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Echi rossiniani nella stampa periodica degli anni Trenta dell’Ottocento Loredana Palma

Loredana Palma

Echirossinianinella stampaperiodica degli anniTrenta dell’Ottocento

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Dopo la partenza di Rossini dalla capitale borbonica nel 1822, la stampa periodica napoletana mantenne intatta negli anni un’incondizionata ammirazione per il Maestro, che trovò modo di esprimere soprattutto in occasione delle ripetute messe in scena delle sue opere.

Ancora nel corso degli anni Trenta, infatti, era possibile leggere nei giornali locali parole di lode all’indirizzo del Pesarese e di rammarico per il prolungarsi del suo silenzio dopo la composizione del Guglielmo Tell. La celebrazione del genio rossiniano emergeva talvolta anche in un solo aggettivo calato tra le scarne righe delle cronache teatrali. Così, ad esempio, nell’«Omnibus» – un giornale fondato nel 1833, che divenne in breve tempo, grazie al direttore Vincenzo Torelli, un autorevole punto di riferimento per quanto veniva portato sui palcoscenici di mezza Europa –, a proposito di una nuova rappresentazione rossiniana, si legge: «Napoli à potuto nuovamente sentire la sublime musica del Guglielmo Tell».¹ E sempre nell’«Omnibus», per limitarci al solo primo anno di vita del giornale, troviamo puntuali annotazioni a proposito delle rappresentazioni rossiniane tanto in Italia² quanto in altre città europee come Vienna³ o Parigi.4

¹ Teatri. Teatro S. Carlo, «L’Omnibus» I/12, 18 maggio 1833, p. 47. ² Cfr. «L’Omnibus» I/7, 13 aprile 1833, pp. 27-28 (sul Guglielmo Tell al Teatro San Carlo); I/8, 20 aprile 1833, p. 32 (su Otello); I/30, 21 settembre 1833, p. 120 (su Otello, a Palermo); I/37, 9 novembre 1833, p. 148 (aneddoto riportato dal «Gondoliere» sulla prima rappresentazione del Barbiere di Siviglia); I/38, 16 novembre 1833, p. 152; I/39, 23 novembre 1833, p. 156 (a proposito della Malibran, di Otello e Gazza ladra). ³ «Il Guglielmo Tell di Rossini fu rappresentato per la prima volta al Teatro della Josephstadt, a bene cio del

Cantante sig. Pock. Questa Opera si distinse come uno dei migliori spettacoli di quel teatro ed ottenne il più brillante successo» («L’Omnibus» I/42, 14 dicembre 1833, p. 168). 4 «Il pubblico sembrava non disposto ad applaudire alla rappresentazione del 2 novembre quando venne il duetto Parlar ec. a rianimare l’entusiasmo. È impossibile l’imaginare cosa più meravigliosa della esecuzione di questo duetto. Tamburini e Rubini sono sempre ammirabili. La Ungher canta con molto gusto ed espressione. La giovane e vezzosa madamigella Shutz è stata applaudita alla sua aria del secondo atto.

Santini à sostenuto convenevolmente la parte di Mosè» (Rivista teatrale. Parigi. Teatro italiano. Mosè di

Rossini, «L’Omnibus» I/41, 7 dicembre 1833, p. 164); «È stata rappresentata l’Italiana in Algeri del maestro

Rossini. Le parti principali di questa opera sono state eseguite da madamigella Ungher (Isabelle) Rubini (Lindoro) Tamburini (Mustafà) Santini (Taddeo). Il pubblico ha moltissimo applaudito» («L’Omnibus»

I/43, 21 dicembre 1833, p. 172).

Quando Rossini mancava ormai da più di un decennio dalla città partenopea, il «Poliorama Pittoresco» pubblicò lo spartito di un’arietta inedita del Maestro,5 fatto che appare ancora più eclatante se consideriamo che una si atta pagina musicale era destinata a rimanere un unicum nella storia del giornale.6 Anche «La Moda», appendice dello stesso «Poliorama», ci o re una signi cativa testimonianza del rimpianto che il Pesarese aveva lasciato dietro di sé nella capitale borbonica recensendo nel 1839 una rappresentazione dell’Otello, portata in scena al San Carlo da Bernardo Winter e Francilla Pixis. L’articolo, nell’esprimere le proprie riserve su questi cantanti che giudica, nonostante i loro sforzi, non ancora «a livello dell’altezza di questo capolavoro di Rossini»7, traccia un ritratto del carattere che un interprete rossiniano deve possedere:

Delle musiche Rossiniane soprattutto esser non può vero interprete se non colui che agitato da forti passioni abbia ad esse sì devote le bre che la sua voce, il suo sguardo, ogni suo minimo gesto ogni respiro sia canto e canto solenne.8

Napoli dunque mantenne, anche a distanza di anni dal suo allontanamento, un legame privilegiato con il musicista. Non sorprende, perciò, come il breve rientro di Rossini nella città partenopea nell’estate del 1839 avesse potuto suscitare un così vasto clamore nella stampa periodica locale.

Tra i primi a segnalare la notizia dell’arrivo a Napoli del Maestro troviamo «Il Lucifero» che saluta Rossini come il «massimo de’ viventi compositori di musica»9 e gli ricorda i debiti da lui contratti nei confronti della città partenopea che si vantava di avergli o erto, con le sue bellezze paesaggistiche, il clima ideale per la composizione delle opere migliori del suo repertorio. L’autore dell’articolo, infatti, sostiene che Rossini si fosse ispirato «principalmente alla luce di questo cielo, sotto il quale compose la maggiore e forse la miglior parte de’ suoi melodrammi».¹0 Dopo aver enumerato i frutti della proli ca stagione rossiniana a Napoli - Elisabetta, Armida, Ricciardo e Zoraide, Zelmira, Mosè in Egitto, La Donna del lago, Maometto Secondo, tutti rappresentati al San Carlo, nonché Otello, andato in scena al Fondo -, il giornalista non perde occasione di sottolineare il legame profondo della capitale borbonica con il musicista:

Ecco tale avvenimento che tutti i nostri giornali non potrebbero tacer senza colpa ai loro

5 Cfr. Musica, «Poliorama Pittoresco» I/13, 12 novembre 1836, pp. 99-100. 6 Cfr. Massimo Privitera, Musica nel “Poliorama Pittoresco”, «TeCLa» 2, 29 dicembre 2010, pp. 26-49. 7 Real Teatro S. Carlo. Otello, «La Moda» I/6, 20 luglio 1839, p. 23. 8 Ibidem. 9 Gioacchino Rossini, «Il Lucifero» II/21, 3 luglio 1839, p. 168. ¹0 Ibidem.

lettori. Di breve sulle scene di S. Carlo verrà ripetuto, presente l’autore, il Moro di Venezia. I Napoletani ritroveranno così pel gran Pesarese le splendide corone che allora gli o rirono e che non dovevano appassire giammai.¹¹

Pochi giorni dopo, il 13 luglio, nel «Poliorama Pittoresco» vennero pubblicate due liriche dedicate al ritorno di Rossini a Napoli: un sonetto di Pasquale Francesconi¹² e un’ode di Lorenzo Morgigni,¹³ intitolata A Gioacchino Rossini. Nel primo si celebra la venuta del musicista come una discesa dalle Alpi ben diversa da quelle a cui l’Italia era ormai tristemente adusa. La tromba che accompagna metaforicamente l’arrivo del compositore stavolta non è foriera di lutti e di terrore bensì è «un suon che desta i più sublimi a etti, / che ne in amma alla gloria ed all’onore / ed infonde nuov’anima ne’ petti».¹4

L’accostamento di Rossini, salutato come gloria patria, alle vicende dell’Italia risorgimentale appare più esplicito nell’ode di Morgigni, dove torna – come nel «Lucifero» – il tema della dolcezza dei lidi partenopei, cari al Maestro, con l’auspicio che il soggiorno napoletano possa risvegliare in lui «l’addormentato [...] Genio sovrano».¹5 Segue il rimprovero per la dimora parigina, ritenuta causa del prolungato silenzio del musicista, che viene così stigmatizzata:

Troppo, ahimé, la incantevole Molle Parigi te lusinga, e troppo Tu cedi a sue blandizie! Ell’è, no’l vedi? ell’è a tua gloria intoppo. ¹6

In ne, dopo aver celebrato alcuni dei capolavori rossiniani (l’Otello, la Semiramide, Mosè, La donna del lago, il Barbiere e il Guglielmo Tell), la lirica si conclude con un caldo invito al musicista a ripagare la Terra della lunga attesa di una sua nuova opera:

[…] cupida Chiede la Terra a te nuovi portenti. Pensa chi sei, che immenso Darle tu dei dell’ozio tuo compenso.¹7

¹¹ Ibidem. ¹² Pasquale Francesconi, Il ritorno di Rossini a Napoli, «Poliorama Pittoresco» III/48, 13 luglio 1839, p. 379. ¹³ Lorenzo Morgigni, A Gioacchino Rossini, «Poliorama Pittoresco» III/48, 13 luglio 1839, p. 379. ¹4 Francesconi, Il ritorno di Rossini a Napoli cit. ¹5 Morgigni, A Gioacchino Rossini cit. ¹6 Ibidem. ¹7 Ibidem.

Nel numero successivo del 20 luglio, un articolo di Cesare Malpica, Rossini nella villa Barbaja a Posillipo, insisteva su temi analoghi a quelli visti nora: decantava la dolcezza dei luoghi (e, in particolar modo, di Posillipo), esaltava lo stile innovativo del musicista e sottolineava la calorosa accoglienza a lui tributata dal popolo napoletano. Consequenziale era l’invito a tornare alla composizione e a riconciliarsi con la città de nita «madre che ti nutrì infante, e ti salutò immenso».¹8 Più aspro, invece, risultava il biasimo di Malpica nei confronti dei rivali francesi, da lui ritenuti irriconoscenti e be ardi misti catori della superiorità del genio italiano:

Oltre que’ monti v’ha una terra che da noi ebbe il sole delle scienze, da noi la scintilla delle arti, da noi la grandezza e le forme de’ monumenti. Poi queste cose tolte agl’Italiani fece sue, e negando donde venivano insultò al duolo de’ donatori, li schernì li o ese. Chiamò barbara la terra che avea dirozzati i barbari!... Nuotante nell’oro delle conquiste e del commercio, volle anche far suo il nostro Genio. Ma il genio non si compra. Se i denari lo ispirassero o lo creassero i ricchi sarebbero i dominatori del mondo morale, come lo sono del mondo materiale. Rossini andovvi: ma qui erano le sue ispirazioni, qui le testimonianze de’ suoi prodigi, qui il popolo che lo avea compreso. Gli stranieri fan le viste d’intendere a fondo i nostri Grandi. Non ne credete nulla. Noi che li produciamo sappiamo soltanto sentirli.¹9

Quelle pubblicate nel «Poliorama» non furono le uniche liriche apparse nei giornali napoletani in occasione del breve rientro in città del compositore. «L’Omnibus», ad esempio, dedicò una cronaca alla visita di Rossini al Conservatorio di Musica so ermandosi sull’inno – composto da Leopoldo Tarantini e musicato da Giuseppe Puzone – cantato dagli allievi della prestigiosa istituzione per omaggiare l’illustre ospite.

Nell’articolo, a rma di Vincenzo Torelli, si insiste sulla suggestione esercitata su quei giovani dall’incontro con un modello eccelso quale Rossini:

Il Gran Maestro gradì sentitamente quell’omaggio, e gli giunse al cuore il voto festivo e di gloriosa ammirazione, che partiva da giovani ardenti, in cui sta il germe d’una gloria né nuova né straniera, e che non vuol altro per svilupparsi che una gran meta, in cui giurare ed ispirarsi; e certo che nessuna meta più alta e gloriosa di Rossini.[..] E se de’ nostri giovani si potessero concretare in parole i varii sensi e voti nel cantare le lodi e la gloria di Rossini, certamente nessuno si vedrebbe voler esser da meno di lui, e tutti guardare all’immenso uomo, come alla stella, al sole, al Cielo della loro vita.²0

¹8 Cesare Malpica, Rossini nella villa Barbaja a Posillipo, «Poliorama Pittoresco» III/49, 20 luglio 1839, pp. 385-397: 387. ¹9 Ibidem. ²0 T.[orelli], Attualità. Visita di Rossini al R. Conservatorio di Musica, «L’Omnibus» VII/13, 27 luglio 1839, p.

