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la Parola ai legali
Quali sono i trend legali del 2023 nel mondo retail real? Sicuramente, le norme ESG e il loro impatto su locazioni e affitti di ramo d’azienda, ma anche l’estensione agli affitti di licenza e sfratto per finita locazione, il ruolo del commercio nella rigenerazione urbana e le novità nel franchising a seguito delle recenti pronunce dell’AGCM.
il green deal euroPeo
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di Maria Grazia ColoMbo, Partner, CoCuzza & assoCiati
Il 16.12.2022 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la Direttiva 2022/2464 la quale mira ad attuare il Green Deal europeo, preannunciato dalla Commissione Europea nella propria comunicazione dell’11.12.2019.
Scopo della direttiva - nota anche come “Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)” - è quello di 1) trasformare l’Unione in un’economia efficiente e competitiva con l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, 2) proteggere il capitale naturale dell’Unione e la salute dei cittadini, garantendo una transizione socialmente giusta verso un’economia sostenibile ed inclusiva e 3) creare un’economia a servizio dei cittadini che generi stabilità, crescita e posti di lavoro.
I temi non sono nuovi poiché la “Non Financial Reporting Directive (NFRD)” del 2014, implementata in Italia dal D.Lgs. 254/2016, prevedeva già in capo a determinati tipi di società obblighi di rendicontazione su temi ambientali e sociali (la cosìddetta comunicazione non finanziaria). La NFRD non ha però saputo arginare il fenomeno del greenwashing ovvero dell’ecologismo di facciata e l’ha, in un certo senso, originato a causa della scarsa specificità delle comunicazioni da essa prevista.
L a nuova direttiva compie una scelta di campo che è evidente sin dalla scelta di usare l’espressione “rendicontazione di sostenibilità” in luogo della precedente “rendicontazione non finanziaria” così da rendere indubbia la propria finalità. M a aspetti linguistici a parte, le vere novità della nuova rendicontazione consistono:
1 ) nella cosiddetta “doppia materialità” delle informazioni richieste: i soggetti tenuti a provvedervi dovranno infatti comunicare sia informazioni relative all’impatto della sostenibilità sulle proprie attività (prospettiva outside-in; ad esempio, l’impatto del clima sulle scelte aziendali) sia informazioni relative all’impatto delle proprie azioni sulla società e sull’ambiente (prospettiva inside-out; ad esempio, le emissioni gassose nell’atmosfera dai propri impianti);
2 ) nell’estensione dell’obbligo di rendicontazione ad un novero più ampio di soggetti;
3 ) nella previsione di nuovi standard europei per la compilazione della rendicontazione che verranno emanati dalla Commissione entro il 30.6.2023.
L a roadmap tracciata dalla direttiva prevede momenti diversi per la sua applicazione; toccherà dapprima alle grandi imprese già soggette alla NFRD (1.1.2024), poi alle altre grandi imprese (1.1.205), poi alle PMI quotate (1.1.2026) e infine alle imprese di paesi extra-UE che realizzano ricavi netti superiori a Euro 150 milioni nell’Unione mediante imprese figlie o succursali. di Pietro Minaudo, of Counsel, CoCuzza & assoCiati
L a CSRD è in vigore dal 5.1.2023 e dovrà essere recepita dai singoli Stati Membri al proprio interno entro il 6.7.2024 (con l’eccezione dell’art. 4 che è direttamente applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2024).
Ne gli ultimi anni, con sempre più frequenza, i fondi di investimento, le SGR, gli enti creditizi ed assicurativi, oltre alle società di capitali più virtuose stanno orientando i propri investimenti verso asset finanziari e attività economiche sostenibili.
L a Commissione europea, con il Regolamento UE 2020/852, ha voluto fare chiarezza su quali iniziative economiche possano univocamente considerarsi sostenibili ed ha così introdotto nel sistema normativo europeo la “tassonomia” ovvero una classificazione delle attività economiche che possono essere considerate sostenibili in base ad obiettivi ambientali e di carattere sociale dell’Unione Europea.
A chi è indirizzata la tassonomia:
- alle imprese soggette all’obbligo di pubblicare una rendicontazione di carattere non finanziario, ovvero di sostenibilità, contenente informazioni allineate ai criteri della tassonomia europea, secondo la Direttiva UE 2022/2464 - “CSRD”;
- agli investitori che offrono prodotti finanziari nell’Unione europea, inclusi i fondi pensione, che devono fornire informazioni riguardo la conformità dei prodotti che offrono ai criteri della tassonomia;
- alle pubbliche amministrazioni, che possono utilizzare i criteri della tassonomia per definire e migliorare le proprie politiche di transizione ecologica e di incentivi pubblici.
