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Rossini “italiano” sulle scene napoletane Antonio Caroccia
Antonio Caroccia
Rossini “italiano” sulle scene napoletane
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Nella primavera del 1815, a soli ventitré anni, il giovane Rossini parte da Bologna alla volta di Napoli colmo di gioia e soprattutto di future speranze non prima, l’8 giugno, di aver sollecitato Angelo Anelli a fornirgli un nuovo libretto: «Io devo comporre un’opera nuova? e tu mi o ri un libro vecchio: dov’è ito il tuo genio la tua bella fantasia? ma per Dio non mi credi forse capace di poter investire di declamativa, espressiva, parlante i tuoi versi? [...] Io parto per Napoli colà mi risponderai».¹
Il compositore arrivava nella città partenopea con un ricchissimo bagaglio di precedenti esperienze e soprattutto con un inizio di carriera sfolgorante: n dal suo debutto (1810), l’artista non aveva conosciuto un sol momento di pausa; un perfetto “crescendo” di successi: quattordici opere in soli quattro anni, un ritmo produttivo impressionante «[...] la conquista dell’Italia, se vogliamo usare una metafora stendhaliana, non era completa. Napoli, la piazza più importante, era rimasta chiusa alla sua musica: una limitazione che un compositore dell’epoca non poteva non sentire come grave».² Va da sé che l’assenza rossiniana dai palcoscenici napoletani, in un lasso di tempo brevissimo, è perlopiù da ascrivere a turbolenze politiche e locali; vaghe tracce di resistenze possiamo coglierle nel «Giornale del Regno delle Due Sicilie» del 25 settembre 1815:
Tutto è moto in questo momento nel nostro mondo teatrale. Da per tutto arrivano maestri di cappella, cantanti, ballerini, artisti d’ogni genere. [...] un tal Sig. Rossini, maestro di cappella, che si dice venuto per dare una sua Elisabetta regina Inghilterra su questo stesso T. San Carlo che risuona ancora dei melodiosi accenti della Medea e della Cora dell’egregio Sig. Mayr. In mezzo a questo movimento generale, il giovane glio del nostro illustre compositore Sig. Tritta fa sperare una musica veramente italiana sul R. Teatro del Fondo e il m° Prota in un’altra in quello dei Fiorentini.³
¹ Gioachino Rossini, Lettere e documenti. Volume I: 29 febbraio 1792 – 17 marzo 1822, a cura di Bruno Cagli e Sergio Ragni, Pesaro, Fondazione Rossini, 1992, pp. 93-94. ² Bruno Cagli, All’ombra dei gigli d’oro, in Rossini 1792-1992. Mostra storico-documentaria, a cura di Mauro
Bucarelli, Napoli, Electa, 1992, pp. 161-195: 161. ³ «Giornale del Regno delle Due Sicilie», 25 settembre 1815.
Ostilità che mutarono ben presto: «l’egregio Rossini, che consideriamo come uno de’ maggiori compositori viventi, ed uno de’ più illustri autori de’ quali possa oggi far mostra la scena italiana».4
L’accoglienza partenopea al giovane Rossini, seppur contraddistinta da minute resistenze e gelosie locali, non fu certo ostile. Anzi, l’artista seppe farsi apprezzare e amare dal pubblico napoletano n dalle prime recite, facendo sì che i resoconti periodici mutassero in un sol colpo. Accanto a produzioni composte espressamente per Napoli, Rossini dovette nel contempo presentare per i teatri cittadini titoli di suoi lavori prodotti per le scene italiane. È il caso dell’Italiana in Algeri, la cui prima rappresentazione era avvenuta a Venezia al Teatro San Benedetto il 22 maggio del 1813 e verrà riproposta al Fiorentini di Napoli nell’autunno del 1815, con artisti del calibro della Checcherini, Pellegrini e Rubini.5 Sulle scene partenopee, il personaggio di Taddeo diventa Pompeo e annotiamo anche una serie di modi che testuali dovute alla censura.
