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Maintenance and Facility Management
in questo numero
Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale 70% - CNS/AC-ROMA - Prezzo di copertina: € 10,00
Anno 3 Numero 5/6 Settembre Dicembre 2009
Il CNIM augura un Sereno Natale e un felice Anno Nuovo Servizi CNIM 2010
Qualità delle Strutture Piano Casa e Riqualificazione del Costruito Sicurezza degli Impianti Valutazione dei Rischi da Interferenza
in evidenza L’Impegno per la Qualità dell’Abitare: Intervista agli Amministratori di Condominio
ISSN: 1971-1735
soci del CNIM ALTAIR IFM
GEOCONSULT
ANAS
GROMA
ASSISTAL
INARCASSA
AIPnD - Associazione Italiana Prove non Distruttive
MAPEI
AZIENDA USL 2 di LUCCA
NUOVO PIGNONE - GE ENERGY OIL & GAS
AZIENDA USL 3 di PISTOIA
RFI - RETE FERROVIARIA ITALIANA
CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano
ROMEO GESTIONI
COGNE ACCIAI SPECIALI
SAMI
CONFARTIGIANATO IMPIANTI
SIRAM - gruppo DALKIA
COMUNE di MODENA
SI.MA.V.
CONSIGLIO NAZIONALE dei GEOMETRI
TSI
EDISON
UNI - ENTE NAZIONALE ITALIANO DI UNIFICAZIONE
EFFECI
UNION KEY
ENI - Divisione AGIP
UNIONE NAZIONALE AMMINISTRATORI IMMOBILI
EURODEPURATORI
SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA
FONDAZIONE E.N.P.A.M.
VITROCISET
sommario Editoriale Francesco Paolo Branca Qualità dell’Abitare - Strutture
La Confedilizia ed il Piano Casa un’occasione da non perdere Paolo Pietrolucci - Presidente Confedilizia Lazio
Un’esperienza di Edilizia Residenziale Pubblica L’Ater della Provincia di Latina Salvatore Iovine - Responsabile servizio manutenzione zona “B” Ater Latina
La Manutenzione in Azienda: una Grande Occasione Un convegno organizzato da CNIM e CSPMI Emilia Romagna
Strutture Laboratoriali e Strumenti Metodologici per la Riqualificazione del Costruito
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Luciana Milazzo, Cherubina Modaffari - Università Mediterranea di Reggio Calabria Facoltà di Architettura, Dipartimento DASTEC (Arte Scienza e Tecnica del Costruire) Servizi CNIM 2010
Il tuo ascensore, il tuo impianto elettrico, l’acqua che bevi sono in regola con le norme? Qualità dell’Abitare - Impianti
L’Impianto Elettrico e il Rischio Elettrico: la Regola del “Buon Senso” come Fattore di Riduzione del Rischio
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Federico Guarnacci - Esperto di impianti di messa a terra CNIM
Sicurezza Impianti Elevatori: il Decreto 23.07.2009 Serena Liccardi, Giampiero Mercuri - CNIM
ACQUALITÀ: Controllo di Qualità delle Acque destinate al Consumo Umano (Rif.: D.Lgs. n. 31 del 02/02/2001)
La Verifica dell’Integrità delle Funi di un Ascensore: dalla Tavoletta di Legno all’Occhio Elettronico
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Aldo Canova - Dipartimento di Ingegneria Elettrica - Politecnico di Torino Francesco Ficili, Bruno Vusini - AMC Instruments spin off del Politecnico di Torino Qualità dell’Abitare - Normativa
DUVRI: uno Strumento per Migliorare la Prevenzione Francesco Catalano - ingegnere della sicurezza - LPC Ingegneria srl
“Abitare” la struttura ospedaliera
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Giuseppe Venditti - Sapienza Università di Roma Intervista agli Amministratori di Condominio
Intervista all’avvocato Filippo Cattaneo Marincola Dietro gli Eventi
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Maintenance and Facility Management Anno 4 Numero 5/6 Settembre Dicembre 2009
Direttore responsabile Lorenzo FEDELE Comitato Scientifico Paolo MORELLI
STRUTTURA ORGANIZZATIVA DEL CNIM Consiglio Direttivo Aurelio MISITI
Presidente Comitato Certificazione e Orientamento Culturale del CNIM
Camera dei Deputati, Sapienza Università di Roma, Presidente Onorario del CNIM
Maria Rosaria BONI
Marcello MAURO
Sapienza Università di Roma
Presidente Onorario del CNIM
Angelo CARRINO
Francesco Paolo BRANCA
ANAS
Sapienza Università di Roma, Presidente del CNIM
Roberto CIGOLINI
Piero TORRETTA
Politecnico di Milano
Presidente UNI
Duccio GHIDETTI
Presidente CEI, Vice Presidente del CNIM
ISPESL
Onorato HONORATI Sapienza Università di Roma
Ennio LAZZARO Ministero della Difesa
Michela POLA
Ugo Nicola TRAMUTOLI Adriano BIRAGHI Vice Presidente del CNIM
Francesco PITTONI Vice Presidente del CNIM
Alfonso FERRAIOLI Rappresentante Ministero per lo Sviluppo Economico
ATECAP
Giuseppe NARDONI
Giuseppe RUBRICHI
Rappresentante Ministero dell’Università e della Ricerca
AMA
Gian Piero PAVIRANI
Maria Teresa RUFFO
Rappresentante RFI
CONFAPI
Enrico COMELLINI
Bruno VENDITTI
Rappresentante CEI
Confartigianato
Elio BIANCHI
Responsabile di Redazione Serena LICCARDI Redazione Tecnica Roberto CUCCIOLETTA, Giampiero MERCURI Direzione e Redazione CNIM - Comitato Nazionale Italiano per la Manutenzione Via Barberini, 68 - 00187 Roma Tel. 06 4745340 / 42010534 - Fax 06 4745512 E-mail: ufficio.stampa@cnim.it - http://www.cnim.it Impaginazione e stampa EUROLIT, Roma - Tel. 06 2015137 - Fax 06 2005251 E-mail: eurolit@eurolit.it
Direttore Gestionale e Rappresentante UNI
Vitaliano FIORILLO Rappresentante Soci Ordinari
Lorenzo FEDELE Sapienza Università di Roma, Segretario Generale del CNIM
Il Comitato Nazionale Italiano per la Manutenzione è un ente senza fini di lucro costituito nel 1990, sotto l’alto Patrocinio del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, per promuovere la diffusione della cultura della Manutenzione.
Hanno collaborato per questo numero Francesco CATALANO, Aldo CANOVA, Francesco FICILI, Federico GUARNACCI, Salvatore IOVINE, Serena LICCARDI, Luciana MILAZZO, Giampiero MERCURI, Cherubina MODAFFARI, Paolo PIETROLUCCI, Giuseppe VENDITTI, Bruno VUSINI
Il CNIM considera una corretta e ben pianificata Manutenzione un elemento essenziale per migliorare la produttività e la competitività delle imprese. la qualità di vita e la sicurezza delle persone, la salvaguardia dell’ambiente e l’uso razionale dell’energia.
Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 5/2007 del 19.01.2007. La raccolta dei dati personali dei destinatari della rivista è effettuata nel rispetto delle vigenti leggi sulla privacy (Dlg. 196/2003) ed è finalizzata all’invio della pubblicazione e ad eventuali comunicazioni ad essa collegate.
Il CNIM è stato individuato nel 1999 (DM 16/12/99) come il soggetto che meglio può occuparsi di coordinare l’elaborazione di studi e ricerche nel campo della Manutenzione.
editoriale
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Presidente del CNIM
Le “Linee guida per la gestione sistematica della manutenzione degli edifici”, pubblicate l’ottobre scorso, sono la testimonianza del lavoro di un gruppo di studio e di ricerca attivato presso il CNIM cui hanno partecipato soci, aziende, associazioni ed enti coinvolti a vario titolo nel settore delle costruzioni. La guida è un contributo per l’impostazione e la gestione sistematica della manutenzione degli edifici e propone alcuni modelli gestionali per coloro che operano nel settore, pur nella considerazione che detta pubblicazione non possa essere ritenuta come standard di riferimento, costituisce tuttavia un primo orientamento per la progettazione del sistema di gestione della manutenzione dell’edificio, che, in considerazione delle sue peculiarità organizzative e di mercato, deve essere specificatamente adeguato e misurato per ogni singola organizzazione. È opportuno, ed anche assai gradito, soprattutto in occasione di un numero dedicato alla qualità dell’abitare, dare spazio alle testimonianze delle organizzazioni che più hanno creduto all’ opportunità di realizzare tale progetto e che hanno sottolineato la loro adesione anche attraverso un indispensabile contributo economico. Si riportano di seguito alcuni dei passaggi più significativi delle prefazioni alle linee guida dei rappresentanti di tali organizzazioni. Senza il loro impegno, la pubblicazione e la diffusione della guida non sarebbero state possibili. “È con grande soddisfazione che partecipo alla presentazione della presente pubblicazione che ha visto l’ATER di Latina impegnata fin dalle prime battute. (…). Una corretta gestione tecnica complessiva del patrimonio immobiliare esistente, non può esulare da una programmazione della manutenzione capace di garantire costantemente la piena efficienza degli edifici, affiancandosi ai saltuari e ormai sempre più scarsi finanziamenti pubblici per interventi di manutenzione straordinaria. La pianificazione degli interventi di manutenzione, atta a garantire l’ottimizzazione del ciclo di vita utile di un edificio e delle sue parti, la riduzione dell’impatto sull’ambiente, e la necessità di evitare i rischi del loro degrado anticipato e non previsto, costituiscono un insieme di obiettivi irrinunciabili per raggiungere concreta-
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di Francesco Paolo Branca
Maintenance and Facility Management
mente la sostenibilità nel processo edilizio e ottenere la conservazione delle risorse (…). In questo contesto, l’utilizzo del presente documento appare come il naturale strumento operativo di programmazione, affinché il rilevamento e la programmazione della manutenzione possa essere realizzato in modo organico e omogeneo nelle tre zone territoriali.” Claudio Lecce Presidente Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica della Provincia di Latina “C. Engineering ha accolto con entusiasmo la proposta CNIM di contribuire alla realizzazione delle “Linee guida” attraverso due collaborazioni professionali qualificate, perché con la propria organizzazione e le proprie risorse - in continuità di contenuto rispetto alle diverse trasformazioni ed evoluzioni dell’azienda - opera nel settore dell’ingegneria della manutenzione fin dalla metà degli anni ’80 (…). Negli ultimi anni da un lato le grandi infrastrutture civili hanno assunto una valenza industriale nella loro realizzazione - come mostrano le penetrazioni autostradali, i supporti per la logistica, le reti di distribuzione dei servizi, i centri per il commercio, le piattaforme intermodali - dall’altro si stanno affermando con alti tassi di sviluppo il “global service” e il “facility management”; in questo quadro le logiche operative e l’importanza strategica della manutenzione sono sempre più presenti e coincidenti nel mercato. Le stesse logiche della globalizzazione - ben evidenti in questo settore anche in Italia - favoriscono questo processo. Le competenze acquisite - riconosciute e rispettate su scala internazionale - costituiscono oggi per l’azienda una cultura condivisa e un’autentica vocazione.” Emilio Morganti Amministratore Delegato C.Engineering “Il tema della gestione sistematica della manutenzione degli edifici è un argomento di grande attualità ed in questo testo è trattato con una attenta analisi che tiene conto degli elementi relativi al valore patrimoniale, all’uso ed ai cambi di destinazione, ai responsabili delle operazioni ed alla durata nel tempo (...).
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editoriale “Linee Guida” che si connotano come strumento per il raggiungimento di elevati livelli di qualità della prestazione professionale in particolar modo di quella del Geometra che nella attività manutentiva e gestionale degli edifici è indiscusso tecnico per le diverse conoscenze relative alla misurazione, alla progettazione, alla realizzazione ed alla valutazione. Indiscussa è l’importanza del tema trattato, che ha visto il CNIM, organismo istituzionale, per la manutenzione in senso lato, di cui il nostro Consiglio è socio dal 1998, impegnarsi con la nostra collaborazione ad affrontare in modo organico il problema della manutenzione degli edifici e proporre le soluzioni su modelli industriali. Al Gruppo di Studio CNIM è rivolto il nostro grazie.” Fausto Savoldi Presidente CNGeGL - Consiglio Nazionale dei Geometri e Geometri Laureati “La valutazione ambientale dei prodotti si integra con la valutazione dell’impatto ambientale del settore delle costruzioni, utilizzando metodi di analisi che mirano a seguire un prodotto lungo la sua vita utile e a valutare effetti negativi e positivi sull’ambiente attribuibili al prodotto considerato. Gli edifici, il loro uso, la loro manutenzione e la loro gestione, rappresentano uno dei settori più importanti per una politica di salvaguardia dell’ambiente (...) Si viene quindi ad ampliare l’ambito valutativo dell’azione manutentiva che non solo dovrà prendere in considerazione le problematiche nel ciclo di vita, della manutenibilità ed intercambiabilità delle scelte tecnologiche, ovvero i requisiti di affidabilità, ma dovrà altresì anche valutare come la logistica di manutenzione potrà essere attuata e gestita affinché questa risulti esente da pericoli, prendendo in considerazione il fattore “sicurezza” (…). Si afferma così una nuova dimensione del “Progetto di manutenzione e prevenzione” che deve mirare a garantire la massima disponibilità dell’organismo edilizio in un processo di fidatezza che vede i requisiti così correlati: disponibilità/affidabilità/manutenibilità/sicurezza e ambiente = fidatezza.” Maurizio Alivernini Direttore Tecnico Combustibili Nuova Prenestina (CNP) “(…) In qualità di operatori nel settore edilizio, sensibili al miglioramento delle complesse attività tecnico - economiche che sono alla base di una corretta gestione immobiliare, abbiamo ade-
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rito all’iniziativa del CNIM, pur consapevoli che il contenuto del presente volume è da ritenere una delle prime indicazioni di base cui riferirsi per tentare di uniformare i modi di fare di quanti sono coinvolti nei processi manutentivi. Le difficoltà oggettive che si incontrano per poter correttamente svolgere l’impostazione, la conduzione ed il controllo dei servizi di manutenzione, sono sicuramente correlate ad un quadro legislativo/normativo complesso (e qualche volta confuso) ed alle scarse conoscenze relative sia al patrimonio da gestire (l’edificio e le sue parti), sia alle politiche e agli obiettivi di gestione che devono essere perseguiti. Un altro aspetto, non secondario, riscontrabile nella quotidianità, è la carenza di formazione e di competenze (specifiche e traversali) dei soggetti coinvolti, a vario titolo, nelle attività di manutenzione (…). Da qui l’opportunità di concorrere a realizzare e diffondere, anche con l’ausilio di validi basi di riferimento, quale questo volume può certamente rappresentare, la cultura nel mercato delle manutenzioni immobiliari.” Pasquale Salvatore Presidente Groma “(…) Dotarsi finalmente, nel campo della manutenzione degli edifici, di opportune metodologie di pianificazione strategica, costituisce un valido supporto all’attività di tutti i gestori di patrimoni immobiliari e può essere un elemento di incentivo per la ripresa dell’ economia del paese. Comprendere l’importanza di impiegare un management di qualità e processi innovativi nella manutenzione immobiliare, infatti, è l’inizio di una rivoluzione che deve portare il settore a colmare il gap di modernizzazione rispetto ad altri settori trainanti come l’industria e il commercio, in modo da trarne benefici in termini di sicurezza, razionalizzazione operativa, riduzione dei costi, flessibilità gestionale e semplificazione amministrativa (…). Ecco perché riteniamo questa pubblicazione uno strumento di lavoro indispensabile per tutti coloro che, come noi, operano nel campo immobiliare (...). Di notevolissimo interesse e utilità risulta, quindi, questa Guida, con l’aiuto della quale contiamo di proseguire, in maniera sempre più efficace ed efficiente, nel rinnovamento organizzativo e nell’innovazione dei processi che abbiamo avviato negli ultimi anni.” Paola Muratorio Presidente Inarcassa
Anno 3 Numero 5/6 Settembre Dicembre 2009
Qualità dell’Abitare - Strutture
La Confedilizia ed il Piano Casa un’occasione da non perdere
Paolo Pietrolucci Presidente Confedilizia Lazio
Piano casa e riqualificazione urbana; Piano casa e sicurezza; Piano casa e rilancio dell’affitto
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Il piano casa approvato dalla Regione Lazio in data 11\8\09, entrerà in vigore il 4\12\09. Dopo una prima fase di preoccupazione insorta a seguito del primo annuncio mediatico del piano casa da parte del Governo, la successiva concertazione emersa nella Conferenza Governo-Regioni e la lettura dei singoli testi dei piani casa regionali via via approvati, pur con le loro differenziazioni locali, hanno consentito di poter valutare le reali potenzialità introdotte dal Piano casa, cui si aggiungono organicamente le norme recentemente approvate dalla Regione Lazio relative al riutilizzo residenziale dei sottotetti (L.R. Lazio n. 13 del 16\4\09), e quelle più generali riguardanti il risparmio energetico. Per la prima volta in maniera compiuta si è scelto, con l’approvazione del Piano casa, di favorire il miglior utilizzo del patrimonio edilizio esistente rispetto alla realizzazione di nuove edificazioni, consentendo volumetrie premiali che potrebbero costituire elemento determinante per promuovere interventi di rinnovo\trasformazione del tessuto urbano degradato delle nostre città. La Confedilizia, con le oltre 200 sedi territoriali, può garantire capacità d’intervento diffuso sul territorio, tanto più utile in considerazione del fatto che i vari piani casa regionali differiscono, malgrado la struttura coerente, l’uno dall’altro. La Confedilizia, al fine di favorire l’affermazione del piano e delle opportunità ivi offerte ai proprietari di casa, ha raccolto intorno a sé collaborazioni d’eccellenza provenienti dalla professione e dall’Università perché possano apportare un contributo determinante di esperienza e qualità. Il piano casa, provvedimento straordinario introdotto con carattere di temporaneità per il rilancio del settore delle
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Maintenance and Facility Management
costruzioni (per ora è previsto una validità di appena 24 mesi), dovrà essere necessariamente trasformato in provvedimento strutturale per poter incidere sul rinnovamento e la valorizzazione del tessuto edilizio delle ns città. La Confedilizia intende svolgere un ruolo di garanzia e di rappresentanza affinchè tale normativa sia confermata, conosciuta ed apprezzata nelle sue potenzialità dalla proprietà immobiliare e si affermi quale strumento d’intervento per la riqualificazione urbana ed edilizia delle nostre città - compito arduo, ma non differibile, per evitare che il Piano casa, se mal usato, possa determinare il loro definitivo stravolgimento. Perché tali opportunità siano conosciute ed apprezzate e si trasformino in interventi ed investimenti è necessario avviare una campagna d’informazione e di sensibilizzazione dei proprietari di casa, siano piccoli proprietari che Enti, e degli stessi operatori del settore - ivi compresi i produttori di materiali edilizi. Occorre sviluppare un dibattito ed un confronto sui temi posti dalla sua applicazione coinvolgendo le associazioni di categoria e le amministrazioni locali, per favorire l’affermazione di un percorso virtuoso ed un utilizzo positivo delle norme. Obiettivi che hanno determinato l’incontro tra Confedilizia ed Università, la collaborazione con insigni firme di progettisti, l’attenzione alla ns iniziativa da parte di produttori di componenti edilizi di qualità, concordi tutti nella ricerca della ottimizzazione degli interventi e della maggiore qualità degli stessi. Gli strumenti tecnici d’intervento recentemente introdotti dalle nuove normative regionali del Lazio riguardano:
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Qualità dell’Abitare - Strutture -- ampliamento del 20% di edifici con volumetria max di 1000 mc (circa 350 mq di superficie tot); -- demolizione e ricostruzione: volumetria premiale fino al 40% della volumetria esistente; -- riutilizzo residenziale dei sottotetti - centro storico escluso (cui potrebbe aggiungersi l’istallazione di nuovi impianti di energia alternativa\pannelli solari, etc). A tali interventi sarebbe di grande interesse poter agganciare la realizzazione di involucri edilizi volti a favorire il risparmio energetico degli edifici. La collaborazione con l’Università consentirà di poter disporre di una maggiore capacità di prefigurazione, sia per gli interventi di ampliamento che per gli interventi integrati di valorizzazione delle coperture\sottotetti, costituendo un riferimento di grande utilità per valutare sia i risultati possibili sia i costi preventivi di massima. All’interno di questo quadro, la Confedilizia intende svolgere, oltre al ruolo di rappresentanza istituzionale, il compito di formazione e di indirizzo della domanda della committenza, nella determinazione delle scelte, nel raggiungimento degli obiettivi, nei rapporti con le amministrazioni locali, con i soggetti tecnici, con le imprese. I soci, oltre ai tradizionali servizi e consulenze Confedilizia, potranno contare su un servizio tecnico di assoluta fiducia e garanzia che li affiancherà lungo l’intero iter della realizzazione: dalle autorizzazioni comunali alle prime elaborazioni progettuali di fattibilità, dai rapporti con le maestranze fino all’opera compiuta. Le collaborazioni sottoscritte con professionisti e con ditte produttrici consentono di poter garantire non solo la qualità degli interventi, ma anche condizioni e costi concorrenziali riservati alla Confedilizia. Per gli interventi di ampliamento sono stati contattati, sulla base delle prime proiezioni pilota, ditte di prefabbricazione edilizia (legno, vetro\acciaio, etc) che hanno garantito con la sottoscrizione di convenzioni, non solo la qualità dei prodotti ma anche condizioni di miglior favore riservate a Confedilizia. Piano Casa e Sicurezza Sollevare il dubbio che le nostre case non siano sicure, è azione decisamente pericolosa, tanto più se ad evocarlo sono solo i rappresentanti di interessi di parte.