Q uali sono i sei obiettivi ambientali e climatici previsti dal Regolamento UE:
1. mitigazione del cambiamento climatico;
2. adattamento al cambiamento climatico;
3 uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine;
4. transizione verso l’economia circolare, con riferimento anche a riduzione e riciclo dei rifiuti;
5 prevenzione e controllo dell’inquinamento;
6 protezione della biodiversità e della salute degli eco-sistemi.
Per essere ecosostenibile, pertanto, un’attività dovrà soddisfare i seguenti criteri:
1. contribuire positivamente in modo sostanziale ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali;
2. non produrre impatti negativi su nessun altro obiettivo;
3. essere svolta nel rispetto di garanzie sociali minime.
I l Regolamento UE rinvia ad una serie di atti delegati la disciplina specifica dei criteri che permettono di stabilire a quali condizioni ciascuna attività economica può fornire un contributo sostanziale ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali ivi identificati, senza arrecare danni significativi a nessuno degli altri cinque, secondo il principio del “Do No Significant Harm”.
I l 4 giugno 2021, la Commissione ha adottato il primo atto delegato della tassonomia UE, il Climate Delegated Act, che definisce i criteri tecnici per contribuire al raggiungimento dei primi due obiettivi della tassonomia europea: mitigazione del cambiamento climatico e adattamento al cambiamento climatico. Per quanto riguarda i restanti quattro obiettivi ambientali, la Commissione UE ha aperto una consultazione pubblica per arrivare nei prossimi mesi a presentare i relativi atti delegati di dettaglio.
le clausole esg e contratti retail: a che Punto siamo?
di Giulia CoMParini, Partner, CoCuzza & assoCiati
Il mercato retail negli ultimi tre anni ha resistito, complessivamente in maniera positiva, ad una serie di eventi dirompenti che si sono verificati e succeduti nel tempo, praticamente senza soluzione di continuità: in primo luogo, la pandemia e, in secondo luogo, la crisi geopolitica che è a tutt’oggi ancora in corso. In particolare, la chiusura forzosa degli esercizi commerciali, l’aumento del costo delle materie prime e l’inflazione hanno impattato inevitabilmente anche sui contratti fra landlord e tenant imponendo alle parti di giungere a compromessi e di implementare una maggiore flessibilità nei loro rapporti.
Tutti questi accadimenti hanno portato una forte accelerazione anche sui temi della sostenibilità, di cui si parlava già da tempo, ma che non erano mai stati oggetto di una vera riflessione e, soprattutto, di una seria implementazione a livello dei contratti, almeno nel nostro paese.
S ebbene in Italia siamo ancora all’inizio di questo processo, è ormai possibile affermare che l’inserimento di clausole ESG nei contratti retail è diventato una costante per tutte le società che operano professionalmente in questo mercato.
L e forme attraverso le quali queste clausole vengono inserite nei contratti sono tuttavia ancora molto varie: alcune proprietà, le inseriscono in protocolli da allegare al contratto, omettendo di fatto una vera e propria negoziazione con il conduttore e richiedendo a quest’ultimo una pattuizione di “best effort” per la concreta implementazione delle medesime. All’opposto, altre proprietà tendono ad imporre tali clausole ai tenant e ad inserire precisi KPI misurabili attraverso il ricorso a sofisticati software che sono ormai accessibili nel mercato. Ma quali sono in concreto i contenuti delle clausole ESG presenti nei contratti retail?
I contenuti variano in modo significativo per quanto riguarda l’obiettivo, il contenuto, l’ambito di applicazione e, come detto, l’impegno giuridico. Nel mondo anglosassone tali clausole vengono classificate come “light green” o “dark green” al seconda della loro minore o maggiore rigorosità. Esse hanno tuttavia finalità comuni che consistono, per lo più, nella individuazione di strategie adeguate per migliorare la sicurezza, la salute, il benessere e le prestazioni ambientali dell’edificio oggetto del contratto e nello stabilire obiettivi per l’utilizzo di energia, gas e acqua e per la riduzione e valorizzazione dei rifiuti.
A i fini di una corretta implementazione di tali clausole è essenziale che sia garantito, nella vigenza del contratto, un continuo scambio di informazioni fra le parti: talvolta è opportuno prevedere anche incontri periodici per la valutazione congiunta dei risultati raggiunti.
L’inserimento delle clausole ESG nei contratti comporta senza dubbio un certo livello di sofisticazione di entrambe le parti e la loro corretta implementazione necessita di una attenta negoziazione delle medesime e di una fruttuosa collaborazione, piuttosto che una rigida imposizione parte dei landlord.
locazione e affitto: contratti semPre Più simili
di roberto tirone, Partner, CoCuzza & assoCiati
LL a riforma del processo civile (c.d. riforma Cartabia) ha modificato l’art.