Analoga è l’emozione che traspare dalle parole con cui un altro giornalista emergente, Achille de Lauzières, raccontava ai lettori del «Salvator Rosa» l’aneddoto di un incontro tra Rossini e il giovane Pasquale De Virgiliis, l’uno intento ad ascoltare l’esordiente poeta leggere per intero il suo Sardanapalo, l’altro timoroso di abusare della disponibilità del Maestro che invece lo incoraggiava a fargli sentire quel libretto da cima a fondo. Ma perché mai – si interroga de Lauzières – darsi «l’impaccio di trasportar questo fatto da un gabinetto privato sur un pubblico foglio»?²¹ Per esaltare la grandezza del Maestro – si risponde - che, come tutti i veri geni, si distingue per essere prodigo di consigli con i giovani e per il desiderio di lasciare dietro di sé dei successori.

Anche de Lauzières ritiene che la terra partenopea sia stata fonte di ispirazione per il genio rossiniano e considera, perciò, maggiormente inaccettabile il prolungato silenzio del compositore:

Eppure allora un pensiero malinconico mi veniva in mente: – se Egli non si è invogliato qui a rannodar il lo delle sue creazioni, dove più mai potrà ispirarsi! – È inconcepibile! Poter fare de’ capolavori a colpo sicuro e starne inerte… Ah! Rossini, chi potrà mai perdonarti questo peccato!²²

Non venne meno al coro di celebrazioni in versi nemmeno l’«Omnibus» che, nel numero del 3 agosto, pubblicava un sonetto, siglato N. N. e intitolato L’Italia a Gioacchino Rossini. In questa lirica la Patria in persona si lamenta di come l’allontanamento del glio l’abbia lasciata alla mercé di musicisti di ben altro calibro ed auspica che, dinanzi al Maestro, invocato come «Creator di arcana melodia», possa nalmente tacere quella «rea genia» che aveva svilito la sua anima e il suo onore:

Va glio, dissi quando a lidi novi, A gloria nova ti chiamò Fortuna; Va glio, dissi, e rammentar ti giovi La vaga terra che ti diè la cuna! Or tu ritorni a rivedermi! e provi Tristezza, ché mia gloria omai s’imbruna! Dispersi i gli miei, qui sol ritrovi Per discorde armonia ciurma importuna! O Creator di arcana melodia, Che move e scalda ogni agghiacciato core;

52. L’articolo è pubblicato in appendice al presente saggio. ²¹ A.[chille] de Lauzières, Attualità. Una lettura a Rossini, «Salvator Rosa» I/44, 8 settembre 1839, pp. 349351: 350. ²² Ibidem.

E molce l’alma alla pietà restia, Se per la Madre tua nutrisci amore, Per te si ammutì questa rea genia, Che invilì l’alma e mi bruttò l’onore!!²³

Neppure «La Moda» lasciò passare sotto silenzio il rientro a Napoli di Rossini pubblicando in quegli stessi giorni un ritratto del Pesarese – opera di Filippo Molino –, accompagnato da alcuni versi di Francesco Ru a in lode del compositore. Al pari delle altre, anche questa lirica rivolge al Maestro la preghiera di uscire nalmente dal suo imperdonabile ozio e di dare nuove musiche al mondo in trepidante attesa:

De’ portenti che un secolo Nel declinar portava, unico avanzi; E il sente il mondo, e cupido Di tue nuove armonie ti sta dinanzi, E con le lodi, ond’usa Altre esaltarne, il tuo silenzio accusa.

Un Silla, un Carlo all’ozio Riedan: quell’ozio all’universo è pace. Ma colpa è il tuo che il frauda D’ampio tesor di voluttà verace… Puoi dormir su le palme?²4

La lirica si conclude con l’invito a restare in Italia, terra dove spira un’aura propizia alla creatività rossiniana:

Resta in Italia. ²5 Armoniche Qui sono, il sai, l’aura le piagge e l’onde;

²³ N.N., L’Italia a Gioacchino Rossini. Sonetto, «L’Omnibus» VII/14, 5 agosto 1839, p. 56. ²4 I versi riportati nell’articolo (cfr. Gioacchino Rossini «La Moda I/3, 20 giugno 1839, pp. 17-20), come si legge in una nota, sono estrapolati da un’ode di Francesco Ru a pubblicata in un opuscolo composto in occasione della morte di Vincenzo Bellini (cfr. Francesco Ruffa, A Gioacchino Rossini. Ode, in Id., Componimenti di Francesco Ru a in occasione della morte di Vincenzo Bellini, Napoli, Tipogra a dell’Ariosto, 1836, pp. 3-8). ²5 In un’altra nota veniva riportato il verso originale del componimento, scritto nel 1836, durante il soggiorno francese del Maestro: «Vieni in Italia, diceva l’Autore di questo carme sublime invitando Rossini nell’italo giardino, ove, a comun delizia, ora soggiorna respirando l’aura di Posilipo [sic] nel casino del sig.

Barbaja» (cfr. Gioacchino Rossini cit., p. 20).

