (5) e (6): (5) (6) Ipotizzando che t (costi di transazione) ed e (costi di monitoraggio) siano fissi, queste variabili potranno, per semplicità essere escluse (Bryson et al, 1999, 2000, 2003) dalla successiva trattazione. Il modello sarà così semplificato come indicato nella seguente figura:
(7) (8) (9) Figura 1: Schema di coordinamento
Una semplice modellizzazione della funzione di profitto dell’outsourcer è quella che considera i ricavi legati alla disponibilità del sistema. Detto p il profitto marginale per ora lavorata, il ricavo dell’outsourcer assume la seguente forma: (10)
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ricerca D’altra parte il profitto del provider è relativo al costo di manutenzione CV, che dipende a sua volta dalla politica di manutenzione adottata. L’utilità del provider aumenta al decrescere dei costi della manutenzione, quindi stabilire un’appropriata politica di manutenzione si traduce in un incremento di profitto per il provider. I Contratti di Global Service con Politiche di Manutenzione Preventiva Al fine di dare una formulazione esplicita al modello deve essere fatta un’ipotesi riguardo alla politica di manutenzione adottata dal fornitore. Nel presente articolo la politica di manutenzione considerata è una manutenzione preventiva standard con riparazioni perfette. Sotto tali ipotesi la disponibilità Av del sistema è legata alla probabilità di guasto intrinseca dello stesso ed al tempo medio di riparazione del guasto necessario per ripristinare le condizioni del sistema “come nuovo” mediante, un’operazione di manutenzione correttiva o di manutenzione preventiva. Indicando rispettivamente con MTTRf e MTTRp il tempo medio di riparazione per un intervento di manutenzione correttiva o preventiva rispettivamente, la disponibilità del sistema (Rausand and Høyland, 2003) risulta: (11) (12)
(13) Il profitto atteso dell’outsourcer, funzione della disponibilità del sistema, è in definitiva: (14)
(15)
Tale profitto è in ultima analisi una funzione del tasso di guasto intriseco del sistema, dell’intervallo di manutenzione preventiva, del tempo medio di riparazione per una manutenzione correttiva e preventiva e del costo del downtime. Il profitto del fornitore è legato alla politica di manutenzione preventiva, che a sua volta è una funzione del tasso di guasto intrinseco del sistema, dell’intervallo di manutenzione preventiva e del tempo medio di riparazione per una manutenzione correttiva e preventiva. Le azioni ottimali di manutenzione preventiva devono essere determinate attraverso un trade-off tra i costi dell’intervento di manutenzione preventiva e correttiva, poiché generalmente i costi associati alla manutenzione correttiva sono più alti di quelli della manutenzione preventiva. Per una politica di manutenzione preventiva e un dato intervallo T, il costo totale della manutenzione è dato da: (16) Essendo R(T) l’affidabilità del sistema, Cp il costo dell’intervento di una manutenzione preventiva e Cf il costo dell’intervento di una manutenzione correttiva, la funzione profitto del fornitore è data dalla seguente equazione (17): (17)
Πv è quindi funzione del compenso pattuito, del tasso di guasto intrinseco del sistema, dell’intervallo di manutenzione preventiva e del costo dell’intervento di manutenzione correttiva e preventiva. Al fine di sfruttare le opportunità di un coordinamento, deve essere determinato il profitto globale del sistema.
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ricerca (18)
(19)
Il coordinamento tra provider e outsourcer è raggiunto quando è massimo il profitto globale del sistema. Si può facilmente constatare che un semplice contratto a compenso fisso non consente di realizzare il coordinamento. Se infatti W(σ) è una costante, e sia il fornitore che l’outsourcer perseguono una strategia volta a massimizzare la propria funzione di profitto individuale, il profitto massimo dell’outsourcer si ottiene quando è verificata la seguente condizione:
(20)
(21)
Mentre il profitto del fornitore è massimo quando: (22)
(23) L’outsourcer persegue quindi l’obiettivo di massimizzazione della disponibilità, mentre il fornitore persegue l’obiettivo di minimizzazione dei costi. Se in un contratto a prezzo fisso l’outsourcer paga un compenso W per ottenere il livello σ*, ma il fornitore garantisce il livello σ < σ*, in assenza di una penalità il fornitore incrementa il suo profitto di CVσ - CVσ*. Anche incrementando il valore di W non si avrà un effetto positivo sulle prestazioni globali del sistema, in quanto, essendo una variabile di scambio all’interno del sistema, W non compare nella funzione di profitto globale ed allo stesso tempo non ha alcun effetto sul profitto ottimale del fornitore. Il coordinamento quindi non può essere raggiunto senza un contratto che modifica le funzioni di profitto individuali del fornitore e dell’outsourcer. Al fine di realizzare il coordinamento occorre dunque stabilire degli incentivi o delle penalità in funzione del livello di performance raggiunto. Una funzione di penalità lineare può assumere la seguente forma: (24) Dove k = pagamento costante, a = tasso di penalità, σ* = soglia di penale Se si definisce come parametro di performance la disponibilità del sistema (σºAv(T)), e considerata la soglia σ* come la massima disponibilità ottenibile per il sistema con la politica di manutenzione attuata, o comunque un livello di affidabilità auspicato dall’outsourcer, la sua funzione di profitto diventa: (25) Assumendo (26)
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ricerca Si ottiene (27) Il profitto totale risulta allora: (28) In tale caso il profitto del fornitore diventa una funzione affine del profitto totale, quindi, la massimizzazione del profitto del provider si traduce nella massimizzazione del profitto totale del sistema. Adottando una funzione di penalità lineare e definendo un tasso di penale secondo l’equazione (26) il coordinamento del sistema è raggiunto poiché il profitto globale e massimo e può essere arbitrariamente suddiviso. Applicazione Numerica In questo paragrafo è proposta un’applicazione numerica del modello proposto. Il guasto è stato modellizzato tramite una funzione di Weibull con α=1000 e β=2 (con α e β rispettivamente parametro di scala e parametro di forma). Il costo dell’attività di manutenzione programmata è Cp = 3500 €, il costo della manutenzione a guasto è Cf = 5000 €, p = 80 €/h, il costo del downtime è dh =500 €/h, MTTRf = 50 h e MTTRp = 8 h. Per una variabile tasso di guasto distribuita secondo una Weibull, l’affidabilità R(t) è data dalla seguente equazione (29) e i corrispondenti costi della manutenzione sono mostrati in figura 2. 29)
Figura 2: Costi di Manutenzione sostenuti dal provider per unità di tempo
Il T* per il quale si ottiene il minimo costo di manutenzione è di circa 1200 h con un costo totale di manutenzione di 5,29 €/h. La funzione di profitto del provider è: (30)
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ricerca La disponibilità del sistema è data dalla seguente equazione (31).
(31)
Il ricavo totale dell’outsourcer, ottenuto al variare dell’intervallo di manutenzione è riportato nella seguente figura 3.