Venezia, Teatro San Benedetto, 22 maggio 1813 Napoli, Teatro dei Fiorentini, 28 ottobre 1815
Atto I, scena 1 Atto I, scena 1 Mustafà Mustafà
Delle donne l’arroganza Donne austere il vostro orgoglio
Il poter, il fasto insano Deve a me star sottomesso:
Qui da voi s’ostenta invano, Non comanda il vostro sesso
Lo pretende Mustafà Dove regna Mustafà. Atto II, scena 10 Atto II, scena 10 Isabella Isabella
Pensa alla patria, e intrepido Nelle piene compagnie
Il tuo dover adempi: Fra ben mille bizzarie
Vedi per tutta Italia ischierem delizie, orrori;
Rinascere gli esempi E fra un sacco di bugie
D’ardire e di valor Qualche mezza verità
4 «Giornale del Regno delle Due Sicilie» n. 37, 13 febbraio 1818, pp. 147-148: 148. 5 A tal proposito si legga anche la lettera di Barbaja al Duca di Noja del 10 ottobre 1815: «Mi a retto render inteso l’Ecc.za Vostra che ripetutamente ho fatto presentare la Parte di Seconda Donna alla Cardini per l’Opera l’Italiana in Algeri, e che fatta invitare per il primo Concerto di questa mattina, si è recata senza però muover bocca, motivo di levar il concerto senza e etto. Ho fatto proporre che avrei ordinato al
Maestro Latilla di passarle la parte, e nell’allontanarsi dalla prova, lasciò la parte protestando che a nessun conto l’avrebbe fatta. Presi in seguito la via della dolcezza facendoci rimettere la parte nuovamente, e facendole conoscere l’errore, ma in riscontro ripeté lo stesso aggiungendo che non conosce ordini di nessun Autorità, e che è prontissima a sciogliere il contratto. Propongo perciò a V.E. che per mezzo dello
Scrivano dei Fiorentini, o per quello della Polizia le sii intimata l’esecuzione della parte, e che per la sfrontata ripulsa alle nobili maniere usate sii castigata con una penale. Se aggrada parimenti all’E.V. lasciarla in libertà dall’attuale contratto potrà ciò accadere alla ne del corrente mese obbligandola prestarsi a recitare le opere in corso, e dar tempo ad altre Virtuose di studiare le parti.» (Rossini, Lettere e documenti cit., pp. 108-109).
Figura 1: Gioachino Rossini, L’italiana in Algeri
Figura 2: Gioachino Rossini, L’Italiana in Algeri (I-Nc, 31.5.23-24).
Il 31 ottobre, la critica dovrà ammettere che «il signor Rossini, di cui taluni avranno trovato altra volta strano ignorarsi da noi il merito, trionfa oggi sui primi teatri di questa antica culla della scienza e del genio musicale».6 L’italiana in Algeri dovette in qualche modo stupire benevolmente il pubblico napoletano, tanto che poco dopo, nel medesimo teatro, viene proposta la farsa L’inganno felice, la cui prima era stata data a Venezia al San Moisè l’8 gennaio del 1812. 7
Figura 3: Gioachino Rossini, L’inganno felice.
Figura 4: Gioachino Rossini, L’inganno felice (I-Nc, 31.5.22).
6 «Giornale del Regno delle Due Sicilie», 31 ottobre 1815. 7 Da segnalare nell’ottimo cast anche il celebre basso bu o Carlo Casaccia detto Casacciello.