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Cogliere l’occasione di un cedimento di un edificio per rilanciare, sull’onda delle emozioni del momento, campagne a favore di interventi a tappeto con verifiche su tutti gli immobili, è azione demagogica quanto inutile (Vigna Iacobini\fascicolo di fabbricato). Intendiamo così sostenere che tutto è perfetto? Che nulla occorra? Che il problema della sicurezza dell’abitare non esiste? No di certo. Da sempre sosteniamo infatti che la sicurezza dell’abitare è un problema che interessa la proprietà; come del resto potrebbe non esserlo? Demagogia e strumentalizzazioni hanno tuttavia fin qui impedito di affrontare il problema della sicurezza dell’abitare, di stabilirne le modalità, le priorità, le urgenze, gli interventi possibili, le disponibilità finanziarie disponibili, etc. Fascicolo di Fabbricato: una Storia Finita Il fascicolo di fabbricato esce di scena bocciato da otto sentenze contrarie, TAR, Consiglio di Stato, Alta Corte (cui si aggiunge la recente impugnativa da parte del Governo del piano casa delle Regioni della Basilicata e del Lazio determinata dalla presenza dell’obbligo del fascicolo di fabbricato, con conseguente decisione da parte delle Regioni di stralciarne l’articolo lato, pena la sospensione del piano stesso). Rimane il problema, a cui la proprietà non è certo indifferente, di poter migliorare, ove occorra, la sicurezza dell’abitare. Molte norme sono state introdotte per adeguamento alle norme CEE per la messa in sicurezza degli impianti tecnici degli edifici. Ancora c’è molto da fare, naturalmente. Tuttavia proprio la vicenda del fascicolo di fabbricato, che si è trascinata per anni, insegna quanto siano stati vani i tentativi di introdurre d’obbligo procedure non necessarie, i cui costi venivano posti a carico dei soli proprietari di casa, o di procedure straordinarie che nulla apportano alla sicurezza, ma sono l’obiettivo delle pressioni esercitate di volta in volta da questa o quella categoria professionale. Quando saranno arginati tali tentativi, si potrà “finalmente” metter mano a programmi mirati su impianti edilizi e comparti urbani di maggior degrado. Ipotizzare - così si è tentato con il fascicolo di fabbricato - di imporre a tutti l’obbligo di accertamenti, con tempi
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Qualità dell’Abitare - Strutture serrati ed irrealistici, senza assumere la responsabilità di distinguere le priorità d’intervento ed i casi di maggior urgenza, ha di fatto impedito ogni altra iniziativa, pur possibile, lasciando casi di emergenze vivissime. L’attuazione del piano casa è occasione da non perdere sia per garantire condizioni di maggior sicurezza per le costruzioni che saranno interessate dal piano (vedi programmi urbani di demolizione e ricostruzione) attraverso procedure di controllo e collaudi attendibili, sia per delineare processi di gestione della manutenzione edilizia (tanto più necessaria in presenza di materiali edilizi “non tradizionali”). Poter garantire condizioni di sicurezza in caso di nuove costruzioni, poter contare sulla qualità ed attendibilità delle verifiche e dei collaudi, è assolutamente doveroso (L’Aquila docet). Introdurre interventi di monitoraggio sul patrimonio edilizio esistente è certamente auspicabile, ma tali interventi andranno attivati sulla base di priorità riconosciute e condivise, e sostenuti da incentivi e finanziamenti pubblici. Si potrà così, con animo meno inquieto, rivolgere l’attenzione e gli sforzi possibili ai casi di degrado edilizio ed urbano più urgenti (edifici sopraelevati, comparti urbani di edilizia spontanea, etc) indirizzando su di loro le risorse disponibili. L’onere della sicurezza dell’abitare, problema sociale di una società evoluta, non può essere scaricato sulla sola proprietà, ma necessita del concorso di investimenti e di risorse pubbliche; in caso contrario si otterrebbe, nel migliore dei casi, la sicurezza per le fasce di popolazione più abbienti, lasciando nella insicurezza i meno abbienti che di fatto vivono le condizioni di maggior degrado abitativo, condizioni che hanno motivato la richiesta degli interventi di messa in sicurezza. Individuazione sulla base della priorità dei casi più a rischio, piani d’intervento mirati e realistici, individuazione degli investimenti e degli incentivi possibili sono gli elementi necessari per passare dalla demagogia al buon governo della città per i cittadini. Piano Casa per il Rilancio dell’Affitto (stralcio resoconto Audizione Confedilizia: Commissioni Bilancio-Senato della Repubblica, Bilancio, Tesoro -Camera dei Deputati)
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Maintenance and Facility Management
Un’occasione per procedere finalmente ad un vero rilancio dell’affitto è giunta di recente dal piano per gli ampliamenti edilizi (il cosiddetto “piano casa”). Ebbene, nei sette mesi passati da quando la Confedilizia ha fatto le relative proposte, il mancato rilancio della locazione attraverso misure di incentivo fiscale ha fatto già sfumare circa 7 miliardi e mezzo di euro di interventi edilizi. È stato infatti nel marzo scorso - in occasione dell’annuncio da parte del Governo del piano casa - che la Confedilizia ha segnalato come in Italia vi siano fra i 700 e gli 800 mila immobili inabitabili (e quindi non affittabili) perché da ristrutturare o da rimettere in pristino, in gran parte situati nei centri storici. Ebbene, per effetto delle annunciate disposizioni del Governo in materia di edilizia, molti di questi immobili da ristrutturare avrebbero potuto essere destinati all’affitto a canoni agevolati, vale a dire stabiliti dagli accordi stipulati dalla Confedilizia in tutta Italia con i sindacati degli inquilini, come prevede la legge. Ma perché tali immobili venissero destinati alla locazione, occorreva restituire anche solo una minima redditività all’affitto, attraverso l’introduzione per i contratti di locazione agevolati di una cedolare secca del 18-20%. A sette mesi di distanza da quell’annuncio del Governo e da quelle osservazioni della Confedilizia, si può stimare che se anche solo 500 mila di quei 700/800 mila proprietari di immobili inabitabili avessero dato il via ad interventi di ristrutturazione, spendendo tra i 10 e i 20 mila euro per ciascun immobile - sarebbe stato pari a circa 7,5 miliardi di euro l’importo dei lavori ai quali avrebbe dato immediatamente luogo l’azione combinata di piano casa e cedolare secca sugli affitti. Lavori che sarebbero subito partiti e che avrebbero prontamente avviato la ripresa dell’economia, senza contare il gettito fiscale che sarebbe stato garantito allo Stato in termini di Iva e di altre imposte. Ora che gli effetti del Piano casa sono rimessi alle scelte regionali, la necessità di rilanciare la locazione non è comunque venuta meno e si è fatta anzi più urgente. L’introduzione della cedolare secca per i contratti agevolati che, secondo i calcoli dell’Ufficio Studi della Confedilizia, costerebbe all’Erario meno di 200 milioni di euro - contribuirebbe infatti ad aiutare tutte quelle famiglie che sono alla ricerca di immobili in affitto, magari quale via d’uscita da mutui già in essere ovvero quale alternativa all’accensione di nuovi mutui.
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Qualità dell’Abitare - Strutture Salvatore Iovine Responsabile servizio manutenzione zona “B” Ater Latina
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Un’esperienza di Edilizia Residenziale Pubblica L’Ater della Provincia di Latina
Un Po’ di Storia La nascita di enti preposti a risolvere il problema dell’abitazione per le classi sociali meno abbienti fu diretta conseguenza delle trasformazioni sociali in atto a partire dalla fine del secolo XIX; in particolare il fenomeno dell’industrializzazione e il progressivo inurbamento, determinarono lo spostamento di considerevoli masse di popolazione, in generale dalle campagne verso le città, e in particolare dal mezzogiorno verso le aree settentrionali del Paese. Tale effetto ebbe come conseguenza una rilevante diffusa emergenza abitativa. A partire dai primi anni del XX secolo, si rese necessario l’intervento regolatore dello Stato, nel settore dell’edilizia popolare ed economica. Nel 1903 si concretizzò l’atto legislativo decisivo, l’approvazione del progetto di legge presentato da Luigi Luzzatti, con il fine di agevolare la costruzione di case popolari. Il provvedimento legislativo interveniva sui soggetti potenzialmente coinvolti nell’edificazione di stabili di edilizia popolare, e si rivolgeva a cooperative, società di mutuo soccorso, enti ed istituti di beneficenza, banche, Monti di Pietà e Comuni, che si sarebbero potuti consorziare per dare vita ai futuri Istituti Autonomi per le Case Popolari (IACP), di cui inizialmente la legge non specificava comunque la natura giuridica ed economica. Con l’entrata in vigore del Testo Unico sull’Edilizia Popolare, il 27 febbraio 1908, vennero chiariti i fondamentali aspetti concernenti la vita ed il funzionamento dei nuovi soggetti incaricati dallo Stato di avviare sul territorio i programmi di sviluppo dell’edilizia popolare. Fu così stabilito che gli IACP sarebbero diventati degli enti morali pubblici alieni da ogni scopo di lucro e con la possibilità di effettuare operazioni di credito, istituiti con il contributo diretto dei comuni, delle casse di risparmio, delle banche ed anche di semplici privati cittadini, secondo un modello organizzativo a metà strada tra libera iniziativa privata e municipalizzazione. È curioso rilevare come, a distanza di
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circa un secolo, questo modello organizzativo sia stato riproposto, attraverso la trasformazione degli I.A.C.P. in enti pubblici economici che in alcune regioni hanno generato delle S.p.A. I primi Istituti Autonomi per le Case Popolari ad essere fondati furono quindi quelli delle grandi città, a partire da Trieste, Torino, Milano e Roma; a Latina la fondazione risale al 1939 allorché si sostituì all’Istituto Autonomo per le Case Popolari di Roma che sino al 1938 era il soggetto pubblico competente per territorio nel settore dell’edilizia abitativa. I Primi Passi L’immagine più significativa del vecchio ICP è rappresentata dal quartiere realizzato a Latina dall’Ing. Giuseppe Nicolosi, oggetto tra l’altro in questi anni di un rinnovato interesse, tanto che è stato inserito nel progetto di riqualificazione denominato “Contratto di quartiere II - Nicolosi - Villaggio Trieste” che ha come obiettivo una riqualificazione globale urbanistico-sociale. L’Istituto Case Popolari di Latina (allora Littoria), fu riconosciuto Ente Morale con Regio Decreto 28 settembre 1939. Il patrimonio dell’Ente fu composto dalle quote versate dall’Opera Nazionale Combattenti e dai Comuni di Cisterna, Fondi, Pontinia, Sabaudia, Terracina e dalle aree cedute dal Comune di Latina. In considerazione del particolare momento storico a ridosso della seconda guerra mondiale - l’attività dell’Ente all’inizio ebbe tra gli obiettivi principali la realizzazione di alloggi per le categorie meno abbienti sopratutto nel quadro della ricostruzione post-bellica. Conseguentemente vi fu una consistente produzione edilizia economica e popolare per soddisfare le gravi esigenze abitative nella Provincia e, a seguire, nel decennio 1960/70 furono introdotte tecniche costruttive più funzionali, utilizzando appositi finanziamenti disposti dalla ex Gescal delle quali una delle testimonianze più significative è il complesso edilizio costruito a Latina, via del Lido, ove
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Qualità dell’Abitare - Strutture 1
Figure 1-2. Quartiere Nicolosi - foto d’epoca
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sono stati realizzati ben 318 alloggi, che tuttora riscuote, per la qualità costruttiva e per la organica sistemazione, unanimi consensi. I Piani per la Casa A partire dagli anni ‘70 la realizzazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica assume il carattere di attività pianificata e non più sporadica e parcellizzata; il varo di leggi fondamentali destinate a disciplinare le complesse problematiche della casa e dei suoli, quali la legge
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Maintenance and Facility Management
865/71 di “riforma della casa”, la legge 513/77 e all’ancor più organica normativa di cui alla legge 457/78, hanno segnato il passaggio da una politica prevalentemente congiunturale ad una politica edilizia organica, con obiettivi di ampia portata supportati dall’utilizzo di consistenti risorse pubbliche. Diventa importante conseguentemente il reperimento di aree a basso costo per consentire la realizzazione non più di interventi puntuali, ma di interi nuovi quartieri, cosa resa possibile attraverso la legge 167 che ne ha consentito la realizzazione, seppure
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causando altri problemi di ordine prevalentemente sociale. La realizzazione di nuovi interventi costruttivi non è l’unico obbiettivo della normativa; sono disponibili, infatti, finanziamenti per il recupero edilizio di aree ed edifici degradati. Si ricordano, per la loro significatività urbanistica e sociale, le ristrutturazioni effettuate nei Comuni di Latina, per il quartiere Villaggio Trieste, e di Terracina per l’area portuale. È da rilevare che in questi anni si realizza quello che, ancora oggi, è il maggior numero di interventi edilizi. Su un totale di circa 7.700 alloggi che costituiscono il patrimonio complessivo della provincia di Latina, infatti, quasi 5.000 sono stai realizzati con le tre citate principali leggi di finanziamento, il che sta a significare che circa i 2/3 dell’attuale intero patrimonio sono stati realizzati in poco più di 15 anni, a cavallo tra il 1975 e il 1990.