Qui è melodia la patria Favella, a cui l’anima tua risponde Con facili concenti: Qui resta. Il seme è qui de’ tuoi portenti.²6

L’articolo che accompagnava questi versi – che davano notizia del soggiorno napoletano del Pesarese ed esprimevano, come gli altri, un’ammirazione scon nata per la sua opera – si distingueva per il vanto con cui veniva presentato un ritratto di Rossini la cui qualità era rivendicata con orgoglio dal periodico:

Tocchi a noi il vanto di aver cercato ed ottenuto il cospetto dell’uomo immortale per o rirlo ritratto dal vero in questo Album ai nostri lettori, e dir loro: eccovi nalmente la vera immagine del Grande di cui udiste sempre maravigliando le note divine, di cui leggeste con estasi di gioia i trion , ma di cui vedeste sì spesso contra atta la sembianza da litogra ed incisori imperiti: in questa immagine cercate il volto di Rossini, e sappiate a noi grado di aver i primi renduto al culto della vostra ammirazione una sembianza a cui vi celava l’errore di tante infelici matite. Primo a riconoscersi in questa immagine è stato Rossini stesso, che degna mostrarne la sua compiacenza, e ne è ad un tempo liberale della propria rma, onde desumiamo il facsimile che leggesi in questo foglio avventuroso, di cui forma il pregio più vago […].²7

Sul ritratto di Rossini tornò di lì a poco il giornale “maggiore”, il «Poliorama», che in una nota ci informa del successo ottenuto dall’immagine e della decisione di aumentare la tiratura della «Moda» al ne di arginare il fenomeno delle copie contra atte:

Avendo testé pubblicata su la Moda con un successo maggiore di ogni speranza l’immagine del grand’uomo ch’è l’argomento di questo articolo non abbiam creduto riprodurla su questa pagina; tanto più che per provvedere ai bisogni ed ai desideri de’ curiosi e per impedire, se è possibile, che lo spirito di speculazione e la smania di copiare non riproduca anche qui sotto gli occhi nostri delle contra atte sembianze del gran Rossini abbiam stampato distintamente un gran numero di esemplari dal somigliantissimo ritratto, oltre al

²6 Ibidem. ²7 Gioacchino Rossini cit., p. 18. La litogra a in questione viene riprodotta a chiusura del presente saggio.

Della circolazione di cattivi ritratti di Rossini (non somiglianti e deludenti sul piano del disegno e dell’incisione) si lamenta, da Parigi, anche il tipografo-editore Niccolò Bettoni il quale, nel «Glissons», propone, in vendita separata, la pubblicazione del ritratto di Rossini disegnato «dall’originale» dalla mano del valente pittore Dupré e inciso dall’abile Lefèvre (Cfr. N.[iccolò] Bettoni, Iconogra a. Il ritratto del maestro

Rossini, «Glissons, n’appuyons pas» VI/22, 16 marzo 1839, p. 88).

maggior numero de’ fogli della Moda, che è, come sanno i nostri Associati, l’avventurosa Appendice di questo Giornale.²8

Per ritrovare il testo dell’inno di Tarantini e di Puzone cantato dagli allievi del Conservatorio di cui ci parla «L’Omnibus» del 27 luglio si dové, però, attendere il «Salvator Rosa» dell’11 agosto, che antepose alla lirica la pubblicazione di un articolo in francese di Michel Ribas in cui, a metà tra cronaca e testimonianza autobiogra ca, venivano descritte le accoglienze riservate al compositore da parte dell’istituzione musicale napoletana.²9

Nell’inno di Tarantini troviamo i consueti toni elogiativi. Rossini viene de nito «immenso» e «dell’Italia primiero splendor» mentre viene sottolineata l’audacia del suo genio innovatore:

Fè di sé stupir le genti Quando audace a vol si spinse, Quei che un dì parean portento Col suo lume al suol prostrò. […] Ei lasciando il calle usato Al pensier nuov’orme aprio, Quanto chiude in sé il creato D’armonia vestir tentò.³0

Accanto agli elogi, nell’inno suscitano la nostra curiosità i versi che sembrano riecheggiare una voce che, nell’estate del 1839, circolava incontrollata nei giornali di mezza Europa, e cioè che Rossini stesse preparando una nuova opera da rappresentare al San Carlo, dopo il silenzio seguito al Guglielmo Tell:

D’ogni gloria or corso il segno Par che posi in sugli allori, Ma non posa il vasto ingegno Sta nuov’opera a meditar; E qui reca i suoi tesori Forse Italia a consolar.³¹

²8 Malpica, Rossini nella villa Barbaja cit., p. 385. ²9 Cfr. Michel Ribas, Rossini au Conservatoire de Musique a Naples, «Salvator Rosa» I/39, 4 agosto 1839, pp. 311-312. L’articolo è pubblicato in appendice al presente saggio. ³0 L.[eopoldo] Tarantini, Gli alunni del Real Collegio di Musica di Napoli a Gioacchino Rossini. Inno,

«Salvator Rosa» I/40, 11 agosto 1839, pp. 318-319. Anche l’inno di Tarantini è pubblicato in appendice al presente saggio. ³¹ Ibidem. Il corsivo è mio.

Dinanzi a tale prospettiva, Tarantini conclude la sua lirica pregando il Maestro di donare alla sua terra natale (e non alla Francia) l’eventuale nuovo frutto del suo genio:

O bell’anima cortese, Se ancor lice udir tue note, S’abbia l’Italo paese Di tai note il primo onor³²

Un simile dono – prosegue il giornalista – non potrebbe che riscattare l’onore dei vilipesi Italiani, incitandoli a rialzare il capo grazie all’orgoglio di aver dato i natali al genio di Rossini:

Ed a noi, cui per l’erto sentiero, L’opre tue furo scorta e sostegno, Porgi nuovo dolcissimo pegno Che raccenda la vampa d’onor; Sicché sempre sul labro ci suoni In memoria dei ritmi divini. Celebriamo l’immenso Rossini, Dell’Italia primiero splendore.³³

La notizia di una nuova opera, di cui si dava persino il nome, Giovanna di Monferrato – vera o presunta che fosse, visto che non risulta traccia di essa nel repertorio rossiniano –, scatenò un parapiglia tra i fogli napoletani, con echi che sarebbero rimbalzati attraverso i periodici dell’intera penisola no a raggiungere la stampa estera, seguendo dinamiche paragonabili a quelle delle odierne fake-news.