Rossini, come sappiamo, fu di fatto un autentico direttore artistico e direttore musicale, occupandosi in prima persona dei cantanti, dei compositori, di rivedere e adattare alle scene napoletane i melodrammi precedenti. Questa attività inizierà a svolgerla pienamente dal 1818, anno in cui di proprio pugno inizierà a scrivere agli artisti come persona di ducia di Barbaja.8 Risalgono a quest’anno diverse riprese di opere composte per i teatri italiani, come ad esempio il Tancredi messo in scena 14 aprile al San Carlo:
I nuovi cantori, destinati a succedere a chi con tanta gloria nora sostenne l’onore di questo Real Teatro San Carlo sono già arrivati, e sarebbero eglino comparsi per la prima volta sulla scena nel prossimo giovedì col Tancredi del Rossini, se non avesse impedito il compimento di questo disegno. In tal circostanza, la Signora Colbran, di cui erano già terminati gl’impegni che avea con l’amministrazione, sul punto stesso di partir, ha condisceso di fermarsi per altre rappresentazioni, onde non restasse per un giorno solo sospeso lo spettacolo; con ciò ha desiderato dare nuova testimonianza di suo rispetto e di sua riconoscenza per un pubblico, il quale ha per sei anni continui unanimemente applaudito a suoi talenti ed al suo instancabile zelo.9
Seppur l’anonimo recensore del «Giornale del Regno delle Due Sicilie» sembra non aver gradito il libretto di Gaetano Rossi:
In mezzo a somma perturbazione di animo, la Signora Festa ottenne frequenti ed unanimi applausi, e molti ella ne divise con le Signore Malanotti e col Bordogni. Ché se il pubblico favore non fu per i tre cantori egualmente costante sino al fatale calar del sipario, potrebbe ciò ascriversi a cagioni, estranee a atto al merito degli esecutori. Oggi nulla vale pregevolissima musica, quale certamente è quella del Tancredi, quando il poema nulla ti dice al cuore [...] Se il Tancredi sarà accorciato di qualche ora, sarà a nostro avviso, d’altrettanto più bello: tolto il mortale narcotico di cui è sparsa tutta l’azione.¹0
Il 20 aprile lo stesso giornale giudica in questi termini la Malanotti, interprete di Tancredi: «Questa cantatrice, accolta la prima sera con fredda indi erenza, cattiva ogni sera di
8 «Barbaja era stato più volte battuto sul tempo dagli impresari dei teatri minori napoletani nella messa in scena di spartiti rossiniani non ancora conosciuti a Napoli. Al San Carlino il 9 agosto 1817 si rappresentava Il turco in Italia, e il 19 novembre dello stesso anno La Cenerentola. Nel 1818 alla Fenice si rappresentava
La pietra del paragone il 16 maggio e Il barbiere di Siviglia il 14 ottobre. L’anno seguente il Teatro Nuovo riapriva i suoi battenti il 26 settembre col Torvaldo e Dorliska, cui faceva seguito il 5 novembre, L’occasione fa il ladro rappresentata a Napoli col titolo Il cambio delle valige». (Rossini, Lettere e documenti cit., nota 2, p. 268). 9 «Giornale del Regno delle Due Sicilie» n. 82, 7 aprile 1818, p. 329. ¹0 «Giornale del Regno delle Due Sicilie» n. 89, 15 aprile 1818, p. 364.
più i voti di tutti; ed ogni sera si mostra maggiormente degna de’ primi onori della scena musicale... Un gran nome non si acquista senza un gran merito»,¹¹ annunciando nel contempo la rappresentazione della Cenerentola.
Figura 5: Gioachino Rossini, Tancredi.
Figura 6: Gioachino Rossini, Tancredi (I-Nc 31-4-3).
¹¹ «Giornale del Regno delle Due Sicilie» n. 93, 20 aprile 1818, p. 380.
Il 12 maggio la Cenerentola viene rappresentata al Fondo a distanza circa di un anno dalla prima romana (Teatro Valle, 25 gennaio 1817) con Rubini, Pellegrini, Casaccia, la Checcherini, la Festa, che la critica accoglie in questi modi:
Perché mai in fronte al libretto di questo Dramma Giocoso si è impresso il nome del maestro di cappella, e si è taciuto quello del poeta? Non avrebbe dovuto farsi per l’appunto il contrario. Le composizioni musicali del Rossini hanno tutte l’aria di famiglia, la quale, dalla prima sino all’ultima nota, ti svela l’origine paterna. [...] La storia del teatro musicale non ricorda più meschina farsa: essa è nel genere giocoso ciò che il Tancredi è nel genere eroico; e se l’una e l’altra poesia sono state vestite di bella musica dal Rossini, bisognerà dire che questo egregio compositore, che noi stimiamo moltissimo, e che crediamo uno de’ maggiori scrittori viventi, sia spesso condannato a servire infelici poeti da trivii. [...] La Festa ha perfettissima intonazione, buon metodo di canto e voce all’orecchio gratissima. [...] Rubbini manca questa volta di anima. [...] L’incomparabile Casacciello, il quale è nel suo genere l’attore per eccellenza, è sacri cato all’onor della scena.¹²
Figura 7: Gioachino Rossini, Cenerentola (collezione privata Sergio Ragni).
¹² «Giornale del Regno delle Due Sicilie», 13 maggio 1818, p. 459-460.
Anche in questa occasione troviamo nel libretto alcune modi che testuali e inserzioni dall’italiano al napoletano.
