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Un’industria a dimensione umana

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Un’ industria a dimensione umana

Kerry Kennedy, Rodolfo Fracassi e Noreena Hertz, ospiti dell’Assemblea Generale di Confindustria Emilia Area Centro, hanno parlato di diritti umani, sostenibilità e cambiamento

di Marianna Saguatti La mano di un robot e quella di un umano che si stringono. In quest’immagine, scelta per la campagna di comunicazione di Farete 2017 e ricreata sul palco dal giornalista del “Sole 24 Ore-Radio24”, Simone Spetia, e Pepper, il robot dell’Innovation Center di Intesa Sanpaolo che insieme a lui ha presentato la prima Assemblea generale pubblica di Confindustria Emilia Area Centro, è sintetizzato uno dei messaggi principali Kerry Kennedy lanciati dalla nuova realtà associativa nata dalla fusione tra le territoriali di Bologna, Ferrara e Modena. L’unione di innovazione e persone capaci, di tecnologia e fattore umano, ben rappresenta il cuore dell’Emilia e costituisce una delle sfide più importanti per il futuro delle imprese. E proprio per affrontare le prove del futuro, il panorama manifatturiero emiliano ha bisogno di consolidare la propria identità definendo alcuni punti saldi del proprio operare. Da questi spunti hanno preso il via gli inRobert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights e presidente onorario della Robert F. Kennedy Foundation of Europe, Rodolfo Fracassi, co-fondatore e amministratore delegato di MainStreet Partners, e Noreena Hertz, autrice, economista, commentatrice radiotelevisiva e visiting professor all’University College di Londra, intervenuti dal palco principale dopo la relazione introduttiva del presidente Alberto Vacchi, che hanno offerto agli imprenditori emiliani il proprio contributo su temi pregnanti quali la responsabilità sociale d’impresa, la tutela dell’ambiente e il ruolo chiave delle nuove generazioni. “L’investimento sostenibile rappresenta un modo per investire nel futuro che ci rende orgogliosi del modo in cui realizziamo i nostri profitti”, ha sottolineato Kerry Kennedy nell’invitare la platea a guardare oltre i tradizionali algoritmi finanziari e a prendere sempre in esame i fattori di rischio ESG (Enviromental, Social and Governance) nell’impegnare il proprio denaro. “L’investimento in diritti umani non viene effettuato solo perché è moralmente giusto farlo, ma anche perché le violazioni dei diritti umani sono pericoli che rappresentano elementi fondamentali nella gestione e nel rischio degli investimenti. Non considerare questi aspetti equivale ad investire in una sorta di bomba a orologeria che prima o poi esploderà, per questo è importante che tutti noi contribuiamo al cambiamento e ci chiediamo quale sia l’impatto delle violazioni dei diritti umani o della corruzione sull’investimento. Ci sono minacce globali che continuano a ridurre lo spazio civico

terventi di Kerry Kennedy, presidente del

Rodolfo Fracassi

necessario ai diritti umani, alla democrazia.

Noreena Hertz

Impegnarci collettivamente per educare i giovani e dare loro gli strumenti necessari per affrontare queste sfide è il modo migliore per garantire un mondo più giusto, più equo e pacifico alle generazioni future”. Kerry Kennedy, che dal 1968 riunisce all’interno del Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights leader di tutto il mondo accomunati dall’impegno nei confronti della giustizia sociale, ha offerto anche una panoramica del mercato dal punto di vista dei consumatori: “Uno su tre considera esclusivamente brand che garantiscono un comportamento virtuoso e fare 75

un impatto positivo sul pianeta e il 90% di loro opterebbe per un marchio sostenibile”. Rodolfo Fracassi, che dopo un anno sabbatico speso per realizzare il proprio sogno di attraversare il Sud America in bici ha fatto fruttare l’esperienza acquisita precedentemente nel campo della finanza per fondare, nel 2008, una società di investimenti ad alto impatto sociale e ambientale in campi quali salute, educazione, alimentazione, ha confermato l’aumentata sensibilità globale: “Oggi i consumatori vogliono vedere l’impegno nei confronti della sostenibilità. È un aspetto che dovete tenere a mente sempre e comunque. Se guardate i numeri delle obbligazioni green, nel 2011 rappresentavano una piccolissima nicchia da 2 miliardi di dollari. Nel 2017 siamo arrivati a 200 miliardi: è una fetta di mercato enorme con la quale prima o poi dovrete confrontarvi. Non pensate che il comportamento virtuoso debba essere applicato da altri: come imprenditori dobbiamo costantemente accertarci che all’interno della nostra azienda vengano rispettati gli standard della sostenibilità e come investitori abbiamo non solo il dovere, ma anche il diritto di chiedere a chi gestisce il nostro denaro come questo verrà investito”, ha avvertito Fracassi. Quella raccolta da MainStreet Partners è, nel mondo della finanza di ieri e di oggi, una sfida imponente: “Non è facile persuadere gli investitori a cambiare marcia, convincerli che si può ottenere un rendimento anche prestando una fortissima attenzione alle variabili sociali e ambientali. Ma qualcuno deve farlo: se non si comincia, non succederà mai”. La lezione è puntare dritti al cambiamento, dunque, un cambiamento che, ha sottolineato Noreena Hertz, va però accompagnato e gestito con consapevolezza: “La storia non è un esercito che marcia in avanti e ciò che funzionava ieri non necessariamente funzionerà domani. Questo vale soprattutto in un mondo come quello in cui viviamo, così complesso e in rapida evoluzione. Nell’epoca dell’incertezza radicale, degli sconvolgimenti geopolitici, economici, tecnologici, sociali e ambientali, le vecchie regole del gioco non valgono più”. I nuovi trend sociali hanno una forza dirompente ma, secondo Noreena Hertz, che negli ultimi quattro anni ha realizzato uno studio 76 fare