Già all’altezza del 25 luglio, infatti, «La Moda» di Milano, in un articolo intitolato eloquentemente Il maestro Rossini scrive una nuova opera a Napoli, aveva annunciato:

Si dice che il celebre maestro Rossini, da alcuni giorni arrivato in Napoli, sta componendo una nuova opera per il Teatro di S. Carlo, sopra un libretto del poeta sig. Luigi Guarniccioli di Napoli col titolo Giovanna di Monferrato. Se la cosa si veri ca sarà soddisfatto il voto universale, che da tanto tempo desidera un nuovo lavoro di Rossini, e rimarrà la speranza che dopo la Giovanna di Monferrato il Cigno Pesarese progredisca a scrivere con vantaggio del mondo musicale.³4

³² Ivi, p. 319. ³³ Ibidem. ³4 Alfonso Frisiani, I teatri. Il maestro Rossini scrive una nuova opera a Napoli, «La Moda», IV/59, 25 luglio

La rivista bolognese «Teatri, arti e letteratura» del 1° agosto 1839 si a rettava, invece, a smentire la notizia riportata dai giornali milanesi, chiamando in causa la stampa periodica della capitale borbonica:

I Fogli di Milano portano che Rossini stia scrivendo pel Teatro s. Carlo la Giovanna di Monferrato. E noi invece assicuriamo che la corrispondenza di Napoli non parla di questo, ed anzi assicura che Egli sarà in Bologna ai primi di settembre.³5

All’ombra del Vesuvio, di rimando, il «Salvator Rosa» commentava incredulo la notizia proveniente dai giornali settentrionali: «I Fogli di Milano portano che Rossini il quale è da un mese tra noi stia scrivendo per Teatro S. Carlo la Giovanna di Monferrato. Sarebbe mai possibile!».³6

Ma la notizia era già stata accolta dalla stampa francese e si era sparsa in tutta Europa. La Cronique étrangère della parigina «Revue et gazette musicale de Paris» del 18 luglio, ad esempio, l’aveva di usa, pur senza garantirne l’autenticità:

Naples, 29 june – Rossini est arrivé ici avant-hier au soir, et le lendemain matin il en est reparti pour la villa de M. Barbaja, située au pied du mont Pausilippe [sic]. On assure positivement que l’illustre maestro s’y occupera a mettre en musique pour le thèatre royal de Saint-Charles un opèra seria en quatre actes, intitulè Giovanno di Montferato [sic], dont le libretto est de Luigi Guarniccioli, de Naples. Nous donnous cette nouvelle sans en garantir l’authenticité.³7

Dalla capitale francese la notizia era rapidamente rimbalzata in tutta Europa. Il periodi-

1839, p. 236. Il “rumore” intorno a questa notizia fu forse generato da una proposta avanzata da Barbaja durante il soggiorno napoletano di Rossini e riportata, all’interno di un dialogo tra l’impresario e il musicista, nella monogra a dedicata al compositore da Arnaldo Fraccaroli circa un secolo dopo: « – Cosa vuoi per pranzo? Torniamo al preludio di uno spettacoloso piatto di maccheroni con la pommarola? Un tempo la adoravi. Può darsi che ti facciano tornare l’ispirazione: non ti sentiresti di prepararmi un operone per il

San Carlo? Ho pronto un libretto, Giovanni di Monferrato del poeta Guarniccioli, che è uno splendore.

So che all’Opera di Parigi ti hanno dato quindicimila franchi per il Guglielmo Tell. Te ne dò ventimila. – Non farti sentire da Olimpia. Mi obbligherebbe a accettare. - E non vuoi? - Non voglio, e non posso.

Ma accetto l’idea dei maccheroni» (Arnaldo Fraccaroli, Rossini, Milano, Mondadori, 1941, p. 288). ³5 Notizie del giorno, «Teatri, arti e letteratura» XVII, tomo 31, 805, 1° agosto 1839, p. 183. ³6 «Salvator Rosa» I/40, 11 agosto 1839, p. 320. ³7 «Rossini è arrivato qui l’altro ieri sera e il mattino seguente è ripartito per la villa di Messieur Barbaja, situata ai piedi della collina di Posillipo. Si asserisce che l’illustre maestro si occuperà di mettere in musica per il teatro real del S. Carlo un’opera seria in quattro atti, intitolata Giovanna di Monferrato, il cui libretto è di Luigi Guarniccioli di Napoli. Noi diamo questa notizia senza garantirne l’autenticità» (Chronique étrangère, «Revue et gazette musicale de Paris, journal des artistes, des amateurs ed des théatres» VI/31, 18 luglio 1839, p. 247).

co di lingua tedesca «Didaskalia» dell’11 agosto riportava:

Aus Neapel wird gemeldet, Rossini werde einige Zeit auf der Villa Barbaja’s, des bekannten italienischen Opernunternehmers, verweisen, die am Fuße des Pausillips gelegen ist, um sich dort mit der Komposition einer vieraktigen Oper, Giovanna di Monferrato, zu beschäftigen. Das Libretto zu dieser Oper wird Lugi Guarnicioli [sic] aus Neapel schreiben, und auf dem dortigen St. Carlo- eater soll sie zuerst aufgeführt werden.³8

A settembre la possibilità di un ritorno di Rossini alle scene suscitava ancora le aspettative dei lettori di mezza Europa, per quanto un’altra rivista in lingua tedesca, «Bohemia», cominciasse a riportare le prime smentite, chiamando in causa questa volta l’autorevole giornale diretto da Vincenzo Torelli:

Der Omnibus di Napoli widerlegt die Nachricht, daß Rossini an einer großen Oper: „La Giovanna di Monferrato“ schreibe, mit den Worten „Lügen! Rossini schläft“.³9

La smentita, tuttavia, non era stata su ciente ad impedire che, ancora qualche giorno dopo, il 26 settembre, il giornale di lingua inglese « e musical world» riportasse, con evidenti errori dovuti al passaparola:

ROSSINI is now staying at a villa belonging to the manager Barbaja at Pausilippo [sic]. It is con dently a rmed that he is writing a new serious opera for the San Carlo theatre, to be entitled Giovanni di Montserrat [sic]; the libretto by Luigi Guarniccioli.40