Roma, Teatro Valle, 25 gennaio 1817
Atto II, scena 1
Coro Ah! Della bella incognita L’arrivo inaspettato Peggiore assai del fulmine Per certe ninfe è stato La guardano e taroccano; Sorridono, ma fremono Hanno una lima in core Che a consumar le va. Guardate! Già regnavano. Ci ho gusto. Ah ah ah ah.
Don Magni co Mi par che quei birbanti Ridessero di noi sotto-cappotto. Corpo del mosto cotto, Fo un cavaliericidio Don Magni co Giocato ho un ambo e vincerò l’eletto. Da voi due non si scappa; oh come, oh come, Figlie mie benedette, Si parlerà di me nelle gazzette! Questo è il tempo opportuno Per rimettermi in piedi. Lo sapete, Io sono indebitato. Fino i stivali a tromba ho ipotecato. Ma che usso e ri usso Avrò di memoriali! ah questo solo È il paterno desìo. Che facciate il rescritto a modo mio. C’intenderem fra noi; Viscere mie, mi raccomando a voi. Sia qualunque delle glie Che fra poco andrà sul trono Ah! non lasci in abbandono Un magni co papà. Già mi par che questo e quello, Con ccandomi a un cantone E cavandosi il cappello, Incominci: sor Barone; Alla glia sua reale Porterebbe un memoriale?
Napoli, Teatro del Fondo, primavera 1818
Atto II, scena 1
Don Magni co Ma vi chilli birbante Se ridono de me sotto cappotto! Corpo del mosto cotto Fo un cavaliericidio Don Magni co Me joco n’ambo, e piglierò l’eletto. Da vuje doje non se scappa. Oh comme a volo, Figlie meje benedette, De vuje se parlerrà nelle gazzette! Chisto è lo vero tiempo De defrisearme un poco. Lo sapite Ca songo ndebetato. Nzà a li stivale a tromba aggio mpignato. Ma che usso e ri usso Aggio de’ memoriali! Ah contentate Il paterno desio E facite il decreto a modo mio. La vedrimmo fra nuje. Viscere mie, m’arrecommanno a buje. Chi de vuje sarrà la bestia. Fortunata reggenella Il marito ha da pregare Per far bene a chi non l’ha. Già de gente no grociello Llà m’aspetta a no pontone, E levannose il cappiello, Accommenzano… Barone! A lo Prencepo reale Vorria dà no memoriale
Prende poi la cioccolata, E una doppia ben coniata Faccia intanto scivolar. Io rispondo: eh sì, vedremo. Già è di peso? Parleremo. Da palazzo può passar. Mi rivolto: e vezzosetta, Tutta odori e tutta unguenti, Mi s’inchina una scuf etta Fra sospiri e complimenti: Baroncino! Si ricordi Quell’affare, e già m’intende; Senza argento parla ai sordi. La manina alquanto stende, Fa una piastra sdrucciolar. Io galante: occhietti bei! Ah! per voi che non farei! Io vi voglio contentar! Mi risveglio a mezzo giorno: Suono appena il campanello, Che mi vedo al letto intorno Supplichevole drappello: Questo cerca protezione; Quello ha torto e vuol ragione; Chi vorrebbe un impieguccio; Chi una cattedra ed è un ciuccio; Chi l’appalto delle spille, Chi la pesca dell’anguille; Ed intanto in ogni lato Sarà zeppo e contornato Di memorie e petizioni, Di galline, di sturioni, Di bottiglie, di broccati, Di candele e marinati, Di ciambelle e pasticcetti, Di canditi e di confetti, Di piastroni, di dobloni, Di vaniglia e di caffè. Basta basta, non portate! Terminate, ve n’andate? Serro l’uscio a catenaccio. E pé avé na lunga udienza Vostra sia la compiacenza Il gran Prence di pregà. Io risponno… eh! vedarrimmo… Mi c’impegno… parlarimmo… A palazzo po’ aspettà! Po me voto e smor osetta Tutt’addore, e tutt’agniente Se presenta na scuf etta Co sospire, e complimente… Baroncino! Si ricordi! Cara mia, non parla ai sorcii Essa allor con avvenenza Riverenza a me sta a fa. Io galante… oh mia signora! Lei lo sa… son pronto ognora Per giovar l’umanità. Po’ me sceito a miezojuorno, Sono lesto il campanello , E me vedo già d’intorno Amichevole drappello… A trottar poi ce ne andiamo… Indi gran conversazione, Dopo a pranzo ci mettiamo… Qui cinque ore per usanza Voglio stà p’anghì la panza: E sarò ben fortunato Se in mia casa in ogni lato Avrò sempre bei bocconi, Gallinacci, e storioni, Gran bottiglie di liquori, Pesci grossi, e de’ migliori, E timpani, e pasticcetti, Gran canditi, gran confetti, Poi gelati, in abbondanza, Ed in ne un buon caffè. Basta! basta! non portate! Non me do… via… levate! Io mo crepo! Non ne voglio… Servitori! Seccatori! Fora! fora! Via da me!