Figura 3: Ricavo totale dell’outsourcer per unità di tempo
Il T* che da la massima disponibilità, e dunque il massimo ricavo all’outsourcer, è pari a circa 500 h con un profitto massimo di 20,247 €/h. Con un contratto a compenso fisso con ad esempio W=40 €/h, le funzioni di profitto ottenute sono rappresentate in figura 4:
Figura 4: Funzioni di profitto
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ricerca Uno schema di soluzione non coordinata è dato nella seguente tabella 1 dove la soluzione 1 corrisponde al profitto massimo dell’outsourcer la soluzione 3 corrisponde al massimo profitto del fornitore e la soluzione 2 corrisponde al massimo profitto globale.
1 2 3
T*
Av
500 650 1200
0,9660 0,9650 0,9583
Profitto globale (€/h) 52,44 53,23 49,42
Outsourcer (€/h) 20,25 19,71 14,71
Provider (€/h) 32,19 33,52 34,71
Tabella 1: Profitti per ora - soluzione non-coordinata
In tale situazione tanto il provider che l’outsourcer tenderanno a massimizzare il proprio profitto orientando la trattativa verso il punto 3 e 1 rispettivamente. La contrattazione pertanto terminerà sui punti 1 o 3 in funzione della capacità contrattuale delle parti. Evidentemente comunque non si raggiungerà il punto di massimo profitto globale del sistema. Con una funzione di penalità lineare e definendo a = 580 €/h, k = 40 €/h e σ* = 0,9660 (pari alla massima disponibilità ottenibile nelle condizioni considerate), il profitto dell’outsourcer diventa costante e pari al suo valore massimo, e quindi il profitto totale è una funzione affine del profitto del fornitore. Conseguentemente l’intervallo di manutenzione cui corrisponde il massimo profitto del fornitore assicurerà la realizzazione anche del massimo profitto totale del sistema. Il parametro k, d’altro canto definirà il livello di ripartizione arbitraria del profitto. La soluzione coordinata è mostrata in tabella 2, le corrispondenti funzioni obiettivo sono mostrate in figura 5. L’esempio mostra come sia possibile, mediante un’appropriata definizione dei parametri contrattuali, ottenere una soluzione coordinata che sia sempre vantaggiosa rispetto a qualsiasi soluzione non coordinata. La seguente tabella 2 mostra i parametri contrattuali che consentono di ottenere due soluzioni che dominano le migliori soluzioni non coordinate per l’outsourcer e per il provider (rispettivamente soluzioni 1 e 3 in tabella 1).
1 2
T*
a
k
σ*
Av
650 650
580 580
40,00 41,73
0,9660 0,9660
0,9650 0,9650
Total (€/h) 53,23 53,23
Outsourcer (€/h) 20,25 18,52
Provider (€/h) 32,98 34,71
Tabella 2: Profitti ottimali per ora (€/h) - soluzione coordinata
Figura 5: Funzioni profitto in presenza di coordinamento
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ricerca
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bibliografia
Conclusioni Nel presente articolo sono state analizzate le opportunità di coordinamento in un contratto di GS. La metodologia proposta è basata sul calcolo e sulla comparazione delle funzioni di profitto individuali (approccio decentralizzato) e su quello globale (approccio centralizzato). Per la definizione delle funzioni suddette, è stato necessario individuare la struttura dei costi sostenuti dal fornitore, strettamente dipendenti dalla politica di manutenzione prescelta, e l’espressione della disponibilità del sistema, cui è legato il ricavo dell’outsourcer. Il modello proposto dimostra che per il raggiungimento della condizione di coordinamento tra il fornitore e l’outsourcer è possibile, e non richiede altro se non la stipula di un appropriato contratto di servizio orientato alla performance. Il contratto di GS, in particolare, in virtù delle penali e/o incentivi che lo caratterizzano può essere, nel caso della manutenzione, lo strumento adatto. Si è inoltre mostrato che una semplice funzione di penalità di tipo lineare è sufficiente a garantire il coordinamento tra le parti. Nell’applicazione numerica proposta il parametro di performance adottato è la disponibilità del sistema. I risultati ottenuti mostrano come sia possibile stabilire i parametri contrattuali quali le funzioni di penalità, le quote fisse del compenso e le soglie di prestazioni che garantiscano il coordinamento. I limiti della metodologia proposta consistono nel fatto che la definizione dei parametri contrattuali prevede la conoscenza del comportamento a guasto delle attrezzature soggette alla manutenzione, nonché le strutture di costo. Ciò presuppone la preliminare definizione delle politiche manutentive. In generale è difficile che tali informazioni siano già note in fase di stipula del contratto, ed è dunque probabile che i parametri contrattuali concordati alla stipula siano soggetti a variazioni nei successivi anni di attività. Un’altra critica che generalmente viene mossa a questo tipo di approccio riguarda il fatto che esso trovi raramente applicazione nel contesto reali, i quali invece sono caratterizzati storicamente da rapporti conflittuali tra committenti e fornitori. A tal proposito si può dire che la presenza di costi di transazione elevati spesso è all’origine della mancanza di coordinamento nei rapporti commerciali, e questo aspetto è particolarmente sentito anche nell’ambito dei contratti di global service che sono tipicamente delle forme contrattuali complesse per tutti i parametri che coinvolgono, e che richiedono un approccio strutturato alla misurazione della performance.
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The challenges, possibilities and limits of existing and future european standards in the area of facility management Sfide, possibilità e limiti nella esistente e futura normativa europea nel facility management
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Il Consiglio Europeo (EC) ha dichiarato che la competitività nel settore dei servizi è un fatto molto positivo. Ciò indica la presenza di un mercato aperto e trasparente in cui numeri, quotazioni e organizzazioni possono essere messi a confronto. La normazione è, nell’ottica del Consiglio Europeo, uno degli strumenti principali per portare a termine tale obiettivo. La normazione nell’area del Facility Management è perfettamente in linea con questa politica dal momento che riguarda molteplici aree di business. Uno dei vantaggi più importanti è che il mercato stesso può determinare i contenuti delle norme europee. Sotto la responsabilità del CEN, l’Organismo Europeo di Normazione (www.cen.eu), il Comitato Tecnico Europeo CENTC348 “Facility Management” è divenuto la piattaforma sulla quale si sviluppa la normativa europea riguardante il Facility Management. Questa iniziativa è stata riconosciuta dall’EC un buon esempio di come il mercato possa definire il proprio sviluppo normativo. Dal momento che il tema è ancora relativamente giovane e lo scopo del Facility Management è diverso a seconda dei vari paesi europei, il volume complessivo del mercato europeo può essere solo stimato, ma ammonta di sicuro a molte centinaia di miliardi di Euro. Un mercato in via di sviluppo richiede strutture definite
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e punti di partenza altrettanto definiti. La normativa è in grado di fornire tutto ciò. I benefici principali della normazione nell’area del Facility Management sono: • maggiore competitività nel mercato globale • maggiore efficienza dei processi primari e dei processi del Facility Management • maggiore trasparenza negli approvvigionamenti e nei contratti • maggiore qualità dei risultati • supporto alla certificazione • comuni mezzi di comunicazione fra le parti interessate • sviluppo di nuovi strumenti e sistemi Le prime due norme a livello europeo sono già state pubblicate. Nella EN 15221-1 Facility Management - Terms and Definitions - sono stati definiti i termini basilari del Facility Management e le loro relazioni. La EN 15221-2 Facility Management - Guidance on how to prepare Facility Management agreements fornisce una guida per la stesura di un effettivo accordo. Tutto ciò rappresenta uno strumento di lavoro per le parti interessate e rispetta le Direttive Europee che richiedono che i contratti pubblici al di sopra di un determinato valore debbano essere disponibili per gli appaltatori di Facility Management di tutta Europa.