³8 «Arriva da Napoli la notizia che Rossini soggiornerà per un po’ nella villa di Barbaja, il celebre impresario italiano, ai piedi di Posillipo, per impegnarsi nella composizione di un’opera di quattro atti, Giovanna di

Monferrato. Compone il libretto per quest’opera Lugi Guarnicioli di Napoli, e dovrebbe rappresentarsi al

Teatro San Carlo» (Mannichfaltigkeiten, «Didaskalia: Blatter für Gust, Gemüth und Publicität» XVII/220, 11 agosto 1839). ³9 «L’Omnibus di Napoli smentisce la notizia di giornali italiani secondo la quale Rossini starebbe scrivendo una grande opera, la Giovanna di Monferrato, con le parole: Bugie! Rossini dorme!» (Mosaik, «Bohemia»

XII/112, 17 settembre 1839). Nella generale agitazione della stampa internazionale anche il giornale milanese «Glissons, n’appuyons pas» aveva pubblicato a metà agosto una smentita circa una nuova composizione di Rossini ricorrendo, invece, a una lettera pubblicata dalla «Gazzetta musicale di Parigi»: «Alcuni giornali divulgarono la notizia che Rossini stesse per comporre un’Opera pel teatro San Carlo di Napoli, ed annunciarono per no il titolo e il poeta dell’Opera stessa; ma questa non è pur troppo che una vana speranza. La Gazzetta musicale di Parigi, pubblica ora una lettera e si fa mallevadrice della verità di quanto ivi è asserito, nella quale è detto che il gran maestro non vuol più nè comporre, nè sentir musica, e ch’egli non si cura nemmen più di parlarne; solo parla qualche volta degli artisti ch’egli ha conosciuto, o ch’ei conosce, ma dell’arte neppur parola» (Cronaca straniera, «Glissons, n’appuyons pas», VI/65, 14 agosto 1839, p. 260). 40 «Rossini si trova attualmente in una villa appartenente all’impresario Barbaja a Pausilippo. Si dice con denzialmente che egli stia scrivendo una nuova opera seria per il teatro S. Carlo, intitolata Giovanni di

Montserrat su libretto di Luigi Guarniccioli» (Miscellaneous, « e musical world» CLXXXIV – New Series

Le speranze venivano probabilmente alimentate dalla constatazione del protrarsi del soggiorno napoletano del musicista:

Naples. - e extreme and unusual heat of the weather, during the spring and the summer, has had a considerable e ect upon the eatres throughout Italy, they have been less visited. Rossini is still here, and engaged in writing a new opera for the eatre S. Carlo, under the title of “Johann Von Montferrat”. e libretto is by Ludwig Guarniccioli.4¹

Fondato o meno che fosse lo scoop che accompagnò il soggiorno napoletano di Rossini, è certo che lo spaccato che emerge da questo rincorrersi di notizie da un giornale all’altro ci restituisce l’eco della dimensione di trepidante attesa che attraversava non solo l’Italia ma le più importanti platee d’Europa che non si rassegnavano alla prematura conclusione di una carriera tanto brillante e tanto amata quanto quella di Rossini.

Conclusioni

Se il giornale con le sue notizie di attualità, talvolta non adeguatamente veri cate, viene più volte tacciato di essere il regno dell’e mero e del super ciale, pure, con il passar di molto tempo, esso è in grado di acquisire valore di documento storico e di “ ssare” come in una pellicola il clima di un’epoca nell’immediatezza e vivacità della sua quotidianità.

Ammirazione per la musica del Pesarese, istanze patriottiche, invocazione di un ritorno a Napoli (o in Italia), rimproveri per il lungo silenzio, auspici per la composizione di una nuova opera: ecco lo stato d’animo – fedelmente restituitoci dalla lettura dei periodici del tempo – con cui Napoli e gli Italiani si rapportavano a Rossini all’altezza degli anni Trenta dell’Ottocento. Ma il Genio apparteneva anche agli altri popoli d’Europa, pronti a rimpallarsi ogni nuova notizia relativa all’autore del Barbiere.

Perciò, parafrasando l’articolo del «Salvator Rosa» che reclamava per l’archivio del Conservatorio il dovere di custodire per la posterità anche le più piccole tracce autografe del Genio,4² riteniamo che la stampa periodica del tempo possa rappresentare una testimonianza apparentemente “minore” ma sicuramente utile nella sua capacità di rimandarci, a distanza di due secoli, echi della fama rossiniana presso i contemporanei.

XCI, 26 settembre 1839, p. 345). 4¹ «Napoli. - «Il prolungato e inusuale caldo del clima, durante la primavera e l’estate, ha avuto un considerevole e etto sui Teatri in tutta Italia, essi sono stati meno frequentati. Rossini è ancora qui ed è impegnato a scrivere una nuova opera per il Teatro S. Carlo, dal titolo “Johann Von Montferrat” Il libretto è di Ludwig Guarniccioli» (Music abroad and at home, « e Foreign Quarterly Review» XXIV, 1840, p. 205). 4² Cfr. Ribas, Rossini au Conservatoire... cit., p. 312.

Appendice

«L’Omnibus» VII/12, 27 luglio 1839 attualità visita di rossini al r. conservatorio di musica