657 c.p.c., prevedendo che anche per i contratti di affitto d’azienda (e di ramo d’azienda) è possibile richiedere la licenza per finita locazione, prima della scadenza del contratto, o lo sfratto, dopo la scadenza del contratto. Tale modifica del codice di procedura civile è di estremo interesse per gli operatori commerciali poiché introduce la possibilità di ottenere la dichiarazione giudiziale di cessazione del contratto di affitto d’azienda con una procedura ben più rapida di quella ordinaria, come avviene per le locazioni.
La domanda che ci si pone è se anche la procedura di sfratto per morosità di cui all’art. 658 c.p.c. possa essere applicata ai contratti di affitto.
L a legge delega, infatti, prevedeva espressamente l’estensione agli affitti anche di tale procedura speciale, ma poi nel DLGS 149/2022 nulla è stato detto: l’art. 658 c.p.c. non è stato modificato e, pertanto, vengono citati solamente “locatore” e “conduttore”, soggetti che rappresentano solamente le due parti di un contratto di locazione.
Solamente la giurisprudenza chiarirà tale aspetto. Oggi si può affermare – da una parte - che l’estensione della procedura di sfratto per morosità ai contratti di affitto è implicita in quanto espressamente prevista nella legge delega ed in quanto in precedenza essa era applicabile alla colonia, alla mezzadria ed all’affitto agrario (indicati all’art. 657 c.p.c.) senza necessità di esplicitarlo nell’art. 658 c.p.c. Dall’altra, si può altrettanto validamente affermare che la mancata modifica dell’art. 658 c.p.c., il mantenimento dei soggetti “locatore” e “conduttore”, il rilevante effetto che avrebbe l’applicazione agli affitti dello sfratto per morosità, siano chiari indici che l’art. 658 c.p.c. non si applica agli affitti d’azienda.
La scelta di una interpretazione o dell’altra è di grande rilievo. Infatti, qualora si interpreti la riforma Cartabia nel senso che è estesa all’affitto d’azienda la procedura di sfratto per morosità, l’affittuario certamente non beneficerà di alcun termine di grazia o della possibilità di sanare la propria morosità in udienza, per cui il pagamento effettuato dopo la notifica dell’atto di citazione potrebbe non escludere la risoluzione del contratto per inadempimento.
A ciò si aggiunga che ammettendo la possibilità di applicare la procedura di sfratto per morosità agli affitti, il concedente avrà la possibilità di richiedere nel procedimento di sfratto per morosità, anche l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti, così come accade per le locazioni.
Rigenerazione Urbana E Il Ruolo Del Commercio
di thoMas MaMbrini, Partner, CoCuzza & assoCiati
L’espressione “rigenerazione urbana” viene generalmente utilizzata in tutte le ipotesi di recupero e riutilizzo, edilizio ed urbanistico, di aree urbane ed edifici degradati e dismessi. L’ambizione iniziale era quella di riuscire a ridurre l’estensione di aree indisponibili e potenzialmente pericolose (per le più varie ragioni), restituendone l’utilizzo alla collettività ed evitare il consumo di nuovo suolo.
Dal punto di vista normativo l’intuizione in tal senso è stata delle Regioni, intervenute per sopperire all’inerzia del Legislatore statale, che, ad oggi, non ha ancora approvato una propria legge sul tema.
O g gi il concetto di “rigenerazione urbana” ha una portata molto più ampia, ricomprendendo la riqualificazione dello spazio urbano in funzione della sua rivitalizzazione; quest’ultima si realizza non solo mediante il riuso di immobili ed aree ma anche favorendo l’insediamento di funzioni capaci di (ri)creare, ad esempio, aggregazione sociale, tra le quali, sicuramente, spicca quella del “commercio”, in ogni sua forma (vendita, servizi, mercati, etc.). abuso di diPendenza economica: il lieto fine delle istruttorie della agcm grazie agli imPegni degli oPeratori di alessandro barzaGhi, Managing Partner, CoCuzza & assoCiati
L a funzione di rivitalizzazione urbana del commercio era già stata valorizzata da alcune Regioni, che hanno previsto interventi tesi a favorire l’insediamento in particolari ambiti territoriali, ad esempio, con i Distretti Urbani del Commercio (DUC) della Lombardia. Tale funzione propria delle attività commerciali è stata ripresa da alcune Regioni anche nell’ambito della propria disciplina sulla rigenerazione urbana, come ad esempio la Regione Lazio (L.R. n. 7/2017), che individua tra gli obiettivi delle misure di rigenerazione, quello di favorire l’insediamento delle piccole attività commerciali, anche dedicate alla vendita dei prodotti provenienti dalla filiera corta. Similmente, la Regione Calabria che con la recente L.R. 25/2022 si prefigge, tra l’altro, di tutelare i centri urbani dal degrado causato dai processi di desertificazione delle attività commerciali.