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Caratteristiche del Patrimonio Il sensibile incremento e la varietà del patrimonio edilizio, hanno determinato il conseguente adeguamento delle soluzioni poste in essere per mantenere integra l’efficienza degli edifici. Occorre preliminarmente rilevare che, nel corso degli anni, le realizzazioni edilizie hanno mutato radicalmente le proprie caratteristiche. Se infatti i primi interventi costruttivi erano improntati a carattere di grande semplicità, il cui scopo era quello di accogliere rapidamente nuclei familiari che avevano visto il proprio alloggio distrutto dagli eventi bellici, già con la doppia edizione del piano Fanfani per la casa, gestito dall’INA Casa, è stata espressa una maggiore attenzione alla qualità architettonica. Furono definiti i requisiti minimi che dovevano possedere gli alloggi, fu interessata una fetta consistente, circa un terzo, dei liberi professionisti allora ope-
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Qualità dell’Abitare - Strutture biliti per numero e superficie. Tali prescrizioni, unite alle più stringenti norme generali che richiedono precisi standards in relazione al contenimento dei consumi energetici, all’illuminazione, alla visitabilità e utilizzabilità da parte delle persone diversamente abili, hanno fatto in modo che le differenze tra gli alloggi “popolari” e quelli di edilizia corrente abbiano visto sempre più limitate le differenze di dotazione. Gli edifici di edilizia residenziale pubblica sono dotati di impianto ascensore, autoclave, riscaldamento - inizialmente centralizzato, ma sempre più spesso con caldaia autonoma - e, quando previsto e necessario, di impianti antincendio e per la ventilazione forzata degli ambienti. Questa Figure 3-4. Modalità costruttive derivanti dalle leggi di pianificazione edilizia degli anni ’70 nei piani di zona “167” tecnologia impiantistica, sconosciuta nei tempi pionieristici dei vecchi IACP, se da un lato ha notevolmente migliorato ranti in Italia, attraverso l’indizione di concorsi, atti alla il comfort abitativo degli assegnatari, rendendolo simile, e formazione di uno specifico albo di professionisti. Gli ina volte superiore a quello delle residenze similari del merterventi fino ad allora realizzati erano comunque generalcato libero, dall’altro ha causato nuovi e più complessi mente caratterizzati da una grande semplicità costruttiva, problemi per quello che concerne il mantenimento in uso. il tipo edilizio era quello della piccola palazzina, al massimo di tre o quattro piani; lo schema strutturale comunemente utilizzato era quello della muratura portante o Mantenimento in uso del Patrimonio telaio in cemento armato con solai latero cementizi getTutti questi fattori hanno determinato profonde modifiche tati in opera, con assenza di balconi o di limitata entità; gli nella gestione manutentiva degli immobili di proprietà delalloggi generalmente non erano dotati di riscaldamento, l’Istituto che si è dovuto costantemente adeguare alle munon vi era l’impianto ascensore, non era necessario l’autate richieste sia in termini quantitativi che di caratteristitoclave e, a volte, mancava persino il portone principale di che di intervento. Inizialmente, per gli immobili realizzati a accesso alla palazzina. Le differenze rispetto alle succespartire dal primo dopoguerra, i lavori di manutenzione si lisive realizzazioni pianificate a partire dagli anni ’70 sono mitavano a sporadici interventi richiesti in massima parte considerevoli;a partire dalla legge 513/77, infatti, le caper ovviare a rotture delle tubazioni idriche, risolte attraratteristiche costruttive degli alloggi popolari sono norverso riparazioni di artigiani che provvedevano alla solumate nei minimi dettagli. Sono individuate le superfici mizione dei problemi prospettati. Non esisteva un apposito nime e massime degli ambienti interni, in relazione al nuufficio per la manutenzione edilizia e non erano state indimero di abitanti da insediare; i locali di servizio sono staviduate ditte di fiducia atte ad eseguire gli interventi. Con 4
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Figura 5. Comune di Latina: intervento di imminente inizio a beneficio di particolari categorie sociali
il progressivo aumento delle nuove costruzioni e con il contemporaneo invecchiamento del patrimonio edilizio esistente, sempre maggiori erano le necessità manutentive e, all’inizio degli anni ‘60, venne organizzato un apposito ufficio, con un unico addetto, che provvedeva a rilevare le necessità di intervento, generalmente prospettate dai medesimi assegnatari al momento del verificarsi del problema, ed organizzare l’intervento risolutivo con l’ausilio di piccole imprese locali ed artigiani. Addirittura, per un certo periodo, venne costituito all’interno dell’Ente un reparto di esecuzione dei lavori, composto da tre operai, la cui attività era principalmente dedicata a riparazioni idrauliche, spurghi fognari e riparazioni di impermeabilizzazione. Entrando nello specifico, si trattava di interventi manutentivi di “pronto intervento”, infatti, a causa delle limitate risorse disponibili non si poteva realizzare la programmazione degli interventi, e ci si limitava a risolvere il “guasto” al suo verificarsi. C’è da dire, comunque, che questi interventi, date le caratteristiche di semplicità degli alloggi, risultavano essere più che adeguati per garantire il migliore utilizzo da parte dei residenti. Ma è alle porte il periodo, iniziato a metà degli anni settanta, in cui il peso della manutenzione diventa molto più considerevole. Sempre mag-
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giori richieste vengono formulate all’Istituto: gli interventi non riguardano più unicamente spurghi e rottura di tubazione, ma interessano ascensori, intonaci, impianti di riscaldamento, pavimentazioni, manutenzione di spazi a verde e condominiali, un tempo inesistenti, ma ora parte integrante dei nuovi edifici. L’adeguamento normativo, inoltre, - ad esempio la ex legge 46/90 - impone massicci interventi indispensabili a migliorare la sicurezza delle abitazioni. Diventa importante rivolgersi ad una platea di operatori variegata e specializzata nella manutenzione. L’ufficio manutenzione viene potenziato e conta su una mezza dozzina di unità che mantiene il ruolo di verifica delle richieste di intervento e provvede a ordinare e controllare i lavori a ditte di fiducia che gradualmente sono cresciute insieme all’Istituto. Per quello che concerne gli impianti termico centralizzato, ascensore ed autoclave, si sperimenta la possibilità di appaltare i servizi manutentivi per zona territoriale, in modo da omogeneizzare gli interventi e renderli più economici attraverso un unico interlocutore per ogni zona. Anche la manutenzione edilizia a partire dalla fine degli anni ‘80 è strutturata attraverso lo scorporamento in appalti territoriali con la suddivisione del patrimonio edilizio provinciale in cinque aree ciascuna facente
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Qualità dell’Abitare - Strutture riferimento ad un unico assuntore dei lavori esterno e ad un team di direzione lavori interno. In questo periodo il vero nodo del problema è rappresentato dalla necessità sempre più sentita di effettuare lavori manutentivi che travalicano i minuti interventi e che riguardano la rimessa in efficienza globale dell’edificio; la manutenzione straordinaria diventa un’esigenza inderogabile e la sua assenza determina un maggior peso per la manutenzione di pronto intervento che non può comunque sopperirvi, perché l’Istituto, che deve fare i conti per il suo sostentamento con i modesti canoni di affitto stabiliti per legge, non può affrontare unicamente con le sue risorse i pesanti oneri derivanti da estesi lavori di rimessa a nuovo. D’altro canto, la mole degli interventi quotidianamente necessari inizia a diventare considerevole con un impegno finanziario sempre più elevato è indispensabile individuare nuove soluzioni per ridurre il peso della manutenzione di pronto intervento in luogo di forme di manutenzione di più ampie vedute, che garantiscano un “investimento” nel tempo degli interventi effettuati, e non già una soluzione giocoforza temporanea. Altro problema è quello relativo alla gestione tecnica della manutenzione; in questa fase, la maggior parte del tempo dell’attività lavorativa degli operatori viene destinata alla verifica preliminare delle istanze prodotte, al conseguente ordine e contabilizzazione “a misura”dei lavori con un eccessivo dispendio di energie sia finanziarie che organizzative, con il risultato che il costo degli addetti finisce per essere rilevante rispetto al “valore” prodotto dai lavori di manutenzione. Sono però alle porte, fortunatamente, anche soluzioni adeguate. Già la legge 457/78 e, più specificamente la n. 179/92 hanno individuato, tra gli interventi pubblici da eseguire, non solo la realizzazione di nuovi interventi, ma hanno dato finalmente spazio - e risorse - per la manutenzione straordinaria degli edifici. A partire dagli anni anni ‘90, pertanto, la manutenzione straordinaria è diventata un’attività non più sporadica, ma inserita nei programmi biennali di intervento finanziati a seguito della già citata legge n. 457/78, e ha consentito l’apertura di un apposito ufficio, con il compito di trasformare in progetti di recupero i finanziamenti pubblici destinati allo scopo. Per quello che concerne l’ottimizzazione delle attività di manutenzione di pronto intervento, si affacciava alla ribalta la possibilità di affidare ad un unico gestore esterno tutta la manutenzione di una
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vasta area. Il concetto di “global service” diventava realtà attraverso l’affidamento, a seguito di specifica gara d’appalto, della manutenzione ordinaria di tutto il patrimonio immobiliare situato a sud del comune di Terracina, per una consistenza di circa un terzo dell’intero patrimonio provinciale. Le mutate scelte politiche nazionali del periodo, insieme alla generale scarsità di risorse pubbliche disponibili, (ricordate la svalutazione galoppante della lira e la finaziaria “lacrime e sangue” del ‘92?) producono con la legge finanziaria n. 560/93 l’effetto per gli I.A.C.P. di reperire nuovi canali di finanziamento, sia per la realizzazione di interventi costruttivi, che per la realizzazione di programmi di recupero e manutenzione, attraverso la vendita di parte del patrimonio immobiliare. Tali cambiamenti non modificano le politiche di manutenzione dell’Istituto, che continua ad “investire” nella manutenzione straordinaria, attraverso i richiamati proventi derivanti dalla vendita degli alloggi, oltre che da specifici finanziamenti regionali, sebbene non più inseriti in una programmazione organica quale era quella disciplinata con la precedente normativa. Tuttavia si sente l’esigenza di un ulteriore passo in avanti; se da un lato gli interventi di manutenzione straordinaria rinnovano in modo profondo gli edifici e dall’altro la manutenzione di pronto intervento garantisce la soluzione dei “guasti” improvvisi, si avverte la necessità di effettuare una nuova forma di manutenzione; programmare con regolarità cioè alcuni interventi manutentivi di media entità, con il duplice effetto di “prevenire” per quanto possibile i guasti improvvisi e intervenire in modo più esteso nel frattempo che venga completato l’iter tecnico-burocratico per l’ottenimento del finanziamento per la manutenzione straordinaria; interventi di questo genere hanno inoltre l’ulteriore vantaggio di diminuire il costo complessivo degli interventi straordinari, in quanto “prevengono” la decadenza e l’ammaloramento delle parti soggette ad usura. Si tratta della manutenzione “programmata” che per poter essere validamente realizzata ha bisogno, però, della minuziosa conoscenza dello stato d’uso del patrimonio immobiliare. Questa è storia degli ultimi mesi;un modo per accertare compiutamente lo stato d’uso del patrimonio immobiliare può essere quello di realizzare il “fascicolo del fabbricato” che, sebbene non richiesto dalla normativa vigente, è di valido aiuto alla programmazione degli interventi. I risultati della sua esecuzione, effettuata sperimen-
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Qualità dell’Abitare - Strutture talmente su un limitato campione di immobili, ha dato esito positivo, seppure con sovrabbondanza di notizie. Alla ricerca di ulteriori sistemi per la programmazione organica di interventi di manutenzione programmata, l’Azienda ha inoltre aderito al progetto, per la redazione di “Linee guida per la gestione sistematica della manutenzione degli edifici”, che già sta destando interesse in ambienti anche esterni all’Ater. Nel frattempo, la gestione ordinaria della manutenzione, in regime di global service è stata estesa all’intero patrimonio edilizio ed a seguito di un completo monitoraggio del patrimonio, è stato lanciato un consistente piano - il primo nella storia dell’Ente - di manutenzione programmata, che andrà ad interessare più di venti interventi per un impegno economico di circa tre milioni di euro, e che riguarderà essenzialmente, il rifacimento di impermeabilizzazioni, il ripristino di prospetti esterni, il rifacimento di reti di smaltimento delle acque reflue e il risanamento di elementi strutturali degradati, oltre ad intervenire dove siano stati individuati potenziali pericoli per gli utenti. Le Nuove Funzioni Con la legge regionale n.30/2002 il legislatore ha provveduto a disciplinare il nuovo ordinamento degli enti regionali operanti in materia di edilizia residenziale pubblica; la riforma degli IACP che divengono, o per meglio dire ritornano ad essere Enti pubblici economici, strumentali della Regione dotati di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale, finanziaria e contabile. Il nuovo soggetto è denominato Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica (Ater) ed ha la competenza su tutto l’ambito territoriale provinciale che comprende 33 Comuni. L’intento di fondo dell’Ater è quello di promuovere un tipo di organizzazione e di funzionalità che assicurino prestazioni adeguate agli standard di una moderna impresa di servizi. Il fine è quello di un sempre più marcato rigore gestionale ed una sempre più efficiente organizzazione produttiva garantendo la migliore qualità dei complessi abitativi. L’Azienda, fin dall’inizio, ha inteso svolgere completamente i nuovi compiti assegnati, che affiancano alla costruzione e gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata, l’acquisto di immobili, progettazione di programmi integrati e di recupero urbano, realizzazione di interventi di social housing, e attività di promozione e consulenza.
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In questa ottica, la partecipazione al gruppo di studio promosso dal CNIM per la redazione di un documento utile alla gestione sistematica della manutenzione degli edifici, riveste una notevole importanza per il raggiungimento di sempre più alti livelli di qualità di servizio offerti all’utenza. Il mantenimento di un patrimonio immobiliare di circa 8.000 alloggi, diversi per tipologia, legge e anno di costruzione, dotazione, morfologia e ubicazione, richiede un quotidiano sforzo e una organizzazione attenta e preparata ad affrontare, spesso in tempi strettissimi, le problematiche manutentive. Per migliore l’efficacia della propria azione, l’Azienda, ormai da tempo, ha deciso di affidare il servizio di manutenzione di pronto intervento in regime di global service, ad un soggetto esterno che garantisce 24 ore al giorno e 365 giorni all’anno la soluzione ai problemi manutentivi improvvisi, mediante una semplice chiamata telefonica su numero verde. Parallelamente, una corretta gestione tecnica complessiva del patrimonio immobiliare esistente, non può esulare da una programmazione della manutenzione capace di garantire costantemente la piena efficienza degli edifici, affiancandosi ai saltuari e ormai sempre più scarsi finanziamenti pubblici per interventi di manutenzione straordinaria. La pianificazione degli interventi di manutenzione, atta a garantire l’ottimizzazione del ciclo di vita utile di un edificio e delle sue parti, la riduzione dell’impatto sull’ambiente, e la necessità di evitare i rischi del loro degrado anticipato e non previsto, costituiscono un insieme di obiettivi irrinunciabili per raggiungere concretamente la sostenibilità nel processo edilizio e ottenere la conservazione delle risorse. Le azioni già poste in essere dall’Azienda allo scopo si sono concretizzate nella suddivisione del territorio provinciale in tre zone con tre gruppi di lavoro che monitorano costantemente lo stato dei fabbricati e elaborano proposte di intervento preventive graduando le necessità di intervento. La più alta attenzione viene riposta - infine - alla costante formazione del personale, la risorsa principale e più preziosa per il raggiungimento degli obiettivi prefissi. Bibliografia - Iovine S., “L’evoluzione del progetto nell’edilizia residenziale pubblica in Italia”, Sapienza Università di Roma, tesi di laurea, 1990 - Siti Internet: ALER Milano, ATER Latina, casadellarchitettura.eu, Federcasa
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La Manutenzione in Azienda: una Grande Occasione Un convegno organizzato da CNIM e CSPMI Emilia Romagna
Come si trasforma la crisi economica in un’opportunità di cambiamento? Si può fare affidamento sulle altalenanti notizie che giungono dai mass-media?
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Cosa ci attende nel prossimo triennio?
Il 28 Settembre 2009 queste ed altre domande sono state oggetto di confronto a Cesena presso il Centro Servizi Piccole e Medie Industrie in cui responsabili tecnici del CNIM hanno messo a disposizione esperienze e casi di studio e hanno avuto il piacere di incontrare responsabili manutenzione, responsabili produzione, capi reparto, titolari, responsabili sicurezza e responsabili qualità. Nessuno ha la presunzione di fornire ricette o stabilire delle linee guida o delle direttive anti-crisi. Tuttavia, è certo - e lo si rileva quotidianamente in attività di studio, ricerca e confronto con il mondo industriale che la scelta più opportuna è sempre quella di impegnarsi per migliorare l’efficienza e la produttività della propria azienda. Troppo spesso le piccole e medie industrie si limitano ad attuare interventi di manutenzione di pronto intervento volti esclusivamente al recupero di funzionalità dei beni strumentali. Fare manutenzione permette di conservare a lungo il valore e le prestazioni dell’impresa, dilatare i tempi produttivi e abbattere i costi del singolo prodotto. Programmare e schedulare la manutenzione significa porre in essere attività che abbiano come fine: la sicurezza, la qualità di vita, l’utilizzo razionale delle risorse. Tutto ciò in un’ottica di piena responsabilità nei confronti
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La presentazione CNIM al Convegno di Cesena
dell’ambiente e dei luoghi di lavoro, senza dimenticare che la manutenzione è anche un’attività strategica per perseguire obiettivi di budget. La manutenzione non è da intendersi solo come attività di difesa del valore dei beni immobili e impiantistici, ma anche di miglioramento e opportunità per ottenere, senza ingenti investimenti, una maggiore economicità di gestione.
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Qualità dell’Abitare - Strutture Luciana Milazzo Cherubina Modaffari Università Mediterranea di Reggio Calabria Facoltà di Architettura, Dipartimento D’ASTEC (Arte Scienza e Tecnica del Costruire
Strutture Laboratoriali e Strumenti Metodologici per la Riqualificazione del Costruito
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La necessità di un miglioramento della qualità edilizia esistente richiede interventi caratterizzati da attività, apparentemente, diverse tra loro, quali: il monitoraggio, la diagnostica, la manutenzione, la riqualificazione, il retrofit energetico. La programmazione e il controllo delle funzioni tecnologiche ed energetico - ambientali, nelle diverse tipologie di recupero del costruito, richiedono rapporti tecnici dettagliati sulla consistenza quantitativa e qualitativa dell’edificio (prestazioni residue, degradi e dissesti) che permettano di definire azioni correttive opportune. In risposta a tali esigenze, metodologie di supporto per il controllo in progress dell’intervento di riqualificazione dell’esistente potrebbero essere elaborate all’interno di strutture “laboratoriali” dedicate, come quelle oggetto della ricerca PRIT dal titolo “Sistemi e metodologie per il monitoraggio ambientale e tecnologico negli interventi di riqualificazione” (Fondi ricerche d’ateneo 2004, Programmi di ricerca scientifica di rilevante interesse territoriale, responsabile scientifico Prof. Arch. Attilio Nesi, coordinatore operativo Prof. Arch. Francesco Bagnato), di cui si propone una sintesi.
Inquadramento della Problematica Generale Attualmente, si riscontra una forte attenzione della letteratura scientifica sulle problematiche inerenti la messa a punto di strumenti di supporto allo sviluppo della fase diagnostica, individuando alcuni punti critici. Per esempio, nel campo della conoscenza preliminare dell’oggetto edilizio e della formalizzazione della diagnosi, lo sviluppo di procedure di input e di output è fondamentale per razionalizzare e guidare la fase del rilievo preliminare e per rendere corretta ed esaustiva la formalizzazione della diagnosi stessa. La strutturazione delle conoscenze disciplinari, con il contributo di una diffusione organizzata delle esperienze, permette di rendere oggettive le basi di giudizio. L’introduzione di mezzi di supporto, per l’interpretazione diagnostica, la strutturazione delle conoscenze e delle esperienze maturate nel settore della patologia edilizia, consente di rendere maggiormente comprensibili e accessibili i risultati agli operatori. Inoltre, con l’emanazione dei Decreti Legislativi 192/2005 e 311/2006 e la recente divulgazione delle Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici (Decreto Ministeriale del 26 Giugno 2009), il processo diagnostico, inserito nel contesto stesso di applicazione dello
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strumento della certificazione energetica per gli edifici esistenti, consente l’acquisizione, mediante rilievi diretti, di dati specifici sulle prestazioni energetiche dell’involucro edilizio. L’elaborazione della diagnosi può fornire indicazioni preliminari per la riqualificazione energetica dell’edificio esaminato, da integrare alle opere di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione edilizia, in modo da ottenere il maggior risparmio energetico nella maniera più economica possibile. Pertanto, l’obiettivo generale della presente ricerca è stato quello di organizzare un laboratorio, accreditato a svolgere attività di supporto per la riqualificazione tecnologica e ambientale dell’esistente (Figura 1), rivolto a soggetti pubblici e privati, a fronte di una carenza di strutture di appoggio, nel contesto territoriale di riferimento, per figure professionali ed enti che intendono gestire in qualità la propria attività lavorativa e il proprio patrimonio edilizio. L’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, la Facoltà di Architettura e il Dipartimento DASTEC sono stati individuati come i principali referenti delle attività del laboratorio, classificabili secondo tre aree di lavoro prioritarie: Ricerca e Innovazione, Servizi alle Imprese, Formazione (Figura 2).