Figura 8: Gioachino Rossini, Cenerentola.
Figura 9: Gioachino Rossini, Cenerentola (I-Nc 31.5.10).
Nell’autunno, poi, viene messo in scena il Torvaldo e Dorliska al Teatro Nuovo, che sarà poi ripreso al San Carlo nell’estate del 1820, con l’introduzione del personaggio di Masiello per Ra aele Casaccia:
Torvaldo e Doriliska... Che voglion dire queste barbare voci? Lasciatele in pace; esse tambene in fronte a una dramma piangoloso; nuova merce venuta dalle regioni iperboree, in cambio della commedia regolare già vecchia. [...] Signor impresari del Teatro Nuovo: dopo questa solenne approvazione de’ principi che diressero la prima vostra scelta, io oso consigliarvi a rinunziare per sempre a questo genere di spettacoli. [...] Fate che le opere del Lorenzi, del Casti, del Palomba sieno vestite delle musiche popolari di Piccinni, di Cimarosa, de’ due Guglielmi, di Palma, di Fioravanti, ed il pubblico ve ne saprà buon grado. [...] Il vostro teatro eccheggia tutte le sere di applausi, ma quegli applausi sono tutte le sere più vivi e più unanimi, quando la scena si presta agli scherzi della commedia e quando la musica di Rossini più si avvicina a’ modi di quel povero uomo di Cimarosa.¹³
Figura 10: Gioachino Rossini, Torvaldo e Dorliska (I-Nc, Rari 10.9.3/4).
¹³ «Giornale del Regno delle Due Sicilie», 2 ottobre 1818, p. 955-956: 955.
Figura 11: Gioachino Rossini, Torvaldo e Dorliska (I-Nc 31.4.4).
Per Ra aele Casaccia furono anche introdotte nuove porzioni di testo in napoletano, come ad esempio, nella terza scena del primo atto:
Sarva sarva!! uh bene mio! pare, che ancora le palle me secutano! me le sento scà dinto a le recchie! e che brutta museca! io me tocco sta capo ncapo, e me pare no suonno! gamme meje! ve songo obbricato de la vita. Io teneva sto tesoro commico, e non me n’era addonato? da mo nnanze me voglie cosere a lo duppio co buje. Quanno tenco cheste doje colonne, che me defenneno a correre de sta manera, io pozzo s dà porzì a duello le cannonate mpersona! ah! Pigliammo no po’ de sciato, ca sta panza mia me pare na zampogna abbottata de viento… ahù!... e pà dice lo mutto, ca chi nasce de sette mise è a ortunato! Eppuro ncuollo a me chiovono sempre le disgrazie a delluvio.¹4
¹4 torvaldo e dorliska | dramma semiserio | Rappresentato la prima volta in Roma | l,anno 1816. | e
Non v’è dubbio che è il 1818 l’anno in cui si concentrano le maggiori produzioni rossiniane, sia quelle composte per Napoli sia quelle riprese per la città partenopea.
