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Il nostro progetto SPAL dedicato alla città
sport “Il nostro progetto SPAL dedicato alla città”
Il patron Simone Colombarini descrive la storia di successo che ha caratterizzato gli ultimi quattro anni della gloriosa società calcistica ferrarese
Colombarini, nell’estate 2013 la vostra famiglia ha acquistato la SPAL, Società polisportiva Ars et Labor, che attraversava un
momento buio. Nel giro di quattro anni è stata scritta una storia di successi sportivi sul campo che vi ha portato a festeggiare nel 2017 una fantastica promozione in Serie A dopo 49 anni. Quali sono le caratteristiche e i segreti del modello di successo, sportivo e societario, da voi proposto?
Quando nel 2013 abbiamo accettato l’invito che giungeva da più parti, istituzionali e non, di assumere le redini di questa prestigiosissima società, abbiamo deciso di continuare a seguire il modello organizzativo che avevamo adottato nella gestione della Giacomense, società che abbiamo gestito per ben 6 anni in Lega Pro. Il modello organizzativo è piuttosto semplice: i punti saldi sono la proprietà e il presidente Walter Mattioli, senza il quale non avremmo di sicuro intrapreso questa avventura. Insieme al presidente si pianifica il budget della stagione e si sceglie il direttore sportivo, al quale viene indicato il budget destinato al monte ingaggi per i giocatori e lo staff tecnico. A lui si chiede allestire la miglior rosa possibile compatibile con il budget a disposizione senza mai indicare un obiettivo da raggiungere “a tutti i costi”. Da questo punto in avanti il compito della proprietà è quello di garantire le opportune coperture economiche, mentre il presidente ha il compito di assicurare che tutto fili per il verso giusto e che ognuno in società svolga a dovere il proprio compito. Né la proprietà né il presidente entrano in questioni tecniche che sono sempre lasciate a direttore sportivo e allenatore.
Il vostro primo obiettivo una volta prese le redini della SPAL è stato quello di avvicinare il pubblico e la città alla sua squadra, puntando su valori umani e sociali e aprendosi al territorio e alle sue aziende. Con quali progetti e investimenti lo avete fatto?
La SPAL veniva da una serie di gestioni fallimentari sia dal punto di vista economico che dei rapporti con la tifoseria. Il primo messaggio rivolto alla città è stato quello di sottolineare che la nostra presenza alla guida di questa società non aveva nessun fine economico, anzi eravamo consapevoli del fatto che avremmo dovuto investire risorse significative, e che avremmo continuato a farlo se avessimo visto unità attorno alla squadra da parte della città intera. Sapevamo però che le parole da sole non potevano essere sufficienti e abbia-
mo quindi cominciato ad investire sul settore giovanile, intervenendo sulle strutture di allenamento, e affiancando numerose associazioni benefiche del territorio sostenendole nei loro progetti a favori delle fasce più deboli e dei meno fortunati. Il pubblico ha risposto alla grande fin da subito mentre al tessuto imprenditoriale è stato necessario un po’ di tempo in più per capire il messaggio che il nostro progetto era interamente
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dedicato alla città e ai numerosissimi tifosi biancazzurri.
Nella gestione della società un peso determinante ha la vostra azienda, la Vetroresina, fondata a Masi San Giacomo nel 1968 da suo padre Francesco nell’ex fornace del paese e oggi azienda leader nella produzione di laminati in resina poliestere. Come si concilia la gestione di un’azienda così importante con quella di una società sportiva di vertice? Il paradigma che proponete nella SPAL è lo stesso applicato all’azienda?
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Per poter conciliare la gestione di un’azienda con l’impegno nella SPAL è necessario avere al nostro fianco una persona di fiducia come il presidente Mattioli. Lui è sempre presente e si occupa in toto della gestione della società. Ovviamente ci confrontiamo spesso ma la sua presenza e dedizione fa sì che io possa dedicarmi alla gestione della Vetroresina. La gestione di una società sportiva è molto diversa dalla gestione di una azienda tradizionale. Una azienda per continuare a rimanere sul mercato deve vendere un prodotto ad un prezzo più alto del costo sostenuto per produrlo, altrimenti è destinata a chiudere i battenti. Una società di calcio deve fare i conti con le attese della tifoseria e con il fatto che il risultato sportivo, che è piuttosto aleatorio, ha una forte influenza sui ricavi in quanto sponsor e presenze allo stadio possono avere una forte variabilità in relazione all’andamento della squadra. Il nostro obiettivo è cercare di rendere questi due aspetti il più possibile legati al progetto e il meno possibile ai risultati, però non è facile.
Lo sport e il calcio in particolare sono portatori di valori etici e un mezzo per investire sul futuro dei giovani. Quali progetti e iniziative realizzate o avete in mente di realizzare in tal senso?
Come ho detto prima, fin dall’inizio abbiamo investito molto sul settore giovanile, sia nel miglioramento delle strutture che nella scelta degli allenatori, che devono essere prima di tutto bravi educatori. Il messaggio che non ci stanchiamo mai di far pervenire ai nostri ragazzi, e soprattutto ai loro genitori, è quello che devono giocare a calcio divertendosi senza mai tralasciare lo studio, perché solo pochissimi di loro diventeranno dei campioni e potranno avere un percorso lavorativo all’interno dell’ambiente calcistico. Gli altri dovranno trovarsi un percorso al di fuori di questo ambiente e dovranno vivere la propria esperienza calcistica come opportunità di crescita e di confronto. Ritengo inoltre che sia molto importante per la crescita dei ragazzi come persone che si rendano conto che ci sono tanti bambini meno fortunati che non hanno questa opportunità. A questo proposito abbiamo organizzato in passato, e continueremo ad organizzare, visite ad associazioni di volontariato che si occupano di bambini meno fortunati per regalare da un lato qualche minuto di serenità a loro e per ricordare una volta di più a tutti noi quanto è importante il dono della salute.
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