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international
Sulla base della sopra menzionata normativa e come risultato del parere favorevole di tutti i membri coinvolti, è stato deciso lo sviluppo di altre quattro norme. Tutte e quattro possono contribuire a definire, comparare e sviluppare le performance nell’area del Facility Management. Le quattro norme sono: 1. Facility Management - Economia (strutture e definizioni) 2. Facility Management - Processi 3. Facility Management - Qualità, livelli di servizio e indicatori di performance (Benchmarking)
Keywords Facility Management, Standardization, Benchmarking Abstract The European Council (EC) has declared that an open competition in the area of services between market sectors and different parties was desired. This means an open and transparent market is desired, in order to be able to figures, quotations and even organizations can be compared. Standardization is in the opinion of the EC one of the major tools to realize this. Standardization in the area of Facility Management fits perfectly into its policy as it directly involves several business services. One of the most important advantages is that the market itself is able to determine the content of these European standards. Under the responsibility of the European Standardization organization CEN (www.cen.eu), the technical committee CEN/TC 348 “Facility Management” is the platform on which European Standards in the area of Facility Management are developed. This initiative has been recognized by EC as a very good example of a market defining its own standards. The first two European standards have been published. In EN 15221-1 the basic terms of Facility Management are defined and their relation is explained. EN 15221-2 provides guidance for the preparation of an effective Facility Management agreement. The next phase in the development of 4 new standards focused on reliable benchmarking in Facility Management.
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4. Facility Management - misure Queste ulteriori norme europee garantiranno i seguenti benefici: • Una lingua comune per tutti i professionisti a livello europeo • Specifiche più veloci, trasparenti e raffrontabili • Diverse strutture compatibili l’una all’altra • Una base per lo sviluppo di strumenti e sistemi per creare l’interfaccia fra i sistemi • Indicatori di performance chiaramente definiti e un benchmarking efficace.
5. Facility Management - Taxonomy (structures and definitions) 6. Facility Management - Processes 7. Facility Management - Quality, service levels and key performance indicators (Benchmarking) 8. Facility Management - Space measurement These standards will be ready in June 2010. Introduction Facility Management is developing in various European countries. Driven by certain historical and cultural circumstances, organizations and business areas have built different understandings and approaches. In general, all organizations, whether public or private, use buildings, assets and services (facility services) to support their primary activities. By coordinating these assets and services, using management skills and handling many changes in the organisation’s environment, Facility Management influences its ability to act proactively and meet all its requirements. This is also done to optimize the costs and performance of assets and services. In this paper challenges, possibilities and limits of existing and future European FM-standards are identified. Standards and standardization Standards Standards are agreements on all different kind of subjects. They are created for and by the market. The content of the standards is to be determined by the market itself. Standards are private international law, so it is not mandatory to
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international use them. So these standards will only be used when the added value is clear. Sometimes standards are made mandatory by the European Commission or national governments. They become law and regulations, bit still the content is to be decided by the market parties itself. Standards are made on national level, European level (via CEN) and international level (via ISO). The focus in this paper is on CEN (Comite Europeenne de Normalisation).
So standards may provide for compatibility between products or systems, may serve to enhance quality, may efficiently reduce variety and promote understanding of technology by providing information. These generalities are underlined by research on the economical aspects of standardization.
• The Fraunhofer Institute concluded that the economical return of standardization is 1% of Gross National Product. CEN’ is a system of formal processes to produce standards, This means 1 Euro investment in standardization returns shared principally between: 100 Euro. • 30 National Members and the representative expertise • In the study ‘The empirical Economics of Standards’ by they assemble from each country. These members vote DTI Economics from June 2005, one of the conclusions for and implement European Standards; was that elasticity of labour productivity with respect to the number of standards is about 0.005 (1% increase • 8 Associate Members, 5 affiliates and 2 Counsellors; standards catalogue is associated with 0,05% increase • The CEN Management Centre, Brussels. in labour productivity => standards contributing 13% of the growth in labour productivity in the UK over the peStandards development is mainly done in Technical Comriod 1948-2002. Also standardization could enhance inmittees (TC’s). In total there are over 350 existing TC’s acnovation, of course depending on the timing. tive. These TC’s deliver European standards. The main principles of standardization are: • Standards come from the voluntary work of participants representing all interests concerned: industry, authorities and civil society, contributing mainly through their national standards bodies. • Draft standards are made public for consultation at large. • The final, formal vote is binding on all members. • The European Standards must be transposed into national standards and conflicting standards withdrawn.
Relation with the European Committee In the view of the European Committee services are the input for the rest of the economy. They have declared that an open competition on the area of services between market parties is desired. This means that we should be able to compare figures or quotations (or even organizations). An open and transparent market is important for them.
The question is how to improve the competitiveness of services. One of the conclusions was that standards could be useful! In a meeting at the start of the project, they emStandardization Standardization diminishes trade barriers, promotes safety, phasized that for support and connection with the Euroallows interoperability of products, systems and services, pean Committee for the initiative of developing European and promotes common technical understanding. All stan- standards in Facility Management, the definition of facilities dards help build the ‘soft infrastructure’ of modern, inno- should be described at such a way that it can be integrated vative economies. They provide certainty, references, and in the so called “NACE-code”. benchmarks for designers, engineers and service providers. So the European Commission is focusing very much on In addition, regional or European Standards are necessary services. And one of the main objectives for the European for the Single Market and support the Union’s policies for Committee is to create an open and transport market. Stantechnical integration, protection of the consumer, and pro- dardization is in their opinion one of the major tools for that. The platform in which standardization in the area of Facilmotion of sustainable development.