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Qualità dell’Abitare - Strutture
Figura 1. Articolazione metodologica della ricerca
Gli Strumenti Metodologici del Laboratorio I protocolli per lo sviluppo del progetto di diagnosi e per la progettazione e il controllo dell’intervento di riqualificazione edilizia si riferiscono all’esperienza di ricerca condotta, nell’ambito del monitoraggio del costruito, dall’unità operativa STOA (Dip. DASTEC, Università Mediterranea di Reggio Calabria, coordinata dal Prof. A. Nesi), che ha prodotto il Manuale del recupero (Nesi A., a cura di, NTL Normativa tecnica locale per il progetto dell’esistente premoderno. Guida e controllo tecnico delle azioni di recupero nei centri storici minori della Calabria, Gangemi, Roma, 2002), uno strumento articolato in tre sezioni (“Codici di pratica”, contenenti un “Piano programma di conoscenza” regionale dei centri rilevati, un sistema di “Protocolli” diagnostici e valutativi e una “Normativa tecnica locale”) in grado di guidare e controllare il comportamento di progettisti, esecutori e amministratori. Gli strumenti, inoltre, prendono come riferimento normativo le UNI 11151/2005, Processo edilizio - Definizione delle fasi processuali per gli interventi sul costruito (norma quadro che definisce le fasi processuali degli interventi sull’esistente), UNI 11150/2005, Edilizia, Qualificazione e controllo del progetto edilizio per gli interventi sul costruito (tratta i criteri generali, la terminologia, la definizione del documento preliminare alla progettazione, la pianificazione della progettazione, le attività analitiche e lo
Figura 2. “Laboratorio per il monitoraggio ambientale e tecnolgico per gli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente”, schema generale
Nello specifico, tra i Servizi alle imprese, sotto forma di consulenza, sono state messe a punto delle metodologie (protocolli, obiettivo specifico della ricerca) per il controllo della diagnosi, del progetto di riqualificazione e dell’efficacia dell’intervento sul patrimonio edilizio esistente, anche in chiave energetico - ambientale.
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Figura 3. Schema generale “Protocollo per lo sviluppo del progetto di diagnosi”
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Qualità dell’Abitare - Strutture sviluppo e il controllo della progettazione degli interventi di riqualificazione), UNI 11150-4/2005, Sviluppo e controllo della progettazione degli interventi di riqualificazione (fornisce indicazioni per lo sviluppo e il controllo del progetto di riqualificazione del costruito al committente, al progettista e ad altri eventuali organismi). Il protocollo per lo sviluppo del progetto di diagnosi si configura come strumento di supporto per la formazione della domanda di riqualificazione (individuazione della categoria di intervento più opportuna), rispetto alla legislazione e alle normative tecniche nazionali e locali vigenti, ed è articolato in due step procedurali (Figura 3). Il primo step contiene la Procedura di rilievo preliminare della preesistenza, caratterizzata da tre livelli di analisi, attraverso i quali è possibile costruire il Report di I livello, che raccoglie dati caratterizzanti l’Anagrafe identificativa e funzionale (schede informative riguardanti l’identificazione, la localizzazione, le caratteristiche dimensionali; la destinazione d’uso, le unità ambientali, la tipologia di utenza) e l’Anagrafe tecnica (schede informative riguardanti l’identificazione delle unità tecnologiche e degli elementi tecnici, la composizione materiale, le caratteristiche fisiche e meccaniche, l’efficienza energetica) dell’edificio esaminato. Il secondo step comprende la Procedura di definizione dello stato di conservazione della preesistenza e delle cause di degrado, caratterizzata da un quarto livello di analisi, (prediagnosi e formulazione della diagnosi), mediante il quale strutturare il report di II livello, che riunisce dati utili per implementare l’Anagrafe tecnica dell’edificio esaminato, tramite schede informative di diagnosi (patologie riscontrate, cause ed eventuali correttivi). Per ogni step procedurale e per ogni livello di analisi sono state proposte guide di supporto (allegati operativi di indirizzo per l’indagine), metodologie di rilievo (procedure di riferimento per il rilievo preliminare), tipi di valutazione (criteri e strumenti per operare verifiche parziali durante l’acquisizione dei dati), indicatori (dati generali e locali relativi al contesto d’indagine) e fonti (riferimenti disponibili, come manualistica e letteratura tecnica), ai quali attingere per la restituzione dei report di primo e secondo livello. Il protocollo per lo sviluppo e il controllo del progetto di riqualificazione del costruito serve a guidare e controllare le azioni di progettazione e le fasi di esecuzione e
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gestione dell’opera, in merito alla valutazione della fattibilità esecutiva e dell’affidabilità dei prodotti finali. La base di partenza è rappresentata dal contenuto delle schede dell’anagrafe tecnica, che permettono di individuare la categoria d’intervento più opportuna (Figura 4), sulla base degli elementi coinvolti e degli interventi ammessi, con riferimento alla classificazione fornita dalla Legge 5 agosto 1978, n. 457, Norme per l’edilizia residenziale, Art. 31 Definizione degli interventi.
Figura 4. Schema generale “Protocollo per lo sviluppo del progetto di riqualificazione edilizia” - individuazione categoria d’intervento
Figura 5. Schema generale “Protocollo per lo sviluppo del progetto di riqualificazione edilizia” - step procedurali
Con riferimento agli aspetti caratterizzanti l’intervento di riqualificazione edilizia, relativamente alle fasi di metaprogettazione, di progettazione, di realizzazione e di gestione dell’opera, sono stati definiti tre step procedurali
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Qualità dell’Abitare - Strutture (Figura 5), ognuno dei quali è stato strutturato con riferimento alle categorie d’intervento manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia. Lo step 1 sulla valutazione della compatibilità tra soluzioni costruttive e dati del contesto, consente, ai fini della risoluzione di problematiche specifiche emergenti dalla diagnosi, l’individuazione degli obiettivi e la definizione metaprogettuale delle soluzioni costruttive compatibili, sulla base di una valutazione prestazionale (con il supporto scientifico/informatico fornito dal Laboratorio Materiali per l’Architettura, LaMA - DASTEC), che comprende anche la stima dell’efficienza energetica. Lo step 2 sulla valutazione degli aspetti progettuali e gestionali dell’opera consiste nell’organizzazione delle fasi progettuali (preliminare, definitivo, esecutivo), con predisposizione dei relativi elaborati tecnici (elaborati grafici e capitolati, riferiti ai requisiti di integrabilità, fruibilità, benessere, risparmio energetico) e nell’acquisizione di informazioni utili (riferite ai requisiti di affidabilità, manutenibilità e durabilità) per la programmazione della manutenzione dell’opera recuperata (piani di manutenzione,). Lo step 3 relativo alla validazione del progetto esecutivo e valutazione degli aspetti realizzativi dell’opera, consente, sulla base del contenuto del progetto esecutivo, di individuare eventuali approfondimenti d’indagine, contestuali all’apertura del cantiere, di procedere con la validazione del progetto esecutivo stesso, ai sensi dell’art. 46 e 47 del DPR 554/99, e di verificare la cantierabilità del progetto di riqualificazione, per la definizione del piano di sicurezza e di coordinamento e dei documenti ed elaborati tecnici, che definiscono il cronoprogramma dei lavori. Analogamente al protocollo di diagnosi, per ogni step procedurale, relativamente alla categoria d’intervento esaminata, sono state proposte guide di supporto (allegati operativi e di indirizzo per il progetto), metodologie di valutazione (procedure di riferimento per la definizione preliminare della soluzione progettuale), tipi di valutazione (criteri e strumenti per operare verifiche parziali durante l’elaborazione dei dati), indicatori (dati generali e locali relativi alla categoria d’intervento e all’oggetto della valutazione) e fonti (riferimenti disponibili, come manualistica e letteratura tecnica, arricchiti dai risultati dell’applicazione del protocollo di diagnosi), utili per l’elaborazione del progetto di manutenzione/riqualificazione.
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I Risultati ottenuti dalla Sperimentazione La verifica sperimentale dei protocolli si è concretizzata mediante l’applicazione a un caso studio reale, la scuola elementare Giosuè Carducci (Figura 6) gestita dall’amministrazione comunale di Reggio Calabria, sita nella zona nord del centro storico della città di Reggio Calabria. La costruzione dell’edificio, su progetto dell’architetto Camillo Autore, risale agli anni 20 (epoca della ricostruzione seguita al terremoto del 1908). L’edificio, caratterizzato da una tipologia architettonica “a corte”, si sviluppa in altezza su tre livelli, di cui uno parzialmente interrato; la struttura portante è in calcestruzzo armato, con tamponature collaboranti in mattoni pieni e forati. Nel 2004, è stato sottoposto ad un complesso intervento di adeguamento e riqualificazione funzionale e tecnologico.
Figura 6. Scheda grafico - descrittiva caso studio esaminato, scuola elementare Giosuè Carducci, Reggio Calabria
La verifica sperimentale del protocollo per lo sviluppo del progetto di diagnosi, ha prodotto la classificazione dei dati specifici, ottenuti, per ogni livello di analisi, che si concretizzano in un insieme di schede riepilogative di accompagnamento ai risultati ottenuti durante l’indagine precedente (Figura 7), utili per rendicontare la situazione esistente. Dalla valutazione dei dati ottenuti, sono emerse delle considerazioni utili per l’adeguamento delle prestazioni in essere dell’involucro edilizio esistente, con una particolare attenzione alla redistribuzione degli spazi interni e alle dotazioni impiantistiche, rispetto agli obiettivi generali definiti dall’introduzione dei nuovi standard normativi, in materia di sicurezza e risparmio energetico, senza, tuttavia, modificare i caratteri morfologici dell’edificio esaminato.
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Qualità dell’Abitare - Strutture Dalla sperimentazione sono emersi i seguenti risultati: con riferimento al protocollo di diagnosi, è stato osservato che i dati ottenuti sono utilizzabili per la costruzione di sistemi informativi per la manutenzione e procedure di certificazione e diagnosi energetico - ambientale dell’esistente, secondo i contenuti applicativi delle Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici.
Figura 7. Scheda grafico - descrittiva di riepilogo dei risultati ottenuti dall’applicazione del Protocollo di diagnosi
La verifica sperimentale del protocollo per lo sviluppo e il controllo del progetto di riqualificazione del costruito ha consentito l’individuazione della categoria d’intervento (ristrutturazione edilizia), attraverso la definizione del livello prestazionale residuo dell’edificio esaminato, illustrato con il report di II livello, derivante dall’applicazione del protocollo di diagnosi. La verifica sperimentale è consistita nella simulazione del confronto tra gli interventi ammessi dalla categoria d’intervento individuata e gli obiettivi definiti all’interno del Documento preliminare alla progettazione, che ha permesso la pianificazione della progettazione, sviluppata attraverso l’applicazione degli step procedurali (Figure 8, 9 e 10) interni al protocollo (step 1 valutazione della compatibilità, step 2 gestione dell’opera, step 3 valutazione della cantierabilità,).
Figura 9. Progetto definitivo - Protocollo di riqualificazione edilizia, Step 2 Gestione dell’opera
Figura 10. Progetto esecutivo - Protocollo di riqualificazione edilizia, Step 2 Gestione dell’opera
Figura 8. Progetto preliminare - Protocollo di riqualificazione edilizia, Step 2 Gestione dell’Opera
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Per quel che riguarda il progetto di riqualificazione, si è riscontrato che i dati ottenuti dall’applicazione del protocollo sono utilizzabili all’interno di strumenti di supporto decisionale per la redazione di documenti preliminari alla progettazione e di pianificazione delle fasi progettuali (preliminare, definitivo, esecutivo), come supporto alle successive fasi di gestione (piani di manutenzione: Figura 11) e di monitoraggio dell’edificio riqualificato. Con riferimento alla procedura di diagnosi e certificazione energetica, utilizzata all’interno dei protocolli, bisogna sot-
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Qualità dell’Abitare - Strutture preliminare del protocollo per lo sviluppo del progetto di diagnosi, precedentemente illustrato, basata sulla metodologia BESTCLASS (messa a punto dal SACERT in collaborazione con il Politecnico di Milano).
Figura 11. Progetto esecutivo, documenti necessari per la redazione del Piano di Manutenzione dell’opera: a) Scheda diagnostica, b) archivi di supporto, c) programma di manutenzione (Dati provenienti dall’anagrafe tecnica del Protocollo per lo Sviluppo del Progetto di Diagnosi) - Protocollo di riqualificazione edilizia, Step 2 Gestione dell’opera
tolineare che è stata strutturata, osservando la vigente normativa in materia di risparmio energetico, ma è stata elaborata in un contesto temporale antecedente alla pubblicazione delle Linee guida. Anticipandone in qualche misura i contenuti, richiamati nel “Metodo di calcolo da rilievo sull’edificio o standard”, che prevede la valutazione della prestazione energetica a partire dai dati di ingresso ricavati da indagini svolte direttamente sull’edificio esistente, mediante diverse modalità di approccio, tra le quali sono contemplate le “procedure di rilievo, anche strumentali, sull’edificio e/o sui dispositivi impiantistici effettuate secondo le normative tecniche di riferimento, previste dagli organismi normativi nazionali, europei e internazionali, o, in mancanza di tali norme dalla letteratura tecnico-scientifica”. La procedura di diagnosi e certificazione energetica è rappresentata da una guida appositamente dedicata, inserita al terzo livello di analisi della Procedura di rilievo
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Figura 12. Schema generale Procedura di diagnosi e certificazione energetica - Protocollo di Diagnosi (terzo livello), Protocollo di riqualificazione edilizia, Step 2 Gestione dell’opera, progetto definitivo
Figura 13. Scheda grafico - descrittiva Analisi dei luoghi, parametri climatici - Protocollo di diagnosi (primo livello)
I dati acquisiti dagli archivi generati dai diversi livelli di analisi (analisi dei luoghi; anagrafe funzionale; anagrafe tecnica: Figure 12 e 13) hanno consentito l’elaborazione di una scheda grafico - descrittiva, che illustra sinteticamente i risultati della diagnosi energetica dell’edificio esaminato (gli indici di prestazione energetica dell’involucro e del sistema edificio/impianto, ai sensi dei D.Lgs. 192/2005 e 311/2006, sono stati attribuiti, rispettiva-
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Qualità dell’Abitare - Strutture mente, ad una classe di efficienza energetica, corrispondente alla D <82 kWh/mca e alla F <140 kWh/mca - Figura 14).
192/2005 e 311/2006, sono stati attribuiti, rispettivamente, ad una classe di efficienza energetica, corrispondente alla B <36 kWh/mca e alla A+ <6 kWh/mca: Figura 15), dimostrando che, per mezzo dei correttivi apportati, è stato ottenuto un miglioramento dell’efficienza energetica dell’edificio esaminato, pari ad un risparmio del 56,1%, per l’involucro, e del 95,7%, relativamente al fabbisogno di energia primaria specifico dell’impianto termico.
Figura 14. Scheda grafico - descrittiva Diagnosi energetica stato di fatto - Protocollo di diagnosi (terzo livello)
Lo standard di riferimento per l’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale, per il caso in esame (edificio scolastico, zona climatica B), in relazione al fattore di forma S/V (S superficie disperdente V volume), fissato nel valore pari a 5,54 kWh/mc anno, ha evidenziato insieme agli altri risultati ottenuti dall’applicazione del protocollo per lo sviluppo del progetto di diagnosi, la necessità di migliorare le prestazioni dell’involucro edilizio esistente. Pertanto, dalla tipologia delle disfunzioni rilevate a carico dell’involucro edilizio, sono state identificate le soluzioni tecniche compatibili più opportune per migliorare l’isolamento termico dell’involucro, correggere i ponti termici e contenere i consumi elettrici esuberanti, con l’applicazione di un cappotto esterno integrato con le modanature di facciata, con l’installazione di un impianto fotovoltaico integrato alla copertura esistente, di cui è stata modificata la stratigrafia. Inoltre è stata ipotizzata la sostituzione dell’impianto termico esistente (caldaia a GPL) con delle pompe di calore, più efficienti. I risultati della valutazione dell’efficienza energetica dell’involucro riqualificato, eseguita con la stessa procedura descritta precedentemente, sono stati illustrati per mezzo di una scheda grafico - descrittiva, analoga alla precedente, (gli indici di prestazione energetica dell’involucro e del sistema edificio/impianto, ai sensi dei D.Leg.
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Figura 15. Scheda grafico - descrittiva Certificazione energetica di progetto - Protocollo di riqualificazione edilizia - Step 2 Gestione dell’opera, progetto definitivo
Conclusioni Gli esiti ottenuti testimoniano il carattere predominante dell’interdisciplinarietà, riferito alla ricerca, contraddistinta da diverse valenze: teoriche, conoscitive, applicative. L’aspetto teorico è emerso negli elementi dello studio che attengono alla selezione degli ambiti problematici, delle normative di riferimento, degli strumenti e dei metodi. L’aspetto conoscitivo è risultato con la definizione e l’applicazione degli strumenti metodologici (il protocollo di rilievo, per lo sviluppo del progetto di diagnosi), intesi come prodotto delle attività di innovazione, ricerca e consulenza offerte dal laboratorio stesso, per l’individuazione del livello e della qualità dell’informazione tecnica implicata e delle competenze professionali specifiche impiegabili. L’aspetto applicativo è evidente nei caratteri del prodotto finale, che propone un insieme di regole tecniche e procedurali per una gestione flessibile e compatibile dei processi di trasformazione dell’esistente (il protocollo per lo sviluppo e il controllo del progetto edilizio di intervento di riqualificazione del costruito).
