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Tra timori di recessione e debole ottimismo
L’ufficio studi di Confartigianato a inizio febbraio ha presentato una nuova analisi dedicata alla congiuntura economica. Sul 2023 incombono le ombre della stagflazione, un fenomeno in cui coesistono stagnazione economica e alta inflazione. Dalla lettura dei dati emerge una forte frenata per gli investimenti: proprio per questa componente di domanda, nel 2022, l’Italia è stata locomotiva nell’Unione europea. I più recenti indicatori sono però positivi con un calo del PIL meno severo del previsto, rendendo attualmente meno probabile uno scenario di recessione. Per quanto attiene alla stretta monetaria si iniziano ad apprezzare i primi effetti di una riduzione dell’inflazione che a dicembre 2022 resta alta ma beneficia del calo dei prezzi sui beni energetici. Nonostante al momento non ci siano segnali di un’intensa spirale tra prezzi e salari, permane il rischio di una sincronizzazione prociclica con una politica fiscale prudente. I tassi praticati alle imprese stanno accelerando e solo durante la crisi del debito sovrano si registrò una crescita tendenziale più intensa: c’è il rischio di effetti negativi su investimenti, produttività e transizione green e digitale. La salita dei tassi sui mutui per l’acquisto di abitazioni è un fattore di freno alla filiera immobiliare, il settore driver della ripresa post pandemia. Per quanto riguarda la dinamica dei prestiti alle imprese, continuano a crescere, sostenuti dai servizi, ma in rallentamento per la minor richiesta a fine di investimento e a seguito del più alto livello dei tassi di interesse, sale invece la domanda per finanziare scorte e capitale circolante. Cresce la difficoltà di accesso al credito e continuano a peggiorare le condizioni di offerta. Sulle prospettive per il 2023 incombono alcuni fattori di incertezza: intensità della stretta monetaria, instabilità finanziaria, evoluzione della guerra in Ucraina, dinamica dei prezzi dell’energia, il rallentamento della Cina e i ritardi nell’attuazione del PNRR. Resta alta l’incertezza delle imprese manifatturiere sull’andamento futuro dei propri affari con un quinto delle imprese esportatrici che registra scarsità di materiali: su quasi una su tre pesa l’influenza negativa di costi e prezzi mentre pare migliorare il problema dei tempi di consegna, complice anche il forte calo dei costi del nolo di container. Lo studio mostra che la produzione manifatturiera registra un calo congiunturale dello 0,5% nel trimestre settembre-novembre 2022, dopo la crescita del primo semestre 2022, trainata da moda, gioielleria, occhialeria e legno, settori con ampia presenza di imprese artigiane. Nel 2022 le esportazioni sono cresciute del 20,5% in valore, ma solo dello 0,3% in volume e ciò grazie al 4,3% dei beni di consumo, a una maggior spinta dai settori a maggior presenza di MPI e dei mercati europei nonché degli USA, terzo partner commerciale del nostro Paese. La produzione delle costruzioni registra un aumento congiunturale dell’1,4% nel trimestre settembre-novembre 2022, continuando la salita iniziata in estate, dopo la frenata in primavera 2022 influenzata dalle modifiche alle normative sui bonus edilizi: tra agli incentivi si segnala che il Superbonus 110% a fine 2022 ha toccato quota 62,5 miliardi di euro ammessi a detrazione.
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Scuola distante dalle imprese
Demografia e mercato del lavoro
demografica si riflettono infatti sul sistema delle imprese con il calo della forza lavoro e la difficoltà nel reperire giovani qualificati ai quali trasmettere il sapere artigiano.
La crisi demografica è uno dei temi chiave per il futuro dell’economia italiana. Come sintetizzato in un recente intervento dal presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli “il progressivo invecchiamento della popolazione unito alla costante denatalità rappresentano un fenomeno che vede il nostro Paese con la popolazione meno giovane in tutta l’Unione europea. Di questo passo si arriva a minare la stabilità economica e sociale dell’Italia e la capacità di competere alla pari con gli altri Paesi, non solo occidentali.” Le conseguenze della crisi
Confartigianato ha ripetutamente espresso preoccupazione per questa tendenza che rischia di compromettere l’eccellenza manifatturiera espressa dagli artigiani e dalle piccole imprese italiane e di farci scivolare verso produzioni a minore valore aggiunto. L’assenza di vero dialogo tra scuola e mondo del lavoro aggrava ulteriormente la situazione, lo scollamento tra queste due realtà fa sì che i giovani non abbiano le competenze richieste dalle imprese. Evidenze che inevitabilmente si riverberano sul mercato del lavoro. Eppure, nonostante l’incertezza del momento, cresce la domanda di lavoro stabile e 2 occupati permanenti su 3 sono richiesti dalle micro imprese, soprattutto le realtà che operano nel comparto edile si confermano driver del recupero post-pandemia. Le previsioni sulle entrate di lavoratori nelle imprese crescono nel I trimestre 2023 trainate da manifatturiero e costruzioni. Resta il paradosso, frutto del pesante gap formativo fra domanda e offerta, di rilevare che sono difficili da reperire il 45,6% delle entrate previste a gennaio 2023, quota che sale a 55,8% per gli operai specializzati e conduttori impianti.