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international ity Management takes places is CEN/TC 348 “Facility Management”. This CEN/TC is seen as one of the good examples of a market defining its own standards. Facility Management in general The main benefits of Facility Management approaches in organizations are: • A clear and transparent communication between the demand side and the supply side by using dedicated persons as single points of contact for all services, which are defined in an Facility Management agreement. • A simple and manageable concept of internal and external responsibilities for services, based on strategic decisions, which does lead to systematic insourcing or outsourcing procedures. • An integration and coordination of all required support services. • A reduction of conflicts between internal and external Service providers. • A transparent knowledge and information to service levels and costs, which can be clearly communicated to the end users. • A most effective use of synergies amongst different services, which will help to improve the costs and performance of an organization. The development of standards on Facility Management would help smaller and larger organisations offering facility services in this market to cooperate and exchange knowledge and business on international bases. By creating a European platform this will break down barriers between markets for Facility Management service providers as well as their customers. General tendencies in Facility Management Facility Management has changed considerably in the past years. From a discipline that was primarily building oriented it is becoming more and more a business service oriented discipline. European-wide the development has different accents, approaches and timescales but a few general tendencies can be addressed. The following tendencies are seen. • The scope of Facility Management is different in the various European countries, but in general expanding and is
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moving towards a general view on business services. The added value of Facility Management is the integration of these business services. Trends in various countries towards broadening the range of services are forecasted to continue. • It seems building Operations and Maintenance are still the biggest sector, but business services and ICT fastly growing in an emerging e-economy. • In the process design-build-(operate)-maintain organizations extend their activities to the chain. Organizations build and maintain building for a period of time. Also the management and provision of several services may be included. Public policy is a driving force in this development process. • Outsourcing non-core and lately as core business is a very common business approach. In most situations it started from the cost effectiveness approach, but now it also emphasizes on the added value to the primary activities. It has become a vital part in organizations. • As the FM-market professionalizes, it is foreseen that the length of contracts will increase. • Service providers become more and more multi-service providers, including more services and the management of these services. Hard and soft services are being integrated. • Generally, the FM-market remains diverse, highly fragmented and very competitive, with consolidation into very large, global operating companies but in also the introduction of smaller organisations. • As facilities become an increasing part in costs, more attention is given from a financial point of view. Focus on benchmarking increases. Also the measured approach to service delivery is needed to ensure a consistent quality of service is maintained. Benchmarking is one of the major issues now and in the coming years. • The level of professionalism varies throughout Europe, but the development of a more professional Facility Management within the different European countries goes fast. Standardization in the area of Facility Management supports the maturity of profession. Both within the Facility Management-sector, but also outside the Facility Management-profession.
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international Quantiative indicators Introduction As the profession is still relatively young and the scope of Facility Management differs in various European countries. It is difficult to gather market statistics. Within the existing classification system throughout Europe (Eurostat), Facility Management is not (yet) a separate class. On a level per country relevant information sometimes can be found, which give at least an indication of the size of the market. The figures below indicate that, although a rough estimation, the market is big. But more research needs to be done on this to get more reliable figures. EN 15221-1 In EN 15221-1 Facility Management - Terms and definitions, the following sentence is part of the introduction: “The market of Facility Management (internal and external) in Europe with an estimated volume of several hundred billion Euros” Source: EN 15221-1 Facility Management - Terms and definitions IPD/NFC Index EUR/workplace
2005
2004
2003
Accomodation EU total EUR 1.250 billion*
EUR 4.884
EUR 4.621
EUR 4.368
Facility Services EU total 531 billion*
EUR 1,947
EUR 2.024
EUR 2.578
ICT EU total EUR 1.156*
EUR 4.284
EUR 4.242
EUR 4.200
External facilities EUR total 31 billion
EUR 112
EUR 415
EUR 578
FM/organization EUR total 125 billion*
EUR 429
EUR 438
EUR 625
Total per workplace per year (20m2) EU total EUR 3.093 billion*
EUR EUR EUR 11.657 11.740 12.349
*Estimations based on IPD and NFC Index figures, 2005 Source: NFC Index, www.nfcindex.nl Source: IPD Total Occupancy Cost Code, www.opd.co.uk Source Villa FM, www.villafm.eu
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BIFM In the UK estimates vary, but market research suggests that the sector is worth GBP 96 billion per year. Source: British Institute for Facilities Management (BIFM), www.bifm.org.uk CEN/TC 348 “FACILITY MANAGEMENT” Roadmap The history of European Standardization in Facility Management starts in September 2001. In the Netherlands the Dutch standard NEN 2748 “Facility Management - Terms and definitions” is published. NEN 2748 organizes the field of FM by defining and classifying activities. Facility Management costs can be determined and can be a mean for internal and external benchmarking. During the process, the Dutch National Standardization Committee concluded that not only the Dutch market needed a standard, but also the European market could benefit from standardization in this area. So the proposal to bring NEN 2748 to a European level was done. As other European countries were already working or even had standards this proposal was rejected and on the subject a CEN/BT/WG was established. This working group had the assignment to discuss the exact scope of the future body, its work program and the way of developing future standards, and had to make a concrete proposal for endorsement. This was in December 2001. A first meeting of this working group was organized in November 2002. A total of 41 participants from 14 different countries particpated during the first meeting in Amsterdam. After the meeting in Amsterdam, meetings were held in Berlin and Delft. In May 2003, the working group felt their task was completed. A business plan was written and approved, so the project was ready for take-off. Most important conclusions were the fact that a CEN/TC was needed for the subject and the focus would be on 2 standards: a standard on Facility Management terms and definitions and a standard giving guidance on how to prepare Facility Management agreements. In September 2003 the official CEN/TC 348 “Facility Management” was established. In 2006 the first two standards were published: EN 15221-1 and EN 15221-2.
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international As these are voluntary standards, the intention is that the market accepts these standards as beneficial to enterprise and implements them. Only if standards are accepted as useful to business and implemented, will the goals will be reached. If not, the standards will be useless. In the process on developing standards, this is becoming more and more important. It implies that relevant stakeholders should be brought to the able in order to be able to realize this. Objective The objective of CEN/TC 348 “Facility Management” is to reach the benefits of standardization as described below. The target group for the standards to be made is public and private stakeholders. The benefits of standardization should be: • Improve competitiveness in global market • Improve effectiveness of primary and Facility Management processes • Improve transparency in procurement and contracting • Quality improvement of output • Supports certification • Means of communication between stakeholders • Development of new tools and systems Organisation - CEN/TC 348 “Facility Management” - Chairman: Mr. Remko Oosterwijk (The Netherlands) - Secretary: Mr. Jappe van der Zwan (NEN) - WG 1 “Terms and definitions” - Convenor: Mr. Paul Stadlöder (Germany) - Secretary: Mr. Jappe van der Zwan (NEN). - WG 2 “Facility Management agreements” - Convenor: Mr. Stan Mitchell (UK) - Secretary: Mr. Jappe van der Zwan (NEN) - CEN Member responsible: NEN - WG 3 “Quality in Facility Management” - Convenor: W. Moderegger (GER) - Secretariat: E. Finck (DIN, Germany) - WG 4 “Taxonomy of Facility Management” - Convenor: M. Christen (CH) - Secretariat: E. Huegentobler (SNV) - WG 5 “Processes in Facility Management - Convenor: prof. K. Alexander (UK) - Secretariat: C. Molloy (UK)
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- WG 6 “Space measurement in Facility Management” - Convenor: prof. U. Elwert (GER) - Secretariat: E. Finck (DIN) Participants and liaisons The following countries do participate actively within CEN/TC 348 and its working groups: Austria, Belgium, Denmark, France, Germany, Hungary, Ireland, Italy, The Netherlands, Norway, Sweden, Switzerland and United Kingdom. In these countries mirror committees have been established that to follow the work of CEN/TC 348, judge its documents and bring forward their input, point of view on the subject. Mirror committees should represent the interested parties in the FM-market and are coordinated by National Standardization Bodies. Other countries follow CEN/TC 348 more form the sidelines, but still have to obligation to implement the standards when they are finalised. Also liaisons are established or are to be established between CEN/TC 348 and major other CEN/TC’s, like CEN/TC 247 “Building Automation, Control and Building Management” and CEN/TC 319 “Maintenance”, but also other major parties on the European market like EuroFM and ETSA. EuroFM is the leading Facilities Management network in Europe with more than 75 member institution from 19 countries. In supporting its mission, the advancement of FM knowledge across Europe, EuroFM has played an important role of liason partner in the development of standards sofar and is actively supporting the next phase of this project. EuroFM and CEN/TC 348 wish to support each other in the process of developing market standards in the FM industry in Europe and thus wish to coordinate their activities. Challenges The main challenge within standardization is to reach consensus regarding the content of the standards. A difficult job considering the following aspects.