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Qualità dell’Abitare - Strutture
- Bagnato F., [Con Gerace A.], “Il recupero del «non finito»: strumenti e metodi per la trasformazione e riqualificazione delle periferie urbane. Reggio Calabria, un caso studio”, in: Vitrano R. M. (a cura di), Scenari dell’abitare abusivo. Strategie per l’intervento di recupero, Atti del convegno 1° internazionale di Agrigento 19-20 ottobre 2007, Luciano editore, Napoli - Bagnato F., Milazzo L., Modaffari C., Sistemi e metodologie per il monitoraggio ambientale e tecnologico negli interventi di riqualificazione del costruito. Organizzazione di una struttura laboratoriale accreditata. Falzea Editore, 2008. - Caterina G. - Fiore V., La manutenzione edilizia e urbana. Linee guida e prassi operativa, gruppo editoriale Esselibri Simone, Napoli,2005 - Certificazione energetica degli edifici - Procedura operativa 24 gennaio 2006. Provincia di Milano, Assessorato all’ambiente - settore Energia, Politecnico di Milano - Dipartimento BEST - Decreto Ministeriale del 26 Giugno 2009 “Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici” - Direttiva 2001/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico in edilizia. - D. Lgs. n. 311/2006 “Disposizioni correttive ed integrative al dl n. 192/2005, recante attuazione della direttiva 2002/91/CE, relativa al rendimento energetico nell’edilizia” - DLgs n. 192 del 19 agosto 2005, “l’Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”. - Gaetano P. A., “Ipotesi di riqualificazione ed adeguamento normativo di un edificio scolastico: caso studio scuola elementare Giosuè Carducci, Reggio Calabria”, tesi di laurea, a. a. 2006/07, Facoltà di Architettura, Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria - Gasparoli P., Talamo C., Manutenzione e recupero. criteri, metodi e strategie per l’intervento sul costruito, Alinea Editrice, Firenze, 2006. - Ginelli E. (a cura di), L’intervento sul costruito. Problemi e orientamenti, Franco Angeli, 2002.
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luzione di problematiche legate: alla complessità di gestione del processo edilizio; alla centralità delle scelte operate sin dalla fase progettuale, ai fini dell’integrazione delle prestazioni globali in opera del manufatto edilizio; agli aspetti energetico - ambientali, che rendono ineludibile l’offerta di soluzioni coerenti con la prospettiva dello sviluppo sostenibile.
- Lauria M., Laboratorio mobile per la raccolta e la sistematizzazione delle informazioni relative al patrimonio edilizio pubblico regionale, Falzea, 1998 - Milazzo L., Riqualificazione edilizia a basso impatto ambientale in area mediterranea. Sistemi di supporto decisionale per gli interventi sull’edilizia scolastica pubblica, tesi di dottorato in Tecnologia dell’architettura “Strategie per il controllo e la progettazione dell’esistente”, XV ciclo, Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria, Facoltà di Architettura, DASTEC, 2003 - Missori A., (a cura di), Tecnologia, progetto, manutenzione. Scritti sulla Produzione Edilizia in ricordo di Giovanni Ferracuti, Franco Angeli, Milano, 2004.
bibliografia
Si ritiene comunque che il carattere più significativo della ricerca, sia stato quello di aver costruito un quadro procedurale integrato, che pone a base della sua operatività il principio della conoscenza della qualità residua degli edifici esistenti, all’interno di un contesto territoriale urbano. Uno strumento posto a supporto del progettista in grado di guidarlo nell’adeguamento dell’esistente rispetto alla riso-
- Modaffari C., Il Sistema Informativo per la Manutenzione. Un’applicazione all’edilizia Scolastica Pubblica di Reggio Calabria. Tesi di Dottorato di ricerca in Tecnologia dell’Architettura “Strategie per il controllo e la progettazione dell’esistente”, XV Ciclo, Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, Facoltà di Architettura, DASTEC 2003. - Molinari C., Procedimenti e metodi della manutenzione edilizia. La Manutenzione come requisito di progetto, Vol.1°, Ed. Esselibri - Simone, Napoli, 2002. - Nesi A. (a cura di), NTL Normativa tecnica locale per il progetto dell’esistente pre-moderno. Guida e controllo tecnico delle azioni di recupero nei centri storici minori della Calabria, Roma, Gangemi editore,2002. - Nesi A., “Qualità dell’informazione e qualità del progetto”, in: V. Tatano (a cura di), Dal manuale al Web, Officina, Roma, 2007, p. 29-38 - Talamo C., Il sistema informativo immobiliare il caso del Politecnico di Milano, (presentazione di M.C. Treu Saggio introduttivo di C. Molinari) - SE editoriali , Sistemi Gruppo Editoriale Esselibri Simone, Napoli, 2003 - UNI - 10951; 2001 Sistemi informativi per la gestione della manutenzione dei patrimoni immobiliari - Linee guida - UNI - 11063: 2003 Manutenzione - Definizioni di manutenzione ordinaria e straordinaria
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Servizi CNIM 2010
Il tuo ascensore, il tuo impianto elettrico, l’acqua che bevi sono in regola con le norme? La legge italiana prevede che il legale rappresentante del condominio affidi l’incarico di eseguire tali verifiche ad un Organismo Notificato; sono numerosi gli obblighi di Legge da rispettare (D.Lgs. 81/08). CNIM è un Organismo Notificato dal Ministero dello Sviluppo Economico. Pacchetti di servizi studiati per le diverse esigenze del condominio per rispettare un’ampia pluralità di prescrizioni normative. Perché avere 10 referenti quando se ne può avere uno unico?
pacchetto rosso Amministratore di Qualità Dedicato all’amministratore professionista con Certificazione di Qualità ISO 9001 Il pacchetto servizi CNIM, con la certificazione di qualità ISO 9001, include, per i condomini amministrati: -- 3 verifiche periodiche biennali per gli impianti ascensore (ai sensi del D.P.R. 162/99); -- analisi dei rischi per gli impianti ascensori preesistenti al 1999 (ai sensi del D.M. 23/07/2009); -- 1 verifica periodica quinquennale per gli impianti elettrici di messa a terra (ai sensi del D.P.R. 462/01); -- 3 controlli biennali di qualità dell’acqua destinata al consumo umano (ai sensi del D.Lgs. 31/2001); -- verifica annuale degli adempimenti previsti dal D.Lgs. 81/08 (Testo Unico sulla Sicurezza); -- abbonamento alla rivista MM - Maintenance & Facility Management; -- certificazione di qualità dello studio di amministrazione (2 trienni).
pacchetto blu Amministratore OK dedicato all’amministratore professionista che tiene sotto controllo gli adempimenti LEGISLATIVI Il pacchetto servizi CNIM per i condomini amministrati include: -- 5 verifiche periodiche biennali per l’impianto ascensore (ai sensi del D.P.R. 162/99); -- analisi dei rischi per gli impianti ascensori preesistenti al 1999 (ai sensi del D.M. 23/07/2009); -- 2 verifiche periodiche quinquennali per l’impianto elettrico di messa a terra (ai sensi del D.P.R. 462/01); -- 5 controlli biennali di qualità dell’acqua destinata al consumo umano (ai sensi del D.Lgs. 31/2001); -- verifica annuale degli adempimenti previsti dal D.Lgs. 81/08 (Testo Unico sulla Sicurezza); -- abbonamento alla rivista MM - Maintenance & Facility Management.
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Servizi CNIM 2010
pacchetto verde Impianti Sicuri per un Condominio in regola con gli adempimenti di Legge relativi agli impianti Il pacchetto servizi CNIM, con la certificazione di qualità ISO 9001, include, per i condomini amministrati: -- 5 verifiche periodiche biennali per l’impianto ascensore (ai sensi del D.P.R. 162/99); -- analisi dei rischi per gli impianti ascensori preesistenti al 1999 (ai sensi del D.M. 23/07/2009); -- 2 verifiche periodiche quinquennali per l’impianto elettrico di messa a terra (ai sensi del D.P.R. 462/01); -- 5 controlli biennali di qualità dell’acqua destinata al consumo umano (ai sensi del D.Lgs. 31/2001); -- verifica annuale degli adempimenti previsti dal D.Lgs. 81/08 (Testo Unico sulla Sicurezza); -- abbonamento alla rivista MM - Maintenance & Facility Management.
Servizi Aggiuntivi Oltre ai servizi inclusi nel pacchetto, aderire all’offerta del CNIM porta molti altri vantaggi: -- dossier di documentazione fotografica delle eventuali non conformità rilevate sugli impianti per darne evidenza in sede di assemblea condominiale; -- relazione dettagliata sulle situazioni di rischio per gli impianti ascensore installati prima del 1999 come previsto dal D.M. 23/07/2009 e controllo e verifica dei successivi adeguamenti e delle scadenze previste dal decreto; -- consegna immediata a fine verifica del verbale; -- spedizione postale di ulteriore copia del verbale di verifica per la sua archiviazione; -- costante tenuta sotto controllo del rispetto degli obblighi di legge; -- gestione dello scadenzario delle verifiche obbligatorie degli impianti e della qualità dell’acqua destinata al consumo umano; -- gestione, archiviazione e conservazione dei verbali di verifica; -- priorità nella esecuzione delle eventuali verifiche straordinarie che si dovessero rendere necessarie sugli impianti a seguito di modifiche; -- tempestiva segnalazione su eventuali cambiamenti di leggi e norme; -- aggiornamento sulle variazioni degli obblighi di legge; -- username e password per accesso al forum dedicato nel sito CNIM.
Controllo della qualità dell’acqua potabile
Chi controlla la qualità dell’acqua potabile dal contatore al rubinetto di casa? Come essere sicuri che l’acqua impiegata nelle nostre famiglie sia salubre e possa essere utilizzata per il consumo umano? Il CNIM, in virtù di una convenzione in essere con il laboratorio dell’Università Sapienza di Roma, effettua i controlli sulla qualità dell’acqua potabile ai sensi del D.Lgs. 31/2001. Il Decreto prescrive che tali controlli vengano effettuati sulla base di parametri micro-biologici per la verifica della presenza di eventuali batteri nel campione d’acqua e sulla base di parametri chimico fisici. Questi ultimi riguardano la torbidità, il colore, l’odore e il sapore; la conduttività, la presenza di ferro, di alluminio, di ammonio e di ioni idrogeno, oltre che di nitrati e nitriti.
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Qualità dell’Abitare - Impianti Federico Guarnacci Esperto di impianti di messa a terre CNIM
L’Impianto Elettrico e il Rischio Elettrico: la Regola del “Buon Senso” come Fattore di Riduzione del Rischio
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L’Impianto Elettrico Questo articolo ha lo scopo di mettere in evidenza l’importanza dell’impianto elettrico dal punto di vista della sua “sicurezza intrinseca”; d’altronde l’impianto elettrico è uno dei settori impiantistici quasi mai preso in considerazione, se non dagli “addetti ai lavori”, ma di fondamentale importanza nella vita quotidiana in qualsiasi realtà lavorativa e privata. Caratteristica della corrente elettrica è che essa non si vede; non si sente; non ha odore e non si percepisce. Si ha cognizione della sua esistenza solo tramite il funzionamento degli utilizzatori, in condizioni di normale funzionamento. Tuttavia, quando si percepisce in condizioni di funzionamento anomalo potrebbe essere troppo tardi. Il Rischio Elettrico È quindi importante affrontare il discorso partendo dal concetto di “rischio”, perché solo attraverso questo processo si può capire l’importanza fondamentale di cosa è un impianto elettrico progettato, costruito e manutenuto secondo la regola dell’arte, la normativa tecnica di riferimento e la legislazione vigente. I rischi di natura elettrica sono classificabili secondo i punti che seguono:
Shock Elettrico -- contatti diretti: quando si viene a contatto con una parte attiva dell’impianto, ovvero una parte normalmente in tensione, come ad esempio un conduttore, un morsetto, l’attacco di una lampada; -- contatti indiretti: quando un individuo viene in contatto con parti metalliche che si trovano in tensione elettrica acci-
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dentale e in modo imprevedibile. Questo avviene in condizioni di guasto, come per esempio quando l’isolamento elettrico di un apparecchio cede o si deteriora in seguito ad un guasto o ad un degrado spesso non visibile. L’involucro metallico dell’apparecchio elettrico (massa) si trova in questo caso sotto tensione e in caso di contatto la persona può essere investita dal passaggio della corrente elettrica verso terra. Innesco di Incendio Può avvenire per: -- sovrariscaldamento; -- arch fault.
Arc Flash -- non si tiene in debito conto che il contatto elettrico non è necessario per incorrere in lesioni (si parla infatti di azione indiretta); un esempio è costituito dall’ustione dovuta ad irraggiamento del calore proveniente dagli elettrodi quando si sviluppa l’arco a causa di un corto circuito che si origina ad esempio in caso di guasto all’isolamento.
Figura 1. Esempio di arch flash
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Qualità dell’Abitare - Impianti Gli effetti della corrente elettrica, sono riassumibili dal seguente schema:
L’interruttore Differenziale (o “Salvavita”) L’interruttore differenziale (detto anche “salvavita” da un nome commerciale largamente utilizzato) è un dispositivo elettrotecnico in grado di interrompere un circuito in caso di guasto verso terra (dispersione) o folgorazione faseterra. Non offre alcuna protezione contro sovracorrente o cortocircuito tra fase e fase o tra fase e neutro, per i quali è invece richiesto un interruttore magnetotermico. Sono molto diffusi in commercio apparecchi che integrano entrambi i dispositivi.
Figura 2. Effetti della corrente elettrica sul corpo umano
Il passaggio della corrente elettrica nel corpo umano provoca effetti che vanno da una semplice scossa, senza conseguenze sull’organismo, a gravi contrazioni muscolari che, interessando organi vitali e principalmente il cuore, possono portare anche alla morte. Gli effetti citati dipendono essenzialmente dall’intensità della corrente che fluisce, dal suo percorso attraverso il corpo e dal tempo durante il quale la corrente stessa persiste. In ogni caso, è essenziale che la tempestività dei soccorsi venga garantita in modo da ridurre la gravità delle conseguenze. Protezioni Le protezioni si possono realizzare, contro i contatti diretti, e a seconda della realtà impiantistica, attraverso: -- isolamento delle parti attive con materiali non removibili; -- involucri o barriere per impedire l’accesso alle parti pericolose; -- distanziamento in modo da impedire un contatto accidentale; -- interruttori differenziali ad alta sensibilità con correnti di soglia IΔn ≤30mA. Le protezioni contro i contatti indiretti si realizzano con: -- messa a terra delle masse al fine di collegare allo stesso potenziale tutte le masse metalliche, e coordinamento con dispositivi di protezione differenziale.
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Figura 3. Schema di principio del differenziale. In rosso è indicata una dispersione
Le correnti che percorrono i conduttori di alimentazione e che entrano ed escono dal differenziale sono perfettamente uguali; se, per difetto di isolamento di un utilizzatore (ad esempio in un elettrodomestico, o in una plafoniera, ecc.), si verifica una dispersione di corrente, accade che un conduttore di alimentazione è percorso da una corrente inferiore rispetto all’altro e se la differenza tra le correnti è tale da superare almeno la metà della corrente nominale di intervento del differenziale, interviene l’interruttore differenziale che apre il circuito interrompendo l’alimentazione. L’Impianto di Terra L’impianto di terra è definito come l’insieme dei dispersori, dei conduttori di terra, dei collettori (o nodi) principali di terra e dei conduttori di protezione ed equipotenziali, destinato a realizzare la messa a terra di protezione e/o di funzionamento. Le caratteristiche dell’impianto di terra devono soddisfare le prescrizioni di sicurezza e funzionali dell’impianto elettrico, in particolare deve essere realizzato in modo da poter effettuare le verifiche periodiche previste.
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Qualità dell’Abitare - Impianti si può usare la struttura delle armature di acciaio del cemento armato. Necessità degli Interruttori Differenziali Coordinati con l’Impianto di Terra Situazione Pericolosa Toccare un oggetto conduttore (massa) che normalmente si trova a potenziale zero, ma che per un’anomalia nel funzionamento si trova a potenziale diverso da zero (contatto indiretto). Ad esempio, se cede l’isolante del circuito elettrico di una lavatrice, l’intera parte metallica dell’elettrodomestico si potrebbe portare a 230 volt, con pericolo grave in caso di contatto.
Figura 4. Schema di impianto di terra
L’impianto è costituito da una linea dorsale (conduttore equipotenziale) che percorre verticalmente tutto l’edificio e da una serie di nodi equipotenziali da cui partono le diramazioni secondarie. Le diramazioni giungono a collegarsi alle parti metalliche fisse e all’alveolo di terra delle prese elettriche. La normativa elettrica italiana (CEI 64-8) prevede che tutte le masse metalliche in grado di portare un altro potenziale (tubature del gas e dell’acqua ad esempio) siano messe a terra in quanto masse estranee. La sezione dei conduttori di messa a terra deve essere non inferiore a quella dei cavi che portano l’energia elettrica all’area protetta, e comunque non inferiore a precisi limiti stabiliti dalla norma CEI 64-8 dipendenti dal tipo di posa del cavo. Dal lato opposto, l’impianto è elettricamente connesso al terreno per mezzo di dispersori. Questi possono essere paletti in rame o acciaio zincato infissi nel suolo per uno o due metri, oppure piastre metalliche di adeguata superficie sepolte. In alternativa, si può usare un cavo in rame non isolato seppellito intorno al perimetro dell’edificio, o qualora le caratteristiche elettriche lo consentano
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Possibile Soluzione Collegare l’oggetto con un corpo che è costantemente vincolato a potenziale zero. Se il collegamento è a resistenza nulla (R=0), anche l’oggetto si porta a potenziale zero, eliminando il pericolo. Il corpo che ci garantisce un potenziale costantemente vincolato a zero è il nostro pianeta Terra.
Situazione Reale Il collegamento a terra non è mai a resistenza zero, in quanto qualsiasi conduttore elettrico possiede una certa resistenza. Comunque si fa in modo che questa sia la più bassa possibile, avvicinandosi così al caso ideale. Collegando a terra le previste parti metalliche di apparecchi elettrici, ci poniamo al sicuro da contatti con potenziali pericolosi. Eliminazione del Pericolo Il collegamento a terra provoca, in caso di guasto, una circolazione di corrente dall’oggetto verso terra. Questa
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Qualità dell’Abitare - Impianti corrente viene avvertita dall’interruttore differenziale (salvavita), che scatta eliminando la tensione da tutto l’impianto elettrico collegato. In definitiva, l‘interruttore differenziale (salvavita) da solo non evita eventuali rischi dovuti alla mancanza dell’impianto di terra. L’impianto di terra può essere visto come un “captatore di guasto”, ovvero ciò che, previo opportuno coordinamento, fa si che intervenga l’interruttore differenziale.
LEGISLAZIONE IN MATERIA
RIFERIMENTI NORMATIVI
DM 37/08 - Regolamento concernente l’attuazione dell’articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici.