BOCCIA: “CONFINDUSTRIA EMILIA, UN PICCOLO CAPOLAVORO PER AFFRONTARE INSIEME LE SFIDE DEL FUTURO”

“Innanzitutto vorrei esprimere gratitudine e riconoscenza al Presidente Alberto Vacchi per ciò che ha realizzato con la nascita di Confindustria Emilia, un piccolo capolavoro in cui leggiamo il percorso che avete tracciato, quello di una categoria responsabile, coerente ed esemplare, che sa essere e fare sistema”. Ha aperto così il suo intervento sul palco di Farete il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, al quale erano affidate le conclusioni della prima Assemblea Generale di Confindustria Emilia Area Centro. “Sono orgoglioso di condividere con voi una visione del futuro che pone le imprese al centro dell’economia e le persone al centro della società. Un pensiero economico che sottintende una società aperta, inclusiva, in grado di accogliere i giovani nel mondo del lavoro e permettere loro di definire un progetto di vita, attivare la domanda all’interno del Paese e rendere più competitive le imprese che assumono. Nei fatti, non nei titoli. La crescita è per noi una precondizione per contrastare disuguaglianze e povertà, non un fine. Rappresentanza significa invece, per Confindustria, essere un ponte tra gli interessi delle imprese e gli interessi della società”. Il Presidente di Confindustria ha poi posto l’accento sul potere delle scelte di politica economica, determinanti per la competitività del Paese: “Sono convinto che esista una connessione tra gli strumenti di politica economica e la capacità di reazione delle imprese italiane, che diventa rilevante quando la politica economica interviene sui nodi di sviluppo. I dati sono positivi, il Pil cresce più delle aspettative, l’occupazione e gli investimenti riprendono. Ma dobbiamo essere chiari: siamo all’inizio di una inversione di tendenza, non a una ripresa costante e strutturale. Si parla ancora troppo di distribuzione e troppo poco di produzione, il fiore all’occhiello del nostro Paese”. La sfida da affrontare, secondo il Presidente di Confindustria, è quella tra Europa e mondo esterno, non quella tra Paesi europei: “Da secondo Paese industriale d’Europa non possiamo permetterci di utilizzare la questione europea quale alibi per non affrontare quella italiana. Tutti noi sappiamo che da soli possiamo fare tanto, nelle nostre fabbriche, insieme ai nostri collaboratori, ma da soli questa volta non ce la faremo. Abbiamo bisogno di un Paese e di un’Europa competitivi, di una politica integrata che sia all’altezza delle sfide che ci attendono”.

approfondito su una nuova generazione di consumatori, potrebbero non essere ancora comparsi chiaramente sui nostri radar. “È importante che siate consci del potere emergente di quella che ho chiamato Generazione K, che comprende i giovani dai 14 ai 22 anni e rappresenta un mercato in rapida ascesa che vale già 150 miliardi di euro in Europa. Un numero sempre maggiore di queste persone entrerà presto a fare parte della vostra forza lavoro, ma si tratta di una generazione completamente differente rispetto a quelle precedenti, plasmata dalla tecnologia e dalle minacce esistenziali che è costretta a sperimentare. La Generazione K si preoccupa del cambiamento climatico, del terrorismo, dell’ambiente, e l’Italia è il Paese con la percentuale più elevata di giovani convinti che il mondo stia diventando un posto peggiore”. Numeri alla mano, ha spiegato Hertz, “al 60% di adulti che si fida delle multinazionali corrisponde solo un 6% di giovanissimi. Se il contratto sociale tra questi e le multinazionali si è rotto, come ripararlo deve essere una priorità sulla vostra agenda”.

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