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international Different languages => Within CEN/TC 348 all different languages are spoken. Of course meetings are in English, but communicating and understanding each other proves to be difficult. Lots of discussions take a lot of time because of the language difficulties. This is the mail challenge within the process. Of course this underlines the importance of a European standard on terms Different views of Facility Management => The views on the subject differ. This is logical, because a group of professionals have all their different views. There is nothing strange on that but as reaching consensus in complex matters is always a challenge. Different development stages of Facility Management => It is very interesting to see that the maturity of Facility Management differs in the various countries. What was common practice in a country yesterday might be common practice in another country today. Concepts that are state of the art and really work well in one country are outdated in other countries. Maybe the best example is outsourcing, which is hot in some countries, but very cold in others. Different cultures and markets => Of course also different cultures and markets within the various countries influence the way business is done. EN 15221-1 Facility Management - Terms and definitions In order to have a common language, this standard aims to describe the basic functions of Facility Management and defines the relevant terms, which are needed to understand the context. In other words the basis of Facility Management is laid down. The purpose of EN 15221-1 is to define the terms in the area of Facility Management in order to: • Improve communication between stakeholders. • Improve effectiveness of primary activities and Facility Management processes, as well as the quality of their output. • Develop tools and systems. EN 15221-1 is a lead document in terms of standards in Facility Management that other initiatives should follow. Ini-
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tiatives for other standards, guidelines and technical specifications cannot be made without reference to this lead document. The definition of Facility Management is: integration of processes within an organisation to maintain and develop the agreed services which support and improve the effectiveness of its primary activities. Facility Management covers and integrates a very broad scope of processes, services, activities and facilities. The field of Facility Management is structured and a list of examples of services/activities and facilities is given. The basic concept of Facility Management is to provide integrated management on a strategic and tactical level to coordinate the provision of the agreed support services (facility services). This requires specific competencies and distinguishes Facility Management from the isolated provision of one or more services. Annex A presents the Facility Management model which provides a framework describing how Facility Management supports the primary activities of an organisation. It deals with the demand and supply relationship and presents the different levels of possible Facility Management interaction. In order to succeed and deliver required results, Facility Management shall be in close synchronization with the mission and vision of the organisation and its objectives. Therefore, Facility Management acts on the main levels: strategic, tactical and operational. The activities on these levels are described. EN 15221-2 Facility Management - Guidance on how to prepare Facility Management agreements The objective of EN 15221-2 is to provide guidance for preparing an effective Facility Management agreement. Such an agreement by nature, defines the relationship between an organisation that procures facility services (client) and an organisation that provides these services (Facility Management service provider). The purpose of EN 15221-2 is to: • Promote cross-border client/Facility Management service provider relationships within the European Union and to produce a clear interface between the client and the Facility Management service provider.
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international • Improve the quality of Facility Management agreements so that disputes and adjustments are minimised. • Assist in the selection and scope of facility services and to identify options for their provision. • Give assistance in, and advice on, the drafting and negotiation of Facility Management agreements and specify arrangements in case of dispute. • Identify types of Facility Management agreements and make recommendations for the attribution of rights and obligations between the parties of the agreement. • Simplify comparisons between Facility Management agreements. The document is a working and standardised tool intended for parties who wish to draw up the Facility Management agreement within the European Common Market. It offers headings, which are not exhaustive. Parties may or may not include, exclude, modify and adapt these headings to their own agreements. EN 15221-2 is applicable to: • Facility Management agreements for both public and private European Union cross-border, as well as domestic, client/Facility Management service provider relationships. • Full range of facility services. • Both types of Facility Management service providers (internal and external). • All types of working environments (e.g. industrial, commercial, administration, military, health etc.). This European standard is primarily written for Facility Management agreements between a client and an external Facility Management service provider. However, a large part of this standard can be applied to cases where the Facility management service provider is an internal entity within the client’s organisation and be very helpful to set up an approach based on Services Level Agreements (SLA). It does not replace any specialized standards related to services within the scope of the Facility Management agreement. New work items During the development process CEN/TC 348 drafted a shortlist of possible new standards. After a consultation of
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all members, it was decided to give the main focus on standards that could enhance reliable benchmarking. From the shortlist, 4 new standards to be developed were identified, all supporting the need to be able to compare and improve performance in the area of Facility Management. These new standards to be developed are: 1. Facility Management - Quality, service levels and key performance indicators 2. Facility Management - Taxonomy 3. Facility Management - Processes 4. Facility Management - Space measurement With these additional European standards the following benefits will be achieved: • A common language for all professionals in Europe • Faster, transparent and comparable specifications • Different structures linked together and compatible with each other • Basis for the development of tools and systems and to create interfaces between systems • Clearly defined performance indicators and effective benchmarking The set of standards is planned to be published in 2010, it will be a great step towards reliable benchmarking. Lessons CEN/TC 348 proves to be a good platform for developing the standards. Within a relatively short period of time, good results have been booked. The main importance is the quality, professionalism and commitment of the people involved within CEN/TC 348. This could also be seen as one of the weaknesses as the system strongly depends on (voluntary) work of participants. From a project point of view, the strategy of CEN/TC 348 is to limit the number of standards to be developed simultaneously. Coordination between standards is very important. Capacity of the participants is limited and quality is of the biggest importance. Standardization will only be successful if participants see these benefits and participate actively (“broadly based”). This means that all interested parties should participate in the development of the standards. Partially this is handled by the CEN system with mirror committees in various
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international countries. But the communication around CEN/TC 348 and standardization needs to be improved and facilitated, in order to create more awareness for the interested organizations. A liaison with EuroFM is established. It is important because EuroFM is the leading FM-network in Europe with a wide exposure and a lot of knowledge. At the end standardization is not successful as standards are being developed, but only if these standards are also used. Standardization of Facility Management is accepted by national branches and EuroFM. This could enhance the implementation. A successful implementation depends on the availability of products and tools that eases the implementation of a standard. An important restriction is that the effort for implementing standards is reasonable. Another critical issue for successful implementation of standards is that they are broadly based as the results will be a balance of the different interests between the demand side and the supply side. The work within the CE/TC 348 is done in an open, respectful and professional manner. More and more countries become aware that standards have a lot of added value to the profession. This doesn’t mean that there are (fundamental) different ideas, opinions, approaches etc., but as standardization is a process of consensus, at the end coming to a conclusion and publishing standards is of highest importance. Contributors Big standardization projects cost money. NEN is a nonprofit organisation, but the costs need to be covered. For this packages have been developed and the following contributors have been found. Those organisations see the added value of the standards both for their own organisation but also for the FM-community as a whole. Without their support it will not have been possible to realize the 4 new standards. It also implies the broad interest of organisations. The main contributors are: Facility Management Nederland (FMN), KLM Facility services/Sodexho, Imtech, Nordined
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Prequest and Capgemini. Other contributors are: NFC Index, FMweb, Dutch Government Building Agency, Ministry of Transport, Public Works and Water Management, Shell, ABN Amro, DTZ Zadelhoff, DNB, UPC, Delta Lloyd, Ballast Nedam Services, Facilicom, Wielinga Consultancy and Jones Lang LaSalle. Conclusion CEN/TC 348 proves to be a good platform for developing the standards. The first two European standards have been published. In the EN 15221-1 Facility Management - Terms and definitions the basic terms of Facility Management are defined and their relation is explained. The EN 15221-2 Facility Management - Guidance on how to prepare Facility Management agreements provides guidance for the preparation of an effective Facility Management agreement. It is a working tool for interested parties and it respects the EC Directives that requires public contracts above a certain amount to be made available to all Facility Management contractors throughout the EC. The implementation of the standards is important and needs to evaluate in the coming years. Four new standards are to be developed: 1. Facility Management - Quality, service levels and key performance indicators 2. Facility Management - Taxonomy 3. Facility Management - Processes 4. Facility Management - Space measurement With these additional European standards the following benefits will be achieved: • A common language for all professionals in Europe • Faster, transparent and comparable specifications • Different structures linked together and compatible with each other • Basis for the development of tools and systems and to create interfaces between systems • Clearly defined performance indicators and effective benchmarking The set of standards is planned to be published in 2010, it will be a great step towards reliable benchmarking.