Rossini fu a visitare il nostro Conservatorio di Musica, culla di tanti gloriosi, e gloria della città nostra. Quei Governatori, a proposta e sollecitudine del Maestro Florimo, Archivario del conservatorio, e che varii illustri Maestri si son pregiati avere amico e con dente, hanno festeggiata questa visita coi mezzi analoghi al luogo stesso, cioè facendogli sonare e cantare un Coro con musica, voci, e strumenti degli allievi stessi del Conservatorio. L’inno assai bello fu del chiaro nostro pregiato amico Leopoldo Tarantini, la musica del coro del signor Puzone, che si trovò molto bella, festiva, ed adatta all’occasione. Il Gran Maestro gradì sentitamente quell’omaggio, e gli giunse al cuore il voto festivo e di gloriosa ammirazione, che partiva da giovani ardenti, in cu sta il germe d’una gloria né nuova né straniera, e che non vuol altro per svilupparsi che una gran meta, in cui giurare ed ispirarsi: e certo che nessuna meta più alta e gloriosa di Rossini. Io credo agli Inni pel cuore de’ giovani come allo squillo della tromba per l’orecchio di uomini invitti. Quando i Greci ed i Romani avanti la battaglia, dopo la vittoria, o per rendimento di grazie agli Dei intuonavano i loro Inni dalle mille voci, certo che i sentimenti che chiamansi coraggio trionfo e preghiera sarebbero riusciti freddi ed infruttuosi senza esaltazione di mente, e l’inno solo, voce concorde e inebbriante, menava a quell’esaltazione e a quei grandi sentimenti, di cui la storia non pare d’uomini. E se de’ nostri giovani si potessero concretare in parole i varii sensi e voti nel cantare le lodi e la gloria di Rossini, certamente nessuno si vedrebbe voler esser da meno di lui, e tutti guardare all’immenso uomo, come alla stella, al sole, al Cielo della loro vita. Fra le molte utilità che apportano i grandi uomini non è ultima quella di fare da specchio e modello agli altri uomini.

T.

«Salvator Rosa» I/39, 4 agosto 1839 rossini au conservatoire de musique a naples4³*

Depuis que les journaux ont annoncé l’arrivée de Rossini dans cette capitale, je n’ai cessé d’épier toutes les occasions pour voir cet homme célèbre, - c’est en vain que chaque matin je me promenai à Mergellina, le nez en l’air, et l’œil aux aguets à toutes les fenêtres, pour l’apercevoir même en robe de chambre; - c’est en vain que chaque soir je me rendais à l’opéra pensant l’y rencontrer – oh par ici je ne l’aurai pas vu, car il ne pense même pas à aller au théâtre, - Et en vérité, rien de plus désagréable pour un auteur que de lire ses ouvrages dans une mauvaise édition – je désespérai déjà de le voir, quand un aimable jeune homme me t la proposition d’aller au conservatoire de musique où devait se rendre Rossini – imaginez ma joie,… j’y couru de bonne heure, et attendant son arrivée, nous nous arrêtâmes dans la bibliothèque musicale du collège qui est peut être unique dans son genre, car elle possède tous les ouvrages autographes de tous les compositeurs qui sont sortis de cette fameuse école – Mon introducteur était l’auteur des paroles d’un hymne qu’on devait chanter, et ces paroles étaient pleines de grâce et de sensibilité; ces vers n’ont pas ce style si outré d’adulation qui ne atte personne, et qui pourtant est si commun à cette sorte de poésie: ceux-ci sont beaux par la vérité des louanges et par l’expression du regret qu’ils renferment de ce que le cygne ne chantait plus; Guillaume Tell devait être son dernier chant pour l’étranger; la patrie espérait encore lui inspirer du moins un dernier accent qui fut pour elle – Rossini arrive; nombre de personnes l’attendait à la porte: le professeur Crescentini le vit et lui dit - «voici vos admirateurs qui sont si heureux de vous voir» - ce sont mes confrères, reprit Rossini; nous sommes tous de la même famille, et rien ne satisfait autant mon cœur, qu’une pareille réunion» - On le conduisit dans le salon où il fut reçu par les plus vifs transports de tous les élèves – Comme le soleil vivi e les plantes sur lesquelles il porte ses rayons, la présence de Rossini devait donner un élan de vie à cette jeunesse qui vit continuellement dans une atmosphère d’harmonie, et qui n’élève ses idées qu’aux inspirations mélodieuses; si un regard de ce génie est tombé avec bienveillance sur quelques élèves, ce regard ne s’e acera plus de la mémoire du fortuné jeune homme; ce regard deviendra son étoile heureuse, qui le guidera à la gloire – On commença, l’hymne, et la musique pleine de verve et de jeunesse était bien analogue aux belles paroles: l’instrumentation arrêta pour un moment son élan pour faire ressortir les paroles du Chœur…

Ed a noi, cui per l’erto sentiero, L’opre tue furo scorta e sostegno, Porgi nuovo dolcissimo pegno

4³ * Si ringrazia M.me Kadidja Mandili per la cortese revisione del testo, l’adattamento degli accenti ai criteri moderni e la correzione dei refusi di stampa.

Che raccenda la vampa d’onor; Sicché sempre sul labro ci suoni In memoria dei ritmi divini. Celebriamo l’immenso Rossini, Dell’Italia primiero splendor.

Une voix de soprano commença la strophe qui fut renforcée par une jeune voix de ténor et une vigoureuse basse: ce terzetto fut très bien modulé et en général toute la pièce parfaite et qui promet du succès à l’auteur: elle devait, aussi faire plaisir à Rossini qui reconnaissait de ses prédécesseurs, et en révolutionnant le système musical; mon attention était xée sur cet homme singulier: je ne pouvais m’imaginer que j’avais sous mes yeux celui qui avait fait pleurer dans l’assisa a piè d’un salice, celui qui avait en ammé dans son terzetto de Guillaume Tell, celui en n qui dans ses notes avait si bien fait passer l’esprit de Beaumarchais; - Non! – Rossini sous des formes humaines ne peut croire que celui qui pénètre dans les replis les plus cachés du cœur humain, qui touche les bres les plus déliées, qui fait verser des pleurs, qui console, qui en amme, l’homme d’un autre bout du monde, celui revêtu d’un frac, auquel pendent même des décorations; l’imagination volatilise un pareil génie, et lui donne des formes éthérées; aussi quand nous nous approchons de cet être, que nous le trouvons pareil à nous, l’illusion tombe, l’homme reste, et la malignité, l’envie, la jalousie s’en emparent, et ce n’est qu’à travers les milles obstacles de la haine et de l’ignorance que le génie se fraye un chemin – l’éloignement est au génie, œ que la perspective est d’une vue – Et Rossini que de détracteurs n’a-t-il pas eu? – parce qu’il n’a pas voulu trainer le joug de la routine, il eut des ennemis – parce que s’emparant d’une main hardie de l’harmonie, avant même d’en avoir étudié les lois, il créa une nouvelle instrumentation, et donnant un nouvel élan à la voix, il l’assujettit à ses inspirations, il eut des ennemis – parce qu’il fut inimitable dans ses motifs comme Métastase dans ses ariettes, il eut des ennemis – Fatigué du bourdonnement de quelques puristes germaniques ou germanisés il leur jeta en n Guillaume Tell, écrasa tous ses ennemis, et s’est tu, - il s’est tu, non parce que la veine de son génie s’est lari, mais parce qu’il fait comme la femme coquette qui sait qu’elle est adorée, et qui refuse une caresse pour mieux la faire désirer – Quand le jeune auteur de l’hymne, et de la brillante symphonie qu’on exécute, M. Puzone, lui fut présenté, Rossini lui dit: «Bravo mon Cher, vous vous êtes éloigné du commun, vous êtes jeune, suivez ce chemin: le jeune homme pour lequel ces paroles deviennent prophétiques, les larmes aux yeux, lui baisa la main – Pendant l’exécution de la symphonie je regardais son jeune auteur, appuyé contre le mur: que d’émotions agitaient son âme, et que le désir de la gloire est beau dans un jeune cœur!,… il tremblait; son pied, sa main son cœur, tout son être, suivait, battait, doublait la mesure; son regard n’osait interroger Rossini, mais du coin de l’œil il épiait ses mouvements. Il y avait aussi un autre homme qui guettait un signe approbatif de Rossini, mais pour un motif di érent!... le premier ne demandait qu’un peu de gloire; le second la