Per il 1819 troviamo il 15 luglio la ripresa della Gazza ladra al Teatro del Fondo:
Siccome ebbi già l’onore di prevenire V.E. che io mi proponevo di far produrre l’opera La Gazza ladra del Signor Maestro Rossini, mi fo ora l’onore di riferirle che darò le opportune disposizioni perché la detta opera sia in pronto per rappresentarsi nel Real Teatro del Fondo per la prossima Santa Pasqua. ¹5
L’opera fu poi rappresentata al San Carlo alla ne dell’anno e, più di una volta, l’anno successivo. «Ambrogi e Rubini compariranno sulle scene il 25 ed il 26 del corrente nella Gazza Ladra di Rossini, che sarà data per la prima volta in S. Carlo».¹6
Grave mal di gola, sopravvenuto al Signor Nozzari, impedisce questa sera la prima rappresentazione del Ciro in Babilonia, la quale sarà data sabato, o col Signor Nozzari, se sarà sano, o col Signor Ciccimarra, che ha gentilmente voluto incaricarsi della parte del collega infermo. Domenica, seguirà la seconda rappresentazione dello stesso oratorio. Intanto questa sera, al Ciro in Babilonia del Signor Raimondi, sarà sostituita la Gazza Ladra del Signor Rossini. Perché il teatro non rimanesse senza spettacolo, il Signor Benedetti è condisceso a sostenere le veci del Signor Nozzari.¹7
Martedì, 9 del corrente sarà riprodotta la Gazza Ladra, opera del Signor Maestro Rossini. Quella bella composizione avrà nuove attrattive per tutti gli amatori della musica. Il Signor Gallo, esimio cantore e rinomato attore, farà in essa la sua prima comparsa, assumendo la parte che fu scritta per esso; e così gusteremo un duetto ed un’aria non ancora cantati sulle nostre scene.¹8
riprodotto | nel teatro nuovo | sopra toledo | L’Autunno del corrente Anno | 1818 | Napoli | Dalla
Tipografia Flautina | 1818 (I-Nc Rari 10.9.3/4, pp. 10-11: 11). ¹5 Rossini, Lettere e documenti cit., p. 354. Si legga anche il documento del 25 marzo 1818: «Avendo il Sig.r
Maestro Rossini prescelto il Suo Spartito di musica dell’opera intitolata la Gazza Ladra, prego V.E. di voler disporre che non si permetta a verun Teatro la produzione di detto spartito, e doversi il medesimo conservare per li Teatri Reali» (ivi, p. 354). ¹6 «Giornale del Regno delle Due Sicilie» n. 305, 23 dicembre 1819, p. 1050. ¹7 «Giornale del Regno delle Due Sicilie» n. 65, 16 marzo 1820, p. 267. ¹8 «Giornale Costituzionale del Regno delle Due Sicilie» n. 26, 7 agosto 1820, p. 108.
Figura 12: Gioachino Rossini, La gazza ladra (I-Nc, Rari 10.30/5).
Figura 13: Gioachino Rossini, La gazza ladra (I-Nc 31.5.20-21).
Nella primavera del 1820 abbiamo la ripresa del Turco in Italia al Teatro Nuovo e il 26 giugno l’Italiana in Algeri alla Fenice di Napoli.
Figura 14: Gioachino Rossini, Il turco in Italia (I-Nc Rari 10.9.16/5).
Nell’inverno del 1821 al Fondo¹9 viene rappresenta Bellezza cuor di ferro (Matilde di Shabran), a pochi giorni dalla prima romana dell’Apollo del 24 febbraio, ripresa poi nel 1825. Per questo spettacolo, si segnalano le ministeriali del 24 ottobre e 14 dicembre del duca di Noja al Ministro degli A ari Interni:
Sul merito della prima donna Signora Biagioli si fa un dovere di prevenirla che la medesima è andata in scena coll’opera Bellezza e cuor di Ferro, senza riportare alcuna soddisfazione, che poi avendo disimpegnata la parte di seconda donna nel Matrimonio segreto è stata compatita dal pubblico. Con questa occasione la Deputazione fa presente a V.E. di esserle stato partecipato in iscritto dal Signor Barbaja di aver scritturata per la prossima Quaresima pel servizio del Real Teatro S. Carlo, in qualità di prima donna la Signora Lalandi.²0
¹9 «I nostri teatri sono tutte le sere ingombri di spettatori. Casacciello, lasciato per più anni in ingrato obblio, ravviva oggi le scene del Fondo, nel Barbiere di Siviglia di Rossini; e se voi non rendete pietoso qualche portinaio di quel teatro, invano cercherete ogni sera un palco e per no picciolo posto in platea» («Giornale Costituzionale del Regno delle Due Sicilie» 18 gennaio 1821). ²0 Archivio di Stato di Napoli (da ora in poi ASN), Ministero degli A ari Interni (da ora MI), II inventario (da ora inv.), f. 4356/I n. 3, documento del 14 dicembre 1825.