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l’analisi
Certificazione: incombenza od onorificenza?
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Nonostante alti e bassi fisiologici, dovuti a particolari situazioni contingenti di maggiore o minore sviluppo economico del Paese e dei mercati, è comunque un dato di fatto che le Certificazioni sia di sistemi di gestione della Qualità (ISO 9000) che di Prodotto hanno sempre avuto e continuano ad avere un trend in crescita in Italia, così come nel resto del mondo. Questo dovrebbe dare assoluto conforto perché la certificazione testifica la rispondenza ai requisiti, cioè testifica la Qualità di sistemi e prodotti, ed una migliore Qualità significa sia maggiore efficienza dei sistemi produttivi, e quindi riduzione dei costi, sia prodotti maggiormente rispondenti alle aspettative dei consumatori. Ma è effettivamente così? Partita come iniziativa volontaria per le imprese che volevano dare visibilità alla Qualità del proprio sistema e dei propri prodotti, la Certificazione ha pian piano perso nel tempo il proprio carattere di volontarietà. Nella convinzione di fare gli interessi sia delle imprese che dei clienti molte Pubbliche Amministrazioni da tempo richiedono la certificazione come condizione “sine qua non” per chi intende partecipare a gare di appalto. Così essa è diventata obbligatoria per certi prodotti o impianti che possono avere effetti sulla salute, la sicurezza, l’ambiente, ecc… È, ad esempio il caso degli ascensori ove l’impianto non può essere messo in funzione se non certificato. L’intenzione che all’origine poteva senza dubbio sembrare corretta, purtroppo, però, non ha avuto l’effetto desiderato. Molti imprenditori hanno acquisito col tempo la Convinzione che la Certificazione sia essenziale solo come lasciapassare per poter essere presenti sul mercato e ciò ne ha stravolto il concetto stesso.
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Paolo Morelli, Presidente Comitato Tecnico Orientamento Culturale CNIM
La Certificazione non deve infatti essere un qualcosa di fine a se stesso. Non deve essere uno “scopo”, ma un “risultato”. Perché abbia un vero valore, la stessa deve costituire il coronamento testificato di un lungo processo di trasformazione che le imprese devono interiorizzare ed intraprendere al fine di migliorare i propri sistemi e prodotti fino a raggiungere la piena rispondenza dei primi alle ISO 9000 e, dei secondi, alle norme per essi applicabili. Una Certificazione vissuta solo sulla spinta di esigenze esterne, senza una effettiva maturazione interiore da parte dell’Azienda, può forse servire a raggiungere uno scopo immediato, come quello di poter partecipare ad una gara di appalto o quello di potersi fregiare di un marchio di Qualità, ma alla lunga resta un costo sterile che anzi finisce col portare pericolosi effetti negativi che possono gravemente danneggiare l’Impresa. Effetti sia esterni che interni. Oggi, infatti, il cliente è molto più preparato che nel passato. Sa cosa vuole e non cerca più oggetti “status symbol”, ma oggetti che soddisfino le proprie esigenze. Se acquista un prodotto certificato, lo fa perché giustamente presuppone di avere una garanzia di Qualità, cioè una garanzia di soddisfacimento delle proprie aspettative. Altrimenti, si orienta su prodotti più economici, come è il caso di chi compra prodotti di origine cinese a basso prezzo. Dover però constatare successivamente che dietro il Marchio non c’è l’attesa sostanza, causa un malumore molto maggiore che non quello che può derivare dal malfunzionamento di un prodotto non certificato. Il cliente si sente doppiamente preso in giro e certamente farà una campagna estremamente negativa con tutti i propri conoscenti. Non vanno poi trascurati i problemi interni. La Certificazione è un costo e senza una corrispondente effettiva messa in qualità del Sistema e dei Processi che porti ad
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l’analisi domanda più che giustificata. Purtroppo, però, spesso le imprese, per affrontare la Certificazione, chiedono l’intervento di consulenti abilissimi nel preparare una facciata che possa sembrare rispondente ai requisiti. Tutti sappiamo anche come sia ben diverso preparare una campionatura da sottoporre a prove di laboratorio per ottenere il Marchio di Prodotto che non può garantire che tutta la produzione nel tempo conservi le stesse caratteristiche di quella campionatura.
Allora ci si può domandare: ma non è compito dell’Organismo di Certificazione verificare che vi sia effettiva sostanza prima di rilasciare l’attestato? È senz’altro una
Questi accorgimenti possono sì ingannare il certificatore e far ottenere un attestato, ma col tempo sarà comunque il mercato a fare giustizia.
approfondimento
una migliore efficienza e quindi a concrete economie, resterà sempre un costo senza ritorno. È bene non trascurare infine che Qualità di Sistema Impresa significa soddisfacimento delle attese anche di chi lavora all’interno dell’Impresa. Vedere che l’azienda pretende di fare della Qualità una bandiera, come sbandierato dalla Certificazione, e constatare invece che nel lavoro quotidiano le proprie aspettative vengano continuamente disattese, provoca solo frustrazione e malessere nei lavoratori.