lui souhaitait, pour lui acheter cette gloire; car cet autre homme était Barbaja, Napoléon des entrepreneurs, négrier de voix humaines, qu’il surprend au pied du mont Vésuve, et les envoie entourées de cachemires, de châles, d’édredons enchanter le nord de l’Europe – Acheteur de talents, de génies, de gloires en brut, qu’il revend au public brillant et poli; – c’est lui qui accapara Bellini et tant d’autres; eux ils recueillent la gloire, lui il recueille l’or; mais il faut que la vérité parle et proclame que jamais cet homme n’a pro té bassement des contrats singuliers qui lient quelquefois l’existence de l’artiste de sa bourse; il est toujours prêt à secourir les malheureux; un chanteur qui a perdu sa voix trouverait en lui un protecteur, et la veuve de l’artiste ne mendie jamais son pain – De cette manière personne ne peut blâmer sa spéculation – Barbaja a un type de bonhomie qui se rencontre souvent chez de pareilles personnes malgré toute la nesse d’esprit qu’ils doivent nécessairement avoir – Voilà donc Barbaja, entrepreneur monstre, qui semble avoir son corps à Naples et une tête et des bras partout où il y a un opéra – cet écumeur de talents était là, auprès de Rossini, observant si dans cette pépinière il ne découvrirait pas quelque petit génie en herbe.

Après de belles variations exécutées sur la basse par un jeune élève, Rossini se leva et alors tous les jeunes gens se précipitèrent pour lui baiser la main: heureux qui parvenaient à la lui toucher; jamais de vœux, jamais d’enthousiasme ne furent plus sincères, et par conséquent plus touchants; c’était l’espérance qui embrassait la gloire; Rossini s’avançait vers la porte, lorsque une idée, une de ces idées qui quelquefois est toute une histoire, l’arrêta; il désira voir ses autographes, et monta à l’archive: là en revoyant son écriture qui lui rappelait ses premières espérances, ses premiers succès, il fut ému; l’imagination de l’homme est quelquefois bizarre, et réunit souvent les idées les plus disparates; savez-vous qui me rappelait Rossini regardant ses nombreux ouvrages…? Rien moins que Napoléon méditant sur une carte!... Je me sauve avec ma comparaison, et je laisse à mes lecteurs le soin d’en faire le rapprochement. – L’auteur du Barbier de Séville aurait voulu retirer une lle boiteuse de son imagination qui se trouvait parmi ses productions, mais l’archive doit rendre compte à la postérité des moindres pensées d’un grand génie. – Il fut reconduit aux grandes acclamations, jusqu’à la voiture, et moi je me retirai et de suite j’achetai le Portrait du grand Compositeur…: chaque fois que mes yeux s’y arrêteront je me souviendrai de la scène touchante du 27 juillet 1839.

Michel Ribas

«Salvator Rosa» I/40, 11 agosto 1839

gli alunni del real collegio di musica di napoli a gioacchino rossini

O Compagni, la voce sciogliamo E il nostr’inno sia l’inno di lode, Il signor dell’eccelsa melode Da noi s’abbia il tributo d’onor; Faccian eco a quest’inno festivo Quanti han senso di ritmi divini, Celebriamo l’immenso Rossini, Dell’Italia primiero splendor. Fè di sé stupir le genti Quando audace a vol si spinse, Quei che un dì parean portento Col suo lume al suol prostrò. Cento lauri in fascio strinse Ed un serto a sé formò. Ei lasciando il calle usato Al pensier nuov’orme aprio Quanto chiude in sé il creato D’armonia vestir tentò. Uom non già ma parve un Dio Nei prodigi che creò. D’ogni gloria or corso il segno Par che posi in sugli allori, Ma non posa il vasto ingegno Sta nuov’opera a meditar; E qui reca i suoi tesori Forse Italia a consolar. O bell’anima cortese, Se ancor lice udir tue note, S’abbia l’Italo paese Di tai note il primo onor; Tra le genti a te devote Te le ispiri il patrio amor! Ed a noi, cui per l’erto sentiero, L’opre tue furo scorta e sostegno, Porgi nuovo dolcissimo pegno Che raccenda la vampa d’onor; Sicché sempre sul labro ci suoni In memoria dei ritmi divini. Celebriamo l’immenso Rossini, Dell’Italia primiero splendor.

inno

L. Tarantini

Figura 1: Ritratto di Gioachino Rossini, «La Moda» I/3, 20 giugno 1839, p. 17 (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo © Biblioteca Nazionale di Napoli).

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