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Voglia di guardare al futuro

Voglia di guardareal futuro

Intervista a GIUSEPPE GASPARI, presidente della Sezione Moda.

Presidente Gaspari, la sezione che rappresenta si contraddistingue per essere molto variegata. Ce la potrebbe descrivere?

La Sezione Moda di Confindustria Trento si caratterizza per essere un gruppo di importanti realtà produttive dalle attività estremamente diversificate. Al nostro interno abbiamo sia realtà legate al tessile, dunque con una produzione di filati e tessuti, sia imprese che lavorano nell’abbigliamento e nel fashion, rivolgendosi quindi al confezionamento dei capi di vestiario, di accessori, calzature e articoli sportivi. In termini numerici facciamo riferimento a una quindicina di aziende con più di 1200 dipendenti, per un fatturato complessivo di circa 489 milioni di euro.

Negli ultimi due anni il settore moda è stato uno dei più colpiti dalla pandemia. Il comparto trentino come ha reagito a questi forti sconvolgimenti?

Guardando al nostro territorio anche in questo caso non è possibile dare una risposta generale, che valga per tutti. Questo perché, soprattutto nella prima fase della pandemia, come nel resto del paese, abbiamo riscontrato fenomeni che presentavano andamenti diametralmente opposti. Da una parte c’è chi ha subito un forte contraccolpo, dall’altra chi ha registrato fatturati addirittura migliori rispetto al 2019. Nonostante questi casi in controtendenza il bilancio generale rimane negativo: infatti gli osservatori identificano il nostro settore come il secondo più colpito dalla pandemia. I dati relativi alle esportazioni, che costituiscono circa il 65% delle nostre produzioni, parlano di cali del 20-23%. Sicuramente una situazione non facile da gestire.

A tal proposito, relativamente al settore moda un rapporto dell’ufficio studi Sace ha registrato nei primi dieci mesi del 2021 un aumento delle esportazioni di 16,4 punti percentuali. Sembrano segnali incoraggianti.

L’anno appena concluso sicuramente ci ha visti protagonisti di un trend positivo che deve essere cavalcato. Proprio Sace riporta che il Trentino Alto Adige e Basilicata sono le uniche due regioni ad aver registrato una crescita estera nel 2020, proseguita anche nei nove mesi successivi. Rimane comunque la consapevolezza che, come stimato dalla Federazione Sistema Moda Italia, il raggiungimento dei livelli pre-crisi non arriverà prima del 2023. Parlando di segnali incoraggianti, in questo 2021 un ruolo centrale lo hanno sicuramente giocato le campagne vaccinali, che hanno dato sostegno a questa ripresa dando respiro a tutta la filiera e rimettendo in moto a pieno regime anche i reparti produttivi.

Di fronte ad un contesto sempre più complesso, quali sono le istanze portate avanti su scala nazionale da Confindustria Moda?

Come comparto nei mesi scorsi abbiamo presentato un dossier intitolato: “Percorso per il rilancio della filiera italiana del tessile e abbigliamento”. In altre parole, abbiamo redatto un documento dove viene articolata una strategia di intervento, con proposte strutturali e soprattutto di sostanza, per il rilancio della filiera. Un piano ambizioso concepito su tre livelli operativi che comprende circa 8 miliardi di investimenti complessivi. Si tratta dunque di strategie che non si limitano a chiedere interventi sul breve termine a favore delle aziende in crisi, ma soprattutto azioni concrete per rilanciare il settore grazie a investimenti in filiere sostenibili, digitalizzazione dei processi e, non meno importanti, in capitale umano.

Su quest’ultimo punto, anche con uno sguardo particolare alle nuove generazioni, il settore di che figure professionali ha bisogno?

È sicuramente una questione a cui andrebbe dedicato un discorso e delle analisi molto più approfondite. In breve possiamo dire che nel formare i nuovi addetti del settore dobbiamo concepire e strutturare meglio i percorsi scolastici che i giovani intraprendono. Siamo un Paese dove le realtà industriali fanno da traino all’economia: mi pare dunque logica l’esigenza di valorizzare maggiormente i percorsi professionalizzati, che non hanno nulla da invidiare a quelli più tradizionali. L’esigenza di valorizzare e dare contemporaneità ai percorsi di studio tecnico-tecnologici non è un capriccio: è riconoscere l’importanza di poter trasferire una dimensione pratica del lavoro troppo spesso trascurata. In un periodo di cambiamento come questo, avanza inoltre la richiesta di nuovi profili professionali, legati soprattutto alla sostenibilità e all’innovazione digitale e aggiungo che abbiamo estremamente bisogno di nuove generazioni intelligenti e soprattutto capaci di raccogliere le idee e tradurle in azioni concrete.

Valorizzare i percorsi di studio tecnico-tecnologici significa riconoscere l’importanza di trasferire una dimensione pratica del lavoro troppo spesso trascurata.

Guardando invece all’oggi, proprio in un momento in cui le stime economiche ci vedevano in forte ripresa, stiamo assistendo alla lievitazione dei costi energetici e delle materie prime. Come sta reagendo il settore a tutto ciò?

Le filiere del tessile e dell’abbigliamento come abbiamo detto hanno sofferto molto la pandemia. I fattori citati sicuramente non stanno dando una mano: anzi, mi sento di dire che esistono dei seri pericoli di vanificare gli sforzi fatti negli ultimi due anni. È sufficiente soffermarsi sui costi dell’elettricità: parliamo di aumenti tra il 470% e il +650%. Numeri stratosferici, che in primo luogo ci fanno perdere quote rilevanti in termini di competitività sui mercati internazionali, ma soprattutto costituiscono una seria minaccia per la tenuta delle nostre produzioni industriali. Anche grazie all’aiuto di Confindustria Trento stiamo monitorando con grande attenzione la situazione: altri tonfi non ce li possiamo permettere.

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