CEI 64-8
CEI 11-27 CEI 17-5 CEI 17-11
CEI 17-13 CEI 23-3
CEI 20-19 CEI 20-20 CEI 20-21 CEI 20-22 CEI 20-24 CEI 20-35 CEI 20-36 CEI 20-40 CEI 64-14
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Impianti elettrici utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000V in corrente alternata e a 1500V in corrente continua. Lavori su impianti elettrici. Apparecchiature a bassa tensione - Interruttori automatici. Apparecchiature a bassa tensione - Interruttori di manovra, sezionatori interruttori di manovra-sezionatori e unità combinate con fusibili automatici. Apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per b.t. (quadri b.t.). Interruttori automatici di sovracorrente per usi domestici e similari (per tensioni nominali non superiori a 415V in c.a.). Cavi isolati con gomma con tensione nominale non superiore a 450/750V. Cavi isolati con polivinilcloruro con tensione nominale non superiore a 450/750 V. Calcolo delle portate dei cavi elettrici in regime permanente. Prova di incendio su cavi elettrici. Giunzioni e terminazioni per cavi di energia. Prove sui cavi elettrici sottoposti al fuoco. Prove di resistenza al fuoco dei cavi elettrici. Guida per l’uso di cavi a bassa tensione. Guida alle verifiche degli impianti elettrici utilizzatori.
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D.Lgs. 81/08 - Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. D.Lgs. 109/09 - Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Legge 186/68 - Disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparecchiature, macchinari, installazioni ed impianti elettrici ed elettronici.
DPR n. 462/01 - Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi. Analisi dello Stato Impiantistico Attuale Nonostante la buona normativa tecnica, lo stato dell’arte raggiunto nel campo della sicurezza impiantistica, la legislazione che stabilisce responsabilità civili e penali, ancora troppo numerosi sono gli incidenti sul lavoro e una buona percentuale di questi sono derivati da cause connesse alla corrente elettrica. Cerchiamo allora di elencare quali sono le cause che determinano l’incidente.
Cause di Incidente -- mancata formazione e qualificazione del personale; -- inesperienza; -- troppa esperienza; -- scarsa (nulla) manutenzione degli impianti; -- carenza impiantistica. Dovendo fare una stima sulle cause più rilevanti nell’accadimento di un incidente, sicuramente la mancata for-
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Qualità dell’Abitare - Impianti
Figure 5-6. Esempi di impianti mal gestiti con manutenzione scarsa o assente
Figure 7-8. Esempi di impianti non progettati e/o non manutenuti secondo la regola dall’arte e contro il “buon senso”
mazione e qualificazione del personale è quella che assume un peso minore (allo stato attuale qualunque azienda, realtà industriale, ditta, ha “interesse” nella formazione del personale), mentre assume una certa rilevanza il “fattore umano” in termini di mancata esperienza (è l’esempio di un giovane manutentore di impianti che pur “formato” e “informato”, si trovi effettivamente su un impianto all’inizio della sua carriera, rispetto ad un suo collega che abbia “esperienza di qualche anno”…traducibile in miglior conoscenza degli impianti e quindi una più affinata capacità nel prevedere e gestire potenziali situazioni di rischio); d’altro canto non è trascurabile invece come fonte di rischio la “troppa esperienza” che porta ad una sorta di “meccanicismo di intervento” che
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induce una diminuzione della soglia di attenzione nei confronti della situazione di pericolo. Nell’attività in campo nella realtà impiantistica si riscontra poi quella che viene definita “carenza di manutenzione” (Figure 5 e 6) o addirittura una carenza progettuale (Figure 7 e 8), che assumono nella graduatoria “cause-incidente” un peso molto rilevante. D’altronde quello che viene a mancare, e che quindi è la fonte primaria di accadimento del danno (perifrasando una terminologia nota agli esperti di “analisi dei rischi”) è la regola di base che racchiude in sé tutti i parametri e gli indici di una buona progettazione, di una corretta procedura di operatività, di rispetto della regola dell’arte, di rispetto della normativa: “il buon senso”. Anno 3 Numero 5/6 Settembre Dicembre 2009
Qualità dell’Abitare - Impianti
Sicurezza Impianti Elevatori: il Decreto 23.07.2009
Serena Liccardi Giampiero Mercuri CNIM
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Il ciclo di seminari “Pomeriggi al CNIM” è stato inaugurato lo scorso ottobre con un seminario formativo su: “Il nuovo Decreto Ministeriale (DM 23.07.2009): cosa cambia e cosa fare”. Per quanto riguarda gli ascensori, l’Italia detiene un primato particolare. Il nostro paese ha più ascensori di qualsiasi altro al mondo: circa 850.000 contro i 700.000 americani e 610.000 cinesi. L’Italia ha in effetti più palazzine e meno villette, buone leggi contro le barriere architettoniche e una tradizione di eccellenza nella componentistica. Il decreto ministeriale ha come obiettivo primario la sicurezza degli impianti a garanzia della sicurezza delle persone.Nessuno permetterebbe alla propria moglie, ad un figlio o ad un parente di mettersi alla guida di un’automobile di 15-20 anni che non fosse mai stata controllata e che, di conseguenza, non avesse la documentazione in regola. Il decreto, entrato in vigore lo scorso 1 settembre 2009 indica nelle premesse che i suoi contenuti sono destinati a: -- proprietari, amministratori, associazioni di piccoli proprietari immobiliari; -- imprese di manutenzione, riparazione e ammodernamento di ascensori; -- organismi notificati, ASL e Ispettorato del lavoro. Il decreto stabilisce dei termini perentori per l’effettuazione delle verifiche straordinarie per l’analisi dei rischi che dipendono dalla “vecchiaia” dell’impianto e dalla sua messa in esercizio (Tabella 1). Tabella 1. Termini perentori per l’effettuazione delle VS Ascensori pre 15.11.1964
1 settembre 2011
Ascensori pre 24.10.1979
1 settembre 2012
Ascensori pre 09.04.1991
1 settembre 2013
Ascensori pre 24.06.1999
1 settembre 2014
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Giampiero Mercuri, responsabile tecnico certificazione CNIM, illustra i contenuti del decreto
Bruno Venditti, presidente Confartigianato Ascensori, esprime ai convenuti il punto di vista di Confartigianato
Ogni tipologia di intervento di possibile effettuazione, catalogato sulla base della norma UNI EN 81-80, viene riassunta nel decreto in 3 tabelle (A; B e C). Gli interventi elencati nella tabella A devono essere effettuati entro 5 anni dalla data della verifica straordinaria; quelli della tabella B entro 10 anni, mentre quelli della tabella C devono essere effettuati in occasione di interventi di modernizzazione successivi. Gli interventi di adeguamento necessari che emergeranno dall’analisi dei rischi debbono essere effettuati necessariamente entro i tempi dettati dal provvedimento, che prevede essenzialmente due scadenze tassative di 5
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Qualità dell’Abitare - Impianti e 10 anni in dipendenza delle singole situazioni di rischio (art. 3). Il proprietario o legale rappresentante ha la responsabilità della corretta esecuzione degli interventi di adeguamento entro i termini previsti. In caso di non ottemperanza, l’impianto non può essere mantenuto in esercizio (art. 5). Modalità di Controllo degli Interventi L’art. 4 del decreto sancisce che gli enti responsabili delle verifiche periodiche devono verificare in ispezioni successive che sia avvenuto l’adeguamento previsto dal decreto stesso. In caso di mancato adeguamento, il soggetto incaricato della verifica periodica deve trasmettere
Il video del Seminario, patrocinato da Confartigianato Ascensori è disponibile su CNIM Tube, il canale il canale del CNIM su You Tube dove sono presenti filmati utili a promuovere la cultura della gestione, della manutenzione, della qualità e della sicurezza. Contiene inoltre filmati relativi a: -- interviste; -- ispezioni; -- casi di studio; -- casi emblematici; -- casi di degrado; -- esperienze professionali; -- corsi di formazioni; -- corsi universitari.
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il verbale con l’esito negativo al competente ufficio comunale e deve informare sia il proprietario dello stabile e/o l’amministratore del condominio e la ditta di manutenzione per le loro rispettive competenze e responsabilità. L’art. 6 riguarda invece adeguamenti specifici; infatti, alcuni punti della norma UNI EN 81-80, ovvero: -- misure per assicurare l’accessibilità ai disabili; -- misure contro gli atti vandalici; -- misure per assicurare un comportamento sicuro in caso di incendio non sono compresi nelle tabelle del decreto, in quanto soggetti a valutazioni specifiche. Tuttavia, essendo le suddette misure da considerarsi in funzione delle esigenze degli utilizzatori e dell’ambiente in cui l’impianto è istallato, è responsabilità del proprietario richiederle a seconda delle specifiche esigenze di cui è a conoscenza. Durante il seminario CNIM è emersa, sia da parte degli amministratori che delle aziende, la preoccupazione che il decreto - che certamente costituisce anche un’opportunità imprenditoriale - diventi una “ghiotta” occasione per professionisti spregiudicati, oltre che società ed imprese che improvvisano strutture organizzative e competenze. La questione della competenza e della qualità dei servizi professionali e di manutenzione, infatti, preoccupa in modo particolare il CNIM che intende osteggiare ogni iniziativa che possa essere una forma di pubblicità negativa nei confronti della manutenzione. Il CNIM, infatti, ritiene che i temi etici e deontologici - che stanno interessando in modo sostanziale diversi settori del nostro Paese - dovranno essere ancora più attentamente presi in considerazione nei prossimi tempi e in ogni sede ed ambito nell'interesse primario e principale della collettività. Si pensi, a puro titolo di esempio: all’incompatibilità dei ruoli, ai conflitti di interesse, alla trasparenza verso i clienti, alle irregolarità documentali, a manutenzioni e adeguamenti improvvisati o non richiesti, a progetti-fotocopia, etc. Anno 3 Numero 5/6 Settembre Dicembre 2009
ACQUALITÀ: Controllo di Qualità delle Acque destinate al Consumo Umano (Rif.: D.Lgs. n. 31 del 02/02/2001)
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I controlli delle acque potabili sono regolamentati dal D.Lgs. n. 31 del 02/02/2001 che recepisce la direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano. L’obiettivo è quello di proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque, garantendone la salubrità e la pulizia. La nuova etichetta CNIM “Acqualità” riporta in un’unica parola un significato immediatamente intuibile, volto a comunicare che l’acqua analizzata è pura, salubre, controllata e certificata come se fosse una vera e propria acqua di marca commerciale. L’etichetta può essere apposta anche su bottiglie in vetro. Nel caso di controlli effettuati presso appartamenti all'interno di un condominio, la persona responsabile della qualità dell'acqua fornita per il consumo umano è l'amministratore pro-tempore dell'edificio, che dovrà informare i condomini dell'obbligo di legge sui controlli e farsi autorizzare dall'assemblea per procedere e farli eseguire. In caso di realtà differenti dal condominio, il responsabile della qualità dell'acqua è il proprietario dell'edificio, dell'azienda o dell'ufficio. Il CNIM, in virtù di una convenzione in essere con il laboratorio di analisi delle acque dell’Uni-
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versità Sapienza di Roma, può offrire un servizio di analisi delle acque potabili attraverso l’esecuzione delle prove chimico-fisiche di cui ai controlli di routine previsti dal D.Lgs. 31/02. Le verifiche che vengono effettuate e che sono prescritte dalla legge sono le seguenti: 01. alluminio; 02. ammonio; 03. colore; 04. conduttività; 05. clostridium perfringens (spore comprese); 06. escherichia coli; 07. concentrazione ioni idrogeno; 08. ferro; 09. nitriti; 10. odore; 11. pseudomonas aeruginosa; 12. sapore; 13. computo delle colonie a 22°C e 37°C; 14. batteri coliformi a 37°C; 15. torbidità; 16. disinfettante residuo (se impiegato).
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Qualità dell’Abitare - Impianti
La Verifica dell’Integrità delle Funi di un Ascensore: dalla Tavoletta di Legno all’Occhio Elettronico
Aldo Canova Dipartimento di Ingegneria Elettrica Politecnico di Torino
Francesco Ficili Bruno Vusini AMC Instruments spin off del Politecnico di Torino
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Le funi metalliche sono oggigiorno utilizzate in un gran numero di applicazioni civili ed industriali. In tali ambiti è importante disporre di un’elevata sicurezza intrinseca, al fine di garantire l’incolumità dei passeggeri o la continuità dei servizi erogati. La vita media di una fune può variare considerevolmente in funzione del carico a cui è sottoposta e delle condizioni di utilizzo, ma tipicamente è un periodo lungo (dai dieci ai trent’anni), caratteristica che rende interessante valutarne lo stato per intervenire in modo preventivo. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, non è semplice stabilire in modo preciso ed obiettivo quando una fune debba essere sostituita e si adotta un comportamento conservativo di sovradimensionamento della stessa o di aumento della frequenza tra gli interventi manutentivi. Una indagine obiettiva dello stato di una fune, sia esterno sia interno, richiede un controllo non distruttivo. Diverse sono le tecnologie esistenti, ma la più diffusa si basa sul principio magneto-induttivo. Gli strumenti più utilizzati per condurre le analisi su impianti in esercizio impiegano campi magnetici continui e sono costituiti da una testa di misura, che rappresenta l’elemento sensibile in grado di percepire i difetti della fune, e da un sistema di acquisizione che elabora e registra il segnale prodotto della testa. Gli strumenti attualmente utilizzati nel settore funiviario
forniscono un segnale detto “LF” (Localized Fault) il quale indica il numero di fili interrotti e quindi la riduzione di sezione a cui far corrispondere la sostituzione delle fune. L’ambito nel quale la normativa impone il controllo magneto induttivo raggruppa tutte le funi utilizzate in impianti per il trasporto di persone ad esclusione degli ascensori. Appartengono a questa categoria tutti gli impianti funiviari, gli impianti di risalita (seggiovie, sciovie, etc.), le funicolari, etc. Attualmente si sta affermando, grazie anche all’indicazione fornita dalla norma UNI ISO 4309:2006, la sensibilità da parte della filiera associata al sollevamento dei carichi verso il controllo non distruttivo delle funi metalliche al fine di prevenire incidenti alle persone e danni materiali. Considerando che le tecnologie adottate per il controllo magneto induttivo sono applicabili a qualunque tipologia di fune diventa praticabile anche una verifica più oggettiva delle funi per ascensori che ad oggi viene effettuata a vista mediante una “tavoletta di legno” appoggiata sulle funi in movimento. Occorre anche sottolineare che la tendenza di andare verso soluzioni caratterizzate da funi di diametro sempre minore (al fine di ridurre la dimensione delle pulegge) e quindi in numero crescente renderà il controllo a vista di difficile esecuzione. È chiaro che uno strumento per il settore ascensoristico deve possedere
Figura 1. Testa di misura per la verifica magneto-induttiva e particolare delle gole di guida
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Figura 2. Sistema di acquisizione dei segnali uscenti dallo strumento
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Qualità dell’Abitare - Impianti
Figura 3. Segnale LF nel caso di test su fune con diametro 9 mm
una serie di requisiti tecnico-funzionali che consentano al manutentore o al verificatore una semplice, rapida ed efficace verifica di tutte le funi contemporaneamente. Presso il Politecnico di Torino è stata sviluppata una tecnologia ed una strumentazione in grado di soddisfare i requisiti richiesti. La testa di misura (Figura 1) effettua contemporaneamente l’analisi di tutte le funi di un ascensore e fornisce all’operatore, mediante la connessione ad un personal computer (Figura 2) o ad un palmare, la visualizzazione di un tracciato la cui lettura mette in evidenza la presenza di uno o più fili interrotti all’interno della singola fune. Un software è quindi in grado di memorizzare le tracce e di creare successivamente un report di prova. Il manutentore ed il verificatore sono quindi in grado in modo oggettivo e rapido di fornire al gestore dell’impianto o all’amministratore di condominio un report che testimonia, oltre l’avvenuto controllo, anche lo stato effettivo delle funi. Questo permette di poter decidere in modo oggettivo la sostituzione delle funi in funzione delle loro reali condizioni e non in funzione solo della loro età (indicatore spesso non molto significativo). I vantaggi di una maggiore oggettività sul controllo vanno ovviamente
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a vantaggio dell’utente finale il quale vede aumentata la sicurezza o il risparmio nel caso di una sostituzione prematura delle funi. In Figura 3 è riportato il tracciato caratteristico che si ottiene dall’analisi di una fune. La presenza di un difetto, ad esempio un singolo filo interrotto su 114 fili, genera un “picco” che viene evidenziato nel tracciato. I Risultati della Sperimentazione sul Campo Un primo consistente numero di prove sul campo, in collaborazione con l’organismo notificato ICEPI (Istituto Certificazione Europea Prodotti Industriali di Piacenza), ha permesso di validare la metodologia e la strumentazione. Sono state effettuate quindi prove su circa 15 impianti scelti in modo che il campione fosse più rappresentativo possibile nella realtà impiantistica. Sebbene non si voglia dare a queste prove un significato statistico, occorre rilevare che gli impianti si caratterizzavano per differente: -- anno di istallazione; -- numero di funi; -- numero di piani; -- tipologia di impiego; -- tipo di funi.
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Qualità dell’Abitare - Impianti Complessivamente sono state esaminate circa 40 funi e le prove hanno evidenziato situazioni molto particolari tra cui: -- assenza di difetti per impianti recenti e talvolta per alcune funi su impianti datati (di oltre 20 anni): ciò implica che la sostituzione delle funi andrebbe correlata alla reale condizione della fune e non alla sua età; -- in alcuni impianti (anche recenti) una sola fune con numero di difetti nettamente superiore alle altre: esiste spesso una delle funi che lavora di più delle altre o si usura maggiormente e la possibilità di rilevarlo permetterebbe di apportare dei correttivi; -- alcune funi con un numero di difetti superiore a 5 che non venivano rilevate dalla prova con il legnetto: il legnetto non rappresenta un metodo oggettivo e soprattutto non è affidabile; -- un filo rotto nella maggior parte delle funi analizzate anche recenti: probabilmente un controllo sulla produ-
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zione attraverso una traccia a fune da istallare consentirebbe un miglioramento della qualità del prodotto e darebbe al manutentore o al verificatore anche una indicazione sulla bontà del lotto di funi utilizzato. Nel seguito vengono riportati, a titolo di esempio, i risultati di una prova effettuata sul campo su di un ascensore elettrico con 4 funi da 10 mm del 1985. I risultati della prova mettono in evidenza come in un impianto relativamente vecchio si possano trovare funi senza difetti e funi con alcuni difetti molto evidenti. La tecnologia proposta dal Politecnico di Torino attraverso la creazione di uno spin off Universitario (AMC Instruments srl) è disponibile ai manutentori e verificatori che vorranno dotarsi di tale strumentazione per fornire un migliore servizio e garantire una maggiore sicurezza.