Lo statuto del CNIM prevede che il Consiglio di Amministrazione deleghi le responsabilità della definizione e supervisione degli indirizzi politici e strategici del processo di certificazione ad un comitato di certificazione. Esso deve annoverare nel proprio organico, rappresentanti di enti e associazioni indipendenti in modo da riflettere al meglio le parti interessate alle attività di certificazione e offrire le massime garanzie di imparzialità delle suddette attività. In aggiunta a ciò, il CNIM - per meglio rispondere ai propri obiettivi statutari - ha deciso di attribuire a tale organo anche le funzioni di orientamento culturale, denominandolo - a questo scopo - Comitato di Certificazione e di Orientamento Culturale (CdCOC) e chiamando a farne parte figure di speciale rilievo tecnico e scientifico. I membri che compongono il CdCOC sono stati scelti in modo da garantire la rappresentanza di: a) Autorità competenti nei settori di attività dell’organismo, b) Produttori di beni e fornitori di servizi che operano nei settori coperti dalle attività dell’Organismo o in settori ad essi affini, c) Esponenti degli Enti di normazione, di Enti di studio e ricerca (es. Università) e degli Ordini professionali, d) Committenti, utilizzatori o utenti/consumatori dei prodotti/servizi coperti dalle certificazioni rilasciate dall’Organismo. La struttura del CdCOC è tale da permettere la partecipazione di tutte le parti interessate in particolare nello sviluppo delle politiche e principi riguardanti il funzionamento delle attività di certificazione e la ratifica delle certificazioni di sistemi di gestione di qualità, ambiente, sicurezza e certificazione prodotto rilasciate. L'attuale composizione del Comitato di Certificazione e Orientamento Culturale annovera rappresentanti provenienti dalle seguenti organizzazioni: Ama, Anas, Atecap, Confapi, Consel, ISPESL, Sapienza Università di Roma.
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Firmato il Protocollo di Intesa con la Thyssenkrupp spa È stato firmato presso la Prefettura di Terni un Protocollo di Intesa per la pianificazione di interventi in materia di sicurezza sul lavoro nell’ambito degli stabilimenti della Thyssenkrupp Acciai Speciali Terni spa e delle sue controllate. Il documento è stato elaborato da un gruppo di lavoro composto dalla Prefettura, dalla Thyssen, dalle organizzazioni sindacali e dagli uffici della Provincia competenti. La firma sul Documento è stata posta dal Prefetto Marchione, dal Presidente della Regione Umbria, dalla Provincia di Terni, dal sindaco, dal sottosegretario alla Salute Gian Paolo Patta, e dal sottosegretario al Ministero del Lavoro, Antonio Montagnino, oltre che dal rappresentante Thyssen e dalle principali organizzazioni sindacali. Il Protocollo ha tra i punti chiave il rafforzamento, nell’ambito della attività di prevenzione, del controllo delle imprese appaltatrici, l’attuazione della formazione continua dei lavoratori; la predisposizione di moduli formativi riguardanti la salute dei lavoratori. Prevede inoltre la creazione del Nucleo Operativo Integrato (N.O.I.) formato da ASL, DPL, Vigili del Fuoco, INAIL, ARPA, ISPESL, oltre all’affiancamento di un rappresentante dei lavoratori all’organismo aziendale per le attività ispettive, gli incontri con le Istituzioni, la verifica dei posti e delle condizioni di lavoro. Prevede infine l’istituzione di un apposito presidio medico-sanitario nella realtà lavorativa.
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Guida al Condominio: Gestione e Adempimenti L’Agenzia delle Entrate ha prodotto nel 2007 la pubblicazione: “Guida al Condominio”. Si tratta di un documento sintetico, ma esaustivo su come deve essere gestito un condominio, quali sono gli adempimenti fiscali e come ottenere le agevolazioni fiscali relative a risparmio energetico e ristrutturazioni edilizie. In particolare, la guida contiene utili indicazioni
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sui principali adempimenti fiscali a carico del condominio e dell’amministratore: effettuazione delle ritenute sui compensi erogati, assolvimento degli obblighi dichiarativi e comunicazione di alcuni dati relativi ai condomini amministrati. Una parte della guida è inoltre dedicata all’esposizione dei principali aspetti giuridici del condominio, della figura dell’amministratore e degli adempimenti fiscali per avviare questa attività. La guida è disponibile anche on-line nel sito internet del Governo: www.governo.it
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ISTAT: Medie Imprese Prime su Export e Redditività Una recente indagine Istat fotografa un’Italia in cui le medio-grandi Imprese (dai 50 lavoratori in su) che rappresentano appena lo 0,6% del totale, generano il 45% del valore aggiunto e danno lavoro a quasi la metà dei lavoratori dipendenti. Inoltre, sono maggiormente orientate all’export e sono caratterizzate da una redditività superiore. Sempre secondo i dati Istat, oltre un quarto del fatturato del manifatturiero italiano è generato dalle esportazioni. In particolare, le imprese meccaniche sono quelle maggiormente “export oriented” con il 46,5% delle vendite. L’industria del legno è invece quella che esporta di meno con il 10,6% dei recavi realizzati oltre frontiera. Le aziende di maggiori dimensioni sono più orientate all’export, mentre per quelle più piccole il fatturato proveniente dall’estero rappresenta solo l’8,6% del totale. Inoltre, nelle imprese medio-grandi la produttività supera dell’80% quella delle aziende più piccole e la retribuzione lorda per dipendente è maggiore del 40%. Nel 2005 la produttività italiana è stata di 634 miliardi (il 4,7% in più rispetto all’anno precedente). Le variazioni per categorie di Aziende è significativo: 27 mila euro della microimpresa (da 1 a 9 addetti), 50 mila della media fino ai 61 della grande. In un anno la produttività della media impresa è aumentata di 4 mila euro, quella della grande impresa di 8 mila.
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Codice del Consumo: Approvate le Modifiche Sono state approvate le modifiche al Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005) che recepiscono le direttive 2002/65 in materia di commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e 2005/29 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti fra professionisti e consumatori. È quanto stabilito dal decreto legislativo numero 221 del 23 ottobre 2007 che prevede altresì talune correzioni di errori materiali e precisazioni di varie norme del codice stesso. In particolare, il provvedimento: a) riconosce ai consumatori, come fondamentali, anche i diritti all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; b) integra le definizioni di “consumatore o utente”, di “professionista” e di “prodotto”, prevedendo il riferimento anche alle attività commerciali e artigianali; c) introduce la sezione IV-bis al capo I del titolo III della parte III del codice, denominata “Commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori” e abroga il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 190; d) stabilisce che la disciplina al commercio a distanza di servizi finanziari ai consumatori si applica anche nel caso in cui una delle fasi di esso comporti la partecipazione, indipendentemente dalla sua natura giuridica, di un soggetto diverso dal fornitore.
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Mediatore di Conflitti: una Nuova Professione Nasce anche in Italia la figura professionale del mediatore contro i conflitti che opererà all’interno delle Aziende. Quello del mediatore è un ruolo molto popolare e diffuso nei paesi anglossassoni; da qualche tempo anche in Italia si avverte l’esigenza di introdurre nelle Aziende un professionista in grado di gestire e risolvere i conflitti fra i dipendenti, nonostante al momento attuale manchi un riconoscimento giuridico a tale professione. Il mediatore aziendale deve essere dotato di buona cultura di base, deve avere
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news competenze interdisciplinari e doti analitiche per interpretare e risolvere situazioni critiche, determinate, in particolare, dalla mancanza di informazioni e di feedback nell’ambito aziendale. Inoltre, le situazioni di conflitto all’interno delle Aziende vengono spesso non considerate o trascurate. I casi più comuni riguardano problemi personali, scarsa comunicazione, discussioni con i colleghi. L’introduzione di questa nuova figura professionale, accanto alla formazione interna dei lavoratori, ha l’obiettivo di contribuire allo sviluppo economico delle imprese.