Figura 15: Gioachino Rossini, Bellezza e cuor di ferro (I-Nc, 31.5.4).
Nell’inverno del 1823 viene rappresentata Semiramide al San Carlo e ripresa anche negli anni successivi.
Figura 16: Gioachino Rossini, Semiramide (I-Nc Rari 10.8.15/3).
Figura 17: Gioachino Rossini, Semiramide (I-Nc, 31.4.1).
Un altro documento datato 31 gennaio 1825 del procuratore di Barbaja Cesare Politi e indirizzato al duca di Noja o re numerose informazioni sui cantanti per la stagione 1825/26. ²¹ La memoria, poi, di Barbaja dell’anno successivo indirizzata al Marchese Amati, Ministro degli A ari Interni, chiarisce maggiormente la questione:
Ho presentate nel Prospetto la Signora Lalande Prima Donna di cartello per tale reputata in tutte le Piazze Teatrali. La Lorenzani è oggi il migliore contralto che si conosca, e S.M. la Regina che l’ha intesa al Teatro di Parma, si degnò manifestarmi la sua Sovrana approvazione per l’acquisto di tale Attrice. Per rapporto alle altre due prime Donne; cioè la Signora Comelli, e la Signora Unger si conosce da tutti che queste cantanti si sono accreditate in diversi primi Teatri [....]. I Tenori di grido si conoscono sono appena tre, Signor David, il Signor Rubini, ed il Signor Donzelli; [...].²²
²¹ ASN, MI, II inv., f. 4357/II, documento del 31 gennaio 1825. ²² Ivi, documento del 25 febbraio 1826.
Figura 18: Gioachino Rossini, Demetrio e Polibio.
Figura 19: Gioachino Rossini, Demetrio e Polibio (I-Nc, 31.5.12).
Su quest’opera, così si esprime il revisore Ru a in una missiva del 7 marzo 1838 indirizzata al Ministro Santangelo:
La commissione le rassegna tre produzioni, un melodramma per R. Teatro del Fondo intitolato Demetrio e Polibio, e pel Teatro de’ Fiorentini una Commedia col titolo il Salvadanaro ed una Farsa con quello di Amor pittore. Il primo è un antico melodramma vestito di musica dal Rossini, e se non è un bel componimento poetico non è tale che o ende le convenienze de’ nostri teatri.²³
Qualche anno prima gli spettatori napoletani avevano conosciuto il Conte Ory nella serata di gala del 19 ottobre 1830:
In pronta ubbidienza degli ordini di V.E. contenuti nella Ministeriale di jeri colla quale mi dimanda se il proposto libretto del Conte Ory, per rappresentarsi nel Real Teatro San Carlo nella ricorrenza della gran gala de’ 19. Novembre sia stato convenientemente depurato di tutto ciò che potrebbe urtare à buoni costumi e se le modi cazioni che avrà potuto subire a tale e etto alterino per niente lo sviluppo dell’azione, o detraggano alla bontà della musica, mi fo un dovere di rassegnare a V.E. che il citato libretto è stato riveduto da me questa mattina, ed antecedentemente dal mio collega Sig. Principe Dentice, e dal Regio revisore Sig. Ru a è stato depurato di tutto ciò che poteva urtare à buoni costumi, senza alterare in nulla lo sviluppo del soggetto né far torto alla bontà della musica, giusta l’assicurazione fattami dal maestro di Cappella D. Placido Mandanici incaricato dall’impresa per adattare la musica dello stesso maestro Rossini né versi cambiati.²4
Nel prospetto d’appalto della Quaresima del 1829 del Teatro del Fondo, troviamo diverse riprese rossiniane, tra cui il Barbiere di Siviglia e la Gazza Ladra
²³ ASN, MI, II inv., f. 4360/II, documento del 7 marzo 1838. ²4 ASN, MI, II inv., f. 4362, documento del 16 ottobre 1830.
Figura 20: Real Teatro del Fondo, prospetto d’appalto per la Quaresima del 1829 (ASN, MI, II inv. F. 4362).
La ricca stagione napoletana di Rossini vedrà, dunque, accanto alle prime napoletane un’intensa stagione di riprese italiane sui palcoscenici partenopei che contribuiranno a rendere ancor più celebre l’artista e a far brillare il suo astro nell’olimpo dei grandi compositori.