2 fili rotti
nessun filo rotto
nessun filo rotto
almeno 3 fili rotti
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Qualità dell’Abitare - Normativa
DUVRI: uno Strumento per Migliorare la Prevenzione
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Il concetto di “Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza” (DUVRI) è stato introdotto per la prima volta dalla Legge 123 del 3 agosto 2007, legge che ha dato il via alla modifica di tutto l’assetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, ed infatti il D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., ormai noto come “Testo Unico per la Sicurezza” è un’applicazione della legge 123 del 2007. Questa legge, all’art. 3 comma 1, ha ampliato il concetto di cooperazione e coordinamento tra datore di lavoro “committente” e imprese appaltatrici, introducendo l’obbligo di elaborazione di: “un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare le interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o d’opera (…)“. Ovviamente questa novità, all’inizio ha portato a diverse e distinte interpretazioni da parte dei soggetti coinvolti, ma affrontando per ora il discorso solo dal punto di vista dei principi di prevenzione dei rischi, si può dire che ha introdotto in tutte le realtà produttive quel concetto di coordinamento in relazione alle attività ed alla valutazione dei rischi da interferenza che nel settore edile è stato applicato dal 1996, con i piani di sicurezza e coordinamento. Come ancora accade oggi, il settore edile è stato utilizzato come banco di prova per tutte le novità che il legislatore considera importanti per ridurre questo inaccettabile fenomeno degli infortuni sul lavoro. Tutti i dubbi nati nel 2007 sulla corretta applicazione del Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza, ormai famoso con nome di DUVRI, nascevano dalla mancata esperienza su impostazioni di questo genere, e tralasciamo qui di affrontare le ulteriori problematiche legate ai costi della sicurezza che devono essere inseriti nel DUVRI, la cui introduzione è stata, comunque essenziale per far si che questa novità fosse recepita molto velocemente dal sistema produttivo italiano.
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Francesco Catalano Ingegnere della sicurezza - LPC Ingegneria srl
Una prima interpretazione ufficiale si è avuta con la “Determinazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavoro, servizi e forniture” del 5 marzo 2008 n° 3. Questa Determinazione ha dato indicazioni utili anche per l’applicazione del DUVRI nel settore privato, vista l’assenza di casi pratici o di interpretazioni ufficiali fino ad allora. Questa determinazione ha chiarito l’applicabilità e i principi base di redazione del DUVRI. In questa determinazione è stato specificato il concetto di interferenza e si è chiarito che “si parla di interferenza nella circostanza in cui si verifica un contatto rischioso tra il personale del committente e quello dell’appaltatore o tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti. In linea di principio occorre mettere in relazione i rischi presenti nei luoghi in cui verrà espletato il servizio o la fornitura con i rischi derivanti dall’esecuzione del contratto”. Ciò comporta che il DUVRI debba essere redatto solo se esistono interferenze, ma è altrettanto naturale aspettarsi che il datore di lavoro committente valuti o meno la presenza di queste interferenze e formalizzi in sede di contratto la valutazione di eventuale assenza di rischi da interferenza, dandone inoltre evidenza nei verbali di sopralluogo e nelle note informative sui rischi, che comunque devono essere consegnate e controfirmate da tutti i fornitori per adempiere agli obblighi descritti dal comma 1 e 2 dell’art. 26 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i.: -- fornire dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività, -- cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto; -- coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente.
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Qualità dell’Abitare - Normativa Per potenziali rischi interferenti la determinazione ha indicato: -- rischi derivanti da sovrapposizioni di più attività svolte da operatori di appaltatori diversi; -- rischi immessi nel luogo di lavoro del committente dalle lavorazioni dell’appaltatore; -- rischi esistenti nel luogo di lavoro del committente, ove è previsto che debba operare l’appaltatore, ulteriori rispetto a quelli specifici dell’attività propria dell’appaltatore (rischi del committente che possono coinvolgere dipendenti dell’appaltatore); -- rischi derivanti da modalità di esecuzione particolari richieste esplicitamente dal committente - che comportino rischi aggiuntivi rispetto a quelli specifici dell’attività appaltata; come ad esempio lavori sotto tensione o in presenza di mezzi di circolazione. La stessa determinazione ha chiarito inoltre che il DUVRI non si applica: -- per la sola fornitura di materiali ed attrezzature senza attività di installazione, fornitura di beni; -- per i servizi per i quali non è prevista l’esecuzione all’interno della stazione appaltante, intendendo per interno tutti i locali/luoghi messi a disposizione dalla stessa per l’espletamento del servizio, anche non sede dei propri uffici; -- per i servizi di natura intellettuale anche se effettuati presso la stazione appaltante. Nel DUVRI non devono essere riportate le misure per eliminare i rischi propri derivanti dall’attività delle singole imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi, ma solo i rischi derivanti dalle interferenza presenti nell’effettuazione della prestazione. In seguito, con il D.Lgs. 81/08 ed ulteriormente con il decreto correttivo D.Lgs. 106/2009, il legislatore ha esplicitato il campo di applicazione e le caratteristiche del DUVRI, inserendo nell’art. 26, gli obblighi del datore di lavoro “committente” legati ai contratti di appalto o d’opera o di somministrazione. L’art.26 al comma 3, 3 bis e 3 ter recita: “3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando
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un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale documento è allegato al contratto di appalto o di opera e va adeguato in funzione dell’evoluzione dei lavori, servizi e forniture (…). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi (…). 3-bis. Ferme restando le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, l’obbligo di cui al comma 3 non si applica ai servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature, nonché ai lavori o servizi la cui durata non sia superiore ai due giorni, sempre che essi non comportino rischi derivanti dalla presenza di agenti cancerogeni, biologici, atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari di cui all’allegato XI (riportato nel riquadro a fine testo). 3-ter. Nei casi in cui il contratto sia affidato dai soggetti di cui all’articolo 3, comma 34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o in tutti i casi in cui il datore di lavoro non coincide con il committente, il soggetto che affida il contratto redige il documento di valutazione dei rischi da interferenze recante una valutazione ricognitiva dei rischi standard relativi alla tipologia della prestazione che potrebbero potenzialmente derivare dall’esecuzione del contratto. Il soggetto presso il quale deve essere eseguito il contratto, prima dell’inizio dell’esecuzione, integra il predetto documento riferendolo ai rischi specifici da interferenza presenti nei luoghi in cui verrà espletato l’appalto; l’integrazione, sottoscritta per accettazione dall’esecutore, integra gli atti contrattuali.” Dalla lettura di quest’articolo si evince che il legislatore ha recepito tutte le indicazioni pubblicate con la determinazione del marzo 2008, ed ha inoltre fatto chiarezza sui casi in cui il DUVRI non è obbligatorio. Ferme restando le indicazioni date dal legislatore, è comunque buona prassi valutare sempre le interferenze dovute ai lavori dati in appalto, sia nei confronti dei propri lavoratori, che nei confronti di altri fornitori, che potrebbero essere, a loro volta, esposti a rischi da interferenza generati da attività di appaltatori esterni, e che quindi devono essere comunque informati, come previsto dall’art 26 comma 1 lettera b, non solo dei rischi specifici dell’a-
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Qualità dell’Abitare - Normativa zienda committente, ma di tutti i rischi da interferenza cui potrebbero essere esposti. È quindi importante effettuare una valutazione dei rischi da interferenza attenta e completa, valutando la contemporaneità, nei luoghi e nei tempi, di: -- attività; -- prodotti; -- attrezzature. Si potrebbero applicare, per la valutazione dei rischi da interferenza, il calcolo dei rischi come prodotto tra gravità e probabilità, con qualche modifica, come giustamente indicato in un articolo a cura di Flavio Mazzini pubblicato su ambiente&sicurezza n.10 del 2008. Nel suddetto articolo si indicava come ipotesi per il calcolo dei rischi da interferenza il prodotto: RI=gRXpI dove: RI è il rischio da interferenza; gR è la gravità del rischio introdotto da uno o più soggetti coinvolti nella interferenza e/o nella sovrapposizione; pI è la probabilità che si verifichi una interferenza e/o sovrapposizione tra uno o più soggetti. Così come avviene nel calcolo della valutazione dei rischi, a gR e pI si da un valore compreso tra 1 e 4 in base alla gravità del rischio introdotto e alla probabilità che si verifichi un’interferenza. Per poter avere una scala univoca di valutazione ai fattori di questo prodotto, si potrebbe usare la scala indicata nella tabella 1 e nella tabella 2. Definite le scale dei fattori del prodotto si deve definire il valore per il quale il rischio si ritiene accettabile, il valore oltre il quale il rischio deve essere gestito, ed il valore oltre il quale il rischio non è accettabile e si deve intervenire per eliminarlo, ipoteticamente vietando l’esecuzione di queste attività contemporaneamente ad altre interventi o in presenza di altri lavoratori. Ovviamente questo tipo di calcolo dovrà essere fatto per ogni subappaltatore che è presente contemporaneamente negli stessi luoghi e quindi come detto andranno verificati i rischi da interferenza anche fra gli appaltatori stessi.
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Tabella 1. scala di gravità del rischio introdotto gR: gravità del rischio introdotto da uno o più soggetti coinvolti nella interferenza e/o nella sovrapposizione 1 un‘impresa o un singolo lavoratore autonomo utilizzano unicamente utensileria manuale operando a livello del piano di calpestio 2 un‘impresa o un singolo lavoratore autonomo utilizzano unicamente utensileria manuale operando in quota (modeste opere provvisionali, scale a pioli) 3 un‘impresa o un singolo lavoratore autonomo introducono rischi tali da obbligare terzi ad utilizzare DPI 4 un’impresa o un singolo lavoratore autonomo introducono rischi tali da obbligare terzi a predisporre misure di protezione collettiva
Tabella 2. scala di probabilità di interferenza pI: è la probabilità che si verifichi una interferenza e/o sovrapposizione tra uno o più soggetti. 1 le lavorazioni si svolgono in un’area confinata o transennata dove opera una sola impresa o un singolo lavoratore autonomo: in quell’area non sono previste altre attività oltre a quelle in corso 2 un’unica impresa o un singolo lavoratore autonomo lavorano in una propria area osservando una distanza di sicurezza da un’altra area occupata da terzi 3 più imprese o lavoratori autonomi devono intervenire sequenzialmente (quindi, in tempi diversi) nella stessa area per portare a termine un’opera nel suo complesso 4 più imprese o lavoratori autonomi operano nella stessa area per portare a termine un’opera nel suo complesso.
Questo comporta che ogni azienda deve pianificare con attenzione le attività affidate in appalto nei propri luoghi di lavoro, in quanto dovrà valutarne la contemporaneità nei tempi e nei luoghi, e le conseguenti interferenze; coinvolgere un addetto alla prevenzione in questo tipo di pianificazione può comportare importanti risparmi ed ottimali eliminazioni di rischi superflui. In conclusione possiamo affermare che l’importanza del DUVRI è quella di dare risalto alla fase di progettazione delle attività di routine e non di routine, affidate in appalto, richiedendo la partecipazione degli addetti alla prevenzione aziendale. L’imposizione della registrazione del DUVRI nella fase di contrattazione - ovviamente si parla di
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Qualità dell’Abitare - Normativa Tabella 3. Allegato XI del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. ALLEGATO XI
Elenco dei lavori comportanti rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori di cui all’articolo 100, comma 1 1. Lavori che espongono i lavoratori a rischi di seppellimento o di sprofondamento a profondità superiore a m 1,5 o di caduta dall’alto da altezza superiore a m 2, se particolarmente aggravati dalla natura dell’attività o dei procedimenti attuati oppure dalle condizioni ambientali del posto di lavoro o dell’opera. 2. Lavori che espongono i lavoratori a sostanze chimiche o biologiche che presentano rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori oppure comportano un’esigenza legale di sorveglianza sanitaria. 3. Lavori con radiazioni ionizzanti che esigono la designazione di zone controllate o sorvegliate, quali definite dalla vigente normativa in materia di protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti. 4. Lavori in prossimità di linee elettriche aeree a conduttori nudi in tensione. 5. Lavori che espongono ad un rischio di annegamento. 6. Lavori in pozzi, sterri sotterranei e gallerie. 7. Lavori subacquei con respiratori. 8. Lavori in cassoni ad aria compressa. 9. Lavori comportanti l’impiego di esplosivi. 10. Lavori di montaggio o smontaggio di elementi prefabbricati pesanti.
una prima versione del documento - tende a forzare le aziende ad introdurre la prevenzione dei rischi tra gli aspetti essenziali da affrontare nella fase di definizione di un appalto/contratto. È altrettanto importante revisionare il DUVRI, una volta scelto il fornitore, verificando possibili interventi di riduzione dei rischi suggeriti dal fornitore stesso. Redigere il DUVRI a contratto firmato non può avere lo stesso impatto sulla prevenzione che avrebbe in fase di definizione di tutti gli accordi con il fornitore. Se l’appaltatore non fosse in grado di eseguire le attività riducendo al minimo il proprio impatto e se non avesse attrezzature che il committente ritiene necessarie per minimizzare i rischi da interferenza, sarà difficile intervenire a contratto già firmato. Certamente in questi casi il DUVRI può essere importante per pianificare le attività in modo da ridurre i rischi presenti, ma non potrà intervenire nel ridurre questi rischi quando avrebbe più senso, ovvero nella fase di progettazione degli interventi. È lapalissiano che costruire qualsiasi cosa bene fin dall’inizio è meno oneroso che costruirla male e poi riparla, così vale anche per la prevenzione. L’attività di prevenzione in fase di progettazione permetterà sicuramente di
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ridurre sia i rischi che i costi. È quindi essenziale coinvolgere gli addetti alla prevenzione aziendale nella fase di definizione e programmazione degli interventi e nella fase di selezione del fornitore, anche perché chi meglio di un esperto di prevenzione potrà valutare le capacità tecnico professionali del fornitore, - obbligo richiesto dal legislatore nell’articolo 26 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. - valutando le attrezzature utilizzate e le qualifiche del personale del fornitore? Bibliografia - Mazzini F., “La gestione degli appalti: una soluzione documentale per la concreta cooperazione” - in ambiente&sicurezza n.10 del 20 maggio 2008. - “Determinazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavoro, servizi e forniture” del 5 marzo 2008 n. 3. - Legge 3 Agosto 2007, n. 123 - “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”. - Decreto Legislativo 3 agosto 2009, n. 106 “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.
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Qualità dell’Abitare - Normativa
“ABITARE” la Struttura Ospedaliera
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Le strutture sanitarie grazie ai vantaggi offerti dalle frontiere aperte dalle nuove tecnologie nell’ambito medico sanitario hanno inciso positivamente sulla qualità dei servizi offerti al cittadino, contribuendo così a migliorare l’immagine generale della Sanità. Tuttavia, episodi di infausti avvenimenti riportati alla ribalta dai media, ne oscurano immediatamente l’orizzonte. Di questi, parte sono attribuibili al personale sanitario, la parte rimanente è attribuibile al mancato o errato funzionamento dei dispositivi medici. L’ospedale è un ambiente nel quale si trova ad abitare per un periodo più o meno lungo il soggetto malato, attorno al quale gravita il personale sanitario che utilizza attrezzature, apparecchi e dispositivi medici. Risulta quindi essere un ambiente con molti rapporti tecnici ed umani che influiscono sul comportamento dei singoli. Diversamente da altri ambienti, la sicurezza non è riferita ad una categoria omogenea di persone, ma è estesa oltre al personale addetto, sanitario e non, anche ai pazienti e ai visitatori. Dispositivi Medici L’ingente panorama dei dispositivi medici, è soggetto in base alle linee guida CEI alla verifica periodica di ogni sua componete. Accanto a queste, sono state sviluppate norme Europee relative alla sicurezza e all’utilizzo, che sono peculiari per ciascun dispositivo medico. Prendendo in considerazione gli impianti gas medicali, essi risultano regolamentati dalla norma Europea armonizzata EN 737- 3, la quale si basa su cinque punti fondamentali che sono alla base della corretta gestione degli stessi, ovvero: -- non devono creare alcun rischio né per coloro che sono addetti alla produzione né per quelli che usufruiscono del gas medicinale; -- devono garantire continuità di erogazione in caso di malfunzionamento in quanto un fermo può generare malessere dei pazienti;
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Giuseppe Venditti Sapienza Università di Roma
-- devono comprendere almeno tre sorgenti in modo da rimediare all’eventuale fermo o malfunzionamento di una di queste; -- il loro dimensionamento deve essere conforme al progetto in modo da garantire sempre la produzione della quantità adeguata di gas medicale; -- la manutenzione separata di ogni singola parte dell'impianto deve essere garantita, in modo da evitare il fermo dello stesso. È importante sottolineare che né le linee guida CEI né le norme armonizzate sviluppano delle direttive sulla manutenzione; per questo motivo, la manutenzione di tali dispositivi è appannaggio delle aziende costruttrici oppure della stessa struttura ospedaliera. Spreco Sanitario Accanto alle problematiche relative ai dispositivi medici, un filone di grande importanza, e in costante aumento, riguarda il cosiddetto “spreco sanitario” causato dalla cattiva gestione delle risorse disponibili, con conseguente incremento della spesa sanitaria. In Italia il rapporto fra spesa sanitaria e PIL si attesta intorno al 7% (dato del 2008) con un incremento di circa 0,3 punti percentuali rispetto al 6,7%, valore di consuntivo del 2007. Si è stimato che la spesa sanitaria in relazione al PIL subirà un incremento del 9,2% nel 2060. A tutti questi costi c’è da aggiungere l’ulteriore spesa per tutte le aziende sanitarie - relativa all’acquisto di nuove apparecchiature per sostituire quelle che hanno superato abbondantemente la loro vita utile. Tutto ciò porta a una crescita sostanziale della spesa pubblica. In media, infatti, il 26% delle apparecchiature ha un’età superiore ai 10 anni ed ha quindi ampiamente superato, indipendentemente dalla tipologia, il proprio naturale ciclo di vita. Si può facilmente intuire che il mantenimento di un’apparecchiatura oltre la sua vita utile può portare ad effetti
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Figura 1. Rapporto spesa sanitaria - PIL
indesiderati quali guasti e malfunzionamenti che a loro volta sono associati a: -- infortuni; -- costi di manutenzione; -- errore ospedaliero.
Infortuni Dai dati INAIL relativi agli infortuni, si evince che una parte significativa pari al 12%, si può attribuire ad infortuni in ambiente ospedaliero, causati per lo più da macchine e attrezzature. Costi di Manutenzione I costi di manutenzione interessano una percentuale che va dal 7% al 12% del costo delle apparecchiature stesse. Bisogna inoltre considerare i costi di gestione dovuti ai tempi di fermo macchina. Errore Ospedaliero Su otto milioni di persone che ogni anno vengono ricoverate negli ospedali pubblici e privati del nostro Paese, il 4% circa, ovvero circa 320.000 persone, finiscono per riportare danni più o meno gravi alla propria salute. Di esse, circa 7.000 muoiono a causa di errori compiuti dal personale sanitario o causati da una non adeguata organizzazione delle strutture sanitarie.