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Ospedali: le regole del libero mercato Il Parlamento Europeo ha chiesto che tutti i cittadini dell'Unione abbiano la possibilità di scegliere dove farsi curare e che venga garantita la stessa qualità di terapie alle medesime condizioni. La Corte Europea di Giustizia ha stabilito che ai servizi sanitari possano venire applicate le regole del libero mercato. Almeno sulla carta, quindi, l'Europa della Sanità è senza frontiere. I paesi membri, di fronte alla libera circolazione dei malati continuano ad esitare. Al centro delle perplessità vi è la disparità della qualità dei servizi sanitari fra i diversi Paesi. Inoltre, ai servizi sanitari è bene accedere senza troppi vincoli burocratici che sono invece inevitabili nei sistemi complessi, in cui si verrebbero ad aggiungere anche le divergenze linguistiche. Il servizio sanitario senza frontiere prevede comunque che i paesi di origine dei malati coprano almeno i costi equivalenti a quelli che dovrebbero affrontare se il paziente si facesse curare in patria, ma, ovviamente, questi costi sono sensibilmente diversi da paese a paese. Le Regioni più organizzate, di contro, accolgono questa iniziativa come un incentivo economico e una opportunità di visibilità per l'Italia, che si potrebbe proporre a meta di un turismo sanitario ricco, proveniente soprattutto dall'Inghilterra e dai Paesi nordici. Sarà quindi indispensabile che le singole aziende ospedaliere diventino sempre più competitive sia sul piano della qualità che sul piano dei costi.
Anno 2 Numero 1 Gennaio Febbraio 2008
news Un Distretto delle Costruzioni nel Lazio: un contributo alla competitività sul mercato nazionale ed internazionale La Presidenza del Sindacato Romano dei Dirigenti Aziende Industriali (SRDAI) attivo nelle Province di Roma, Frosinone, Rieti e Viterbo promuove la valorizzazione del settore delle costruzioni del Lazio, attraverso la costituzione di un ampio distretto. Il distretto vuole essere uno strumento efficace per aumentare l’innovazione, la ricerca e l’internazionalizzazione del settore, in collaborazione con le imprese ad esso collegate. Il presidente Cuzzilla spiega che si tratta di un piano che nasce dalla condivisione da parte del Sindacato della strategia avviata dal Presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, a favore della costituzione di nuovi Distretti Industriali. Il Lazio e la Provincia di Roma, in particolare, vanta una autentica leadership nell’intero settore delle costruzioni. Tale settore possiede nella Regione un sistema articolato di società di ingegneria a livello internazionale, prestigiose “stazioni appaltanti”, organismi dedicati nello specifico alla ricerca, all’unificazione, alla sicurezza, alle manutenzioni, a sistemi di qualità oltre ad imprese per le costruzioni e per la produzione di componenti, presenti peraltro anche nelle province. Il Distretto delle Costruzioni garantirà che tale settore aumenti il proprio impatto sul mercato nazionale ed internazionale con la conseguenza di favorire l’occupazione e di contribuire a migliorare la qualità e la sicurezza sul lavoro.
Per un distretto delle costruzioni nella provincia di Roma
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di Paolo F. Cannavò, Delegato presso la Federazione Europea dei Manager delle Costruzioni a Parigi; Vice Presidente del Sindacato Romano Dirigenti Aziende Industriali
Nel corso degli ultimi venti anni si è posta una particolare attenzione sui Distretti industriali, sulla loro genesi ed evoluzione, sul loro significato nel contesto economico e produttivo nazionale. Oggi si riconosce che l’ambito di elezione per attivare e consolidare queste realtà è quello regionale, e in effetti, un Distretto o un Sistema Produttivo Locale (SPL) in grado di cogliere una reale specificità produttiva di un territorio, contribuisce a migliorare subito l’occupabilità al suo interno, aumentando, in
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parallelo, la motivazione per l’impegno professionale e contribuendo a consolidare le economie delle singole aziende che lo costituiscono. Queste, a loro volta, si inseriscono in un processo virtuoso di crescita sui mercati nazionali e internazionali, generando - spesso - nuova occupazione nel Distretto e nel proprio “indotto”. Da questo quadro di riferimento si comprende come un Distretto configuri l’occasione di implementare da un lato la qualificazione professionale ad ogni livello e
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Paolo Cannavò - SRDAI
dall’altro la qualità dei prodotti, la tutela dell’ambiente e l’attenzione verso la sicurezza del lavoro. Dallo stesso quadro risultano subito evidenti anche le prospettive di ampliamento delle opportunità professionali in tutti i settori dei servizi. L’eccezionalità del Lazio nel settore delle costruzioni e dell’articolazione dell’intero processo costruttivo ed edilizio risalta in tutte le analisi economiche sulla realtà regionale, anche se spesso sfugge all’attenzione l’ampia stratificazione di imprese di costruzioni, di aziende per la produzione di componenti e sistemi, o quella delle società di ingegneria e delle aziende per il global service, anche di livello internazionale.
per approfondire www.clubdistretti.it; 24 ore del 27 gennaio 2007; Finanziaria 2006; “Sviluppo Lazio - Rapporto 2005 sull’economia del Lazio”; L.R. 19 dic 2001 N°36; www.federmanager.it; www.srdai.it
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Inoltre, sono presenti nel Lazio - e a Roma in particolare - numerose “stazioni appaltanti” oltre ad altrettanto numerose strutture centrali di organismi di analisi e ricerca determinanti nel settore. In questo ambito rientrano con una posizione significativa destinata a crescere nell’immediato futuro, tutte le componenti e le risorse - quali ad esempio il CNIM - riconducibili alla “Manutenzione”, ai “Sistemi di qualità” e alla cultura dei “Controlli” nel settore. Tali considerazioni hanno contribuito alla decisione del Sindacato Romano dei Dirigenti Industriali (SRDAI) - dopo una verifica dei presupposti oggettivi e soggettivi - a promuovere una iniziativa per la realizzazione di un “Distretto delle costruzioni” nella provincia di Roma, particolarmente orientata allo sviluppo economico, all’innovazione e all’ampliamento delle opportunità professionali a ogni livello. L’iniziativa ha aperto un dibattito e acceso un interesse reale negli organismi confindustriali del settore e nelle Istituzioni regionali.
LA CERTIFICAZIONE PER LA QUALITÀ: UNO STRUMENTO PER MIGLIORARE L’adozione di un Sistema di Gestione per la Qualità rappresenta una decisione strategica per ogni Azienda. L’obiettivo è quello di soddisfare le esigenze e le aspettative dei propri clienti attraverso una organizzazione efficace ed efficiente ottenendo sicuri vantaggi in termini di: • competitività • razionalizzazione dei costi • qualità dei servizi e/o prodotti offerti • crescita organizzativa Inoltre - last but not least - la Certificazione è un segno di civiltà.
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La valenza economica delle attività di Manutenzione è ulteriormente accentuata quando il Paese attraversa una fase di limitata espansione, presentandosi, in larga misura, come un paese “costruito”, per il quale, la conservazione dei mezzi di produzione e delle infrastrutture assume particolare rilievo
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