Anche Regione Lombardia con la L.R. 18/2019 individua misure premiali nell’ambito degli interventi di rigenerazione urbana finalizzati all’insediamento di nuovi esercizi di vicinato ed attività artigianali di servizio, anche in deroga agli strumenti urbanistici comunali.
Ad oggi, tuttavia, sembrerebbe che le Regioni tendano a prediligere esclusivamente le piccole attività commerciali, con esclusione delle attività di media e grande dimensione.
Tale scelta potrebbe determinare un disincentivo ad intervenire in determinati ambiti urbani che, in ragione ad esempio della loro localizzazione e/o dimensione, necessiterebbero di accogliere strutture commerciali di maggiori dimensioni per una più efficace (ed anche proficua, in termini di investimento) riqualificazione.
A parere di chi scrive, il tema merita sicuramente un approfondimento con riferimento al bilanciamento tra le potenziali esternalità negative ed i benefici, in termini di rivitalizzazione e rigenerazione, che l’insediamento anche di tali strutture commerciali genera sul contesto urbano.
Ca pita raramente di registrare un riscontro della giurisprudenza su questioni rilevanti in tempi brevi. Certamente è infrequente che ciò accada nello spazio di un anno e quindi quello di un report che osserva tale cadenza.
Nel caso del franchising ciò è successo e siamo lieti di darne atto in questa sede: tutte e tre le istruttorie dell’Autorità Garante Concorrenza e Mercato
(AGCM) cui avevamo accennato nell’edizione 2022 sono state chiuse.
Tali istruttorie sono state condotte sulla base dell’art. 9 della legge sulla subfornitura sul divieto di abuso di dipendenza economica che la giurisprudenza ha esteso anche ad altre figure contrattuali tra cui il franchising.
È un piacere constatare che l’esito è stato tutt’altro che catastrofico per il mondo del franchising, con prevalenza della soluzione forse più auspicabile, e ciò anche in quanto… non si è giunti a decisioni e perciò ad alcuna sanzione.
In questo tipo di procedimento, infatti, è possibile che un’istruttoria non si chiuda con una decisione dell’Autorità ma solo a fronte dell’assunzione di impegni da parte dei soggetti oggetto della medesima che, ove giudicati sufficienti dall’AGCM, evitano sanzioni e conseguenze peggiori.
Q uesta soluzione è auspicabile perché lascia che sia il diritto privato a reperire le formule e gli strumenti per regolare un determinato rapporto, anziché far sì che sia una autorità esterna a far capolino nel rapporto tra i soggetti e “correggere” così il pattuito.
L’esito delle relative indagini, pertanto è la chiusura dei procedimenti. L’AGCM impone agli operatori di rendere obbligatori gli impegni presentati esattamente nei termini comunicati all’AGCM e facilmente consultabili sul sito di quest’ultima, imponendo altresì di dare atto dell’attuazione di tali impegni. Come contropartita, l’AGCM chiude il procedimento senza accertare l’abuso di dipendenza economica e irrogare perciò le relative sanzioni.
Nei casi di specie, si ricorderà, erano state messe sotto indagine un gran numero di clausole in realtà tipiche e funzionali al contratto di affiliazione commerciale, necessarie per la tenuta stessa di questo particolare rapporto contrattuale.
Tra le molte, ricordiamo l’obbligo di consegna di una garanzia bancaria da parte dell’affiliato, il divieto di change of control e di cessione del contratto o del punto vendita e l’obbligo di utilizzare professionisti di fiducia del franchisor per la progettazione del punto vendita. Con tutta evidenza, queste sono clausole spesso necessarie al buon funzionamento di un contratto di franchising.
C e ne sono altre, tuttavia, che possono rivelarsi, in astratto o in concreto, abusive. E proprio su queste si sono concentrati gli impegni degli operatori. Segnaliamo per esempio l’eliminazione dell’obbligo di riassortimento automatico della merce con introduzione di una policy per gestire gli ordini di acquisto, e la ristrutturazione di tutta la gestione della fase precontrattuale. Impegni, unitamente ad altri, sufficienti per l’AGCM.
Advisory Board
Andrea Aiello CEO
EDIFIS S.P.A.
Luca Foresti CEO
CENTRO MEDICO SANTAGOSTINO Maddalena Panu Head of Retail & Special Projects
SAVILLS
Emanuele Pedrotti Partner
MCKINSEY & COMPANY
Francesca Zirnstein Direttore Generale
SCENARI IMMOBILIARI