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A causa di questi avvenimenti, gli utenti ricorrono sempre più frequentemente alla tutela giudiziaria. Sono infatti circa 12.000 le cause pendenti, per una richiesta di risarcimento danni pari a circa 2,5 miliardi di euro. A parità di incremento di numero di cause, i costi che gli ospedali dovranno sostenere per il pagamento delle polizze assicurative aumentano in modo esponenziale. Si stima che il denaro sprecato in conseguenza di mala gestione, errori e disorganizzazione, ammonta a circa dieci miliardi di Euro: una cifra pari quasi all’ 1% del nostro PIL nazionale e al 30% circa delle risorse destinate alle strutture ospedaliere. Secondo indagini recenti, tuttavia, è emerso che solo nel 16,7% dei casi si può parlare effettivamente di errori pro-
Figura 2. Obsolescenza del parco tecnologico nelle strutture sanitarie italiane pubbliche e private
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Qualità dell’Abitare - Normativa Di fronte a questo scenario, pur avendo a disposizione un ricco panorama normativo, non è possibile garantire la sicurezza che ciascuno al momento del ricovero auspica. Si cerca pertanto di raggiungere dei miglioramenti anche se la sicurezza totale e quindi l’assenza di incidenti è impossibile da ottenere soprattutto a causa degli ingenti costi. Tuttavia, sono possibili dei miglioramenti sui dispositivi grazie a continui e serrati controlli dalla fase di progettazione fino alla manutenzione. L’aspetto basilare e fondamentale risiede nell’ovviare al fattore umano e nell’agire sulla qualità e capacità dell’essere umano visto che lo stesso continua ad incidere in maniera rilevante e preoccupante sulla salute della collettività. Figura 3. Costi di manutenzione rispetto alla vita utile delle apparecchiature
fessionali da parte di medici e personale paramedico, mentre in circa metà dei casi si tratta di problemi riconducibili all’organizzazione logistica dell’ospedale (27,7%) o all’inadeguatezza delle strutture, come anche al cattivo o mancato funzionamento delle attrezzature scientifiche (31,8% ).
Bibliografia - Fedele L., “Progettare e gestire la sicurezza”, Mc Graw Hill, 2008 - Fedele L., Furlanetto L., Saccardi D., “Progettare e gestire la manutenzione”, Mc Graw Hill, 2004. - Decreto legislativo n. 46 del 24/02/1997 - Federchimica (2002), Impianti centralizzati distribuzione gas medicali
Se non lo sai chiedilo al CNIM
Il CNIM risponde a quesiti, curiosità e dubbi relativi al mondo della manutenzione civile e impiantistica.
I quesiti a cui il CNIM può rispondere spaziano dalla manutenzione, alla sicurezza, alla qualità, alla contrattualistica e alla normativa. Non è volontà né compito del CNIM fornire un servizio di assistenza consulenziale, quanto piuttosto offrire indicazioni e informazioni utili all’approfondimento e alla ricerca. I quesiti possono essere inviati per e-mail a: sportello@cnim.it All’indirizzo e-mail rispondono ingegneri ed esperti CNIM che evaderanno le richieste in tempi rapidi.
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Intervista agli Amministratori di Condominio
Intervista all’avvocato Filippo Cattaneo Marincola, amministratore di condominio
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Quando si parla di qualità dell’abitare, va da sé che si debba entrare nel vivo dei processi progettuali, costruttivi e gestionali degli edifici della nostra vita quotidiana. Non è scontato ottenere informazioni relative alla qualificazione dei progettisti e dei costruttori, alla qualità dei materiali e alle verifiche periodiche e alla manutenzione delle strutture e degli impianti. C’è una figura professionale che tutti conosciamo - l’amministratore di condominio - che adeguatamente formata e qualificata, può svolgere un ruolo essenziale per la nostra sicurezza e qualità quotidiana. È noto che negli Stati Uniti i cittadini scelgono dove andare ad abitare anche e soprattutto in funzione di chi è e qual’è il curriculum vitae del “building manager”. Consapevoli del ruolo fondamentale che svolge l’amministratore di un edificio, è sembrato opportuno e interessante, proporre in queste pagine una breve intervista ad un amministratore. Abbiamo intervistato l’avvocato Filippo Cattaneo Marincola, che svolge la professione di amministratore di condominio in edifici del centro di Roma. Il CNIM lo ringrazia per la sua disponibilità e cortesia.
Avv. Marincola, da quanto tempo svolge la professione di amministratore di condominio e quanti immobili gestisce attualmente? Da quasi quaranta anni espleto il mandato di amministratore dopo un consistente tirocinio di circa un anno “in biblioteca” presso uno studio legale di prevalente attività urbanistica. Oggi ho notevolmente ridotto il numero degli immobili gestiti a dieci - quindici unità. Quali sono i problemi principali o le difficoltà che incontra nello svolgimento della sua professione? Problemi e difficoltà di vario genere, ma quelli maggiori sono determinati, in linea di massima, dalla poca propensione dei condomini ad adeguarsi al regime o alla condizione di partecipanti ad una comunione per cui il proprio convincimento dovrebbe prevalere su quello degli altri.
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Come giudica il rapporto con i condomini? Quali sono le principali cause di contrasto? Ci può fare un esempio? In genere il rapporto con i condomini o meglio con alcuni tipi di condomini è ottimo, mi riferisco in particolare a quei soggetti che valutano obiettivamente il mandato conferito. Anche le cause di contrasto sono molteplici: in genere è l’insofferenza ad accettare situazioni di fatto dipendenti da fattori contingenti - alcuni esempi: si ferma l’impianto di riscaldamento: qualcuno particolarmente sensibile al freddo vorrebbe l’intervento ad horas; oppure si rompe il citofono o si spegne una lampada, ogni ditta o artigiano hanno necessità di tempi tecnici ed organizzativi, mentre il segnalante pretende immediato intervento. Per non parlare del condomino che ritiene, a suo giudizio, pregnanti interventi di consistente manutenzione o ristrutturazione e pertanto la non immediata, sollecita attuazione determina insofferenza, malcontento e mugugni. Quali sono le lamentele più frequenti dei condomini? Come riesce a gestirle? Le lamentele più frequenti, come ho già ricordato, concernono il riscaldamento, specie all’inizio dell’erogazione quando limiti e vincoli di legge non consentono di esaudire le richieste, e la disfunzione dell’ascensore specie per gli occupanti i piani alti: devo però dire che per questi ultimi con le recenti organizzazioni delle ditte la problematica è mitigata, resta, però, per qualche ditta il problema di sopperire alle eventuali molteplici richieste di interventi nei giorni prefestivi e festivi. In genere, gli artigiani che collaborano in caso di obiettiva urgenza intervengono in giornata o addirittura dopo qualche ora. Ritiene che la categoria degli amministratori di condominio sia rappresentata? A mio avviso la categoria degli amministratori non è compiutamente rappresentata. Questa mia affermazione potrebbe dar adito ad errata interpretazione, ma, vede, è la categoria stessa del tutto anomala.
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Intervista agli Amministratori di Condominio Ritiene lei che i corsi promossi dalle varie associazioni o enti con un limitato numero di “lezioni” possa effettivamente qualificare uno dei partecipanti a gestire compiutamente un condominio? Indipendentemente dal fattore economico per i realizzati introiti degli organizzatori, a mio avviso, il risultato dell’iniziativa potrebbe essere fuorviante per chi è indotto a ritenere sufficiente all’affidamento del mandato l’esibizione di attestato di avvenuta partecipazione al corso amministratori organizzato da tal dei tali. Ignoro se per l’iscrizione ad un corso simile sia necessaria l’esibizione di qualche certificazione di vario genere, anche se in sostanza l’ostacolo potrebbe essere facilmente superabile, ma insuperabile resta la limitazione temporale di apprendimento della vasta normativa condominiale. Nel caso avesse dei dubbi su tematiche relative alla sicurezza o all’applicazione della normativa relativa al condominio, c’è un’associazione o un ente a cui si rivolge? Se sì, tali realtà le sono state d’aiuto? È difficile non avere dubbi su tematiche relative alla sicurezza ed all’applicazione della biblica normativa relativa al condominio. Alcune pubblicazioni, a volte, riescono a sopperire a dette difficoltà enucleando dal contesto generale della normativa gli argomenti specifici che concernono il condominio. L’Associazione Romana della Pro-
prietà Edilizia a cui mi sono rivolto, e mi rivolgo in genere, è riuscita e riesce con i preposti per le specifiche specializzazioni a dipanare dubbi e a superare le difficoltà.
Di recente il CNIM ha ritenuto opportuno filmare le verifiche ispettive sugli impianti svolte dai propri ispettori e mettere a disposizione del proprietario di ogni singolo impianto il filmato. Ritiene che l’iniziativa sia valida? Quali ulteriori servizi desidererebbe avere da un organismo notificato? Ritengo senz’altro positiva l’iniziativa del CNIM di filmare le verifiche consegnando il filmato che l’amministratore dovrebbe conservare agli atti anche a futura memoria. Le pecche emerse nel corso della verifica possono essere notificate ai signori condomini, anche, principalmente, a quelli sempre scettici sui lavori o meglio sugli interventi da effettuare. Ad esempio, i meccanismi di un impianto ascensore - argano motore, quadro, impianto elettrico e in maggioranza le funi - non essendo a contatto con gli utilizzatori, vengono considerati indistruttibili ed eterni, da qui ne discende scarsa attendibilità dei lavori prescritti dall’ente ispettivo. Ritengo, altresì, sarebbe senz’altro apprezzata da parte dell’organismo notificato, una più aderente linearità sulle condizioni dei vari impianti senza cedere ad eventuali e a volte strane previsioni che non trovano fondata motivazione.
Il CNIM cambia veste
Da novembre 2009, il CNIM è on-line con un sito internet rinnovato Il periodo storico - economico in cui stiamo vivendo impone delle scelte e la flessibilità al cambiamento. Contestualmente il CNIM ha iniziato la riprogettazione in modo sostanziale, sia dal punto di vista dei contenuti, sia dal punto di vista grafico, del proprio sito Internet. Esso intende porsi quale strumento efficace e gradevole per tutti gli attori del mondo della manutenzione e di tutte le tematiche ad essa correlate (ambiente, qualità, sicurezza, management). Il nuovo sito del CNIM rappresenta un significativo passo avanti verso la diffusione della manutenzione nel mondo reale, costituito da imprese, cittadini, istituzioni, università, anche grazie a nuove funzionalità già oggi presenti, ed altre che si aggiungeranno nel tempo, coerentemente con il progresso al quale assistiamo e che necessita di una matura capacità di selezione del meglio. Si guarda avanti, dunque; avendo però riguardo a non trascurare il meglio del passato.
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Manutenzione straordinaria: interventi senza DIA Il DDL per la semplificazione amministrativa, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 12 novembre 2009, ha indicato che non è più necessario il titolo abilitativo per realizzare interventi di manutenzione straordinaria ammesso che non riguardino parti strutturali degli edifici. Senza DIA possono quindi essere realizzate le seguenti opere: pavimentazione di spazi esterni; installazione di pannelli solari, fotovoltaici e termici senza serbatoi esterni, fuori dai centri storici; arredi nelle pertinenze degli edifici; opere temporanee; serre mobili stagionali; movimenti di terra per le attività agricole. Il provvedimento aggiunge tali interventi di manutenzione straordinaria all’elenco di cui all’articolo 6 “Attività edilizia libera” del Testo unico dell’edilizia - DPR 380/2001. Resta confermato l’obbligo di titolo abilitativo per la manutenzione ordinaria, l’eliminazione delle barriere architettoniche e le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo. Le opere realizzabili senza titolo abilitativo dovranno comunque rispettare le più restrittive disposizioni regionali, gli strumenti urbanistici comunali e le altre normative di settore (antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, per l’efficienza energetica e per la tutela dei beni culturali e del paesaggio). Inoltre, gli interventi di manutenzione straordinaria non devono comportare l'aumento del numero delle unità immobiliari né implicare l'incremento degli standard urbanistici. Il Comune dovrà sempre essere informato - allegando le eventuali autorizzazioni obbligatorie e, solo per gli interventi di manutenzione straordinaria, l’indicazione dell’impresa che eseguirà i lavori - prima dell’inizio degli interventi (ad esclusione delle serre mobili e dei movimenti di terra). Le comunicazioni, anche in virtù della semplificazione amministrativa, possono avvenire per via telematica.
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Tali semplificazioni avrebbero dovuto essere incluse in un decreto legge la cui uscita era prevista in contemporanea con il piano casa. Il conflitto di competenze tra potere statale e regionale ha rallentato di fatto l’emissione del decreto, i cui contenuti sono confluiti nel DDL semplificazione.
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Norme antisismiche: quasi assenti per i ponti italiani Al Convegno ''Costruire e conservare in area sismica'' organizzato dall'Ordine dei Geologi della Campania di fine novembre, geologi ed esperti del settore hanno messo in evidenza che in Italia un ponte su tre non è a norma sismica. Ciò è vero sia per i piccoli ponti storici delle città d'arte come per i cavalcavia delle autostrade e, soprattutto, per le tangenziali costruite negli anni '70 e '80 che dovrebbero essere completamente revisionate dal punto di vista sismico. Ponti e tangenziali non a norma sono stati costruiti quando non esistevano ancora regole per le costruzioni antisismiche e inoltre, sono costruzioni soggette a scarsa o assente manutenzione. A dispetto di ciò si tratta, nella maggioranza dei casi, di costruzioni decisamente robuste in quanto le norme italiane hanno sempre privilegiato la sicurezza, tuttavia questo non significa che non ci siano rischi dovuti al degrado e all’insufficiente manutenzione ordinaria. Il disincentivo alla manutenzione è ora dato dal fatto che se dieci o venti anni fa ricorrere ad interventi manutentivi avrebbero avuto costi accessibili, ora i costi lievitano tanto da superare addirittura quelli della ricostruzione.
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Umberto I: global service miliardario La gara indetta dal Policlinico Umberto I per attività riguardanti pulizia, stoccaggio e gestione dinamica delle merci, servizio di noleggio, lavaggio biancheria e divise del personale, confezionamento e distribuzione pasti, manutenzione attrezzature da cucina, disinfestazione e derattizzazione, pulizia aree esterne,
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fornitura di materiale da consumo per distributori igienici, fornitura di prodotti alimentari, parte da una base di 24 milioni annui per una durata contrattuale di nove anni. L’impegno economico dell’azienda ospedaliera per i suddetti servizi è di poco superiore ai due miliardi di euro. Il maxi appalto ha reso diffidenti i sindacati, soprattutto l’UGL che lamenta il fatto che si possano investire così tanti soldi per indire appalti sui servizi, mentre non si riescono a trovare fondi per stabilizzare i precari o dare piccoli aumenti ai lavoratori già occupati. Inoltre, dal momento che in regime di global service un unico fornitore si trova nella condizione di gestire una pluralità di servizi, è spontaneo chiedersi cosa sarà delle imprese che oggi erogano quegli stessi servizi che, nel giro di un anno, verranno affidati ad un unico gestore.
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Pec: d’obbligo per i professionisti Entro il 28 novembre 2009 entra in vigore la PEC – la casella di posta elettronica certificata che non solo dovrà essere attiva, ma dovrà anche essere stata comunicata da parte di professionisti e consulenti del lavoro all'Ordine di appartenenza. Secondo infatti quanto previsto dal decreto legge del 29 novembre 2008 n. 185 (convertito nella legge 150/2009) gli Ordini saranno tenuti a pubblicare, in un elenco consultabile in via telematica, i dati identificativi degli iscritti, con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata. L'adozione di questo nuovo strumento comporterà un sensibile risparmio dei tempi nel disbrigo di una pratica oltre ad una significativa riduzione dei costi. Ogni professionista dovrà utilizzarlo per dialogare in modo sicuro, esclusivo e non oneroso con la pubblica amministrazione e con le aziende in tutti i casi in cui sia necessario dare valenza giuridica alle comunicazioni. A partire dal nuovo anno, il servizio di PEC verrà esteso a tutti quei cittadini che ne faranno richiesta.
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Manutenzione stradale: l’impegno della provincia di napoli La provincia di Napoli ha stanziato poco più di sette milioni di Euro destinati a otto progetti esecutivi per la rete viaria. I progetti riguarderanno in particolare la manutenzione stradale, con particolare riguardo alla messa in sicurezza delle arterie: eliminazione di buche e anomalie del piano stradale, ripulitura dei cigli stradali e delle cunette per lo smaltimento delle acque, ripristino dei guard rail e dei parapetti danneggiati, rinnovo della segnaletica stradale, sostituzione dei giunti danneggiati sulle strade, rifacimento della pavimentazione danneggiata e con asfalto a basso indice di aderenza e ripristino delle opere murarie lesionate. Il presidente della provincia di Napoli Luigi Cesaro ha dichiarato che entro l’anno verranno stanziati ulteriori tre milioni di Euro con l’obiettivo della messa in sicurezza delle arterie stradali della provincia per ridurre la sinistrosità stradale, così come imposto dal piano per la sicurezza.
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Coordinatore della sicurezza unico La Circolare n. 30/2009 del Ministero del lavoro:"Applicazione delle disposizioni dell’articolo 90, comma 11 decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche" prevede che nei cantieri privati sotto i 100.000 euro non soggetti a permesso di costruire, il committente non è tenuto a nominare il coordinatore per la progettazione. Chiarisce inoltre che i compiti del coordinatore per la progettazione saranno svolti da quello per l’esecuzione, che dovrà quindi preparare anche il fascicolo tecnico e il piano di sicurezza e coordinamento. In particolare, il comma 11 dell'art. 90 persegue la finalità di consentire al committente la nomina del solo coordinatore per l'esecuzione in cantieri non particolarmente complessi. In tali casi, il coordinatore per la esecuzione svolge, senza eccezioni o limitazioni, tutte le funzioni del coordinatore per la progettazione.
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Viviamo per decine di anni sempre nelle stesse abitazioni e nei medesimi uffici; più di talvolta per tutta la vita. Eppure di questi edifici non sappiamo generalmente quasi nulla: l’anno di fabbricazione, la qualità dei materiali utilizzati, il livello di qualificazione delle imprese che li hanno costruiti, il nome dei progettisti, lo stato degli impianti istallati… e tante altre informazioni che di certo non ci sfuggono - anzi pretendiamo - quando utilizziamo qualunque altro manufatto. Non solo: più o meno inconsciamente, ci aspettiamo qualcosa di tecnicamente impossibile, ovvero che i nostri edifici durino per sempre.
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dalla presentazione a “Linee guida per la gestione sistematica della manutenzione degli edifici”
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